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Fisiopatologia delle malattie umane
Lezione del 21/10/2013
Fisiopatologia delle malattie cardiovascolari
Libro di testo: Manuale di malattie cardiovascolari da reperire sul sito www.sicardiologia.it
Capitoli: 36 le aritmie, 37 le definizioni, 38 le tachicardie sopraventricolari,39 la fibrillazione atriale, 40 altre
definizioni ed elettrogenesi
Malattie cardiache
Aritmie
Definizione: sono alterazioni della formazione e/o della conduzione dell' impulso, ma si identificano anche
come condizioni diverse dal ritmo sinusale.
L' impulso, generalmente, nasce nel nodo del seno, si diffonde negli atri, attraversa la giunzione a-v e arriva
ai ventricoli. La frequenza sinusale nell' adulto è contenuta tra 60 e 100 battiti al minuto, e questo è il punto
di vista fisiologico.
Se qualcuno vi ha detto che le aritmie si dividono in ipercinetiche e ipocinetiche, dimenticatelo! Adesso non
è più cosi, quindi se vogliamo parlare un linguaggio che sia compreso nel resto del mondo, dobbiamo dire
che le aritmie si dividono in 3 categorie:
-tachicardie
-battiti ectopici
-bradicardie.
I battiti ectopici sono vicini più alle tachicardie che alle bradicardie.
Quello che vi interessa, da un punto di vista fisiopatologico, sono i meccanismi delle aritmie, non
l’estrinsecazione clinica delle stesse, che sarà invece oggetto di parte del corso di malattie cardiovascolari.
Cenni di fisiologia
L’ impulso cardiaco nasce nel nodo del seno, che si trova in prossimità dello sbocco della vena cava
superiore, si diffonde attraverso gli atri a livello dei quali ci sono delle vie di conduzione specifiche, ma gran
parte dell’ impulso, è condotto al di fuori di queste vie, arriva alla giunzione atrio-ventricolare che è
costituita da 2 giunture cioè il nodo A-V e il fascio di His, questo si divide poi nelle branche, una per
ciascun ventricolo, le quali si sfioccano in ulteriori suddivisioni e finalmente l’ impulso coinvolgerà tutto il
muscolo dei 2 ventricoli. La rete di Purkinje, che rappresenta la rete di distribuzione dell’ impulso, è
fondamentale perchè lo scopo del sistema di conduzione è far si che i ventricoli si attivino in un tempo
breve e simultaneamente.
Questo perchè, se il ventricolo non si attiva in un tempo breve non può spingere il sangue. Il compito dei
ventricoli è, infatti, quello di far circolare il sangue nel sistema delle arterie, non importa che si tratti della
circolazione sistemica o polmonare, comunque se i ventricoli non si attivano in un tempo breve non c’è
sistole e quindi non c’è un’ efficienza meccanica. Tutto ciò può avvenire perchè c’è il sistema di Purkinje
che distribuisce l’ impulso brevemente ad una grande massa miocardica.
Questo è il punto di partenza per comprendere le aritmie.
Meccanismi delle aritmie
I battiti ectopici e le tachicardie presentano 3 meccanismi.
L’ automatismo che è il più semplice, il rientro che è un meccanismo molto importante poichè alla base di
numerosissime tachicardie e poi c’è l’ attività triggerata.
Le bradicardie, invece, dipendono dall’ alterata formazione dell’ impulso nel nodo del seno (che è
l’ avviatore primario del cuore in quanto più rapido). Ci sono una serie di altri pacemaker o segnapassi nel
cuore e stanno negli atri, nei ventricoli, nella giunzione a-v e soprattutto nel fascio di His, però sono
pacemaker sussidiari, secondari, meno validi e meno sicuri di quanto non sia il nodo del seno, per cui il
ritmo fisiologico è sinusale.
Un’ alterata formazione dell’ impulso da parte del nodo del seno è già un’ aritmia, ma anche un’ alterata
conduzione dello stesso la può originare.
Riferimento allo schema
C’è un sistema di conduzione dell’ impulso comprendente le vie internodali tra cui il nodo del seno e il nodo
a-v. Ci sono delle vie di conduzione che però sono poco definite eccetto il fascio di ?? che connette l’ atrio
destro nel punto in cui nasce l’ impulso con l’ atrio sinistro. Poi questo sistema è dato dal nodo a-v, dal
fascio di His, dalle branche e da quanto viene dopo cioè dalle suddivisioni.
L’automatismo consiste nella capacità di iniziare un potenziale d’ azione.
Conosciamo 2 tipi di cellule miocardiche cioè cellule di lavoro e cellule pacemaker.
Le cellule segnapassi presentano una progressiva perdita di polarizzazione fino a quando non raggiungono il
potenziale soglia e a quel punto scatta la depolarizzazione rapida.
Ricordiamo che il potenziale d’ azione ha 4 fasi. Quando c’è un potenziale soglia, quando cioè la negatività
intracellulare arriva alla soglia, si spalancano i canali del Na e del Ca e il Na soprattutto si precipita
all’ interno della cellula il che evidenzia che c’è la depolarizzazione rapida e questa è la fase 0 del
potenziale d’azione. La maggior parte delle cellule sono di lavoro (non segnapassi) e possono essere attivate
da un impulso che arrivi li. Le pacemaker, invece, possono iniziare spontaneamente il potenziale d’ azione e
le cellule che eccedono in questa capacità diventano fonte di aritmie perchè non è il nodo del seno ad
avviare primariamente la depolarizzazione ma un altro pacemaker.
