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Come vincere lo stress in 10 mosseC'è lo stress buono che ci fa andare avanti, e quello cattivo che ciparalizza. I consigli di un coach per governare al meglio le tensionisul lavoro
Mente e corpo sono un sistema unitario. Partiamo da qui. La
mente ha la capacità di modificare il corpo, di farlo guarire o
ammalare. Il corpo a sua volta condiziona i nostri pensieri.
Quando parliamo di stress parliamo di un meccanismo che la
natura ha previsto per garantirci maggiori probabilità di
sopravvivenza davanti alle sfide. Lo stress pertanto coinvolge
entrambi i sistemi: quello fisico e quello mentale. Di fronte a un
di Mario Alberto CatarozzoCoach
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pericolo o sfida, effettuiamo una valutazione istantanea delle
risorse in nostro possesso; da questa valutazione deriverà il
tipo di reazione che metteremo in campo per affrontarla:
proattiva (ci adopereremo per superarla, avendo valutato che
possiamo farcela), oppure reattiva (resisteremo cercando di
evitarla). Da qui derivano due tipi di stress, molto diversi tra di
loro: lo stress "buono", eu-stress, che ci permette di essere più
attivi, performanti e forti) e lo stress "cattivo" dis-stress (lo
stress logorante, cronico nel tempo) che ci appesantisce e può
rappresentare alla lunga un problema anche per la salute.
In ottica business, spesso si pensa che essere sotto stress faccia
rendere di più. Da qui molti imprenditori creano climi
aziendali "stressanti", mettendo sotto pressione i dipendenti,
perché convinti che così saranno più performanti. In realtà
non è proprio così, o meglio, è una questione di quantità e
durata. Essere troppo "rilassati" fa diventare apatici e crea
situazioni di a-stress (mancanza di stimoli); essere sottoposti a
pressioni eccessive e per periodi prolungati porta invece al
dis-stress, fino in alcuni casi al born-out (letteralmente
"bruciarsi"), situazione patologica. Saper gestire lo stress e
saper trovare il giusto equilibrio, fatto di pause di lavoro, di
stacco dalle attività, di relax vero, di recupero di energie, è
importante per garantire le performance lavorative.
Lo sa bene una società americana che su questo ha costruito la
propria fortuna, parliamo di Metronaps che, potremmo dire,
ha inventato l’acqua calda, nel senso che ha rispolverato
un’abitudine che i nostri nonni avevano nella propria routine
quotidiana: la pennichella pomeridiana. Il principio cardine è
che 15-20 minuti al giorno di pennichella dopo pranzo, oppure
di riposo rilassato, fanno bene alla salute e al business
dell’azienda. L’obiettivo di Metronaps è combattere la
stanchezza sul luogo di lavoro per migliorare le performance e
il clima aziendale. Da qui hanno "inventato" una chaise-longue
(una poltrona) che l’azienda può acquistare e collocare in
apposita area relax e che i dipendenti possono utilizzare per
schiacciare il proprio breve pisolino sul posto di lavoro dopo
pranzo, per poi tornare belli rinvigoriti al lavoro. Da studi
scientifici, infatti, emerge come con un breve riposo
pomeridiano si riducano gli errori da disattenzione e
stanchezza di circa il 30%. I ricercatori di Harvard, secondo
quanto riportato dal sito di Metronaps, stimano che in USA
vadano persi circa 63miliardi di dollari a causa della
stanchezza dei dipendenti. L’Università di Dusserdorf ha
stabilito che anche un breve riposo aumenta
significativamente le performance cognitive dei lavoratori.
Detto ciò, vediamo come possiamo vincere lo stress in
particolare nell’attività lavorativa in 10 mosse.
1. Diventa consapevole del tuo stile di vita. Il nostro corpo ci
parla, ci manda segnali e feedback. Se non lo ascoltiamo, il
passaggio successivo sarà che griderà per farsi ascoltare e, in
extremis, si ammalerà costringendoci in quel modo a prenderci
cura di lui. Il primo passo, pertanto, è recuperare un dialogo
costante con il nostro corpo, dargli spazio, dargli voce in
modo da creare con esso un rapporto di armonia ed equilibrio,
invece di usarlo come un mulo da soma ai lavori forzati. Siamo
abituati ad essere attenti solo agli stimoli esterni e non
fermarci a dare ascolto all’orecchiointerno. La conseguenza è
che se il nostro corpo non ci fa male non lo consideriamo, non
gli prestiamo cura e attenzione, tutti presi da mille impegni e
pensieri. Così ci dimentichiamo di fare attività fisica costante,
di riposarci adeguatamente la notte, di prenderci momenti di
relax durante il giorno, di fare piccoli esercizi per rilassare le
spalle, di respirare correttamente e a fondo, di nutrirci con
calma e in modo sano, di idratarci adeguatamente e di ridere o
quantomeno sorridere il più possibile. Anche in ufficio,
bastano pochi minuti per ricordarsi di fare gli esercizi per
rilassare le spalle e il collo, per attivare la respirazione
pronfonda e per fare due passi (magari le scale, invece
dell’ascensore).
