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G. GOBBI - A. SANGUINETTO - P. MODIANO - L. FILIPPA
“LA SITUAZIONE FINANZIARIA DELLE FAMIGLIEE DELLE PICCOLE MEDIE IMPRESE ITALIANE”
Interventi tenuti nellʼambito del seminario su:“Fiducia, innovazione, regole e comportamenti
nellʼindustria bancaria”Castello dellʼOscano - Perugia, 6-7-8 marzo 2008
Associazioneper lo Sviluppodegli Studi diBanca e Borsa
Università Cattolicadel Sacro Cuore
Facoltà di Scienze Bancarie
Finanziarie e Assicurative
QUADERNO N. 241
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G. GOBBI - A. SANGUINETTO - P. MODIANO - L. FILIPPA
“LA SITUAZIONE FINANZIARIA DELLE FAMIGLIEE DELLE PICCOLE MEDIE IMPRESE ITALIANE”
Interventi tenuti nell’ambito del seminario su:“Fiducia, innovazione, regole e comportamenti
nell’industria bancaria”Castello dell’Oscano - Perugia, 6-7-8 marzo 2008
Associazioneper lo Sviluppodegli Studi diBanca e Borsa
Università Cattolicadel Sacro Cuore
Facoltà di Scienze Bancarie
Finanziarie e Assicurative
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Dott. Giorgio GOBBI,Titolare Divisione Struttura e Intermediari Finanziari del ServiziStudi di struttura economica e finanziaria della Banca d’Italia
Dott.ssa Silvia MAGRI,Divisione Struttura e Intermediari Finanziari del Servizi Studi distruttura economica e finanziaria della Banca d’Italia
Le famiglie italiane: meno rispamio e più debiti?*
Sommario
Tra il 2000 e il 2007 il credito concesso da banche esocietà finanziarie alla famiglie italiane è quasi raddoppiato.In presenza della modesta crescita del reddito disponibile rea-lizzata nel periodo, la valutazione della sostenibilità del debi-to accumulato dalle famiglie è un questione di grande interes-se non solo analitico, ma anche per la politica economica.Questa nota offre un contributo alla conoscenza del problemaattraverso un esame sia delle principali statistiche macroeco-nomiche, sia dei dati disaggregati rilevati dall’Indagine suibilanci delle famiglie condotta periodicamente dalla Bancad’Italia. Le informazioni disponibili indicano che, nonostantela recente forte crescita, tanto il livello del debito quanto laquota di famiglie indebitate rimangono su valori relativamen-te contenuti nel confronto internazionale. I problemi di soste-nibilità del debito appaiono circoscritti alle fasce di famiglieche si sono indebitate per acquistare l’abitazione e il loro red-dito appartiene alla coda inferiore della distribuzione Un pro-blema non meno rilevante della sostenibilità del debito è quel-lo dell’ampliamento delle opportunità di accesso del creditoalle famiglie.
* Le affermazioni contenute in questo lavoro esprimono unicamente il punto di vistadegli autori e non sono in alcun modo riconducibili all’istituzione di appartenenza.
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1. Introduzione
Per lungo tempo le famiglie italiane hanno compiuto leproprie scelte finanziarie entro i rigidi confini posti da un’ele-vata propensione al risparmio e un’altrettanto elevata avver-sione al debito. Nell’arco di poco più di un decennio questiconnotati distintivi si sono notevolmente affievoliti. La frazio-ne del reddito disponibile destinata al risparmio si è progressi-vamente ridotta dal 20 a poco più del 10 per cento, mentre,sempre in rapporto al reddito, l’incidenza del debito è salitadal 15 al 40 per cento. Benché i due fenomeni riflettano forzeeconomiche distinte e, in larga misura indipendenti, il declinodella propensione al risparmio e la crescita delle passivitàfinanziarie hanno contribuito ad alimentare la rappresentazio-ne di un disagio economico diffuso e in espansione tra le fami-glie italiane.
Il calo della quota dei redditi destinata al risparmio è ilfrutto dell’espansione molto modesta degli stessi redditi.Dall’inizio degli anni Novanta, la dinamica dei consumi,comunque assai moderata se comparata con quella delle altriprincipali economie avanzate, è stata più vivace di quella delreddito, sostenuta dall’aumento della ricchezza finanziariaprima e, in misura più contenuta, da quella immobiliare con-seguente ai forti rialzi dei prezzi delle case1. Il calo della pro-pensione al risparmio può essere interpretata come un segnaledi disagio economico in quanto indice di una bassa crescita deiredditi e quindi dell’economia nel suo complesso.
Di contro, la crescita del debito non è necessariamente unindizio di diffuse difficoltà economiche. Di per sé un piùampio accesso al mercato del credito è un fattore positivo per-
1 Un’analisi comparata della dinamica di consumi e redditi è contenuta in MarioDraghi, “Consumo e crescita in Italia”, 48ª Riunione Scientifica Annuale dellaSocietà Italiana, Torino, 2007. (http://www.bancaditalia.it/interventi/inte-gov/2007/26102007/Draghi_26_10_07.pdf).
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ché apporta flessibilità nella formulazione dei piani di rispar-mio e di spesa, rendendo meno stringenti i vincoli posti dalleentrate correnti. Mutui che coprono una percentuale relativa-mente elevata del valore dell’immobile consentono di acqui-stare l’abitazione anche ai giovani che non hanno ancora accu-mulato risparmi e non sono in grado di ricorrere a risorsemesse a disposizione dalla famiglia di origine. L’acquisto del-l’abitazione rappresenta di gran lunga l’investimento piùimportante effettuato da un cittadino o da un nucleo famiglia-re, e la possibilità di poter scegliere il momento più propizioper intraprenderlo aumenta il benessere lungo l’intero ciclovitale. Argomenti analoghi si estendono ad altre forme di inde-bitamento, come quelle connesse con il credito al consumo.
Accanto ai vantaggi, il ricorso al debito presenta deirischi, sia individuali sia collettivi. La restituzione del capita-le e il pagamento degli interessi - le rate periodiche - sottrag-gono risorse alle entrate correnti, riducono la capacità dispesa, limitano l’elasticità del bilancio familiare a fronte diuscite impreviste. I ritardi nei pagamenti e, nei casi più gravil’insolvenza, comportano costi sia monetari (interessi di mora,spese legali), sia non pecuniari come, ad esempio, il disagiolegato all’abbandono forzato di un’abitazione in seguito a unaprocedura esecutiva immobiliare.
Quando la fascia degli individui e delle famiglie insolven-ti diventa molto ampia, i costi individuali si sommano e siamplificano fino a interessare l’intera collettività, con riflessinegativi anche su coloro che insolventi non sono. Questi costitraggono origine dall’indebolimento dei bilanci delle banche,dal quale conseguono condizioni di offerta del credito piùrestrittive sia per le imprese sia per le famiglie stesse. Lerecenti vicende legate alla crisi finanziaria innescata dalleinsolvenze sui mutui ad alto rischio negli Stati Uniti sono unesempio recente di questa catena di eventi.
Con i mutui e il credito al consumo è cresciuta anche l’at-
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tenzione verso la sostenibilità del debito da parte delle fami-glie italiane. Le frequenti inchieste degli organi di stampadedicate all’erosione dei redditi familiari compiuta dalle rateassumono spesso toni allarmati relativamente sia al numero difamiglie in difficoltà, sia alle conseguenze dei rialzi dei tassidi interesse. Provvedimenti a sostegno delle famiglie indebita-te sono entrati a far parte delle misure, attivate o semplicemen-te proposte, di politica economica tanto del governo centralequanto delle amministrazioni locali. Non di rado, tuttavia,risulta assai difficile delineare con precisione l’entità e la natu-ra stessa dei problemi oggetti di dibattito. I dati utilizzati nonsempre sono coerenti tra di loro e la dimensione del “disagioda debiti” tende spesso a dilatarsi notevolmente.
Questa nota intende fornire un contributo statistico utiliz-zando da un lato i dati aggregati sull’indebitamento del setto-re delle famiglie rilevati nelle statistiche ufficiali - di fonteISTAT per quanto riguarda la contabilità nazionale e Bancad’Italia per il livello del debito - e dall’altro le informazionidisaggregate dell’Indagine sui bilanci delle famiglie, condottocon frequenza biennale dalla Banca d’Italia su un campione dicirca 8.000 famiglie, la cui solidità metodologica è ampiamen-te riconosciuta in campo accademico2.
Il quadro che emerge da questi dati è piuttosto diverso daquello solitamente rappresentato negli organi di comunicazio-ne di massa. Benché sia cresciuto a ritmi molto elevati, il livel-lo di indebitamento del settore delle famiglie italiane rimaneancora molto distante non soltanto da quello raggiunto daipaesi anglosassoni, ma anche da quello dei paesi dell’Europacontinentale con cui è più frequente il confronto. La quota difamiglie indebitate nell’ultimo decennio è aumentata in misu-ra molto contenuta, e quella delle famiglie con un mutuo èritornata nel 2006 al 12 percento, il valore che aveva toccato
2 Dati e notizie sull’indagine sui bilanci delle famiglie periodicamente condottadalla Banca d’Italia sono disponibili sul sito www.bancaditalia.it/statistiche.
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alla metà degli anni Novanta. La partecipazione al mercato delcredito rimane confinata tra le famiglie che appartengono alleclassi di reddito e di ricchezza più elevate ossia a coloro chemeglio sono in grado di far fronte agli oneri del debito.
Tutto questo non significa che non vi sia una fascia dellapopolazione indebitata per la quale i mutamenti nel mercatodel credito, come ad esempio un rialzo dei tassi di interessi oil venir meno anche solo temporaneamente di una fonte di red-dito, possano incontrare difficoltà per ripagare le rate. Sullabase dei dati disponibili, si stima che queste famiglie rappre-sentino circa l’1 per cento del totale, ossia circa 230 milaunità. Si può, tuttavia, argomentare che la fonte delle difficoltànon siano tanto gli oneri del debito, quanto il costo dell’abita-zione, la cui incidenza sul reddito è aumentata in misura con-siderevole nell’ultimo decennio.
2. L’evoluzione del debito: i dati aggregati
Alla fine del 2007 il volume dei prestiti concessi allefamiglie italiane dalle banche e dalle società finanziarie spe-cializzate nel credito al consumo superava i 400 miliardi dieuro, 250 dei quali costituiti da finanziamenti per l’acquisto diabitazioni. All’inizio del decennio i corrispondenti valorierano pari a 180 e a 90 miliardi; da allora il tasso di crescitamedio annuo dello stock complessivo dei finanziamenti allefamiglie italiane è stato del 12 per cento all’anno; quello rela-tivo alla componente destinata all’acquisto di abitazioni del 15per cento. Si tratta di ritmi di espansione molto rapidi, piùrapidi di quello dei prestiti agli altri settori dell’economia. Aquesto forte sviluppo hanno contribuito sia cambiamenti neicomportamenti delle famiglie (domanda), sia una più ampiadisponibilità di finanziamenti (offerta).
