Antonio e Carlo Calabrò: il miracolo brasiliano

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HA TANTI PRIMATIIL 50% DEI BRASILIANI APPARTIENE ALLA CLASSE MEDIA

La solida economia galoppaSi riduce la povertà, crescono i consumi,il futuro ha il volto di donne e ragazzi

Antonio e Carlo Calabrò:il miracolo brasilianoPadre e figlio in un libro spiegano il “gigante Brasile”

“Il nuovo Brasile e l’Italia”. E’ il titolodi un convegno organizzato dall’I-spi, oggi a Milano, in via Clerici, dal-le 16 alle 19,30, in occasione dellapubblicazione del libro "Bandei-rantes - Il Brasile alla conquista del-l’economia mondiale" di Antonio eCarlo Calabrò, edito da Laterza.Partecipano oltre agli autori,Vin-cenzo Scotti, Roberto Formigoni,Marco Tronchetti Provera, Josè Bo-tafogo Goncalves,Vittorio Ghisolfi,Paolo Magri e Alessandro Merliella.Sul libro ecco l’intervista ad Anto-nio Calabrò.

di MAURO MOLINAROLI

na bella sto-ria. Perché un padre e unfiglio che de-

cidono di scrivereinsieme un libro, tifanno capire quantacomplicità e quantecose abbiano un co-mune. E tutto il buo-no che c’è nel rap-porto tra AntonioCalabrò (il padre) eCarlo Calabrò (il fi-glio) viene fuori da“Bandeirantes – IlBrasile alla conqui-sta dell’economiamondiale” (Laterza,188 pp. Euro 16), unvolume che è un viaggio esaltan-te e convincente nel Brasile deinostri giorni.

Entrambi hanno un legameprofondo con il gigante sudame-ricano. Il primo, Antonio è gior-nalista, scrittore, direttore dellaFondazione Pirelli e responsabi-le della Corporate culture di unadelle principali società italianeattive sul mercato sudamericano.Il figlio Carlo vive da anni a SanPaolo in Brasile, dove è a capodella governance e delle stategiedel Banco Votorantim, il quintoistituto di credito del Paese. Dal-le riflessioni e dagli studi di “Ca-labrò padre&figlio” ne esce un ri-tratto autentico, profondo, veroe mai banale dell’immenso statosudamericano che sta vivendo u-no dei periodi più straordinaridella propria storia. E anche le ri-

Usposte sembrano essere a quat-tro mani, dettate dalla necessitàdi condividere fino in fondo un

lavoro nato quasi percaso anche se è An-tonio Calabrò a farluce sul significato diquesto lavoro.

Com’è nata l’ideadi scrivere un librosul Brasile, un Paeseconosciuto solo par-zialmente nei suoiaspetti più attuali?

«Tutto ha preso ilvia da un diario quo-tidiano che mio fi-glio Carlo ha tenutodal 2008 ad oggi. Dalbisogno di annotare

le vicende di questo Paese, cheentrambi conosciamo a fondo. Illibro può essere letto come un

manuale sociologico ed econo-mico di fatti e cifre sul gigante su-damericano, con i suoi quasiduecento milioni di abitanti e untasso di crescita del Pil che neiprossimi cinque anni si attesteràsu una media del 5 per centol’anno. Però è un manuale ani-mato da persone e storie chestanno all’origine di questo mi-racolo, come la nuova presidenteDilma Rousseff che alla fine del2010 ha raccolto l’eredità di Lula.L’economia galoppa in Brasile, siriduce la povertà, crescono i con-sumi e il futuro ha il volto di don-ne e ragazzi che hanno voglia diprendere in mano il loro destino.Un Brasile che ha tanti primatima soprattutto una solida eco-nomia».

Come viene fuori questo tito-lo accattivante e curioso al tem-

po stesso?«Ci è sembrato che evocare nel

titolo i bandeirantes - gli antichipionieri e conquistadores che nelXVI secolo muovevano dalle co-ste del Brasile verso l’interno, conle loro bandiere al vento - potes-se dare il segno della grande tra-sformazione che il Brasile sta vi-vendo in questi anni e del nuovoruolo sulla scena economica epolitica internazionale. Del restosono i numeri del miracolo brasi-liano a giustificare questa simbo-logia pionieristica. Il Brasile haun’età media di 29 anni, una va-luta, il real, che si è apprezzatadel 35 per cento dal 2005 ad oggi.E poi è un Paese di grandi indu-strie, dove un gigante petroliferocome Petrobras ha varato un au-mento di capitale da 70 miliardidi dollari, la più grande operazio-

ne di questo tipo mai realizzatanella storia della finanza».