2. Impariamo a conoscere lo stress e i suoi meccanismi. Se
conosci lo stress, ne conosci i meccanismi, puoi trasformarlo
in una risorsa a tua disposizione, invece che un ostacolo da
aggirare o, peggio ancora, un nemico da sconfiggere.
Ricordiamoci che la reazione di stress è una reazione naturale,
prevista per tutelarci e che ci tramette un messaggio di
pericolo o di difficoltà, che dobbiamo imparare ad ascoltare e
seguire. Lo stress non può e non deve essere eliminato, deve
essere invece gestito in modo che resti uno strumento di tutela
e di performance a nostro vantaggio. Secondo il modello
elaborato dal medico Hans Selye (Sindrome Generale di
Adattamento) le tre fasi dello stress di fronte ad un pericolo o
sfida sono: allarme (si mobilitano le energie difensive),
adattamento (l’organismo tenta di adattarsi allo sforzo),
esaurimento (se è stata superata la prova l’organismo si riposa
tornando in equilibrio, altrimenti continua nel tentativo di
adattarsi, salvo non riuscirci e si esaurisce fino ad ammalarsi).
3. Quanto conta l’aspetto mentale nella reazione di stress?
Ogni evento stressogeno, cioè fonte di stress ha un suo
impatto. Mentre in alcuni casi l’impatto dipende
esclusivamente dalle caratteristiche oggettive dell’evento, dalla
sua intensità, per esempio la sirena dell’autombulanza, lo
stridio del treno che frena arrivando in stazione, il gessetto
sulla lavagna, il caldo e il freddo, in altri casi l’impatto dipende
principalmente dall’interpretazione soggettiva che all’evento si
da. Attenzione alle parole che utilizziamo nel nostro “dialogo
interno” pe descriverci la realtà: dire “è stato un colloquio
terribile”, oppure “devo incontrare quel manager
antipaticissimo”, o ancora “ho un miliardo di cose da fare”…
non farà altro che aumentare l’effetto dell’impatto stressogeno
dell’evento.
4. Scopri quali sono in ufficio le fonti del tuo stress. Un buon
punto di partenza è diventare consapevoli delle occasioni di
stress, cioè delle fonti che lo generano (stressor). Possiamo per
comodità distinguere quattro categorie di fonti di stress: 1)
ambientali(ad esempio, la luce che filtra dalla finestra e
provoca riflesso sul monitor del computer con cui lavoriamo, i
rumori causati dalla stampante collocata alle nostre spalle che
va in continuazione, la voce del collega che grida quando parla
a telefono, lo squillo continuo dei telefoni in ufficio, l’aria
viziata di ambienti piccoli come le riunioni, il poco spazio
vitale tra le postazioni di lavoro, l’aria condizionata che ci
colpisce direttamente sul collo, o al contrario il caldo eccessivo
di una giornata estiva che rende l’ufficio rovente); 2)
relazionali (ad esempio la lite con un collega in ufficio, l’essere
costretti a stare ore in riunione senza averne interesse, il senso
di ingiustizia perché non è stata rispettata una promessa di
aumento, la frustrazione nel sentirsi inadeguati in un certo
ruolo, i rapporti gerarchici fonte di umiliazione, l’essere
costretti a svolgere attività che non ci piacciono); 3)
psicologiche (ansia per l’esito di una procedura, il senso di
incertezza di fronte alla stabilità di un ruolo, divergenza di
valori con il proprio capo, la paura del licenziamento, la noia
per lo svolgimento di attività ripetitive, il senso di inferiorità,
l’invidia); 4) organiche (un dolore muscolare, l’infiammazione
di un tendine, il mal di schiena, il bruciore di stomaco, il senso
di fame, la digestione pesante quando si è in riunione dopo
aver mangiato l’abbacchio con le patate). Si distinguono
pertanto gli stressor prossimali, cioè esterni, dagli stressor
distali, cioè interni alla nostra sfera fisica o psichica.
