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All’Appuntamento per l’Organizzazione della Vita (Racconto)
Un omaggio a stile e soggetto tipici della letteratura -e del cinema- della prima metà del secolo passato, frutti di una lunga
tradizione italiana.
Lo spirito vano ed etereo di Ermete Sbazzini passeggiava con un impercettibile filo
di compassato nervosismo su e giù per l’ampio e lungo corridoio bianco del
ministero.
Aveva una sinuosa e personale eleganza, nel suo incedere, lui, un giovane, forse
appena quarantenne, ben vestito, educato, dai tratti affilati, intelligenti di quelli
che uno magari attribuirebbe a uno scacchista famoso per la sua abilità tattica.
Era appena in anticipo per l’appuntamento, e di sicuro non ci sarebbe stato da
aspettare a lungo, il Gran Ministero per la Vita lavorava con la precisione
maniacale di un costoso meccanismo d’orologeria svizzero, era risaputo.
Ancora più in anticipo di lui probabilmente, un signore sulla cinquantina, vestito
da ricco, sedeva sotto l’ampio e luminoso finestrone panoramico che dava su
parco con annesso laghetto.
Con le mani in guanti bianchi poggiate in una posa ben studiata su un bastone
col pomo di metallo prezioso cesellato, anche lui all’apparenza assai ben educato,
aveva, con una smorfia affabile, salutato il compagno di coda senza dire una
parola. Aveva lanciato un sorriso flebile e uno sguardo simpatico con occhi sottili
ed intensi, incorniciati da folte sopracciglia, più scure del suo capello corto,
abbondante e pettinato indietro, ancora nero per lo più, ma con evidenti segni di
canizie.
Sulla porta chiusa alla fine dei passeggiati marmi su cui scricchiolavano a ritmo
costante le scarpe marroni di vero cuoio di Ermete, una targa in oro matto
recitava: Gran Ministero della Vita, Sezione Organizzazioni Biografiche, Assessore
Personale: Funzionario, Dott. Luca Salvi-Salimbeni.
Il silenzio quasi irreale, che dilatava il tempo dell’attesa, invero del tutto
contenuto e ragionevole, fu di colpo interrotto dallo schioccare secco del
meccanismo della maniglia dell’antica e alta porta in noce africano in cui si
attendeva di entrare, che risuono con un certo fragore quando si richiuse.
Ne era uscito un ragazzotto, vestito da lavoro, forse un manutentore stradale,
forse un operaio comunale, un giardiniere, che stava singhiozzando assai
vergognandosene, ma in modo pure assai evidente. Il giovane fendette a gran
falcate, col capo basso e un berretto convulsamente stretto tra le mani, i metri
che lo separavano dall’uscita e sparì nel nulla.
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Ermete era rimasto lì per lì raggelato e intristito dallo spettacolo, il poveretto
pareva davvero disperato; senza volerlo, inconsciamente, forse per avere sollievo,
o una sorta di appoggio psicologico, ma senza voler affatto essere indiscreto con
commenti inutili o scioccamente aneddotici, aveva quindi cercato lo sguardo
dell’unica altra anima presente, la quale con un gesto pacato, ma comprensivo,
aveva manifestato la sua propria adesione al compatimento.
Appena sussurrando il ricco signore si era poi sentito quasi in dovere di precisare
il poco che poteva, ed aveva esordito sillabando lentamente le parole: -Un
doloroso cancro fatale a ventitré anni-
Doveva essere seduto lì da un bel po’, il ricco signore, per aver potuto sapere una
notizia del genere, da prima che il ragazzotto entrasse dal suo consulente
personale, pensò Ermete: “ci avrà parlato”.
Un po’ in imbarazzo, si sentì anche lui in obbligo di replicare qualcosa, giacché gli
parve insufficiente produrre solo un generico suono di stizza per la brutta
situazione che gli si era presentata davanti così improvvisamente e dal nulla,
aggiunse, invero piuttosto maldestramente: -Io arresto cardiaco, nel sonno, a
ottantadue anni- Lo disse quasi con pudore per la sfacciata buona sorte, ma non
gli era venuto in mente altro.
Il compassato gentiluomo, indulgente verso la maldestria del giovane, aveva
stirato le labbra verso il basso con certa soddisfazione, come a dire “eh, però!” e
poi parlando di sé: -Infarto fulminante a cinquantuno!- Piuttosto giovane, per
morire, pensò Ermete, che aveva mimato un certo stupito disappunto, mentre
l’altro, lieto per la accorata partecipazione, aveva tirato decorosamente su le
spalle e prodotto una smorfia di rassegnazione come a voler dire “non ha
importanza”, o “c’è di peggio”, o “che gli vogliamo farci?”
-Ermete Sbazzini!- Si sentì chiaramente chiamare a gran voce da dentro l’ufficio
del funzionario. -Ermete Sbazzini, c’è? Si accomodi, venga pure!- Diceva una
cordialissima e simpatica voce tenorile assai piacevole.
L’appellato, con un gesto che chiedeva perdono per l’interruzione brusca della
reticente conversazione appena intrapresa sottovoce, si dovette congedare, e si
trovò a farlo mimando dei gesti goffi, a voler dire “debbo andare”, “mi attendono”,
cosa che era del tutto evidente. Era piuttosto emozionato Ermete, il ricco signore
lo aveva ben capito ed era anche comprensibile che lo fosse, doveva essere nuovo
del posto.
Aperta la porta, un piuttosto gioviale e giovane funzionario con la stazza di un
tricheco e un baffo nero da spagnolo, si era mostrato subito disponibile e
sorridente.
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-Si accomodi, si accomodi, caro futuro cittadino Ermete Sbazzini! Non sia timido!-
Il Ministero per la Vita era famoso oltre che per il suo infallibile funzionamento
quasi meccanico, anche per la gran cortesia e attenzione con cui trattava i suoi
utenti, visti meglio e più premurosamente dei più importanti clienti di una ideale
e virtuosa azienda commerciale, ma tutti uguali, dal primo all’ultimo, senza
differenze di sorta.
Ermete s’era seduto compostamente sulla poltrona in pelle marrone chiaro
sistemata davanti alla grande scrivania in mogano dell’immenso, lussuoso e
luminoso ufficio del funzionario. Che nel frattempo aveva aperto una cartelletta
verdognola che portava il nome di lui.
-Dunque cittadino Ermete, avrà esaminato, come da accordi standard, il suo file
personale, cose ne pensa? Ha già deciso come organizzarsi per la sua esperienza
terrena?-
Ermete annuiva col volto concentrato e scrupoloso di chi stia ricordando per bene
quello che ha deciso di dire: -Sì, signor funzionario, credo di aver già deciso cosa
fare della mia vita e come viverla.-
-Benone! Benone!- affermava L’altro preso da, o sennò fingendo alla perfezione,
una gran curiosità: -E cosa ha deciso? Eh? Vediamo un po’!- incalzava -Ma prima
mi lasci dirle di chiamarmi Luca, cittadino, qui non siamo affatto formali, siamo
tutti amici…-
Ermete, dopo aver avuto la premura di ringraziare per la gentilezza e
disponibilità, prese a sviluppare il suo discorso, un discorso decisivo e vincolante,
che avrebbe condizionato concretamente il suo futuro terreno, e sul quale lui
aveva molto e meticolosamente riflettuto prima di decidere come impostare.
-Dunque, caro, ehm, Luca, come lei sa questa è la mia prima volta sulla Terra; ho
letto il mio file e mi sono un po’ informato da chi ha più esperienza di me, diciamo
che ci ho studiato su, ecco, e mi sono documentato, ed alla fine credo proprio di
essere arrivato alla mia decisione vincolante.– Molto bene pareva voler dire il
funzionario annuendo con piglio pensoso e severo, e che aveva già precisato di
essere sceso in Terra quattro volte. -Per cominciare vorrei vivere filati i primi
quindici anni della mia vita, diremmo in modo “tradizionale”, dal parto fino
all’adolescenza, tutti di un colpo. Credo che ciò sia saggio dato che mi ci vorrà un
po’ di tempo ad ambientarmi ed abituarmi alla vita, e per quello che ho potuto
vedere questi primi quindici anni trascorreranno senza particolari turbamenti,
anzi, piuttosto piacevolmente, credo.- Il funzionario, mentre ripassava gli
incartamenti, dava col capo pertinenti ed assennati segni d’assenso, che facevano
molto piacere al cittadino, data la gran esperienza in termini di vita terrena di lui.
-Passati questi primi anni, pensavo bene di togliermi di torno d’un colpo secco
quella terribile vicenda che è la morte, e vivere l’ottantaduesimo anno di vita.
