costi analisi introduzione Lezione 3

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costi 5

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ANALISI DEI COSTI:

i criteri di classificazione dei costi

Prof. Massimiliano Zanigni

ANALISI DEI COSTI

Gli scopi tradizionali dell’analisi dei costi sono i problemi del management, nella ricerca di idonee soluzioni:

• giudizi di efficienza (input);• giudizi di produttività (output);• giudizi di redditività del portafoglio prodotti;• decisioni di convenienza comparata;• controllo delle spese generali;• analisi gestionale in ottica strategica;• formazione del bilancio.

19

ANALISI DEI COSTI

Offre molte possibilità:

• controllare l’efficienza;• verificare la produttività degli impianti;• capire quale prodotto guadagna e quale

perde;• formulare prezzi e tariffe.

20

CORRELAZIONI TRA METODOLOGIE DI ANALISI E FINALITA’ CONOSCITIVE

METODOLOGIE FINALITA’

produttività

Full costing

efficienza, redditività, formazione dei prezzi

Direct costing

21

CORRELAZIONI TRA METODOLOGIE DI ANALISI E FINALITA’ CONOSCITIVE

METODOLOGIE FINALITÀ

Direct costing evoluto, Activity based costing, Target costing

controllo strategico

simulazioni

Responsability accounting

controllo spese generali

22

TRADIZIONALI PROPOSTE DI COSTING

• Full costing (Process Costing, Job Costing)

• Standard Costing

• Direct Costing

• Centri di costo

Trattasi sempre di Manufacture Costing

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NUOVE PROPOSTE DI COSTING

• Throughput Accounting

• Activity Costing

• Activity Based Costing

• Process Based Costing

• Life Cycle Costing

• Target Costing

• Costi di Qualità

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DIRECT COSTING(per l’analisi della redditività)

Muove dalla distinzione tra costi fissi e costi variabili.

Dai costi fissi discende il problema della loro copertura e quindi il problema della sottoutilizzazione della capacità produttiva.

Tale problema trova soluzione in un determinato valore di produttività, ossia il volume di attività in grado di impiegare convenientemente tali risorse rigide.

25

DIRECT COSTING(per l’analisi della redditività)

Implica le seguenti ipotesi:

SUCCESSO = CRESCITA DI VOLUME

(ma non tiene conto di: varietà, innovazione, diversificazione, organizzazione).

26

DIRECT COSTING(per l’analisi della redditività)

In questo tipo di analisi un dato rilevante, in ordine alla problematica in parola, è il margine lordo di contribuzione.

Questo dato, sensibile alla crescita dei volumi, permette di individuare quantitativi prodotti capaci di fronteggiare i costi fissi, e di superarne il livello per realizzare un risultato netto positivo.

27

COMPOSIZIONE DEL MARGINE DI CONTRIBUZIONE

PROFITTO

COSTI FISSI

MARGINEDI

CONTRIBUZIONE<

RICAVI

COSTI VARIABILI

= -

VOLUMI28

BREAK EVEN POINT ANALYSIS

costi fissi y = c

costi variabili y = bx

costi totali y = c+bx

ricavi y = ax

MCp = CF MCp = Qp x (p - Cvu)

Qp = CF/Mcu con obiettivi di utile Qp = CF + U/MCu

29

BREAK EVEN POINT ANALYSIS DI UN’AZIENDA “ELASTICA”

Volumi

Valori

V max

Ricavi

Costi variabiliCosti fissi

Costi totaliP

Q pareggio Q attuale30

BREAK EVEN POINT ANALYSIS DI UN’AZIENDA “RIGIDA”

Volumi

Valori

V max

Ricavi

Costi variabiliCosti fissi

Costi totaliP

Q pareggio Q attuale31

BREAK EVEN POINT ANALYSIS

Volumi

Valori

V max

Ricavi

Costi variabiliCosti fissi

Costi totaliP

Q pareggio Q attuale32

DIRECT COSTING(per l’analisi della redditività)

Limiti di tale analisi:

• i costi fissi rispetto ai volumi sono tali solo nel breve periodo;

• i costi fissi in realtà sono sono soggetti a variabilità rispetto ai soli volumi nel medio-lungo periodo e comunque a diverse cause;

• linearità delle dinamiche dei costi variabili;• stazionarietà della struttura esistente.

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LEVA OPERATIVA

E’ un concetto utile per :comprendere i vantaggi/svantaggi di chi persegue strategie di crescita sulla base di strutture aziendali rigide (alti costi fissi).In sintesi:L’aumento dei volumi prodotti produce un aumento dei margini lordi di contribuzione cui corrispondono aumenti più che proporzionali dei risultati operativi.