Dal lato della domanda il fattore di gran lunga più rile-vante è stato il calo del costo del credito. Per circa un quarto
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di secolo, dai primi anni Settanta alla metà dello scorso decen-nio, i tassi di interesse nominali sui prestiti bancari in Italia,compresi quelli concessi alle famiglie, si sono collocati al disopra del 10 per cento, con punte oltre il 20 per cento. Anchei tassi di interesse reali, ossia il costo del debito al netto dellavariazione dei prezzi, sono stati per lungo tempo estremamen-te elevati, ben al di sopra del 5 per cento. In un simile conte-sto la convenienza per le famiglie a contrarre debiti era moltolimitata. Nella seconda metà degli anni Novanta il raggiungi-mento della stabilità monetaria ha avuto come diretta conse-guenza quella di rendere il credito accessibile a costi storica-mente molto contenuti e di offrire una prospettiva di stabilitàdei tassi su bassi livelli nel medio e lungo periodo. Ad esem-pio, tra il 2003 e il 2005, quando i tassi di interesse di merca-to hanno toccato valori storicamente molto bassi, il tassoannuo effettivo globale (TAEG) sui nuovi prestiti erogati allefamiglie e destinati all’acquisto o alla ristrutturazione di abita-zioni (una buona misura del costo dei mutui) è stato inferioreal 4 per cento in termini nominali e attorno al 2 per cento unavolta sottratta la variazione dei prezzi al consumo. I rialzi deitassi registrati negli ultimi due anni non hanno comunquemutato le condizioni di fondo del mercato del credito assaifavorevoli per i debitori.
Il livello particolarmente contenuto dei tassi di interesseha fatto sì che dall’inizio del decennio in corso il peso dellerate (rimborso del capitale e pagamento degli interessi) sulcomplesso del reddito disponibile delle famiglie italiane, cal-colato su base annua, sia aumentato di appena due punti per-centuali, raggiungendo alla fine del 2007 un valore di pocoinferiore all’8 per cento. I dati aggregati si riferiscono tuttaviaal complesso delle famiglie con e senza debito e quindi nontengono conto di come si distribuisce questo onere. Questoaspetto sarà analizzato in dettaglio più avanti utilizzando i datidell’indagine sui bilanci delle famiglie italiane.
L’abbassamento dei tassi di interesse e la stabilità mone-
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taria hanno favorito gli investimenti in attività a lungo termi-ne. Durante gran parte degli anni Novanta i prezzi reali delleabitazioni si erano progressivamente ridotti e alla fine deldecennio erano più bassi di circa il 15 per cento rispetto ai pic-chi del 1992-1993. Non solo: nel 1997 furono introdotti bene-fici fiscali per le ristrutturazioni di abitazioni che hanno con-tribuito alla ripresa del mercato immobiliare. L’aumento delladomanda di abitazioni, a fronte di un offerta poco elastica, siè riflesso in un rialzo dei prezzi, che a sua volta ha ampliato ilricorso a prestiti bancari per finanziare gli acquisti.
La crescita della domanda di prestiti da parte delle fami-glie ha trovato condizioni particolarmente favorevoli dal latodell’offerta. La legge bancaria del 1993 eliminò completamen-te le segmentazioni all’interno del mercato creditizio: la pos-sibilità di offrire mutui, in precedenza soggetta a forti limita-zioni, è stata estesa a tutte le banche la cui rete distributiva,(principalmente gli sportelli, ma anche i negozi finanziari eInternet) si è notevolmente ampliata negli ultimi 15 anni.Attualmente in tutti i 35 mila sportelli bancari presenti in Italiaè possibile richiedere un prestito per l’acquisto di abitazione;a questo si aggiungono gli uffici postali che erogano i servizidella rete Bancoposta. I clienti possono acquisire informazio-ni e avviare le procedure per ottenere i prestiti anche nei nego-zi finanziari, sui siti Internet delle banche e presso le reti delleprincipali agenzie immobiliari.
Ulteriori stimoli all’espansione dei prestiti alle famigliesono venuti dalla crescente concorrenza tra le banche e dal-l’innovazione finanziaria. La prospettiva di guadagnare quotein un segmento di mercato in rapida espansione ha spinto gliintermediari a competere sia abbassando i tassi, sia offrendouna varietà di forme di finanziamento, altamente flessibili e ingrado di adattarsi alle diverse esigenze della clientela. Ne sonoesempi la pluralità di piani di ammortamento che ogni bancaè in grado di offrire e le soluzioni assicurative per elevare laquota del valore dell’immobile finanziabile attraverso il
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mutuo. Secondo una recente indagine condotta dalle filialidella Banca d’Italia3, i finanziamenti erogati nel 2006 copriva-no, in media, poco meno del 70 per cento del valore dell’im-mobile, una frazione molto più elevata rispetto anche al recen-te passato. Tra il 2003 e il 2006 le banche che offrono mutuicon durata superiore ai 30 anni sono passate dal 15 al 60 percento del totale, quelle che offrono mutui con rata di rimborsocostante e durata variabile dal 25 al 70 per cento.
Nonostante la rapida crescita degli ultimi anni il livellodel debito delle famiglie italiane rimane, tuttavia, molto con-tenuto nel confronto internazionale. Dati comparabili sonodisponibili soltanto per una definizione allargata del settoredelle famiglie che include anche le ditte individuali (lemicroimprese con non più di 5 addetti) che, in Italia, hanno unpeso più elevato rispetto agli altri paesi. Alla fine del 2006 ilcomplesso dei debiti finanziari delle famiglie italiane secondaquesta definizione era pari al 47 per cento del prodotto inter-no lordo (PIL) a fronte dell’87 per cento nella media dell’areadell’euro e del 134 per cento negli Stati Uniti (fig. 1).
3 Si veda Paola Rossi, L’offerta di mutui alle famiglie: caratteristiche, evoluzione edifferenze territoriali. I risultati di un’indagine campionaria, Banca d’Italia,Quaderni di Economia e Finanza, in corso di pubblicazione.
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L’espansione dei prestiti alle famiglie è stato un fenome-no comune a tutti i principali paesi avanzati, con la sola ecce-zione della Germania, perchè comuni ne sono state le determi-nanti: bassi tassi di interesse, ciclo espansivo del mercatoimmobiliare, deregolamentazione e innovazione nell’industriafinanziaria4. La convergenza delle famiglie italiane verso ilivelli debito prevalenti negli altri paesi avanzati è stata parzia-le e ha colmato soltanto in minima parte i differenziali eredi-tati dal passato. La crescita molto contenuta dell’economia ita-liana, e dei redditi delle famiglie, negli ultimi anni ha verosi-milmente frenato la crescita del debito. Tra gli altri fattori vi èla composizione per fasce di età della popolazione e quella deinuclei familiari, il grado di urbanizzazione e la struttura del-l’occupazione. Uno studio condotto sui dati rilevatidall’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane, che la Bancad’Italia effettua periodicamente, mostra, ad esempio, che lapropensione a contrarre debiti diminuisce considerevolmenteal crescere dell’età del capofamiglia una volta che questi hasuperato i 35 anni, cresce con il numero dei figli, è maggiorenei comuni con più di 20 mila abitanti rispetto a quelli più pic-coli, è più bassa per i lavoratori autonomi rispetto ai lavorato-ri dipendenti5. La mancanza di dati pienamente confrontabili alivello internazionale non consente, tuttavia, di stimare quantociascuno di questi fattori, e tutti nel loro insieme, contribuisca-no a rendere evidenza delle differenze tra l’Italia e gli altriprincipali paesi.
3. La diffusione del debito tra le famiglie
All’ingente volume di prestiti affluito alle famiglie nel-l’ultimo decennio ha fatto riscontro un aumento del tasso di
4 Tra i numerosi studi che hanno analizzato la crescita del debito delle famiglie siveda ad esempio Guy Debelle, Household debt and the macroeconomy, BISQuarterly Review, Marzo 2004.5 Si veda Silvia Magri, Italian households’ debt: determinants of demand and sup-ply, Banca d‘Italia, Temi di Discussione del Servizio Studi, n. 454, Ottobre 2002.
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partecipazione al mercato del credito molto modesto. I datidell’Indagine sui bilanci delle famiglie rivelano che la quota difamiglie indebitate verso gli intermediari (banche e societàfinanziarie) ha registrato una variazione molto limitata, dal 20per cento della metà degli anni Novanta al 22 per cento del2006 (fig. 2). L’incremento è interamente attribuibile al credi-to al consumo, mentre la quota di famiglie con un mutuo (12per cento) è ancora al di sotto di quella raggiunta subito dopoil punto culminante del precedente ciclo immobiliare (fig. 3).Come nel caso del volume del debito, anche per il tasso di par-tecipazione al mercato del credito l’Italia si distacca nettamen-te dagli altri principali paesi. I dati raccolti dall’OCSE mostra-no che in Germania e in Spagna le famiglie con un mutuo sonocirca il 20 per cento del totale e una quota simile ha contrattoaltre forme di debito6; in Francia queste percentuali superanoil 30 per cento, in Gran Bretagna il 40 per cento e negli StatiUniti il 50 per cento.
6 Si veda OECD, Has the Rise in Debt Made Households More Vulnerable?,Economic Outlook, N. 80, 2006.
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La conseguenza aritmetica della divaricazione tra la cre-scita del credito e la sostanziale stabilità del numero dellefamiglie indebitate è il notevole incremento del debito unita-rio che fa capo a ciascuna di queste ultime. La figura 4 mostracome dall’inizio degli anni Novanta il volume di debito medioper le famiglie indebitate, valutato a prezzi costanti, sia cre-sciuto di due volte e mezzo. L’andamento nel tempo di questavariabile è strettamente correlato a quello dei prezzi delle abi-tazioni che nello stesso periodo ha registrato un incrementodel 70 per cento, ma appare del tutto slegato da quello del red-dito disponibile del settore delle famiglie. L’aumento del debi-to per nucleo familiare (indebitato) riflette quindi la divarica-zione tra dinamica delle entrate correnti e il valore degliimmobili: sono necessarie più annualità di reddito rispetto alpassato per l’acquisto di un’abitazione.
Le famiglie interessate maggiormente dall’aumento deldebito sono state prevalentemente quelle a reddito medio alto,al di sopra del valore mediano della distribuzione. Questoriflette un fatto stilizzato comune a tutte le principali econo-mie: il tasso di partecipazione al mercato del credito è corre-lato positivamente con il reddito familiare, soprattutto per i
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finanziamenti di importo elevato come i mutui. Nel nostropaese questa caratteristica appare particolarmente accentuata ead essa si associa un aspetto demografico specifico: se si con-siderano solamente le famiglie con un capofamiglia con etànon superiore ai 40 anni, nell’ultimo decennio il tasso di par-tecipazione è aumentato soltanto per quelle appartenenti alleclassi di reddito più elevate, mentre è diminuito per quelle conreddito inferiore al valore mediano.