Vedete in A una cellula di lavoro e vedete che il potenziale a riposo è di -90 milliVolt perchè la membrana
cellulare è carica negativamente all’ interno e positivamente all’ esterno.
Quando c’è uno stimolo depolarizzante in A improvvisamente si aprono i canali e viene fuori una positività
e questa è la fase 0 durante la quale c’è l’ ingresso massivo di ioni Na e Ca all’ interno della cellula e quindi
si passa da -90 a +30 mV. Le fasi successive prevedono la ripolarizzazione progressiva perchè a poco a
poco ioni K entrano all’ interno della cellula fino a riportare il potenziale all’ elettronegatività iniziale.
Questa cellula in A non è in grado di iniziare la depolarizzazione del cuore perchè non è una cellula
segnapassi.
La cellula segnapassi parte pure da -90 mV ma il potenziale durante la diastole ascende gradualmente verso
valori sempre meno negativi fino a che non si attiva il potenziale soglia a -60 mV. Quando arriverà a -60
mV si avrà l’ apertura rapida dei canali del Ca e del Na, si verificherà cioè la fase 0 del potenziale d’ azione.
Quindi l’ automatismo è la capacità di iniziare autonomamente la depolarizzazione del cuore e questo
processo è tipico delle cellule sinusali ma anche di altre cellule. Infatti, per esempio, una cellula del
miocardio comune può iniziare, in condizioni patologiche, la depolarizzazione e dare vita ad un impulso
prematuro che interrompe la normale ritmicità data dal nodo del seno. Ricapitolando, quello dominante è il
nodo del seno ma altre cellule possono, attraverso 3 meccanismi incrementare l’ automatismo.
Questi meccanismi sono:
- aumentata pendenza della fase 4
- diminuzione del livello di polarizzazione diastolica
- abbassamento del potenziale soglia.
L’ automatismo di una cellula che sta al di fuori dal nodo del seno, l’aumentato automatismo, può dare
un’ aritmia perchè la cellula pacemaker usurpa il ruolo del nodo del seno, si sostituisce a lui prima che
questo scarichi o se questo non ha ancora scaricato.
Riferimento allo schema precedente
In B c’è un’ aumentata pendenza della fase 4 cosicchè la cellula, che parte da -90 mV ,attinge i -60 mV più
in fretta di quanto avrebbe fatto in normali condizioni per cui l’ incremento dell’ automatismo può essere
dovuto all’ aumento di questa pendenza della fase 4 .
Il secondo meccanismo è la diminuita polarizzazione diastolica. La cellula A parte da -90 mV, mentre la
cellula B da -75 mV cosicchè il cammino che deve percorrere per arrivare a -60 mV è più breve, per cui la
parziale depolarizzazione diastolica fa si che la cellula emetta impulsi con frequenza più alta di quella che ci
sarebbe stata se non si fosse presentata questa anormalità del potenziale d’ azione.
Il terzo meccanismo è l’ abbassamento del potenziale soglia che in A è -60 mV e in B è a -75 mV il che
vuol dire che la cellula farà più in fretta ad attingere il potenziale soglia.
Ripete del concetto.
Domanda: questi 3 meccanismi intervengono mai contemporaneamente? Risposta: Certamente no! Ad
esempio, l’ aumentata pendenza della fase 4 si deve al sistema nervoso simpatico, infatti, le catecolammine e
saltano la pendenza della fase 4 e cosi accendono segnapassi che sarebbero rimasti dormienti se non ci fosse
stata la stimolazione simpatica. Anche il nodo del seno è influenzabile, per esempio, quando si fa attività
fisica, si incrementa la frequenza cardiaca perché aumenta la pendenza della fase 4 e tutto questo è
fisiologico, ma può anche avvenire per la presenza di un segnapassi patologico.
Il rientro richiede un po’ di attenzione.
In questo caso un impulso parte da una camera ( le camere del cuore sono 2 da un punto di vista elettrico e
non 4 come dal punto di vista anatomico, perchè i 2 atri, cosi come i ventricoli, corrispondono ad un sincizio
, è come se fosse un’ unica camera perchè un impulso applicato in qualsiasi sede dell’ atrio li coinvolge
entrambi, quindi non c’è suddivisione tra i 2 elettricamente), fa un certo percorso e torna indietro a riattivare
l’ altra camera, quindi rientra dalla camera da cui proveniva. Questo è anormale perchè in genere l’ impulso
parte dal nodo del seno, va negli atri, attraversa la giunzione a-v, va ai ventricoli e finisce qui. Se un
impulso invece torna indietro può generare un ulteriore potenziale perchè l’ impulso rientra da dove
proveniva.
Per il rientro ci vogliono 3 requisiti fondamentali:
- circuito
- blocco unidirezionale
- conduzione rallentata.
Il circuito.
Ci sono due vie, la alfa e la beta che sono separate da un ostacolo che sta in mezzo. La via alfa è la via lenta,
la beta è la via rapida e osservando la progressione dell’ impulso che viene dall’ atrio ( facendo riferimento
all’immagine mostra la via superiore comune e la via y che è la via inferiore comune dato che le 2 vie sono
collegate in alto e in basso), esso imbocca le 2 vie, la alfa e la beta e quello che attraversa la via beta scende
nella via inferiore comune y e attiva i ventricoli.
