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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
Nuova CAM 4K tivùsat contrasta la pirateria ma complica la vita 03
2828
Samsung Galaxy Fold Coraggio e innovazione
Mi Note 10, le foto di notte e di giorno
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
Disney+, la prova dagli USA Negli USA è già partito il servizio di streaming di Apple, un vero “terremoto” anche per il prezzo super competitivo: 6.99 al mese. L’abbiamo provato in anteprima: la resa di alcuni contenuti in 4K è esemplare. E anche l’app è ben fatta10
Anteprima nuovo MacBook Pro 16”Qualità raddoppiata al prezzo del 15”Il nuovo MacBook Pro è una potente workstation con batteria e audio migliorati e spazio su disco raddoppiato rispetto alla generazione precedente. Il tutto allo stesso prezzo del 15”
Amazon Alexa schiaccia Google Home: vende tre volte tanto
Switch off e Bonus TV da 50 euro Switch off e Bonus TV da 50 euro La situazione punto per puntoLa situazione punto per puntoFacciamo il punto della situazione sul digitale terrestre e soprattutto sul Bonus TV da 50 euro. Ma senza allarmismi: il primo cambio è nel 2021
06
Oppo Reno 2 Reno con 4 fotocamere
2525
OnePlus 7T Tanta sostanza
Vodafone sperimenta il 5G a XFactor: duetto Nannini a distanza08
12
3232 3434
3131
Google Pixel 4 vs. Google Pixel 4 vs. Canon EOS RPCanon EOS RP Sfida con sorpresaSfida con sorpresa3838
09
EICMA 2019 EICMA 2019 Il trionfo dei Il trionfo dei monopattini elettricimonopattini elettrici
Amoruso (Sony): “Il Black Friday ingloberà anche il Natale” 05
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Massimiliano DI MARCO
L a diatriba sull’obbligo dei seggioli-
ni antiabbandono non si conclude.
Anzi, con il passare delle ore non fa
che aumentare. Ciò perché dopo l’en-
trata in vigore ieri, 7 novembre, la situa-
zione è diventata ancora più complicata:
i seggiolini antiabbandono o sistemi di
allarme aggiuntivi non si trovano nei ne-
gozi; i produttori non conoscono ancora
le caratteristiche tecniche precise per po-
ter essere conformi e, tanto meno, sono
state annunciate le modalità per ricevere
il contributo di 30 euro. Ora le parole del
ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
Paola De Micheli cambiano ancora la si-
tuazione. “La discussione che si è anima-
ta giustamente in Parlamento - ha detto
in un video su Facebook - probabilmente
porterà a un emendamento per spostare
le sanzioni”. Il ministro De Micheli ha inol-
tre consigliato alle famiglie di conservare
le ricevute di acquisto per poter riceve-
re “nelle prossime settimane” i 30 euro
previsti. Dal 7 novembre, infatti, chi viene
trovato privo del seggiolino di antiabban-
dono, obbligatorio per i bambini fino ai 4
anni di età, rischia una multa tra 81 e 126
euro. Oltre al danno, però, c’è la beffa: chi
prova ad acquistare un dispositivo ora si
sente dire che bisogna aspettare setti-
mane. Per un motivo semplice: il mercato
non era pronto e la domanda è stata ov-
viamente altissima.
I requisiti tecnici richiestiQuali sono i requisiti richiesti per adem-
piere all’obbligo? Il dispositivo antiabban-
dono può essere di tre tipi, come scritto
nel decreto ministeriale: integrato nel
seggiolino stesso; un accessorio del vei-
colo o “indipendente sia dal sistema di
ritenuta per bambini sia dal veicolo”.
A chiarire la questione ci ha pensato una
nota della Polizia. Quest’ultima ha precisa-
to che non è necessaria l’omologazione,
ma i dispositivi “devono essere conformi
alle prescrizioni tecniche”. Cosa attestano
tali prescrizioni? Il dispositivo, per esem-
pio, deve segnalare l’abbandono di un
bambino mediamente segnali in grado di
attirare l’attenzione del conducente “at-
traverso appositi segnali visivi e acustivi
o visivi e aptici, percepibili all’interno o
all’esterno del veicolo”. Qui la prima nota
dolente: se una persona dimentica il bam-
bino in auto e poi si allontana, non può
sentire un allarme che viene percepito
solo all’interno del veicolo. Quel “all’inter-
no o all’esterno” rischia, quindi, di creare
un buco importante nelle caratteristiche
tecniche. Di conseguenza, l’efficacia del
dispositivo antiabbandono (seggiolino o
accessorio esterno che sia) viene meno
a causa delle stesse prescrizioni tecni-
che necessarie per la conformità. Altri
requisiti tecnici essenziali includono: l’at-
tivazione automatica del dispositivo a
ogni utilizzo; la dotazione di un “sistema
di comunicazione automatico per l’invio”
tramite connessioni senza fili e la segna-
lazione al conducente dei bassi livelli di
carica rimanente se il dispositivo è ali-
mentato a batteria.
Anche chi l’ha comprato rischia la fregaturaPer il momento, la situazione è molto
confusa. Il “pasticcio” ora è fatto e il mi-
nistero delle Infrastrutture e dei Trasporti
sta cercando di porre rimedio in qualche
modo rimedio. In mezzo, nel frattempo,
ci vanno i vigili (che, in questo momento
sulle strade, non sanno se multare o no)
e le famiglie. Sì, perché i “fortunati” che
sono riusciti ad acquistare un dispositivo
antiabbandono rischiano di aver acqui-
stato un seggiolino o un accessorio che
poi sarà giudicato non conforme. I ven-
ditori stessi, infatti, oggi non rilasciano
alcun attestato perché, a loro volta, non
vogliono rischiare.
MERCATO I dispositivi antiabbandono come i seggiolini sono introvabili: il mercato non era pronto
Obbligo dei seggiolini antiabbandono, è caos Il ministro De Micheli annuncia: “Probabilmente si farà un emendamento per spostare le sanzioni”
MERCATO Lotti di memorie DRAM contaminate a Giheung
Samsung costretta a smaltire DRAM contaminate. Danno di milioni di $
di Sergio DONATO
Qualche settimana fa, uno
degli stabilimenti di Sam-
sung per la produzione di
DRAM ha avuto una contami-
nazione delle apparecchiature
dedicate al processo produttivo
delle memorie. I lotti contami-
nati devono essere smaltiti e si
stima che il danno complessivo
sia di diversi milioni di dollari, ma
la produzione è già tornata a pieno regime.
Lo stabilimento coinvolto è quello di Giheung, in Corea del Sud, che produce i
vecchi chip DRAM 1x nm su wafer da 200 mm. Il difetto nelle memorie prodotte è
stato causato da apparecchiature contaminate. A riportarlo è BusinessKorea, che
ha ricevuto anche la conferma ufficiale da parte di Samsung.
Samsung ha dichiarato che il danno è stimato in alcuni miliardi di won coreani,
ma che la produzione della “fonderia” di Giheung è già tornata a pieno regime.
Al cambio attuale 1 miliardo di won equivale a circa 780.000 euro. Alcuni esperti
del settore hanno però previsto che Samsung non abbia ancora calcolato l’esatto
ammontare del danno, che potrebbe essere maggiore.
Senza Apple Watch non esisterebbe quasi metà del mercato smartwatch Il rapporto Strategy Analytics analizza le vendite di smartwatch nel Q3 2019 ed incorona Apple come regina del mercato di Pasquale AGIZZA
Circa 6,8 milioni di Apple Watch venduti, con una crescita del 51% di vendite su base annua. Quasi uno smartwatch su due distribuito nel terzo trimestre è un Apple Wa-tch. I rivali? Confinati a quote sotto il 15%. I numeri del rapporto Stra-tegy Analytics relativi alle vendite di smartwatch nel terzo trimestre del 2019 indicano con chiarezza il dominio di Apple nel settore. Tra luglio e settembre sono stati distri-buiti complessivamente in tutto il mondo 14,2 milioni di smartwatch secondo l’indagine, il 42% in più dell’anno precedente. A impres-sionare, però, è la percentuale globale di Apple nel mercato de-gli smartwatch. Sintetizzando, si può dire che ogni due smartwatch venduti nel mondo, uno è un Ap-ple Watch. Apple detiene, infatti, il 47,9% del mercato globale degli smartwatch. Guardando ai numeri, si può notare come l’unico vero rivale per Apple sia Samsung. La società coreana fa segnare infatti un bel +71% delle vendite rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Abbastanza deludenti in-vece le prestazioni di Fitbit. La società,appena acquisita da Goo-gle, fa segnare un timido +7%, a fronte di un mercato che cresce del 42%. Scende quindi in maniera sensibile la quota nel mercato glo-bale, che passa dal 15 all’11,3%. I dispositivi totali venduti dalla casa californiana sono stati 1,6 milioni.
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Giuseppe RUSSO
I l mercato globale degli smart speaker
è in forte ascesa nel corso del 2019.
Nell’ultimo trimestre la crescita segna
+44% anno su anno, raggiungendo le
28,6 milioni di unità spedite da parte dei
principali produttori i tra i quali Amazon,
Alibaba, Baidu, Google, Xiaomi, (circa
3,6 milioni di dispositivi sono vendu-
ti da altri produttori). La crescita degli
speaker intelligenti avviene contempo-
raneamente alla diffusione sul mercato
dei display intelligenti, soluzioni più
complete che integrano anche una par-
te video oltre al comparto audio.
Nel 2019 finisce il duopolio Amazon - Google. Amazon diventa leader di mercatoSe fino ad oggi il mercato era principal-
mente diviso tra Amazon e Google, le
cose cambiano radicalmente nel corso
dell’ultimo anno. Amazon stacca tutti,
raggiungendo il 36,6% del mercato (il
secondo produttore è a 23 punti per-
centuali). Le spedizioni di smart speaker
marchiati Amazon raggiunge i 10,4 mi-
lioni nel corso di questo trimestre, rag-
giungendo una quota di mercato del
del 36,6%, rispetto ai 6,3 milioni di unità
del terzo trimestre 2018 (corrisponden-
te alla quota del 31,9% del mercato). Il
principale antagonista su scala globale
nel corso del 2018 è stato Google, che
nel corso di questo trimestre ha spedito
“solo” 3,5 milioni di dispositivi (con una
quota di mercato del 12,3%) rispetto a
5,9 milioni di unità nel terzo trimestre
del 2018 (29,8%). I due principali pro-
duttori cinesi di smart speaker Baidu
e Alibaba, si attestano intorno alle 3,8
milioni di unità spedite nel corso del-
l’ultimo trimestre. Nell’ultimo trimestre,
Baidu ha superato Google e Alibaba
per le spedizioni globali complessive.
Anche Xiaomi, altro produttore cinese,
cresce nel corso dell’ultimo anno, la sua
quota di mercato passa infatti dal 9,7%
del 2018 al 12% del 2019. Jason Low,
analista senior di Canalys, ha attribuito
la forte crescita di Amazon alla politica
commerciale adottata.
Un programma recentemente introdot-
to da Amazon infatti consente agli uten-
ti di sostituire vecchi speaker Bluetooth
Echo o di altri produttori con modelli più
nuovi a un prezzo scontato. La crescita
di Alibaba è da attribuire alle sinergie
realizzate con vari marchi come Star-
bucks, Budweiser, Abbott, Oreo che
rappresentano un fattore di diversifica-
zione rispetto agli altri produttori cinesi
quali Baidu e Xiaomi.
“I dispositivi a basso costo sono fattori
di crescita vitale per display intelligenti
e si prevede una concorrenza accesa in
vista della stagione degli acquisti del 4 °
trimestre”, ha aggiunto Low in una nota.
Il mercato dei display intelligenti cresce ma i volumi rimangono più bassi rispetto agli speaker intelligentiPer quanto concerne i display intelligenti,
il mercato è cresciuta del 500% a livello
globale raggiungendo 6,3 milioni di unità
nel terzo trimestre del 2019. Al comando
Baidu con 2,3 milioni di unità vendute,
secondo Amazon con 2,2 milioni e a
seguire Google con 0,7 milioni e Xiaomi
con 0,6 milioni. Jason Low sui dati relativi
ai display intelligenti “Il display intelligen-
te Echo Show 5 ha contribuito in modo
significativo al successo di Amazon nel
terzo trimestre, rappresentando il 16%
delle spedizioni globali di Amazon ed è
diventato il miglior display intelligente di
spedizione di tutti i marchi.” Nonostante
la crescita esplosiva in termini percen-
tuali, in termini di volumi la diffusione dei
display intelligenti rimane più bassa. Da
una parte ci sono i produttori che stan-
no basando la loro strategia di sviluppo
su questi dispositivi che consentono
maggior interazione, dall’altra rimane da
vincere una forte sensibilità al prezzo da
parte dei consumatori.
MERCATO Continua a crescere il mercato degli smart speaker ed esplode quello degli smart display
Amazon Alexa schiaccia Google Home Esplode il mercato degli smart display Nel 2019 Amazon arriva a dominare il mercato degli smart speaker con una quota del 36,6%
L’UE propone la sua criptomoneta per contrastare la Libra di FacebookLa criptovaluta di Facebook fa ancora paura. L’Europa sta pensando di coniare una criptomoneta europea pubblica
di Sergio DONATO
Il lancio per il 2020 della criptova-luta Libra di Facebook aveva già messo sul chi va là la Commissione europea alla fine dell’estate. Reuters ha potuto dare un’occhia-ta alla bozza di un testo europeo in cui l’Europa potrebbe anche prevedere una criptovaluta tutta sua per contrastare Libra. A fine agosto, era comparso un docu-mento dell’Antitrust europeo in cui si metteva sotto esame Libra soprattutto in merito ai potenziali comportamenti anti-competitivi della criptovaluta. Il timore è che, potendo raggiungere un poten-ziale di 2,4 miliardi di utenti Face-book, Libra possa cannibalizzare il mercato dei servizi di pagamento. Ora spunta questa bozza europea in cui si esorta l’Unione a svilup-pare un approccio comune alle criptovalute, compreso il possibile divieto di progetti ritenuti rischiosi. Nel progetto è possibile leggere che: “La BCE e altre banche cen-trali dell’UE potrebbero utilmente esplorare le opportunità e le sfide dell’emissione di valute digitali da parte delle banche centrali, anche prendendo in considerazione mi-sure concrete a tal fine.” Insomma, l’Europa potrebbe anche conside-rare l’emissione di una criptovaluta pubblica regolamentata dall’Unio-ne. Un funzionario della BCE ha dichiarato che, nella sua versione più ambiziosa, il progetto potreb-be consentire ai consumatori di utilizzare il contante elettronico, che sarà depositato presso la BCE, senza bisogno di conti bancari, in-termediari finanziari o controparti di compensazion. Uno scenario ovviamente di difficile applicazio-ne, almeno in tempi brevi.
Fonte: Canalys - Confronto quote di mercato Q3 2019 vs Q3 2018.
Fonte: Canalys - Volumi di vendita smart display nel Q3 2019.
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Sergio DONATO
U na settimana fa in molti hanno ini-
ziato a parlare della chiusura della
divisione Imaging di Olympus entro
marzo 2020. I manager di Olympus han-
no smentito. Abbiamo provato a mettere
un po’ di ordine nelle voci.
La miccia innescata dalle voci sulla chiusuraTutto è nato da un post di Vitaliy Kiselev,
uno degli amministratori del forum Perso-
nal View, nel quale si parlava della chiusu-
ra della divisione Imaging di Olympus tra
gennaio e marzo 2020. Kiselev ha portato
le prove dei risultati del secondo trimestre
dell’anno fiscale e la ha unite a voci, non
confermate, di personale Olympus che
in diverse parti del mondo starebbe cer-
cando una nuova sistemazione. Alcune di
queste voci avrebbero riferito che alcuni
ingegneri e parte delle apparecchiature
Olympus potrebbero essere assorbite da
Samsung o da Sony. Il sito 43rumors.com ha risposto in modo duro alle speculazio-
ni di Kiselev, riportando le parole dell’ulti-mo documento pubblicato da Olympus circa la strategia societaria del prossimo
futuro. Olympus infatti dice: “Le divisioni
Imaging e Scientific Solutions rimangono
componenti cruciali per l’intera attività di
Olympus, e si sforzeranno di migliorare la
redditività e l’efficienza operativa.”
Inoltre, secondo 43rumors.com diversi
“manager di alto livello Olympus “ hanno
negato le voci di una chiusura.
La Olympus del settore medico che pochi conosconoSe però si guarda all’intero contenuto del
documento citato e ai dati fiscali di Olym-
pus, e in più si osservano i movimenti
societari attraverso le dichiarazioni agli
investitori nel corso del 2019, si può ave-
re una visione della strada che Olympus
vuole percorrere. Ovviamente, non è una
strada tracciata e non si possono tirare
conclusioni definitive di alcun tipo.
Il documento datato 6 novembre è chia-
mato “Olympus svela la strategia azienda-
le”, nel quale si parla di “trasformazione” e
degli elementi per raggiungere un margi-
ne di profitto del 20% entro il 2023.
Il documento, se si esclude la parte in
cui dice che la divisione Imaging rimane
un componente cruciale, è incentrato
completamente sulla tecnologia medica.
Non tutti sanno che Olympus ha un ruolo
importante nel settore delle immagini me-
dicali. Sfogliando i documenti del 2019 di
Olympus si arriva anche a un esplicativo
testo dedicato agli investitori intitolato
“Trasformare Olympus - Trasformazio-ne in una società di tecnologia medica veramente globale” datato 11 gennaio.
Nel documento si parla di una fase di ri-
costruzione che ha interessato gli anni
dal 2012 al 2016, una fase di crescita
dal 2016 al 2019 e di un traguardo nei
prossimi anni definito da queste parole:
“Diventare un leader globale nel campo
medico”. Siamo andati allora a guardare
i dati fiscali del secondo trimestre finan-
ziario dell’anno 2020, e l’unico settore
di Olympus che non genera entrate è la
divisione Imaging: -17% rispetto all’anno
precedente. Tuttavia, i profitti sono di 4
miliardi di yen, circa 33 milioni di euro, e le
perdite sono in recupero. Nonostante ciò,
il 2019 fotografico di Olympus ha visto il
lancio della Tough TG-6, della Pen E-PL10
e della OM-D E-M5 Mark III, per non parla-
re dell’ingresso di Sharp nel “consorzio” del Micro 4:3 governato da Olympus e
Panasonic. Che Olympus sia concentrata
nella sua crescita nel campo medicale,
non vi è dubbio, che però sia prossima
alla chiusura della divisione Imaging, e
che questa avvenga nel giro di quattro
mesi, è ancora tutto da dimostrare. Se le
indiscrezioni possono essere d’aiuto per
sbirciare nel futuro dei dispositivi prossi-
mi al rilascio, per guardare in quello delle
aziende sarebbe richiesto un po’ più di
tatto e responsabilità.
Aggiornamento del 15/11/2019Olympus ha inviato una nota a Photo Focus e Sina Finance attraverso le quali
risponde ufficialmente alle indiscrezioni
sulla chiusura della sua divisione Imaging,
rigettandole: “I prodotti Olympus Imaging
svolgono un ruolo importante come moto-
ri tecnologici per tutte le linee di business
Olympus, comprese le tecnologie digitali
avanzate utilizzate nelle attività medi-
che, industriali e scientifiche di Olympus.
Olympus prevede infatti di continuare
a sviluppare le sue linee di prodotti per
l’imaging, dando vita a prodotti che incar-
nano i vantaggi principali di Olympus, tra
cui il sistema delle compatte e le ottiche
di qualità superiore.” Olympus dichiara
a Sina Finance: “Il settore dell’immagine
è sempre stato il motore della tecnolo-
gia, compresa la tecnologia di imaging
e la tecnologia di produzione di massa,
per il settore medico e scientifico. Come
dichiarato nella nuova strategia di busi-
ness, poiché il business dell’imaging e il
business scientifico sono attività impor-
tanti a supporto dell’azienda, continuere-
mo a lavorare per migliorare la redditività
e l’efficienza in queste due aree di affari.”
E allora perché, nel documento strategico
di inizio novembre, ha quasi ingnorato il
settore di imaging dando spazio a quello
medico? Olympus risponde: “il piano di
affari per il prossimo anno fiscale è sta-
to progettato effettivamente per mante-
nere lo sviluppo del business scientifico
e la stabilità del business dell’imaging”,
promettendo però ulteriori “informazioni
dettagliate su questi piani aziendali”.
MERCATO Circolano voci sulla chiusura della divisione Imaging di Olympus nei primi mesi del 2020
Indiscrezione shock: Olympus smetterà di fare fotocamere. Le preoccupazioni sul futuro societario, le voci, le certezzeAbbiamo sfogliato i dati a disposizione. Nulla è scritto, ma Olympus punta al settore medico
L’Agcom sul 5G “Emissioni più basse del 4G”Dopo una lunga la battaglia contro il 5G, arriva il via libera definitivo per voce di Angelo Marcello Cardani, presidente dell’Autorità Garante per le Comunicazioni (Agcom). Secondo Cardani “Sembra rientrata la preoccupazione iniziale degli effetti ambientali e sanitari del 5G, tecnologia che tra l’altro espone a un inquinamento elettromagnetico molto inferiore rispetto ai 2G/3G/4G”. Cardani ha ribadito il fatto che si tratti di una tecnologia “assolutamente non pericolosa secondo pareri altamente qualificati”. Al contrario, i limiti alle emissioni elettromagnetiche vigenti in Italia, sensibilmente più restrittivi rispetto agli altri paesi, rappresentano una palla al piede per lo sviluppo delle reti 5G. Cardani ha anche commentato la preoccupazione diffusa inerente l’interazione con operatori e fornitori di servizi non italiani. “È un problema insolubile: bisogna solo scegliere se essere spiati, tra virgolette, dai cinesi o dagli americani, questo per quanto riguarda i sistemi che sono assai complessi”. Ha poi aggiunto anche che l’Italia “non ha capacità di fare isola e poggiare solo sulle proprie forze”.
Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
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n. 308 del’8 novembre 2017
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editingMaria Chiara Candiago
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Massimiliano DI MARCO
S u 9 fitness tracker su 10 venduti
in Italia sulle piattaforme di e-com-
merce il produttore o l’importatore
non paga il contributo RAEE, obbligato-
rio in tutta Europa. Lo ha rivelato uno
studio realizzato da EucoLight, associa-
zione europea attiva nello smaltimento
dei rifiuti elettrici ed elettronici dell’il-
luminazione, che ha evidenziato una
tendenza negativa molto consistente in
diversi Paesi europei. In totale, 81 offer-
te su 100 proposte su portali online non
rispetto gli obblighi in materia di RAEE.
Lo studio ha riguardato oltre 3.000 pro-
dotti venduti su portali di commercio
elettronico in 10 Paesi europei tra lu-
glio e settembre 2019. I risultati hanno
evidenziato, ha sottolineato EucoLight,
“il livello eccezionalmente alto di non
adempimento agli obblighi nazionali
per il finanziamento del trattamento dei
RAEE”. In particolare, sono i prodotti più
piccoli (come le lampadine LED) quelli
più problematici: la percentuale di non
adempimento oscilla tra il 78% e il 100%
a livello europeo.
Per l’Italia il fenomeno riguarda soprat-
tutto i fitness tracker (92%) e i tablet
e i PC (86%), ma percentuali elevate
contraddistinguono anche la vendita
online delle lampadine LED (81%) e
dei cacciaviti elettrici (78%). Meglio gli
asciugacapelli (28%) e i monitor (43%)
mentre quasi 7 lavatrici su 10 (il 69%)
viene venduto senza che il produttore
o l’importatore abbia adempiuto all’ob-
bligo. Tra i Paesi coinvolti la peggiore è
la Repubblica Ceca: nessuno dei pro-
dotti coinvolti nell’indagine di mercato
era stato venduto in regola con il con-
tributo per i RAEE.
I “free-rider” che danneggiano la concorrenza e la gestione dei RAEEIl fenomeno nasce dalla vendita online
di merci da parte di aziende (produttori
o importatori che siano) che non hanno
alcuna sede fisica in Italia o in un altro
Paese europeo dove, poi, immettono il
prodotto sul mercato. Queste società -
definite “free-rider” - non sono iscritte
al Regisro nazionale dei produttori di
apparecchiature elettriche ed elettro-
niche o a un consorzio RAEE. Di con-
seguenza, non dichiarano le quantità
immesse sul mercato né partecipano
al finanziamento del delicato sistema
di gestione dei rifiuti. Questo manca-
to contributo ha due effetti. Primo: un
danno alla concorrenza. Chi non versa
il finanziamento per la gestione del
RAEE può applicare prezzi più bassi,
a discapito delle aziende che, invece,
adempiono agli obblighi normativi. Se-
condo: aggravano la situazione della
gestione dei RAEE a cui sottraggono
risorse economiche.
“Il mercato italiano, come è emerso
anche dall’indagine di Eucolight a cui
Ecolamp ha preso parte, è sicuramen-
te interessato dal problema - ha com-
mentato Fabrizio D’Amico, direttore
generale del consorzio Ecolamp - ed è
bene quindi che si attivi anche nell’in-
dividuazione delle soluzioni, che siano
semplici ma al contempo garantiscano
condizioni eque di mercato, come so-
stenuto da più parti”.
Durante un recente seminario che si è
tenuto a Bruxelles hanno partecipato
anche due delle principali piattaforme
online a livello globale. Una di queste
era Amazon che si è mostrata disponi-
bile a trovare un punto d’incontro. Da
qui la sua proposta: un contributo for-
fettario per il suo ruolo di intermediario.
Una proposta che, però, non è piaciuta
perché andrebbe a danneggiare tutte
le società che calcolano il contributo
per la gestione RAEE sulla base dei co-
sti di smaltimento. La presenza proatti-
va delle piattaforme di commercio elet-
tronico al dibattito, secondo D’Amico, è
un segnale “positivo”.
“Siamo davvero disturbati - ha detto
Hervé Grimaud, segretario generale di
EucoLight - dall’alto livello di evasio-
ne dagli obblighi RAEE che sono stati
scoperti dal nostro studio”. Grimaud ha
inoltre sottolineato come la rapida dif-
fusione delle piattaforme di commercio
elettronico ha altresì accelerato feno-
meni di “scorretto vantaggio competi-
tivo” che sta danneggiando le società
che rispettano gli obblighi.
MERCATO Molti prodotti venduti nell’e-commerce non includono il contributo per i RAEE
RAEE, online è una giungla: 8 prodotti su 10 venduti senza pagare il contributo In Italia sono soprattutto i braccialetti fitness: il 92% evade l’obbligo nazionale. Colpa dei “free-rider”
Amoruso (Sony): “Il Black Friday si sta espandendo e ingloberà anche il Natale”Il marketing manager di Sony Italia ci ha raccontato le quote di mercato raggiunte dal marchio giapponese in Italia e ha condiviso con noi le sue sensazioni sul Black Friday di Gianfranco GIARDINA
Abbiamo fatto quattro chiacchie-re con Michelangelo Amoruso, marketing manager di Sony, a ridosso della stagione degli ac-quisti più importante dell’anno. Secondo Amoruso, il Black Fri-day quest’anno sarà un po’ de-potenziato rispetto al passato. O meglio, il periodo promozionale è iniziato prima e probabilmente finirà molto dopo, inglobando il Natale; anzi, di fatto restituendo al Natale il ruolo di momento cen-trale degli acquisti. “È una novità, bisognerà capire bene quale sarà la vera stagio-nalità di questo Black Friday, che sta cambiando”. Amoruso ha anche sottolineato i buoni ri-sultati di mercato di quest’anno per Sony. Sony ha una quota di mercato sul totale TV di circa il 13%: “Potrebbe sembrare poco, ma nella fascia dai 55” in su, superiamo il 20%”. Se si stringe l’osservazione agli OLED, Sony ha invece una quota superiore al 30, ma dai 65” in su, si va oltre il 45%. 30% è la quota di mercato anche nel segmento delle cuffie noise canceling premium (sopra i 250 euro), dove Bose è sempre stata quasi monopolista, con la serie 1000X. Amoruso ha implici-tamente confermato un possibile adeguamento del prezzo degli auricolari noise canceling della serie 1000X (le WF-1000XMK3) verso il basso per allinearsi con il quello delle AirPods Pro recente-mente lanciato.
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
TV E VIDEO Ecco tutte le date e le cose essenziali da sapere per affrontare adeguatamente questo nuovo switch-off televisivo
Switch-off del digitale terrestre e Bonus TV da 50 € Tutte le cose da sapere nella nostra super-FAQVogliamo rifare il punto della situazione, soprattutto sul Bonus TV e sull’impatto sull’utenza di questo cambiamento
di Gianfranco GIARDINA
O rmai è quasi tutto pronto: dopo mille articoli e
aggiornamenti a spiegare cosa fosse il nuovo
switch off e come si sarebbe concretizzato, sia-
mo all’alba del nuovo cambiamento e dell’erogazione
dei contributi che dovranno “ammorbidirne”, almeno
un po’, il peso sul portafoglio degli italiani. Con que-
sto articolo vogliamo rifare il punto della situazione e
cercare di rispondere a tutte le domande riguardanti
soprattutto il Bonus TV e l’impatto sull’utenza di que-
sto cambiamento.
In cosa consiste lo Switch-off?Dopo il passaggio dall’analogico al digitale terrestre
(2008-2012), cambia ancora la modalità di trasmissione
televisiva terrestre. A causa della cessione della banda
700 Mhz alla telefonia (vedi oltre), il mondo televisivo
perde circa un terzo dello spettro elettromagnetico a
sua disposizione. La necessità, poi, di coordinare le fre-
quenze con i Paesi confinanti ha ridotto ulteriormente le
frequenze utili per la TV italiana, che, dopo la cessione
della banda 700 saranno pressoché dimezzate.
Perché si cambia sistema di trasmissione?Per poter trasmettere la stessa quantità di canali e, se
possibile, aumentare risoluzione e qualità, malgrado
la riduzione di freuqenze, la TV italiana ha bisogno di
adottare un sistema di trasmissione più efficiente. Per
questo motivo è stato scelto di passare al DVB-T2 (e a
tendere anche alla codifica HEVC). Questo passaggio
permetterà alle emittenti TV nel 2022, di privarsi di mol-
te frequenze ma di continuare a trasmettere la medesi-
ma quantità di contenuti.
Ma non si poteva restare come prima?La Comunità Europea, in maniera oculata, ha deciso di
disporre il passaggio della banda 700 MHz alla telefonia
mobile, dato che la domanda di traffico dati in mobili-
tà è in crescita esponenziale. Per contenere l’aumento
dei prezzi della banda internet in mobilità, è necessario
allargare lo spettro ad essa dedicato, nell’interesse dei
cittadini europei. Il mondo televisivo italiano, che in real-
tà ha già le licenze di esercizio di quelle frequenze fino
al 2032, ha chiesto in cambio il passaggio alla nuova
modalità di trasmissione per evitare di perdere canali.
Ho letto che lo switch-off partirà già nel 2020: è vero?Il processo inizierà sin da gennaio 2020, ma con opera-
zioni di ordine tecnico che avranno poco impatto sui cit-
tadini. In buona sostanza, si mette in moto il processo di
modifica e ridistribuzione delle frequenze, che porterà
con sé la necessità di fare sovente la risintonizzazione
dei canali, ma per il momento non cambierà la modalità
di trasmissione. Solo in alcuni impianti condominiali sarà
necessario un intervento dell’antennista per riconfigura-
re i filtri, senza il quale potrebbero non vedersi più alcuni
canali. I veri passaggi di formato di trasmissione inizie-
ranno invece a settembre 2021.