Le famiglie più giovani e con redditi bassi non sembranoquindi avere tratto beneficio dallo sviluppo del mercato cre-dito. Una possibile spiegazione può essere ricercata nell’evo-luzione di un altro mercato, quello del lavoro. Negli ultimidieci anni il tasso di occupazione delle persone di età compre-sa tra i 25 e i 35 anni è aumentato di circa cinque punti per-centuali ma i salari d’ingresso si sono notevolmente ridotti: idiplomati o laureati entrati nel mercato del lavoro negli annipiù recenti percepiscono, in termini reali, una retribuzioneinferiore a quella dei primi anni Novanta. Ai più bassi salarid’ingresso, non si sono associati profili di carriera più rapidi.È aumentata l’incidenza di impieghi temporanei e delle pro-fessioni classificate come autonome, ma assimilabili al lavo-ro dipendente. Assieme al lavoro anche il reddito dei giovaniè diventato più incerto e discontinuo e quindi una fonte dientrate assai poco adatta a sostenere gli oneri derivanti dal-l’indebitamento.
La figura 5a riproduce la situazione debitoria complessi-va relativa al 2006 delle famiglie italiane, ordinate per quarti-li di reddito dal basso verso l’alto. Il primo quartile compren-de le famiglie con reddito più basso, il terzo e il quarto quellecon reddito superiore alla mediana. Come si è già osservato il78 per cento dei nuclei familiari non ha esposizione nei con-fronti del sistema creditizio. Tra le famiglie che hanno debitiun terzo, corrisponde all’8 per cento di quelle complessive, haun reddito appartenete al quartile più elevato della distribuzio-ne, un altro terzo alla classe (quartile) di reddito immediata-
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mente inferiore e il restante terzo alle famiglie con redditoinferiore al reddito mediano. La figura 5b mostra come, nelcaso dei mutui, la distribuzione del debito sia ancora più orien-tata verso le famiglie con redditi medio alti: soltanto un quar-to dei nuclei che hanno contratto questa forma di debito ha unreddito al di sotto di quello mediano.
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4. Indebitamento e fragilità finanziaria
La distribuzione dell’indebitamento per classi di reddi-to è particolarmente importante per valutare il peso del ser-vizio del debito e quindi per l’individuazione di gruppi difamiglie in situazione finanziariamente fragile. La compo-nente del debito più rilevante a questo fine è quella costitui-ta dai mutui. Ciò non significa escludere che vi possanoessere casi di sovraindebitamento riconducibili al credito alconsumo, ma essi, sulla base dei dati dell’Indagine suibilanci delle famiglie, appaiono poco numerosi e ristretti aun sottoinsieme della già ristretta fascia di quei nuclei chehanno ottenuto diverse tipologie di finanziamento, inclusoun prestito per acquistare l’abitazione. Limitare l’attenzioneall’incidenza della rata del mutuo consente, quindi, unabuona approssimazione per avviare un’analisi sull’onere deldebito.
Tra il 2000 al 2006 la quota destinata dalle famigliecon un mutuo al rimborso delle rate è salita dal 12 al 17 percento. Il peso della rata cresce al diminuire del reddito e ilvalore medio nel quartile più basso supera il 30 per cento(fig. 6); si tratta di una frazione molto rilevante del redditocorrente ed è tra queste famiglie che il servizio del debito èverosimilmente fonte di fragilità e rappresenta un vincolostringente. Esse rappresentano circa l’1 per cento del totale(fig. 5b), corrispondenti a circa 230.000 unità; è quindiimportante verificare se per questa categoria di famigliel’affitto non costituisca una modalità più conveniente perusufruire di un’abitazione. L’Indagine sui bilanci dellefamiglie relativa al 2006 condotta dall’Istat mostra che, perle famiglie a basso reddito, i canoni di affitto incidono sullaspesa per consumi in misura non dissimile delle rate delmutuo7.
6 Si veda, ISTAT, Indagine sui consumi delle famiglie - Anno 2006.
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La fragilità finanziaria delle famiglie indebitate chedispongono di redditi familiari molto bassi appare come unamanifestazione del più ampio problema dell’accesso alla casadi abitazione. L’ascesa dei prezzi degli immobili è stata segui-ta da quella degli affitti e, quindi, del costo dei servizi abitati-vi indipendentemente dal titolo con cui sono fruiti. Politichevolte a rendere meno gravoso l’onere dei mutui tendono, per-tanto, a favorire la proprietà dell’abitazione rispetto all’affitto,piuttosto che affrontare il problema della casa per le fascemeno abbienti nel loro complesso.
Vi sono altri fattori di vulnerabilità dei bilanci familiari chederivano in modo specifico dal debito. Uno di questi è determina-to dall’esposizione al rischio di tasso di interesse. Il mutuo è unostrumento finanziario a lungo termine il cui costo dipende dall’e-voluzione dei tassi di interesse nel periodo di conduzione del con-tratto. Le famiglie possono assumere interamente i rischi chederivano da rialzi futuri dei rendimenti di mercato, assicurarsiinteramente fissando fin dall’inizio il tasso di interesse per tutta ladurata del finanziamento o ricorrere a una soluzione intermediaattraverso alcune delle forme contrattuali innovative propostedalle banche. La determinazione del grado ottimale di esposizio-
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ne di una famiglia è un’operazione molto complessa che dipendeda numerose variabili: i flussi di reddito attesi, la loro variabilità,la rischiosità delle attività e i costi di un’eventuale rinegoziazionedelle condizioni del prestito. Nonostante queste difficoltà che pre-cludono la formulazione di un giudizio preciso è verosimile che,nella fase di maggiore espansione del mercato dei mutui, le fami-glie italiane abbiano assunto rischi di tasso di interesse in misuraeccessiva rispetto a quanto sarebbe stato ottimale.
Tra il 2003 e il 2005 i tassi di interesse di mercato a brevetermine hanno toccato valori particolarmente bassi nel con-fronto storico: i tassi sui prestiti interbancari a un anno sonorimasti di poco al di sopra del 2 per cento. Il costo di un mutuoa tasso variabile, ossia indicizzato ai rendimenti del mercatomonetario, sottoscritto in questo periodo aveva maggiori pro-babilità di subire un rialzo piuttosto che una riduzione, espo-nendo quindi il debitore a un rischio legato all’evoluzionedella politica monetaria e dei mercati. Le famiglie italiane sisono addossate quasi interamente questo rischio. La quota dimutui con un tasso fisso per almeno 10 anni è stata al di sottodel 10 per cento fino alla fine del 2005, ossia fino a quando irendimenti del mercato monetario hanno cominciato a salire(fig. 7). Da allora la richiesta di copertura a fronte dei rialzi dei
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tassi è fortemente aumentata, con un’accelerazione negli ulti-mi mesi del 2007, in parte riconducibile alle tensioni sui mer-cati interbancari conseguenti alla crisi dei mutui sub primenegli Stati Uniti. Non solo la quota dei mutui a tasso fisso peralmeno 10 anni si è ora portata attorno al 60 per cento, ma èaumentata anche la domanda di rinegoziare i prestiti a tassovariabile contratti negli anni precedenti.
Le spiegazione del comportamento seguito dalle famiglienon è riconducibile a un unico fattore. Il costo della copertura delrischio legato a futuri rialzi dei tassi di interesse implica che, aparità di altre condizioni, di norma le rate iniziali di un mutuo atasso variabile sono più basse di quello di un mutuo a tasso fisso.È possibile che una parte delle famiglie non disponga delle com-petenze finanziarie necessarie per valutare il rischio di tasso equindi si sia indirizzata verso il contratto apparentemente menooneroso. D’altro lato, a seguito del forte aumento dell’importounitario dei mutui concessi nel periodo 2003-2005 è possibileche un certo di numero di famiglie abbia scelto consapevolmen-te di assumersi il rischio pur di poter acquistare la casa. Un ele-mento non trascurabile è, infine, costituito dalle condizioni diofferta dei prestiti. Mentre il costo dei mutui a tasso variabile inItalia è allineato a quello medio dei paesi dell’area dell’euro, ilcosto dei mutui a tasso fisso è significativamente superiore. Perle famiglie italiane coprirsi dal rischio di tasso è più onerosorispetto alle altre famiglie nell’area e il costo è quantificabile inpoco meno di un punto percentuale all’anno. L’analisi dellecause di questo differenziale - da ricercarsi sia nei costi dellaprovvista sostenuti dalle banche, sia nelle loro strategie di mer-cato - prescinde dagli scopi di questa nota. Quello che rileva èche esso nel recente passato ha contribuito ad amplificare i rischiassunti dalle famiglie e ora ad accrescere l’onere del debito.
5. Conclusioni
In questa breve nota sono stati identificati alcune caratte-
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ristiche della recente evoluzione del debito delle famiglie inItalia. In particolare si è argomentato che alla recente forte cre-scita dei finanziamenti affluiti a questo settore non sia corri-sposto un ampliamento significativo della partecipazione almercato del credito. Nel complesso, tanto il livello del debitoquanto la quota di famiglie indebitate rimangono su valorirelativamente contenuti nel confronto internazionale. I proble-mi di sostenibilità del debito appaiono circoscritti alle fasce difamiglie che si sono indebitate per acquistare l’abitazione e illoro reddito appartiene alla coda inferiore della distribuzione.
Un problema non meno rilevante di quello della sosteni-bilità del debito è l’ampliamento delle opportunità di accessodel credito alle famiglie. I principali ostacoli verso un aumen-to del grado di partecipazione sono riconducibili alla bassacrescita attesa del reddito permanente, associata a una cre-scente discontinuità delle esperienze lavorative dei lavoratoripiù giovani.
Infine, il superamento di rigidità e inefficienze in alcunisegmenti del mercato del credito, che nel suo complesso hacomunque registrato progressi notevoli nell’ultimo decennio,può contribuire a ridurre i costi e a una corretta gestione deldebito da parte delle famiglie.
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Dott. Alfredo SANGUINETTO,Direttore Generale della Banca Carige S.p.A.
Introduzione
Il credito alle famiglie rappresenta un fenomeno di rilie-vo dal punto di vista economico e sociale, in quanto svolge unimportante ruolo di sostegno ai principali settori produttivi ecommerciali, relativi al mercato della casa ed ai beni di consu-mo durevoli.
Nell’ultimo decennio, analogamente a quanto si è registra-to negli altri Paesi europei, il mercato italiano del credito ipo-tecario e del credito al consumo è stato interessato da una rile-vante crescita, in relazione a fattori di domanda e di offerta.
Dal lato della domanda, hanno inciso la progressiva atte-nuazione della propensione al risparmio, dovuta alla riduzionedei tassi di interesse, ed il cambiamento dei comportamentidelle famiglie, che vedono il ricorso al credito non più comeuna forma di indebitamento ma come uno strumento in gradodi soddisfare in maniera ottimale le sempre più evolute esigen-ze di consumo.