La via alfa, invece, è retroattivata perchè l’ impulso che ha attraversato la via beta torna in parte indietro e
interferisce con l’ impulso che scendeva. I 2 fronti d’ onda si estinguono dato che non possono continuare
perchè trovano davanti a sé un miocardio ineccitabile, in stato di refrattarietà.
Questo è un circuito che abbiamo tutti dato che il nodo a-v stesso rappresenta un esempio di questo tipo di
circuito.
Fisiologicamente esso conterrà 2 vie, anche se qualcuno ne ha 3 nel nodo a-v.
Queste vie sono anatomicamente non ben riconoscibili ma, fisiologicamente chiarissime. Se non c’è circuito
non c’è rientro, però, in questo primo caso il circuito c’è ma il rientro no perchè mancano gli altri 2
requisiti.
La diapositiva introduce un altro concetto e cioè che la velocità di conduzione e la refrattarietà di una via
non sono la stessa cosa, infatti la velocità di conduzione spesso si accoppia ad una refrattarietà che è
all’ opposto. La via alfa che è lenta e ha bassa velocità di conduzione, ha refrattarietà breve, invece, la via
beta che è veloce ha un periodo refrattario lungo.
La velocità di conduzione dipende dalla pendenza della fase 0. L’ alta velocità di conduzione corrisponde ad
un' alta pendenza di questa fase, la bassa velocità di conduzione corrisponde ad una bassa pendenza della
fase 0.
La refrattarietà di una cellula indica il periodo in cui essa è ineccitabile. Essa comprende le fasi 0, 1, 2, 3, e
dipende dalla durata del potenziale d’ azione. Se il periodo è breve la refrattarietà è breve, se la durata è
lunga il periodo refrattario è lungo. Adesso si può comprendere come la via beta che ha un alta velocità di
conduzione, ha un periodo refrattario più lungo di una via alfa che conduce lentamente e ha un periodo di
refrattarietà più breve.
Ripete il concetto
Questo è fondamentale per capire le altre cose che caratterizzano il rientro.
Il blocco unidirezionale
C’è un’ extrasistole, un battito prematuro ( un lampo), che trova la via beta in stato di refrattarietà.
In quel momento la refrattarietà della via beta non è finita, per cui l' impulso attraversa la via alfa che ha
invece un periodo refrattario breve . L’impulso si blocca nella via beta in senso anterogrado e prosegue solo
nella via alfa, arriva alla via terminale comune e retroinvade la via beta. Anche questo non dà rientro poichè
non è sufficiente avere il circuito e il blocco unidirezionale, ci vuole il terzo anello di questa catena cioè la
conduzione rallentata.
La conduzione rallentata
In questo caso c’è un’ extrasistole, l’impulso va cosi lentamente alla via alfa, tanto da arrivare al punto
critico della via beta quando questa è uscita dallo stato di refrattarietà. Esso si mette a circolare, a girare e dà
una tachicardia da rientro poichè l’ impulso che proviene dall’ atrio poi rientra nell’atrio stesso.
Il concetto di rientro, infatti, è proprio quello che un impulso che viene da una camera ritorna indietro a
riattivare quella camera stessa da cui proveniva. Se c'è il circuito, c’è il blocco unidirezionale e questo
dipende dal fatto che la via beta ha un periodo di refrattarietà più lungo rispetto alla via alfa e l' impulso è
sufficientemente rallentato nella via lenta cioè la via alfa, da giungere al punto del circuito quando questo è
uscito già dalla refrattarietà e quindi viene fuori una tachicardia da rientro che in questo caso si realizza nel
nodo a-v.
Domanda: se il blocco si illumina ( quello centrale), questo impulso non ripolarizza il blocco? Cioè, quando
l’ impulso arriva e si sdoppia, il blocco viene illuminato, ma non è che l’ impulso può ripolarizzare il blocco
… Risposta: l’ impulso non passa direttamente, si blocca perchè la via è refrattaria, progredisce solo
attraverso la via alfa.
Domanda: l’ impulso quindi rallenta per motivi di canali? Risposta: rallenta perchè è molto prematuro come
impulso. Più è prematuro e più è lento nella sua progressione.
Altra domanda: E se c’è il blocco solo nella via alfa e non nella via beta? Risposta: no, non può essere
perchè il periodo di refrattarietà è più lungo nella via beta rispetto alla via alfa, quindi l’ impulso non può
bloccarsi nella via alfa, o passa per tutte e 2 o passa per la via alfa soltanto.
La conduzione rallentata completa la triade di condizioni tali da poter avere una tachicardia da rientro nel
nodo a-v.
Ripete il concetto.
Domanda: abbiamo detto che alcuni hanno una terza via, questo può influire con il rientro? Risposta: può
influire certamente perchè rende ancor più probabile che ci sia un meccanismo di rientro, ma è una cosa
molto rara che si abbiano 3 vie nel nodo.
Quindi abbiamo detto di avere 3 meccanismi, l’ automatismo, il rientro e l’ attivita triggerata cioè i post
potenziali.
Post-potenziali
Sono delle oscillazioni che seguono il potenziale d’ azione e si sovrappongono ad esso.