Com’è Dilma Rousseff, giova-ne donna che guida un colossodi enormi dimensioni con gran-de agilità e con consumato me-stiere?

«E’ una donna di grande soli-dità politica ed economica, forsenon ha lo stesso carisma di Lula,ma ha grandi competenze tecni-che, essendo stata presidente delcolosso energetico Petrobras pri-ma di passare alla guida del go-verno. Dilma è stata sposata duevolte e altrettante ha divorziato, ènonna e ha sofferto di un linfo-ma che ha curato, in piena cam-pagna elettorale, senza grandiclamori. Da Lula, l’attuale presi-dente ha ereditato l’idea che sipossano tenere insieme la lottaalla miseria - facendo crescere il

reddito e così sviluppando ilmercato - con l’apertura agli in-vestimenti delle imprese, soprat-tutto internazionali. La forza delBrasile sta proprio nella credibi-lità internazionale che ha acqui-sto in questi anni. Una credibilitàche non è facile conquistarsi, so-prattutto se stai dall’altra partedell’Oceano e sei nella parte po-vera del mondo».

Come sono i rapporti tra laRepública Federatíva e l’Italia?

«Sulla scia delle esperienze diaziende come Fiat, Eni e Pirelli ilBrasile vanta con il nostro paeserapporti economici di grandetradizione. Del resto quando sei aSan Paolo hai l’impressione ditrovarti in una grande città italia-na e poi oggi il Brasile è un mix dipiù avventure e più culture; la sfi-da per chi cerca nuovi equilibri,fra sviluppo e qualità socio-am-bientale».

Più che un modello questoPaese è una bella lezione, ancheper la cultura politica italiana?

«Direi di sì. Si tratta infatti diun Paese che vanta strutture de-mocratiche stabili e ormai con-solidate, in cui vige un modellodi capitalismo attento ai bisognisociali della popolazione, tantoche il 50 per cento dei brasilianiappartiene oggi alla classe me-dia e l’idea che si possano tene-re insieme la lotta alla miseria -facendo crescere il reddito e co-sì sviluppando il mercato - conl’apertura agli investimenti del-le imprese, soprattutto interna-zionali, è un dato di fatto. Il Bra-sile appare in grado di fronteg-giare i pericoli che nell’imme-diato, a cominciare dall’inflazio-ne, potrebbero frenarne lo svi-luppo. Mentre una minaccia dipiù lungo termine potrebbe de-rivare da un eccesso di interven-tismo statale, di cui già oggi sicoglie qualche segno. Ma non sitratta, almeno per il momento,di forze capaci di arrestare lamacchina della crescita. E il Bra-sile nei prossimi anni ha le cartein regola per giocare un ruolo digrande stabilizzatore negli equi-libri economici e geopolitici nonsoltanto regionali».

In alto la copertina del libro di Antonio e Carlo Calabrò“Bandeirantes”.A sinistra sopra:la neo presidente Dilma Rousseff.Sotto: l’ex presidente Lula.Sopra:Rio de Janeiro

Dal libro“Bandeirantes - Il Brasilealla conquista dell’economiamondiale”(Editori Laterza) diAntonio Calabrò (il padre) e CarloCalabrò (il figlio) pubblichiamo uncapitolo per gentile concessionedell’Editore

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domani? Che ne sarà del Bra-sile domani? A giocare con ledomande sul futuro, i brasilia-