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Credo che la morte sia un’esperienza terribile e traumatica, liberatomi di essa, il
resto sarà tutto più facile, no? Ed ho letto che non si può sezionare il tempo in
unità inferiori all’anno naturale… perciò toccherà l’ottantaduesimo farmelo
tutto…- Il funzionario annuiva ancora. Sì, è proprio una dolorosa e gran
seccatura dover morire, disse prendendo la parola: -Scelta saggia, amico mio, se
me lo permette, anche in considerazione del fatto che dalla nascita all’adolescenza
il pensiero della morte è così distante che il dover morire da lì a breve non ha
praticamente ripercussioni sulla qualità della vita.- Ermete era proprio felice
dell’approvazione di un esperto.
-Fatto ciò credo sia bene vivere a ritroso ciascuno degli anni concessimi fino al
quarantesimo.- Qui il funzionario, che attentamente con un lapis annotava i
desiderata del cittadino di cui era il “personal biographer” (usando un neologismo
brutto, ma molto pubblicitario e in voga) dovette interrompere il suo assistito per
precisare, un po’ imbarazzato, che da articolo e prescrizione del regolamento per
le organizzazioni biografiche non era possibile spezzettare la vita in tante unità di
un singolo anno ciascuna (tranne che per l’ultimo), ma che ne andavano fatti
blocchi di un lustro.
-Siamo dolenti futuro cittadino, forse non ha letto, ma nessuno poi lo fa, non se
ne abbia a male, le lettere piccole del Regolamento Generale di Organizzazione
Biografica… ma noi siamo qui per questo, per evitare errori e per assistere i
cittadini del mondo. Lì si stabilisce inequivocabilmente che potrà ben vivere a
ritroso la sua vita dall’ottantunesimo anno in giù fino al quarantesimo, ma nelle
decadi dovrà farlo in blocchi di cinque anni ciascuno. Dunque vediamo:- e prese a
scarabocchiare un foglio aiutandosi con un righello -lasciando invariate le sue
intenzioni, ma adattandole alle prescrizioni dell’Altissimo, il primo blocco
dovrebbe partire dal settantasettesimo anno di vita e finire all’ottantunesimo, il
secondo sarà quello compreso tra il settantaduesimo e il settantaseiesimo, il terzo
dal sessantasettesimo al settantunesimo, il quarto dal sessantaduesimo al
sessantaseiesimo, il quinto lustro andrà dal cinquantasettesimo al
sessantunesimo, poi dal cinquantadue al cinquantasei, quello dal quarantasette
al cinquantuno, ed infine le rimangono i cinque anni compresi tra i quarantasei e
i quarantadue. Lei voleva vivere fino al quarantesimo, le rimarrebbero quindi due
anni scempi che potrebbe però fare autonomamente: il quarantesimo e
quarantunesimo, e poi potrà tornare a concludere la sua vita ripartendo dai
sedici anni. Se interpreto bene le sue intenzioni.-
Ermete era perplesso, sì, ma il ragionamento gli pareva corretto, ci pensò un po’
su, inforcò degli occhialetti con le lenti paglierine per vedere bene quello che il
funzionario aveva scritto, e poi manifestò il suo completo assenso! Sì! Era tutto
corretto: 1-15, poi 82 e morte, e poi 77-81, 72-76, 67-71, 62-66, 57-61, 52-56,
47-51, 42-46; 40 e 41, e infine dai 16 ai 39.
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Voleva andarsene dal mondo fisico nello stato e nella forma in cui si trovava in
quel momento: al meglio! Con esperienza, ma senza essere senile, prestante, la
sua anima appariva, infatti, proprio come se avesse trentanove anni, e lui si
sentiva proprio a suo agio in tal guisa.
-La scuola del Professor Vico…- suggerì allegramente borbottando e schiarendosi
la voce il funzionario con aria di approvazione e soddisfatta, mentre Ermete
replicava in silenzio annuendo con la contentezza di chi vede davanti a sé una
persona competente, che abbia saputo capire l’autorevole origine alla base delle
sue conclusioni. -Un’impostazione geniale, il migliore dei filosofi esistiti, almeno
quanto a questo specifico problema, se mi permette di dirlo. Vico è italiano, sa?
Come lei e me! Un’impostazione rivoluzionaria e profonda, sottostimata, ma a mio
avviso superiore, e di gran lunga, a tutte quelle delle altre scuole e filosofie. E
specie a quelle tedesche, molto in voga, che rigidamente affermano che il ritmo
della vita non vada perturbato, ma anzi seguito come si faceva obbligatoriamente
prima, prima che si desse, o meglio che l’Altissimo in persona concedesse, la
possibilità di organizzare la propria esperienza terrena, dico. …Ma se l’Altissimo
in persona ha deciso di cambiare le regole e concedere ai propri cittadini di
organizzarsi come meglio credono! Perché non usare questo dono? Dico! Per
piaggeria? Quasi a voler dire “oh, Altissimo, nessuno potrebbe organizzare le cose
meglio di come fate voi!” …scemenze! Mi perdoni! Scemenze!-
Era vero, un tempo non era affatto possibile vivere gli anni di una vita terrena in
una sequenza diversa da quella naturale, pareva il medioevo ripensandoci ora, un
tempo buio e dispotico; ormai pareva una tale rigida ingiustizia dover morire
proprio all’ultimo, senza una gioia a concludere la vicenda umana, ma con quella
brutta esperienzaccia, quel momentaccio a suggello di tutto. Pareva a chiunque
violento ed arbitrario non potersi organizzare, e parimenti una gran libertà il
poterlo fare, che poi si sfruttasse in concreto o meno tale possibilità, era
secondario, la mera possibilità di scelta era vista come una benedizione.
Ciononostante c’erano persone che ancora insistevano, ed invero erano pure
tante a non far uso delle nuove concessioni; “gioire sì, ma non usare in concreto”.
Non solo s’era schierata la scuola tedesca del Prof. Kant (il maggior esponente),
ma pure tutti gli induisti, buona parte dei cattolici, una parte agguerrita di
protestanti, benché in netta minoranza, i maroniti, per non menzionare altre
scuole minori, quali quelle vegane e di affatto accreditate ascendenze “Cherokee”
o native americane.
Quanto all’esperienza terrena, invece, essa era e rimaneva prescritta
obbligatoriamente per ogni anima, e purtroppo bisognava farla prima o poi.
Nessuno premeva, per carità, c’era tutta l’eternità per scegliere quando scendere e
levarsi di torno quella seccatura, ma prima o poi toccava!
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In genere una vita bastava alla maggior parte delle anime, ma alcune di esse
sceglievano di incarnarsi più e più volte, come il funzionario Luca per esempio,
ben quattro, ma addirittura si narrava di ascetici e leggendari personaggi che
erano andati a vivere per decine e decine di volte, e ognuna di esse durando
addirittura secoli. Erano i campioni dell’esistenza terrena, dei gran devoti. Nella
vulgata, erano considerati i più vicini all’Altissimo.
Vivere più volte, dopo tutto, forniva molte benemerenze, conferiva molta saggezza
ed esperienza, autorità, prestigio ed affidabilità, e specie era un’eccellente
maniera per far carriera nei ministeri, ma alcuni tra i più incalliti viventi non
cercavano riconoscimenti di sorta; in effetti nessuno sapeva perché fossero così
disinteressati alle carriere burocratiche, eppure ugualmente così inclini e disposti
ad assumere forma fisica; altri erano una sorta di strani monaci solitari, altri
ancora, si diceva, in vita erano di quei tipi che sembrano sempre delle specie di
rissosi guerrieri, che magari si relegano ai margini della comunità, in gruppi
chiusi, di quelli che sulla terra si prendono a botte in gabbie di ferro, come cani,
se non ci sono guerre da combattere, o che scelgono di fare i militari ed uccidere
altri esseri umani se e quando possono, e provano attrazione e piacere nella
sofferenza, nell’aggressione, nell’uso della violenza.
Si narrava che ad alcune anime lo scendere sulla Terra faceva uno strano effetto,
creava una sorta di strana e inspiegabile dipendenza, si diceva che ci provavano
un certo gusto, nel dolore, nell’avere un corpo, un gusto ossessivo e perverso che
ad altri era sconosciuto e incomprensibile. In genere, infatti, dover andare a
vivere faceva una certa paura, e, quando si tornava anime, non se ne voleva più
sentir parlare di scendere di nuovo in Terra.
Ogni anima possiede quindi un proprio fascicolo, che esiste da sempre, (almeno
così si racconta, nessuno lo sa di preciso) e che è consegnato all’interessata
quando ne faccia richiesta, il che può succedere quando essa meglio creda; nella
cartellina più o meno corposa che possa essere, il loro destino terreno è scritto in
modo molto riassuntivo e asciutto, senza interpretazioni e senza indulgere in
particolari rispetto agli effetti di cada vicenda sulla psiche della persona. Solo dati
e date, poche parole, solo fatti.
Ogni anima veniva così a sapere i tratti essenziali della propria sorte e della sua
inevitabile morte e poteva poi fare richiesta, indugiando pure lì tanto a lungo
quanto volesse per prendere coraggio, di sperimentare la vita. Così come
prescritto in saecula saeculorum!