Quali sono le scadenze più importanti del nuovo switch-off?Il primo passaggio chiave è lo spegnimento della codi-
fica MPEG2 a favore di quella AVC (chiamata anche im-
propriamente MPEG4) e già usata oggi per i canali HD:
avverà all’unisono in tutta Italia il 1 settembre 2021. Dopo
quella scadenza tutti i TV (e i decoder) non capaci di
sintonizzare i canali HD (quindi l’MPEG4 AVC) andranno
a nero e dovranno essere sostituiti o affiancati da un
nuovo decoder. Ma c’è un’altra scadenza il cui impatto
è decisamente maggiore: tra il 21 e il 30 giugno 2022
si spegneranno le trasmissioni in formato DVB-T per la-
sciare posto a quelle DVB-T2. Tutti i TV e i decoder non
compatibili con il DVB-T2, andranno a nero e anche in
questo caso sarà necessario intervenire con una sosti-
tuzione con un nuovo decoder.
Ho comprato la TV da poco: è già diventata obsoleta?No, se è stata acquistata dal 2017 in poi, Infatti, dal 1 gen-
naio 2017 al pubblico possono essere venduti TV com-
patibili con lo standard di trasmissione DVB-T2 e con il
codec HEVC (oltre che ovviamente con MPEG4 AVC).
Quindi - a meno che il venditore non sia stato disonesto
- tutti coloro che hanno comperato un TV o un decoder
dal 2017 in avanti, hanno il TV già compatibile. Per i TV
antecedenti, invece, la situazione è meno chiara e bi-
sogna guardare alle specifiche. Anche se va detto che
nell’era pre 2017 il DVB-T2 HEVC si trovava a bordo solo
dei TV a grande schermo di gamma alta e media.
Come si fa ad essere certi che il proprio TV sia compatibile con le nuove trasmissioni?Al momento non si può esserne completamente certi,
tocca fidarsi delle schede tecniche, visto che non ci
sono ancora trasmissioni in onda nel nuovo formato. Per
avere un TV veramente a prova di futuro, bisogna sin-
cerarsi (guardando per esempio il manuale) che il tuner
sia DVB-T2 e sia garantita la compatibilità con la codifica
HEVC a 10 bit. Attenzione, però: alcuni manuali di TV co-
munque compatibili, non riportano tutte queste informa-
zioni. Quindi, per avere la certezza dell’incompatibilità
del proprio TV bisognerà aspettare che passi qualche
mese: per il primo semestre 2020 dovrebbe andare in
onda un canale test con un cartello trasmesso in DVB-
T2 HEVC a 10 bit (che è il formato obiettivo per l’era post
2022): tutti coloro che vedranno questo canale senza
problemi non dovranno fare nulla; gli altri, se vorranno
andare avanti a vedere il digitale terrestre, dovranno o
cambiare TV o affiancare a quello vecchio un decoder
di nuova generazione.
Ma non si può vedere la TV senza digitale terrestre?Certamente sì, per esempio, attraverso tivusat, il
bouquet satellitare gratuito che ha tutti i canali fonda-
mentali del digitale terrestre (anche in qualità migliore),
più una serie di canali HD e 4K che non vanno sul terre-
stre. Oppure, pur con alcuni limiti, è possibile anche frui-
re di contenuti via Internet direttamente sulle smart TV.
Ma non c’è dubbio che l’abitudine tipicamente italiana
sia quella di fruire i programmi TV in diretta attraverso
il digitale terrestre.
Cos’è il bonus TV?Si tratta di un incentivo governativo teso ad alleggerire
il peso della sostituzione del parco TV e decoder alle
fasce più deboli. L’incentivo arriva a un massimo di 50
euro per nucleo familiare ed è riservato alle famiglie con
ISEE fascia I e II (ISEE<21.265,87 euro). L’incentivo è di
50 euro (massimi) e si applica in maniera uguale a TV e
a decoder. Nel caso dei TV verrà erogato interamente
(costano tutti più di 50 euro); nel caso dei decoder con-
correranno a coprire il costo del prodotto appunto fino a
un massimo di 50 euro.
segue a pagina 07
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
Come si ottiene il bonus TV?Il bonus TV è erogato in forma di sconto direttamente
all’acquisto agli aventi diritto e fino ad esaurimento dei
fondi. Per ottenerlo, il cliente deve compilare un’auto-
certificazione in cui sottoscrive, sotto la propria respon-
sabilità, di appartenere a un nucleo familiare ISEE I o II
e che nessuno del proprio nucleo familiare ha già fru-
ito del bonus TV. A questo punto, esibendo il proprio
documento e il codice fiscale, si metterà in condizione
l’addetto vendite di istruire la pratica sul sito dell’Agenzia
delle Entrate per l’ottenimento del bonus TV: se i fondi
sono ancora disponibili, arriverà immediatamente una
sorta di voucher protocollato che corrisponderà a uno
sconto di 50 euro in cassa.
Ma per avere il Bonus TV devo farmi fare la certificazione ISEE dall’INPS?No, è sufficiente un’autocertificazione. Ovviamente il
firmatario, che deve anche mostrare i propri documenti
per la registrazione, risponde direttamente di eventuali
dichiarazioni mendaci.
Come faccio a calcolare l’ISEE della mia famiglia?L’INPS ha messo in linea un tool per il l’auto-determina-
zione dell’ISEE del proprio nucleo familiare, che si trova
a questo link. Non si tratta di un sistema di certificazione
vero e proprio, che normalmente si ottiene tramite CAF
a un costo intorno ai 30-40 euro, ma si uno strumento
di simulazione che può aiutare a stabilire se si rientra o
meno nelle fasce ISEE I e II.
I fondi del Bonus TV potrebbero finire?Si, non si tratta di un “diritto” di tutte le famiglie con ISEE
I e II, ma funziona a “esaurimento scorte”. Va detto che i
fondi del 2019 (25 milioni di euro) non verranno quasi in-
taccati (si partirà quasi a fine anno); per il 2020 ne sono
stanziati altri 76, che sommati a quelli di quest’anno, do-
vrebbero garantire circa 2 milioni di incentivi. Per il 2021
e il 2022, almeno per il momento ci sono solo 25 milioni
per anno, ma il Governo si è espresso in diverse sedi
dicendosi impegnato nell’identificazione di nuovi fondi.
Da quando si può acquistare con il bonus TV?Il decreto interministeriale MISE-MEF che regolamenta
il bonus TV è stato firmato e, al momento in cui stiamo
scrivendo, non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Uf-
ficiale, ma questo accadrà il 18 di novembre. Dal giorno
della pubblicazione, il bonus TV sarà erogabile in ne-
gozio dopo precisamente 30 giorni. Il Governo conta
quindi di iniziare l’erogazione dei bonus TV dal giorno
18 dicembre 2019.
Si può avere l’incentivo per l’acquisto di qualsiasi TV o decoder?No, sono necessari alcuni requisiti obbligatori. Innan-
zitutto il TV o il decoder deve essere DVB-T2 e HEVC
compatibile (ma questo dovrebbe già essere verificato
per legge) e disporre del profilo cosiddetto “Main 10”,
ovverosia della capacità di ricevere trasmissioni a 10
bit. I decoder, poi, devono disporre di una uscita Scart o
assimilabile, per poter funzionare anche con TV decisa-
mente vecchi e non ancora HD. Infine, cosa non trascu-
rabile, il produttore/importatore deve registrare i modelli
compatibili con le specifiche di cui sopra sul portale del
MISE: se questa registrazione non avviene, l’apparec-
chio, anche se dotato delle caratteristiche hardware
richieste, non può fruire dell’incentivo.
Ricevono l’incentivo anche i decoder satellitari?Sì. Per un principio di neutralità tecnologica, il Governo
ha deciso di ricomprendere fra gli apparecchi eleggi-
bili qualsiasi sistema atto alla ricezione radiotelevisiva,
come per esempio un decoder Tivusat. A patto ovvia-
mene che il produttore/importatore lo registri sul portale
del MISE come apparecchio adatto al Bonus TV.
Il Bonus TV è applicabile anche alle CAM Tivusat?Da un punto di vista concettuale, una CAM Tivusat abi-
lita chi ha un TV compatibile ma non DVB-T2 HEVC a
continuare la visione anche dopo lo switch off, quindi
potrebbe essere oggetto di incentivo. Ma la lettura delle
indicazioni del Ministero non lascia spazio a dispositivi
di questo tipo. La CAM non dispone di per se stessa né
di tuner né di capacità di decodifica HEVC, quindi, salvo
novità dell’ultima ora, sembra esclusa dai contributi.
Chi vede il digitale terrestre attraverso il decoder di Sky, avrà problemi con lo switch off?Il box Sky Q integra anche il tuner digitale terrestre ed
è già in standard DVB-T2 HEVC, quindi non avrà alcun
problema. Diverso è per chi vede il digitale terrestre at-
traverso la “digital Key” collegata al decoder Sky tradi-
zionale: in quel caso sarà necessario passare a Sky Q
(a meno che Sky non rilasci una nuova versione della
chiavetta) oppure vedere tutti i canali solo nella loro ver-
sione satellitare (alcuni però vanno sintonizzati manual-
mente sul decoder Sky).
Per ricevere il bonus TV posso andare in qualsiasi negozio?No, solo in quelli che hanno aderito al programma Bo-
nus TV e si sono registrati in questo senso sul sito del-
l’Agenzia delle Entrate: aderire al Bonus TV, infatti, non
è obbligatorio ma solo su base volontaria. In realtà, la
stragrande maggioranza dei negozi specializzati aderirà
con entusiasmo e non dovrebbero esserci problemi a
trovarne uno vicino al proprio domicilio; ma non è da
escludere che qualche punto vendita, magari i super-
mercati o negozi non specializzati, decidano di non ade-
rire al Bonus TV. Bisognerà, quindi, per avere lo sconto,
andare in un negozio che ha deciso di erogarlo.
Il Bonus TV sarà erogato anche per gli acquisti online?Teoricamente sì, senza nessuna differenza rispetto al
negozio fisico. Ma proprio per questo (la pratica va fat-
ta manualmente) risulta difficile pensare che, fino a che
non venga congegnato un sistema diverso (tipo web
connector), il Bonus TV possa essere erogato online in
una transazione istantanea. Sarà necessario lasciare il
carrello in sospeso fino a che un operatore in carne e
ossa non prende in mano la pratica, inserisce i dati nel
portale dell’Agenzia delle Entrate e ottiene l’OK. A quel
punto può concludersi la vendita scontata. Probabilmen-
te più avanti verranno trovate contromisure tecniche per
permettere l’erogazione istantanea del Bonus TV anche
per gli acquisti online.
TV E VIDEO
Switch-off e Bonus TV da 50 euro segue Da pagina 06
Bonus TV in Gazzetta Ufficiale. 50 euro per TV e decoder dal 18 di dicembreArriva finalmente il 18 novembre la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale MISE-MEF che dispone la modalità di erogazione del Bonus TV. Infatti, per ammorbidire l’impatto sulla popolazione del passaggio allo standard trasmissivo DVB-T2, il Governo ha stanziato - per il momento - 151 milioni di euro da qui al 2022 che si trasformeranno in poco più di tre milioni di incentivi da 50 euro ciascuno, riservati alle famiglie in fascia ISEE I e II (un incentivo per famiglia) per abbattere il prezzo di acquisto dei TV o addirittura per azzerare quello di acquisto del deco-der. Ebbene, la norma, diversamente dalle abitudini (normalmente l’attesa è di 15 giorni) prevede l’entra-ta effettiva in vigore degli incentivi 30 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e quindi a partire dal giorno 18 dicembre, giusto in tempo per gli ultimi acquisiti di Natale. Il tempo che ci separa dall’inizio dell’erogazione, servirà ai produttori per compilare l’anagrafe dei prodotti compatibili e ai negozianti per registrarsi al programma BonusTV sul sito dell’Agen-zia delle Entrate che gestisce la procedura.
Così, come promesso, il Bonus TV arriva come una piccola “tredicesima” televisiva che dovrebbe essere accompagnata anche da una campagna da una prima campagna di comunicazione congiunta tra le emittenti TV e riportata anche, ognuno secondo il proprio stile di comunicazione, anche nei negozi di elettronica. Si lotta contro il tempo anche per inserire nei bouquet di RAI e Mediaset prima del previsto un canale test con un cartello codificato in HEVC Main 10 (anche se ancora diffuso in DVB-T): questo canale, che dovrebbe andare in onda già prima dell’inizio dell’erogazione dei contributi, servirebbe agli utenti per capire immediatamente se il proprio TV è già compatibile con le trasmissioni del dopo switch off o se richiede un adeguamento. Le richieste per le posizioni LCN sarebbero già partite e si parla delle locazioni 100 e 200 della numerazione dei canali. Ovviamente, chi fosse tra gli aventi diritto e progetti l’acquisto di un TV o di un decoder, deve attendere il 18 dicembre per perfezionare il proprio acquisto fruendo dell’incentivo. Anche se - va detto chiara-mente - non c’è fretta: la prima scadenza dello switch off è fissata per il 1 settembre 2021, data in cui il tutta Italia si abbandonerà il codec MPEG2 per passare all’MPEG4. Va anche detto, però, che i contributi non basteranno certamente per accontentare tutti gli utenti e vengono erogati nel classico regime di “fino a esaurimento scorte”.
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Massimiliano DI MARCO
L a nuova CAM 4K tivùsat è già di-
sponibile nei negozi. Un modulo di
accesso condizionato pensato per
venire incontro alla richiesta principale
delle major cinematografiche: integrare
un sistema di protezione ECP (Enhanced
Content Protection) per rafforzare la bar-
riera contro potenziali fenomeni di pira-
teria. La CAM 4K tivùsat è già disponibile
(il prezzo di mercato oscilla tra i 109 e i
115 euro) nei negozi sotto il marchio di
Telesystem e Digiquest. Presto saranno
disponibili anche quelle a marchio Hu-
man e I Zap.
La nuova CAM 4K di tivùsat, in sostanza,
consentirà agli utenti di vedere i conte-
nuti protetti, perlopiù i film. I canali free
in 4K (come Rai 4K e Nasa TV) continue-
ranno a essere visibili anche da chi è
già in possesso di una Cam HD. Non è
escluso, però, che alcuni contenuti futuri
che saranno trasmessi su Rai 4K
saranno vincolati all’uso della
nuova CAM 4K tivùsat con si-
stema ECP. In futuro, però, è
estremamente probabile che
i canali che approderanno su
tivùsat richiederanno, per la vi-
sione in 4K, la nuova CAM con
sistema ECP integrato. Il cana-
le 4K Universe, disponibile da
pochi giorni, richiede proprio la
nuova CAM. Diversamente da
selezionati decoder satellitari,
la nuova CAM 4K tivùsat (come
le altre CAM) non sarà inclusa
nella lista dei dispositivi per cui
usufruire del contributo di 50 euro pre-
visto (fino a esaurimento fondi) dal mini-
stero dello Sviluppo Economico.
La CAM 4K fa contente le major, ma fa infelici gli utentiL’unica novità della nuova CAM 4K è il
sistema ECP che rischia, però, di trasfor-
marsi in un grosso grattacapo per gli
utenti. Perché? Per godere dei conte-
nuti protetti, non basta inserire la nuova
CAM 4K nel solito TV 4K: anche la TV (o
il decoder 4K esterno) deve supportare
l’ECP; in caso contrario, i film continue-
ranno a non essere visibili.
Questo ostacolo è ulteriormente aggra-
vato dal fatto che il supporto all’ECP non
TV E VIDEO La CAM 4K tivùsat introduce un sistema anti-pirateria (ECP) richiesto dalle major
Nuova CAM 4K tivùsat: per contrastare la pirateria, complica la vita agli utentiServizi più complicati non contrastano la pirateria; anzi rischiano persino di di favorirla
Google Stadia Le promesse disattese: le “vecchie” Chromecast Ultra non funzioneranno al lancioIl lancio di Stadia si avvicina, ma la sessione di domande e risposte su Reddit si è rivelata una lunga lista di promesse disattese. Molte funzioni non arriveranno prima di settimane o mesi di Pasquale AGIZZAIn una sessione di botta e risposta su Reddit, il dirigente Andrey Do-ronichev ha voluto chiarire quali saranno le funzioni non disponibili al lancio di Stadia. E in pochi minuti la lista delle promesse disattese è diventata lunghissima.Chi ha prenotato la Founder’s o la Premiere Edition riceverà un codice che gli permetterà, dal 19 novembre, di utilizzare Stadia su smartphone o PC. Il controller ufficiale di Google sarà però spe-dito successivamente al lancio del servizio rispettando l’ordine di prenotazione. La seconda cla-morosa mancanza riguarda l’uti-lizzo della Chromecast Ultra per giocare. O meglio il mancato uti-lizzo, visto che se possedete già una Chromecast Ultra non potrete utilizzarla per accedere a Stadia. Bisognerà attendere un aggiorna-mento, ma non ci sono date certe. Le Chromecast Ultra comprese nella Founders e nella Premiere Edition, invece, sono già aggior-nate e abilitate a Stadia. Assente anche tutta l’interfaccia relativa agli obiettivi in gioco. Google di-chiara che Stadia sarà capace di conservare i dati degli obiettivi sbloccati, ma l’interfaccia di ge-stione di questi ultimi e le segna-lazioni su schermo del raggiungi-mento di un obiettivo arriveranno in futuro.
è facilmente verificabile. “Bisogna con-
tattare l’assistenza del dispositivo” rias-
sume Luca De Bartolo, direttore com-
merciale di tivù. A oggi i TV sicuramente
compatibili sono quelli dotati del bollino
lativù4K, ma per il momento il catalogo è
molto risicato: sono inclusi soltanto alcu-
ne TV di Panasonic.
Per fare contente le major cinematogra-
fiche e contrastare
la pirateria, la CAM
4K tivùsat compli-
cherà la vita agli uten-
ti che legittimamente
godono dei contenuti
e non passano per vie
illegali. Non è questo il
percorso da seguire: ser- vizi più
complicati non contrastano la pirateria;
anzi - passatecelo - rischiano di favorir-
la. La pirateria si è diffusa sia per una
questione culturale (la furbizia di rubare
quando non si può essere visti) sia per
il “servizio” offerto: i torrent in 4K sono
accessibili facilmente e gratuitamente
con un click. Con la CAM 4K che tivùsat
è stata obbligata a immettere sul mer-
cato, invece, viene fatto il ragionamento
opposto: gli spettatori paganti vengono
vincolati a mirabolanti giri commerciali
per poter godere dei film in 4K. Ancora
una volta, le major hanno dimostrato di
non aver centrato il punto della que-
stione. Ogni transizione tecnologica è
un momento delicato. Presentando la
nuova CAM 4K tivùsat, più vol-
te è stato fatto riferimento al
prossimo switch off del digitale
terrestre evidenziando (a ragio-
ne) che gli utenti tivùsat non ne
sono minimamente coinvolti:
continueranno a vedere la TV
e i canali satellitari esattamente
come prima. Peccato, però, che
anche gli utenti tivùsat abbiano
un loro personale momento di
transizione. Se vogliono conti-
nuare a godere appieno della
visione in Ultra HD,
devono infatti com-
prare una nuova
CAM 4K e, molto
probabilmente,
un nuovo TV (o
un decoder 4K
con ECP).
La nuova CAM 4K
tivùsat è stata pensata in ot-
tica futura: il passaggio a sistemi ECP,
come abbiamo visto, richiederà tempo
e durante questo periodo di transizione
ci sarà - ne siamo convinti - molta con-
fusione. Chi intende comprare ora una
CAM 4K, quindi, non può che puntare
sul nuovo modello, che assicura la com-
patibilità con tutti i futuri contenuti in al-
tissima risoluzione. Tutti gli altri, invece,
devono affrontare questo scoglio.
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Gianfranco GIARDINA
S i sa che il 5G ha una miriade di ap-
plicazioni possibili, ma ancora si fa
fatica a capire bene quali soliuzioni
diventeranno veramente quelle chiave.
Vodafone prosegue nella sua sperimen-
tazione di questo 5G “in cerca d’autore” e
lo fa direttamente sul palco di Xfactor 13,
in una maniera che senza dubbio è stata
molto più spettacolare delle altre viste fi-
nora: l’ospite di apertura, Gianna Nannini,
ha cantato live sul palco di XFactor, ma
da remoto (l’artista si trovava a Berlino),
proiettata come un ologramma. Così è
iniziato il quarto live della stagione, a
cavallo tra stupore (tra quelli che hanno
capito bene cosa stesse succedendo) e
divertimento.
Sì, perché chi pensava di vedere una
“figurina” sgranata come quella dell’olo-
gramma della principessa Leila di Star
Wars, ha dovuto ricredersi. La figura 3D
della Nannini è stata ricostruita con proie-
zione su una speciale garza per proiezio-
ni olografiche in maniera molto fedele,
grazie anche a una regia che si è limitata
a effettuare riprese da frontale e al cate-
gorico sfondo nero.
E in tutto ciò il 5G che ruolo ha avuto?
Beh, la novità è che la Nannini ha duet-
tato con i ragazzi di XFactor in studio riu-
scendo a cantare assieme, in sincrono. E
questo malgrado, fino a qualche secondo
prima del passaggio in ologramma, Cat-
telan e la Nannini riuscissero a parlare
tra loro con una certa fatica a causa della
latenza del collegamento satellitare (che,
ENTERTAINMENT Il 5G è stato usato per abbattere la latenza di un collegamento tra Monza e Berlino
Vodafone sperimenta il 5G a XFactor La Nannini duetta come ologrammaIl satellite permette a malapena di dialogare; il 5G fa anche cantare e suonare a distanza
Un attimo dopo la fine del brano cantato in duetto (Ragazzo dell’Europa), Gianna Nannini (o meglio il suo ologramma) si è dissolta di un istante.
dobbiamo dirlo, è parso più lento del soli-
to, in maniera un po’ forzata).
La canzone in duetto è stata fatta “teletra-
sportando” Gianna Nannini (sia la figura
orografica 3D che la parte audio) in 5G,
almeno così ci hanno giurato ambienti vi-
cini a Vodafone. La bassa latenza del link
5G (tutto su rete Vodafone, che c’è anche
in Germania) - ci hanno spiegato - ha
consentito di garantire una performance
sincrona (o meglio percepibile come tale)
tra Monza e Berlino, cosa che via satellite
sarebbe impensabile.
Alla fine della canzone, magicamente, la
Nannini si è “dis-
solta” dal pal-
co di Factor
e lì, forse più
di qualsiasi
altro momen-
to, si è capito
che stava
succedendo
qualcosa di
molto strano
e particolare.
Una dimo-
s t r a z i o n e
p o t e n z i a l -
mente molto
valida ed
esplicativa,
anche se in molti hanno criticato il ricorso
al playback da parte della cantante, che
stride un po’ con le abitudini al tutto live
di XFactor.
Una dimostrazione forse resa un po’
meno efficace di quanto avrebbe potuto
essere da due fattori: Cattelan da parte
sua non ha spiegato molto bene cosa
stesse succedendo né prima (e ci sta)
né dopo la performance; dall’altro lato,
l’estrema credibilità della scena, fatta di
tanti campi lunghi (forse c’era solo qual-
che proporzione da rivedere tra Nannini
e i ragazzi sul palco) era notevole, anche
troppo. Tanto che a nostro avviso i più
distratti non hanno neppure capito che
la Nannini fosse veramente a Berlino e
invece hanno creduto che il club dove
si stava esibendo fosse uno scenario da
backstage e il siparietto una “carramba-
ta”. Il paradosso è che una figura meno
definita, un po’ azzurrata e magari trabal-
lante, assimilabile a quella che abbiamo
in memoria dalle visioni compulsive di
Star Wars, avrebbe fatto quasi più colpo.
Sempre in chiave 5G e ologrammi, Voda-
fone ha anche lanciato l’iniziativa Ready
for X Factor, una sfida canora che darà
la possibilità al vincitore del contest di
duettare come ologramma con uno dei
concorrenti finalisti.
Gianna Nannini L’esibizione come ologramma
lab
video
Disney+ e The Mandalorian: “Il torrent colpisce ancora”Il lancio del servizio di streaming in soli 3 Paesi al mondo con un contenuto “esclusivo” di alto livello hanno portato ad un altissimo livello di condivisioni sui siti pirata di Roberto PEZZALI
Utilizzare una serie TV esclusiva, ambientata in quella galassia lon-tana, seguita in tutto il mondo, per il lancio di un servizio di streaming, ha avuto un esito assolutamente prevedibile. Sono servite solo 3 ore per avere, condiviso tramite torrent, una copia perfetta in alta definizione di The Mandalorian.Niente di troppo difficile: Disney+ usa Widewine come sistema di protezione, scelta praticamente obbligata se si vuole mantene-re una buona compatibilità con l’hardware esistente. Nel giro di due giorni The Mandalorian aveva già raggiunto un numero di condi-visioni pirata altissimo. Disney sta avviando azioni di disturbo, ma per ogni link cancellato dieci nuovi ne arrivano. La presenza di esclusive porta inevitabilmente alla crescita della pirateria, è davvero difficile contrastare questo fenomeno, ma in questo caso il lancio di Di-sney+ in soli tre paesi, Canada, Usa e Olanda, ha spinto anche coloro che si sarebbero volentieri abbonati per vedere la serie TV a scaricarla. C’è solo una variabile in tutto questo che lascia qualche dubbio, il doppiaggio. Perché The Mandalorian, trasmesso solo negli Usa, in Olanda e in Canada, è l’uni-co contenuto di tutta Disney+ con il doppiaggio e i sottotitoli in tutte le lingue più note, italiano incluso. Siamo rimasti stupiti pure noi quan-do abbiamo provato Disney Plus, in USA. The Mandalorian, seguita da milioni di persone in tutto il mondo, con lingue e i sottotitoli in tutte le lingue più note, sembra quasi fat-to apposta per diventare in poche settimane la serie TV più piratata e diffusa del pianeta.
torna al sommario 10
MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Roberto PEZZALI
D isney+, il servizio di streaming di proprietà di Di-
sney è una vera e propria rivoluzione per un set-
tore che Netflix e Amazon Prime Video hanno già
cambiato radicalmente in questi anni. Disney prepara
ora il colpo finale, perché il catalogo del network non
solo è ampio ma è di assoluta qualità, un catalogo al
quale una famiglia non può proprio rinunciare. Un vero
terremoto anche perché il prezzo, per quello che offre,
è davvero basso: 6.99 euro al mese.
In Italia il servizio di Disney partirà solo il prossimo anno,
il 31 marzo, ma noi abbiamo avuto già modo di provarlo:
l’interfaccia sarà quella, la qualità sarà quella, i contenu-
ti saranno più o meno quelli anche perché, fatta ecce-
zione per qualche titolo, Disney sta gestendo i diritti a
livello mondiale. Non solo: molti dei contenuti originali
Disney, tra i quali la serie TV che ruota attorno ad un
cacciatore di taglie ambientata nell’universo di Star
Wars, The Mandalorian, sono già disponibili con audio
italiano e sottotitoli in italiano.
La prima impressione aprendo l’applicazione Disney+ è
quella di trovarsi davanti ad un servizio curassimo nei
minimi dettagli: dall’interfaccia utente alle grafiche ogni
cosa è al posto giusto. Disney+ ha tratto ispirazione
come è giusto che sia da chi in questi anni ha dominato
il settore, Netflix, e propone una interfaccia vagamente
simile a quella della nota azienda di streaming.
I titoli di punta ruotano nella vetrina inserita nella parte
alta, subito sotto troviamo filtro per i diversi “brand” del-
l’universo Disney, quindi Disney, Pixar, Marvel, Star Wars
e National Geographic e la poi classica distribuzione di
contenuti a griglia, che permette di accedere subito ai
contenuti più visti, alle serie originali e ad un gruppo
di collezioni che si adattano nel tempo a seconda dei
gusti di visione.
Star Wars in 4K e HDR è solo su Disney+Il catalogo non è esagerato ma è comunque vasto, e
ci sono decine di film che una famiglia riguarderebbe
volentieri. Ma soprattutto ci sono alcuni film che sono
stati interamente restaurati e riproposti in una versione
che è assolutamente inedita. Ci riferiamo ad esempio
all’universo di Star Wars: da “Episodio 1 - La
Minaccia Fantasma” fino a “Episodio VII - Il
Risveglio della Forza” tutti i film sono sta-
ti rimasterizzati in 4K HDR, con supporto
HDR10, Dolby Vision e Dolby Atmos per
quanto riguarda l’audio.
La trilogia di Star Wars visibile su Disney+
non è tuttavia quella originale, ma è la Spe-
cial Edition rivista da Lucasfilm nel 1997 con
l’aggiunta di alcuni effetti in determinate
scene. In realtà si tratta di una versione rivi-
sta ulteriormente, perché abbiamo guarda-
to il Ritorno dello Jedi e grazie ad un lavoro
di color correction esemplare alcuni effetti
in computer grafica realizzati nel 1997 ora
si integrano meglio con il resto del quadro,
non sembrano più aggiunte.
Disney ha modificato anche alcune se-
quenze come la controversa scena della
sparatoria tra Greedo e Han Solo nella
cantina del porto spaziale di Mos Eisley,
Episodio IV. Nella versione originale Han
Solo sparava per primo, nella versione del
1997 era il cacciatore di taglie a esplodere
il primo colpo e questo aveva fatto discu-
tere: i puristi non accettavano la modifica voluta da Lu-
cas Ora sparano in contemporanea. Gli appassionati di
Star Wars potranno quindi vedere per la prima volta su
Disney Plus la trilogia originale in 4K, con una qualità
che ovviamente non può essere paragonabile a quella
dei film girati oggi ma che è comunque un bel vede-
re. Sempre in 4K e HDR c’è anche Rogue One, mentre
mancano all’appello Solo e Episodio VIII, gli Ultimi Jedi.
Sicuramente Disney ci sta lavorando, anche perché
ha confermato che sta lavorando per portare in 4K e
HDR, dove possibile, molti contenuti di punta del suo
catalogo. Un trattamento simile verrà applicato anche
a parte dei titoli Marvel, fin dal primo Iron Man, e non è
da escludere che il catalogo 4K HDR possa ampliarsi in
questi mesi per uno sbarco in Europa e in Italia ancora
più completo.
La qualità dei contenuti è elevatissimaLa qualità dei contenuti è elevatissima: abbiamo guarda-
to su un televisore tramite Apple TV The Mandalorian,
già doppiato in italiano, e la compressione è davvero
segue a pagina 11
ENTERTAINMENT È uscito negli States Disney+, il servizio di streaming di Disney. Noi italiani dobbiamo aspettare l’anno prossimo
Disney+, qualità eccellente e ottima interfaccia Che meraviglia guardare Star Wars in 4K HDRNoi lo abbiamo già provato, in attesa del 31 marzo. Anche perché alcuni titoli, incluso The Mandalorian, sono già in italiano
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
ENTERTAINMENT
Abbiamo provato Disney+segue Da pagina 10
ridotta. Non siamo davanti allo streaming “esagerato” di
Apple TV+, con flussi che toccano anche i 40 Mbps di
picco, ma ad una resa comunque allineata a quella dei
migliori contenuti di Netflix. Con il vantaggio, per Di-
sney, di avere tanti cartoni animati, molto più facili da
comprimere e con una resa in 4K davvero esemplare.
Nel complesso la qualità ci ha sorpreso, soprattutto
sui titoli più datati: il lavoro fatto da Disney è encomia-
bile. Sui contenuti originali più recenti Disney ha fatto
poi di tutto per valorizzare l’uso di nuove tecnologie
come l’HDR: The Mandalorian, fin dalle scene iniziali,
mostra una eccellente gestione della dinamica e un
abile lavoro di color correction che sfrutta proprio
l’HDR per dare enfasi ad alcuni elementi. L’armatura
del cacciatore di taglie mandaloriano scintilla sotto
le luci artificiali della
cantina fin dalle prime
scene, le fiamme che
escono dai bruciatori
dello speeder bucano
lo schermo e le sce-
ne ambientate nello
spazio hanno una foto-
grafia e un impatto da
grande cinema. Senza
spoiler possiamo dire
che, da appassionati
dell’universo di Star
Wars, The Mandalo-
rian, seppur ci sia solo
l’episodio pilota (un
po’ lento nella trama),
sembra davvero una
serie capace di soddi-
sfare anche i nostalgici
dei primi Star Wars.