Dal lato dell’offerta, gli operatori finanziari hanno defini-to nuove strategie di marketing e di offerta di prodotti innova-tivi, in un quadro di ampliamento dei canali distributivi.Il ricorso al credito da parte delle famiglie italiane cresceràanche nei prossimi anni, non solo in considerazione del fattoche i fattori che ne hanno determinato ad oggi l’espansionedevono ancora produrre compiutamente i loro effetti, maanche perché, nel confronto con gli altri Paesi europei, in Italiai volumi assoluti risultano ancora marginali.
Per il sistema del credito, tale crescita si inserisce in unoscenario di spread più contenuti rispetto al passato ed un costo
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del funding crescente, dove il numero dei clienti va ampliando-si a target dalle prospettive future più incerte, la concorrenzarisulta più dinamica e la normativa registra un’evoluzione piùsfavorevole. La gestione del credito diventa vieppiù difficile erischiosa e la redditività del prodotto in ridimensionamento.
Alle banche, quindi, è richiesta una notevole capacità diinnovazione dal lato della produzione, della distribuzione,della selezione del credito, dell’informazione. A causa dellafacilità e della rapidità di imitazione da parte della concorren-za, l’offerta di prodotti e livello di servizio concorrenzialirispetto a quelli dei competitor rappresenta una condizionenecessaria ma non sufficiente.
La competizione si sposterà sempre più dal prodottoverso le componenti intangibili del sistema di offerta checostituiranno il valore aggiunto. Fattori critici di successosaranno la tradizionale capacità di comprendere le esigenzedella clientela e di essere in grado di offrire il prodotto giustoa condizioni competitive, differenziandosi, quindi, rispettoalla concorrenza sotto il profilo della combinazionequalità/prezzo.
Il sistema bancario è pronto a rispondere alle sfide propo-ste dal mercato. Con un giusto mix di innovazione e tradizio-ne, e con la collaborazione di Istituzioni e Associazioni deiconsumatori, potrà cogliere le opportunità fornite dall’espan-sione del credito alle famiglie, confermando l’essenzialità delproprio ruolo nello sviluppo sociale ed economico del Paese.
Situazione attuale
In Italia, a partire dalla fine degli anni Novanta il creditoalle famiglie da parte del sistema bancario ha registrato unosviluppo intenso, con una crescita media annua, tra il 1999 eil 2007, pari a quasi al 10%. Tale dinamica rappresenta uno dei
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fenomeni di maggior rilievo dal punto di vista economico esociale dell’ultimo decennio.
In particolare, il credito per l’acquisto dell’abitazione,costituito dai mutui ipotecari ed erogato dalle banche, è pari acirca il 60% della domanda di finanziamenti delle famiglie eha segnato una crescita media annua del 16,1%.
Il credito al consumo (prestiti personali, prestiti finalizza-ti, carte di credito e cessione del Quinto), dove gli istitutifinanziari specializzati rivestono un ruolo significativo esostanzialmente pari a quello degli istituti di credito, è cresciu-to complessivamente del 14,5% annuo.
Il divario rispetto ai principali Paesi europei è tuttaviaancora ampio. Nel 2006, rapportando il volume dei mutui perl’acquisto di abitazioni al PIL nei Paesi dell’Unione MonetariaEuropea, l’indicatore in Italia risulta il più basso (16,6%). Lamedia europea è del 38,3%.
Fonte: Banca d’Italia, OCSE.
Analogamente, rapportando il volume di credito al consu-mo al PIL, l’Italia si mantiene al di sotto della media europea(5,8% rispetto al 7,9%), tra gli ultimi Paesi dell’Unione.
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Fonte: Banca d’Italia, OCSE.
Anche in termini di indebitamento pro capite l’indicatoreitaliano risulta assai contenuto nel confronto con gli altri Paesieuropei analoghi per numero di abitanti. In particolare, ogniitaliano ha un debito per l’acquisto di un immobile residenzia-le pari a 4.250 euro, a fronte dei 9.330 euro di ogni francese,degli 11.864 euro di ogni tedesco e dei 13.533 euro di ognispagnolo. La media europea è di 10.388 euro pro capite.
Fonte: Banca d’Italia, Eurostat.
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Per quanto riguarda il credito al consumo, in Italia l’inde-bitamento pro capite è pari a 1.485 euro, in Spagna a 2.280euro, in Francia a 2.435 euro, in Germania a 2.608 euro. Lamedia europea è di 2.161 euro pro capite.
Fonte: Banca d’Italia, Eurostat.
Negli ultimi due anni la domanda di finanziamenti banca-ri proveniente dalle famiglie è continuata a crescere, seppuresu ritmi inferiori rispetto agli anni passati (+13,2% nel 2004,+11,7% nel 2005, +9,8% nel 2006 e +7,8% nel 2007), con unadinamica del credito fondiario più vivace (+19,8% nel 2004,+17,4% nel 2005, +12,5% nel 2006 e +8,7% nel 2007).
Anche il credito al consumo, concesso dal sistema banca-rio e dagli istituti finanziari specializzati, pur su tendenzialisempre a due cifre, ha segnato un percorso di crescita rallen-tata, “fisiologica” se si tiene conto dello sviluppo vorticosoregistrato (+21,6% nel 2004, +19,2% nel 2005, +17,8% nel2006, +14,6% nel 2007).
Dal lato della domanda, il consistente aumento del prez-zo dei beni immobili e la crescita dei tassi sui mutui ha incisosulla dinamica del credito ipotecario; contestualmente, il ral-lentamento del mercato immobiliare ha depresso la dinamica
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del credito al consumo, strettamente alimentata dalle speselegate al “sistema casa”.
Dal lato dell’offerta, la crisi dei mutui subprime sul mer-cato americano ha portato tutti gli operatori ad un approcciopiù selettivo nella fase di concessione del credito. Inoltre,soprattutto nel credito al consumo, il business sta risultandomeno redditizio per la contrazione degli spread: a fronte delforte aumento del costo della provvista sui mercati monetari einterbancari, per le persistenti incertezze derivanti dalla crisidei subprime, non si è riscontrato un analogo aumento dellaredditività dei finanziamenti, sia per la crescente concorrenzasui mercati, sia per la maggiore cultura finanziaria della clien-tela che pone sempre maggiore attenzione al “tasso”, indottadai media e dalle categorie dei consumatori.
Evoluzione qualitativa del credito alle famiglie
La crescita quantitativa degli ultimi anni è stata accompa-gnata da una profonda evoluzione qualitativa, favorita damutamenti sociali e demografici, fattori culturali, aspetti eco-nomici e finanziari, evoluzione normativa, ampliamento del-l’offerta e sviluppo della tecnologia, con impatti significativisu prenditori, intermediari, prodotti e rischio di liquidità etasso, che ha indotto una nuova gestione del business.
In passato la famiglia che faceva ricorso al credito erageneralmente quella “tradizionale”, radicata nell’area di resi-denza, con lavoro stabile e reddito medio/alto, prospettica-mente in miglioramento e spesso con scarsa cultura finanzia-ria.
I volumi di credito alle famiglie erano limitati, in consi-derazione del fatto che il ricorso al finanziamento era motiva-to quasi esclusivamente dall’acquisto dell’abitazione principa-le, in un quadro patrimoniale e sociale caratterizzato dall’ele-
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vato tasso di proprietà delle case e dalla persistenza di strettilegami familiari che favorivano il credito “domestico”.
Inoltre, una percezione negativa del credito determinavaun’avversione psicologica ai prestiti personali e ancor di più aiprestiti finalizzati e rateali.
Il quadro monetario era caratterizzato da tassi di interes-se molto elevati per cui l’onere del credito risultava significa-tivo, in rapporto sia al reddito familiare, sia al costo della loca-zione, spesso più conveniente anche in virtù di una normativapiù favorevole all’inquilino.
I finanziatori erano gli istituti di credito fondiario, gli isti-tuti di credito di diritto pubblico e le casse di risparmio, cheerogavano il prestito, dopo un’istruttoria accurata, condottasulla situazione economica e familiare del richiedente e sullegaranzie prestate, attraverso la rete dei propri sportelli, con ilsemplice strumento della cartella fondiaria1 e successivamen-te dell’obbligazione2.
1 Obbligazione emessa dagli istituti di credito fondiario e garantita dall’ipoteca diprimo grado sugli immobili stessi. La banca di credito fondiario si approvvigiona-va di fondi, collocando sul mercato cartelle fondiarie in corrispondenza del mutuostipulato; il ricavato di esse, che poteva però anche essere inferiore all’ammontaredel mutuo contratto, veniva versato al mutuatario. L’estinzione anticipata del mutuocomportava il riacquisto sul mercato delle cartelle relative alla “serie” cui apparte-neva il mutuo rimborsato, realizzando così un meccanismo automatico di adegua-mento del “costo del rimborso” alle condizioni di mercato.2 Con la legge 472/1975 ed il successivo DPR 21/1/1976 n. 7 viene introdotto lostrumento delle obbligazioni emesse dagli istituti di credito fondiario ed edilizio,cambiando radicalmente il funzionamento della concessione del credito. Si inver-tono i tempi di esecuzione tra sottoscrizione dei titoli ed erogazione dei mutui, nelsenso che questi ultimi possono essere soddisfatti esclusivamente con fondi rinve-nienti da precedenti collocamenti; viene meno anche la strettissima connessione tratitoli e mutui, per cui tra le due entità possono verificarsi differenziazioni sul tasso,sulla durata, sulle modalità di ammortamento, salvo il richiamo dell’Organo diVigilanza, affinché l’attività fondiaria si ispiri comunque ad una responsabile valu-tazione circa il mantenimento di una equilibrata struttura temporale delle postepatrimoniali attive e passive.
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Il prestito era costituito quasi esclusivamente da unmutuo ipotecario standardizzato, di durata non superiore a 15anni, con una struttura di tasso fisso o variabile non sofistica-ta (plain vanilla), con un rapporto sul valore della garanziareale (loan to value) non superiore al 50% e un valore dellagaranzia reale prospetticamente in aumento. Il credito al con-sumo risultava del tutto marginale e quasi sempre rappresen-tato dalla cessione del Quinto a favore di dipendenti pubblici.
Il finanziatore doveva rispettare precise regole di trasforma-zione delle scadenze, imposte dalla Vigilanza, per limitare l’uti-lizzo di fonti a breve per finanziare attività di più lunga durata.
In questo scenario, caratterizzato da spread elevati, soste-nuti dagli elevati tassi di interesse e concorrenza limitata, con-tenuto rischio di controparte e vincoli operativi imposti da pre-cise norme di Vigilanza, la gestione del credito da parte dellebanche risultava relativamente facile e remunerativa, ancorchésu volumi limitati.
Già dal 1993 con l’emanazione della nuova legge banca-ria3 si avvia un processo di riforma radicale dell’ordinamentonazionale, lungo le linee della despecializzazione dell’attivitàcreditizia, che trova piena espressione dalla fine degli anniNovanta, quando rilevanti fattori strutturali determinano,anche in Italia, una crescita del mercato del credito particolar-mente intensa.