Distinguiamo post-potenziali precoci e post-potenziali tardivi.
In A c’è un post-potenziale tardivo, c’è un’ oscillazione del potenziale di membrana che si verifica alla fine
di esso stesso e in B c’è un’ extrasistole, cioè c’è un battito prematuro che è scatenato da un post-potenziale
perchè se esso attinge il valore soglia e si presenta un po’ contratto scatta il potenziale d’ azione nuovo.
Per cui queste oscillazioni del potenziale di membrana possono dar luogo ad un battito prematuro.
Un post-potenziale precoce come quello in C o in D è difficile che dia un nuovo potenziale d' azione, lo può
piuttosto prolungare perchè lo continua. E’ difficile averlo perchè la cellula non è responsiva in quel
momento, non c’è un battito interamente nuovo come avviene in un post-potenziale tardivo generalmente.
Questo è un fenomeno di gran lunga meno frequente di quanto non sia l’ esaltazione dell’ automatismo e il
rientro nella genesi dei battiti ectopici e delle tachicardie.
Vi ho detto all’ inizio che ci sono battiti ectopici, tachicardie e bradicardie.
I battiti ectopici si classificano in 2 categorie:
-extrasistole
-battiti di scappamento.
L' extrasistole è un battito prematuro che interviene prima del momento atteso per il battito sinusale, è un
battito precoce.
Il battito di scappamento è un battito tardivo.
Il primo è l’ espressione di un' esaltazione dell’ automatismo in cui improvvisamente una cellula
potenzialmente segnapassi presenta un automatismo o un fenomeno di rientro per cui il battito poi è
prematuro rispetto a quello sinusale atteso. Lo scappamento è un battito tardivo che rappresenta
l’ automatismo fisiologico di una cellula pacemaker che interviene a regolare il cuore o perchè manca il
battito sinusale, o perchè non si forma l’impulso nel nodo del seno o perchè l’ impulso, per esempio, non è
condotto nei ventricoli, poichè se c’è un blocco atrio-ventricolare (che è un fenomeno abbastanza comune)
ci sarà un blocco completo e quindi l’ impulso atriale non raggiungerà la camera ventricolare (i 2 ventricoli
sono un’ unica camera, sono un sincizio, cioè sono come una cellula con tantissimi nuclei da un punto di
vista elettrico.)
Se c’è un blocco a-v o una mancata formazione dell’ impulso nel nodo del seno, può intervenire un
segnapassi sussidiario, più lento del nodo del seno, ad attivare il cuore poichè se il cuore non si attiva, non
si contrae. Attenzione perchè l’ attivazione elettrica e la contrazione sono 2 cose completamente diverse,
l’ una dipende dall’ altra ma non sono la stessa cosa. È chiaro però che il cuore che non si attiva, non si
contrae e il soggetto muore se non c’è attività del cuore.
Le extrasistoli e i battiti di scappamento si classificano a secondo della sede di origine in:
-atriali
-giunzionali
-ventricolari.
Questo perchè i 2 atri sono una massa unica, la giunzione atrio-ventricolare è costituita da 2 strutture cioè il
nodo a-v e il fascio di His, i ventricoli sono pure un’ unica camera, quindi anche se anatomicamente ci sono
2 atri e 2 ventricoli elettricamente ci sono 3 camere cioè l’ atrio unico, la giunzione a-v con le 2 strutture
citate e il ventricolo anch’ esso unico e questo perchè un qualunque impulso che arrivi ad una parte di un
ventricolo attiva tutta la massa ventricolare.
L' impulso nasce dall’ atrio destro, parte dal nodo del seno, attiva la massa mediale, attraversa la giunzione
a-v e arriva ai ventricoli .
Questo da un punto di vista elettrocardiografico è rappresentato da un onda P che esprime la
depolarizzazione degli atri e non la contrazione ( l’ elettrocardiogramma non parla mai di contrazione, essa
avviene normalmente ma non è rappresentata dall’ onda P), poi c’è il complesso QRS, poi l' onda T che
esprime la ripolarizzazione del cuore. Il cuore, infatti, si deve depolarizzare e ripolarizzare cioè riacquistare
lo stato iniziale.
Ripete il concetto
Questo è un diagramma cosiddetto a scala che ci fa vedere come funzionano le cose.
Un’ extrasistole atriale è un’onda P prematura (l’ atrio è rappresentato dall’ onda P), la quale presenta
morfologia diversa dall’ onda sinusale tipica. Perché la morfologia è diversa? Perché la morfologia
dell’onda P, cosi come il QRS della camera ventricolare, esprime la modalità di conduzione dell’ impulso in
quella camera. È chiaro che se il nodo del seno (che si trova nell’ atrio destro in alto), dà una certa
morfologia della P, un segnapassi che si trova nell’atrio destro basso o nell’ atrio sinistro darà una sequenza
di attivazione differente per cui l’ onda P sarà diversa.
Ripete il concetto.
Generalmente l’ impulso atriale prematuro attraversa la giunzione a-v e dà un QRS e in questo caso esso è
identico a quello del battito sinusale perchè l’ impulso arriva ai ventricoli tramite il nodo a-v, il fascio di His
, utilizza le branche, la rete di Purkinje per cui la sua morfologia è identica.