Applicazione davvero ben fatta, con Chromecast e downloadTornando all’applicazione come abbiamo scritto è mol-
to curata e ha preso tanto da Netflix: c’è una completa
gestione dei profili di chi guarda, con i personaggi del-
l’universo Disney da usare come icone. C’è il supporto
ad AirPlay, a Chromecast, e si possono anche scaricare
in locale gli episodi per guardarli in aereo. Il download
in realtà è presente solo su alcuni titoli, non su tutti:
questione di diritti.
L’utente può scegliere la qualità del download tra tre
diversi profili, e anche nel caso del profilo più basso,
quello che permette di risparmiare banda, la resa su
uno smartphone è notevole. Un download alla massi-
ma qualità occupa parecchio spazio sul dispositivo, ma
in molti casi siamo davanti ad un contenuto con qualità
quasi perfetta.
L’attesa per Disney+ era enorme e Disney ha sicura-
mente soddisfatto ogni aspettativa con un servizio
adeguato all’eccellente catalogo. Quello firmato dalla
major americana sembra essere il servizio di streaming
perfetto, perché propone un catalogo di assoluta qua-
lità, basta scorrere solo la prima schermata dell’appli-
cazione per rendersi conto di quello che Disney+ offre,
da vedere nel miglior modo possibile quindi con 4K,
HDR e Dolby Digital 5.1 dove possibile. E tutto a 7 euro
al mese.
Si, è vero, è l’ennesimo servizio di streaming, ma il rap-
porto qualità prezzo in questo caso non ha davvero
eguali. Ora non ci resta che aspettare 4 mesi.
di Gaetano MERO
C’è già aria di cambiamento all’inter-
no dell’organigramma di Apple TV
Plus. Kim Rozenfeld, responsabile
della sezione documentari e della pro-
grammazione dei contenuti senza sce-
neggiatura, ha abbandonato il proprio
ruolo a meno di due settimane dal lancio
della piattaforma streaming. Rozenfeld
era stato assunto nel team della nuova
piattaforma nel 2017. Secondo quanto
dichiarato da Deadline, Kim Rozenfeld
continuerà ad avere rapporti con la socie-
tà, avendo accettato il ruolo di presidente
presso la Half Full Studios, piccola casa
di produzione che ha firmato un accordo
pluriennale proprio con Apple per la rea-
lizzazione di nuovi contenuti.
Sebbene Rozenfeld abbia lasciato pacifi-
camente la propria carica in Apple, la no-
tizia appare tutt’altro che
positiva per Apple TV+ e
il suo futuro imminente. Il
nervosismo che ha portato
all’allontanamento di Kim
Rozenfeld dai vertici della
società è da ricercare con
molta probabilità nelle re-censioni particolarmente negative che le serie originali hanno ri-
cevuto negli ultimi giorni. Dickinson, For
All Mankind, The Morning Show e See
- show già rinnovati per una seconda sta-
gione - sono stati definiti da critici televisi-
vi e addetti ai lavori non all’altezza delle
aspettative. Il pubblico sembra esser stato
più clemente, apprezzando in particolar
modo la serie The Morning Show con
Jennifer Aniston, mentre ha dimostrato
poco interesse in merito alle altre pro-
duzioni. Apple sta pagando chiaramente
lo scotto per aver lanciato un servizio
streaming che, nonostante la comprovata
qualità audio e video, presenta un cata-
logo troppo scarno e acerbo rispetto ai
competitor. Rozenfeld verrà sostituito da
due figure già parte del team Apple TV+,
Matt Cherniss dirigerà la divisione dei
contenuti senza sceneggiatura mentre
Molly Thompson si occuperà di seguire i
documentari.
ENTERTAINMENT Rozenfeld lascia a meno di due settimane dal lancio della piattaforma streaming
Nubi su Apple TV+: il capo dei contenuti Kim Rozenfeld lascia la societàLa causa, forse, le recensioni negative che le serie originali hanno ricevuto negli ultimi giorni
ENTERTAINMENT
Netflix arriverà su Tim Vision e si pagherà in bollettaTim ha annunciato un accordo con Netflix per portare i contenuti della piattaforma streaming a disposizione dei clienti Tim Vision. L’accordo preve-de che il catalogo completo di Netflix sarà disponibile tramite la TimBox e il canone dell’offerta scelta verrà fatturato direttamente in bolletta. L’in-tegrazione di Netflix in Tim Vision non sarà attiva prima del prossimo anno. Il funzionamento dovrebbe essere simile a quanto ora possibile su Sky Q: il cliente che ha già un account Netflix potrà mantenerlo, sottoscrivendo eventualmente una delle offerte congiunte con Tim Vision e continuare così a usufruire dei contenuti e della eventuale condivisione dello stesso account con altri utenti, all’interno dell’interfaccia di TimVision.
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Roberto PEZZALI
Apple ha annunciato il nuovo MacBook Pro da 16”.
Non era un segreto che Apple stesse lavorando
ad una versione più grande del suo notebook per
eccellenza, ma nessuno si aspettava che il MacBook
Pro da 16” potesse sostituire, in un solo colpo, l’attuale
modello da 15”. E invece è successo: da oggi chi entre-
rà in un Apple Store per acquistare un notebook della
gamma “Pro” troverà, di fianco al 13” che resta in line-
up, anche il nuovo 16” allo stesso prezzo del 15”. Due
modelli di partenza, uno con processore Intel Core i7 da
2.6 Ghz, AMD Radeon Pro 5300M con 4GB di memoria
GDDR6 dedicata, 16 GB di memoria e 512 GB di SSD
che parte da 2.799 euro, e uno con processore Core i9
2.3 Ghz a 8 core, Radeon Pro 5500M con 4GB di grafica
GDDR6 dedicata, 16 GB di ram e 1 TB di SSD a 3.299
euro. Entrambi sono ovviamente configurabili a secon-
da delle esigenze dei singoli utenti. Confrontando le
configurazioni con quelle degli attuali 15” i più attenti si
accorgeranno che il nuovo MacBook Pro da 16”, nelle
due configurazioni base, offre il doppio dei GB di spazio
disco SSD, rispettivamente 512 e 1 TB contro i 256 GB e
i 512 GB dei modelli nei negozi fino a ieri. Per la prima
volta Apple inserisce inoltre su un MacBook Pro la pos-
sibilità di avere a bordo 64 GB di RAM DDR4 e 8 TB di
storage. Pochi utenti sentiranno l’esigenza di avere un
tale quantitativo di memoria a disposizione, sia per quan-
to riguarda lo storage sia per quanto riguarda la RAM,
ma Apple ha spiegato che questa richiesta è stata fatta
espressamente da alcuni professionisti che usano da
tempo il MacBook Pro in determinati ambiti applicativi.
Chi sviluppa giochi o applicazioni multipiattaforma con
Xcode, ad esempio, può ora lanciare contemporanea-
mente i test dell’applicazione e i simulatori per tre diversi
ambienti operativi, iPadOS, iPhone e MacOS, mentre chi
usa un MacBook Pro come studio di produzione audio
portatile può tenere sul disco l’intera libreria di campioni
ad alta risoluzione, e stiamo parlando librerie che arriva-
no a pesare svariati terabyte.
segue a pagina 13
PC Abbiamo passato le ultime 24 ore insieme al nuovo MacBook Pro da 16”. Le novità vanno oltre il pollice in più di schermo
Apple MacBook Pro 16”, anteprima: prestazioni raddoppiate e audio super. E stesso prezzo del 15”Aumenta la potenza, migliorano batteria e audio, il tutto senza cambiare il prezzo. Anzi, lo spazio su disco raddoppia
Apple MacBook Pro 16”La video anteprima
lab
video
Dallo schermo alla batteria cambia tutto Dietro il nuovo MacBook Pro da 16” c’è molto di più di
un semplice schermo più grande: abbiamo cercato di
sfruttare al meglio il tempo per una preview completa,
senza avere però la possibilità di valutare aspetti come
le prestazioni in ogni ambito e la durata della batteria,
cosa che richiederà un po’ più di tempo.
Apple ha ascoltato gli utenti “pro” che usano il MacBook
da anni come strumento di lavoro, e ha cercato di guar-
dare oltre le semplici prestazioni (c’è comunque un in-
cremento netto) toccando aspetti del MacBook che non
avevano mai goduto di tanta considerazione. C’è infatti
un nuovo sistema audio, con una resa sonora davvero
impressionante se si pensa alla dimensione dello chas-
sis, e c’è anche un triplo microfono che offre un risultato
in acquisizione pari a quella di un microfono esterno di
qualità. Lo abbiamo usato per il voice over del video di
anteprima, ed è possibile accorgersi di come questo
microfono abbia una qualità tale da poter essere usa-
to senza problemi per registrare un podcast, una prova
di doppiaggio o per salvare un arrangiamento. C’è poi
lo schermo, un grandissimo display P3 Wide Gamut da
16” capace, grazie a Catalina, di gestire anche contenuti
HDR, oltre a sincronizzare il frame rate con quello del
contenuto che si sta visualizzando, e c’è una tastiera tut-
ta nuova che vuol far dimenticare i problemi dei modelli
“butterfly”. Apple ha rivisto interamente il sistema, ma
non ha inventato nulla di nuovo: ha semplicemente pre-
so la tastiera che da anni viene data con gli iMac e l’ha
adattata per utilizzarla su un portatile. Infine la batteria, la
più grande che si poteva mettere su un portatile: sotto
la scocca in alluminio c’è un accumulatore al litio da 100
watt/ora, che dovrebbe assicurare una autonomia simile
a quella degli attuali modelli da 15”. Per un dato reale
dovremmo attendere qualche settimana, durante le ore
a disposizione per questa preview abbiamo usato un po’
la batteria e un po’ l’alimentazione a filo.
16” e 2 kg di alluminio: lo schermo cresce ma le dimensioni non cambianoCambia tutto, tranne il look: il MacBook Pro mantiene il
suo iconico design monoblocco in alluminio e, come per
i modelli precedenti, anche per il 16” sono disponibili le
due finiture silver e space gray, leggermente più scura. Il
peso rispetto al 15” cresce di 170 g circa: sulla bilancia il
nuovo modello tocca i 2 Kg, e l’aumento è dovuto princi-
palmente a due fattori, la batteria più grande e il sistema
di dissipazione rivisto. Cambiano anche le dimensioni,
ma di pochissimo: Apple riducendo le cornici del 25%
nella zona superiore e del 34% sui lati è riuscita a inserire
uno schermo da 16” in uno chassis del tutto simile come
dimensioni a quello del 15”. La dotazione di porte resta
identica: 4 connessioni Thunderbolt a banda completa
oltre al classico jack audio. Rivisto anche il caricatore: il
MacBook Pro da 16” porta in dote un nuovo caricatore
da 96 watt che, utilizzando una tecnologia simile a quella
vista nei caricatori GaN, riesce ad avere le stesse identi-
che dimensioni del modello attuale da 87 watt.
Una Magic Keyboard a misura di notebookLa soluzione ai problemi che hanno colpito la tastiera
delle recenti generazioni di MacBook si chiama Magic
Keyboard. Il meccanismo “butterfly”, tanto sottile quan-
to delicato, viene sostituito da una versione rivista del
classico sistema a “forbice”, lo stesso usato sulle tastiere
torna al sommario 13
MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
che Apple fornisce in dotazione con gli iMac e che ven-
de come accessorio opzionale. La logica è la stessa, ma
il meccanismo è stato ripensato modificando la cupola
in gomma posta sotto i singoli tasti; la parte mobile, già
compatta, ha subito poi una ulteriore riduzione di spes-
sore per poter essere usata all’interno di un notebook. Il
risultato è una tastiera piacevolissima da utilizzare, mor-
bida e con il giusto feedback, più silenziosa di quella usa-
ta sui modelli attuali e precisa nella digitazione. Oltre alla
tecnologia dei tasti cambia anche il layout della tastiera:
il tasto “ESC” esce dalla Touch Bar e torna ad essere un
tasto fisico, così come il TouchID, isolato dalla touchbar
e utilizzabile anche come tasto di accensione. Rivista an-
che la disposizione dei tasti direzionali, ora a croce inver-
sa. Se qualcuno si chiedesse per quale motivo Apple ha
inserito ancora il TouchID sul MacBook al posto di usare
il FaceID, la risposta sta nello spessore ridottissimo del
modulo display, talmente sottile da poter ospitare solo il
piccolo modulo webcam, che resta a 720p.
16” di assoluta qualità. E Catalina viene in aiuto per l’HDRIl 16” arriva sul mercato con uno schermo basato sulla
stessa identica tecnologia degli schermi Retina dei 15”:
un LCD IPS con spazio colore P3, capace di raggiungere
i 500 nits di luminosità. Uno schermo brillante, con un
eccellente angolo di visione e un buonissimo filtro anti-
riflesso nonostante la finitura lucida. La risoluzione è di
3072 x 1920 pixel, 6 megapixel che distribuiti sui 16” di
diagonale equivalgono a 226 punti per pollice, la stes-
sa risoluzione del modello da 13.3”. Qualcuno potrebbe
criticare l’assenza di uno schermo 4K, ma la risoluzione
scelta da Apple è un ottimo compromesso: immagine di
eccellente qualità, resa cromatica perfetta, ottima lumi-
nosità e una definizione impeccabile dalla distanza abi-
tuale di utilizzo del notebook. Più pixel non servivano, e
l’unico vantaggio nell’avere uno schermo 4K lo si poteva
trovare in fase di editing video con contenuti Ultra HD,
tuttavia chi usa un MacBook per fare editing può comun-
que lavorare su porzioni della scena ingrandite, regolan-
do in modo fine il dettaglio e la maschera di contrasto.
Resta ovviamente la possibilità di collegare monitor
esterni, e grazie alla banda della connessione Thunder-
bolt e alle GPU Radeon il MacBook Pro da 16” supporta
o 2 display da 6016 x 3384 pixel a 60 Hz o 4 display
da 4096 x 2304 (4K DCI) sempre a 60 Hz, ovviamen-
te funzionanti in contemporanea.
Oggi molte lavorazioni professio-
nali prevedono contenuti HDR, sia
per quanto riguarda i giochi sia per
quanto riguarda il video, e lo scher-
mo da 500 nits del MacBook Pro
non può offrire le stesse prestazio-
ni dell’Apple Pro Display XDR, che
grazie al sistema di dissipazione
attivo può toccare anche i 1600
nits di picco. Apple è stata però in
grado di risolvere il problema alla
base, sfruttando l’integrazione tra
hardware e software per andare a
compensare quelli che sono i limiti
di un display da notebook: Catalina
integra un nuovo sistema denominato “Extended dyna-
mic range (EDR) mode” che permette di lavorare con
contenuti HDR anche su monitor non necessariamente
HDR. Il sistema operativo, se viene usata una applica-
zione aggiornata per sfruttare questa capacità, effet-
tua il tone mapping in tempo reale dei contenuti HDR
adattando la luminosità di picco del contenuto a quella
del display. Prima di Catalina, quando un professionista
lavorava con una clip HDR a 1000 nits sulla timeline di
Final Cut Pro o all’interno di Motion, tutti i livelli di lumino-
sità che eccedevano le possibilità del display venivano
tagliati, o come si dice in gergo “clippavano”.
Con Catalina l’intero contenuto viene rimappato in tempo
reale sul monitor di preview, sfruttando tutta la dinamica
a disposizione e con la possibilità di lavorare sui livelli di
uscita e di continuare con la color correction. Il controllo
finale dev’essere fatto con un monitor HDR, ma si può
comunque lavorare con un pieno controllo delle zone
ad alta e bassa luminosità, quelle più critiche quando si
lavora con contenuti a gamma dinamica estesa. Tra i sof-
tware compatibili con questa nuova funzionalità ci sono
non solo Motion e FinalCut, ma anche diversi software di
terze parti come l’eccellente Affinity Photo e PixelMator.
In questo caso il tone mapping e l’HDR vengono usati
per sfruttare al massimo la dinamica contenuta in un file
RAW. Catalina nasconde anche un altra funzione deci-
samente interessante per chi lavora ad alti livelli con un
MacBook: all’interno delle impostazioni dello schermo è
infatti possibile selezionare la frequenza di refresh per
adattarla a quello del contenuto in lavorazione. Chi sta
lavorando ad un film a 24p potrà ora forzare il refresh
del MacBook a 48p, per evitare quindi scatti o perdita di
fotogrammi in fase di riproduzione.
Due volte più veloce del modello precedente. E sotto sforzo non si piegaBene la tastiera e il display, ma un MacBook Pro è pur
sempre uno strumento di lavoro e chi lo usa si aspetta
soprattutto una cosa: velocità. Il processore del modello
da noi usato è lo stesso adottato anche sul MacBook Pro
Core i9 2.3 Ghz da 15” del 2019, una CPU Intel di nona
generazione “Coffee Lake” da 14 nanometri (I9-9880H):
ha otto core indipendenti, 16 MB di cache condivisa di
terzo livello e 16 GB di memoria a bordo. Rispetto al
MacBook Pro da 15” che aveva memorie DDR4 SDRAM
a 2400 MHz, la versione da 16” adotta memorie da 2666
Mhz e come abbiamo scritto può essere configurato an-
che con 64 GB di memoria a bordo.
Pensando al magnifico lavoro fatto con il Mac Pro in
termini di modularità, ci aspettavamo anche per questo
MacBook Pro una maggiore flessibilità invece tutto è
saldato sulla mainboard: i GB di RAM, così come l’SSD,
sono quelli che si scelgono quando si acquista il Mac e
non esiste opzione di upgrade in una fase successiva.
Peccato. Uno sguardo all’interno conferma quanto detto
da Apple in fase di presentazione: tutto il sistema di dis-
sipazione è stato rivisto e il flusso d’aria incrementato del
28% rispetto alla generazione precedente. Questo gra-
zie a due ventole maggiorate con un numero superiore
di lamelle, oltre ad un dissipatore che copre il 35% in più
di superficie che aiuta a smaltire in modo più efficiente il
calore. Sotto sforzo parte la ventola, che è tutt’altro che
silenziosa, ma le prestazioni restano costanti: il MacBook
Pro non soffre, anzi, distribuisce costantemente la sua
potenza sfruttando al meglio il nuovo sistema di dissipa-
zione. Che, come sui modelli precedenti, interessa anche
l’intero cabinet in alluminio: la parte sopra la touchbar e
il pannello inferiore dopo lunghi periodi di processore al
100% raggiungono temperature elevate.
Sul MacBook Pro debuttano anche le nuove GPU AMD
Radeon Pro 5000M basate su architettura Navi a 7 na-
nometri: la configurazione di base per i due modelli pre-
vede rispettivamente la Radeon Pro 5300M e la Radeon
Pro 5500M con 4 GB di DDR6, ma come opzione si può
avere per la prima volta su un MacBook Pro la Radeon
5500M con 8 GB di memoria DDR6. I dati parlano da
soli: fino a 24 computer units, 1536 stream processor,
189GB/s di banda grazie alle GDDR6 garantiscono pre-
stazioni doppie rispetto a quelle di un Macbook da 15”
con Radeon Pro 560x. Secondo i dati forniti da Apple,
che verificheremo in fase di test, la versione con 8GB
di memoria offre un incremento pari all’80% in termini di
prestazione rispetto alla Radeon Pro Vega 20 con 4GB
di memoria HBM2. L’incremento di prestazioni come
sempre varia a seconda dell’applicativo usato, e abbia-
mo provato a fare qualche test nel nostro ambito per
vedere come la coppia “Core i9 - Radeon 5500M” ha
gestito le diverse situazioni.
Photoshop, DaVinci, Final Cut Pro e XCode, qualche prova per saggiare la potenzaNel tempo che abbiamo avuto a disposizione abbiamo
provato a usare il MacBook Pro da 16” in alcuni ambiti
che conosciamo: fotografia, video e coding. Abbiamo
assistito ad alcune demo con Logic Pro X, ma non è uno
strumento che padroneggiamo così bene da poterlo
segue a pagina 14
TEST
MacBook Pro 16”, anteprimasegue Da pagina 12
torna al sommario 14
MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
usare per un test reale. Per la fotografia abbiamo scelto
Ligthroom insieme a Photoshop, e abbiamo gestito al-
cuni file RAW scattati con la GFX100 Fujifilm, quindi 100
megapixel di file grezzo. Abbiamo portato 30 immagini
in stack, su diversi livelli, per vedere se un tale numero di
pixel potesse in qualche modo impensierire il MacBook
che, salvo qualche sporadica attesa di un secondo sul-
l’applicazione dei filtri, ha risposto positivamente.
L’importazione delle foto nella libreria di Lightroom è sen-
sibilmente più veloce, e lo stesso vale per l’elaborazione
di alcuni filtri che spesso richiedono svariati secondi di
attesa. Dove però il MacBook Pro ci ha sorpreso positi-
vamente è sull’editing video: la Radeon Pro 5500M, ab-
binata ad un software ottimizzato come Final Cut, riesce
a gestire un numero elevatissimo di stream 4K sulla time-
line, ognuno dei quali con diversi effetti. Apple parla di
11 multicam stream 4K, noi abbiamo provato con 7 flussi
senza riscontrare il minimo problema di riproduzione.
Rispetto al modello precedente il MacBook da 16” ri-
sparmia un buon 20% di tempo sulla compilazione di un
progetto abbastanza complesso su XCode, e le stesse
prestazioni le abbiamo registrate anche in altri ambiti: i
test del CMS di DDay.it, Rails e RSpec, vengono eseguiti
in 3 minuti e 48 secondi sul MacBook Pro da 15” e in 3
minuti e 12 secondi sul MacBook Pro da 16”. Nonostante
il processore sia identico, per una combinazione di fatto-
ri, tra i quali le memorie usate e la GPU, il nuovo modello
è comunque più veloce del precedente.
La batteria più grande che si poteva mettereIl MacBook Pro da 16” ha la batteria più grande che si
può mettere all’interno di un notebook: sono 100 watt/
ora, 16 in più rispetto alla batteria inserita all’interno del
MacBook Pro da 15”. Un limite dovuto non tanto alle di-
mensioni del notebook, quanto alle restrizioni imposte
dalla Federal Aviation Administrator: per portare a bordo
di un aereo un prodotto con una batteria al litio dotata
di capacità superiore a 100 wattora serve una autorizza-
zione speciale. Un notebook, ma questo vale per tutti i
produttori, non può quindi passare questo limite: la bat-
teria diventerebbe un bel problema da gestire quando
si viaggia. Apple parla di 11 ore di autonomia, ma i dati
sono relativi alla visione di film tramite Apple TV e alla
navigazione in Wi-fi: utilizzandolo con le normali applica-
zioni che può usare un utente in ambito lavorativo que-
sto tempo si dimezza, e se guardiamo al consumo con
qualche rendering e qualche test crediamo che una au-
tonomia variabile dalle 5 alle 6 ore possa essere un dato
più realistico e adatto ad un uso misto di tutti i giorni.
L’audio ci ha stupito: grande resa di speaker e microfoniSpesso i diffusori e i microfoni passano in secondo piano
quando ci troviamo di fronte ad un portatile. E non è diffi-
cile capire perché: i notebook, anche i migliori, ci hanno
sempre abituati ad una resa audio modesta legata alla
dimensioni minuscola dei diffusori. E i microfoni, usati
per la webcam, hanno sempre restituito una resa simil
citofono, inutilizzabile per una vera registrazione.
Apple ha rivisto tutto il comparto audio, sia i diffusori sia
i microfoni: per la prima volta su un MacBook Pro vie-
ne usata una configurazione di diffusori che adotta sei
speaker, tre per canale. Di fianco al tweeter per le alte
frequenze ci sono due woofer montati in opposizione,
con il woofer inferiore che cancella le vibrazioni emes-
se da quello superiore. L’audio del MacBook è corposo,
potente, riempie senza problemi una stanza di media
dimensioni. Suona bene, davvero bene per essere un
portatile, con un soundstage credibile, bassi bilanciati
ma ben presenti e distorsioni praticamente assenti an-
che a volume elevato.
Meglio ancora il microfono: Apple ha inserito tre capsule
microfoniche nella parte superiore dello speaker di si-
nistra, microfoni con un elevatissimo rapporto segnale
rumore decisamente direzionali, pensati per catturare il
parlato di chi siede davanti al MacBook senza cattura-
re il rumore della stanza. Il risultato è udibile nel video,
che abbiamo registrato usando proprio i microfoni del
MacBook: sembra la presa di un microfono esterno.
Apple assicura che è possibile usarlo per registrazioni
di qualità, anche di arrangiamenti da stru-
menti musicali: non abbiamo fatto pro-
ve, ma sicuramente è più che adeguato
per registrare un Podcast o il Voice over
di un filmato.
Con SideCar l’iPad Pro è il suo miglior amicoSe lo schermo da 16” non dovesse ba-
stare, grazie a MacOS Catalina si può
sfruttare Sidecar: l’iPad Pro diventa uno
schermo secondario, collegato con un
cavo o tramite wi-fi. Funziona con tutte
le applicazioni, ne abbiamo già parlato,
ma con applicazioni specifiche è possi-
bile gestire lo schermo dell’iPad come
un vero monitor di sistema per il MacBook Pro. In mo-
bilità questa possibilità è un vero “game changer” per
la produttività: stiamo facendo editing del filmato che
accompagna questa prova e la preview in tempo reale,
su Final Cut Pro, la stiamo gestendo dall’iPad Pro colle-
gato al Mac usando il cavo USB Type C. Il ritardo è qua-
si nullo, lo schermo dell’iPad ha esattamente la stessa
resa a livello di cromia e di bilanciamento del bianco di
quello del MacBook Pro: siamo davanti ad una configu-
razione dual monitor portatile. Abbiamo provato anche
con DaVinci Resolve, timeline a 24p e alcune clip 4K che
vengono gestite alla perfezione, senza un solo frame
perso, sull’iPad usato come monitor esterno. L’ultima
versione di Final Cut, anch’essa compatibile con Side-
Car, permette di sfruttare Apple Pencil per la selezione e
il taglio delle scene da usare poi sulla Timeline: il setup
è immediato, i tempi di lavoro si riducono notevolmente:
usando la penna riusciamo a selezionare le clip da usa-
re, con la precisione di un frame, nella metà del tempo
che richiederebbe il trackpad, e senza la necessità di
cercare una superficie per un mouse.
L’utilizzo combinato di MacBook Pro e iPad Pro, in ambito
lavorativo, è senza alcun dubbio una strada interessante
da esplorare: se in alcuni casi quello che serve è solo un
monitor aggiuntivo, in altri casi, pensiamo all’editing, alla
color correction o alla musica, un pannello - monitor ad-
dizionale, in questo caso l’iPad Pro, offre al professioni-
sta una interfaccia più veloce e intuitiva per raggiungere
un determinato risultato.
Una meravigliosa workstation portatile Offre tanto allo stesso prezzo del 15”Ci sono due tipi di persone che scelgono un MacBook:
quelle che vogliono un computer veloce ed affidabile e
quelle che invece, per un motivo preciso che può essere
Xcode o Final Cut Pro, sono obbligate a adottare una
soluzione Mac. Il MacBook Pro da 16” è per entrambi
una meravigliosa workstation portatile, e non solo per-
ché le prestazioni grazie alla nuova gestione termina e
alle nuove GPU Radeon sono raddoppiate. Ogni aspetto
di questo portatile è stato migliorato rispetto alla gene-
razione precedente, e l’unica tassa da pagare sono 170
grammi in più. Allo stesso prezzo del 15” Apple offre un
computer che va veloce il doppio in determinate condi-
zioni, che ha uno schermo più ampio, una batteria più
grande, una tastiera piacevole da usare e affidabile,
un audio di qualità e il doppio dei GB di spazio SSD ri-
spetto alla generazione precedente. In tutti questi anni i
MacBook Pro non hanno mai subito così tanti migliora-
menti in un solo colpo, e solo un gruppo di persone po-
trebbe non essere felice di tutto questo: chi ha comprato
un modello da 15” nei mesi passati. Che ieri sembrava
bellissimo ma ora, con il pensionamento inatteso, sem-
bra terribilmente vecchio.
TEST
MacBook Pro 16”, anteprimasegue Da pagina 13
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Mirko SPASIANO
Ci siamo. Microsoft ha dato il via alla distribuzione
del November Update per tutti i PC con a bordo
Windows 10. Sebbene si passi dalla versione 1903
alla 1909 - dove la prima coppia di cifre indica l’anno e
la seconda il mese in cui la versione del sistema opera-
tivo è stata finalizzata - le novità sono davvero poche
rispetto al solito: sembra quasi un vecchio Service Pack
per Windows 7. E questa è assolutamente una notizia
positiva sia per gli utenti sia per le aziende, che negli
ultimi anni sono affetti da affaticamento da aggiorna-
mento. I tempi di aggiornamento sono ristrettissimi, del
tutto paragonabili a un classico aggiornamento cumula-
tivo mensile. Con una buona connessione e un SSD, le
fasi di download e di aggiornamento si concludono nel
giro di 5 minuti. Ciò non deriva dalle novità introdotte
nel marzo dello scorso anno, ma proprio perché si tratta
di una versione rivista e corretta, con qualche piccola
aggiunta, di quella rilasciata lo scorso maggio. Le novità
sono talmente poche - al punto che non cambiano nean-
che le API di riferimento - che il codice identificativo del-
le build sorgenti passa dalla 18362 alla 18363. Per avere
un’idea, la build più recente della versione di Windows
10 che arriverà presumibilmente in primavera è la 19018
(e questo numero continuerà ad aumentare).
Notifiche più intelligentiSi potrebbe dire che l’area su cui Microsoft si è concen-
trata maggiormente è quella delle notifiche, con qualche
piccola chicca che potrebbe sfuggire ai più distratti. Si
comincia sin dal banner di notifica, che è stato arricchito
con l’accesso diretto alle impostazioni di notifica attra-
verso la piccola icona di un ingranaggio. Cliccandovi su,
si possono disabilitare definitivamente tutte le notifiche
provenienti da un’app “molesta” o accedere alla relativa
pagina di configurazione nelle impostazioni di sistema.
Ovviamente, le stesse scorciatoie si ritrovano anche
PC È di nuovo quel periodo dell’anno dell’aggiornamento di Windows 10. Questa volta, però, è un aggiornamento “minuscolo”
Windows 10, November Update porta poche novità Ma è comunque il miglior aggiornamento di sempreSembra quasi un vecchio Service Pack per Windows 7. E questa è una notizia positiva sia per gli utenti sia per le aziende
quando la notifica viene consultata nel centro notifiche.
Per non farsi mancare nulla, è stata aggiunta anche una
scorciatoia in alto nel centro notifiche che rimanda alla
pagina di configurazione delle notifiche, raggiungibile in
maniera più “tradizionale” da Impostazioni > Sistema >
Notifiche. Questa stessa pagina delle Impostazioni, poi,
è stata leggermente rivista. La lista delle applicazioni vie-
ne ora ordinata di default, non in ordine alfabetico, ma
in funzione delle app che hanno inviato notifiche più di
recente: in questo modo, è più semplice e rapido rintrac-
ciare eventuali app di interesse. Inoltre, è stata aggiunta
una voce che consente di disabilitare la riproduzione di
suoni all’arrivo di una notifica. La pagina di configura-
zione delle notifiche delle singole app, invece, è stata
abbellita con l’aggiunta di un paio di immagini per chia-
rificare ai meno smaliziati cosa s’intende per banner e
centro notifiche.
Qualche sprazzo di innovazione nella shellAnche il menu Start ha visto un piccolo miglioramento di
usabilità per gli utenti meno esperti. Il Navigation Pane
- ovvero il pannello laterale dal quale si può accedere
a documenti, download, ecc., oltre ai comandi d’arresto
- si espande automaticamente semplicemente passan-
dovi su il mouse. Prima si doveva cliccare il cosiddetto
menu hamburger, ossia le tre lineette orizzontali poste
in alto a sinistra. Sarebbe stato carino se ci fosse stata
la possibilità di disabilitare questa animazione: per chi
sa già “dove mettere le mani” è solo una distrazione.