I processi di globalizzazione con la crescita dei flussimigratori, il ridimensionamento del sistema sociale con l’eli-minazione delle pensioni di anzianità e l’innalzamento del-l’età pensionabile derivante dalla necessità di riduzione dellaspesa statale, le riforme del mercato del lavoro che hanno
3 D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 recante il TU delle leggi in materia bancaria ecreditizia, da ultimo modificato ad opera del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342.
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introdotto nuove forme contrattuali più flessibili, hanno com-portato l’ingresso sul mercato bancario ed assicurativo dinuovi target di clientela, dai bisogni diversificati ma accomu-nati da un’esigenza di maggiore sicurezza. I single, i giovani egli immigrati, spesso con lavoro a tempo determinato, poteredi acquisto in riduzione e prospettive future incerte, utilizzanoil credito per l’acquisto di immobili e per soddisfare in manie-ra ottimale sempre più evolute esigenze di consumo. Glianziani, con proprietà immobiliari, ma con redditi reali indeterioramento, si rivolgono al credito per mantenere un ade-guato livello di vita.
Il credito viene percepito in termini più positivi in un qua-dro in cui i consumatori sono sempre più finanziariamenteevoluti e tutelati.
L’onere sopportato è significativo rispetto al reddito, maallineato al costo della locazione, in uno scenario di rate dilui-te su piani di rimborso molto lunghi (fino a 40 anni) e tassi diinteresse che, seppur in aumento dal 2005, si collocano sulivelli storicamente minimi Il potere d’acquisto dei redditifamigliari è drasticamente diminuito, se si considera che iprezzi degli immobili sono per lo meno raddoppiati in undecennio.
Fonte: nostre elaborazioni su dati Banca d’Italia.
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L’attività di finanziamento è posta in essere da una plura-lità di operatori, direttamente dalle banche e da altri interme-diari finanziari, indirettamente da agenti e venditori di beni eservizi, non solo attraverso le reti di sportelli ma anche trami-te altri canali distributivi (internet, punti vendita dedicati,agenzie immobiliari convenzionate, reti di dealers).
Le istruttorie di concessione sono sempre più spesso basatesu tecniche di scoring e valutazioni statistiche che l’evoluzionetecnologica rende vieppiù efficienti ed affidabili, in un mercatoche, a seguito della crisi dei mutui subprime, dall’estate 2007 si ècaratterizzato per una forte accentuazione del mismatching dellescadenze e, soprattutto, del costo del funding.
Accanto al mutuo ipotecario cresce il ricorso al credito alconsumo, in virtù di una percezione del finanziamento piùpositiva; i prodotti risultano diversificati in termini di durata,tipologia di tasso e relativa copertura, modalità di rimborso; illoan to value aumenta fino a raggiungere il 100%.
Il finanziatore deve rispettare regole di Vigilanza pruden-ziale che rimettono la gestione del business alla valutazioneautonoma dei vertici aziendali, in un quadro di evoluzionenormativa e diffusa informazione mediatica.
Per le banche, il ricorso al credito da parte di nuovi targetdi clientela, dalle prospettive future più incerte, e i lunghitempi per l’escussione delle garanzie reali, dovute ad un siste-ma giudiziario spesso inefficiente, rendono la gestione, ancor-ché su volumi in forte crescita, più rischiosa.
Anche la redditività risulta in progressiva diminuzione,per la crisi dei mutui subprime che ha determinato la contra-zione degli spread in relazione al forte aumento del costo dellaprovvista a fronte di un non analogo incremento dei tassi suifinanziamenti derivante dalla crescente concorrenza sui mer-cati e dalla maggiore cultura finanziaria della clientela.
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Il sistema bancario si trova ad affrontare maggiori difficoltànella gestione del credito anche per l’evoluzione della norma-tiva e per il “consumerismo”.
L’evoluzione legislativa risulta talvolta più sfavorevoleper le banche, come nel caso dell’introduzione delle normesulla portabilità del mutuo e sull’eliminazione della commis-sione di anticipata estinzione anche su mutui a tasso fisso4 odelle regole di compliance.
Il “consumerismo”, inteso come riconoscimento di alcunispecifici diritti del consumatore, da un lato rappresenta un ele-mento positivo alla costruzione di una maggiore consapevolezzae responsabilità della clientela, dall’altro, se estremizzato, creauna sfiducia ingiustificata e dannosa nel rapporto creditizio.
Le prospettive del mercato del credito alle famiglie
Fattori di sviluppo
In Italia, per i prossimi anni, il comparto del credito allefamiglie è atteso in ulteriore espansione, nonostante spread inridimensionamento, difficoltà di funding, maggiore rischio dicredito ed elevata complessità gestionale. I tendenziali di cre-scita sono previsti leggermente inferiori a quelli del 2007.
Tali previsioni tengono conto di diversi fattori.
Dal lato della domanda i volumi assoluti del credito allefamiglie risultano ancora marginali, rispetto ai livelli europei.Sul mercato si affaccerà nuova clientela conseguentementealla progressiva trasformazione della struttura sociale e demo-grafica della popolazione, in un quadro di percezione positiva
4 Decreti legge “Bersani” nn. 223/2006 e 7/2007.
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del credito rateale, in relazione all’evoluzione culturale dellefamiglie. A tal proposito si tenga conto che il target immigra-ti raddoppierà nel prossimo triennio, e che anche quello anzia-ni è destinato ad aumentare nel numero e nei bisogni.
Dal lato dell’offerta risulterà fondamentale l’innovazionedi prodotto e di strategia nonché l’ampliamento della capacitàdistributiva, specialmente attraverso i canali remoti, liberi davincoli spaziali e temporali. È atteso un progressivo sviluppodel finanziamento diretto finanziatore/prenditore senza passa-re attraverso i dealers.
Innovazione e tradizione
Al sistema bancario è richiesta una notevole capacità diinnovazione.
Dal punto di vista delle politiche di produzione, il merca-to si caratterizzerà sempre più per un ingresso deciso dellebanche nel settore del credito al consumo, soprattutto attraver-so la costituzione di società finanziarie specializzate, interne oesterne alle banche, eventualmente in consorzio per le aziendedi piccola dimensione, che consentono di operare al meglio intermini di competenze, piattaforme IT e predisposizione disistemi in grado di garantire la compliance e la tracciabilità deicontrolli.
Per quanto riguarda le politiche commerciali, dal lato“culturale” dovrà essere sviluppato un approccio multietnico eaperto alle esigenze della popolazione meno giovane; dal latooperativo dovranno essere offerti prodotti flessibili dal lato deltasso (fisso, variabile, misto, con cap), della durata (da pochimesi a 40/50 anni fino al prestito ipotecario vitalizio) e dellemodalità di rimborso (rata costante, crescente, decrescente,costante a durata variabile, con preammortamento) e di utiliz-zo (carta a doppio plafond); dovranno essere semplificate leprocedure e ridotti i tempi di istruttoria, ampliando, tuttavia, le
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tipologie di fonti informative utilizzate per la valutazione dellecapacità di rimborso (per esempio, puntualità nel pagamentodi utenze); dovrà essere sviluppato il cross selling con i pro-dotti assicurativi (Credit protection insurance); dovrà essereaccentuata la disponibilità a rivedere in corso di rimborso lemodalità del contratto.
Per quanto riguarda le politiche di distribuzione, si accen-tuerà la visione multicanale, che affianca allo sportello tradi-zionale, i punti vendita dedicati, il canale on line, le reti di pro-cacciatori, privilegiando un rapporto diretto e limitando l’in-termediazione dei dealers. La fase decisionale della conces-sione verrà mantenuta all’interno.
Quanto al funding, potranno essere realizzate politicheinnovative, individuando forme di raccolta e di copertura piùcoerenti con le tipologie di prestito per migliorare il matchingtemporale delle scadenze e sfruttare tutte le opportunità offer-te dal mercato. A tal proposito, nei prossimi mesi, analoga-mente a quanto sta succedendo da tempo nei principali Paesieuropei, il nostro sistema bancario potrà disporre dello stru-mento dei covered bond che garantiscono un livello di raccol-ta a medio lungo termine a tassi più convenienti, in quanto l’e-missione di tali titoli obbligazionari bancari, garantiti (cove-red) dai crediti ipotecari e fondiari e dai crediti nei confrontidella Pubblica Amministrazione, viene valutata high rateddalle principali agenzie di rating.
L’innovazione nelle politiche di gestione attiva dei credi-ti in default risulta necessaria in considerazione del fatto chein Italia i tempi di recupero continuano ad essere più lunghirispetto a quelli degli altri Paesi europei. In questo caso risul-ta fondamentale l’opera delle Istituzioni per organizzare unsistema giudiziario più efficiente.
Il sistema bancario dovrà porre in essere iniziative perrendere più efficiente il mercato, attraverso la maggiore tra-
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sparenza cognitiva, la riduzione delle frodi, l’ampliamentodegli strumenti di accesso al credito, ed attivare politiche attea migliorare la qualità e la quantità dell’informazione su van-taggi e rischi che comporta il ricorso al credito, in un quadrodove mass media e “consumerismo” tendono a diffondere lapercezione di un livello di conflittualità elevato.
La capacità di innovazione è necessaria ma non sufficien-te; deve essere mantenuta quella prossimità al cliente famigliache è nella tradizione soprattutto delle banche più radicate nelterritorio.
Prossimità al cliente significa capirne le esigenze in ognifase del rapporto di credito per offrire prodotti rispondenti alleaspettative.
In dettaglio, implica un’attività di formazione finalizzataad un approccio consulenziale, sia nella fase di erogazione, siain quella post vendita, ed uno sviluppo della cultura finanzia-ria del cliente che favorisca scelte consapevoli; una gestioneflessibile delle condizioni per soddisfare nuove esigenze chepossono manifestarsi nel corso del contratto; velocità e sem-plicità in tutte le fasi del rapporto; coerente politica di incenti-vazione del personale.
Una gestione del credito attenta da parte sia del finanzia-tore, sia della clientela, attenua il rischio di credito, con crea-zione di valore per le famiglie, per il sistema bancario e per ilsistema economico nel suo complesso.
Conclusioni
Il mercato del credito alle famiglie sta attraversando unafase di espansione e di evoluzione.
Con un giusto mix di innovazione e tradizione il sistema
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bancario italiano saprà cogliere le opportunità fornite dall’e-spansione del credito alle famiglie, confermando l’essenzialitàdel proprio ruolo nello sviluppo sociale ed economico delPaese.
In particolare, le banche di forte tradizione, capaci diapprocci innovativi, potranno sfruttare al massimo le nuoveopportunità, risultando efficaci ed efficienti, rispetto alla pro-pria clientela, in tutte le fasi del processo di produzione e didistribuzione, ben consce che la progettazione di un prodottonuovo, più innovativo e flessibile, non rappresenta, di per sé,la leva su cui fondare il successo duraturo, a causa della faci-lità e della rapidità di imitazione.