Della morte si diceva che spessissimo faceva molto male (alcune morti più di
altre) e che le malattie pure erano assai dolorose, e i lutti idem, ma siccome
nessuno, che non fosse già sceso almeno una volta sulla Terra, sapeva nulla di
tali concetti (dolore, sofferenza, etc.) se non della loro astratta sgradevolezza,
evinta e forse ingigantita da racconti e leggende, tali indicazioni erano di scarso
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aiuto. Di qui anche l’importanza di un esperto assessore biografo per la decisione
vincolante, ovvio.
La vecchia scuola, di ascendenze greche affermava che nella vita umana sono a
ciascuno distribuite gioie e dolori, e che può capitare che a qualcuno vadano solo
i secondi (ed egli viva, quindi, una vita senza gioia alcuna, ma piena di dolori) ma
che mai a qualcuno possano capitare solo gioie! Così, si interpretava, molto in
sintesi, l’operare terreno dell’Altissimo.
Poco male considerare questi dati da anime, quando non si sa bene di cosa si stia
parlando!
Le vicende biografiche erano comunque riassunte praticamente nella loro
interezza, nel fascicolo: malattie, ascendenze e discendenze, parentele e perdite
significative, avvenimenti importanti quali la partecipazione a situazioni storiche
rilevanti come guerre, carestie, rivoluzioni, rivolte, etc., amori, amici, tradimenti,
traguardi raggiunti o falliti, e tutto il resto, ma senza indicazioni precise.
Una volta in vita ci si dimenticava di aver saputo quello che sarebbe successo e
s’era letto, ed iniziava la vita, così come qualunque uomo la conosce, ignara del
futuro, misteriosa.
Chi viveva per la prima volta non immaginava mai quali effetti e sensazioni
precise avrebbero avuto su di loro quelle vicende, di cui si aveva una contezza
solo astratta, in concreto; d’altra parte dove si erano trovati fino ad allora le
anime, vane di materia, non sentivano proprio nulla di sgradevole, non sapevano
cosa significasse essere dei pezzi di carne, e una costante della conclusione della
prima esperienza di vita, era di tornare anime e sentire una assoluta esterrefatta
sorpresa rispetto a cosa quella condizione significasse. Nessuno mai, mai,
neppure per dispetto o anticonformismo, aveva potuto affermare sinceramente di
aver immaginato in modo anche lontanamente appropriato e attinente quello che
ciò significava: cosa era vivere.
Forse un nuovo fascicolo, e con esso una nuova vita, lo chiedevano solo quelli che
avevano avuto una particolare buona sorte? Ad essere sinceri, i fatti, e varie
pertinenti deduzioni, parevano smentire tale semplicistica teoria; pareva anzi
semplicemente che alcune anime fossero meglio disposte, e inclini a vivere di
altre. Forse erano più dotate di un qualcosa di sconosciuto. Senza credito alcuni
parlavano di una strana sostanza, un raro, e invero incredibile e inaggiudicabile
“flogisto”… stupidaggini!
Era comunque e sempre un rischio, si diceva, chiedere una seconda o successiva
occasione di vita, non si sapeva mai cosa sarebbe potuto capitare, e giravano
storie atroci e raccapriccianti su quello che succedeva nel mondo fisico, e
sull’effetto tremendo dei dolori e delle sofferenze che certe situazioni potevano
provocare. …Uno magari la prima volta era stato piuttosto felice e fortunato,
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ricco, bello, di successo e la seconda aveva uno strano morbo incurabile e
terribile che lo consumava per decenni…
Ermete non dava troppo credito alle esagerazioni, si sentiva una persona
equilibrata; perché mai il tutto sarebbe dovuto essere così traumatico, poi? Non si
voleva far spaventare! Dove era esistito fino ad allora non c’erano atrocità di
sorta, anzi, regnava una pace! E per di più l’Altissimo era noto per la sua bontà e
disponibilità, perché mai avrebbe dovuto creare certe atrocità? Conformare un
mondo abietto, ingiusto, doloroso come si diceva? Anche se relegate giù sulla
Terra quelle ingiustizie di cui si sentiva parlare, era sempre lui che reggeva il
mondo, mica altri! Non era semplicemente possibile che le cose stessero davvero
così, pensava il cittadino medio, ed Ermete con essi.
Non si faceva mai vedere l’Altissimo, ma gli effetti delle sue decisioni e della sua
competenza e bontà erano evidenti: tutto funzionava al meglio; e sì! Poteva ben
dirsi: una certa “gioia” era percepibile, lì da loro. Flebile, contenuta, ma tuttavia
esistente, appena appena esistente. Tutti erano sobriamente felici. E sul mondo
no? E perché mai? Perché sarebbe dovuto poi essere tanto diverso? Solo perché si
è di carne? Avere un corpo tanto cambia?
Inoltre esisteva pure quell’altra diceria, tra le tante, ma questa pareva già più
ragionevole e fondata (il perché fosse considerata in tal modo era tanto misterioso
quanto la diceria stessa), la leggenda di quella cosa… dell’amore! Che si diceva,
era così piacevole, una forza tanto potente da far scomparire tutto il resto e si
provava davvero solo se si era corpi fisici, non da anime!
A Ermete era questo che interessava della vita tutto sommato, ma ora s’era perso
nei suoi pensieri.
C’era gente che era stata così amata! Si diceva: davvero tanto! E se lo ricordavano
bene quando tornavano anime, lo raccontavano a tutti: i pianti di tante, tante
persone, il giorno che se ne erano andati, o che erano morti, l’unione quasi
telepatica con l’essere amato, e tutto il resto. Alcuni amori poi, tra uomo e donna,
erano divenuti leggendari, storie che persino le anime continuavano a raccontare.
Succedeva che alcuni esseri incarnati si fossero amati tra loro reciprocamente
alla follia, e seppure una volta anime non potessero più dire di avere un legame
particolarmente forte tra loro, o meglio, speciale e diverso da quello che sentivano
per ogni altra anima esistente, solevano rimanere insieme lo stesso,
passeggiavano accanto per la maggior parte del tempo, mano nella mano, si
scambiavano baci, seduti davanti ai cigni di un laghetto, sulla panchina;
destavano sempre lo stupore di chi ancora nel mondo non c’era mai andato.
Ancor di più destavano curiosità.
Ermete, che ormai s’era deciso a scendere, aveva pure deciso che sarebbe sceso
precipuamente per vedere se sarebbe riuscito a trovare qualcosa del genere. Il
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suo fascicolo era molto reticente, ma ogni tanto, ad anni dispari e saltuariamente,
aveva ben notato che era apparsa quella parola, “innamoramento” oppure
“amore”, e nient’altro, nelle sue carte. Non sapeva che volesse dire, con chi
sarebbe stato, come, ma era fiducioso, si sentiva un privilegiato, forse addirittura
più per quello che per la fortuna sfacciata dell’ambitissima morte nel sonno. Il
sogno di chiunque!
C’era pure una qualcosa che lo preoccupava però, parlando di morti, e forse
poteva chiedere delucidazioni al funzionario, tanto, così tanto disponibile. La
questione si ricollegava anche alla strana scena di disperazione a cui aveva
assistito prima di entrare per il suo colloquio. La menzionò al funzionario,
riferendo quello che aveva sentito, sulle morti in giovane età, e così pochi anni da
vivere; gli sembrava ingiusto che uno potesse morire, anzi, dovesse morire in
modo inappellabile anche dopo solo poco tempo, all’improvviso, così! …Nel fiore
degli anni, si soleva dire. Ma era ammissibile? Davvero succedeva? Anche anime
di pochi anni? I bambini pure? Morivano? “Eh sì” annuiva il funzionario con
cipiglio severo e aggrottato.
Il funzionario era un po’ imbarazzato. Lui sapeva bene di cosa si trattava; in
teoria non avrebbe voluto rivelare troppo, spaventarlo, a che pro? O così pareva
da come si comportava. Si passava un dito dentro il colletto rigido della camicia
immacolata, emetteva suoni come a voler schiarirsi la voce, tentennava col volto
sentenzioso, ma Ermete incalzava. Ermete era uno di quelli che davvero vuole
sapere la verità!
-Ho esaminato abbastanza profusamente la mia vita funzionario, come le dicevo,
e mi sono documentato, non mi pare malaccio, confrontando con altro e con
quello che si sente dire in giro; vivo a lungo, e se la vita è un così prezioso bene,
come sempre si ripete e l’Altissimo stesso afferma, ciò pure dovrebbe essere bene.
Non pare che, dal fascicolo, si diano situazioni di salute di estrema gravità, solo
qualche rottura di ossa, dicono, operazioni chirurgiche… sei per la precisione.– Si
interruppe un secondo, mentre il tricheco lo guardava con occhi comprensivi e
bonari, ma illuminati di una strana reticente preoccupazione. -Ma poi, sul mio
fascicolo, caro funzionario, ad un certo punto, non lontano dall’adolescenza, no?,
a ventun’anni precisamente, c’è scritto, “morte prematura del fratello minore”.