Anche il flyout del calendario ha ricevuto la sua piccola
dose di innovazione: ora si può creare un evento diret-
tamente da lì, senza aprire l’applicazione del calendario.
Ovviamente, però, è una funzionalità abbastanza limita-
ta: per aggiungere maggiori particolari, occorre aprire
l’applicazione. Tuttavia, è davvero comoda per segna-
re eventi non ricorrenti, che non richiedano di segnare
troppi dettagli. Esplora Risorse è stato aggiornato con
una nuova esperienza di ricerca: sotto al cofano, adesso
c’è la cosiddetta Windows Search e, di conseguenza,
una maggiore integrazione con OneDrive. Il che vuol
dire che verranno recuperati anche contenuti non salva-
ti in locale. Ovviamente, quando il ricercato file compa-
rirà nella lista, potrà essere selezionato con le freccette
e aperto premendo Invio. Microsoft ha anche gettato le
basi per la nuova esperienza Cortana: con la prossima
versione di Windows 10, Cortana diventerà un’app sle-
gata dal sistema operativo. Per questo aggiornamento,
segue a pagina 17
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
però, Microsoft ha dato maggiori poteri agli assistenti
virtuali di terze parti: questi potranno essere invocati
anche dalla schermata di blocco. Al momento, però, la
disponibilità delle relative applicazioni in Italia è ancora
limitata.
Tanti miglioramenti sotto al cofanoInoltre, come di consueto, vi sono le solite ottimizzazioni
del codice, che comportano correzioni di bug e miglio-
ramenti generali dell’esperienza di utilizzo. Tra le più
rilevanti per gli utenti, ci sono un incremento dell’auto-
nomia della batteria per PC con specifiche configurazio-
ni hardware, grazie ad un miglioramento dell’efficienza
energetica dalla CPU. Sempre in ambito processore,
sono stati rivisti i criteri che determinavano il carico di
lavoro sui core della CPU: per migliorare le prestazioni
e l’affidabilità del sistema, è stata istituita una politica di
rotazione dei core prediletti per certi tipi di operazioni.
In questo modo, il carico viene distribuito in maniera più
equa sui diversi core. Inoltre, alcuni utenti con PC dotati
di digitalizzatore attivo potrebbero vedere una riduzione
della latenza nell’utilizzo del pennino. Microsoft ha lavo-
rato a braccetto con i produttori di hardware, in modo
che possano sfruttare al meglio le capacità hardware.
Infine, merita una menzione speciale una piccola ma
graditissima aggiunta per utenti con esigenze di acces-
sibilità: l’assistente vocale – Narrator, da non confondere
con Cortana – e altre tecnologie assistive sono in grado
di riconoscere la posizione e lo stato dei tasti funzione
sulle tastiere (ovvero se sia attivo o meno il blocco).
Chi lo può installare?Come con ogni release di Windows 10, la distribuzione
automatica dell’aggiornamento è graduale. I primi “be-
neficiari” saranno quelli con i PC equipaggiati con le
configurazioni hardware più testate dagli Insider. Così
come avvenuto per la versione 1903, Microsoft è tornata
sui propri passi sulla politica dei cosiddetti “seeker”: chi
cercherà aggiornamenti in Windows Update (Imposta-
zioni > Aggiornamento e sicurezza > Windows Update),
non si vedrà installato il November Update automatica-
mente. Tutti - a meno di particolari criticità riscontrate da
Microsoft - potranno installare a comando l’ultima ver-
sione del sistema operativo dalla sezione degli aggior-
namenti facoltativi. La prudenza non è mai troppa, ma
mai come stavolta un aggiornamento delle funzionalità
di Windows 10 dovrebbe essere rapido e indolore.
Che sia questa la strada giusta?A valle di questa disamina, è ormai chiaro: si tratta in-
dubbiamente di un update “minore” se confrontato con i
precedenti aggiornamenti delle funzionalità di Windows
10. Ciononostante, Microsoft gli ha dedicato ben sei
mesi di test attraverso il programma Insider per assicu-
PC
Windows 10, November Update segue Da pagina 16
rarsi che tutto filasse liscio. Del resto, la cicatrice inferta
dal disastro dell’aggiornamento di aprile dello scorso
anno è ancora fresca.
Viene da chiedersi, perciò, perché in quel di Redmond
non si segua questa strada per il resto dello sviluppo di
Windows 10. Sebbene Microsoft non l’abbia dichiarato
pubblicamente, pare che si tratti di un’esperienza che
non verrà ripetuta. Eppure, anche Android e iOS seguo-
no un ciclo di sviluppo annuale: fossilizzarsi su una tabel-
la di marcia così serrata - due release annuali - è un po’
come gettarsi la zappa sui piedi, se i risultati sono come
quelli dello scorso anno: episodi, come quello che ha
portato alla perdita di file con l’installazione dell’aggior-
namento di ottobre, sono imperdonabili.
Perché non conservare, allora, i rilasci semestrali, ma
facendo sì che il secondo aggiornamento autunnale sia
come l’attuale November Update? Un aggiornamento
delle funzionalità in primavera ed uno correttivo in au-
tunno, dando magari la possibilità agli utenti più prudenti
di installare soltanto la versione rivista e corretta di quel-
l’update. Sarebbe una manna dal cielo.
di Pasquale AGIZZA
G li aggiornamenti di sicurezza
distribuiti da Intel non sono sta-
ti sufficienti per coprire alcune
vulnerabilità nei suoi processori. Ad
affermarlo è uno studio della Vrije Uni-
versiteit di Amsterdam pubblicato sul
New York Times. La storia parte da lon-
tano, precisamente da settembre 2018,
quando i ricercatori olandesi hanno co-
municato a Intel di aver trovato alcune
vulnerabilità non ancora risolte dagli
aggiornamenti arrivati a gennaio.
Intel ha ricevuto la segnalazione e ha
iniziato a lavorarci, ma per più di un
anno non ha pubblicato nessuna corre-
zione. Più volte ha chiesto ai ricercatori
olandesi di non divulgare la scoperta
finché, infine, lo scorso 12 novembre ha
distribuito una patch di sicurezza e ha
pubblicato alcuni dettagli sul suo blog
ufficiale. La società ha inoltre precisato
che 67 delle 77 vulnerabilità riscontrate
sono state scoperte proprio da perso-
nale Intel.
A sentire i ricercatori di sicurezza olan-
desi, però, la patch non avrebbe corret-
to tutte le vulnerabilità scoperte.
“C’è ancora una quantità enorme di
vulnerabilità non risolte, ma Intel non
lo ammetterà mai per non macchiare
ulteriormente la sua reputazione” ha di-
chiarato Herbert Bos, uno dei professori
della Vrije Universiteit di Amsterdam
coinvolti nella ricerca.
Dal canto suo, Intel ha diramato la se-
guente nota: “I ricercatori hanno iden-
tificato un nuovo meccanismo, simile
al Microarchitectural Data Sampling
(MDS) che chiamiamo Transactional
Synchronization Extensions (TSX) Asyn-
chronous Abort, or TAA. Questo mecca-
nismo fa affidamento su TSX, e le miti-
gazioni sono state offerte in un nuovo
aggiornamento di microcode abbinato
ad aggiornamenti corrispondenti per si-
stemi operativi e software hypervisor.”
“Le mitigazioni - prosegue la società -
riducono sostanzialmente la superficie
d’attacco potenziale fornendo un mezzo
PC Gli aggiornamenti di sicurezza di Intel non sarebbero stati sufficienti per coprire alcune vulnerabilità nei suoi processori
Ricercatori accusano Intel: “CPU ancora vulnerabili” Ad affermarlo è uno studio della Vrije Universiteit di Amsterdam pubblicato sul New York Times. Ma Intel minimizza i problemi
per cancellare i buffer e disabilitare TSX
per quei clienti che non usano questa
funzione. Continuiamo ad incoraggiare
tutti e tenere aggiornati i propri dispo-
sitivi, siccome è questo uno dei migliori
modi per essere protetti. Ringraziamo I
ricercatori che hanno lavorato insieme
a noi, e i nostri partner di settore per il
loro contributo, per l’annuncio coordi-
nato di questo problema.”
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Sergio DONATO
M otorola l’ha fatto davvero, ha
riportato in vita il Razr V3 degli
anni 2000 trasportandolo nel
futuro degli schermi pieghevoli. Lo ha
chiamato semplicemente RAZR e gli ha
regalato anche uno schermo sul dorso
della conchiglia richiudibile.
Senza lasciare per strada troppe indi-
screzioni su quello che stava per ac-
cadere, Motorola ha presentato il Razr
nella forma più vicina all’uso concreto
che si dovrebbe fare di uno schermo pie-
ghevole: il display di uno smartphone “tra-
dizionale” che si ripiega e occupa meno
spazio in tasca.Di fatto, il nuovo Razr è il
primo smartphone a conchiglia realizzato
con un display flessibile che si piega del
tutto grazie a una cerniera brevettata che
Motorola ha chiamato “zero-gap”. Entram-
bi i lati dello schermo pieghevole riman-
gono a filo quando il telefono è chiuso,
proteggendo così lo schermo da polvere
e impurità. Motorola dice che Razr è stato
costruito con l’uso di acciaio inossidabile
e che lo schermo è in 3D Gorilla Glass,
ma supponiamo si riferisca allo scher-
mo touch esterno da 2,7” gOLED (Glass
OLED, probabilmente di Samsung) con il
quale è possibile interagire anche a te-
lefono chiuso. Lo schermo pieghevole è
invece un Flex View pOLED (ovvero Pla-
stic OLED) da 6,2” HD (2142 x 876p) con
rapporto di 21:9, che mostrerà i contenuti
offerti da Android 9 Pie, che Motorola
definisce “puro”, quindi niente interfacce
fatte in casa. Il cervello è uno Snapdragon
710 che dispone di 6 GB di RAM e 128 GB
di archiviazione. La batteria è una magra
2510 mAh con ricarica TurboPower da 15
W. Una sola fotocamera posteriore da 16
MP f1,7 stabilizzata con AF Dual Pixel e la-
ser. La camera frontale è una 5 MP f2.0. Il
tutto è protetto dagli schizzi di acqua.
La vera sorpresa, almeno a leggere le
specifiche, è che Motorola prevede per
il Razr solo una eSIM.
Il prezzo infatti è di quelli importanti:
1.599 euro con disponibilità alla pre-
vendita già a partire dal 4 dicembre.
MOBILE Il RAZR rinnovato da Motorola si potrà comprare a 1.599 euro dal 4 dicembre
Il ritorno del Motorola RAZR: schermo pieghevole e chiusura a conchigliaSchermo pieghevole da 6,2” più schermo da 2,7” esterno, RAZR punta tutto sulla portabilità
Arrivano le eSIM Motorola RAZR sarà venduto in Italia senza un posto per la sim fisicaMotorola RAZR non avrà la SIM fisica e sarà venduto in Italia solo con eSIM. Motorola ci assicura che sarà compatibile con tutti gli operatori. Ed è una grande notizia
di Roberto PEZZALI
La eSIM arriva finalmente in Italia e dovrebbe avere il supporto dei maggiori operatori. Motorola con-ferma che il RAZR non avrà una SIM fisica, neppure la versione che verrà venduta in Italia: sarà solo eSIM, come scritto sul sito nella sezione della scheda tecnica. Ci troviamo davanti ad una “prima” assoluta: fino ad oggi l’eSIM era stata usata solo su alcuni dispo-sitivi indossabili, ed era vincolata ad alcuni operatori, vedi Vodafone per Appe Watch. Motorola ci ha spiegato che nel caso del Razr la eSIM sarà compatibile diversi ope-ratori e non solo con Vodafone, e che ci sarà una procedura per as-segnare il seriale della propria sim al singolo RAZR evitando così l’in-serimento della scheda fisica. Da quanto ne sappiamo, in Italia non tutti gli operatori sono attrezzati per la registrazione di un disposi-tivo dotato di embedded SIM sulla rete, ma secondo Motorola quan-do arriverà il prodotto non ci saran-no problemi. Le eSIM esistono da anni ma la loro diffusione è sempre stata frenata dagli stessi operatori che non vedono di buon occhio una funzione che permetterebbe agli utenti di cambiare gestore con un click su una pagina web. Che le cose stiano cambiando?
di Roberto PEZZALI
Chi lo compra la prima settimana
spenderà solo 199 euro, poi il prez-
zo sale a 229 euro. Redmi Note 8T
si affianca a Redmi Note 8 Pro e promette
battaglia in fascia medio bassa. Chi ha
speso qualcosa in più per il modello Pro
però non si deve arrabbiare più di tanto,
perché se è vero che c’è una fotocame-
ra in più è anche vero che la fotocame-
ra principale perde di risoluzione, “solo”
48 megapixel, e la batteria è meno ca-
piente, 4000 mAh. Il Redmi Note 8T è il
classico Xiaomi che offre tanto a poco.
Lo schermo è il classico LCD da 6.3” con
notch a goccia, e l’uso di un pannello LCD
preclude la presenza del sensore finger-
print sotto lo schermo, sul retro. Il design
MOBILE Xiaomi annuncia il successore del Redmi Note 7, il suo smartphone di maggior successo
Redmi Note 8T: 48 megapixel e Snapdragon a 229 €Redmi Note 8T si affianca a Redmi Note 8 Pro e promette battaglia nella fascia medio bassa
ricalca quello del modello
superiore, c’è il jack audio,
c’è NFC, ci sono 4 GB di
RAM e 64 GB di Storage
espandibili. Il processore
non è però il Mediatek
G90, ma si torna a Qual-
comm: nonostante sulla
carta lo Snapdragon 665
sia meno potente della
versione Mediatek, la presenza di un SoC
prodotto a San Diego dall’azienda ame-
ricana verrà sicuramente apprezzata per
la flessibilità. Passando alla parte foto, ci
troviamo davanti a due fotocamere, che
diventano quattro se consideriamo fo-
tocamere anche il sensore di profondità
da 2 MP e il macro, sempre da 2 MP. La
camera principale non è la 64 megapixel
usata dal Pro ma è la 48 MP del Redmi
Note 7, f/1.8 di apertura e 27 mm di focale.
La camera secondaria è il super wide da
8 megapixel, lo stesso usato anche sul
Redmi Note 8 Pro. Un prodotto onesto,
che viene venduto con un caricatore ra-
pido da 18 watt nella confezione e in tre
diverse colorazioni. Redmi Note 8 sarà
disponibile a partire dall’8 di novembre.
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di GIanfranco GIARDINA
F inalmente il 5G esce dalle presentazioni Powerpoint
delle telco e scende in pista. Nel vero senso della
parola, come è successo cui circuito ACI di Arese,
nei pressi di Milano, per mano di Vodafone, che ha di-
mostrato i suoi quattro progetti pilota in ambito “smart
mobility” basati sul 5G. Una vera e propria dimostrazio-
ne, con sistemi reali e funzionanti e non solo prototipi o
simulatori, che ha funzionato perfettamente malgrado il
meteo decisamente inclemente che poteva far pensare
a potenziali problemi di qualità del segnale radio.
Il 5G in auto: a cosa serve?Per fortuna sulla pista di Arese ci si è mossi lontani dai
luoghi comuni: niente 5G proposto per scaricare più
velocemente un film o per trasmettere contenuti 4K in
streaming. Vodafone ha parlato di mobilità più intelligen-
te, maggiore sicurezza e comfort di guida, consumi da
ridurre e scambio di informazioni tra veicoli.
La bassissima latenza del 5G, la sua maggiore affida-
bilità e, perché no, anche la larghezza di banda, sono
ingredienti ghiotti per cucinare una serie di servizi di
bordo fino a ieri solo ipotizzati. Infatti, con la latenza
che si attesta a 5-7 millisecondi, si lavora sotto la so-
glia dei 10 millisecondi, considerata la finestra entro la
quale il nostro sistema percettivo non rileva ritardi: ov-
verosia, con latenze di questo tipo, come accade nei
videogame online, un umano vive l’interazione come
pienamente in tempo reale. E il tempo reale è il fattore
necessario quando si chiede, per esempio, a un auto-
veicolo di correggere automaticamente i parametri di
guida (come frenare autonomamente) sulla base delle
informazioni che arrivano da altri veicoli e dalla strada.
Se poi, a questo “tempo reale”, volessimo aggiungere
anche la componente video, utilissima per aumentare
sensibilmente le informazioni e l’ausilio all’autista, ser-
ve anche banda a sufficienza e la capacità della rete
di reggere un grande traffico.
L’Edge Computing a bordo pistaPer i test che abbiamo potuto sperimentare, Vodafone
ha portato un nodo di edge computing direttamente
MOBILE Il 5G diventa realtà: sulla pista di Arese, Vodafone ha dimostrato dei prototipi funzionanti di auto connesse in 5G
Vodafone, auto e mobilità più intelligenti col 5G Ma ora serve un ecosistema unico e condivisoLe auto interagiscono tra loro, regolano il traffico e permettono di viaggiare più sicuri. Ma serve un ecosistema condiviso
segue a pagina 20
alla pista di Lainate, in modo tale che il potere com-
putazionale chiesto dagli algoritmi alla rete fosse certa-
mente più vicino, senza alcun rischio di ritardi: “ma se
avessimo usato il nostro MEC nella sede di Milano, in
realtà, non sarebbe cambiato nulla” ci ha confessato
un manager di Vodafone. Ma non c’è dubbio che la si-
curezza, doppia e tripla, è stata alla base delle demo
che Vodafone ha realizzato in pista con partner come
FCA e Pirelli. E non poteva essere altrimenti, visto che
le tante autorità presenti (tra gli altri, il rettore del Poli-
tecnico di Milano Ferruccio Resta, l’on. Alessandro Mo-
relli, presidente della Commissione trasporti e tlc, l’as-
sessore del Comune di Milano Granelli e quello della
regione Lombardia Sala) sono state lanciate su un’auto
verso un impatto
con un altro vei-
colo in un incro-
cio cieco. Il 5G
e i sistemi com-
putazionali così
connessi hanno
scatenato una
frenata automa-
tica che in tutti i
casi ha bloccato
il veicolo ed evi-
tato l’impatto.
L’incrocio cieco: la rete controlla il traffico, avvisa e, se serve, frena La prima demo, alla quale siamo sopravvissuti senza
problemi, si svolgeva proprio in questo modo: due vei-
coli connessi in 5G al nodo di edge computing, condi-
videndo posizione e velocità, sono state lanciate in un
incrocio cieco, ovviamente sincronizzandone (manual-
mente) l’arrivo e quindi il potenziale impatto.Il veicolo in
arrivo dalla destra è stato segnalato all’auto che avreb-
be dovuto dare la precedenza, prima solo sul display;
poi con un segnale acustico. Infine, in tempo utile per
una frenata sicura, il veicolo riceve l’ordine dalla rete di
fermarsi qualche metro prima di un altrimenti inevitabile
impatto.
Il sorpasso assistito, gli occhi oltre la codaIn un’altra esperienza, è stata dimostrata la possibilità di
utilizzare la camera montata su un veicolo che precede
per avere una completa visibilità sulla strada: noi era-
vamo su una macchina la cui visuale era parzialmente
ostruita da un furgone.
La rete intelligente ha quindi ridirezionato sul nostro di-
splay le immagini della camera montata sull’auto davanti
al furgone, permettendoci di capire che non c’erano vei-
Vodafone 5GIl video delle demo dalla pista di Arese
lab
video
torna al sommario 20
MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
MOBILE
Vodafone 5G applicazioni per la mobilità segue Da pagina 19
coli in arrivo nel senso opposto e consentendo quindi
un sorpasso sicuro.
Il “trenino” di auto è meglio della filaAltra dimostrazione interessante è stata quella, già im-
piegata per esempio dei convogli di molti TIR accodati,
di creare un vero e proprio “trenino” coordinato di auto
che, invece di fare la classica fila ad elastico (dovuta ai
diversi tempi di reazione e stili di guida), porta tutti i vei-
coli a procedere alla medesima velocità e con distanze
di sicurezza coordinate ad essa. In questo modo, come
è facilmente dimostrabile, aumenta di molto la capaci-
tà veicolare del tratto di strada, diminuiscono i tempi
di percorrenza e i consumi, e cresce la sicurezza. Un
coordinamento dinamico tra tanti mezzi richiede ovvia-
mente una latenza minima che il 5G può garantire.
Gli pneumatici connessi informano gli altri veicoli sullo stato della stradaVodafone ha poi dimostrato l’integrazione dei propri
pneumatici sensorizzati (per ora prototipi ma nel 2020
dovrebbero arriveranno su un’auto di produzione)
che, oltre a dare informazioni in tempo reale all’auti-
sta sul grip sul terreno, le condividono anche con la
rete e quindi gli altri veicoli connessi. In questo modo
chi percorre una strada può sapere con anticipo e con
precisione dove ci saranno potenziali problemi di te-
nuta di strada. L’esperienza fatta in pista ha riguardato
l’aquaplaning: non appena il veicolo test passava sul
tratto di pista inondato, gli altri veicoli sulla pista hanno
ricevuto una notifica.
Tutto bellissimo e funzionante. Ma ora si lavori all’ecosistemaVodafone ha fatto la sua parte, dimostrare che quanto
ipotizzato e ipotizzabile come ausilio del 5G alla mobi-
lità smart si può fare. E tanto c’è ancora da dimostrare
e di dimostrabile, se oltre all’interazione veichle-to-vei-
chle si introduce anche la comunicazione tra veicolo e
infrastruttura. Per esempio, un veicolo connesso può
riceve informazioni non solo dagli altri veicoli ma anche
dalla “città smart”, che coopera, in termini di sensori-
stica, videocamere, semafori intelligenti, illuminazione
pubblica, con il traffico veicolare. Anzi, la comunica-
zione tra veicolo e infrastruttura è anche più sempli-
ce. Ma sia l’una che l’altra richiedono innanzitutto uno
standard, piattaforme condivise ed ecosisitemi capaci
di interlavorare tra loro.
Se per esempio, un gruppo di produttori automobilistici
(il pensiero va spontaneamente ai tedeschi) dovessero
adottare uno standard di comunicazione non perfetta-
mente compatibile con quello di altri produttori, tutto
lo sforzo sarebbe vanificato. Allo stesso modo, se la
diffusione dei veicoli connessi e cooperativi fosse trop-
po lenta, si tarderebbero a vedere i risultati. Insomma,
ad Arese è iniziata una rivoluzione della mobilità che
non è destinata a realizzarsi in maniera compiuta se
non tra almeno un decennio. O forse, se la politica sarà
sorda, anche mai. E la presenza di alcuni politici in pista
a sperimentare le novità fa sperare che qualcosa possa
muoversi nella giusta direzione.
di Roberto PEZZALI
L ’assenza del 4K a 60 fps sui Google
Pixel ha fatto discutere, e Google si è
giustificata dicendo che quel formato
viene poco usato, oltre a consumare mol-
to spazio. Ora si scopre che la motivazio-
ne può anche essere questa, ma che c’è
anche un limite tecnico che impedisce al
Pixel di registrare a 4K@60: il processore
non riesce a farlo se si vogliono mantene-
re alcuni benefici. Lo hanno notato alcuni
sviluppatori che, dopo aver effettuato il
root del dispositivo, hanno provato ad
aggiungere il 4K a 60 fps all’interno del-
la GCam. Si può, l’opzione compare ma
le registrazioni non arrivano a 60 fps,
si fermano prima, circa a 38 fps. Co-
m’è possibile questo? Abbiamo cercato
di capirlo. Google ha dovuto fare una
scelta: fornire il 4K a 60 fps con la sola
fotocamera principale oppure fare agli
utenti uno zoom fluido da 1x a 5x anche
quando si registra un video. Ed effettiva-
mente, quando si prova a registrare un
video con il Pixel, lo zoom si può usare
senza interruzioni passando da una ca-
mera all’altra. Per fare questo i due mo-
duli fotocamera devono essere collega-
ti contemporaneamente, e il processore
Spectra 380 dello Snapdragon 855 non
può gestire più di 22 megapixel in mo-
dalità dual camera a 30 fps.
Google deve usare due camere in con-
temporanea, cosa necessaria per po-
ter fornire uno zoom seamless senza
staccare i due flussi, quindi deve usare
la modalità Dual Camera dello Spectra
380 e non può passare un limite pre-
fissato. Per capirlo bastano un paio di
semplici calcoli. Partiamo dalla banda
necessaria per registrare in 4K@60 fps
con entrambe le camere connesse: se
moltiplichiamo 3840 x 2160, che è la
risoluzione, per i 60 frame al secondo
escono 497.664.000, questi sono i mi-
lioni di pixel che arrivano da una singola
camera. Due fotocamere a 4K@60 con-
nesse insieme inviano allo allo Spectra
380 quasi un miliardo di pixel al secon-
do, 995.328.000 per la precisione. E
non riesce a gestirli, perché può sup-
portare al massimo 22 megapixel a 30
fps, e il calcolo (22.000.000 x 30) resti-
tuisce 660.000.000. Il numero massimo
di fotogrammi al secondo che si pos-
sono gestire è circa 38: 3840 x 2160 x
38, moltiplicato per le due fotocamere,
come risultato restituisce 630.374.400,
siamo al limite della capacità di banda
dell’Image Processor dello Snapdra-
gon. Google poteva offrire la registrazio-
ne 4K@60 fps solo disabilitando lo zoom
senza interruzioni da una camera all’altra,
MOBILE Il consumo di spazio sembra essere la giustificazione commerciale alla mancanza del 4K a 60 fps sul Pixel 4
Pixel 4: l’assenza del 4K a 60 fps? È anche un limite tecnico Un limite tecnico impedisce al Pixel di registrare a 4K@60: il processore non riesce se si vogliono mantenere alcuni benefici
e ha scelto di non farlo. Apple lo ha fatto
invece: l’iPhone 11 Pro ha lo zoom “se-
amless”, quindi senza interruzioni, solo
quando si registra a 4K@30 o a risolu-
zioni inferiori. Se si usa il 4K a 60 fps non
si può sfruttare la funzionalità, i moduli
fotografici vengono gestiti singolarmente
e un modulo viene spento in prossimità
del cambio di zoom per attivare il modulo
successivo. In molti casi ci sono motiva-
zioni tecniche dietro alcune scelte. Si po-
teva fare, ma si perdeva una funzione che
forse ad alcuni interessava di più.
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
Snapdragon 865, il nuovo processore top di gamma con il modem 5G integratoUna serie di indiscrezioni online consentono di tracciare l’identikit dello Snapdragon 865, nuovo processore top di gamma di Qualcomm. Sarà più potente e per la prima volta integrerà il modem 5G di Pasquale AGIZZA
Più velocità, oltre il 20% di potenza grafica in più e, per la prima volta, il modem 5G integrato. Sono queste, secondo le ultime indiscrezioni ap-parse in rete, le caratteristiche sa-lienti di Snapdragon 865, il nuovo processore top di gamma di Qual-comm che potrebbe vedere la luce nelle prossime settimane.Dal punto di vista tecnico, il nuovo processore dovrebbe essere com-posto da un core Cortex-A77 con frequenza di clock di 2,84 GHz, tre core Cortex-A77 a 2,42 GHz e quattro core ad altissima efficienza Cortex-A55 con frequenza di clock di 1,8 GHz. Nuova anche la scheda grafica dell’865, che prenderà il nome di Adreno 650. Rispetto alla 640 in uso negli attuali processori top di gamma, promette più veloci-tà di clock e miglioramenti nell’ordi-ne del 20%. Il nuovo chip Snapdra-gon potrebbe essere il primo SoC della casa americana a integrare il modem 5G. Le indiscrezioni, però, parlano di un doppio modello di Snapdragon 865, con e senza l’in-tegrazione del modem 5G.La presentazione ufficiale dovreb-be avvenire il 3 dicembre, Qual-comm, però, non ha rilasciato nes-suna dichiarazione ufficiale.
di Massimilano DI MARCO
L a MIUI 11 basata su Android 10 è
arrivata anche su Xiaomi Mi 9T Pro.
C’è voluto un po’ più di tempo ri-
spetto al Mi 9T, il cui aggiornamento alla
nuova versione dell’interfaccia di Xiaomi
(basato però su Android 9 Pie) ha appena
debuttato. Ora è in distribuzione l’aggior-
namento sui Mi 9T Pro italiani.
La novità principale è sicuramente la ver-
sione più recente del sistema operativo
di Google, ma sono incluse anche varie
novità software specifiche della MIUI 11.
Segnaliamo, a titolo di esempio, un nuovo
design “ottimizzato per dispositivo con di-
splay a schermo intero”, il miglioramento
dei controlli touch e più opzioni di perso-
nalizzazione e di modifica per le scherma-
te catturate. Ulteriori novità dell’aggior-
namento alla MIUI 11 per gli smartphone
Xiaomi riguardano la modalità “turbo” per
i videogiochi, le risposte rapide per i mes-
saggi da “qualsiasi app”, nuove suonerie
per la sveglia e l’introduzione della “mo-
dalità tasca” della schermata di blocco
per prevenire tocchi involontari quando
il dispositivo non è in uso. L’applicazione
Note, inoltre, include anche una sezione
dedicata alle attività (le classiche liste “to-
do”) e viene introdotto il monitoraggio del
ciclo mestruale. Insieme con l’aggiorna-
mento alla MIUI 11 e ad Android 10, Xiaomi
Mi 9T Pro ha ricevuto anche la patch di
sicurezza di ottobre.
La MIUI 11 è promossa: piccole novità, ma necessarie Mi 9T Pro è anche più veloceL’aggiornamento alla MIUI 11 (che su
smartphone come Xiaomi Mi 9T Pro è
accompagnato da Android 10) è un buon
passo in avanti per l’ecosistema Xiaomi:
non innova niente e tante novità passe-
ranno sotto traccia, ma il miglioramento
è generalizzato a tanti aspetti dell’espe-
rienza mobile. Abbiamo testato la MIUI 11
su Mi 9T Pro per circa una settimana. La
verità sta nel mezzo: tante nuove funzio-
ni saranno presto dimenticate, ma le mi-
gliorie erano necessarie. Soprattutto su
applicazioni di sistema come Note, ora
molto più complete. Per prima cosa, la
MIUI 11 ha dato un’accelerata alle presta-
zioni del Mi 9T Pro. Naturalmente, non
possiamo esprimerci sugli altri dispositivi
MOBILE Nuove funzioni, tra cui Note rinnovata e icone ridisegnate e la patch di sicurezza di ottobre
Android 10 e MIUI 11 disponibili per Xiaomi Mi 9T Pro. Le novità dell’aggiornamentoGrandi passi avanti per l’applicazione Note, ma a Xiaomi manca un “asso” software da calare
che hanno ricevuto e che riceveranno
l’aggiornamento, ma sul Mi 9T Pro l’in-
cremento della fluidità dell’esperienza
è stato immediatamente tangibile dopo
aver installato l’ultima versione (la 11.03,
per l’esattezza). Laddove prima si pote-
va avvertire una minima pesantezza nel
passaggio da un’app all’altra oppure na-
vigando tra le impostazioni dello smar-
tphone, con la MIUI 11 si percepisce una
scorrevolezza molto piacevole.
Molte novità saranno dimenticate. Il “kit base” della MIUI è miglioratoTante delle novità introdotte dalla MIUI
11 - lo abbiamo anticipato - passeranno in
sordina e sono servite soprattutto a fare
numero: i suoni naturali per la sveglia,
seppur piacevoli, non danno un partico-
lare valore aggiunto e lo stesso discorso
può essere applicato ai temi dinamici
per l’always-on display. Sono comunque
introduzioni che, nell’ottica di un sistema
esteso, fanno bene. Molto più importante
è l’integrazione del monitoraggio del ci-
clo mestruale (per ora non è disponibile
in Italia) e dell’introduzione delle attività
nell’app Note. Quest’ultima è una di quel-
le che ha ricevuto più miglioramenti: ora
si possono anche inserire note vocali e, in
generale, l’interfaccia è più pulita. Inoltre,
con uno swype laterale si può richiamare
da qualsiasi app (anche dalla Home) la
schermata delle attività per creare rapi-
damente una nota vocale oppure un ap-
punto testuale. Brevi appunti e attività da
programmare (le classiche liste “to-do”)
sono una funzione base. Non tutti hanno
bisogno di applicazioni come OneNote;
serviva una rinfrescata. Lo stesso può es-
sere detto per la calcolatrice preinstallata
che, con la MIUI 11, ha molte più opzioni
(c’è persino un’apposita sezione intitolata
“Mutuo”) e può essere ridotta a finestra
mentre è in esecuzione un’altra appli-
cazione. In più, premendo il tasto Power
cinque volte si attiva un messaggio di te-
sto con la propria posizione ai contatti di
emergenza: anche questa è una funzione
(opzionale) che, seppur apparentemente
piccola, era necessaria.