La competizione si sposterà sempre più dal prodottoalle componenti intangibili del sistema di offerta e fattoricritici di successo saranno la capacità di comprendere leesigenze della clientela e di differenziarsi rispetto alla con-correnza, sotto il profilo della combinazione qualità/prez-zo.
Il sistema bancario nazionale è pronto a rispondere allesfide proposte dal mercato; anche le Istituzioni e Associazionidei consumatori, ognuno nel proprio ruolo, sono chiamate acollaborare, al fine di:
• realizzare un quadro normativo equilibrato tra tuteladel consumatore ed esigenze del sistema bancario.Ad esempio, l’abolizione della commissione sull’e-stinzione anticipata dei mutui va a scapito di unapolitica volta al giusto equilibrio tra impieghi e fontidi provvista. Tale abolizione equivale al riconosci-mento al mutuatario di un’opzione - di valore ancheelevato nel caso di mutui a tasso fisso di durata resi-dua consistente - non remunerata, che espone labanca a rischi di tasso non facilmente gestibili, nonconoscendo l’entità e la scadenza in cui sarà eserci-tata;
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• organizzare un sistema giudiziario più efficiente, alfine di rendere più veloce l’iter di recupero dei cre-diti in default;
• diffondere una “cultura di consumatore” intelligentee costruttiva, in considerazione del fatto che un viva-ce mercato del credito ha ricadute espansive sull’in-tero sistema economico.
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Dott. Pietro MODIANO,Direttore Generale Vicario di Intesa San Paolo S.p.A.
Il finanziamento e la consulenza alla piccola e media impresa
L’Italia è il paese delle piccole imprese e questa è storianota. Le imprese non grandi, quelle comunemente definitesotto i 250 addetti, occupano oltre i 3/4 degli addetti manifat-turieri, rispetto a una media che va fra il 45 e il 55 percento diFrancia, Germania e Regno Unito e hanno un peso sul valoreaggiunto nazionale vicino al 70 percento (28 punti in piùrispetto alla media degli altri paesi.)
Distribuzione degli addetti nell’industria manifatturiera perclasse d’impresa
Fonte: Eurostat
Analogo discorso vale per le esportazioni, dove la quotadelle PMI sul totale nazionale supera in Italia il 56%, 6 puntiin più della media europea.
Fonte: Eurostat
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Le PMI oggi si presentano con una redditività elevata,una crescita del fatturato e del valore aggiunto superiore aquella delle grandi imprese e soprattutto in controtendenzarispetto agli altri paesi europei. Hanno in genere un manage-ment professionale in grado di collaborare con la proprietà, uncontrollo proprietario relativamente accentrato e una strutturafinanziaria abbastanza equilibrata.
Fonte: Eurostat, Trau (1995), SME Database
Non manca quindi analisi che prescinda dall’imprendito-ria diffusa come segno distintivo del sistema industriale italia-no, talvolta nel senso virtuoso del piccolo è bello, sempre piùspesso in maniera preoccupata mettendo il cosiddetto nanismoal centro del dibattito sulle difficoltà del nostro sistema pro-duttivo ad accogliere le sfide della modernizzazione.
Su quest’ultimo aspetto è opportuno però fare almenodue considerazioni: la prima puramente logica, la secondaalla luce dello scenario degli ultimi anni. L’idea che le pic-cole imprese siano sfavorite dalla crescente globalizzazio-ne è tutta da dimostrare; la diminuzione delle barrieredoganali, il libero scambio, la libera circolazione delle per-sone e dei capitali, l’integrazione delle economie portano in
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linea di principio gli stessi vantaggi sia alle grandi impresemultinazionali sia alle realtà minori. In termini relativi tut-talpiù, il rapido abbattimento di queste barriere, favorisceproprio quelle imprese (le piccole) che trovavano in questebarriere gli ostacoli più stringenti e hanno quindi un guada-gno marginale nella fase incipiente della globalizzazione.Questa dinamica sembra emergere nell’andamento delleesportazioni degli ultimi anni: l’Italia nonostante la preva-lenza di piccole medie imprese, nonostante la specializza-zione in settori tradizionali, nonostante il peso delle strut-ture familiari è diventato il secondo esportatore europeo neimercati extra Ue superando nel 2007 Francia e RegnoUnito ed essendo l’unico paese a tenere i ritmi di crescitadella Germania.
Le piccole medie imprese italiane hanno, in altre parole,saputo cogliere più di altri le opportunità dei nuovi mercati,ma soprattutto sono uscite rafforzate da un periodo critico diselezione e cambiamento del paradigma competitivo. E, nellamaggior parte dei casi, ce l’hanno fatta, facendosi carico diriportare in carreggiata un paese, assordato dalle sirene deldeclinismo.
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Il ruolo delle Banche
In questo contesto la relazione tra la Banca e l’impresa assu-me una grande rilevanza. In Italia, il servizio per le Piccole eMedie Imprese di Intesa Sanpaolo si fonda su una rete capil-lare, con oltre 300 punti operativi dedicati, che uniscono laconoscenza del tessuto imprenditoriale e dell’economia loca-le con la capacità di un grande gruppo internazionale. La stra-tegia consiste nel coniugare la salvaguardia delle tradizioni edel radicamento territoriale delle banche locali con lo svilup-po internazionale e la massa critica di una grande banca. Inquesto, il territorio gioca un ruolo indispensabile e non perniente lo sviluppo della rete avviene all’insegna del radica-mento sul territorio. E non si tratta solo di slogan o di dichia-razioni di intenti. Più in generale i modelli organizzativi dellebanche frutto delle fusioni tendono sempre più a privilegiarestrutture operative facenti perno sulla geografia piuttosto chesul segmento di prodotto. È importante quindi che continui aessere valorizzata l’esperienza dei Confidi che agiscono sulterritorio come organi di controllo sociale, promuovendo l’af-fidabilità del sistema locale oltre che rafforzare la capacità discreening dei prestiti in maniera complementare rispetto allebanche.
Negli anni del ristagno si è prodotta, nel mondo delleimprese, una trasformazione di grande rilievo, che dà la misu-ra di un’energia sociale al momento sottovalutata, ma tutt’al-tro che esausta. La prima sfida per il sistema finanziario è allo-ra dare voce a queste imprese perché da sole non riescono afare sistema e a farsi sentire anche a causa di un’impermeabi-lità della politica e una struttura proprietaria che spesso non vaoltre quella familiare. Il loro apporto in questi anni è statofondamentale, ma ampiamente sottostimato e mal rappresen-tato. Stentano a essere riconosciute anche dagli economisti edalla politica, e non diventano una forza collettiva e un esem-pio da estendere dove la concorrenza e la meritocrazia nonvogliono penetrare: nei servizi, nella pubblica amministrazio-
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ne, nelle reti. Scrisse, infatti, Schumpeter “ È quasi superfluosottolineare che la concorrenza che abbiamo in mente è effi-cace non solo quando è in essere, ma anche quando è unacostante minaccia. Disciplina prima di attaccare.L’imprenditore si sente in una situazione competitiva anche seè di fatto un monopolista…”.
Un’altra sfida più grande è poi saper dare continuità allacrescita sui nuovi mercati: le nostre imprese sono riuscite abeneficiare del flusso di corrente propulsiva dalla prima fasedi integrazione dei mercati, ma si trovano oggi a fronteggia-re la sfida della complessità. Per essere vincenti in un conte-sto globale non è più sufficiente operare solo sui mercativicini e non è sufficiente neppure entrare su alcuni mercatilontani, ma bisogna riuscire a diversificare e consolidare lapresenza estera, aumentando il numero di mercati serviti.Questo richiede un’azione sinergica del mondo imprendito-riale, finanziario ed istituzionale che, solo facendo sistema,possono elaborare piattaforme comuni che consentano dipreparare un level playing field che abbatta i costi ricorrentinel percorso di crescita internazionale. Le imprese, per rea-lizzare i processi di internazionalizzazione, necessitano siadi una rete d’appoggio, sia del supporto di competenze spe-cialistiche. Attualmente come Intesa Sanpaolo siamo presen-ti in 35 paesi con 5 banche corporate, 3 uffici di rappresen-tanza e 14 filiali.
Ma operare sul mercato globale, soprattutto per unaimpresa di dimensioni minori, significa intraprendere ancheun processo di evoluzione del business aziendale, che richie-de una considerevole capacità nel gestire variabili sempre piùcomplesse, man mano che si passa dalle forme “passive”(come: esportazione indiretta, esportazione con agenti/distri-butori) alle forme più spinte d’internazionalizzazione “attiva”(come: joint-venture, sole-venture). L’avvio, lo sviluppo e ilconsolidamento del processo d’internazionalizzazione sonofasi cruciali nella vita dell’impresa e coinvolgono tutti gli
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aspetti dell’attività produttiva e commerciale. Noi siamo alfianco delle imprese fornendo loro assistenza sia per il rego-lamento delle transazioni commerciali e la gestione di opera-zioni complesse e di lunga durata, sia accompagnando leimprese nella localizzazione e delocalizzazione di attivitàproduttive all’estero con interventi specifici di natura finan-ziaria.
La ricerca di un rafforzamento competitivo ha del restogià da tempo spinto le banche italiane verso innovazione tec-niche, che coincidono con le esigenze di ristrutturazione delleimprese, scoprendo il mercato delle scadenze più lunghe. Dauna situazione in cui le linee di credito a vista costituivano lacomponente di gran lunga principale si passa ad una in cui iprestiti a scadenza oltre i 18 mesi diventano una regola piutto-sto che l’eccezione.
Fonte: Banca d’Italia, Conti finanziari
Queste innovazioni hanno permesso di sfatare timori cheil processo di consolidamento e criteri di valutazione più rigi-di si traducessero in un razionamento per le PMI. Al contrario,anche a seguito dei dissesti finanziari di alcune grandi impre-se all’inizio degli anni 2000, l’attività creditizia delle bancheitaliane si è gradualmente rifocalizzata sulle PMI. Questo pro-cesso si è riflesso in un’omogeneizzazione del costo del credi-to fra le diverse tipologie d’impresa. Rapportando gli onerifinanziari al debito verso banche dai bilanci manifatturieri, unsegnale chiaro proviene dalla convergenza del costo del credi-to per le diverse classi d’impresa. Analogamente calcolando ildifferenziale fra il tasso applicato a finanziamenti fino a 1milione di euro rispetto a quello per importi superiori, la con-
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vergenza è chiara sia per le scadenze a breve che per quelle amedio-lungo termine (dall’inizio del 2004 è passato da 1,6 a0,3 punti percentuali per il breve, da 2 a 0,7 per il medio, da1,2 a 0,8 oltre i 5 anni).
Fonte: Cebi
Fino a pochi anni fa gli oneri finanziari erano particolar-mente elevati per le imprese di dimensioni minori sostanzial-mente per due motivi: esse dovevano rinnovare ripetutamenteprestiti a breve per finanziare investimenti nel lungo periodo;i prestiti di importo minore erano più onerosi di quelli diimporto maggiore a causa di una componente fissa significati-va dei costi di finanziamento. Sembrerebbe che entrambi i fat-tori siano venuti meno.