Che significa? Cioè, non chiedo che cosa significhi morire, o essere fratelli, questo
lo so senza bisogno di essere sceso in Terra, ma cosa significa in termini di
situazione biografica mia, suppongo si tratterà di un momento difficile, ma non
saprei dire quanto possa esserlo in concreto, e l’effetto di ciò sulla qualità di vita
di quegli anni, e quindi non so nemmeno se decidere di togliermeli di torno prima
di altri, come ho deciso di fare per la morte nel sonno a ottantadue anni, che le
ripeto, mista molto bene… …ma mio fratello, pare che morirà a vent’anni
poveretto… non mi pare una cosa ammissibile, compatibile con il fatto che la vita
sia un bene… Non si potrebbe morire tutti alla stessa età? Non era meglio per
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tutti? E i miei genitori? Per esempio. Che faranno? E che farò io? Per loro si dice
che è doloroso perdere i figli… Insomma in che situazione mi troverò? Non vorrei
che poi, magari, sottovalutando il problema, io finisca per lasciarmi per ultimi
proprio gli anni peggiori …la vecchiaia è la vecchiaia, d’accordo, e tutti sappiamo
quanto tale condizione sia noiosa, ma pure piuttosto tranquilla, si dice… Non so
proprio che fare! Che pesci prendere. Mi capisce?-
-Cittadino Ermete– esordì il funzionario interrompendosi subito come se
ripensasse ai dubbi espressi dall’utente e cercasse delle parole specifiche con le
quali esprimere quanto aveva da dire -in effetti noi, ehm nel nostro lavoro, non
siamo inclini ad essere troppo diretti, ma certo meno che mai a mentire, è ovvio,
dobbiamo anzi cercare, anche in base alla nostra esperienza, di orientare l’utente
verso la più saggia delle decisioni, anche se non dobbiamo forzare la mano.
Queste sono le disposizioni non solo del Gran Consiglio dei Ministeri, ma proprio
dell’Altissimo in persona.-
-Ha avuto modo di parlarci? Di persona? Con L’Altissimo, eh funzionario?- aveva
interrotto curioso il cittadino.
-No, non l’ho mai visto, non ho avuto questo immenso onore, ma qui arrivano
spesso delle circolari col suo sigillo rosso porpora, come ben può immaginare, ed
esse sono vincolanti, le scrive lui di suo pugno… si dice… lo sapeva?- Ermete
annuiva entusiasta ed emozionato, ma ancora una volta nessuna notizia di prima
mano dell’Altissimo, stava pensando con un filo di delusione. Il funzionario Luca,
invece cercava un tono intrigante, appena velato di mistero, che attirasse
l’attenzione dell’interlocutore, ma poi si rese conto che quel tono si usa coi
bambini e un po’ si vergognò di trattarlo così, quel buon diavolo.
-Futuro cittadino Ermete…- si schiarì ancora la voce da tenore Luca, mentre
versava del brandy per lui e chiedeva all’astemio utente se ne volesse un po’
anche lui -ehm, lei non ha idea di come sia la vita, di come sarà la sua nello
specifico, ed ha scelto a seconda dei dati che è riuscito a racimolare in giro;
abbiamo fatto tutti lo stesso la prima volta. Lei dice di voler sapere la verità e una
mia opinione sincera; spero che ciò sia vero e di poter parlare liberamente,
cittadino!– Ermete annuì rapidamente e sicuro, facendo un po’ di tenerezza, come
un bravo scolaro diligente -a leggere il suo fascicolo si ha l’impressione prima che
la sua vita non le creerà troppe noie dopotutto… probabilmente la sua scelta
organizzativa è impeccabile da un punto di vista razionale e astratto, diremmo,
scolastico, e quindi in teoria dovrebbe tranquillizzarsi e farsi assegnare al più
presto un posto per il suo turno di nascita; io dal canto mio le assicuro che non
appena lei uscirà di qui, farò avere im-me-dia-ta-men-te e trasmetterò la sua
decisione vincolante a chi di competenza.-
Ermete ascoltava attentamente, e doveva ammettere a se stesso di avere una gran
fiducia nella competenza e serietà del suo assessore personale per la decisione
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vincolante, eppure stava maturando il sospetto che egli fosse ancora ellittico,
magari sincero sì, ma omissivo, che cercasse di non addentrarsi nel dover dare
una sua opinione personale sul come gli era venuto in mente di organizzare la
sua vita, e che fosse per quello che aveva puntato sulla sua efficienza sul lavoro,
piuttosto che rispondere chiaro e tondo alla sua domanda, che in effetti poteva
essere semplicemente formulata in modo diretto come: assessore Luca, alla luce
della sua gran esperienza e delle quattro vite terrene vissute, voi credete che io
abbia organizzato al meglio la mia successione di anni, considerando i dati che
sono riportati laconicamente nella mia cartella personale?
Il Salvi-Salimbeni in effetti traccheggiava; aveva ben capito dubbi e perplessità e
la domanda che l’interlocutore gli aveva posto, ma continuava a tracannare
brandy, rileggeva il file, pagina dopo pagina, meditava emettendo dei versi
piuttosto buffi che gli gorgogliavano su dall’ampio doppio mento. A volte leggeva
pensoso ad alta voce dei passaggi della cronologia biografica dello Sbazzini e poi
si gettava sul foglio coi tempi della decisione vincolante scelti dalla parte in causa,
con delle lunghe “m” di perplessità: anni ventisei, abbandonato dalla fidanzata.
Anno trenta, trasferimento all’estero. Anno trentacinque, profonda crisi
economica nell’Eurozona, perdita di varie mensilità. Anno… e così via: delusione
amorosa, un fiasco lavorativo, una piccola soddisfazione professionale, un lutto,
un genitore malato, e tutto il resto. Eppure non accennava ancora a dare
un’opinione personale precisa. Ermete lo lasciava fare, stava studiando,
riflettendo, che si prendesse pure il suo tempo!
Dopo certo e ponderato studio, il tricheco pareva pronto a dare la sua opinione
esperta. Aveva alzato il muso dalle carte e capito che l’altro comunque non lo
avrebbe mollato e avrebbe voluto sapere. O almeno questo era quello che frullava
nella mente di Ermete che attendeva con ansia e non aveva proprio nessuna
voglia di mollare. Salvi-Salimbeni però, si prese ancora del tempo, stavolta
aprendo un umidificatore per sigari su un angolo del tavolo, che Ermete non
aveva notato affatto, benché fosse piuttosto imponente e bello, e giratolo ne offrì
al suo assistito con impeccabili maniere.
-Gradisce un sigaro Ermete? Sono eccellenti, leggerissimi, pensate che è
permesso fumarli ovunque, il loro aroma è delicatissimo, il loro fumo evanescente
e impalpabile non importuna neppure la narice più delicata di donna, quel fumo,
le posso dire, esiste appena…- Non c’era niente da fare, Ermete non fumava! Non
beveva! E non aveva interesse alcuno in altro che nella sua scelta vincolante e
unicamente in quella. Tanto girare attorno al problema iniziava ad essere
indisponente. Si trovò a ripetere la domanda in termini più diretti e
inequivocabili, un po’ spazientito stavolta: -Luca, lei farebbe la scelta che ho fatto
io, leggendo il mio file? L’ho interpretato bene, o no?-
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Non c’era verso di non rispondere! Luca si tolse gli occhialetti, inutili, che aveva
messo, dato che ci vedeva perfettamente, accese il sigaro dal peculiare fumo
“pressoché inesistente”, e iniziò a rispondere.
-Caro Ermete, lei mi è davvero simpatico, come qualunque altro mio assistito, ma
forse anche di più, e magari capirà il perché– e si scolò un altro brandy, erano
solo le dieci di mattina, pensò Ermete -a prima vista pare proprio che lei abbia
fatto le migliori scelte per come vivere la sua prima esperienza terrena, che dire?
Il tutto è molto razionale, e il valore che lei dà agli avvenimenti, astrattamente
sarebbe quello corretto. La vecchiaia è epoca peggiore della giovinezza, si dice, e
lei vuole chiudere “in bellezza” è più che comprensibile, la morte se la vuole
togliere di torno subito, dato il gran parlare che si fa di essa, ma non dopo aver
appreso per bene come sia l’avere un corpo, e quindi ha saggiamente posizionato i
primi anni al primo posto. Tutte queste decisioni sono corrette, e l’Altissimo ha
dato l’opportunità di giostrare con gli anni e le stagioni della vita proprio per
lasciare ai cittadini del mondo la possibilità di finire la loro esperienza nella gioia,
e non necessariamente sempre nella paura e nella sofferenza.-
Il discorso pareva benigno, prometteva un gran bene. Ermete ne era contento, ma
aveva ben capito, dal tono generale, che qualcuna delle sue scelte non era stata
azzeccata. D’altra parte, il significato vero di una frase con un’avversativa è quello
dopo il “ma” ed il discorso aveva tutta l’aria di andare a parare in qualcosa del
genere, di essere una grossa avversativa.
