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La struttura interna della Terra
Struttura a strati concentrici della Terra, Credit: Lawrence Livermore National Laboratory-‐
http://nsidc.org/cryosphere/frozenground/how_fg_forms.html
Quali erano le conoscenze sulla struttura interna della Terra all’epoca di Wegener? Negli anni compresi tra il 1923 e il 1926 lo scienziato irlandese, J. Joly, cercò di risolvere il problema in merito al fatto che un lento e costante raffreddamento della Terra non poteva essere in accordo con i fenomeni orogenetici, poiché questi si verificano soltanto in particolari momenti della vita del pianeta.
J. Joly, Wikipedia
Al congresso di geologia tenuto nel 1928 a New York, Joly elaborò la teoria dei cicli termici e immaginò che l’orogenesi fosse in qualche modo legata alla radioattività presente all’interno della Terra. Egli ipotizzava che il calore prodotto dalla radioattività dei materiali contenuti all’interno della Terra causasse la fusione del mantello. Per questo riscaldamento, il mantello diventerebbe meno denso e quindi la crosta, che galleggia sopra ad esso, tenderebbe a sprofondare al suo interno, generando delle depressioni note come geosinclinali. Secondo Joly, quindi, i cicli di riscaldamento dovuti alla radioattività influenzano i meccanismi che regolano il movimento della crosta terrestre.
http://aldopiombino.blogspot.it/2009/12/da-‐wegener-‐wilson-‐dalla-‐deiva-‐dei.html
Nel 1930, anno della tragica scomparsa di Alfred Wegener, il geologo inglese Arthur Holmes continuò sulla scia degli studi condotti da Joly e fece numerose ricerche sulle conseguenze della radioattività sulla temperatura delle rocce.
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Arthur Holmes nel 1912, Wikipedia
Nel 1931 pubblicò il testo Radioactivity and earth movements (Radioattività e movimenti della Terra) nel quale ipotizzaza che al di sotto della crosta solida doveva esistere uno strato più plastico, che chiamò astenosfera (dal greco asthenés: debole, quindi “zona di debolezza”), dove si sviluppavano moti convettivi.
Radioactivity and earth movements, Holmes 1931
Inoltre Holmes aveva compreso che non tutto il calore prodotto dalla radioattività veniva disperso attraverso l’attività dei vulcani, ma in buona parte riscaldava l’interno della Terra. Secondo Holmes questo calore sarebbe stato la causa di correnti convettive che risalgono al di sotto dei continenti e scendono ai loro margini determinando lo spostamento dei continenti!
Modello proposto da Holmes: in A sono segnate le aree di risalita, in B quelle di discesa del materiale. USGS
(Global Tectonics, P. Kearey, K. A. Klepeis, F. J. Vine, Wiley-‐Blackwell Ed., 2007) Tuttavia se nel mantello non si verificasse nessun moto convettivo, la teoria di Holmes sarebbe completamente errata. Lo stesso Holmes, infatti, scriveva che le sue idee erano: “...idee puramente speculative, concepite solamente per venire incontro alle ipotesi che si vogliono dimostrare e non possono avere valore scientifico fino al momento in cui non acquistano appoggio da una prova indipendente” ("have no scientific value until they acquire support from independent evidence"). Fu proprio l’assenza di questa “prova indipendente” alla base della scarsa fortuna della teoria della deriva dei continenti. In quegli anni, grazie all’osservazione delle onde sismiche, si erano raggiunte nuove e interessanti conoscenze in merito alla suddivisione in strati della Terra interna. Dal 1889 si erano, infatti, iniziati a registrare i terremoti e le conoscenze delle onde sismiche erano andate progressivamente aumentando.
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Nel 1909 il sismologo croato Andrija Mohorovičić,
Andrija Mohorovičić
http://www.seismosoc.org/publications/SRL/SRL_78/srl_78-‐6_hs.html aveva, infatti, evidenziato una differenza di velocità tra le onde P (di compressione) e quelle S (di taglio) nonché aveva osservato come il fronte delle onde sismiche all’interno della Terra si propaga venendo deviato verso l’alto.
Onde P (a sinistra) e onde S (a destra). INGV
Questo comportamento è dovuto alla rifrazione delle onde. Quando un’onda sismica attraversa una superficie di discontinuità (dove il mezzo di propagazione cambia) subisce una rifrazione e l’onda si allontana (A) o si avvicina (B) dalla perpendicolare in base alle caratteristiche del nuovo mezzo.