Riferimento allo schema
La freccia rossa indica un’ onda P prematura con morfologia diversa dall’ onda P sinusale ; in questo caso
l’ onda P sinusale è positiva, quella extrasistolica è negativa, cioè diretta in basso e come vedete c’è questa
prematurità del battito perchè l’ impulso atriale prematuro è condotto ai ventricoli e dà extrasistole atriale.
Nel diagramma a scala si può constatare che l’ impulso si genera negli atri e non nel nodo del seno ed è
comunque condotto ai ventricoli in maniera normale.
Un’ extrasistole giunzionale nasce nel fascio di His. La giunzione a-v è formata dal fascio di His e dal nodo
a-v il quale è privo di automatismo ma, rappresenta la sede del rientro (il rientro, in realtà, si può verificare
comunque nel cuore ma il nodo a-v sembra fatto proprio apposta per far avvenire questo meccanismo).
L’ extrasistole giunzionale nasce nel fascio di His e per questo motivo avremo un QRS prematuro in quanto
da qui l’ impulso viene condotto direttamente attraverso le branche del sistema di Purkinje. Il QRS
prematuro non è preceduto da onda P o comunque è indipendente dall’ onda P sinusale.
C’è un segnapassi giunzionale nel fascio di His che attiva i ventricoli prima rispetto a quando succederebbe
se essi fossero attivati dal nodo del seno. In questo caso c’è un’ onda P prima del QRS. Quest’ ultimo è
molto più vicino alla P rispetto a quanto avviene nei battiti sinusali normali perchè c’è una dissociazione tra
atri e ventricoli.
I ventricoli sono per conto loro, sono stati attivati da un segnapassi giunzionale e gli atri invece sono sotto il
comando del nodo del seno.
Un’ extrasistole ventricolare è costituita da un QRS prematuro che sarà necessariamente molto diverso dal
QRS sinusale, dato che la morfologia di quest’ ultimo esprime la modalità con cui l’ impulso si propaga nei
ventricoli. Quando l’ impulso raggiunge il fascio di His, il QRS è stretto perchè i ventricoli si attivano
simultaneamente, quando l’impulso nasce, invece, in un ventricolo, uno si attiva prima e l’ altro dopo
poiché esso non cammina tramite il sistema di Purkinje ma nasce al di fuori di questo e perciò la sua
diffusione nella camera ventricolare è lenta.
Il QRS di conseguenza sarà largo perchè l’ impulso ci metterà molto tempo a depolarizzare la massa
ventricolare e sarà anche profondamente diverso dal battito sinusale dal momento che la morfologia del
battito sinusale esprime la modalità con cui l’ impulso sinusale si propaga nei ventricoli.
Quando l’ impulso nasce direttamente nei ventricoli , il QRS è completamente diverso, è prematuro come in
ogni extrasistole. Non è preceduto da un onda P per cui si riconosce facilmente.
Nell’ extrasistole ventricolare, il QRS è completamente diverso e l’impulso sinusale non è condotto perchè
trova la giunzione a-v in stato di refrattarietà e poi c’è una pausa.
Tachicardie sopraventricolari
Sono tutte tachicardie a QRS stretti a condizione che non ci sia un blocco di branca, perchè se c’è una
branca che non funziona il QRS sarà largo.
Tipi di tachicardie
Sono la tachicardia sinusale, atriale, da rientro nodale, da rientro atrio-ventricolare che coinvolge una via
accessoria e la tachicardia automatica giunzionale dove c’è un pacemaker nel fascio di His che ha frequenza
più alta. Queste tachicardie sono date da cellule che hanno un automatismo inferiore rispetto a quello del
nodo del seno ma, che in condizioni patologiche, di ischemia per esempio, possono assumere un
automatismo maggiore e cominciare ad attivare la camera ventricolare la quale è in immediata continuità
con il fascio di His.
La tachicardia sinusale è un fenomeno fisiologico, è quella che viene agli esami per esempio. Il fatto che il
cuore sia stato definito l’ organo dell’ amore, del sentimento amoroso dipende dal fatto che in prossimità
della persona che si ama aumenta il tenore dei battiti per via dell’ emozione e anche questa è un tipo di
tachicardia sinusale.
La tachicardia del rientro nodale è la tachicardia tipica da rientro.
La tachicardia da rientro a-v è dovuta ad una via di conduzione accessoria e anormale cioè il fascio di Kent.
Esso rappresenta un’ alterazione congenita del cuore. Atri e ventricoli comunicano fisiologicamente tra loro
solo attraverso il fascio di His e il nodo a-v che ne rappresentano l’unico tipo di comunicazione. Il fascio di
Kent è una connessione in più che deriva da un' embriogenesi alterata. Normalmente il cuore embrionale è
formato da un’ unica camera, non c’è la divisione tra atrio e ventricolo, sopra c’è quello che sarà l’ atrio e
sotto il ventricolo. Le cellule comunicano in maniera continuativa, non c’è nessuna alterazione tra loro
perchè la camera è unica. Con il crearsi dello scheletro fibroso del cuore le 2 camere si separano e la
connessione elettrica viene fornita dal fascio di His.
In qualche caso la separazione è incompleta e quindi si crea un’ altra via di conduzione che è il fascio di
Kent. Questo fascio rappresenta una connessione atrio-ventricolare anomala, dovuta ad un embriogenesi
imperfetta. Ci saranno 2 vie di conduzione tra atri e ventricoli e quindi si creerà un circuito che non si
sarebbe potuto formare se non ci fosse stata questa via in più. Nel circuito ci vorranno 2 vie di cui una è data
dal nodo a-v e dal fascio di His e l’ altra è data dal fascio di Kent.