5. Quali sono le fonti dello stress nella professione? Oltre a
tutte quelle elencate sopra, è utile riconoscere le fonti dello
stress per chi è un libero professionista, a cui si aggiungono: le
scadenze; i ritmi di lavoro sempre più pressanti; le novità
normative a pioggia, accompagnate dalla incertezza della loro
interpretazione e applicazione; la riduzione dei margini di
guadagno; le difficoltà di pagamento dei clienti, l’aumento
della concorrenza; le nuove tecnologie, vissute più come un
problema che come una risorsa; le interruzioni continue del
lavoro a causa di telefonate, di email, di collaboratori; le
difficoltà relazionali con i collaboratori a cui si chiede una
collaborazione più attiva. Avere consapevolezza di queste fonti
permette di gestirci meglio trovando valvole di sfogo, ritmi più
accettabili, delegando di più.
6. Impariamo a respirare correttamente per rilassarci.
Respiro addominale, così viene chiamato il respiro profondo. Il
respiro è ciò che ci accompagna dalla nascita fino alla
dipartita. Respirare bene sembra semplice, ma non lo è. Causa
la postura “a uovo” davanti al computer, “a tartaruga” in
scooter, insaccati nella poltrona o aggrovigliati sulla sedia,
fatto sta che difficilmente respiriamo in profondità. Questo
comporta poca ossigenazione (ricordiamoci che il cervello per
lavorare ha bisogno di glucosio, quindi zucchero, e ossigeno,
consumando circa il 20% delle energie totali dell’organismo) e
il rimettere in circolo gas di scarico che con la respirazione
corretta andrebbero espulsi. Respirare in profondità non ha
solo effetti benefici sul corpo, sia sulla mente. Permette infatti
la “centratura”, cioè di riportare all’hic et nunc l’attenzione
lasciando andare i pensieri, come nuvole in un celo sereno, e il
rilassamento mentale rallentando i pensieri, prendendone
coscienza senza farsi “agganciare” da essi come ami a cui
abboccare. La Minduflness si basa proprio su questi principi
dell’induzione della calma attraverso la respirazione e
l’attenzione al presente; versioni orientali sono rappresentate
dallo Zazen, meditazione seduta, e dallo Yoga nelle sue diverse
varianti, solo mentali o mentali e fisiche. Come respirare bene?
Immaginate di avere due cannucce che attraverso i setti nasali
raggiungono direttamente l’addome; respirate col naso
(inspirazione) riempiendo la pancia prima e poi salite verso il
torace; a questo punto, una volta riempiti i polmoni trattenete
per 3-5 secondi il respiro come se foste in apnea sotto l’acqua e
poi lasciate andare (espirazione) l’aria attraverso la bocca
lentamente (per altri 3-5 secondi). Una volta svuotati i polmoni
completamente ripetete il ciclo per 3-5 volte consecutive e
godetevi subito il beneficio.
7. Impariamo a staccare durante la giornata. Una buona
pratica per prevenire l’affaticamento da stress (che significa
tensione) è quello di imparare a fermarsi anche per pochi
minuti più volte nella giornata. Innanzitutto ricordiamoci che
il nostro cervello dopo un’ora, massimo un’ora e mezza
continuativa di attività ha bisogno di riposo, come il pit stop di
una macchina di Formula Uno. Ha bisogno di recuperare la
lucidità, le forze per poter ripartire a puntino. Fare tirate di
ore senza mai staccare, mangiare davanti al computer è di
quanto più sbagliato si possa fare. Equivale a cercare di
abbattere un albero con un’ascia completamente sfilata: tanta
fatica poca resa. Spesso questo atteggiamento è legato
all’abitudine o al senso di colpa: “come, con tutto quello che ho
da fare faccio anche una pausa?”… Qual è la buona regola?