Manca l’app “killer” e rappresentativa della MIUIQuesta lista di novità ci è servita per far
capire una cosa: Xiaomi sta lavorando
(secondo noi bene) per fare in modo
che il “kit di base” della MIUI 11 offra
un’esperienza di qualità e che, quindi, gli
utenti sentano il minor bisogno possibili
di applicazioni di terze parti. Una valida
applicazione per le annotazioni; un siste-
ma efficiente; nuove opzioni per il moni-
toraggio attivo della salute.
Eppure, a oggi nel pacchetto iniziale
della MIUI 11 manca ancora un software
rappresentativo; un’applicazione che,
in soldoni, trasmetta concretamente
l’investimento nello sviluppo dell’inter-
faccia di Xiaomi. Su altri fronti (prezzo e
fotocamera, per esempio), Xiaomi è tra
i produttori che è migliorata di più da
anni a questa parte. Il software resta il
punto più delicato dell’esperienza d’uso:
l’hardware migliore del mondo sbatte
contro il muro di un cattivo software. In
questo contesto, la MIUI 11, però, era
un passaggio obbligato: migliorare le
basi per poter, poi, costruire qualcosa di
nuovo.L’aggiornamento è quindi convin-
cente. Non introduce novità significative,
ma rappresenta una buona evoluzione
dell’esperienza Xiaomi su Android.
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Franco AQUINI
U n uomo con un carico sulle spalle, un neonato in
una specie di ampolla, città da connettere e si-
nistre figure spettrali. Erano troppi gli elementi di
Death Stranding che non tornavano prima dell’uscita del
primo trailer ufficiale, per questo la domanda più impor-
tante che ci si faceva, mentre l’attesa del nuovo titolo di
Hideo Kojima (storico produttore dietro la saga di Metal
Gear Solid) saliva alle stelle, era una soltanto: che razza
di gioco sarà? Poi l’attesa è finita e sono cominciate a
spuntare le recensioni e le prove. Alcune lo hanno loda-
to, moltissime in Europa; altre invece lo hanno definito
come appena discreto. La verità, come sempre, sta nel
mezzo, ma di certo Death Stranding non è nemmeno
lontanamente quello che in molti hanno scherzosamen-
te definito come “simulatore di corrieri”. In Death Stran-
ding si fanno molte cose e il trasporto di oggetti è una
soltanto di queste. Il tutto però, prima di addentrarci nel
gameplay vero e proprio, poggia su una base non facilis-
sima da trovare: la trama e l’ambientazione sono davve-
ro fuori dal comune. Che sia merito di Kojima o del team
che sta dietro questo gioco, e si fa fatica a etichettarlo
così, Death Stranding è un’esperienza. La definiamo
così perché non si può nemmeno accostarlo a un film
interattivo come potrebbe esserlo stato Heavy Rain o il
più recente Detroit: Become Human. È qualcosa di più,
che miscela sapientemente intermezzi cinematografici,
una trama che viene svelata poco alla volta con l’uso di
tutti gli strumenti narrativi possibili, musiche ispiratissime
e azzeccate, scenografia e fotografia di altissimo livello.
Il tutto mixato in modo da renderla un’esperienza dal
gameplay molto ricca, condita con momenti di altissima
tensione e drammaticità.
Consegnare pacchi non è mai stato così belloParlare di Death Stranding come di un simulatore di cor-
rieri sarebbe come dire che in Grand Theft Auto si gui-
dano soltanto le auto oppure che Read Dead Redemp-
tion 2 (vedremo poi perché il paragone con questo titolo
è molto calzante) è un simulatore di viaggi a cavallo. È
evidente che il vagabondare per la mappa di gioco con
dei pacchi da recapitare fa il grosso dell’esperienza di
gioco di Death Stranding. Ma non c’è solo questo, tut-
t’altro. Al netto delle tante sequenze cinematografiche
che svolgono via via una trama davvero ricca e affasci-
nante, rimane un gioco diviso in capitoli che vede un
GAMING Cos’è Death Stranding? Un simulatore di corriere? Uno stravagante gioco di costruzioni? Niente di tutto ciò: ecco la prova
Death Stranding: cos’è davvero il gioco più atteso dell’annoAbbiamo tentato di rispondere all’unica domanda che si sono posti in tanti guardando i trailer del nuovo gioco di Hideo Kojim
fine ultimo ben preciso: riconnettere le città degli Stati
Uniti da una costa all’altra. Il paese infatti è stato com-
pletamente distrutto e l’umanità vive nascosta (e divisa)
in piccoli agglomerati urbani, in parte distrutti anch’essi,
totalmente isolati gli uni dagli altri.
Questa devastazione è la conseguenza del Death
Stranding, evento catastrofico in cui l’aldilà è entrato
in contatto col mondo dei vivi. I due mondi sono ora
in comunicazione e per raggiungere l’aldilà, simile per
certi versi al “sottosopra” di Stranger Things, bisogna
farsi catturare dalle CA, creature spettrali in cui è pos-
sibile imbattersi di tanto in tanto mentre si viaggia. La
comparsa delle CA rappresenta uno dei momenti più
drammatici e pieni di tensione dell’intero gioco. Prima
inizierà a piovere, poi verremo avvisati della presenza
delle creature oscure dal bebè che portiamo sul torace.
Con una serie di espedienti drammatici (effetti sonori,
zoom improvvisi della telecamera e cambi repentini di
palette di colori) si verrà proiettati nella versione oscura
del mondo di gioco. Cominceranno ad apparire, sospe-
si nell’aria, agglomerati di corpuscoli dalle sembianze
umane che tenteranno di individuarci e che, se non ci
muoveremo cautamente trattenendo il respiro, ci colpi-
ranno facendoci piombare in una pozza di liquame nero
dal quale usciranno corpi infernali che cercheranno con
tutte le forze di trascinarci verso il basso. Sfuggirgli non
sarà difficile, ma se riusciranno a farci perdere l’equili-
brio e a trascinarci con loro, ci ritroveremo in un mondo
parallelo dove dovremo affrontare un mostro dalle sem-
bianze di cetaceo che tenterà di annientarci.
Questa la sfida più importante di Death Stranding, fon-
damentalmente una gara di sopravvivenza dell’umanità
contro il mondo dell’oscurità. Ma le CA non saranno gli
unici nemici. A rendere più complicati i nostri viaggi ci
saranno anche i Muli, predoni accampati nelle zone di-
sabitate, pronti a derubarci di qualsiasi cosa non appena
riusciranno ad individuarci sul loro territorio.
Death Stranding ha quindi un gameplay davvero ricco.
Innanzitutto si viaggerà, con tutte le difficoltà che questo
comporta. Il territorio da esplorare sarà pieno di insidie
e il lavoro certosino degli sviluppatori ha fatto si che ci
sembrerà di sentire, sotto la pianta dei piedi, ogni aspe-
rità del terreno. Camminare su un fondo irregolare, sci-
volare su una zona scoscesa, arrampicarsi su una roccia.
Tutto è ricostruito con una cura maniacale del dettaglio
e riprodotto con un comportamento del personaggio
davvero realistico. Lo stesso, purtroppo, non si può dire
del modello di guida dei diversi veicoli che useremo nel
corso del gioco. Le moto, ad esempio, si impuntano in
maniera irrealistica quando ci si scontra con una roccia,
bloccandosi all’istante anche nel mezzo di una corsa a
tutta velocità. Poco male, il grosso del tempo lo si pas-
serà camminando, e da questo punto di vista Death
Stranding è davvero curato. Le scarpe si consumeranno
e all’occasione potremo fabbricare dei calzari di fortuna
grazie alle foglie di sandalo. Faticando consumeremo vi-
gore, che potremo ripristinare mangiando o bevendo. Lo
stesso dicasi per l’energia generale, ma la barra ematica
e quella del vigore non saranno gli unici indicatori a cui
badare, perché ci sarà da stare attenti anche al livello di
stress del BB, ovvero del Baby Bridge, il neonato (o per
meglio dire il feto) che ci farà compagnia nei nostri viag-
gi. Il BB, vero elemento straniante dei trailer pre-lancio,
è un bimbo non ancora nato, che è stato estratto da una
donna in bilico tra la vita e la morte e pertanto capace di
stabilire una connessione con l’aldilà. Ecco perché, non
appena avvertirà la presenza di CA nei dintorni, sarà in
grado di avvisarci e indicarci la direzione in cui compa-
riranno gli spettri.
Un territorio desolato e affollato allo stesso tempoCosparse per il territorio ci saranno strutture, anch’esse
da connettere alla rete chirale, in cui potremo immagaz-
segue a pagina 23
torna al sommario 23
MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
zinare materiale, consegnarlo nel caso in cui lo preveda
la missione, oppure riposarci nella stanza privata. Que-
st’ultimo è luogo dover dormire, ripristinare la salute
del piccolo BB, farci una doccia o bere una bevanda
energetica che ripristinerà il vigore. Sparsi per la map-
pa ci saranno invece una gran quantità di elementi che
aiuteranno il giocatore. O meglio, i giocatori. In Death
Stranding infatti è stato implementato il cosiddetto
multiplayer asincrono. Non vedremo gli altri giocatori,
ma potremo interagire con quello che lasceranno sul
territorio. Se un utente costruirà un ponte o un piccolo
deposito, saremo in grado di utilizzarlo e di mostrare il
nostro apprezzamento lasciando un “mi piace”. Oppure
potremo decidere di recuperare un carico perso da altri
giocatori e portarlo a destinazione, guadagnando a no-
stra volta “mi piace”. O ancora potremo recuperare ca-
richi smarriti per poi depositarli nei piccoli armadi sparsi
per la mappa e affidarli di conseguenza ad altri gioca-
tori, guadagnando ancora una volta, ma in quantità mi-
nore, l’apprezzamento sociale. Questi like serviranno a
migliorare il nostro punteggio e a far crescere il livello
del nostro personaggio. Insomma, in Death Stranding
c’è decisamente tanto da fare, ecco perché la definizio-
ne di “simulatore di corriere” gli sta davvero stretta. E
se tutte le meccaniche di gioco che Kojima ha pensato
- viaggiare da un posto all’altro, affrontare le difficoltà
ambientali, i nemici, costruire oggetti e strutture, portare
a termine la missione principale da una costa all’altra
- non dovessero bastare, rimane comunque un gioco
pieno di pathos e di drammaticità, degno delle miglio-
ri produzioni cinematografiche. Lo si capisce fin dalla
sigla iniziale, quando la telecamera segue dall’alto la
moto di Sam Porter Bridges sulle note della meraviglio-
sa “Don’t be so seriuos” dei Low Roar, che faranno da
colonna sonora in tutti i momenti importanti del gioco.
Fino ad arrivare a situazioni epiche architettate ad arte
dalla regia sapiente di Kojima, che appaiono al gioca-
tore del tutto naturali e casuali finché non ci si toglie lo
sfizio di caricare un precedente salvataggio per provare
ad affrontare la situazione in modo diverso. Un esempio
perfetto lo si trova poco prima del terzo capitolo, quan-
do ci si mette in viaggio per ricollegare Port Knot City.
La strada, impervia e tutta in salita, costringe a passare
su un crinale della montagna che si restringe sempre
di più. La pioggia incessante diventa sempre più fitta
finché, persi in mezzo alle rocce, le
urla disumane delle CA squarciano
il silenzio e si viene proiettati nel-
l’oscurità. Si fa fatica a procedere
lungo i sentieri stretti, trattenendo il
respiro per nascondersi agli spettri
dalle sembianze umane. Poi, d’un
tratto, si riesce a scollinare, il cielo
si apre, l’orizzonte si schiude sulla
vallata e sul lago sottostante dove
appare, quasi fosse un miraggio, la
città dove eravamo diretti. Sam pro-
cede spedito, naturalmente corren-
do (e occasionalmente scivolando) lungo i pendii, an-
dando incontro alla salvezza mentre sullo sfondo parte
un altro brano musicale intenso e ispiratissimo. Ecco,
sono questi i momenti per cui Death Stranding traccia
un segno profondo nelle emozioni del giocatore, per-
mettendogli di passare, senza troppa fatica, su alcuni
difetti da cui il gioco non è esente.
Alcune ripetizioni si potevano facilmente evitareDi difetti Death Stranding, ovviamente, ne ha. Come
detto, le meccaniche di gioco sono complesse, ma il
gameplay si avvicina troppo spesso a quella sottile li-
nea che divide il gioco longevo, con un mondo vasto da
esplorare, dalla noia derivante dall’essere costretti a fare
più volte la stessa cosa. Ben inteso: si può tirare dritto
seguendo la missione principale senza troppi indugi, ma
a voler concedersi qualche missione secondaria, se così
la vogliamo chiamare, si tratterà sempre di viaggiare
per consegnare pacchi. Un po’ più di varietà su questo
fronte avrebbe aiutato. Così come avrebbe aiutato un
po’ più di varietà nelle strutture che raggiungeremo. La
stanza privata sarà praticamente sempre la stessa e ci
costringerà, ogni qual volta vorremo fare la doccia o usa-
re il WC (il che non è un vezzo, ma ha uno scopo pratico
nel gioco) a guardare sempre lo stesso filmato di Sam
che si massaggia o che si siede sul gabinetto.
I dettagli che ne fanno un titolo fuori dal comuneQuello che invece lascia davvero sbalorditi, oltre all’uso
magistrale di tutte le componenti di gioco per costruire
un’esperienza maestosa, è la cura del dettaglio. I pae-
saggi sono incantevoli e incredibilmente realistici. Così
come le reazioni del personaggio nell’affrontare terreni
più o meno scoscesi. Fondi scivolosi, rocce, corsi d’ac-
qua. Il tutto tenendo conto del peso portato sulle spalle
e del conseguente equilibrio, spesso
precario. In più, dobbiamo dirlo, il gio-
co è praticamente esente da sbavatu-
re tecniche. Prova ne è il fatto che non
è stata scaricata nemmeno una patch
di aggiornamento, se non la 1.03 qual-
che giorno prima del lancio. Il che, su
una produzione così importante, non è
così frequente. Merito della qualità del
progetto o di Sony che ha concesso il
tempo necessario agli sviluppatori per
pubblicare il gioco completo al 100%?
Non possiamo saperlo, ma il risultato,
sotto il profilo della qualità, è assoluta-
mente da elogiare.
L’impatto grafico è sbalorditivo, ma c’è più arte che tecnicaAnche sul fronte tecnico i pareri si sono spaccati a metà.
C’è chi parla del migliore aspetto grafico mai visto su
console e chi lo definisce semplicemente buono. Proba-
bilmente la verità, anche in questo caso, sta nel mezzo.
Death Stranding ha un impatto visivo assolutamente
sbalorditivo. Gli scenari sono incredibilmente dettaglia-
ti e realistici. Così come i volti e le espressioni facciali.
Forse, da quest’ultimo punto di vista, rappresenta dav-
vero la punta più alta mai raggiunta prima. Per quanto
riguarda il resto, a un occhio più attento non sfuggirà il
sapiente uso di espedienti artistici per rendere il colpo
d’occhio più impattante di quanto non lo sia tecnicamen-
te. Non è un caso che il gioco giri perfettamente, senza
mai un’esitazione seppure a 30 fps, anche su PS4 slim.
Difficile dire se sia il gioco tecnicamente più complesso
mai realizzato su PS4. Certamente è uno di quelli che
lascia a bocca aperta e la bontà del motore grafico; il
Decima Engine, già visto in Horizon Zero Dawn, è indi-
scutibile.
Il verdetto (scontato): per molti ma non per tuttiEsprimere un voto finale su Death Stranding, nonostan-
te la stampa mondiale si sia spaccata tra sufficienze
risicate e lodi sperticate, è estremamente semplice. Se
siete tra quei giocatori che amano leggere tutti i dialo-
ghi, affrontare tutte le missioni secondarie e leggere i
documenti sparsi in giro per il mondo di gioco allo sco-
po di lasciarvi catturare completamente dall’ambiente di
gioco e dalla trama, Death Stranding è un’esperienza da
non lasciarsi sfuggire per nessun motivo. Se, al contra-
rio, siete tra quelli che mandano avanti velocemente i
dialoghi per lanciarvi sull’azione, allora fareste meglio a
lasciar stare, o quantomeno a provare qualche missione
prima di considerare l’acquisto. Il nocciolo sta tutto qui,
non è un gioco che si lascia giocare per una partita e via.
Così come non lo è stato Red Dead Redemption 2. In
Death Stranding ci si appassionerà ai personaggi fino a
sentirne la mancanza quando ci si staccherà dal gioco,
proprio come quando si termina una serie televisiva par-
ticolarmente amata. Ci si emozionerà, si proverà disagio
e tensione nell’affrontare l’aldilà, fino a dover affrontare
scelte morali molto dure e faticose persino per un adul-
to. Di certo però, anche se alcune sezioni diventeranno
alla lunga un po’ ripetitive, non ci si troverà mai senza
sapere cosa fare. Death Stranding non è mai banale ed
è più che probabile che Kojima sia riuscito nel suo scopo
ultimo: quello di creare un prima e un dopo Death Stran-
ding. L’esperimento, qualsiasi sia il vostro giudizione, è
stato comunque un successo.
GAMING
La prova di Death Strandingsegue Da pagina 22
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Sergio DONATO
L a miniaturizzazione nell’elettronica
si avvicina sempre più al limite del-
la gestione del calore generato da
essa. La soluzione potrebbe arrivare
da una ricerca tecnologica finanziata
dall’Europa, che sfrutta i nanomate-
riali per consegnare ai dispositivi una
nuova efficienza energetica. Tradotto:
invece di creare batterie più potenti
e capienti, si produrranno dispositivi
meno energivori.
“I modi standard per superare la situa-
zione di stallo tra prestazioni e calore
generato, ovvero come generare meno
calore o rimuoverlo in modo più effi-
cace, non riescono a tenere il passo”,
afferma Mimoun El Marssi dell’Univer-
sité de Picardie Jules Verne in Francia,
il coordinatore del progetto ENGIMA
finanziato dall’UE. ENGIMA si è dato il
compito di ridistribuire in modo efficien-
te l’elettricità su scala ridotta, sfruttando
le scoperte della nanotecnologia che
fino a qualche anno fa erano ben lonta-
ne dall’essere una realtà.
La tirannia dell’elettricitàUna delle principali sfide affrontate dai
ricercatori di ENGIMA è il cosiddetto
problema della “tirannia di Boltzmann
nella nanoelettronica”. Boltzmann, au-
striaco nato a metà dell’800, fu uno dei
più grandi fisici teorici a cui si deve, tra
le altre conquiste intellettuali, il secondo
principio della termodinamica.
Nel caso della nanoe-
lettronica, la “tirannia di
Boltzmann” si riferisce
a un concetto basilare
dell’elettricità: la capa-
cità, una quantità che
mostra quanta carica
deve essere posta su un
conduttore per garanti-
re una data tensione. La
definizione standard che
la capacità è sempre po-
sitiva. Pertanto, maggiore
è la tensione, maggiore è la carica im-
magazzinata e, a sua volta, maggiore è
il calore generato da un dispositivo.
E qui arriva la ricerca di ENGIMA, at-
traverso la quale, i ricercatori francesi
e russi che lavorano in collaborazio-
ne con Valerii Vinokur del Laboratorio
Nazionale Argonne del Dipartimento
dell’Energia degli Stati Uniti, hanno
sviluppato un “condensatore negativo”
statico permanente, un dispositivo che
fino a circa un decennio fa si pensava
fosse impossibile.
L’approccio proposto sfrutta le proprie-
tà dei materiali ferroelettrici, che pos-
siedono una polarizzazione spontanea
che può essere invertita da un campo
elettrico esterno. Aumentando la cari-
ca sul condensatore positivo aumenta
la tensione. L’inverso si verifica con il
condensatore negativo: la sua tensione
diminuisce all’aumentare della carica.
Accoppiando i due condensatori, la
tensione del condensatore positivo può
essere aumentata localmente fino a
un punto superiore alla tensione totale
del sistema. Ciò consente di distribuire
l’elettricità alle regioni del circuito che
richiedono una tensione più elevata,
mentre l’intero circuito funziona a una
tensione inferiore.
I progetti precedentemente proposti
per condensatori negativi hanno funzio-
nato su base temporanea e transitoria,
ma il condensatore negativo sviluppa-
to da ENGIMA è il primo a funzionare
come dispositivo reversibile a stato
stazionario.
Creare dispositivi a bassissimo consumo energeticoQuesta svolta contribuirà a ridurre
l’energia di commutazione e la tensione
di funzionamento dei dispositivi elettro-
nici, riducendo così le perdite di calore.
“Sulla base di questa ricerca, stiamo
sviluppando una piattaforma pratica
per l’implementazione di dispositivi a
bassissimo consumo energetico per
l’elaborazione delle informazioni” ha
detto Igor Lukyanchuk, ricercatore capo
di ENGIMA.
Ciò significa avere la possibilità di crea-
re elettroniche più efficienti dal punto
di vista energetico, che potrebbero tra-
sformare la nostra espe-
rienza di sfruttamento,
consumo e immagazzi-
namento dell’energia.
Non vuole soltanto dire
che gli smartphone e
tutti i dispositivi elettrici
che hanno bisogno di
energia elettrica imma-
gazzinata per funziona-
re saranno più parsimo-
niosi con l’energia a loro
disposizione: la ricerca
promette anche un modo più efficiente
per progettare nuove nanostrutture per
i futuri materiali come quelli fotovoltai-
ci, e affrontare tutti gli attuali problemi
di consumo energetico e di raccolta.
Una vera rivoluzione energetica.
SCIENZA E FUTURO La ricerca è una rivoluzione che ribalta il concetto di capacità elettrica
Consumi ridotti grazie alla nanotecnologia L’obiettivo della ricerca finanziata dall’UELa ricerca sfrutta i nanomateriali per consegnare ai dispositivi una nuova efficienza energetica
Il Fatebenefratelli di Roma sceglie l’Apple Watch: è preciso e veloceMigliaia di ECG sono stati eseguiti utilizzando lo smartwatch di Apple all’Ospedale Fatebenefratelli di Roma in collaborazione con Magnetic Media Network di Pasquale AGIZZASono stati oltre 4.300 gli elettro-cardiogrammi eseguiti tramite Apple Watch nell’ambito dell’ini-ziativa “Isola del Cuore” per la prevenzione della fibrillazione atriale, promossa dall’Ospedale Fatebenefratelli - Isola Tiberina di Roma in collaborazione con la società informatica italiana MMN, Magnetic Media Network, l’unica realtà in Italia ad aver ottenuto il riconoscimento Apple Authorised Enterprise Reseller e qualificata per lo sviluppo di progetti in am-bito ResearchKit e HealthKit. Si tratta di un progetto unico a livello mondiale per il settore Healthcare. Grazie all’ausilio di Apple Watch e all’ambiente applicativo sviluppato ad hoc per questa iniziativa, il 12 e 13 ottobre scorsi sono state effet-tuate migliaia di misurazioni sui cit-tadini che hanno aderito alla cam-pagna di prevenzione. I pazienti hanno dovuto solo mostrare il QR Code identificativo, generato in fase di iscrizione, indossando poi gli Apple Watch per la generazio-ne dell’ECG. Per salvaguardare la privacy, i tracciati sono stati salvati in modalità pseudo anonimizzata, e inviati a server protetti i cui dati sono stati resi accessibili esclusiva-mente al personale medico.Damiano Airoldi, Fondatore e CEO di Magnetic Media Network, dichiara: “La tecnologia sta trasfor-mando il modo di fare prevenzio-ne, ricerca e cura nell’Healthcare. Dispositivi e applicazioni innova-tive permettono agli ospedali e ai centri di ricerca di essere più effi-cienti. Il nostro obiettivo è quello di far conoscere i progressi e le potenzialità di queste tecnologie a ospedali e aziende”.
torna al sommario 25
MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Sergio DONATO
Oppo si ripete a strettissimo giro di posta, e dopo
il Reno presentato in primavera ha pensato che
una stagione di pausa fosse sufficiente per lan-
ciare il Reno 2 in autunno. Cerchiamo di capire se la
scelta abbia un senso, a cominciare dalla differenza più
importante tra le due versioni, quelle quattro fotocame-
re posteriori che vogliono stupire con il loro numero.
Perché alla fine, la differenza, è quasi esclusivamente
questa, e in ottica di acquisto è importante compren-
dere se servano davvero. Un po’ più lungo, un po’ più
spesso, un po’ più pesante. Questi sono i primi dati della
carta d’identità del Reno 2 rispetto al suo predecessore:
160 mm x 74,3 mm x 9,5 mm x 189 grammi. Come il suo
predecessore, è uno smartphone che si “sente”. Occu-
pa un volume e un peso che non passano inosservati.
I due Reno offrono un’esperienza simileLo schermo AMOLED cresce di pochissimo, arrivando
a 6,5” con risoluzione di 2400 x 1080 pixel e 401 ppi. Il
rapporto tra corpo e display è rimasto del 93,1%, quindi,
come da tradizione Reno, niente notch e niente menti.
Lo schermo è l’unico protagonista della parte frontale
dello smartphone, a eccezione della camera anteriore
da 16 MP a 5 elementi che resta ancorata alla ormai
classica “pinna di squalo” a scomparsa.
All’interno del Reno 2 troviamo ben 8 GB di RAM, 256
GB di archiviazione, una batteria da 4.000 mAh e uno
Snapdragon 730G. Il primo Oppo Reno aveva “solo” 6
GB e uno Snapdragon 710. La differenza tra i due pro-
cessori Qualcomm è da cercare soprattutto nel proces-
so costruttivo: 10 nm per il 710, 8 nm per il 730G; e per
la larghezza di banda della memoria; 14,9 GB/s contro
i circa 30 GB/s del 730G. A conti fatti, nell’utilizzo quo-
tidiano, l’utente non avverte alcuna differenza tra i due
Snapdragon. A supervisionare il tutto c’è Color OS 6.1
su Android 9. Sì, ancora niente Android 10, ma era pre-
sumibile, considerando la data di uscita del Reno 2.
I bordi del Reno 2 sono molto simili a quelli del Reno 1.
Oppo punta ancora sullo jack audio da 3,5 mm. Ovvia-
mente, è presente anche qui una USB-C, che supporta
la carica rapidissima VOCC 3.0 tramite il caricatore da
20W e il cavo compresi nella confezione. Partendo dal
15% di autonomia residua della batteria e verificando la
carica ogni 15 minuti si sono raggiunti questi valori di
ricarica: 37%, 62%, 78%, 90%. Significa che per avere
il telefono al 62% di autonomia è stata sufficiente mez-
TEST A 6 mesi dal primo Reno, Oppo lancia Reno 2. Ha senso lanciare un nuovo smartphone giusto per aggiungere due fotocamere?
Oppo Reno 2. Un Reno con due fotocamere in piùStessa pinna di squalo per la camera frontale ma porta un carico di ben quattro fotocamere contro le due del predecessore
z’ora di ricarica; mentre la carica al 90% è stata conqui-
stata dopo solo un’ora. C’è poi l’altoparlante mono, il
bilanciere per il volume, il tasto di accensione e il cas-
settino per la doppia SIM, che completano il telefono e
parlano per la solita cura costruttiva di Oppo, che resta
indiscutibile.
Tante fotocamere, ma rispetto al modello prima cambia pocoAbbiamo lasciato il retro del Reno 2 alla fine perché
rappresenta il vero ago della bilancia tra le due gene-
razioni di telefoni separati da sole due stagioni solari.
Esteticamente ha il fascino del vetro monoscocca con
la solita mezza perla in ceramica per evitare il contatto
delle lenti con le superfici sulle quali viene appoggiato
il telefono. Il riflesso azzurrino che arriva dalla scritta
bordata “Oppo designed for Reno” è la parte maggiore
dello spettacolo, poi arrivano le quattro fotocamere po-
sizionate a cascata, il doppio flash LED e il piccolissimo
punto del microfono posteriore. Le quattro fotocamere
sono divise, dall’alto verso il basso, in lente principale
f2.0 (equivalente a 27 mm) con sensore da 48 MP che,
dotato della tecnologia Quad bayer può essere usato a
Oppo Reno 2CAMBIA POCO RISPETTO A RENO. BEL DESIGN, MA LE FOTOCAMERE NON SONO ECCEZIONALI
499,00 €
Il Reno 2 sconta la fretta di Oppo nel fare uscire una seconda versione del suo smartphone di gamma medio-alta a sei mesi di distanza dalla prima. Esaurita la novità della camera frontale a “pinna di squalo”, la scintilla tecnologica che ha dato vita al Reno 2 è da cercare senza alcun dubbio nelle quattro camere posteriori: che in realtà sono tre, perché la 2 MP usata per la profondità negli scatti in modalità ritratto è un’ap-pendice usata più per il marketing. Se escludiamo la principale da 48 MP, le altre due camere oltre che per il numero, crescono in risoluzione, ma non tanto da fare sentire la differenza. Non si sta parlando di sensori da 108 MP, ma di 8 MP e da 13 MP, contro la piccola 5 MP del primo Reno. Considerando che il Reno 2 ha la possibilità di servirsi di una lente grandangolare e una tele con doppio zoom, fino al digitale 20x, non si sente neanche il bisogno di avere più risoluzione per ritagliare le foto scattate. La qualità fotografica è cresciuta in incisività e dettaglio. È molto buona, con qualche lato in ombra negli scatti notturni ma con l’aggiunta di un’astrofotografia alle prime armi. Le camere sono tutte stabilizzate e questo è un grande vantaggio. Anche i video in 4K stabilizzati, lo sono. Il Reno 2 offre quindi più versatilità negli scatti e nelle riprese, con una qualità però molto simile al Reno 1, e la solita cura costruttiva Oppo, ma scivola e si fa male sulla visibilità dello schermo alla luce del sole. Oppo ha presentato Reno spingendo su design e fotocamere: il primo è piacevole, ma le fotocamere non sono così eccezionali come si potrebbe pensare. E se togliamo queste a 500 euro si trovano decine di telefoni altrettanto validi, anzi, qualche top scontato è addirit-tura meglio. Non c’è un vero cambio di passo rispetto al Reno 1, che attualmente si può trovare al di sotto dei 389 euro, mentre il Reno 2 si offre sul mercato a 499 euro. Oppo si è fatta concorrenza da sola.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 7 8 8 6 67.3COSA CI PIACE COSA NON CI PIACECura costruttivaVelocità nell’uso quotidiano
Visibilità dello schermo alla luce del soleReno 1 è praticamente uguale
segue a pagina 26
lab
video
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
TEST
Oppo Reno 2, recensionesegue Da pagina 25
12 MP quando c’è poca luce; lente super grandangolare
(equivalente a 12 mm) f3.2 da 8 MP; lente 2x (equiva-
lente a 54 mm) e 5x (digitale) f3.4 da 13 MP; e infine la
lente f5.0 con sensore da 2 MP per calcolare la profon-
dità dell’effetto bokeh. Considerando che l’identità del
Reno 2 deve fare i conti con quella del Reno 1, abbiamo
provato a replicare gli stessi identici scatti fatti con il mo-
dello precedente, tenendo comunque presente che le
foto all’esterno hanno offerto al Reno 2 la luce dell’au-
tunno. Il risultato qualitativo è pressocché equiparabile
se guardato attraverso lo schermo dello smartphone. Il
Reno 2 è però sicuramente migliore nell’incisività com-
plessiva e mostra anche colori un po’ più saturi (sono
stati disattivati i riconoscimenti dello scenario tramite
l’IA e gli aggiustamenti artificiali di saturazione). A parte
per l’incisività dell’immagine sul Reno 2, le differenze
tra la risoluzione a 12 MP e 48 MP dell’Oppo Reno 1 e 2
sono inesistenti. Anche l’Oppo Reno 2 ben si comporta
nel mantenere la qualità fotografica con entrambe le
risoluzioni, ed è un vantaggio: lo scatto deve godere
solo di più pixel in caso di ritaglio della foto, e non de-
vono esserci distinzioni tra le due modalità del sensore
trasformista.