Mentre il circuito della tachicardia trattata prima è circoscritto nel nodo che è lungo 9 mm, il nodo a-v è più
piccolo di 1 mm per cui è un microcircuito; questo invece, (quello del fascio di kent) è un macrocircuito.
Il circuito è grande perchè coinvolge il nodo a-v, il fascio di His, una branca e un ventricolo, quindi
l’ impulso arriva al ventricolo mentre il fascio di Kent va all’ atrio. Questa è una condizione abbastanza
particolare che poi sfocia nella cosiddetta pre-eccitazione.
Ricapitolando una tachicardia parossistica da rientro a-v può esser dovuta ad un circuito costituito da una via
anomala di connessione , di conduzione a-v, che è il fascio di Kent.
Il termine parossistico indica che la tachicardia inizia e cessa improvvisamente in quanto è sostenuta dal
meccanismo di rientro che viene innescato improvvisamente da un battito prematuro e cessa
improvvisamente quando ad un certo punto l’ impulso non riesce più a girare perchè si blocca da qualche
parte nel circuito di rientro.
Flutter atriale
È una tachicardia da macrorientro nell’atrio. E’ un circuito anormale, patologico che si forma nell’ atrio ma,
non è predeterminato in quanto ci vuole qualcosa di più affinchè esso si formi.
Il circuito è quasi sempre contenuto nell’ atrio di destra.
L’ impulso circola attorno l’ ostio della vena cava superiore, percorre la parete laterale dell’ atrio, l’ anulus
bicuspidale, l’ ostio della vena cava inferiore, l’ ostio del seno coronarico, risale e torna su. È un circuito con
tenuto quasi sempre nell’ atrio destro ma è comunque una tachicardia da rientro.
Il flutter dà delle onde dette a “denti di segali”.
Fibrillazione atriale
E’ una situazione estremamente comune. E’ un’ aritmia in cui non c’è un ritmo sinusale, non c’è un
segnapassi ma c’è una quantità di impulsi molto alta. Nella fibrillazione atriale si genera una quantità
enorme di impulsi , 600 o più ma, nessuno li può contare esattamente dato che ciascun impulso non invade
tutta la massa degli atri ma è circoscritto solo a piccole zone. Di questi impulsi solo una piccola parte
attraversa la giunzione a-v e arriva alla camera ventricolare.
Dei 600 al minuto presenti, quanti ne passano? Non lo possiamo dire, certamente non passano tutti perchè se
cosi fosse si morirebbe.
I ventricoli non possono sopportare frequenze superiori a 250-300 battiti al minuto e anche con quelli è
facile morire perchè non si verifica diastole ma è tutta sistole e poichè il ventricolo non si riempie, la gittata
cardiaca è virtuale e quindi si muore. Nella fibrillazione non si può mai sapere quali sono gli impulsi che
passano e tutto ciò porta ad una grande irregolarità del ritmo cardiaco dato che gli impulsi che passano sono
casuali.
Ripete del concetto.
Nonostante la presenza di questa grande irregolarità, mentre la frequenza degli atri non è definibile
esattamente, quella dei ventricoli lo è.
La genesi della fibrillazione atriale non è semplice e coinvolge il rientro e l’ automatismo; sono stati infatti
visti dei focolai che “sparano” a frequenza alta ma soprattutto dei circuiti di rientro.
Schema del cuore in cui ci sono più circuiti
Ognuno dei cerchi presenti è un circuito. Questi circuiti non sono anatomicamente determinati come
avviene per il nodo a-v o per la tachicardia da rientro a-v dove c’è il fascio di Kent che ci fornisce una
definizione anatomica precisa del circuito. Nella fibrillazione atriale la sede e il numero dei circuiti varia
continuamente perchè l’ impulso invade ogni zona che trova in stato di eccitabilità e quindi circola. La sede
e la dimensione dei circuiti è continuamente variabile e non è descrivibile nè conoscibile. Tutto quello che
sappiamo è che senza il nodo a-v si morirebbe subito perchè è proprio esso che rallenta la conduzione. Il
fascio di His farebbe passare molti più impulsi per cui è il nodo a-v quello che ci salva. Anche nel flutter è
cosi, infatti esso presenta 100 impulsi al minuto all’ incirca ma, di questi ne passa un numero decisamente
minore, però mentre il flutter ha delle onde tipiche definite, la fibrillazione non le ha.
Ricapitolando la fibrillazione è dovuta a numerosi circuiti di rientro che non sono prevedibili a livello di
sede ma che coinvolgono la massa atriale e anche a segnapassi che sparano a frequenza alta dando luogo a
questi meccanismi di rientro. Più l’ età si incrementa e diventa facile trovare soggetti con fibrillazione.
E’ estremamente semplice da un punto di vista clinico la diagnosi di fibrillazione atriale, ma di questo ne
parleremo il prossimo anno.