Luca tirò un sospiro: -La gioia! E la vita! Io sono sceso al mondo quattro volte,
ormai so leggere tra le righe, è per questo che sono stato messo qui, come
consulente personale, per leggere tra le righe di vicende tutte uguali in linea di
massima, ma cosa dovrei dirle però? Di preciso? Nemmeno io posso essere sicuro
di come sarà la sua vita in concreto… e quanto posso essere brutale e diretto?
Che diritto ne ho?-
Ermete ascoltava attentamente, ma più parole gli arrivavano, più dubbi
sorgevano. Il funzionario poteva essere brutale e diretto quanto avesse gradito, ci
teneva a precisare da subito. Poi pensò che pareva che egli si riferisse alla gioia
come a un qualcosa di praticamente inesistente; ascoltandolo aveva avuto
l’impressione che questa cosa di finire per vivere fosse solo una grossa e dannata
seccatura, con nulla di buono dentro.
Eppure non aveva senso, lui stesso aveva già vissuto quattro volte, era pur vero
che la maggior delle anime tornava dalla Terra parecchio sconvolta e priva della
pur minima intenzione di tornare a ripetere l’esperienza… insomma, non sapeva
più che pensare! Quando aveva letto il suo file aveva tirato un sospiro di sollievo,
ottantadue anni di vita e morte nel sonno dopo una insignificante e affatto
dolorosa malattia, persino qualche amore… merce rara, gli era stato detto, ma
non sapeva più che pensare.
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Luca riprese la parola: -I suoi dubbi, se ho capito bene, il campanello d’allarme di
essi, per così dire, il fatto che forse le sue scelte non fossero del tutto corrette, è
stato leggere la vicenda del lutto familiare. Si sarà di certo chiesto qualcosa del
tipo: "ma sarà opportuno lasciare per ultimo quel pezzo di vita macchiato da una
vicenda tanto sgradevole? E le sue ripercussioni, quanto dureranno?" Poi ci avrà
pensato un po’ su, e avrà comunque deciso di impostare le cose così come ha
fatto, dopo tutto, avrà detto, il fatto succede all’età, sua, di ventun’anni, e la
conclusione che s’è scelto è a trentanove, ha tutto il tempo per recuperare e
godersela. No? Ha detto di essere specialmente interessato all’amore, a quelle
coppiette che vede di tanto in tanto, molto unite… ed avendo visto che la parola
compare di tanto in tanto proprio tra i sedici e i quaranta anni ha deciso di
viverseli per ultimi pensando che qualcosa di buono ciò possa garantire.-
Aveva dell’incredibile! Salvi-Salimbeni era proprio un bravo consulente, ma come
faceva a sapere tutto quello? Le cose erano andate proprio così, esattamente a
quel modo, lo ricordava benissimo Ermete: i dubbi, le riflessioni, i tentennamenti
ed infine le decisioni prese proprio per quelle ragioni lì! Pareva come se lo avesse
spiato in qualche modo. Si sentì in dovere di complimentarsi. Il funzionario
sorrise, ma ora pareva lui ad essere preoccupato, o concentrato su altro, per
poter badare alla cortesia e alla soddisfazione per le congratulazioni raccolte sul
lavoro.
-Ermete, lei ha la “strana” e lodevole tendenza a voler sapere la verità! Non so
quanto sia utile per lei saperla, ammesso che anche io possa conoscerla davvero,
e non mi sento di prometterlo, posso solo promettere di essere sincero. Glielo dico
brutalmente, non c’è gioia nella sua vita, non c’è vera gioia praticamente nella
vita di nessuno! Ma meno che mai in quella di una persona come lei! Non ce ne è
una che sia una!-
Ermete, poveretto, trasecolò. Che fucilata! Come sarebbe a dire? Non c’è gioia
nella vita? Tutti affermavano il contrario! Sì, è difficile vivere, a volte fa male e il
male nel corpo è più intenso di quello che un’anima riesca a immaginare, l’avere
forma fisica, si sa, amplifica assai le sensazioni, come ben aveva detto il geniale
Aristotele addirittura prima di incarnarsi, ma come esiste il dolore, così c’è anche
la gioia, la felicità.
No, precisò il consulente. Gioia poca e transitoria, felicità nemmeno a parlarne!
Lo disse così, categorico, brutale, chiaro. La gioia in vita, certo, si sperimentava a
momenti, ogni tanto, piccole perline saltuariamente, o altrimenti come sarebbe
solo potuta esistere la parola? Ma ecco, ci riflettesse il cittadino, “gioia” in italiano
significava appunto: tanto la gradevole sensazione di cui si parlava, quanto una
piccola pietra preziosa, un affarino bello, ma minuto, raro, e non era a caso che
fosse così! La gioia era rara e preziosa come un gioiello, appunto.
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E la felicità? Anche quella parola esisteva, e se esisteva doveva pure indicare
qualcosa di esistente e concreto, altrimenti da dove veniva? Che, nessuno davvero
era felice laggiù? Nel mondo? No! L’origine della parola era tutt’altra che
l’esperienza diretta, disse amaramente il consulente. La gioia viene
dall’osservazione di qualcosa di concreto, laddove la felicità era solo qualcosa di
immaginato, una condizione irreale, una chimera. E da dove veniva? Come era
stata immaginata? Era molto semplice: era bastato sentire la gioia nel cuore,
effimera, goderne per un attimo, e poi pensare a quel momento come assai
duraturo. La felicità non era che l’immaginare una piccola gioia momentanea
estesa nella durata e assunta come definitiva.
E questo non succedeva? Che la gioia potesse essere definitiva, duratura, e
trasformarsi in felicità? No! Perentoriamente affermò il Salvi-Salimbeni, non
succedeva proprio!
Ermete era sconfortato. Aveva obiezioni da formulare… il consulente aveva
vissuto varie volte, chi mai farebbe qualcosa del genere se le condizioni fossero
così tragiche come lui affermava? Sarebbe da pazzi!
-Caro Ermete, vede, come le dicevo, io so leggere tra le righe e la sua vicenda...
Ma andiamo con ordine. Perché tornare a vivere sapendo quello che so io? In
primo luogo ci sono anime più adatte alla vita, altre meno. Nessuno sa come
ciascuno di noi, qui tutti uguali, infinitamente buoni e disponibili, corretti e
solidali, si diventerà e sarà una volti ubriachi di carne, infuriati dalla materia,
dalla chimica, immersi nella coazione del fisico, trascinati dalla sua prepotente
vigoria… ma dopo tanti, tanti anni come consulente, dopo tanti casi visti e
studiati, e quattro volte là sotto, le posso dire come e chi sono i tipi adatti alla vita
e quelli assolutamente non adatti, e che lei non lo è affatto!– Ermete rimase
pensoso, non fece domande, tanto il funzionario sapeva esattamente come
avrebbe dovuto proseguire -Innanzitutto le svelo, chi “trionfa” nel mondo. Chi è
che poi ci torna. Ebbene i soggetti più aggressivi, i più feroci, in una parola i
peggiori elementi. Tutti, assolutamente tutti coloro che riscendono a vivere sono
in qualche modo feroci, non si faccia ingannare! Anche se facevano i monaci, se
sembrano essere degli asceti, non sono che dei violenti, dei despoti. Me compreso!
E io non amo vivere! Glielo assicuro!-
La sorpresa si dipinse sul volto di Ermete, il funzionario aveva scelto di vivere
quattro volte e controvoglia? E perché mai? -Volevo fare carriera.– rispose secco -
Perché dopo la prima volta avevo desiderio di poter arrivare a vedere l’Altissimo, e
mi avevano detto che se vivi tanto e tante volte, poi entri al ministero, e se fai
carriera entri successivamente tra quelli che lo vedono e collaborano direttamente
con lui e ascoltano di prima mano le sue sagge istruzioni. Io volevo finire lì, e ci
ho lavorato duro. Ma torniamo a lei, lei è la persona meno adatta a vivere che
abbia visto in molto tempo! Lei è buono Ermete, è, è gentile davvero, e non solo
qui, come tutti, ma lo sarà pure nel mondo. Lei legge solo reticenti avvenimenti
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dal suo fascicolo, ma io so leggere tra le righe, come le dicevo. Dia retta a me e
alle mie capacità ermeneutiche e di vedere tra le righe.– ripeteva in modo così
reiterato quell’espressione, che pareva davvero penetrasse con lo sguardo in
qualche dimensione nascosta dei fogli e potesse leggersi tutto il romanzo della
vita di Ermete da cima a fondo. -Sa cosa troverà lei? La sensazione più costante
della sua vita?– Ermete negava con la testa, con un po’ di magone- Delusione!