Il Reno 2 ha sicuramente qualcosa in più, soprattutto nel
numero delle lenti: la lente grandangolare e la telesco-
pica, che oltre al 2x offre uno zoom 5x. Lo zoom 5x è
ovviamente di tipo digitale, così come tutti gli altri dopo
questo, fino al 20x. Poiché siamo cattivi e ci è venuto
il dubbio - guardando soprattutto quella camera da 2
MP per l’effetto bokeh - abbiamo pensato di munirci di
nastro isolante nero e provare a mettere in difficoltà il
Reno 2: c’è stata qualche piacevole sorpresa.
Dapprima abbiamo accecato la camera telescopi-
ca dopo aver selezionato lo zoom 2x. Si notava che
la camera diventava buia per qualche secondo e poi
“tornava in vita”. Impossibile! Però avevamo già trovato
una possibile spiegazione, che infine è stata confer-
mata provando a scattare con e senza nastro. Il Reno
2 capisce che la camera telescopica è impossibilitata
allo scatto e invece di farci perdere il momento da im-
mortalare passa alla camera 1x ed effettua uno zoom 2x
digitale. La stessa cosa avviene per il 5x, ma purtroppo,
per un problema software, la camera 1x non riesce a
mantenere fisso lo zoom digitale 5x e alterna tra buio
e immagini. Ovviamente, si tratta di casi limite che nel-
l’uso quotidiano è quasi impossibile che si ripetano. Ab-
biamo comunque provato ad accecare la camera da 2
MP usata per il calcolo della profondità nella modalità
ritratto, dato che nel primo Reno non era presente ma
la funzione di sfocatura sì. I risultati non sono buoni in
tutti i casi, ma sono sicuramente migliori con la camera
da 2 MP “sbendata”. A margine, ci sentiamo di dire che
il bokeh ottico offerto anche dalla camera principale
è limitato ma sicuramente più naturale e gradevole di
quello ottenuto dall’effetto software.
Di notte, il Reno 2 fa qualche passo in avanti e qual-
che altro indietro. Le foto senza la modalità notte, ma
scattate con la sola forza degli obiettivi e dei sensori,
in presenza di luce raggiungono gli stessi risultati del
Reno, dunque molto buoni. I verdi sembrano impastarsi
un po’ di più, ma c’è più dettaglio nel resto della foto,
soprattutto ai bordi dell’immagine. La modalità notte,
invece, sembra pensata soprattutto per gli astri del cie-
lo piuttosto che per gli scatti notturni con sufficiente
luce artificiale. In questa modalità e in presenza di luce,
il Reno 2 sembra alzare i valori medi dei neri dando un
colpo anche ai mezzitoni, ma il risultato è che i soggetti
si “ingrigiscono”. Abbiamo provato a simulare lo stesso
effetto con le curve di Photoshop - aggiungendo un po’
di nitidezza - usando come base di partenza la foto con
lo stesso soggetto scattata senza la modalità notte. Il
risultato è molto simile. L’utilizzo della modalità notte
è comunque migliorato. Laddove nel Reno 1 c’era un
conto alla rovescia durante il quale bisognava tenere
fermo lo smartphone, il Reno 2 scatta tre foto in rapi-
Clicca sulle foto per l’ingrandimento
RENO 2 48 MEGAPIXEL
PECETTA PECETTA
RENO 2
RENO RENO 48 MEGAPIXEL
SUPERWIDE 2X
segue a pagina 27
27MM
Clicca sulle foto per l’ingrandimento
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
da successione e poi estrae la foto notturna. Sembra
quindi che invece di lavorare sul tempo di posa e in
modalità “ottica”, il software impieghi valori di sensibi-
lità diversi e poi produca un’immagine dall’interpola-
zione delle tre. In ogni caso, la modalità notte sembra
pensata in effetti per l’astrofotografia, per la quale si
ottengono i risultati migliori. Tutte le fotocamere sono
stabilizzate: utilissimo soprattutto per la telescopica in
modalità 5x. Stabilizzazione che si rende disponibile
per tutte le risoluzioni video, anche per il 4K che però
ha a disposizione solo la registrazione a 30 fps. Tutte
le acquisizioni video soffrono di crop, e con la moda-
lità “ultra stabile”, che si serve di parte dell’area per
sensore per rendere ancora più ferma la scena, il crop
diventa più accentuato. La “ultra stabile” è disponibile
solo per la camera principale, quindi sarà impossibile
zoomare (anche digitalmente) mentre si registra.
Promosso nell’uso quotidiano, ma rimandato nella “luce del sole”Nell’uso quotidiano il Reno 2, con un’autonomia di due
giorni se usato con parsimonia e un ottimo riconosci-
mento del viso e delle impronte con sensore sotto lo
schermo, si dimostra un telefono affidabile. La rice-
zione durante la prova è sempre stata ottima e anche
l’aggancio del GPS non ha mai dato problemi. Nell’uso
quotidiano sembra non offrire alcun punto debole, se
si esclude la luminosità dello schermo alla luce del sole
che purtroppo è insufficiente. Abbiamo provato a di-
sattivare la luminosità automatica in tutti i modi offerti e
aumentare al massimo i valori manualmente. Ma il risul-
tato è sempre lo stesso. La qualità audio delle telefona-
te è molto buona e non c’è alcuna fatica nell’ascolto, né
la fatica devono farla coloro che ci ascoltano. L’altopar-
lante mono, inoltre, è molto potente; con i bassi trattati
molto meglio degli alti, che diventano più frastagliati al
crescere del volume. L’equilibrio migliore si raggiunge
al 50% del volume, quando la massa acustica diventa
più bilanciata, ma è un dettaglio che riguarda solo la
musica e i video. Le cuffie a filo in dotazione si dimo-
strano ancora una volta ottime. L’ascolto è gradevole
e corposo. Il supporto al Dolby Atmos, per la maggior
parte dei contenuti, si rivela essere un ampliamento
della scena sonora molto ben fatto. Abbiamo provato
a guardare titoli Netflix con il supporto all’Atmos, come
il documentario “Il nostro pianeta”, ma non abbiamo ri-
cevuto altri benefici al di là di un palcoscenico sonoro
più esteso.
TEST
Oppo Reno 2, recensionesegue Da pagina 26
Clicca sulle foto per l’ingrandimento
MODALITÀ RITRATTO
Sebbene le foto macro siano possibili con le tre fotocamere e il riconoscimento AI, la lente deputata è quella super grandangolare da 12 mm. I risultati sono ottimi.
MODALITÀ NOTTESENZA MODALITÀ NOTTE MODALITÀ NOTTE REPLICATA
La modalità notte “semplice” restituisce scatti che recupe-rano dettagli luminosi dal cielo ma danneggiano quelli del paesaggio, impastando forme e colori. La funzione “cavalletto” all’interno della modalità notte, come si può intuire, è da
utilizzare solo dopo aver usato accorgimenti per rendere sta-bile e immobile il Reno 2. Dopo lo scatto parte un conto alla rovescia che varia a seconda della luminosità di partenza della scena, ma per un cielo notturno è di circa 30 secondi.
I risultati sono mediamente buoni. Il Reno 2 “estrae” le stelle dal cielo e i dettagli del paesaggio sottostante non su-biscono troppi danni. Tuttavia, insieme alle stelle arriva un bel po’ di rumore dal sensore.
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Vittorio Romano BARASSI
Come negli ultimi anni è stata abituata a fare, One-
Plus anche per questa stagione ha voluto pre-
sentare un aggiornamento di quella che ormai
è diventata una gamma di prodotti, poiché ad essere
stati lanciati sui mercati sono OnePlus 7T e OnePlus
7T Pro. Del modello di punta vi abbiamo già parlato mentre della versione “umana” ci siamo concentrati su
una prova a lungo termine che ha portato alla luce come
probabilmente, in questo momento, OnePlus 7T sia
effettivamente il dispositivo che più incarna la filosofia
dell’azienda. OnePlus 7T costa 599 euro nella versione
8/128 GB - quella da noi provata - ed è disponibile nelle
colorazioni Glacier Blue e Frosted Silver.
Piccolo notch e grande oblò posterioreIl design di OnePlus 7T non stupisce per originalità: le
linee sanno di “già visto” e non vi sono peculiarità che
farebbero spiccare il dispositivo tra la stragrande mag-
gioranza dei prodotti attualmente presenti sul mercato.
È un problema comune e anche OnePlus, con questa
generazione, non ha fatto nulla per emergere dal “grup-
pone”. Detto questo, è altresì vero che lo smartphone è
realizzato con molta cura, le finiture sono di livello e la
sensazione di qualità percepita è elevata. OnePlus 7T
pesa 190 grammi, che si sentono tutti ma non danno
affatto fastidio poiché ben distribuiti ed assolutamente
adeguati - ritornando alla considerazione sulla qualità -
al dispositivo che ci si aspetta di stringere tra le mani.
Spicca il piccolo notch che nasconde la fotocamera fron-
tale da 16 megapixel, sui lati della scocca sono presenti
ben 6 bande nere per facilitare la ricezione del segnale
telefonico e non vi è il jack da 3,5mm. Sul lato sinistro
c’è il bilanciere del volume mentre sul lato destro vi è
il tasto di blocco/sblocco associato al fantastico “alert
slider” dalla finitura zigrinata, ormai marchio di fabbrica
OnePlus, che permette di selezionare tra le modalità
suoneria, vibrazione e silenzioso. La porzione inferiore
è contraddistinta dalla porta USB Type-C 3.1, da cinque
fori che permettono all’altoparlante di sistema di far sen-
tire la propria voce e dallo sportellino per l’inserimento
di due nanoSIM. Non vi è la possibilità di espansione
tramite microSD. Il retro è dominato da un grande oblò
ospitante le tre fotocamere principali ed il flash; difficile
affermare che sia un elemento di design particolarmen-
te riuscito, ma la simmetria delle parti aiuta a far digerire
di più il tutto.
TEST Ci siamo presi un mese per provare quella che ci sembrava essere la versione più “a fuoco” di questa generazione di OnePlus
OnePlus 7T, recensione. Pochi fronzoli e tanta sostanzaOnePlus 7T è uno smartphone top di gamma a tutti gli effetti, anche se con qualche sbavatura, ma costa “solo” 599 euro
Il display che va a 90Hz fa la sua figuraUno degli elementi su cui OnePlus ha riposto maggiori
attenzioni è senza ombra di dubbio il display. OnePlus
7T è equipaggiato con un pannello Fluid AMOLED da
6,55 pollici di diagonale (protetto da Gorilla Glass 5 di
Corning, sul quale è pre-applicata una pellicola protetti-
va che si graffia abbastanza facilmente), con risoluzione
massima pari a 1080x2400 pixel e rapporto di forma
20:9. Il display è in grado di riprodurre contenuti HDR10+
e copre al 100% lo spazio DCI-P3, ma la caratteristica
che maggiormente lo mette in evidenza è la possibilità
di lavorare ad una frequenza di aggiornamento di 90Hz
(comunque “dinamica” in base agli scenari
e alle applicazioni). Per molti può sembrare
una piccolezza e all’inizio ci si fa poco caso,
ma una volta abituatisi al refresh rate “pom-
pato” di questo OnePlus si fa davvero fatica
a tornare indietro.
Un occhio ben allenato, a parità - o quasi - di
prestazioni, non ha affatto problemi a scor-
gere le differenze di fluidità che scaturiscono
dai 90Hz ma anche andando a chiedere un
parere a soggetti tutt’altro che avvezzi all’uti-
lizzo dello smartphone, quasi tutti sono stati in grado di
riconoscere la maggiore “facilità” nella riproduzione del-
le immagini di OnePlus 7T rispetto ad altri smartphone
“normali”. In ogni caso, c’è la possibilità di scegliere la
frequenza di 60Hz “fissa” dalle impostazioni.
Anche OnePlus 7T, come la serie precedente, è provvi-
sto di sensore di riconoscimento delle impronte digitali
posizionato nella porzione bassa del display; funziona
benissimo, sin dai primi utilizzi, imparando col tempo a
riconoscere l’impronta principale anche se non posizio-
nata precisamente sulla porzione di schermo dedicata
(a dispetto però delle secondarie, sul quale fa un po’ più
di fatica). Abbinando lo sblocco con impronte al Face
Unlock, il quale funziona egregiamente ma non offre
la sicurezza di altri sistemi analoghi, si avrà sempre un
dispositivo pronto all’uso. Non ci è piaciuto il comporta-
mento del sensore dedicato alla percezione della lumi-
nosità ambientale: spesso tende a sottostimare la luce
presente, da cui ne deriva una impostazione della lumi-
nosità del display più bassa di quella ottimale.
OnePlus 7T
IL GIUSTO COMPROMESSO PER CHI CERCA UN TOP DI GAMMA DAL PREZZO “RAGIONEVOLE”
599,00 €
OnePlus 7T si dimostra essere uno smartphone concreto e potentissimo, rispettando a pieno la linea aziendale e proponendo anche un prezzo di acquisto che, se messo nel polverone dei top di gamma attuali, non risulta essere neppure così elevato. Con 599 euro ci si porta a casa un dispositivo che, a parte un sistema operativo ancora non proprio maturo (ma migliorerà con gli aggiornamenti), non ha reali punti di debolezza. OnePlus 7T fa tutto e lo fa bene; la fotocamera è ancora un passo indietro a prodotti che - a listino - costano il doppio ma non lo si può crocifiggere per questo: gli scatti sono di buona fattura e certamente di qualità superiore alla stragrande maggioranza dei medio-gamma presenti sul mercato. Il display da 90Hz, infine, è un valore aggiunto.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 8 7 7 8 87.8COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEPrestazioni da vero top di gammaBuona autonomia di sistemaC’è già Android 10
La personalizzazione Oxygen OS presenta qualche bugSensore di luminosità poco convincenteDesign anonimo
segue a pagina 29
lab
video
torna al sommario 29
MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
C’è Android 10…e qualche bug di gioventùCome da tradizione, OnePlus ha lanciato sul mercato un
dispositivo aggiornato all’ultima versione stabile dispo-
nibile del sistema operativo targato Google. OnePlus 7T
esce dalla confezione di vendita già equipaggiato con
Android 10 e dopo qualche aggiornamento, al momen-
to della stesura di questo testo, il sistema OxygenOS
risulta essere stato portato alla versione 10.0.4.HD65BA.
Sebbene lo smartphone abbia sempre manifestato una
buona stabilità generale e prestazioni assolutamente da
primo della classe (Snapdragon 855+, 8 GB di RAM LPD-
DR4X e memorie UFS 3.0 2-LANE da 1400/250 MB/s in
lettura/scrittura), sin dai primi utilizzi sono emersi piccoli
bug che OnePlus sta evidentemente facendo fatica a
risolvere. Nel corso del nostro periodo di prova abbia-
mo abilitato, come di consueto, il tema scuro che ben
si sposa con le caratteristiche del display; lo si può fare
tramite un apposita sezione presente nelle impostazioni
dalla quale è possibile personalizzare anche le icone, i
caratteri di sistema e qualche altra piccola finezza.
Tema scuro che però non ci ha convinto appieno, poi-
ché spesso sembra andare in crash mostrando menù
o applicazioni di sistema (registro chiamate, galleria e
launcher su tutti) col tema predefinito chiaro. Abbiamo
notato questo comportamento praticamente sempre
dopo l’utilizzo di Android Auto e per tornare ad ottenere
l’uniformità di sistema bisogna necessariamente andare
nelle impostazioni e fare un doppio switch tra tema chia-
ro/scuro. Nel complesso OnePlus 7T è comunque uno
smartphone del quale non si possono non apprezzare la
fluidità e le prestazioni generali; il sistema è studiato per
“imparare a conoscere” le abitudini dell’utente al fine
di restituire un’esperienza d’uso ottimale e velocizzare
le operazioni nel contesto degli scenari di utilizzo più
frequenti (e lo smartphone non scalda quasi mai). Sotto
l’aspetto grafico c’è poco da dire: il sistema è pressoché
stock e le personalizzazioni non sono poi così tante. Da
segnalare c’è sicuramente il nuovo sistema di navigazio-
ne a gesti, definitivamente allineato con quello standard
introdotto da Android 10: per simulare il tasto indietro
si effettua dunque uno swipe dal lato lungo del dispo-
sitivo e non più dai lati della porzione
inferiore (lato corto) del display. È un
dettaglio, ma chi viene da molti mesi di
utilizzo del precedente sistema di na-
vigazione, almeno inizialmente, resterà
spiazzato. OnePlus afferma di aver in-
stallato anche un nuovo motorino per
la vibrazione; sinceramente non abbia-
mo notato nulla di particolare.
Tre fotocamere per inseguire i miglioriPer quanto concerne il comparto foto/
video OnePlus 7T è provvisto di un
modulo composto da tre sensori e al-
trettante ottiche abbinate. Il sensore principale da 48 MP
Sony IMX586 è associato ad un obiettivo f/1.6 stabilizza-
to per via ottica ed elettronica; in modalità predefinita
le fotografie vengono salvate alla risoluzione di 12 MP
sfruttando l’interpolazione di 4 pixel. Non male la mo-
dalità Nightscape, ancora abbastanza lontana dai livelli
di eccellenza raggiunti dalla famiglia Pixel di Google ma
che comunque mostra qualche passo avanti se diretta-
mente confrontata con la precedente generazione One-
Plus. Poco da segnalare sulle ottiche grandangolare (16
MP, campo visivo di 117°) e tele (12 MP, zoom 2X), entram-
be abbinate ad obiettivo f/2.2: sono utili ma non restitui-
scono una qualità da far gridare al miracolo. olto buoni
i video registrati a 1080/60p (con la modalità ultra stabi-
lizzazione), anche se ci si può spingere fino a 2160/60p;
con il sensore tele ci si ferma a 2160/30p mentre con
quello grandangolare non si va oltre i 1080/30p. Con la
modalità slow-motion si può arrivare a 240 fps in Ful-
lHD e sino a 480 fps a 720p; OnePlus ha già annunciato
che in futuro sarà implementata tramite aggiornamento
software anche una modalità a 960 fps. Soddisfacente,
infine, il comportamento della fotocamera frontale da 16
MP stabilizzata elettronicamente; fa buoni selfie, registra
video a 1080/30p e permette i time-lapse.
Grande batteria e buona autonomiaUtilizzare uno smartphone per diverse settimane aiuta a
comprendere i reali valori in gioco quando ti parla di au-
tonomia. La batteria da 3800mAh di OnePlus 7T, dopo le
prime ricariche complete, non ci aveva stupito in manie-
ra particolare ma con il passare dei giorni, che assicura
sempre un certo grado di “adattamento” delle compo-
nenti hardware e un’ottimizzazione software più o meno
TEST
OnePlus 7T, recensionesegue Da pagina 28
Clicca sulle foto per l’ingrandimento
correlata (si pensi a RAM boost oppure alla frequenza di
90Hz dinamica), la situazione è migliorata sensibilmente
e l’autonomia si è assestata su livelli decisamente soddi-
sfacenti. Con OnePlus 7T non è mai un problema arriva-
re a sera e, qualora si dovesse fare un uso smodato del
dispositivo durante la giornata, si può sempre far affida-
mento al sistema di ricarica ultra rapida WarpCharge 30T
(5V/6A) capace di portare lo smartphone dallo 0 al 70%
di batteria in 30 minuti. Completa la connettività: LTE fino
a 1.2 Gbps, Wi-Fi 2x2 MIMO 802.11 a/b/g/n/ac dual-band,
Bluetooth 5.0 con supporto aptX-aptX HD e LDAC-AAC,
NFC e GPS con supporto Galileo/Beidu. Buona ma non
eccezionale la ricezione: le chiamate non cadono quasi
mai ma nelle zone poco coperte qualche incertezza la si
percepisce. In linea generale è buona anche la qualità
delle chiamate. C’è il supporto DolbyAtmos ma siamo
sempre al cospetto di uno smartphone, quindi è inutile
aspettarsi miracoli dall’audio; buono l’audio in cuffia che,
lo ricordiamo, esce tramite il connettore USB-C e non
attraverso jack da 3.5.
MODALITÀ NIGHTSCAPEFOTOCAMERA PRINCIPALE
FOTOCAMERA PRINCIPALE
torna al sommario 31
MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Roberto PEZZALI
L a fotografia su smartphone sta facendo passi da
gigante, aiutata dalla fotografia computazionale,
ovvero l’applicazione del machine learning per mi-
gliorare, sulla base di una serie di modelli matematici,
il risultato finale. La vendita di macchine fotografiche,
soprattutto le compatte, negli ultimi anni ha avuto un tra-
collo: i numeri scendono in modo inarrestabile, si salva-
no solo i prodotti di fascia alta perché la loro qualità oggi
è ancora irraggiungibile. Oggi, ma domani?
Un fotografo americano, Andrew, ha pubblicato sul suo
canale Youtube un video dove mette a confronto una full frame Canon EOS RP e un Pixel 4 in una situazione
particolare, la foto notturna. Un confronto che sulla carta
sarebbe impari, ma il risultato sorprenderà: sono tutte
foto fatte a mano libera, cercando di sfruttare al meglio
sia lo smartphone sia la fotocamera. La EOS RP non è
forse la miglior full frame quando si tratta di scattare ad
alti ISO, ma è pur sempre una full frame.
Riproponiamo le fotografie: quelle scattate con il Pixel 4
sonopiù luminose, meno rumore, decisamente superiori
in tutto. Merito del machine learning, ma è evidente che
c’è qualcosa che non va in tutto questo. Una fotocame-
ra eccellente come la EOS RP dotata di un sensore full
frame non può perdere in un confronto simile. Le manca
solo una cosa, quella componente totalmente automati-
ca che permette al Pixel e ad altri smartphone di realiz-
zare le fotografie pubblicate a mano libera. È evidente
che se la EOS RP avesse avuto una modalità notte si-
FOTOGRAFIA Una serie di fotografie fatte nelle stesse condizioni mettono a confronto un Pixel 4 e una full frame Canon EOS RP
Lo smartphone di notte scatta meglio di una full frame Canon EOS RP e Pixel 4: sfida notturna con sorpresaUn confronto impari sulla carta, ma il risultato sorprenderà: anche un occhio inesperto direbbe che il Pixel stravince. Ed è assurdo
mile avrebbe mangiato il Pixel a colazione, a pranzo e a
merenda. Ma non ce l’ha. Il problema non è il Pixel che
migliora, è la Canon che è priva di una modalità simile.
Come è priva di una modalità Smart HDR che separa
i vari elementi che compongono la scena e li gestisce
in modo separato per evitare di bruciare le alte luci e
di affogare le ombre. Quello che vale per Canon vale
anche per Fujifilm, per Nikon, per Sony e per tutti gli altri
produttori, che continuano a considerare gli smartphone
e i loro automatismi una bestia nera da evitare assoluta-
mente. La ricetta per arrestare il declino delle vendite
delle fotocamere esiste. Le fotocamere avrebbero biso-
gno di display più ampi e con una risoluzione maggiore,
necessiterebbero di sistemi facili per la condivisione
delle foto ma soprattutto avrebbero bisogno di soluzioni
automatiche che permettano di portare a casa risultati
eccellenti in poco tempo. Gli smartphone hanno rubato
tanto alle fotocamere, non solo le quote di mercato, e se
si vuole suturare la ferita è tempo di restituire il colpo.
Abbattendo le barriere mentali e iniziando a combattere
ad armi pari: usando la fotografia computazionale come
la stanno usando Google, Apple e tutti gli altri.
Per non parlare di una full frame: non riusciamo nem-
meno a immaginare quello che si potrebbe fare con un
sensore grande come quello della EOS RP, dotato di una
dinamica che i piccoli sensori degli smartphone non po-
tranno mai raggiungere e di vere lenti in vetro, che non
hanno bisogno di un paio di algoritmi per inventare un
bokeh che non esiste. È ora di far suonare la sveglia,
prima che sia troppo tardi.
Clicca sulle foto per l’ingrandimento
PIXEL 4
PIXEL 4
PIXEL 4
PIXEL 4
CANON EOS RP
CANON EOS RP
CANON EOS RP
CANON EOS RP
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Roberto PEZZALI
Solo un folle oggi comprerebbe il Galaxy Fold,
eppure nei Paesi dove è disponibile e Samsung
lo sta già vendendo le richieste sono altissime.
Galaxy Fold stravolge il concetto di mobilità: non è uno
smartphone pieghevole, non è un tablet, è un prodotto
che può fare sia da smartphone che da tablet, questo
grazie allo schermo OLED flessibile da 7.3” che si piega
a metà. Quella che abbiamo tra le mani è la seconda
versione del Galaxy Fold, il modello “rinforzato” che
Samsung ha preparato dopo il primo disastroso lancio.
Ma è presto per dire buona la seconda, perché per il
modo in cui è costruito, e per il principio su cui si basa,
Samsung Galaxy Fold resta e resterà un prodotto deli-
cato. Delicatissimo, tanto che quando lo si toglie dalla
lussuosa confezione l’utente scoprirà prima i vantaggi
della polizza Care+ che Samsung ha dedicato a questo
prodotto e poi verrà istruito su cosa fare e su cosa non
fare. La stessa cosa che viene fatta quando ci si collega
all’account Samsung la prima volta, e compare a scher-
mo un lungo elenco di avvertenze che spiegano come
trattare il Galaxy Fold. La sintesi è “con i guanti”, perché
per il suo elevato contenuto tecnologico il Fold costa
parecchio, tre volte quanto serve per comprare oggi un
ottimo Galaxy S10 che di questo Galaxy Fold è un po’
il papà, e il rapporto prezzo-robustezza non depone a
suo favore. In Italia, infatti, servono 2.050 euro. Cosa
cambia nel possedere un Galaxy Fold rispetto ad uno
smartphone tradizionale? I compromessi da accettare
sono tanti, da un peso superiore alla media, siamo ol-
tre i 250 grammi, allo spessore che è pari a quello di
due telefoni sovrapposti. Certo, è più stretto, ma resta
pur sempre un prodotto che non può stare nella tasca
posteriore dei pantaloni né nel taschino interno di una
giacca. Il Galaxy Fold attira gli sguardi, attira domande.
L’OLED da 7.3” che si spalanca davanti agli occhi se-
guendo la linea centrale è la vera star della scena.
La piega c’è, ma dopo un po’ di giorni il cervello la cancellaLa prima cosa che si materializza davanti ai nostri oc-
chi quando apriamo con due mani il Fold è la piega. La
TEST Dopo il lancio disastroso, Galaxy Fold è tornato sul mercato. Già disponibile in alcuni paesi europei, arriverà a breve anche in Italia
Samsung Galaxy Fold: coraggioso e innovativo Ma comprarlo è un azzardo. L’abbiamo provatoIl Fold è un prodotto unico, ma 2050 euro per un prodotto che ancora non offre ampie garanzie non si spendono a cuor leggero
scelta fatta da Samsung di usare uno sfondo nero aiuta,
ma la piccola onda che percorre verticalmente l’OLED
plastico del Galaxy Fold non sfugge alla sensazione
tattile. Sotto il polpastrello si sente, ma non è però così
fastidioso. Non ci si può fare nulla, è uno schermo in pla-
stica e la curva, anche se non è una piega netta, genera
un piccolo solco su quello che non potrà mai essere uno
schermo totalmente liscio. Fortunatamente è una cosa
che scompare dopo un po’, perché la nostra testa la can-
cella “virtualmente”. La piega rimane, la vedono tutti non
appena porgiamo lo smartphone per far provare a chi
non l’ha mai visto la sensazione di “apri & chiudi”, ma per
noi che lo usiamo abitualmente è un qualcosa che non
si nota più. È più fastidioso, paradossalmente, il notch
asimmetrico per le fotocamere frontali ricavato nell’an-
golo in alto a destra: avremmo preferito una cornice
magari più spessa, soprattutto ai lati, con le fotocamere
montate in verticale. Una soluzione che avrebbe anche
aiutato a stringere un po’ lo schermo, e la cosa non ci
sarebbe affatto dispiaciuta perché come vedremo il rap-
porto di aspetto troppo quadrato è il difetto più grande
del Fold in termini di usabilità. Il notch viene gestito in
modo egregio dall’interfaccia di sistema, ma ci sono
applicazioni e giochi parte dell’immagine viene tagliata,
vedi “All of Duty Obile”.
Lo schermo OLED ha una buonissima risoluzione, e
anche una notevole luminosità, tuttavia ci sono alcuni
aspetti che potrebbero dar fastidio se un utente è abi-
Samsung Galaxy FoldCORAGGIOSO E INNOVATIVO. MA COMPRARLO È UN AZZARDO
2050,00 €
Il Galaxy Fold è un prodotto innovativo, e abbiamo sempre detto che i prodotti innovativi servono perché stimolano a guardare avanti, un po’ di coraggio in questo settore serve. Si potrebbe liquidare il Galaxy Fold dicendo che è caro, che è inutile e che si romperà presto, ma non siamo totalmente d’accordo. Il Fold non può essere caro perché è un prodotto unico, al massimo è costoso: 2050 euro per un prodotto che ancora non offre ampie garanzie di durata non si spendono a cuor leggero. Samsung ha ovviamente previsto una garanzia addizionale per il delicato Fold, ma siamo pur sempre davanti ad una prima generazione di un prodotto che è la versione “rattoppata” e “rinforzata” di un modello che si rompeva troppo facilmente. L’utilità infine è relativa al tipo di utilizzo: i primi giorni lo abbiamo aperto ogni volta, ci piaceva l’idea di poter sfruttare il grosso schermo, ma con il passare del tempo l’uso si è spostato sullo schermo piccolo, quello frontale. Oggi usiamo lo schermo interno solo in determinate situazioni, perché per chiamate, messaggistica e anche per scattare fotografie alla fine ci basta lo schermo piccino. Con un po’ di fatica per le dimensioni ridotte, ma se abbiamo le mani occupate, o vogliamo fare in fretta, ce lo facciamo andare bene. Un po’ è anche psicologia, perché inconsciamente siamo tenuti a pensare che ogni apertura in meno equivale a qualche minuto in più di vita per il delicato OLED flessibile. C’è però chi, al contrario di noi, lo usa quasi esclusivamente aperto. Tutto è molto soggettivo, varia da soggetto a soggetto: il Fold è il tipico prodotto che andrebbe provato un mese per capire se può fare al caso proprio.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 6 6 7 9 77.3COSA CI PIACE COSA NON CI PIACELa base dello smartphone è ottimaAutonomia superiore alla mediaL’effetto wow è assicurato
Anche se rinforzato resta pur sempre un prodotto delicatoApplicazioni poco ottimizzate per uno schermo che ha un fattore di forma particolareIl notch disturba più della piega
segue a pagina 33
lab
video
torna al sommario 33
MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
tuato agli ottimi schermi di un Note 10 o di un S10: la
frequenza di refresh non è elevatissima e quando scor-
riamo rapidamente una pagina il blur è evidente. Come
è evidente una deformazione diagonale di linee e imma-
gini durante gli scrolling, dovuta alla lentezza dell’oled
plastico nel disegnare e gestire le singole linee. Asso-
miglia un po’ al rolling shutter delle macchine fotografi-
che, e si nota perché il display è molto ampio. Qui sotto
una foto con un tempo di posa ridottissimo: l’immagine
viene costruita a zone seguendo strisce verticali e que-
sto porta a quella sensazione di deformazione durante
lo scorrimento veloce. Da aperto il Galaxy Fold deve es-
sere usato con due mani, sia per la navigazione sia per
la digitazione: è un tablet a tutti gli effetti, impensabile
utilizzarlo con una sola mano. Anche per una questione
di sicurezza, meglio tenerlo ben saldo.