Domanda: cos’è che nel nodo a-v blocca l’ impulso? Risposta: dipende dal fatto che l’ impulso passa
attraverso fibre lente Ca dipendenti. Mentre quelle precedenti sono fibre rapide, le cellule del nodo a-v sono
Ca dipendenti e hanno un periodo di refrattarietà più lungo rispetto alle cellule degli atri, del fascio di His e
dei ventricoli. Il nodo a-v agisce come filtro e se esso non ci fosse la fibrillazione atriale si trasformerebbe in
fibrillazione ventricolare la quale è mortale poichè durante la fibrillazione la camera non si contrae più ma
trema, compie movimenti piccoli che respingono il sangue. La fibrillazione ventricolare corrisponde ad una
mancanza di attività meccanica del cuore che comporta l’assenza di portata circolatoria la quale conduce alla
sincope cioè alla perdita di conoscenza che si verifica in 10 secondi. Se il soggetto resta senza O2, senza
substrati, per 2-3 minuti la situazione degenera in maniera irrimediabile e anche se si sopravvive, si
sopravvive con un grosso danno cerebrale. Se l’ arresto cardiocircolatorio dura 5-6 minuti si ha la morte
sicura, non c’è nulla da fare.
Il nodo a-v va visto come meccanismo protettivo dall’ eccessiva frequenza che si raggiunge negli atri e
quindi la fibrillazione non fa danno o fa un danno piccolo solo perchè c’è il nodo a-v come filtro che
impedisce che si raggiungano eccessive frequenze ventricolari.
Nella fibrillazione atriale si nota l’ assenza di onde P ma ci sono invece delle piccole onde che si chiamano F
. Si nota anche un’ irregolarità delle onde tra i battiti ed essa dipende dal fatto che dei tantissimi impulsi che
si affollano al nodo a-v per essere condotti solo alcuni lo sono ma in modo imprevedibile.
Il polso sarà necessariamente irregolare per cui palpandolo ci si accorge subito che il soggetto è fibrillante
poichè presenterà non solo questa irregolarità del polso ma anche un’ ampiezza variabile delle pulsazioni.
L’ ampiezza del polso corrisponde alla nostra sensazione delle “arterie che si sollevano” sotto l’ onda
sfigmica la quale rappresenta l’ onda del sangue che arriva.
L’ampiezza è variabile in quanto dipende dalla gittata sistolica, la quale a sua volta è dipendente dalla
durata della diastole e poichè nella fibrillazione atriale c’è una grande irregolarità e l’ intervallo tra 2 battiti
può presentarsi, per esempio, molto breve, breve, medio, lungo, lunghissimo, la durata della diastole
influenza l’ ampiezza del polso.
Dopo una diastole lunga per esempio, il ventricolo è molto pieno e quindi spinge in circolo una quantità di
sangue non indifferente per cui in questa circostanza il polso sarà ampio. Più la diastole è breve meno ampio
sarà il polso e questo fino ad arrivare ad un polso non palpabile se la diastole è assolutamente minima. Ciò
vuol dire che quando contiamo il polso e troviamo 120 battiti in realtà essi saranno 135 ma 15 al polso non
compaiono perchè nonostante il cuore si contrae, spinge in circolo una quantità di sangue cosi modesta da
non far pervenire al polso nessuna onda sfigmica.
La fibrillazione atriale è una diagnosi che ogni medico deve saper fare in quanto il gesto della palpazione
del polso è caratteristico dei medici e ne rappresenta un’ azione cardine.
Adesso ascoltiamo il cuore attraverso diversi segni ma i medici di anni fa palpavano il polso.
L’ irregolarità del polso può essere dovuta a molte cause cioè extrasistolie, tachicardie, ma la fibrillazione
atriale dà una tale irregolarità del polso che chiunque la può determinare..
Elettrocardiogramma di una fibrillazione atriale.
Non ci sono onde P, si vedono bene i complessi QRS , c’è una serie di ondulazioni e si vede
immediatamente come nell’ intervallo tra 2 battiti, cioè tra 2 QRS, il ritmo è variabile. Il primo battito è
abbastanza lungo, il secondo pure ma il terzo è molto più corto, il quarto è lungo e il quinto ancor più lungo.
Data la grande irregolarità del polso è facile fare la diagnosi.
Da un punto di vista meccanico, la fibrillazione è come una paralisi dell’ atrio in quanto esso non si contrae
affatto. Le singole fibrocellule si contraggono ma senza nessuna efficacia, è come se 10 persone dovessero
spostare un masso molto grande imbragato in una corda, è chiaro che se tirano tutti assieme nella stessa
direzione il masso si sposta, ma se uno tira prima e l’ altro dopo in direzioni diverse il masso resta immobile.
Ripete il concetto.
La contrazione diventa efficace, e questo vale anche per i ventricoli, se c’è un coordinamento. La sistole dei
ventricoli dura di solito 80 ms, la durata del QRS è molto breve, però è coordinata e senza coordinamento è
come se il cuore non ci fosse dato che non riesce a spingere il sangue sufficiente.
Tachicardia ventricolare
Nasce naturalmente nei ventricoli ed è un ritmo che presenta frequenza superiore a 100 battiti al minuto.
Lasciate stare che si tratti di una tachicardia sostenuta o meno perchè questo lo vedrete il prossimo anno. La
tachicardia ventricolare a differenza di quella sopraventricolare, avviene soprattutto nei soggetti cardiopatici
che hanno avuto un infarto o che hanno una cardiomiopatia, una cardiopatia ipertensiva o anche cronica;
eccezionalmente avviene nei soggetti sani e questo proprio perchè manca il substrato tipico della tachicardia
. Il substrato per il rientro nei soggetti normali non c ‘è , nei ventricoli patologici si forma perchè accanto ad
aree di miocardio normali e perfettamente attivabili ci sono delle aree fibrotiche che non si attivano.