Le banche sono chiamate a proseguire questo processosoprattutto nell’attuale fase del ciclo economico, che anche alnetto di problemi statistici (a dicembre il -6,5% tendenzialedella produzione industriale, sarebbe -0,4% considerando gliscioperi, e il -4,6 dell’export extraUE dovrebbe leggersi con il+18,9% di gennaio) appare comunque di maggiore comples-sità. I vincoli di liquidità del sistema si fanno via via più strin-genti e se da un lato occorre sostenere la qualità degli investi-menti, alle banche spetta anche saper dare respiro alle impre-se virtuose selezionando al meglio i propri interventi senza
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innescare un razionamento indifferenziato del credito. Perquesto è opportuno, soprattutto per le piccole imprese, cheprosegua la trasformazione già in corso nei processi di valuta-zione del merito creditizio che, se tradizionalmente derivavaperlopiù dall’informativa contabile, oggi tiene conto di fattoriimmateriali, come la competitività dell’impresa riconducibilealla tecnologia applicata, alla capacità di innovazione, allaqualità del management. Banche e imprese sono per questochiamate a un rafforzamento del loro rapporto. L’intensificarsidella lending relationship consente di ridurre il divario infor-mativo accumulando conoscenza sulla reale capacità competi-tiva dell’impresa, favorendo il finanziamento di progetti, perse rischiosi, in grado di migliorare la qualità dell’impresa. Imargini di crescita sono ancora ampi, dal momento che ancheall’interno del perimetro PMI l’Italia presentava fino a pochianni fa un grado di multiaffidamento decisamente superioreagli altri paesi europei. Negli anni più recenti la maggiore con-correnza ha spinto le banche a rinforzare i legami con il setto-re produttivo agendo sulla clientela imprese per essere l’unicofornitore di credito (a fine 2006 la relazione è unica per il55%).
L’assetto del sistema bancario è del resto in rapida evolu-zione e un sistema frammentato, a forte incidenza pubblica,tasso di competizione e innovazione decisamente contenuti haormai ceduto il passo a una compagine finanziaria fra le piùconcentrate d’Europa, con un peso economico di assolutorilievo (per capitalizzazione di borsa il secondo a livello euro-peo) e un’offerta di forme tecniche in rapida evoluzione.
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Uno dei principali aspetti che riguarda il rapporto Banca-Impresa è la fine di una segmentazione dimensionale e geo-grafica dove le banche nazionali erogavano credito prevalente-mente alle grandi aziende e quelle locali alle piccole e medie.Saltato il vecchio ordine, le banche si trovano a vendere credi-to con l’obiettivo di aumentare i ritorni sul capitale degli azio-nisti. La percezione di un’alta mobilità della clientela (secon-do la Commissione Europea l’11,2% delle PMI italiane cam-bia banca in un anno, contro il 12,2% nella UE) si è inizial-mente tradotta in una strategia di acquisizioni di quote di mer-cato e quindi in una competizione delle banche sul prezzo delcredito.
L’attenzione al cliente si concretizza oggi sia nel costan-te miglioramento dei servizi finanziari più semplici, indispen-sabili per la gestione dell’attività stessa d’impresa, sia nellarealizzazione di servizi ad alto contenuto consulenziale. Ilnostro ultimo impegno in questo senso è il “ProgettoMediocredito Italiano”, nato per essere la perfetta coniugazio-ne tra un centro di eccellenza per la finanza d’impresa e unpolo ad alta specializzazione sui settori attualmente più strate-gici, in crescita e con grandi aspettative di sviluppo (R&Dbased – Energy - Media & Intertaiment – Shipping - Sistemafood Italia - Sistema moda – Hospitality – Agricoltura). Perognuno di questi settori abbiamo creato dei desk specialistici,situati nelle zone di maggior radicamento territoriale dellespecifiche attività. All’interno dei diversi poli saranno seguitetutte le richieste di credito a medio-lungo termine delle impre-se che operano in quello specifico settore, indipendentementedal luogo in cui sono localizzate le aziende. Per esempio, leimprese del settore energia faranno riferimento a Torino, lamoda a Milano, lo shipping a Napoli ecc.
Ma la nascita del Progetto Mediocredito Italiano è solo lapiù recente tra le iniziative, caratterizzate da un forte contribu-to di consulenza. Sempre in quest’ottica, con particolare atten-zione alle PMI, Intesa Sanpaolo ha aderito e si è fatta sponsor
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del nuovo Mercato Alternativo del Capitale (MAC), per avvi-cinare le aziende che vogliono condividere il rischio d’impre-sa con un numero limitato di investitori, in modo da accelerar-ne la crescita e sostenerne l’innovazione.
Una sfida ulteriore per le banche è infatti quella di anda-re oltre il modello di credito tradizionale attraverso un allarga-mento della propria offerta. Alle banche spetta il compito digestire il financial innovation divide dei nuovi protagonistiattraverso un’informazione trasparente e adeguata sugli stru-menti. Gli imprenditori tendono ad affidare alla banca oltrealla logica funzione di intermediazione, un nuovo ruolo dicentro della conoscenza in grado di certificare il livello dirischio e promuovere strumenti alternativi di finanziamento. Ilpeso dei mercati extra europei è per esempio oramai vicino al50% e anche per le PMI si fanno più stringenti le esigenze dicopertura dai rischi attraverso strumenti finanziari, ma ancheservizi di advisory e consulenza strategica.
C’è soprattutto l’esigenza di favorire lo sviluppo dimen-sionale. Nello scenario competitivo globale, la flessibilità diadattamento tipica delle piccole imprese è certo un asset, maservono al contempo mezzi e margini in grado di assecondareuno sviluppo accelerato e i costi d’insediamento nei nuovimercati. In questi frangenti i mezzi propri rischiano di nonessere sufficienti e l’apertura al capitale di rischio costituisceun passaggio necessario che la banca può accompagnare pro-muovendo il dialogo fra imprese e soggetti esterni. Dal puntodi vista finanziario, la rimozione del vincolo alla crescita passaanche per aumentare la contendibilità delle imprese rispetto aun passato dove, strutture familiari ostili e mercati dei capita-li non adeguati hanno rallentato operazioni di M&A. È in que-sto senso positivo la sviluppo recente di modelli di PrivateEquity basati su un utilizzo moderato della leva finanziariaoltre che su una forte attenzione alla crescita internazionale,alla discontinuità organizzativa e al ricambio generazionale. Inparticolare il finanziamento Mezzanino, grazie alla propria
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natura intermedia tra debito senior e capitale di rischio, è adat-to a massimizzare l’efficienza della leva finanziaria senzaricorrere ulteriormente al debito senior e complementare adoperazioni di finanza straordinaria, per la crescita di impresemedio-piccole attente a mantener il controllo. I tagli medi diinvestimenti di Private Equity in Italia sono tuttavia ancoratroppo elevati, suggerendo che l’anello mancante per un suosviluppo compiuto sta probabilmente nell’affermazione di unmercato alternativo dei capitali, un’infrastruttura che attraver-so un accesso semplificato, veloce e a costi contenuti consen-ta effettivamente lo scambio e l’aggregazione di quote di capi-tale attenuando in maniera significativa la possibilità di unvincolo finanziario alla crescita delle PMI.
Infine occorre richiamare un argomento come quellodella tutela ambientale che unisce alcuni dei grandi temi sol-levati dal convegno e che in ultima analisi richiama le banchea un ruolo di responsabilità rispetto agli obbiettivi di fondo diquello che è un sistema paese. Il Gruppo Intesa Sanpaolo, giàda tempo e con un impegno che gli è valso il riconoscimentodella Commissione Europea, ha sviluppato un’ampia gammadi finanziamenti, messi a disposizione dei più svariati sogget-ti, per favorire l’uso più intelligente dell’energia e la diversifi-cazione delle fonti.
Il sostegno creditizio si rivolge in particolare alle piccolemedie imprese che investono in progetti di piccola generazio-ne o nel miglioramento dell’efficienza energetica delle unitàproduttive. È importante che le PMI riconoscano l’energiacome componente fondamentale per migliorare il livello dicompetitività, non solo come fattore di costo ma anche in ter-mini di sicurezza degli approvvigionamenti. Pur essendo piùavanti nell’uso razionale dell’energia, il mondo imprenditoria-le deve ancora fortemente investire per migliorare il profiloenergetico delle attività di produzione di beni e servizi.