Rifrazione delle onde
http://www.cyberphysics.co.uk/topics/earth/geophysics/Seismic%20Waves%20Reading.htm
Mohorovičić aveva osservato che all’intero del mantello le onde sismiche non procedono in linea retta, ma si allontanano dalla perpendicolare, perché attraversano un mezzo in cui la velocità di propagazione è maggiore.
Rifrazione onde sismiche, Wikipedia-‐ USGS
Questo comportamento aveva permesso di evidenziare la separazione tra crosta e mantello, nota appunto con il nome di discontinuità di Moho.
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Attraverso lo studio della rifrazione Mohorovičić individuò la separazione esistente tra crosta e mantello, posta ad una profondità variabile tra i 5 Km al di sotto degli oceani e i 70 Km al di sotto delle catene montuose continentali.
http://digilander.libero.it/bartluke/terrem.html
Nel 1914 il geofisico tedesco Beno Gutenberg,
California Institute of Technology Archives, Pasadena
aveva poi individuato una zona d’ombra per le onde P (posta tra 103° e 143° dall’epicentro)
Rifrazione onde sismiche, Wikipedia-‐ USGS
e una zona d’ombra per le onde S (posta tra 103° e 180°).
Modificato da: http://www.amnh.org/education/resources/rfl/web/essaybooks/earth/p_lehmann.html
Queste zone d’ombra gli permisero di comprendere l’esistenza di una separazione tra mantello e nucleo, posta a circa 2900 Km di profondità (discontinuità di Gutenberg).
NASA
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Nello specifico il fatto che le onde P siano deviate generando una zona d’ombra di quel tipo significa che nel loro percorso incontrano un cambiamento di mezzo; inoltre l’assenza delle onde S in un tratto ben più vasto, ha permesso di individuare che il mezzo in questione è liquido, poiché, mentre le onde P si propagano con velocità differente in tutti i mezzi, quelle S possono farlo solamente nei solidi, ma non nei fluidi. Nel 1936 la geofisica danese Inge Lehmann scoprì poi l’esistenza di un brusco aumento della velocità delle onde P all’interno del nucleo, ad una profondità di circa 5100 Km.
Dr. Inge Lehmann (1888-‐1993) Photo courtesy of B.A. Bolt
Questo aumento di velocità indica il passaggio tra il nucleo interno solido e quello esterno più fluido (discontinuità di Lehmann).
Sulla base di queste osservazioni si era così arrivati a tracciare una sezione della Terra nella quale si susseguono strati concentrici con composizione e caratteristiche differenti.
Wikipedia
1: Crosta continentale 2: Crosta Oceanica 3: Mantello superiore 4: Mantello inferiore 5: Nucleo esterno 6: Nucleo interno A: Discontinuità di Moho B: Discontinuità di Gutenberg C: Discontinuità di Lehmann
Credit: Lawrence Livermore National
Nucleo liquido
Nucleo solido
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Questa distinzione prevede l’esistenza di:
• una crosta solida e leggera (con densità pari a 2,7 g/cm3 per la crosta continentale e 3,0 g/cm3 per quella oceanica)
Differenza tra due campioni di crosta continentale (a sinistra) e oceanica (a destra) di uguale
volume (Museo di Scienze Naturali di Vienna).
• un mantello, che costituisce l’80% del volume terrestre ed ha una densità che aumenta con la profondità (variando da 3,3 a 5,6 g/cm3)
• un nucleo con una densità che varia dai 9,7 ai 13 g/cm3 ed è esternamente fluido, ma internamente solido
Per determinare la composizione del nucleo si è partiti dal meccanismo di formazione della Terra stessa: l’aggregazione di planetesimi che scontrandosi si fondevano tra loro. In seguito a questi scontri i materiali più densi (come il ferro e il nichel) sono probabilmente sprofondati verso l’interno del pianeta. Gli studi sui meteoriti rinvenuti sulla Terra sembrano confermare questa ipotesi, perché questi corpi presentano grandi quantità di tali elementi chimici. L’ipotesi del nucleo ferroso è stata ulteriormente confermata dallo studio delle onde sismiche che al suo interno hanno una velocità simile a quella che presentano all’interno del ferro.