Ecco cosa sentirà! Lei è fatto per starsene qua, e non per vivere! D’accordo, prima
o poi si deve fare, lo faccia! E si sbrighi! Lei sarà sempre deluso!-
Ma come delusione? Aveva un lavoro, non era ricco, d’accordo, ma gli andava
meglio che ad altri, avrebbe avuto amici, e come detto amori, aveva un gruppo
rock ed era bravo come musicista, questo non contava nulla? Malattie poi, poche
confrontando con la media, anche questa era una bella notizia, tutto sommato.
Non capiva perché si dovesse essere tanto negativi.
-Ecco come le andrà, allora!– disse cercando di essere più specifico e descrittivo il
buon funzionario -Poche malattie? Comparando con la media? Ma lo sa quanto fa
male un solo mal di denti? Il fatto di essere “sotto la media” quanto a ricoveri,
sarà pure una buona notizia, ma le assicuro che c’è poco da gioire comunque,
inoltre qui si vede chiaramente, lei avrà parecchie noie di stomaco, e sarà un
alcolizzato, per lo meno dai trenta ai quaranta, proprio la parte che lei vedeva
come “la più felice”, e questo non la aiuterà di certo. Nell’ultima parte della vita
perderà un po’ di lucidità, certo, ma questo, a quel punto, sarà solo un bene.
Vuole sapere il vero pezzo forte della sua biografia? L’unico? La sua morte! Nel
sonno, non sentirà nulla! Solo questo c’è di davvero buono.-
Ma come alcolizzato? Alcolizzato lui che non beveva nemmeno gli spiriti da spiriti?
Si sentiva di poter negare che ciò sarebbe successo. -Ah come no, caro mio! Dove
è scritto? Ecco qua, bello! Guardi che transaminasi!– e girò il foglio verso Ermete
che non aveva fatto caso a tutte le voci delle analisi quinquennali riportate nel
fascicolo. -E peggiorano, guardi! Solo cinque anni dopo il suo fegato sarà un
macello! E dopo ancora peggio!- Luca indicava, scorrendoli destramente con le
dita, i punti più rilevanti delle analisi mentre, non potendo usare le mani, parlava
con voce storpiata dal morso saldo del cubano robusto, ma quasi inesistente. -
Questo è alcolismo del buono, caro mio! Mi dia retta! E sa perché? Non avrà un
momento di pace. S’era insospettito per il lutto famigliare, aveva chiesto quando
si sarebbe ripreso, avendo immaginato di essere a posto verso i quarant’anni,
secondo… applicando le medie comunemente assunte per i recuperi da eventi del
genere… lo vuole sapere? Non si riprenderà mai del tutto lei! E non solo da
questo. Lei è ingenuo e costruito a posta per stare male. Sarà tradito da ogni
donna che avrà! E dagli amici! Rideranno di lei! E glielo faranno sapere. Le
donne? Anzi, gli amori! A lei quello interessava, no? Non si immagina quanto la
faranno star male! Lei sarà quello innamorato, non loro di lei! Questo non lo
aveva capito? I fascicoli lo specificano se un innamoramento è felice! Ci scrivono:
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cor-ri-spo-sto! Questo c’è scritto sugli amori felici! Qui c’è scritto? Evidentemente
no! Per lei non c’è nulla, caro amico! Sì, certo qualcuna o qualcuno si innamorerà
di lei! Glielo concedo. Ma per assurde vicende non ne uscirà nulla di buono! E
vuole sapere perché? Perché, semplicemente la vita è assurda! Là sotto è un vero
bordello, una lotta continua. Lei sarà sempre onesto e scrupoloso, sempre
corretto e disponibile. Guardi qua, se vede chiaramente, mai un problema darà, e
che succederà? Si approfitteranno di lei! Il lavoro dice? È solo una schiavitù! Che
soddisfazioni e gioie può darle: la schiavitù? Glielo dico io, non le darà nessuna
soddisfazione, stia tranquillo! Che rimane? Ah! Sì! Il gruppo di rock! Lei è bravo a
suonare, ha un dono! Che rimarrà lì, inespresso, ignorato, anzi ci perderà soldi,
non solo non ne farà, ma ce li rimetterà! In cambio, però, dovrà contemplare
parecchie persone molto meno dotate di lei avere successo. E idem i suoi amici,
tutti poveretti come lei, perché una cosa l’ho capita, i poveretti si agglomerano
sperando di resistere meglio, ma quelli… guardi, quelli come quel tizio là fuori vi
farebbero a pezzi in cinque minuti! A tutti!-
Ermete sentiva caldo, non gli era mai successo, si sentiva tutto rosso; pur pallido
come si conviene a uno spirito, era in effetti più rubicondo del solito. Non sapeva
che dire, voleva protestare, argomentare, si sentiva forse insultato, umiliato, o
piuttosto sentiva vera amicizia da parte del funzionario per cinico che fosse il suo
modo di parlare. Il quale lo guardò e quasi volle prevenire: -Ermete, se la prederà
mica? Non voleva la mia opinione sincera? Io lo dico per lei, per orientarla al
meglio, tanto una volta che sarà sceso in Terra, non ci sarà traccia della nostra
conversazione; quelli molto, ma molto intuitivi conservano qualche impressione, è
da lì che vengono le chiaroveggenze, ma lo sanno tutti… E lei comunque, non mi
pare gran che intuitivo, onestamente, ma anzi razionale.-
Il tizio là fuori, chi era? Sarebbe morto a cinquantun anni di arresto cardiaco, gli
aveva detto, pareva un signore elegante e modo… -A lei tutte a modo le sembrano,
le persone!– c’era un filo di insofferenza adesso nella voce del funzionario, che
infatti si scusò. -Quello sarà la trentesima volta che scende in Terra! Se lo
immagina?– La trentesima? Si stupì Ermete, molto più del funzionario, eppure
non era lui un consulente… -Sì, molto più di me, se non sono trenta le volte che è
sceso saranno ventotto, e non è interessato ai ministeri, lui ogni volta che può si
fa un giro in Terra. Ed ha pure una fortuna sfacciata, è sempre ricco. Sissignore!
Una fortuna sfacciata! E la migliore di esse è essere ricchi! Sa cosa conta là giù?
Solo quello! Perche con quello si possono fare le uniche cose che contano,
mangiare, bere, dormire e specie non dormire da soli, se mi capisce! Se ne
accorgerà, quanto è forte la voglia di fare sesso, è più forte del mal di denti, che
qui vedo, le verrà per la prima volta a dodici anni. Se ne accorgerà! E poi
fortissimo a diciassette, giusto in tempo per inaugurare l’ultima e la “miglior
parte” della sua vita. Come lei credeva.– Il consulente, rendendosi conto di essere
stato beffardo a sproposito, fece un borbottio, e si versò un altro brandy. -Non
vuole?– il tricheco era tornato ad offrire, e questa volta Ermete accettò con occhi
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sgranati e trangugiò il contenuto sperando di sentirsi meglio. -Il tizio qua fuori, io
non so come succeda, sarà stato ricco l’ottanta percento delle volte che ha
vissuto! E nelle epoche più complicate: un macellaio! In senso metaforico… non
mi faccia l’ingenuo! Non è che facesse il macellaio di professione, è un assassino,
uno stupratore... La prima volta che scesi, la mia prima vita! Ero lì, tutto
fiducioso, non vado a beccarmi proprio una guerra mondiale? Per fortuna me la
so cavare meglio di lei!-
Ermete era interessato alla storia del funzionario, non avrebbe voluto essere
indiscreto, ma dato che anche l’altro gli pareva lo fosse stato a più riprese con lui,
si permise di chiedere spiegazioni.
-Se non pensassi che raccontarle qualcosa possa aiutarla a scegliere, non le direi
nulla, e non per chiusura, ma per vergogna, non sono mica argomenti di cui
parlare tanto per... Incontrai quel tipo che era un ufficiale tedesco. Non si
immagina la gente che ha ammazzato! Dica una cifra!- … -Nemmeno vicina!- … -
Provi ancora!- … -Neppure!- … -Certo, di più!- … -No, nemmeno ora! E visto che
pare non voler proprio capire, le dico solo di moltiplicare l’ultima cifra che ha
detto per mille! Vede? Che faccia ha messo su? Io l’ho visto bene, ero sotto di lui,
ho dovuto sopprimere una madre incinta e due gemelli piccoli. Non ho dormito e
mangiato per una settimana, ogni volta che ci provavo vomitavo! Mi venivano dei
conati che… Il signore là fuori invece la prendeva piuttosto bene, riusciva persino
a ridere. È stato persino Papa, in un’altra vita, non mi chieda quale Papa, chi se
lo ricorda, fu nel medioevo. Io quella volta, la prima, per fortuna tirai le cuoia in
campo, a ventitré anni, una pallottola in testa, mi ero cacato addosso per la
paura, ma onestamente dopo il terrore per essere all’attacco oltre la trincea non
sentii proprio niente, mi esplose il cranio, la faccia e arrivederci. Morto sul colpo!