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Dott. Luca FILIPPA,Director, Research and Development, Borsa Italiana
La quotazione come strumento per la crescita delle imprese*
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ADERENTI ALLA ASSOCIAZIONEPER LO SVILUPPO DEGLI STUDI DI BANCA E DI BORSA
Aletti Montano & Co.Allfunds Bank, S.A.Allianz Bank Financial Advisors, S.p.A.Anima SGR S.p.A.Asset Banca S.p.A.AssiomAssociazione Nazionale per le Banche PopolariBanca Agricola Popolare di RagusaBanca Aletti & C. S.p.A.Banca Antoniana - Popolare VenetaBanca di BolognaBanca della Campania S.p.A.Banca Carige S.p.A.Banca Carime S.p.A.Banca Cassa di Risparmio di Asti S.p.A.Banca C. Ponti S.p.A.Banca CRV - Cassa di Risparmio di Vignola S.p.A.Banca della Ciociaria S.p.A.Banca Commerciale SammarineseBanca Esperia S.p.A.Banca Fideuram S.p.A.Banca del FucinoBanca Imi S.p.A.Banca di Imola S.p.A.Banca per il Leasing - Italease S.p.A.Banca di Legnano S.p.A.Banca delle Marche S.p.A.Banca Mediolanum S.p.A.Banca del Monte di Parma S.p.A.Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.Banca Nazionale del Lavoro S.p.A.Banca Network Investimenti S.p.A.Banca della Nuova Terra S.p.A.Banca di PiacenzaBanca del Piemonte S.p.A.Banca Popolare dell’Alto AdigeBanca Popolare di Ancona S.p.A.Banca Popolare di BariBanca Popolare di Bergamo S.p.A.Banca Popolare di CividaleBanca Popolare Commercio e Industria S.p.A.Banca Popolare dell’Emilia RomagnaBanca Popolare dell’Etruria e del LazioBanca Popolare di GaranziaBanca Popolare di Intra S.p.A.Banca Popolare Lodi S.p.A.Banca Popolare di MarosticaBanca Popolare del Materano S.p.A.Banca Popolare di MilanoBanca Popolare di Novara S.p.A.Banca Popolare di Puglia e BasilicataBanca Popolare PuglieseBanca Popolare di Ravenna S.p.A.Banca Popolare di SondrioBanca Popolare di Spoleto S.p.A.Banca Popolare Valconca
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Banca Popolare di Verona - S. Geminiano e S. Prospero S.p.A.Banca Popolare di VicenzaBanca Regionale Europea S.p.A.Banca di Roma S.p.A.Banca di San MarinoBanca di Sassari S.p.A.Banca Sella S.p.A.Banco di Brescia S.p.A.Banco di Desio e della BrianzaBanco di Napoli S.p.A.Banco Popolare Società CooperativaBanco di San Giorgio S.p.A.Banco di Sardegna S.p.A.Barclays Bank PlcCarichieti S.p.A.Carifano S.p.A.Carifermo S.p.A.Cassa Lombarda S.p.A.Cassa di Risparmio di Alessandria S.p.A.Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno S.p.A.Cassa di Risparmio in Bologna S.p.A.Cassa di Risparmio di Cento S.p.A.Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana S.p.A.Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.A.Cassa di Risparmio di Firenze S.p.A.Cassa di Risparmio di Foligno S.p.A.Cassa di Risparmio di Forlì S.p.A.Cassa di Risparmio Friuli Venezia Giulia S.p.A.Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo S.p.A.Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia S.p.A.Cassa di Risparmio di Prato S.p.A.Cassa di Risparmio di Ravenna S.p.A.Cassa di Risparmio della Repubblica di S. MarinoCassa di Risparmio di Rimini S.p.A.Cassa di Risparmio di San Miniato S.p.A.Cassa di Risparmio di Savona S.p.A.Cassa di Risparmio della Spezia S.p.A.Cassa di Risparmio di Venezia S.p.A.Cassa di Risparmio di Volterra S.p.A.Cedacri S.p.A.Centrale dei BilanciCentrobanca S.p.A.Credito Artigiano S.p.A.Credito Bergamasco S.p.A.Credito Emiliano S.p.A.Credito di Romagna S.p.A.Credito Siciliano S.p.A.Credito ValtellineseCSE - Consorzio Servizi BancariDeutsche Bank S.p.A.Eticredito Banca Etica AdriaticaEuro Commercial Bank S.p.A.Farbanca S.p.A.Federazione Lombarda Banche di Credito CooperativoFedercasseFindomestic Banca S.p.A.Interbanca S.p.A.Intesa SanPaolo S.p.A.Istituto Centrale Banche Popolari Italiane
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MCC S.p.A.Mediocredito Trentino Alto Adige S.p.A.Meliorbanca S.p.A.Sedicibanca S.p.A.SIA-SSB S.p.A.UBI BancaUBI Banca Private Investment S.p.A.UBI Pramerica SGR S.p.A.UGC Banca S.p.A.Unibanca S.p.A.Unicredit Banca S.p.A.Unicredito Italiano S.p.A.Unipol Banca S.p.A.Veneto Banca
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PER L’ELENCO COMPLETO DELLE PUBBLICAZIONI ASSBB CONSULTARE IL SITO www.assbb.it
N. 200 «I CAMBIAMENTI NELLA REGOLAMENTAZIONE SUI REQUISITIPATRIMONIALI E NEGLI ASSETTI PROPRIETARI DELLE BANCHE»T. Bianchi - G. Carosio - F.M. Frasca - S. Cassese - luglio 2002
N. 201 “L’EVOLUZIONE DEI MODELLI ORGANIZZATIVI: IMPLICAZIONI PERL’EFFICIENZA E LA REDDITIVITA’ DEI GRUPPI BANCARI”G. Fiorani - A. Profumo - M. Gasco - P. Gualtieri - P. Gavazzi - luglio 2002
N. 202 “PROBLEMATICHE DELL’ATTIVITÀ BANCARIA E FINANZIARIA IN ITALIA”V. Desario - aprile 2003
N. 203 “I RIFLESSI DEL CICLO ECONOMICO SULL’ATTIVITÀ DELLE BANCHE:ASPETTI GENERALI E QUALITÀ DEL CREDITO”T. Bianchi - F. Cesarini - D. Croff - maggio 2003
N. 204 “PREVENZIONE DEI RISCHI OPERATIVI E DISASTER RECOVERY NELLARECENTE ESPERIENZA DELLE BANCHE ITALIANE”C. Tresoldi - P. L. Curcuruto - maggio 2003
N. 205 “I RIFLESSI DEL CICLO ECONOMICO SULL'ATTIVITÀ DELLE BANCHE:I RICAVI DA SERVIZI”R. Locatelli - P. D. Gallo - giugno 2003
N. 206 “IL NUOVO DIRITTO SOCIETARIO”G. Ferrarini - F. Frasca - A. Colombo - luglio 2003
N. 207 “ORIENTAMENTI MORALI DELL’OPERARE NEL CREDITO E NELLA FINANZA”G. Vigorelli - F. Cesarini - Dionigi Card. Tettamanzi - novembre 2003
N. 208 “STRUTTURA E OPERATIVITÁ DEL SISTEMA BANCARIO ITALIANOA DIECI ANNI DAL TESTO UNICO”P. Abbadessa - F. Panetta - M. Sarcinelli - M. Onado - novembre 2003
N. 209 “BANCHE/FAMIGLIE: UNA RELAZIONE DI CLIENTELA DARICONSIDERARE. UN CONTRIBUTO ALL’ANALISI”T. Bianchi - aprile 2004
N. 210 “LA TRASPARENZA DELLE OPERAZIONI BANCARIE E LA TUTELADEL RISPARMIATORE”G. Alpa - giugno 2004
N. 211 “L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE BANCHE”F. Cesarini - G. Gobbi - R. Lupi - luglio 2004
N. 212 “EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA COMUNITARIASUI MERCATI E LE NUOVE REGOLE CONTABILI”M. Anolli - B. Bianchi - M. Venturino - luglio 2004
N. 213 “LA CONGIUNTURA ITALIANA E INTERNAZIONALENELLA PROSPETTIVA DELL’ALLARGAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA”G. Morcaldo - S. Rossi - M. Lossani - luglio 2004
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N. 214 “I RAPPORTI DELLE BANCHE CON LE FAMIGLIE:EVOLUZIONE DEL MERCATO E CANALI DISTRIBUTIVI”F. Panetta - C. Fioravanti - G. Auletta Armenise - P. Gualtieri - luglio 2004
N. 215 “ALZATEVI, ANDIAMO!”L. Ornaghi - S. E. Dionigi Tettamanzi - P. F. Casini - luglio 2004
N. 216 “DE GASPERI, RITRATTO DI UNO STATISTA”G. Vigorelli - G. Rumi - G. Andreotti - M. R. De Gasperi - dicembre 2004
N. 217 “ASPETTI E PROBLEMI DEL FINANZIAMENTO DEGLI ENTI LOCALI”G. Vigorelli - P. Giarda - M. T. Salvemini - dicembre 2004
N. 218 “LA CUNGIUNTURA ITALIANA E INTERNAZIONALE ELA GESTIONE DELLE BANCHE ITALIANE NEL 2004”G. Morcaldo - S. Rossi - D. Delli Gatti - M. Arpe - luglio 2005
N. 219 “METODOLOGIE DI EROGAZIONE DEL CREDITO ALLE IMPRESE:STATO DELL’ARTE E TENDENZE EVOLUTIVE”F. Galmarini - C. Venesio - luglio 2005
N. 220 “IL CONTROLLO DEI RISCHI: NUOVI STRUMENTI E NUOVE REGOLE”R. Locatelli - S. Laviola - D. Alfonsi - luglio 2005
N. 221 “BANCHE E FINANZA PER LA CRESCITA DELLE IMPRESE”M. Perini - E. Piol - luglio 2005
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N. 224 “SUI CONFLITTI D’INTERESSE NELLE BANCHE, CON DIVAGAZIONE”M. Sarcinelli - dicembre 2005
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N. 226 “NUOVI SCENARI PER IL SISTEMA BANCARIO TRA CAMBIAMENTIMACROECONOMICI E INNOVAZIONI NORMATIVE”V. Desario - marzo 2006
N. 227 “LA CONGIUNTURA ITALIANA E INTERNAZIONALE E IL RECUPERODI COMPETITIVITÀ DELL’ITALIA E DELL’EUROPA”G. Morcaldo - D. Delli Gatti - marzo 2006
N. 228 “IL QUADRO ECONOMICO DI RIFERIMENTO ELA REDDITIVITÀ DELLE BANCHE”M. Morelli - F. Viola - maggio 2006
N. 229 “I RIFLESSI DELLA NUOVA DISCIPLINADI TUTELA DEL RISPARMIOSUI RAPPORTI TRA BANCHE E CLIENTI”T. Bianchi - C. Pisanti - M. Sella - G. Forestieri - maggio 2006
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N. 230 “I MERCATI BANCARI DELL’EUROPA ORIENTALE:OPPORTUNITÀ E RISCHI”C. Salvatori - giugno 2006
N. 231 “IL SISTEMA FINANZIARIO E I DIVARI ECONOMICITERRITORIALI”G. Gobbi - C. Ciccolella - M. Jacobini - ottobre 2006
N. 232 “TENDENZE DELLA REGOLAZIONE DELLA FINANZA IN TEMPI DI GLOBALIZZAZIONE”P. Ranci - C. Mc Carthy - maggio 2007
N. 233 “L’IMPATTO DELLA DIRETTIVA MiFID SUI MERCATI”M. Anolli - G. Petrella - C. Faissola - G. Cammarano - maggio 2007
N. 234 “IL FEDERALISMO FISCALE IN ITALIA: FATTI E PROBLEMI”M. Bordignon - F. Ambrosanio - A. Zanardi - A. Staderini - maggio 2007
N. 235 “IL CONFLITTO DI INTERESSI NELLA PRESTAZIONEDEI SERVIZI DI INVESTIMENTO: DIAGNOSI E TERAPIE”G. Presti - M. Rescigno - maggio 2007
N. 236 “IL RUOLO DELLE AUTORITÀ NELLA REGOLAZIONE DELLA FINANZA”M. Onado - G. Calabrò - F. Saccomanni - maggio 2007
N. 237 “I CONFLITTI D’INTERESSE E I SERVIZI D’INVESTIMENTO”T. Bianchi - M. Bianco - M. Sarcinelli - maggio 2007 - luglio 2007
N. 238 “LA DIRETTIVA MiFID E GLI EFFETTI DEL SUO RECEPIMENTO”V. Conti - G. Sabatini - C. Comporti - maggio 2007 - settembre 2007
N. 239 “REGOLE E COMPORTAMENTI: A CHE PUNTO SIAMO?”T. Bianchi - C. Faissola - F. Cerchiai - C. Comporti - P. Barucci - G. Carosiomarzo 2008
N. 240 “LA CONGIUNTURA MONETARIA INTERNAZIONALE E ICONDIZIONAMENTI DELLA CRISI DEI MUTUI AMERICANI”D. Delli Gatti - G. Verga - R. Hamaui - aprile 2008
N. 241 “LA SITUAZIONE FINANZIARIA DELLE FAMIGLIE E DELLE PICCOLE MEDIE IMPRESE”G. Gobbi - A. Sanguinetto - P. Modiano - L. Filippa - maggio 2008
Per ogni informazione circa le pubblicazioni ci si può rivolgere alla Segreteriadell’Associazione - tel. 02/62.755.252 - E-mail: assbb@bpci.it
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Finito di stampare Maggio 2008