Campione di meteorite ferroso trovato nel deserto australiano nel 1909, Wikipedia
A fianco di questa suddivisione che si basava prevalentemente sulla composizione dei vari strati, nei primi anni del ‘900 se ne sviluppò un’altra che prestava maggiore attenzione ai comportamenti di tipo meccanico. Già nel 1914 il geologo nordamericano Joseph Barrell, sulla base di anomalie gravitazionali della crosta, aveva introdotto il concetto di litosfera inteso come strato esterno rigido della Terra. Negli anni 1930 venne poi introdotto il concetto di astenosfera plastica su cui poggia la litosfera rigida; questa ipotesi fu ampliata negli anni successivi, per essere effettivamente conferma in seguito allo studio delle onde sismiche sprigionatesi con il Grande Terremoto Cileno del 1960.
Terremoto cileno del 1960, USGS
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Lo studio dettagliato delle onde sismiche mostra, infatti, un particolare andamento della velocità in relazione alla profondità.
Modificato da: http://pro.unibz.it/staff2/fzavatti/corso/str-‐interne-‐terre.html
Di particolare interesse è il comportamento delle onde sismiche nella parte superiore del mantello; dopo un brusco aumento in corrispondenza della discontinuità di Moho, si vede come la velocità continua ad aumentare fino a circa 100 Km di profondità, per subire poi una diminuzione. Il rallentamento rimane sino a circa 200 Km di profondità, dopo di che si ha un nuovo aumento della velocità. Questi valori corrispondono ad un cambiamento del comportamento del materiale roccioso.
Modificato da: http://pro.unibz.it/staff2/fzavatti/corso/str-‐interne-‐terre.html Sulla base di queste osservazioni venne definito un nuovo modello della struttura interna della Terra, basato non tanto sulla composizione chimica delle rocce, ma piuttosto sul loro comportamento meccanico. Oltre alle discontinuità di Moho, Gutenberg e Lehmann, all’interno della Terra si distinguono quindi:
• una parte superiore, la litosfera, con comportamento rigido e che comprende sia la crosta terrestre (oceanica e continentale) sia la parte più superficiale del mantello
• una parte inferiore, la astenosfera, con comportamento plastico e costituita circa da i 100 Km di mantello che si trovano al di sotto della litosfera
• una porzione che comprende la parte intermedia e quella terminale del mantello, la mesosfera, con comportamento rigido e compatto
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I passaggi tra questi strati non avvengono in modo netto: in realtà non esiste una precisa demarcazione tra litosfera e astenosfera, così come tra questa e la mesosfera, ma la transizione è graduale. Per alcuni studiosi l’astenosfera è spessa circa 100 Km, mentre per altri finisce a 670 Km di profondità. Certo è che non supera questo limite, dove le onde sismiche presentano un brusco aumento di velocità e il comportamento meccanico torna ad essere rigido.
Modificato da: http://pro.unibz.it/staff2/fzavatti/corso/str-‐interne-‐terre.html L’astenosfera ha questo particolare comportamento plastico in virtù della temperatura alla quale si trovano le rocce che la formano. La geoterma è una curva che indica l’andamento della temperatura con la profondità. Si calcola che ogni 100 metri di profondità la temperatura terrestre aumenti di circa 2-‐3°C (gradiente geotermico), anche se questo è probabilmente valido solo per gli strati più esterni. Mediamente, il calore che la Terra disperde verso l’esterno (flusso di calore) è di 1,5 HFU (Heat Flow Unit, che corrisponde a 1 μcaloria/cm2/s). Se si osserva l’andamento del primo tratto del mantello, si nota come la temperatura di fusione delle rocce e la geoterma si avvicinino.
Ispirato ad un disegno di “La Terra”,
Fantini, Monesi, Piazzini, Bovolenta Editore, 2008 Ciò significa che all’interno dell’astenosfera si raggiungono prossime a quelle di fusione e quindi possono essere presenti piccole sacche (verosimilmente circa il 2%) di materiale che si trova allo stato fuso. Quindi, nonostante la consistenza del mantello risulti nel complesso più solida che liquida, si è giunti a concludere che le rocce del mantello riescono a trasmettere il calore verso la crosta, attraverso lenti moti convettivi.