Ci sono persone che sognano uno smartphone ancora
più grande di quelli in vendita oggi, e soprattutto con
uno schermo più ampio: questo Galaxy Fold guarda
proprio a loro. I 6.5” degli smartphone di oggi sembra-
no tanti, ma non sono affatto paragonabili ai 7.3” del Ga-
laxy Fold, che ha uno schermo quasi quadrato. L’area
visualizzata in molti casi dal pieghevole Samsung è de-
cisamente più ampia. Lo schermo quasi quadrato non è
sempre un bene, anzi: in molte situazioni rappresenta il
vero limite. Le applicazioni più diffuse, infatti, sono pen-
sate per schermi molto più stretti.
Il vero limite è la proporzione dello schermoNegli scorsi anni il formato usato per la mobilità, iPad
a parte, era il 16:9, un formato perfetto perché permet-
teva di vedere i video a schermo intero e riusciva ad
avere un buon compromesso tra larghezza e altezza.
Poi, scherzi del marketing, tutti hanno iniziato a giocare
con le proporzioni: 18:9, 19:9, 20:9 fino al 21:9, schermi
sempre più stretti e sempre più alti per poter sparare
diagonali maggiori, generazione dopo generazione.
Chi sviluppa applicazioni tiene ovviamente conto di
questo, e fatta eccezione per quelle app dove lo scher-
mo viene gestito in modalità full, come Google Maps
o come un videogioco, quasi sempre ci troviamo da-
vanti a applicazioni dove l’interfaccia è sviluppata su
una lista di elementi allineati in verticale. Le timeline di
Facebook, Instagram, le chat, i siti, il 90% delle applica-
zioni usate oggi è pensato per una fruizione verticale.
Il Galaxy Fold, con il suo schermo quasi quadrato, in
questo contesto è una voce fuori dal coro e la stona-
tura si sente. Se apriamo Whatsapp, ma anche il nostro
stesso sito, viene richiamata la versione “mobile”: sullo
schermo del Galaxy Fold si vedono la metà delle infor-
mazioni che si vedono sullo schermo più piccolo di un
Galaxy Note 10. Tutto è ovviamente più grande, ma ci
sono meno informazioni. E lo stesso vale per Instagram,
per Facebook, per ogni applicazione che si sviluppa
in verticale: il carattere è più grande ma ci sono meno
elementi visibili. Questo rende più piacevole la lettura
di un articolo, o di un pdf, ma è evidente che il Fold ha
bisogno di app pensate apposta per lui, che possano
distribuire gli elementi su più colonne per sfruttare me-
glio la larghezza. C’è sempre il multitasking, ma così si
perde il vantaggio di avere uno schermo più grande.
Il formato particolare di schermo è penalizzante anche
nel caso di video, tutti in 16:0 o addirittura in 2:1 se girati
in digitale, vedi il 90% dei contenuti di Netflix: due am-
pie porzioni sono sprecate. Proprio per questo motivo
avremmo preferito la fotocamera in verticale, con uno
schermo più rettangolare e magari con un piccolo grip
nella parte destra simile a quello del Mate X di Huawei.
Era più gestibile, non ci sarebbe stato il notch e con una
cornice più larga ai fianchi, anche di qualche millimetro,
si sarebbe potuto afferrare il prodotto con una mano
sola senza toccare lo schermo.
Cosa succede se pieghiamo uno schermo quadrato in
2? Il risultato è uno schermo sottile e lungo come il pic-
colo schermo frontale, uno schermo che nasce come
display di servizio ma che a seconda di come un utente
usa il Fold può anche diventare lo schermo principale.
Uno schermo piccolo, tanto, sia nelle dimensioni del
carattere sia nella larghezza. Qui l’effetto che si ottie-
ne con le varie applicazioni è l’opposto: la “viewport” è
talmente stretta che i siti responsive vanno oltre quella
che è una dimensione classica degli smartphone, e in
molti casi non vengono impaginati al meglio. An che le
app, seppur fruibili, sono piccolissime. Per non parlare
TEST
Samsung Galaxy Foldsegue Da pagina 32
della tastiera che richiede una precisione assoluta, alla
quale ormai non siamo più abituati: schermi così piccoli
appartengono al passato. Il vero nodo da sciogliere, se
l’obiettivo è fare un prodotto ambivalente, sta proprio
nella ricerca della dimensione perfetta degli schermi: lo
schermo piccolo deve essere fruibile, e una volta aper-
to deve risultare uno schermo non troppo quadrato.
Lo smartphone è davvero un prodotto eccellenteIn questa recensione abbiamo tralasciato quello che
è lo smartphone, ci siamo concentrati più sul concet-
to perché ci sembrava più corretto, essendo questa
la vera novità. I materiali che compongono il Galaxy
Fold sono di ottima qualità se non consideriamo l’in-
cognita schermo, e se l’estetica è vincolata al fattore
di forma particolare sotto la scocca c’è il miglior hard-
ware che Samsung poteva mettere. Ci troviamo davan-
ti ad un Galaxy S10+ ben carrozzato, quindi 12 GB di
RAM e 512 GB di storage, con la differenza del pro-
cessore Snapdragon 855 usato al posto dell’Exynos
di Samsung degli S10 europei. La versione italiana, a
differenza di quella venduta in altri paesi, non sarà 5G
ma avrà connettività LTE con slot SIM e eSim integra-
ta. Lo smartphone è velocissimo, non scalda, e nono-
stante la batteria sia da 4300 mAh divisa sui due lati
dura davvero tanto, sempre che non lo si usi tutto il
giorno con lo schermo da 7.3” aperto. Oltre al proces-
sore Snapdragon, che fa guadagnare al Fold un buon
20% di autonomia, crediamo che parte dell’ottima resa
a livello di autonomia di questo prodotto sia legata al
tipo di utilizzo: lo schermo più usato durante il giorno
si rivelerà essere quello frontale, perché non sempre
si hanno le mani libere per passare allo schermo fles-
sibile. Ottima ricezione, ottima qualità delle chiamate,
ricarica veloce anche se non superveloce (solo 15 watt
il caricatore in dotazione) completano il quadro di uno
smartphone che sotto il profilo della scheda tecnica è
praticamente perfetto.
Non c’è il jack audio, e le tre fotocamere sono le stesse
di Galaxy S10+, ottime. Chi vuole avere un’idea sulla
qualità delle foto suggeriamo di leggere la prova del
Galaxy S10+. Crediamo che l’aspetto “telefono” su un
Galaxy Fold passi in secondo piano, un po’ perché è
un flagship Samsung, e dalla serie S alla serie Note
l’azienda coreana ha dimostrato di saper fare telefoni
eccellenti, un po’ perché prima di preoccuparsi della
RAM, dei megapixel e degli aspetti costruttivi una per-
sona che ha intenzione di spendere 2.050 euro per il
Fold deve pensare più al tipo di prodotto che sta per
comprare, al modo in cui si usa, a come gestirlo duran-
te la giornata e se davvero fa per lui.
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MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Roberto PEZZALI
C on il nuovo Mi Note 10 ci troviamo davanti sul-
la carta al più completo smartphone esistente
oggi sul mercato, sia per numero di fotocamere
sia per la risoluzione del sensore principale. Ma come
scatta le foto questo Mi Note 10?
Abbiamo speso qualche ora a Madrid per scattare
fotografie in ogni condizioni, cercando di usare tutte
le lenti e quindi tutti i sensori. E ci siamo fatti un po’
un’idea di quelli che possono essere i punti di forza e
di quelle che invece sono le cose da sistemare. Prima
di passare alle fotografie vere e proprie qualche infor-
mazione di contorno: i bordi curvi, magari belli se si
guarda all’estetica, sono un po’ una scocciatura quan-
do si fotografa perché il sistema che gestisce i tocchi
occasionali non è efficacissimo. Quando teniamo lo
smartphone in orizzontale qualche tocco accidentale
del bordo fa uscire la finestra opzioni oppure cambia
inavvertitamente la modalità di scatto delle foto. L’in-
terfaccia fotografica è ricca, lo smartphone ha tantissi-
me funzioni, e c’è un tasto che permette di raggiunge-
re direttamente la modalità 108 megapixel: comodo,
anche se quando si scatta con una risoluzione così
elevata dobbiamo tener conto della dimensione dei
file che può toccare anche i 28 MB per ogni file, e stia-
mo parlando dei Jpeg. I RAW, a 108 megapixel, non si
possono salvare.
Un altro dettaglio da considerare è quello legato alle
memorie: le UFS 2.1 sono veloci ma non così veloci
da gestire velocemente la mole di dati del sensore
gigante. Salvare una foto da 108 megapixel richiede
qualche secondo di attesa, così come richiedono un
TEST Come scatta le foto quello che è sulla carta il più potente smartphone fotografico disponibile oggi? Ecco il verdetto
Mi Note 10, le nostre foto di notte e di giorno Siamo stati a Madrid per scattare fotografie in ogni condizione, cercando di usare tutte le lenti e quindi tutti i sensori
po’ di tempo per elaborazione e salvataggio opera-
zioni come il calcolo della profondità sulla modalità
ritratto e il processamento delle foto in modalità Not-
te. Quest’ultima è attiva solo sulla camera principa-
le e sulla camera 2x, ma gli scatti con il super wide,
anche senza modalità notte, non sono affatto male.
Forse memorie più veloci, e anche un processore più
rapido, non guastavano. Ecco alcune fotografie fatte,
con i parametri di scatto e la possibilità di avere il file
a piena risoluzione. Passiamo alle fotografie fatte con
il super wide da 20 megapixel. Sono tutte godibilissi-
me, con una distorsione, corretta via software, quasi
assente. Quella notturna, anche senza la modalità
notte, si difende comunque bene. Il sensore è ampio,
più ampio di quello usato solitamente dagli altri pro-
duttori. Solo Huawei, sul Mate 30 Pro, ha usato per
il Super Wide un sensore ancora più generoso, ma
forse non serviva. Avremmo apprezzato una apertura
ancora più spinta, per valorizzare un obiettivo che si
presta in modo particolare ad alcune situazioni “crea-
tive”.
Questo è quello che può fare oggi il Mi Note 10. I 108
megapixel ci sono, non saranno tutti e 108 perché
qualcosa in termini definizione si perde per il pote-
re risolutivo della lente, ma il materiale di partenza è
davvero valido. Anche l’applicazione della fotocame-
ra ci è sembrata ben fatta, tuttavia avremmo rivisto
leggermente l’impostazione: la gestione dello zoom,
ad esempio, è davvero macchinosa e il passaggio tra
una lente e l’altra non è affatto fluido.
Dev’essere migliorata anche la velocità, cosa però dif-
segue a pagina 35
Questa sopra è una fotografia a 108 megapixel, una fotografia classica in ambito turistico: il dettaglio è notevole, e volendo si può giocare con l’inquadratura per sfruttare solo una porzione della foto originale.
Clicca sulle foto per l’ingrandimento
Lung. focale: 2.4 mm /tempo di posa: 1/25 /
Size: 5184x3880 / ISO: 2029 / apertura: 2.2
Il crop al 100%: è un jpeg, quindi compresso, e c’è un po’ di filtro aliasing, ma stia-mo parlando di un dettagli minuscolo della foto sopra. Davvero buono.
Lung. focale: 6.7 mm / Tempo di posa: 1/723
Size: 12032x9024 / ISO: 100 Apertura: 1.6
torna al sommario 35
MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
TEST
Mi Note 10, le foto di notte e di giorno segue Da pagina 34
Ecco l’ingrandimento al 100%: un po’ impastata, un po’ soft, non sono i 100 megapixel della Fujifilm GFX100 ma il risultato è quasi miracoloso.
Qui una foto dove si vedono tutti i limiti dello zoom 5x:
sui soggetti in movimento il rumore è davvero eccessivo. Utile per i social, ma impos-
sibile pensare di fare un crop, anche perché la risoluzione
di partenza è già bassa, solo 5 megapixel.
Clicca sulle foto per l’ingrandimento
La modalità ritratto, provata grazie
ad una turista di passaggio: buono
lo scontorno, anche se non era affatto
difficile, ha i capelli lisci. Xiaomi, come
tanti altri produttori, continua a chiamar-la modalità ritratto, ma in realtà applica la sfocatura a ogni cosa, basta che un soggetto si trovi a
2 metri.
Torniamo agli scatti da 108 megapixel: in questo hotel si può apprezzare la tenuta del dettaglio, anche ai bordi. Forse non saranno 108 megapixel veri, qualcosa si perde per la defini-zione della lente e il crosstalk, ma non si può proprio parlare di marketing: la foto è effettivamente enorme e con tanta luce il sensore non ha alcuna difficoltà a risolvere elementi piccini, come l’antenna o la ringhiera a destra.
Lung. focale: 6.7 mm /Tempo di posa: 1/681 / Size:
12032x9024 /ISO: 100 /Apertura: 1.6
Lung. focale: 8.2 mm / Tempo di posa: 1/1139 /
Size: 4032x3024 /ISO: 101 /Apertura: 2
Lung. focale: 8.7 mm /Tempo di posa: 1/527
Size: 3264x2448 / ISO: 100 / Apertura: 2
Lung. focale: 6.7 mm / Tempo di posa: 1/14 / Size:
6016x4512 / ISO: 599 / Apertura: 1.6
Passiamo ora alle foto in notturna: in questo caso non abbiamo neppure inserito la modalità Notte, il sensore è grande, gestisce 600 ISO senza alcun problema e senza rumore eccessivo. Ci abbiamo provato con un risultato a nostro avviso ottimo.
segue a pagina 36
torna al sommario 36
MAGAZINEn.210 / 1918 NOVEMBRE 2019
Non c’è modalità astrofotografica, ma usando la modalità Notte anche in un posto dove l’inquina-mento luminoso è elevato, e si vede, si riescono a fotografare le stelle. Noi le potevamo vedere a occhio nudo, anche se con un po’ di difficoltà, il sensore le ha viste. Due scatti a mano libera.
Sempre modalità notte, sempre sensore prin-cipale: questa volta il soggetto è la stazione dei treni, con una facciata davvero difficile da gestire per le luci e per i dettagli. Ma il Mi Note 10 supera senza problema la prova.
In questa fotografia, assolutamente banale, si può apprezzare il dettaglio comunque elevato e il rumore assolutamente contenuto. Lo smartphone poteva mangiare le parti in ombra, invece riesce a mantene-re anche un buon controllo dinamico.
Qui uno scatto usando il 50 mm in pieno giorno: nonostante non sia il sensore con la risoluzione più alta, questo 12 megapixel restituisce foto pulitissime e perfettamente godibili.
REPORTAGE
Mi Note 10, le foto di notte e di giorno segue Da pagina 35
Clicca sulle foto per l’ingrandimento
Lung. focale: 1.9 mm / Tempo di posa: 1/100
Size: 1600x1200 / ISO: 119 / Apertura: 2.4
ficile: il processore non è il migliore sul mercato e non
c’è un processore aggiuntivo per il machine learning,
pertanto certi calcoli che usano algoritmi di fotografia
computazionale, come lo scontorno e lo scatto not-
turno, resteranno sempre più lenti, si deve aspettare
anche 7 secondi prima di vedere la foto. Le dimensioni
giganti dei file non aiutano: ricordiamo che lo smar-
tphone deve gestire 108 megapixel “raw” su ogni posa,
per poi lavorarli e comprimerli: non è cosa da poco.
Sono ovviamente prime impressioni, basate anche su
quella che è una versione software iniziale che verrà
ottimizzata nelle prossime settimane. Per certi aspetti
ci ha impressionato, soprattutto per la risoluzione, ma
qualche cosa va sistemata: il bilanciamento del bian-
co durante gli scatti in notturna è un po’ sballato e lo
zoom 5x con soggetti in movimento tende a impastare
troppo i dettagli.
Il macro con il 2 mega-pixel. La risoluzione non c’è, ma la messa a fuoco così ravvicinata in certi frangenti è utile. Resta un dubbio: usando il sensore da 108 mega-pixel e con un bel crop si otteneva lo stesso risultato. Restiamo convinti: il macro serve a far numero.
Lung. focale: 8.2 mm /Tempo di posa:
1/940Size: 4032x3024 / ISO: 100 / Apertura: 2
Lung. focale: 6.7 mm Tempo di posa: 1/13 /Size:
6016x4512 / ISO: 1066 / Apertura: 1.6
Lung. focale: 6.7 mm / Tempo di posa: 1/5 /
Size: 6016x4512 / ISO: 12768 /Apertura: 1.6
Lung. focale: 6.7 mm /Tempo di posa: 1/5
/Size: 6016x4512 / ISO: 12768 / Apertura: 1.6
Lung. focale: 8.2 mm /Tempo di posa: 1/50
/Size: 4032x3024 / ISO: 404 / Apertura: 2
torna al sommario 37
MAGAZINEn.43 / 1918 NOVEMBRE 2019
Seat entra nel mercato delle due ruote con uno scooter 100% elettricoManca poco alla presentazione del concept del primo scooter 100% elettrico di Seat che con questo prodotto entrerà per la prima volta nel 2020 nel mercato delle moto di M. ZOCCHI
Il concept del primo scooter 100% elettrico di Seat sarà pre-sentato il prossimo 19 Novem-bre, in occasione dello Smart City Expo World Congress di Barcellona, e segnerà l’ingresso di Seat nel mondo delle moto.Seat entrerà nel mercato delle moto nel 2020, quando verrà commercializzato il nuovo scoo-ter elettrico originato dal con-cept che vedremo il prossimo 19 Novembre a Barcellona, e lo farà con un prodotto equivalente a un 125 cc, che sarà reso dispo-nibile sia ai privati che ai servizi di sharing. Seat, che vuole con-quistare un ruolo da leader del-la micromobilità all’interno del gruppo Volkswagen, aveva già annunciato infatti prodotti come lo eXS KickScooter e il Minimò, e con questo nuovo scooter elet-trico andrà a consolidare questo impegno. Il nuovo scooter elet-trico di Seat, di cui ancora non abbiamo caratteristiche tecniche , verrà sviluppato in collabora-zione con Silence, un costrutto-re di motociclette elettriche di Barcellona.
di Massimiliano ZOCCHI
R ecentemente Volkswagen aveva
mostrato la prima immagine di una nuova auto elettrica, proba-
bilmente una sedan sportiva destinata
al solo mercato americano. Scopriamo
l’ennesima vettura della gamma ID,
pronta per essere svelata durante il Los
Angeles Auto Show, e questa volta è una
station wagon. Il nome scelto è ID. SPA-
CE VIZZION, il che rende chiaro che si
tratta della variante wagon della già vista
ID. VIZZION, cosa che fa pensare non
sia in questo caso una vettura destinata
agli USA (dove le wagon storicamente
vanno molto male) ma piuttosto all’Euro-
pa. Dalle nuove immagini del posteriore
sembra altresì chiaro che l’auto già vista
non sia la stessa, per la diversa confor-
AUTO ELETTRICA La casa tedesca svela le prime immagini dell’ennesima vettura elettrica
Volkswagen inarrestabile con la wagon elettrica ID. SPACE VIZZION verrà svelata a Los AngelesID SPACE VIZZION dovrebbe arrivare nel 2021, in diverse versioni, per il mercato globale
mazione del portellone
e del taglio del lunotto
posteriore. È plausibile
quindi aspettarsi un
doppio unveil in quel
di Los Angeles.
La nota ufficiale che
ha accompagnato la
pubblicazione delle
immagini recita così:
“VolkswagenL’ID. SPA-
CE VIZZION è una wagon di domani che
combina le caratteristiche aerodinami-
che di una Gran Turismo con la spaziosi-
tà di un SUV. Stilisticamente, l’ID. SPACE
VIZZION segue il DNA progettuale della
famiglia ID, ma ha un carattere comple-
tamente indipendente” . L’importanza
dei prototipi Volkswagen, lo abbiamo già
ricordato in diverse occasioni, risiede
nel fatto che sono tutti destinati a tra-
sformarsi in auto di serie di una gamma
elettrica completa, e non sono semplici
esercizi di stile come spesso avviene
in altri casi. In particolare, la ID SPACE
VIZZION dovrebbe arrivare nel 2021, in
diverse versioni, per il mercato globale.
di Alessandro CUCCA
Tesla Model 3 ha sbaragliato la con-
correnza e si è aggiudicata il premio
Volante D’Oro (Goldenes Lenkrad
in tedesco) battendo in finale Audi A4 e
BMW Serie 3. Salito sul palco per i rin-
graziamenti, Elon Musk in persona, ha
annunciato ufficialmente che la nuova
Gigafactory europea, la quarta nel mon-
do, verrà costruita a Berlino, e più preci-
samente nei pressi del nuovo aeropor-
to. Come ha specificato subito dopo (e
confermato via twitter), la Gigafactory 4,
produrrà batterie e gruppi propulsori e
poi anche veicoli, partendo da Model
Y, il nuovo crossover elettrico di Tesla
in arrivo nel 2021. In questa nuova sede
verrà inoltre attivato un centro di ricerca
e sviluppo. In precedenti dichiarazioni
della scorsa estate, Musk ha detto che
nei successivi 12-18 mesi sarebbero sta-
ti molto avanti con la costruzione della
nuova fabbrica e che contava di averla
operativa entro al fine del 2021.
AUTO ELETTRICA Tesla Model 3 ha sbaragliato la concorrenza battendo Audi A4 e BMW Serie 3
Tesla, la Gigafactory europea sarà a Berlino E la Model 3 vince il “Volante d’Oro” Musk ha annunciato che la nuova Gigafactory europea sarà a Berlino e produrrà la Model Y
Tesla Model 3 vince il “Volante d’Oro”Per quello che riguarda il premio in-
vece, Tesla Model 3 ha battuto, nella
categoria “Auto medie premium”, le pa-
drone di casa Audi A4 e BMW Serie 3,
conquistando più punti di tutte le altre
auto nella sua categoria e in generale.
Ricordiamo che il premio viene asse-
gnato dal 1975 ed è organizzato dalla
rivista AutoBild che chiede a una giuria
di 50 esperti tra tecnici, piloti, direttori
di testate specializzate e Vip di prova-
re le 40 auto in gara e di giudicarle in
base alla dinamicità di guida, comfort e
qualità.
Tesla Model 3 ha stupito tutti i giurati per
le sue qualità di guida e ha permesso
che la “compatta” di Tesla vincesse il
premio di diverse lunghezze.
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MAGAZINEn.43 / 1918 NOVEMBRE 2019
di M. ZOCCHI
E ICMA è sempre stata una fiera in cui
le influenze delle mode del momen-
to sono fondamentali. In passato ab-
biamo assistito a cambiamenti importanti
dei mezzi esposti. Ci sono state le eBike
che gradualmente hanno sostituito le
normali bici muscolari, c’è stato l’avvento
della mobilità elettrica che gradualmente
ha contagiato moto e ciclomotori, fino ad
arrivare agli ultimi anni in cui avevamo
assistito alla comparsa di hoverboard e
mezzi moderni simili. Ma l’edizione del
2019 resterà probabilmente nella storia
come quella che ha visto l’invasione dei
monopattini elettrici. Questo mezzo sta
vivendo una nuova gioventù proprio
grazie all’aggiunta del motore elettrico
e della batteria, e sta avendo una rapi-
da diffusione in tutto il mondo, ad opera
sia dei privati cittadini sia delle società
che hanno creato servizi di sharing ba-
sati su questo veicolo. Anche l’Italia sta
tentando di allinearsi a quanto avviene
in altri Paesi europei e del mondo. EI-
CMA si è quindi rivelata una occasione
imperdibile per tutte quelle aziende
che hanno visto in questa novità una
opportunità di business e, perché no,
per dare sfogo alla propria creatività e
capacità costruttiva. Tra gli stand della
fiera quest’anno ci sono quindi mo-
nopattini elettrici (o electric scooters
come vengono chiamati in inglese) un
po’ ovunque e ci si accorge di questa
abbondanza appena si mette piede in
un padiglione. E per una volta non sono
solo i soliti cinesi a cogliere la palla al
balzo, ma anche tantissime aziende eu-
ropee e italiane. Creatività dicevamo,
come ad esempio nel caso di Alpmars,
società con base a Ginevra e che pro-
URBAN MOBILITY Questo pratico mezzo di mobilità urbana sta vivendo una nuova gioventù
EICMA 2019 è l’edizione dei monopattini elettrici: i veicoli urbani invadono la fieraL’edizione 2019 potrebbe esere ricordata come quella con più monopattini elettrici che motocicli
pone tante soluzioni particolari, come la
doppia ruota posteriore, ammortizzatori
generosi per la ruota anteriore o anche
fari degni di una moto e che non pas-
serebbero certo inosservati. In genera-
le c’è la tendenza a concepire il mono-
pattino non necessariamente come un
mezzo esile e leggero, ma anche con
soluzioni prese da altri tipi di mobilità.
Così come nei modelli dell’azienda ci-
nese Lit-gogo, al cui stand spiccano i
monopattini con forcelle che sembrano
derivate dal mondo eBike, anche se poi
nel ricco catalogo ci sono pure i modelli
più semplici che siamo abituati a vedere
in Italia. C’è anche chi invece cerca una
certa raffinatezza nel prodotto, per cer-
care di non far percepire il monopattino
come un mero prodotto industriale. Tra
gli stand ci ha incuriosito la direzione
presa da Lab’Elle, azienda francese che
con l’utilizzo di una elegante pedana in
legno ricurva cerca di dare un aspetto
più elegante al loro “Véloce”, con lo
stesso materiale ripreso anche per il
parafango. E per sottolineare il target,
mostrano anche una valigetta di pelle
fissata al manubrio. Come detto anche
i sempre attenti italiani stanno cercan-
do di ritagliarsi una fetta di mercato ed
abbiamo trovato una ricca proposta allo
stand di Lem Motor. Nei giorni scorsi
abbiamo già parlato del loro per il ci-
clomotore futuristico Beachmad, ma il
catalogo dell’azienda di Sarno è molto
vasto. Anche il monopattino Micro MAD
fa uso del legno per guadagnare un
aspetto caratteristico, in questo caso
anche con uno scudo verticale lungo il
palo del manubrio. In alternativa ci sono
anche i modelli più aggressivi come il
Mini MAD, nella nostra foto in versione
sportiva ma che può avere sempre una
pedana in legno personalizzata. Occhio
però ai limiti di potenza, che in Italia è
di 500 W secondo il decreto per micro-
mobilità.
Questi sono solo alcuni esempi che ab-
biamo scelto per mostrare la quantità di
proposte presenti ad EICMA. Come suc-
cesso in passato, quella dei monopattini
potrebbe essere una moda
passeggera, che verrà poi
sostituita con la “next big
thing”, oppure potrebbero
ritagliarsi un loro spazio de-
finitivamente, diventando
mezzi abituali e convenzio-
nali, e non più visti come
oggetti strani o estranei.
Nel frattempo vi proponia-
mo qualche altra foto di
modelli che hanno attirato
la nostra attenzione.
Sembra uscito da un film di fantascienza, invece è uno scooter elettrico italianoLem Motor è presente in forze ad EICMA con diversi prodotti tra cui spicca un ciclomotore elettrico dalle linee futuristiche di M. ZOCCHI
EICMA nasconde sempre qualche sorpresa: è il caso dell’azienda italiana Lem Motor, che ha deciso di abbracciare il crescente interes-se per la mobilità elettrica con un ricco catalogo di prodotti. Al loro stand però non si può non notare uno strano ciclomotore, con linee fantascientifiche. Stiamo parlando di Beachmad. La prima informazio-ne, forse la più importante, è che si tratta di un mezzo omologato e targabile, e non destinato solo alle aree private. Si potrebbe classifica-re come scooter elettrico, anche se le forme sono poco convenzionali, in virtù della potenza del motore di 2 kW e della velocità massima di circa 50 km/h. La capacità di carico arriva fino a 140 kg, mentre il veicolo pesa circa 90 kg. La bat-teria al litio, che secondo i dati for-niti dovrebbe essere da 2.4 kWh, può assicurare tra 50 e 70 km di autonomia in base alla velocità e al peso del conducente. Dai comandi è possibile selezionare tre modali-tà di guida con differenti velocità. I freni sono a dischi sia all’anterio-re che al posteriore. Per chi fosse interessato, Lem Motor ha diversi rivenditori su tutto il territorio, ma è possibile acquistare anche online, al costo di 3.399 euro IVA inclusa, che con gli incentivi statali potreb-be scendere di circa 1.000 euro, rendendo il prezzo interessante.
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MAGAZINEn.43 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Massimiliano ZOCCHI
D alla scorsa edizione di EICMA,
KYMCO si è messa in testa di
stupire il pubblico con novità in-
teressanti e innovative, riguardanti più
che altro la mobilità elettrica. Anche
questa edizione non fa eccezione, e
per oggi era atteso l’unveil di RevoNex,
quello che molti credevano essere un
maxiscooter. Un po’ a sorpresa invece si
tratta di una potente moto elettrica, non
una vera e propria superbike come la
SuperNex dello scorso anno, ma comun-
que un mezzo che racchiude al meglio
tutta la tecnologia sviluppata da KYMCO
negli ultimi anni. Come per la moto elet-
trica presentata l’anno scorso, KYMCO
sceglie ancora la strada del cambio
come sulle moto termiche, a 6 marce
per la precisione, dichiarando però che
la flessibilità del motore elettrico può
consentire di muoversi, specialmente in
ambito urbano, usando un solo rapporto,
scelto in base alle proprie esigenze. Ad
esempio se imbottigliati nel traffico, in
prima marcia RevoNex può raggiungere
MOBILITÀ SOSTENIBILE KYMCO spiazza tutti e ad EICMA non ha svelato il maxiscooter elettrico
KYMCO svela RevoNex: è una moto elettrica bella, potente e con tanta tecnologiaLa moto elettrica racchiude al meglio tutta la tecnologia sviluppata da KYMCO negli ultimi anni
la velocità di 80 km/h. KYMCO assicura
inoltre che con il sistema FEP la Revo-
Nex avrà sempre la giusta potenza per
ogni situazione, anche se sarà sempre
possibile spingerla fino al massimo delle
sue possibilità, ovvero una velocità mas-
sima oltre i 200 km/h, con accelerazio-
ne da 0 a 100 in soli 3.9 secondi. E una
volta raggiunti i 100 km/h, per arrivare a
200 bastano altri 8.7 secondi. Durante la
presentazione sono state spese parole
importanti anche per la funzione Active
Acoustic Motor. Con questa tecnologia
KYMCO vuole aiutare il rider a percepire
le prestazioni tramite il suono del moto-
re, un po’ in stile moto endotermiche.
Per far questo un suono artificiale arriva
dal motore, che si mescola al normale
sibilo elettrico, per creare quella che
l’azienda crede possa essere un’espe-
rienza unica. Una presentazione in
grande stile, ma nemmeno una paro-
la su caratteristiche del motore, della
batteria, così come riserbo assoluto su
prezzo ed eventuale disponibilità. Sem-
bra che RevoNex resterà un progetto in
sviluppo ancora a lungo, e non se ne
riparlerà fino al 2021.