Appena risalito qua pensai che non avrei mai ripetuto un’esperienza del genere,
sotto nessuna circostanza, ma poi scoprii che ci pensavo sempre su, sempre,
sempre, sempre, era finita, ma ci ripesavo, ai gemellini e alla mamma ripensavo.
Pure da anima! Capii che avevo qualcosa da chiarire. Sapevo che con un titolo di
studi, che si ottiene già con la seconda vita, mi avrebbero preso al ministero, e
che se si fa carriera qui si potrebbe avere l’occasione di vedere l’Altissimo, e
c’erano delle questioni da chiarire con lui. Mi incarnai una seconda volta, non fu
certo peggiore della prima, feci una vita anonima, feci cose discutibili, infedeltà
coniugali, stronzate del genere, qualche figlio di troppo, vivevo di piccole truffe
assicurative, se lo immagina? Che umiliazione? Ma tornato su pensavo ancora ai
gemelli e alla madre incinta. E così rimase, anche per le altre due volte.
Nell’ultima fui sequestrato e ucciso, e le dico come: bruciato vivo. Lei non
potrebbe mai immaginare come scotti il fuoco! Nemmeno molti vivi lo
immaginano. Facevo il filosofo, dei fanatici se l’erano presa per le mie idee. Non ci
tornerò mai più là giù! Ho rinunciato a vedere l’Altissimo, non è per me! Sa che
voglio fare? Aiutare la gente come lei, per l’eternità, mi va benissimo questo ruolo,
mi ci sento tagliato!-
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Ermete, sentiva un senso di soffocamento, oppressione, e c’era rimasto proprio
male per l’incontro, non si era aspettato minimamente che sarebbe andato in quel
modo, gli pareva così orribile tutto, e così distante la preoccupazione per la sua
vita e l’organizzazione delle sue fasi. Che delirio! Erano, ormai era evidente, tutte
le sue decisioni erano sbagliate! Basate su pregiudizi, su dicerie, informazioni
asettiche e tendenziose. Per sapere davvero come apprezzare ogni anno di vita
bisognava aver vissuto. Doveva rivedere tutto, ma Luca non si fece pregare,
stavolta di sua iniziativa iniziò a suggerire qualcosa, tanto più che Ermete era
rimasto pietrificato, ammutolito.
-Vuole sapere che farei se fossi in lei? Nei limiti strettissimi di manovra che le
saranno dati, si dedichi alla filosofia! Lì nel mondo si studia davvero la filosofia,
non come quassù! Si dedichi a quello, a capire, a trarre conclusioni, la cosa la
terrà occupata, e le risparmierà di sentirsi un imbecille, arriverà di sicuro a delle
conclusioni interessanti poi, non mi pare uno stupido. L’unico consiglio che le do
è di tenersele per sé le sue conclusioni, non le vada sbandierando, perché in
effetti non interessano a nessuno, e se è sincero, e non vedo come uno come lei
potrebbe mentire, farà di molto incazzare parecchia gente. Le idee hanno
rilevanza solo qualcuno ci si incazza a sentirle, sennò non gliene frega niente a
nessuno. Si tenga tutto per lei e buonanotte! Tanto le confermo quanto sopra, la
sua vita non cambierà nulla! Lei non cambierà mai nulla! Assolutamente nulla,
lei sarà uno dei tanti, dei tantissimi privi di ripercussione! Vivere sarà
esattamente uguale a non averlo fatto per il mondo, e sarà solo una rischiosa
seccatura per lei.-
Il povero Ermete deglutì con un groppo in gola, chi se lo sarebbe aspettato di
essere così insignificante e anonimo? E invece, l’esperto aveva parlato. Chissà
come succedeva quella cosa lì, del fatto che tutti erano brave anime, e poi, una
volta sulla Terra succedevano certi orrori, violenze, morti ammazzati. Avrebbe
voluto chiederlo, ma era convinto che questa sarebbe stata anche la domanda che
il consulente avrebbe voluto fare all’Altissimo e alla quale aveva rinunciato.
Chissà perché poi, ci aveva rinunciato (il tricheco lo aveva fatto capire,
implicitamente, ma Ermete non aveva capito mica), ma non c’era magari da
essere troppo curiosi, o chissà quali altre tragedie sarebbe stato costretto a
conoscere; tutto sommato un certo timore a fare domande iniziava ad averlo.
Rimaneva comunque da chiarire la questione di come organizzare la sua
biografia. Che parti anticipare, quali lasciare per ultime. Alla fin fine l’unico
effetto concreto e l’unica ragione dell’incontro era quella, tutto quanto appreso sul
mondo sarebbe stato vano una volta incarnato.
Il consulente aveva ripreso a leggere con attenzione e studiare le carte, diceva di
voler prestare attenzione a tutti i dettagli, ponderare bene e poi dare la miglior
opinione maturata.
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Riprese il tono gioviale e scanzonato dell’inizio: -Caro cittadino Ermete! Allora
vediamo. Come lei ben diceva, i primi anni vanno vissuti per primi, non solo
perché sono necessari ed abituarsi al male di vivere, mi permetta di usare tale
espressione, ma pure perché in un certo senso possono anche essere visti come
una lunga, noiosa convalescenza. I bambini sono allegri e spensierati, d’accordo,
si stupiscono per nulla, ma non sono indipendenti, sono deboli, vanno protetti,
alimentati, potrebbero essere preda… di chiunque…- gli occhi del funzionario
s’erano velati di dispiacere -l’adolescenza per definizione non è un’epoca
piacevole, né per chi la vive né per chi la contempla da fuori; si parla sempre di
quanto sia sgradevole la vecchiaia, e lo è, ma essa può essere placida, e se uno ha
autoironia può anche essere fonte di parecchia piacevolezza, specie se uno ha
una certa dimestichezza con la vita e quello che essa può offrire. L’adolescenza
invece no! Si diviene insopportabili, arroganti, ci si sente più forti e dotati di
quanto non si sia, si è totalmente preda di una frenesia idiota data da tempeste
ormonali incontrollabili, che poi vengono scambiate per sentimenti, amore,
coraggio, audacia, perfino genialità. La peggiore delle epoche! La maturità
parrebbe essere la migliore, e passa per esserlo, come ha pensato anche lei, e
quindi la decisione di tenerla per ultima parrebbe la più saggia. Nel suo caso,
tuttavia, fronte a un tramonto della vita dolce e privo di reali fastidi, ha una
giovinezza piuttosto fallimentare, come le dicevo. È lì che iniziano le rogne, e non
solo per lei, a tanti succede lo stesso. Lei soffrirà la grave perdita famigliare, ciò
condizionerà più a lungo di quello che crede la sua esistenza terrena; inoltre,
come detto, e a dispetto di quello che pensava, non avrà un amore, che sia uno,
felice. Non avrà un solo trionfo, soldi pochi, incertezze, mutamenti ed abbandoni
indesiderati… per non parlare di fastidi fisici notevoli. Sinceramente non mi terrei
quest’era per ultima.-
-E quale allora?- aveva incalzato Ermete incuriosito e con un filo di apprensione.
-Ma si renda conto… il dato davvero invidiabile del suo fascicolo è proprio la sua
bella morte nel sonno! La vecchiaia placida e tranquilla, coi i pochi amici rimasti,
una donna anziana come lei che le vuole bene davvero, e se lo merita, perché lei è
davvero una gran brava persona, e che lei ricambia con affetto sincero; si tratta di
niente di ché, me ne rendo conto, ma ci avrà una pensioncina tranquilla… se
fossi in lei mi terrei per ultima proprio questa epoca! Che va a rimestare e
rivoltare?-
Il cittadino era perplesso: e quella cosa di morire? Come era da metterla? Che
avrebbe potuto fare?
-Caro mio, mi ascolti un attimo, la gente di solito ha morti traumatiche,
sofferenti, travagliate, travagliate quanto la nascita (la parola a quello si riferisce
in effetti: travaglio) che pure è parecchio una seccatura nascere, ma dal momento
che non ci si ricorda e non si hanno le capacità di rifletterci su… viene assunta
come una fase tranquilla del vivere. Si rende conto, ma dico, si rende conto, che
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si esce da una vagina? Spingendo? Di testa? Facendo male alla mamma? Dopo
essere stati immersi per nove mesi in una specie di liquido che… sì, che è orina,
mi permetta! È piscio per lo più! Per non parlare di quanto faccia schifo una
placenta. Nudi, piccoli, bagnati, frignanti, a pensarci viene ribrezzo! Ma dicevo, la
sua morte è delle migliori mai viste, glielo dico io che mi hanno arrostito su un
rogo! Quello è il punto di forza del suo curriculum! Quello il momento di vera
fortuna che le è toccato! Lei è nato per morire! Ci rifletta, la gente anticipa la
morte oggidì per togliersela di mezzo dato che ci deve soffrire, lei si prende
un’influenza, nemmeno se ne accorge, anzi, il giorno della morte mi pare di capire
si fa anche un paio di bicchieri, si addormenta, e non sente niente! Non si sveglia
più. E che ci sarebbe da scongiurare? Da “togliersi di mezzo”, da anticipare? Un
giorno come un altro… anzi! Finalmente la fa finita e torna qua da noi! Mi dia
retta! La cosa migliore che può fare è gioire della propria morte e tenersela stretta!