ni sono abituati da tempo. «Il paesedel futuro», si è sempre detto. Maquel futuro, dalle stagioni gloriosedel presidente Kubitschek al ritornodella democrazia dopo il buio ven-tennio della dittatura militare, dalleprime riforme di Fernando Henri-que Cardoso contro l’iperinflazionee l’instabilità economica all’avviodei programmi di Lula per coniuga-re lotta alla miseria e aumento delPil,sembrava non arrivare mai.Ades-so, invece, tutto fa pensare che ilnuovo decennio degli anni Duemi-la possa essere una stagione di mo-derato, consapevole ottimismo. Sicresce, si investe, si consuma, si spe-ra. I figli (e sono tanti, in un paesecon un buon tasso di natalità) sta-ranno meglio dei padri. Il «patto ge-nerazionale» può funzionare. Il Bra-sile, i cui abitanti hanno un’età me-dia di 29 anni e una classe dirigen-te giovane, in politica e in econo-mia, è in grado di poter pensare acome vivere in un mondo migliore.Senza fare gli indovini,si può ragio-nare su dati e attendibili proiezioni,di cui i lettori attenti hanno trovatoampie tracce nelle pagine prece-denti e troveranno puntuali riscon-tri nei grafici in Appendice. Cinqueelementi chiave permettono di di-

E segnare una traiettoria per fi Brasi-le nei prossimi cinque-dieci anni.

Primo elemento: l’economia. Sicresce stabilmente, in un contestodi Inflazione che anche il governoDilma assicura di voler tenere sottocontrollo (a differenza di quanto av-viene sia in paesi vicini in AmericaLatina sia in altri paesi dei Bric,a co-minciare dalla Cina). Inflazione ele-vata,è vero,non tanto sul fronte deiPrezzi al consumo, quanto soprat-tutto su quello dei prezzi della pro-duzione industriale. Ma comunquea livelli di sicurezza.

La presidente Dilma ha annun-ciato ai sindacati che il salario mini-mo sarà agganciato ai risultati del-la lotta all’inflazione. Una chiarascelta di stabilità. Sostenuta ancheda un vigile senso d’allarme da par-te della grande maggioranza del-l’opinione pubblica, che ha buona,recente, bruciante memoria dell’i-perinflazíone e sa che quel disastroeconomico e sociale non dovrà ri-petersi più. (...)

Secondo elemento: il cosiddetto«bonus demografico». Nell’arco deiprossimi vent’anni ci saranno moltepiù persone al lavoro che pensiona-ti e bambini da mantenere.Dinami-smo economico, dunque. E minorespesa pubblica. (...).

Terzo elemento: la stabilità socia-

le.L’aumento della ricchezza,con rit-mi impressionanti,si accompagna auna più equilibrata distribuzione deiredditi. Cresce fi numero dei ricchi,anche di quelli molto, molto ricchi.Ma cresce soprattutto la classe me-dia,mentre decine di milioni di per-sone escono da uno stato di povertàe assumono la consapevolezza deidiritti e dei doveri di una modernasocietà dei consumi in una stabiledemocrazia. Un processo comples-so, naturalmente. Carico di tensionie di contraddizioni.Segnato dal per-manere di rilevanti squilibri sociali,di cui le favelas nelle città brasilianesono testimonianza evidente (con ilcoronario di preoccupanti livelli diviolenza urbana) (...).

Quarto elemento: la qualità dellapolitica. Dei paesi latino- americani,il Brasile, insieme al Cde, sembra es-sere meno contagiato dalle subcul-ture del populismo, di destra e di si-nistra, che hanno tristemente se-gnato il corso dell’Ottocento e delNovecento. E vero, la deriva populi-sta delle moderne democrazie, conla contemporanea dimensione del-le cosiddette «telecrazie» (misceladrammatica di potere politico e in-fluenzamento dell’opinione pubbli-ca grazie ai media di massa), è unacondizione diffusa non solo in Ame-rica Latina ma altrove nel mondo.

E un politologo attento cone jo-seph Nye, nel suo ultimo libro, TbeFuture of Power, ha spiegato benecome siano proprio i meccanismidell’informazione, nelle nuove di-mensioni accelerate dall’informa-tion technology,a determinare squi-libri che sommuovono anche le piùtradizionali e consolidate democra-zie liberali. E Brasile non è estraneoa processi del genere. E A successoelettorale, alle consultazioni del-l’autunno 2010 per il nuovo Parla-mento federale, di un clown televi-sivo,Tiririca, forte solo della sua no-torietà e improntitudine mediaticae capace di ottenere oltre un milio-ne di voti con slogan come «Tanto,peggio di così non può essere» e«Veramente non so cosa faccia undeputato federale, ma votate perme che poi ve lo racconto», diceche A qualunquismo stimolato dal-la Tv può avere successo. Ma la de-mocrazia formale, tutto sommato,regge. Il «discorso pubblico» è didecente qualità, favorito anche daun’informazione di buon livello. Eall’ínterno della classe politica va a-vanti un ricambio di ceti dirigentiche fa ben sperare. Resta aperto,però, un problema di corruzionediffusa: sfida aperta, cui guardarecon molta attenzione.