Fare ogni ora e trenta, ora e quarantacinque minuti, un break
di dieci-quindici minuti. In quel break ricordatevi di staccare
davvero però! Quindi se vado al bar a prendere un caffè con un
collega e continuo a parlare di lavoro, guardo le email, gli sms,
faccio telefonate etc….non sto staccando per niente. Inoltre gli
occhi sono stati pensati dalla natura per guardare lontano, non
fogli di carta e tantomeno schemi led o al quarzo come i vari
desktop con cui lavoriamo. Gli occhi si affaticano, e solo
"massaggiandoli" guardando lontano riusciamo a ritrovare
equilibrio ed energia per poi ripartire. Nella giornata, dunque,
programmiamo almeno un break a metà mattina, e uno a metà
pomeriggio, oltre alla pausa pranzo che non va utilizzata come
regola per incontri di lavoro o simili.
8. L’importanza del riposo adeguato di notte. Di notte il nostro
cervello effettua un vero e proprio check up per fare pulizia
delle scorie della giornata e farci ripartire brillanti il giorno
dopo. Il sonno è dunque un’attività fondamentale non solo per
il riposo fisico, ma anche mentale. Chi lavora fino a notte fonda
e poi gli gira tutto in testa e non riesce a dormire bene, sa cosa
vuol dire svegliarsi più stanchi di quando si è andati a dormire.
Allo stesso modo conosciamo bene la sensazione di
affaticamento causata da troppe poche ore di riposo sulle
spalle, oppure dall’aver dormito male per la cena troppo
abbondante della sera prima, o perché un pensiero ci assilla e
non ci libera la mente. Prepararsi al sonno è importante:
dunque ciascuno deve conoscersi per capire di quante ore ha
bisogno per alzarsi riposato e deve far attenzione
all’alimentazione serale; fare sport al mattino è meglio che alla
sera, perché l’organismo si prepara al riposo e con cene
abbondanti o attività fisica intensa lo “riaccendiamo”.
9. Quanto conta l’esercizio fisico. L’uomo è un essere motorio
per definizione. Ci sarà un motivo per cui la natura ci ha
dotato di leve lunghe (le gambe) e di un sedere piccolo (non
sempre)! Se avesse previsto per noi poca attività fisica e tanta
stasi, allora ci avrebbe dato un bel culone e gambine piccole
piccole. Allora usiamole queste leve. Correre è una delle
attività più salutari per rimanere in salute e normopeso; così
come nuotare, dove muoviamo tutti i muscoli e l’acqua ha un
fantastico effetto rilassante. Anche lo stretching è molto utile,
perché evita contratture e che i muscoli sembrino legati e
arrugginiti dopo troppo tempo di inattività (pensate ai lunghi
viaggi in aereo). Tutti gli sport aerobici hanno questa funzione
di scarico della tensione, di migliorare la circolazione, la
respirazione e farci sentire complessivamente meglio. Invece
gli sport anaerobici, come il tennis, per esempio, ha per lo più
una funzione ludica, di distrarci e farci divertire, che fa
anch’esso molto bene. Insomma, fate quello che vi piace ma
cercate di muovervi almeno 30 minuti al giorno tutti i giorni.
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10. Impariamo a relativizzare e ridere di più. Infine, come
indicato nel libro La gestione dello stress nell’attività
professionale, un ottimo strumento per gestire e prevenire lo
stress è imparare a relativizzare. L’impatto stressogeno di un
evento è frutto di una valutazione cognitiva e di una percezione
emotiva, entrambe soggettive. Perché la coda in auto ad una
persona fa uscire di senno e ad un’altra no? Perché il parlare in
pubblico ad uno terrorizza e all’altro invece crea una tensione
che lo aiuterà a rendere di più? La differenza sta
nell’interpretazione che ciascuno darà all’evento o alla sfida.
Nel come viene percepita, valutata e, di conseguenza,
affrontata. Se alla domanda (mentale) "ce la posso fare"
risponderemo di sì, allora avremo una reazione proattiva (eu-
stress); se risponderemo di no, allora avremo una reazione
(dis-stress) cercando di resistere. Si parla di "fronteggiamento"
piuttosto che di "resistenza". Impariamo a relativizzare, ad
allargare la cornice temporale e di contenuto dell’evento.
Ricordo una vignetta dove uno spazzolino da denti dice: "che
brutto lavoro che faccio" e accanto un rotolo di carta igienica
risponde: "sapessi io". Questo ci permette di introdurre l’ultimo
vero grande tema per gestire lo stress: ridere, ridere tanto, Il
nostro mondo è pieno di "seriosi in fase terminale". Noi
impariamo a ridere, a sorridere: farà bene noi e agli altri.
Diceva Charlie Chaplin: «Una giornata senza un sorriso è una
giornata persa».
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