Benedirla!-
-Quindi, se lei fosse in me che farebbe?- chiedeva pensieroso ma probabilmente
un po’ meno agitato il povero vivituro.
-Non farei assolutamente niente, non toccherei una virgola, mi vivrei la vita
esattamente come è! Filata! Anzi, le dico di più, se fossi come lei, una brava
persona come lei, sensibile, disponibile, e pure insignificante come lei, mi vivrei
‘sta vita maledetta il prima possibile, da attraversarla il più in fretta che si possa,
come in apnea, desiderando solo di tornarmene qua su e di non scendere mai
più! Ottantadue anni, sa quanto ci vogliono a passare? Niente! Un battibaleno! Ci
rivedremo prestissimo e mi racconterà.-
Ermete era un po’ perplesso, il funzionario incalzava. -Ovviamente faccia come le
pare, eh, la decisione è sempre e solo la sua, noi siamo qui per servirvi, e anzi, la
prego anche di considerare che se non è soddisfatto dei miei servigi, del mio tono,
dei miei aneddoti, non c’è che da dirlo, ha diritto a che le venga assegnato un
assessore biografico di suo gradimento. Le hanno assegnato me per le mie
personali caratteristiche immaginando che saremmo andati d’accordo, ma forse
con lei ho esagerato, sono strato troppo brutalmente sincero… Non suole
succedere, anzi non credo sia mai successo, ma anche quelli del reparto
assegnazioni funzionariali possono sbagliare, di tanto in tanto.-
L’utente si sentiva in imbarazzo; che il funzionario, così amichevole e sincero,
spontaneo, avesse potuto avanzare un’ipotesi del genere lo rattristava; aveva ben
capito che ciò che gli era stato detto, gli era stato detto solo per il suo bene, era
perfettamente soddisfatto anzi. Certo il suggerimento finale, di non cambiare una
virgola e di vivere la vita “kantianamente” un po’ lo indispettiva, si sentiva così
rivoluzionario, creativo, volitivo, e invece non lo era, ed era meglio che non lo
fosse. Ci aveva studiato tanto, per organizzarsi, e invece, non era necessario
cambiare niente.
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Ci pensò di nuovo su, avrebbe trascorso quell’esperienza come gli veniva
suggerito dal suo consulente personale, s’era convinto. Lo ignorava ma anche
questo succedeva sempre, i consigli dei consulenti venivano sempre seguiti! Il
ministero lavorava con l’efficienza e la precisione maniacale di un costoso
meccanismo ad orologeria svizzero! La competenza dei propri impiegati era
tendente ad infinito, non venivano mai smentiti. Quello che loro ignoravano, tutti,
impiegati compresi, era che nessuno, per un verso o per un altro, cambiava mai
una virgola della propria vita, il loro lavoro era del tutto inutile, la grande riforma
era stata del tutto inutile, e così le discussioni filosofiche, le religioni e le loro
tendenze, era tutto inutile. E non era che qualcuno “avesse ragione” ed altri
“torto”, tipo: Kant ragione, Vico torto, gli induisti ragione, i musulmani torto, era
semplicemente che nessuno di loro contava nulla. Avevano tutti torto, erano tutti
dei tromboni ridicoli, vani, e vanesi.
Ermete era un po’ triste a questo punto. Pensò: “il tipo là fuori, invece, chissà che
scelte avrebbe fatto…” lo chiese. -Quello? Che stavolta morirà a cinquantun anni
di improvviso arresto cardiaco?- Di sicuro avrebbe vissuto linearmente pure lui,
Luca era pure certo delle circostanze in cui sarebbe schiattato: puttane, droga,
alcool, e di quello buono. Era di quelli che si permetteva il meglio delle vita,
sempre, e sennò uccideva.
Il “meglio della vita”, pensò Ermete, chissà che è? E quale è il suo significato, il
senso della vita… Chissà perché l’Altissimo l’aveva voluta creare dopotutto, e
mandarci obbligatoriamente tutte le anime, quando invece lì dove stavano andava
tutto così bene, funzionava tutto come un orologio, stavano tutti tranquilli, erano
cortesi, nessuno odiava nessuno e persino il “macellaio” che aspettava là fuori era
o sembrava una gran brava persona.
-Il senso della vita non lo sa nessuno tranne l’Altissimo.- Rispose il funzionario,
alzando lo sguardo verso gli stucchi bianchi del soffitto.
Quanto al meglio di essa… lì già se la sentiva di dare un’opinione, ed era quella
già espressa, era davvero così: il meglio della vita è mangiare bene, bere tanto e
scopare di più. Si mise a ridere, ma era il solo a farlo. Non parve badarci e finì
con comodo di farsi le sue quattro risate, che come molte della Terra era scaturita
da una impertinente e brutale volgarità. Questo di essere stata la battutina
impertinente, brutale e volgare almeno era il giudizio che ne aveva Ermete…
Quanto a quest’ultimo, vista la piega che aveva preso la relazione con il
suo personal biographer, si sentì abbastanza in confidenza ormai per chiedere se
fosse quella sul senso della vita la domanda che voleva fare all’Altissimo, o
un’altra. Ormai non era più tanto sicuro di quale fosse la cosa che il funzionario
avrebbe voluto sapere.
-Affatto!– disse il Salvi-Salibeni, con sua esterrefatta sorpresa -Lei mi è simpatico
e le dirò volentieri le mie intenzioni, ma rimangano tra noi.– disse strizzando un
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occhio e facendo il giro della scrivania fino a farsi vedere per intero
dall’interlocutore: -Non volevo chiedere proprio nulla all’Altissimo, semmai avrei
voluto “fare” qualcosa, ma ormai non ha più importanza. Guardi qua!– disse il
tricheco che nonostante la mole era piuttosto agile, alzando una gamba e il
pantalone grigio e rivelando così un coltello militare infilato in un gambale -
Volevo squarciare il due l’Altissimo con questo, ecco che volevo fare, vederlo
sanguinare! Niente domande! Ma ho rinunciato!-
Ermete era rimasto a bocca aperta. Non replicò. L’incontro era concluso, il
funzionario sorrise, gli tese la mano, l’altro si alzò e fu abbracciato calorosamente,
il che non gli dispiacque affatto, l’affetto era senz’altro sincero.
-Mi raccomando Ermete, studi la filosofia, e succeda quel che succeda non-se-la-
pren-da troppo! No ci stia male! Cerchi solo di schivare i problemi, si faccia i fatti
propri, nessuno merita nessuno sforzo suo là sotto. Si ripeta per bene questi
suggerimenti come un mantra prima di incarnarsi e vedrà che gli arriveranno in
mente da soli come naturali e spontanee intuizioni. La chiameranno presto dal
dipartimento incarnazioni, d’accordo? Io manderò tutto oggi stesso.- Ermete
annuì.
E uscì dall’appuntamento per l’organizzazione della vita un tantino pensoso. Non
era come se l’era aspettato, si ripeteva, ma d’altro canto, era stato molto utile
comunque, aveva idea di aver scelto per il meglio non toccando una virgola della
sua vita. Avrebbe passato l’esistenza terrena in apnea, come gli era stato detto,
contento solo di non dover essere costretto a fare troppo male agli altri, sarebbe
scivolato per il mondo come miliardi di persone fanno, in silenzio, senza cambiare
assolutamente nulla, smuovere una paglia, senza avere la minima ripercussione
su niente e nessuno. Pazienza! Si ripeteva. Non vedeva l’ora di tornare lì dove era,
che tutto era tranquillo e c’era tanta libertà.
Uscendo, il signore vestito da ricco gli sorrise nuovamente, affabile, in segno di
cortese saluto, lui non volle dare l’impressione di sapere che lui fosse un
“macellaio” in vita un brutale e vigliacco assassino di innocenti, uno stupratore, e
ricambiò con simulata nonchalance il saluto. Ma non sapeva proprio mentire
Ermete, l’anima del ricco criminale, ancora seduta compostamente sotto il
finestrone, si rese perfettamente conto che qualcosa nello sguardo di quell’anima
un po’ in pena era cambiato.
-Barone Roman Nicolaus von Ungern-Sternberg!- si sentì chiamare da dentro
l’ufficio del Funzionario Luca Salvi-Salimbeni, il ricc’uomo si alzò e si avviò
soldatescamente verso il suo colloquio.