Quinto elemento: gli equilibri in-

ternazionali. La contemporaneità èun sistema di relazioni in cambia-mento. E il mondo è sempre più in-

cardinato su una condizione da «e-quilibrio multipolare». Al declinodegli Usa come «unpero solitario»corrisponde il protagonismo dinuovi attori, mentre si ridefinisco-no assetti di potere e di influenza,dal Mediterraneo all’Europa, dalMedio Oriente alla Cina. Gli organi-smi internazionali, dall’Onu al Fon-do Monetario,dalla Nato alla BancaMondiale, sono in una stagione diriflessione e autocritíca. Nuovi sog-getti occupano la ribalta, a comin-ciare dall’Africa, nei paesi della co-sta araba e in molte nazioni delcentro del Continente.La Wto sta alcentro di una profonda ridiscussio-ne degli equilibri geo-politici e geo-economici.

E il Brasile ha conquistato una po-sizione di primo piano, sia in Ameri-ca Latina, come imprescindibile ri-ferimento, sia altrove. La sua forzapolitica, potenza tranquilla e nonprepotente, ma tutt’altro che silen-te, ha come fondamento anche lasua forza finanziaria ed economica,che non ha ancora comunque di-spiegato tutte le potenzialità. Eccoperché si può usare con fondatezzala parola bandeirantes, per parlaredel Brasile e degli attori economicibrasiliani. In una nuova accezione.

Non più quella dei conquistatoridi terre ignote (rapaci, all’epoca, ecupidamente devastatori, di equili-bri umani e ambientali). Ma quelladi una forte presenza,sulla scena in-ternazionale.Bandeirantes dello svi-luppo, che portano le «bandiere»,appunto,di un’originale ricerca di e-quilibri e di qualità sociale e am-bientale. Una scommessa forte, dif-ficile, incerta, naturalmente. Ma de-terminata.Una scommessa che par-la portoghese. E prova a farsi capiredal mondo.

I Bandeirantes dello sviluppoOriginale ricerca di equilibri e di qualità sociale e ambientale

▼LA SCHEDA

Antonio Calabrò (foto La Presse)

◗◗ Antonio Calabrò, giornalistaeconomico, è nato a Patti (Mes-sina) nel 1950, vive e lavora aMilano e a Roma. Attualmenteè direttore Corporate Culturedi Pirelli & C. e direttore dellaFondazione Pirelli. E’ compo-nente del Comitato di Presi-denza di Assolombarda (consi-gliere incaricato per la respon-sabilità sociale e la culturad’impresa); è inoltre compo-nente del Consiglio d’ammini-strazione di Nomisma e di alcu-ne altre società e di diversefondazioni. Ha ricoperto l’inca-rico di direttore dell’agenzia diStampa Apcom e di editoriali-sta economico de “La 7”. È statodirettore editoriale del gruppo“Il Sole 24 Ore”e vicedirettoredel quotidiano. Ha lavorato a“La Repubblica”,“Il Mondo”e“L’Ora”e ha diretto il settimana-le “Lettera Finanziaria”e il men-sile “Ventiquattro”. Insegna all’U-niversità Bocconi (corso di Sto-ria del giornalismo) e all’Univer-sità Cattolica di Milano (masterin Media Relation, insegnamen-to “Il contesto mediale”).Tra le sue pubblicazioni:“Da viaStalingrado a Piazza Affari. Sto-ria dell’Unipol” (1988),“La mor-te ha fatto cento” (1996),“Dis-sensi” (2002),“Agnelli. Una Sto-ria Italiana” (2004),“Intervista aicapitalisti” (2005),“Orgoglio in-dustriale” (2009),“Cuore di cac-tus” (2010) e ha inoltre curatole raccolte di saggi “L’alba dellaSicilia” (1996),“Un viaggio im-perfetto” (1999),“Frontiere”(2000),“Il capitale” (2001) e“Mercati” (2002).

LIBERTÀMartedì 24 maggio 201142