La fibrosi si può formare o perché c’è stata un’ ischemia o per via di un’ ipertrofia determinatasi da una
valvulopatia, oppure può essere congenita o dovuta ad una cardiomiopatia. E’ proprio la fibrosi a provocare
nei ventricoli la possibilità che ci sia un meccanismo di rientro che altrimenti non ci sarebbe.
La frequenza è alta e i QRS molto larghi, un po’ come accade per le extrasistoli ventricolari perchè in questi
soggetti i ventricoli non si attivano in maniera normale attraverso il fascio di His.
Fibrillazione ventricolare
E’ lo stesso fenomeno che accade negli atri però è molto più grave. C’è una quantità di circuiti di rientro,
ognuno dei quali depolarizza una zona limitante la massa dei ventricoli e si verifica un’ attivazione continua
cioè non c'è una sistole che dura poco e dopo di che la diastole, c'è solo e sempre la sistole . Appena un
gruppo di cellule esce dalla fase di refrattarietà viene attivato nuovamente da questa serie di impulsi che
circolano e che danno luogo a rientri multipli con efficacia meccanica in pratica pari a zero.
In un malato che ha avuto un infarto si presenta un' extrasistole la quale scatena una fibrillazione
ventricolare e vengono fuori questi QRS che non si possono nemmeno definire come tali perchè hanno
morfologia assolutamente variabile e imprevedibile.
Questo è un elettrocardiogramma continuo ed è molto interessante perchè fa vedere una cosa fuori dal
comune. Presenta una fibrillazione ventricolare che sparisce spontaneamente, cosa che non succede
praticamente mai. C'è una quantità di extrasistoli e tachicardie non sostenute, poi comincia la fibrillazione
ventricolare, ci sono tutte queste onde estremamente variabili morfologicamente che si susseguono a
frequenze molto alte e poi ad un certo punto la fibrillazione ventricolare cessa spontaneamente ,c'è un lungo
periodo di asistolia e poi il cuore torna a contrarsi nuovamente. Questa è una circostanza veramente
eccezionale dal momento che la fibrillazione ventricolare quando c'è non cessa tranne che si dia una scarica
elettrica sul torace.
Blocco a-v
È la condizione in cui gli impulsi sinusali sopraventricolari vengono condotti più lentamente del normale,
cioè con un certo ritardo, o non vengono prodotti affatto. Consiste in un' alterazione della giunzione a-v dato
che solitamente gli impulsi sinusali per comunicarsi ai ventricoli devono attraversare questa giunzione.
Quando non vengono condotti o vengono condotti con un tempo superiore rispetto a quello fisiologico si va
in blocco a-v.
I 3 gradi del blocco a-v
Nel primo grado tutti gli impulsi vengono condotti ma con un tempo di conduzione più lungo di quello
fisiologico che è di 0, 20 sec.
Nel secondo grado alcuni impulsi vengono condotti altri no.
Nel terzo grado tutti gli impulsi non vengono condotti..
Allora come vive l' individuo? Vive perchè c' è un ritmo di scappamento. Ricordate che ci sono 2 tipi di
battiti ectopici cioè le extrasistoli e i battiti di scappamento; l' extrasistole è un battito prematuro mentre lo
scappamento è un battito tardivo. L' extrasistole è dovuta a 3 meccanismi tra cui ricordiamo l’esaltazione
dell'automatismo anormale di una cellula pacemaker che non è quella dominante ma che ad un certo punto
assume il comando del cuore. Lo scappamento invece è l' espressione di un automatismo normale di una
cellula segnapassi che solitamente dorme perché viene costantemente scaricata da un segnapassi più rapido
che è il nodo del seno (per esempio ci sono numerose cellule segnapassi sul fascio di His ma normalmente
non danno un impulso.)
Quando si blocca la conduzione a-v, queste cellule pacemaker che sono in fondo un àncora di salvezza
possono cominciare ad eccitare il cuore compiendo una pausa più o meno lunga. Nel blocco a-v di terzo
grado nessun impulso è condotto ma se noi siamo in grado di vedere il paziente e di registrare un ECG e
quindi il paziente è vivo, lo è perché c'è un ritmo di scappamento che va a sussidiare il nodo del seno o la
conduzione a-v interrotta per far vivere il soggetto.
Ci sono numerose onde P ma non c'è nessun rapporto con i QRS, infatti a volte la P è molto lontana dal
QRS , a volte più vicina e poi ci sono molte più onde QRS del normale.
Oggi, se non muore subito il paziente, l' impianto di un pacemaker artificiale (che ormai rappresenta una
pratica molto diffusa in cardiologia) riesce a risolvere il problema.
Questo è un blocco a-v di terzo grado molto più drammatico perché c'è una pausa asistolica più lunga e ci
sono molte onde P una dopo l' altra. Il soggetto in questa situazione perde i sensi perché rimane per molti
secondi senza O2 al cervello, dopo di che si vedono 2 battiti ectopici di scappamento e ricomincia la
conduzione per fortuna.