Ad EICMA c’è anche lo scooter elettrico Ducati. Lo abbiamo visto dal vivoAllo stand del partner Super Soco è esposto anche lo scooter elettrico marchiato Ducati. Belle grafiche ma nulla più di M. ZOCCHI
Non si tratta di una vera antepri-ma, ma allo stand EICMA di Super Soco abbiamo potuto vedere dal vivo anche lo scooter elettrico marchiato Ducati. Non una novità dicevamo, in quanto la collabora-zione tra le due aziende era stata presentata già lo scorso maggio.In quell’occasione vi avevamo descritto come sarebbe stato lo scooter, derivato direttamente dal Super Soco CUx, e semplicemen-te denominato Special Edition Du-cati. In dote ha un motore Bosch da 1.300 W e una batteria in grado di assicurare circa 70 km di auto-nomia.Visto dal vivo, lo scooter Ducati conferma le prime impressioni, ovvero che oltre alle grafiche per-sonalizzate non c’è molto altro a differenziarlo dal prodotto di se-rie di Super Soco. Resta sempre un buon prodotto per il prezzo di 2.890 euro, ma il marchio Ducati qui serve più altro all’azienda di Borgo Panigale per sondare un ipotetico mercato futuro.
di M. ZOCCHI
Abbiamo seguito costantemente lo sviluppo della moto elettrica di RMK Vehicles, e il lancio definiti-
vo era atteso proprio durante l’edizione
di EICMA. E in effetti l’azienda finlande-
se ha rispettato le promesse, non prima
però di uno strategico cambio di nome,
diventando Verge Motorcycles. Anche la
moto con la caratteristica ruota-motore
cambia nome, passando da E2 a Verge
TS. L’idea che molti ritenevano impossibi-
le si è rivelata fattibile e in grado di offrire
caratteristiche da urlo. La TS sulla carta
ha una potenza di 80 kW, ma con una
assurda coppia di 1.000 Nm. L’accelera-
zione non è ancora dichiarata con preci-
MOBILITÀ SOSTENIBILE La società ha presentato la sua moto con il rivoluzionario motore hub
RMK cambia nome in Verge Motorcycles: la moto con la ruota-motore è la novità più bella di EICMALa TS sulla carta ha una potenza di 80 kW, ma con una assurda coppia di 1.000 Nm
sione, ma comunque lo
0-100 km/h dovrebbe
restare sotto i 4 secon-
di. Superfluo dire che
dal vivo le impressioni
sono molto positive, e
la moto è forse la più in-
novativa e affascinante
di tutta EICMA. Anche
l’autonomia è di tutto ri-
spetto, sicuramente aiutata dall’assenza
di qualsiasi tipo di trasmissione o organo
meccanico. In ambito urbano Verge TS
può garantire fino a 300 km, che scendo-
no a 200 km in extraurbano. L’autonomia
consumata può però essere recuperata
velocemente grazie al supporto per la ri-
carica fast DC con presa Combo CCS. In
40 minuti si è pronti a ripartire, oppure si
possono guadagnare 100 km in 15 minuti.
In alternativa c’è la possibilità di ricarica in
corrente alternata, per circa 4 ore. È pos-
sibile preordinare la Verge TS con una
caparra di 2.000 euro, e per un prezzo
finale di quasi 25.000 euro IVA esclusa.
La produzione di massa dovrebbe inizia-
re nel secondo trimestre del 2020.
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MAGAZINEn.43 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Massimiliano ZOCCHI
Super Soco, l’azienda con base cine-
se ma con importazione e vendita
un po’ in tutta Europa, continua
a sfornare veicoli elettrici dedicati alla
mobilità urbana. Ad EICMA si è aggiunta
una nuova moto elettrica, la Super Soco
TSx, che riprende ancora il design della
fortunata serie. Si tratta sempre di una
moto da città di piccole dimensioni, con
motore Bosch di tipo hub, avente 3 kW
di potenza massima e 140 Nm di coppia,
con un tasso di conversione dell’ener-
gia di oltre l’89%. La TSx ha una velocità
massima di 75 km/h (in Europa potrebbe
essere limitata a 45 km/h) e può garantire
URBAN MOBILITY Non solo nuovi scooter per Super Soco, ma anche una nuova moto elettrica
Super Soco vuole dominare il mercato delle moto elettriche urbane: ecco la nuova TSxLa TSx ha il design di successo dell’azienda cinese e garantisce un’autonomia fino a 150 km
una autonomia fino a 150 km, utilizzando
due pacchi batteria. Il singolo modulo ha
una capacità di 1.8 kWh, 60 v per 30 Ah,
certificato fino a 800 cicli di ricarica, con
celle 18650. Le batterie sono rimovibili,
così è possibile anche decidere di spo-
starsi con un solo modulo, rinunciando a
parte dell’autonomia ma guadagnando in
peso. Il peso della moto è di circa 70 kg.
Bisognerà attendere i vari importatori per
comprendere bene i prezzi, ma in alcuni
siti europei è già in vendita a 3.699 euro.
Elon Musk conferma: una superbatteria per la nuova Tesla Model S PlaidLa nuova Tesla Model S top di gamma, denominata “Plaid”, arriverà nell’estate del 2020. Avrà una batteria più grande della attuale “long Range” di A. CUCCA
Arriva via Twitter la conferma di Elon Musk: la nuova Tesla Model S in versione Plaid, avrà una batteria ancora più capiente. La configura-zione Plaid sarà la nuova Tesla Mo-del S top di gamma vista a Nürbur-gring e che avrà un nuovo chassis e un nuovo sistema propulsore ba-sato su tre motori. L’ultimo aggior-namento di questa configurazione riguarda la capacità della batteria, che Musk, via Twitter, ha confer-mato sarà maggiore della attuale massima capacita di 100 kWh delle versioni Long Range di Model S. Di quanto sarà questa nuova batteria, ad oggi non è dato sapere. In pas-sato lo stesso Musk aveva dichia-rato che la piattaforma di Model S e X può supportare al massimo pacchi batterie da 120 kWh, però in questi anni sono state fatte di-verse migliorie su questo fronte, migliorando anche la densità del-le singole celle. Per questo, per la nuova Plaid, disponibile a partire dall’estate del 2020, è plausibile una nuova batteria da almeno 120 kWh, ma potrebbe essere anche da 125 o 130 kWh. In ogni caso si tratterebbe dell’auto elettrica con la batteria più grande del merca-to e con la più estesa autonomia di marcia che potrebbe arrivare a superare i 680 km.
di Franco AQUINI
P iaggio ha da poco rivoluzionato
completamente quella che ormai
è una vera icona italiana, la Vespa.
In occasione di EICMA presenta una ver-
sione potenziata, capace di raggiungere
i 70 km/h, che supera quindi quello che
era uno dei limiti della prima versione,
capace di arrivare al massimo ai 45 km/
h. Vespa Elettrica è silenziosa, persona-
lizzabile, facile da guidare e connessa.
E Piaggio la racconta attraverso quattro
dati principali: 100 Km di autonomia, ri-
carica massima in 4 ore, 0 emissioni di
CO2 e motore da 4 kW di potenza. Con
la versione potenziata, Piaggio sostiene
di aver mantenuto la stessa autonomia,
quantomeno in Eco Mode. In modalità
Power, con tutta probabilità quella che
permetterà di raggiugnere la massima
velocità, l’autonomia scende però a 70
Km. Gli ingegneri Piaggio si sono con-
centrati particolarmente sulla facilità di
utilizzo di guida. Nel vano sottosella,
ad esempio, c’è l’alloggiamento per
il casco e per il cavo di ricarica della
batteria, che si può collegare a una pre-
sa elettrica a muro o a una colonnina.
Il tempo di ricarica di 4 ore si riferisce
URBAN MOBILITY Piaggio ha presentato ad Eicma una nuova versione della Vespa Elettrica
EICMA, la nuova Vespa Elettrica sfreccia a 70 km/hLa nuova Vespa è capace di raggiugnere i 70 km/h pur mantenendo invariata l’autonomia
proprio alla carica con la 220 V e do-
vrebbe essere rimasto invariato anche
su questa versione potenziata.
Particolare attenzione è stata posta poi
sulla connettività e sul cruscotto digi-
tale. Quest’ultimo ospita uno schermo
TFT da 4,3 pollici e fornisce una serie di
informazioni utili e di statistiche sul viag-
gio. Per quanto riguarda la connettività,
Vespa Mia permette la piena connes-
sione con lo smartphone tramite blue-
tooth e app dedicata. In questo modo
il display diventa un’estensione dello
smartphone, permettendo di risponde-
re alle chiamate o di ricevere le notifi-
che dei messaggi. Si può anche gestire
la musica o attivare i comandi vocali, ma
soprattutto si può memorizzare la posi-
zione del veicolo.
Infine, oltre al lato tecnologico, c’è il
look. Trattandosi di Vespa, è tutt’altro
che un aspetto secondario. Vespa Elet-
trica è caratterizzata da finiture blu elet-
trico, ma a Eicma era presente anche
la versione con finiture gialle. Vespa
inoltre può essere personalizzata me-
scolando i colori dello scudo, i fregi del
cravattino, i bordi dei cerchi e le cucitu-
re della sella.
Il prezzo non è ancora noto, ma il mo-
dello da 45 km/h viene proposto a 4.818
euro (con inclusi già gli incentivi statali),
molto probabile quindi che il nuovo mo-
dello potenziato superi i 5.000 euro.
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MAGAZINEn.43 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Massimiliano ZOCCHI
l rinato marchio Garelli continua a pun-
tare forte sulla mobilità elettrica. Dopo
un esordio nella passata edizione di
EICMA, si ripresenta quest’anno con altre
novità nello stesso settore. Ci riferiamo
allo scooter (anche se l’aspetto non è
proprio tipico) Ciclone, che guadagna una
nuova versione più potente chiamata E4.
La sigla indica la potenza, che sale a 4 kW
contro i 2 kW del modello base, e questo
MOTO ELETTRICA Il marchio italiano propone ad EICMA la nuova versione del suo Ciclone elettrico
Da Garelli arrivano altre novità elettriche Lo scooter Ciclone E4 raddoppia la potenzala potenza sale a 4 kW contro i 2 kW del modello base, la velocità massima arriva a 70 km/h
fa aumentare anche la velocità massima
a 70 km/h. Sale anche la coppia, che ora
arriva a 150 Nm. Sono tre le varianti di-
sponibili per il nuovo Ciclone E4. Cross,
con la tipica colorazione verde foresta e
pneumatici tassellati per affrontare anche
l’off-road. Soul, con aspetto più sportivo e
infine Urban, più alla modo e con il tipico
colore rosso Garelli. La batteria è da 2.5
kWh e può garantire fino a 60 km di auto-
nomia alla massima velocità, oppure fino
a 100 km a 45 km/h. Per i prezzi bisogne-
rà attendere che i nuovi modelli facciano
la loro comparsa sul sito ufficiale.
di Alessandro CUCCA
G li stand della EICMA 2019 saranno
anche l’occasione per vedere per
la prima volta la nuova Hadin Pan-
ther, una moto granturismo elettrica con
motore da 60 cavalli, 130 km/h di veloci-
tà massima e un’autonomia di circa 160
km. La nuova HADIN Panther debutterà
quindi presso il grande pubblico proprio
a Milano, in occasione di EICMA 2019e,
anche se l’azienda si dichiara fondata nel
2016 in California, in realtà le moto arri-
veranno dalla Cina dove realmente ha
sede il costruttore. La moto, abbastanza
unica nel panorama delle moto elettriche
viste finora, assomiglia molto a una “vec-
chia” Harley Davidson, con la sua sella
comoda e l’importante radiatore, e invi-
ta proprio ad affrontare lunghi viaggi in
tutta calma e comodità. La Hadin Panther
è comunque accessoriata di tutto punto,
con gestione keyless, integrazione dello
smartphone, un ampio display anteriore
da 7 pollici dove sono visualizzate anche
MOTO ELETTRICA Hadin, azienda cinese “basata” in California, presenta la moto Panther
Hadin debutta a EICMA con la sua moto Panther Granturismo elettrica con 160 km di autonomiaPanther assomiglia a una vecchia Harley Davidson, con la sella comoda e l’importante radiatore
le immagini delle videocamere anteriore
e posteriore. I freni sono a disco con ABS
e le luci a Led, e si potranno impostare
tre diverse modalità di guida per decide-
re se dare più risalto alla sportività o alla
massima autonomia possibile.
Della batteria si sa solo che è realizzata
con celle al litio Panasonic 18650 e che
può esser ricaricata dal 20% al 80% in cir-
ca 30 minuti utilizzando una ricarica velo-
ce.Al momento invece nessuna informa-
zione sulla data di commercializzazione
e sul prezzo di vendita al pubblico.
Anche Garelli sceglie Polini per la nuova eBike: ecco la Audax RM002Garelli è tra le aziende che hanno scelto Polini per la fornitura dei motori elettrici delle nuove eBike. Ecco il modello esposto a EICMA di M. ZOCCHI
Appena prima di EICMA, l’italiana Polini aveva annunciato che di-versi produttori avrebbero scelto il loro motore E-P3 per le nuove eBike. Tra questi c’è la rinata Ga-relli, e proprio nel loro stand del-la kermesse milanese abbiamo potuto vedere la nuova Audax RM002. Si tratta di una eMTB full suspension a prima vista adatta a trail e enduro, con telaio in car-bonio. All’anteriore troviamo una forcella RockShox Lyric Ultimate Red con 160 mm di escursione. L’ammortizzatore invece è un Ext Storia V3 con 150 mm di travel.Per il cambio la scelta è ricaduta sullo Shimano XT a 12 velocità, con cassetta SRAM NX. Freni sempre Shimano, con XT8120 e dischi da 203 mm all’anteriore e 180 mm al posteriore. Ruote FSA di dimensioni diverse, 29” e 27.5”, gommate Schwalbe Magic Mary. Al momento la eBike non è ancora riportata sul sito ufficiale e il prezzo è sconosciuto.
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Batteria con un’autonomia di 22 ore
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MAGAZINEn.43 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Massimiliano ZOCCHI
P er il nono anno consecutivo Ener-
gica Motor Company ha parteci-
pato ad EICMA. Questa edizione
è stata particolarmente importante,
in quanto arrivava a un anno preciso
dall’annuncio che la casa modenese
sarebbe stata costruttore unico per il
nascente campionato di MotoE.
E proprio l’esperienza maturata nella ca-
tegoria 100% elettrica ha permesso ad
Energica di fare un salto evolutivo sulle
sue moto, applicando la ricerca effettua-
ta per supportare i team del campionato
fortemente voluto da Dorna. La novità
più importante è sicuramente la nuova
batteria da 21.5 kWh, che troveremo sulle
MY2020 Ego+ ed Eva EsseEsse9+, ed an-
che sulla new entry Eva Ribelle. Avevamo
MOBILITÀ SOSTENIBILE Energica presenta la sua novità più importante, la gamma MY2020c
Energica, l’innovazione della MotoE su strada Ad EICMA la nuova batteria da 21.5 kWhPer la prima volta su strada le novità tecniche dall’esperienza come costruttore unico di MotoE
avuto un assaggio della nuova Ego+ gra-
zie a un test effettuato da Nico Rosberg. Restano disponibili anche le moto con la
batteria precedente, ovvero da 13.4 kWh.
Il nuovo accumulatore è un salto in avan-
ti rilevante, portando l’autonomia delle
nuove moto a 180 km in autostrada, 230
km in combinato e fino a 400
km in città. In pratica un’auto-
nomia aumentata del 60%, a
fronte di un alleggerimento
del 5%. La nuova Eva Ribelle è
sempre una streetfighter come
tutta la gamma Eva, ed ha per
l’appunto in dote la nuova bat-
teria da 21.5 kWh, un motore
a magneti permanenti da 107 kW e 215
Nm di coppia. Sempre presente la rica-
rica fast in DC con connettore CCS con
la quale sono necessari circa 40 minuti
per arrivare all’80% di carica. Eva Ribelle
parte da 22.943 euro, mentre Ego+ parte
da 24.419 euro, con le colorazioni Grey e
Red di serie, mentre per il pack estetico
ispirato alla MotoE bisogna aggiungere
ulteriori 2.360 euro. Rinunciando invece
alla nuova batteria e puntando su quella
da 13.4 kWh, il prezzo di Ego scende a
19.664 euro. Eva Esseesse9 resta invece
la meno costosa della famiglia, a 20.894
euro nella versione Plus e 16.386 nella
versione con vecchia batteria.
di M. ZOCCHI
L a Honda E non è ancora arrivata
sulle strade, ma si può già consid-
erare una realtà, dopo la conferma
di caratteristiche e prezzi durante il
salone di Francoforte (qui la nostra scheda dedicata). Le consegne inizier-
anno per l’estate del 2020, ma Honda
pianifica già una seconda vettura com-
pletamente a batteria.
Di questa nuova auto ancora non si sa
praticamente nulla, se non che seguirà
la Honda E a un anno esatto, nel 2022.
È probabile che nel suo secondo pro-
getto Honda scelga di realizzare un’auto
AUTO ELETTRICA La casa giapponese attraversa un periodo di importanti cambiamenti
Honda: addio diesel e idrogeno in stand byDopo Honda E arriverà una seconda auto elettricaIl piano strategico è forse l’abbandono dei motori diesel su tutta la gamma a partire dal 2021
dall’utilizzo più ampio,
dato che l’imminente
compatta retrò ha in-
vece una connotazione
prettamente urbana, per
la batteria di soli 35.5
kWh e le dimensioni.
Al tempo stesso la casa
sta attuando un piano
strategico con altri punti
importanti. Il più incisivo
è forse l’abbandono dei motori diesel su
tutta la gamma a partire dal 2021, mossa
che segue altre simili già intraprese
dalla concorrenza. Allo stesso tempo
una tecnologia un tempo promettente,
Kawasaki conferma di essere al lavoro su una Ninja elettrica. Eccola in azioneKawasaki a sorpresa mostra un video dello sviluppo della Ninja elettrica. La casa giapponese rivela uno studio partito già dieci anni fa di M. ZOCCHI
Ne avevamo parlato già tempo fa, quando un brevetto indicò studi di Kawasaki per una moto elettri-ca. L’ipotetica Ninja a batteria era però poco più di un disegno su carta. Oggi invece scopriamo che la casa giapponese è realmente all’opera su una moto elettrica, con tanto di test in fase anche piuttosto avanzata.È la stessa Kawasaki a rivelarlo, pubblicando una video intervista a Yoshimoto Matsuda, il capo del settore R&D, che mostra proprio una moto elettrica, in fase di test e sviluppo. Nel video ci sono an-che tratti di prove in pista, con il chiaro sound tipico delle moto elettriche.I brevetti più recenti suggerivano la soluzione di batterie rimovibili, cosa di cui non sembra esserci traccia nel video. Ma è lo stes-so Matsuda a chiarire: “elementi di questo concept evolveranno e saranno presenti nelle moto di prossima generazione su cui stiamo lavorando”. In buona so-stanza, un grande work in pro-gress.Sempre Matsuda indica come inizio degli studi per una moto elettrica i primi anni 2000 e cre-de che la moto sarà divertente da guidare, in pieno stile Kawasaki.
quella dell’idrogeno, è momentanea-
mente messa in pausa, con Presidente
di Honda Europa, Katsushi Inoue che
parla di “auto che verranno”, lasciando
intendere un futuro non troppo vicino.
torna al sommario 44
MAGAZINEn.43 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Massimiliano ZOCCHI
L a gamma degli scooter Silence sta
avendo un ottimo successo in tutta
Europa, ma in Italia ancora non er-
ano in vendita. Attesa ora finita, grazie
all’accordo con Exelentia Srl, che ne di-
venta distributore, oltre ad aver seguito
tutte le pratiche per l’omologazione nel
nostro Paese. Gli scooter Silence sono
realizzati in Europa e si distinguono per
design, buona autonomia e la generosa
batteria rimovibile che si trasforma in un
comodo trolley. La batteria da 5.5 kWh
(4 kWh o 6 kWh per il modello 03), è es-
traibile per essere trasportata e ricarica
URBAN MOBILITY Tre gli scooter elettrici della spagnola Silence per lavoro e tempo libero
Gli scooter elettrici Silence arrivano in Italia La batteria è un trolley mega-powerbankGli scooter Silence si distinguono per design, autonomia e la generosa batteria rimovibile
ovunque e da qualsiasi presa. Diversa-
mente da altri modelli della concorrenza,
la batteria Silence si trasforma in un trol-
ley con ruote e maniglia, per semplificare
gli spostamenti. All’occorrenza diventa in-
oltre un enorme powerbank, ricaricando
cellulari, PC o altri dispositivi. I tre modelli
hanno retromarcia e tre modalità di guida:
Sport, City e City Eco. È possibile contr-
ollare da remoto lo stato del mezzo con
l’app dedicata. Le informazioni compren-
dono lo stato della ricarica, la posizione
dello scooter o la notifica in caso di furto
o caduta. L’ultimo nato è il modello 01,
pensato principalmente per i privati, uno
scooter di medio-grossa cilindrata che
si può guidare a 16 anni come fosse un
125 cc. Il motore di tipo hub nella ruota
posteriore ha 7 kW di potenza, coppia di
120 Nm e raggiunge la velocità massima
di 100 km/h. La batteria è da 5.5 kWh e
può garantire fino a 115 km di autonomia,
a fronte di un peso di 146 kg. La catego-
ria di omologazione è L3e-A1 e il prezzo
di listino è di 6.760 euro. Silence 02 è
invece il modello pensato per le attività
lavorative come i servizi di consegna, lo
sharing o tutte quelle flotte di pubblico
servizio. Potenza e batteria sono uguali
allo 01, ma la velocità ridotta a 90 km/h
e il peso leggermente inferiore fanno sì
che l’autonomia cresca fino a 127 km. Per
Silence 02 esistono diversi kit per per-
sonalizzare il veicolo in base alla propria
attività, come moduli di carico, bauletti,
o anche il kit per le forze dell’ordine. Il
prezzo in Italia è di 6.365 euro. Infine, il
modello 03 è il veicolo pensato anche per
il B2B, ma può essere utile anche come
trasporto privato, grazie alla sicurezza of-
ferta dalle due ruote posteriori. Il motore
è sempre nella ruota, ma in questo caso
raddoppia, con due unità da 4 kW ciascu-
na. La velocità è limitata a 80 km/h, con la
maggiore potenza utilizzata per garantire
il carico fino 201 kg. È disponibili con due
tagli di batteria, da 4 kWh a 10.199 euro,
e 6 kWh (fino a 215 km di autonomia) per
11.370 euro.
La Commissione Europea approva: dal 2022 etilometro integrato obbligatorio nelle nuove autoNuova norma di sicurezza approvata dalla Commissione Europea. Dal 2022 tutte le auto costruite dovranno avere l’etilometro integrato. Se hai bevuto l’auto non parte di M. ZOCCHI
Dalla Commissione Europea arriva una nuova norma che farà discute-re. Dal 2022 tutte le auto vendute nei Paesi dell’Unione dovranno avere una sorta di etilometro in-tegrato, per prevenire la guida in stato di ebbrezza. Le auto invece prodotte prima del 2022 dovranno essere adattate entro il 2024. Po-tranno anche essere introdotti dei limitatori di velocità automatici, che lavorando insieme al riconosci-mento ottico dei segnali stradali, impediranno di superare il limite di velocità imposto. Secondo l’European Transport Safety Council, maggiori restrizio-ni sulla guida con alcol nel sangue porterebbero a una riduzione de-gli incidenti del 30%, per un totale di 25.000 vite salvate in tutta Eu-ropa nei prossimi 15 anni. Non è ancora chiaro come funzionerà l’etilometro, se sarà integrato in plancia o sarà portatile con una connessione wireless, e nem-meno come possa riconoscere i diversi occupanti, prevenendo lo scambio di test con un passeg-gero sobrio. Con tutta probabilità questi dettagli tecnici devono an-cora essere discussi.
SILENCE 1
SILENCE 2
SILENCE 3
BICI ELETTRICA
Stati Uniti e Cina, c’è l’accordo per le eBikeSecondo una dichiarazione del Ministro del Commercio cinese, il suo Governo e quello USA sono arrivati a un accordo sui dazi di importazione. Il nuovo accordo cancellerà i dazi aggiuntivi, voluti dall’amministrazio-ne Trump, sulle eBike importate dalla Cina. Questi dazi potevano impattare in alcuni casi anche per il 25% del costo dei prodotti e dovevano limitare l’importazione selvaggia di eBike cinesi, spesso troppo favorite da leggi speciali cinesi. Ciò che Trump e i suoi tecnici non avevano valutato, è che sono poche le aziende americane che producono bici a pedalata assistita da zero. Molte importano diversi componenti dalla Cina e molte si limitano a vendere eBike realizzate su commissione in Cina. La norma quindi ha di fatto sfavorito l’industria degli Stati Uniti. Una questione analoga era stata sollevata dalla Commissione Europea, accortasi che simili dazi imposti anche in Europa stavano otte-nendo lo stesso effetto, ostacolando un indotto da 90 milioni di euro. Resta da vedere quindi come si muo-verà la Commissione dopo la novità dell’accordo sull’asse USA-Cina.
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MAGAZINEn.43 / 1918 NOVEMBRE 2019
di Franco AQUINI
Quando si sceglie un’auto nuova, solitamente, si
fa una prima selezione in base all’aspetto este-
tico, per poi valutarne le caratteristiche tecniche,
i pregi e i difetti. Un percorso guidato che, nel caso di
Hyundai Kona, difficilmente fa venire la voglia di guar-
dare altrove. Volendo anticipare il giudizio che ci siamo
fatti al termine della prova lungo le colline di Monte San
Pietro, nei dintorni di Bologna, si può definire questa ver-
sione ibrida di Kona con un termine semplice: razionale.
Razionale perché il segmento del SUV compatto riscuo-
te i favori di gran parte del pubblico. Razionale anche
e soprattutto per il prezzo, visto che viene proposta in
promozione a poco più di 20.000 euro. Infine razionale
perché la versione ibrida è la più indolore delle scelte
della transizione verso la propulsione elettrica.
Ibrido senza pensieriPartiamo proprio da qui, anche perché Kona non è certo
una novità. Anzi, è un’auto già molto popolare nel suo
segmento. La vera novità sta nella versione full hybrid,
quasi indistinguibile a livello estetico dalla versione con
motore termico. Ci si accorge che qualcosa è cambiato
solo quando si avvia l’auto e l’unico rumore avvertibile e
quello del rotolamento degli pneumatici. Quasi assente
del tutto il rumore del motore, segno che si sta proce-
dendo in modalità esclusivamente elettrica, sfruttata
non a caso soprattutto nelle partenze. Il secondo detta-
glio che ci riporta alla mente il fatto che non si tratti della
versione tradizione è l’indicatore nel cruscotto dedicato
ai suggerimenti per una guida intelligente e attenta ai
consumi. Di nuovo ci torna alla mente una parola: razio-
nale. E così, seguendo i suggerimenti di Kona, riusciamo
ad avvicinarci parecchio ai consumi dichiarati da Hyun-
dai, che vanno dai 3,9 ai 4,3 litri per 100 km. In realtà,
durante la nostra prova, ci siamo avvicinati anche ai 5
litri, ma non possiamo certo dire di esserci attenuti sem-
pre ai consigli dell’auto, troppo razionali per una prova
degna di questo nome.
Motore e prestazioni, tutto pensato per il comfort e i consumiUn’auto del genere ha ovviamente un propulsore tarato
per offrire, a chi la guida, soprattutto comfort e consumi
ridotti. Ovvero, a rischio di essere noiosi, un compor-
tamento molto razionale. Il 4 cilindri a benzina 1.6 GDI
svolge perfettamente il suo compito, erogando con dol-
cezza i suoi 105 cavalli di potenza e i 147 Nm di coppia.
A fianco c’è la vera novità di questa versione, ovvero il
motore elettrico a magneti permanenti alimentato dalla
batteria da 1,56 kWh. Questa unità fornisce altri 43,5 cv
di potenza e 170 Nm di coppia, portando il tutto a 141 ca-
valli con una coppia motrice totale di 265 Nm. Un’equa-
zione perfetta per un SUV compatto che non fa certo
delle prestazioni il suo punto di forza. Sulla strada però
si comporta decisamente bene e l’assetto discretamen-
te rigido ha trasformato le tante curve del paesaggio
collinare in una piacevole passeggiata. Ottimo anche
AUTO IBRIDA Sulle colline bolognesi abbiamo provato la nuova Hyundai Kona in versione full hybrid. Il listino è davvero aggressivo
Hyundai Kona Hybrid, SUV accessibile e razionaleUn SUV compatto che fa contenti tutti, chi cerca il comfort e chi cera un’auto attenta ai consumi. Ecco le nostre impressioni
il cambio automatico a doppia frizione e 6 rapporti. Un
altro segno più nella lista dei pro e dei contro che, fino a
questo momento, vede ancora la colonna dei contro in
preda alla totale desolazione.
Bluelink, controllo da remoto e CarPlay In auto si viaggia e si deve poter facilmente trovare infor-
mazioni di qualsiasi genere, oltre a potersi intrattenere
nel modo migliore. Per questo Hyundai ha dotato Kona
del già noto Bluelink, ovvero il sistema di connessione
dell’auto con il proprio smartphone tramite connettivi-
tà cellulare. Significa che si è sempre connessi all’auto
anche quando è fuori dalla vista e che questo dialogo
costante può aiutarci a ritrovare l’auto, a essere costan-
temente aggiornati sul suo stato di salute, a bloccarla
e sbloccarla e a riconoscere la nostra voce in maniera
efficiente, grazie ai servizi basati sul cloud di Hyundai.
L’auto è completamente sotto controllo, quindi, grazie
alla sua connessione indipendente. E quando ci si trova
alla guida si può scegliere se sfruttare il navigatore di
bordo e la ricerca dei punti di interesse costantemente
aggiornati, oppure servirsi di un sistema di mirroring del-
lo smartphone come CarPlay di Apple. In questo caso si
può sfruttare anche lo scomparto pensato appositamen-
te per accogliere lo smartphone, che oltretutto lo ricarica
grazie alla ricarica wireless.
Tanta tecnologia, sia nei sistemi ADAS che nel controllo dei consumiPoteva un’auto così razionale non essere piena di siste-
mi di assistenza alla guida? Ovviamente no e infatti la
lista dei sistemi ADAS è lunga. Si comincia dallo Smart
Cruise con Stop&Go, ovvero il sistema che mantiene co-
stante la distanza dal veicolo che precede accelerando
e rallentando automaticamente. In città, inoltre, è capace
di spegnere il motore durante la sosta e riaccenderlo in
totale autonomia. C’è poi l’assistente di frenata con rico-
noscimento di pedoni e ciclisti, un sistema di radar che
controllano i punti ciechi e aiutano nel caso di cambio
corsia (avviso collisione punto cieco BCW); l’avviso di
collisione quando si fa retromarcia; il mantenimento di
corsia e quello al centraggio della corsia stessa.
Tanta tecnologia però c’è anche e soprattutto nel con-
trollo dei consumi. Hyundai lo chiama Coasting Guide
ed è un sistema di gestione dell’energia predittiva. Signi-
fica che l’auto cerca di prevedere quanta energia dovrà
impiegare per affrontare il percorso che ha davanti. Un
esempio semplice è quello delle salite, dove l’auto rica-
rica la batteria prima di affrontarla, per poi impiegare la
potenza del motore elettrico per sgravare il più possibile
il motore termico e di conseguenza portarlo a consuma-
re poco carburante; infine sfrutta la discesa e il veleggio
per ricaricare la batteria. Lo stesso fa analizzando il per-
corso che la precede, decidendo come dosare l’apporto
del motore elettrico soltanto dove serve e ricaricando le
batterie in tutte le altre situazioni.
Razionale fino in fondoInfine l’ultimo capitolo di una razionalità che è stata
il leitmotiv di questa prova: il prezzo. Un auto pensata
per avere tutto al punto giusto non poteva sgarrare sul
prezzo. E infatti Hyundai ha deciso di lanciarla con una
generosa offerta che prevede un vantaggio complessi-
vo di 3.700 euro, portando il prezzo della versione 141
CV 2WD DCT XTech - che monta di serie i cerchi in lega
da 16”, climatizzatore automatico, sensori di parcheg-
gio posteriori, freno a mano elettrico e cruise control, a
22.600 euro. Un prezzo decisamente aggressivo e che
fa di quest’auto una scelta, lo ribadiamo per l’ultima vol-
ta, decisamente razionale.