34

LEVA OPERATIVA

L’indice di leva operativa R.O./M.C. esprime i vantaggi/svantaggi relativi alla crescita in presenza di costi fissi.Ciò accade perché i costi fissi riducono la loro incidenza all’aumentare dei volumi produttivi, in quanto agisce il seguente vincolo di complementarietà:(R.O./M.C.) + (C.F./M.C.) = 1

se (R.O./M.C.) + (C.F./M.C.) = 1

35

EFFETTO LEVA OPERATIVA IN IPOTESI DI CRESCITA DI VOLUME

Volumi 1.0001.200 1.600 1.900Ricavi (p = 100) 100.000 120.000 160.000 190.000

C.V. (cv = 40) (40.000) (48.000) (64.000) (76.000)

M.L.C. 60.000 72.000 96.000 114.000

C.F. (60.000) (60.000) (60.000) (60.000)

R.O. - 12.000 36.000 54.000

R.O./M.C. 0,0% 16,6% 37,5% 47,4%

C.F./M.C. 100% 83,4% 62,5% 52,6%

2000 2001 2002 2003

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LEVA OPERATIVA

Volumi Ricavi 149.477 156.606 163.713 167.849

C.V. (124.501) (129.835) (136.713) (144.164)

M.C. 24.976 26.711 27.612 23.685

C.F. (14.227) (12.876) (10.402) (11.343)

R.O. 10.749 13.905 17.210 12.342

R.O./M.C. 43,0% 52,0% 62,3% 52,1%

C.F./M.C. 57,0% 48,0% 37,7% 47,9%

2000 2001 2002 2003

37

DIRECT COSTING(per l’analisi della redditività)

E’ un’analisi utile per la valutazione del mix produttivo, in ordine all’evidenziazione, all’interno del portafoglio prodotti, i migliori/peggiori risultati di prodotto.

In tal senso il M.C., per ciascun prodotto o linea di prodotto, evidenzia la capacità di contribuire alla copertura dei costi fissi (aziendali di periodo).

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ANALISI DEL PORTAFOGLIO PRODOTTI SECONDO IL DIRECT COSTING

Ricavi 10.000 60.000 30.000 100.000

C.V. (2.000) (30.000) (18.000) (50.000)

M.L.C. 8.000 30.000 12.000 50.000

C.F.(25.000)

R.N. 25.000

M.L.C/Ricavi 80% 50% 40% 50%

prodotto A prodotto B prodotto C prodotto C

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FULL COSTING

Finalizzata al controllo dell’efficienza, questa metodologia si interessa alla correlazione tra fattori produttivi e produzioni.Sulla base di tale correlazione si vanno a individuare:

• costi speciali (nel caso l’impresa rilevi i consumi di materie con idonei indicatori fisico-tecnici)

• costi comuni

40

FULL COSTING

Costi speciali:• attribuzione diretta alle produzioni (relazione causale)

tramite misurazioni fisico-tecniche (mat. consumo, ammort., attr. dedicate);

• occorre un forte sostegno da parte delle misurazioni extra contabili;

• algoritmo di base: costo speciale = Q x P;• possono essere formulati (normalizzati) in termini di costi

preventivo-standard (precalcolati e inseriti su un supporto informatico che alimenta la CO.A);

• sono rilevanti nelle imprese che operano su commessa.

41

FULL COSTING

Costi standard:

• costi “scientifici”;• costi preventivi;• costi obiettivo;• costi ipotetici;• costi parametrici.

commentare

42

FULL COSTING

Costi comuni:

• sono risorse aziendali non attribuibili alle produzioni (spese generali, affitto impianti, immobili ad uso generico);

• sono rilevanti nelle imprese che producono beni su grande scala.

43

FULL COSTING

La dei costi speciali di fabbricazione = costo primo industriale.

Se è rilevante il fenomeno della comunanza dei costi (commentare comunanza-congiunzione) il costo primo industriale risulta parziale ed occorre pervenire ad una cofigurazione più completa, cioè il costo pieno industriale.

44

CREAZIONE DELLA BASE DI DATI STANDARD

CICLI DI LAVORAZIONE STD

QUANTITA’MATERIALI STD

PREZZI MATERIALI STD

TARIFFEORARIE STD

ARCHIVIO COSTISTANDARD

45

FULL COSTING

Il costo pieno industriale:

Preliminarmente si devono classificare i costi in:• industriali;• commerciali;• amministrativi.

Si considerano i soli costi comuni industriali

Costo pienoindustriale =

Quota di costi comuni industriali

Costi specialeindustriale

+

46

FULL COSTING

L’attendibilità di tale metodologia dipende dall’individuazione di basi di riparto idonee.

Solitamente si preferiscono criteri dati da misurazioni fisico-tecniche:

• ore macchina (per gli ammortamenti);• ore M.O.D (personale di coordinamento);• mq (canoni di locazione);• mc3 (riscaldamento, illuminazione).

47

FULL COSTING

Il costo pieno industriale risulta utile per:

• giudizi di efficienza industriale;

• serve per le valutazioni di bilancio ( art. 2426) di:– prodotti finiti/semilavorati;– commesse in corso di lavorazione;– produzioni interne in economia.

48

FULL COSTING

Un’applicazione di tale metodologia è l’analisi

di redditività multibusiness.

Di seguito vengono evidenziati:• conto economico di full costing industriale;• conto economico di contabilità analitica

“a costi preventivo-standard e a costi di budget”.

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CONTO ECONOMICO DI ANALISI REDDITUALE CON IL FULL COSTING INDUSTRIALE

prodottivoci

A B C NTOTALE

RICAVI

- costo industr.del venduto

= U.I.L.

- costi comm.,ammin., gen.

X

(X)

X

X

(X)

X

X

(X)

X

X

(X)

X

XX

(XX)

XX

(XX)

= R.N. XXX

50

CONTO ECONOMICO “A COSTI PREVENTIVO-STANDARD E A COSTI DI BUDGET”

prodottivoci

A B CTOTALE

RicaviCosti speciali STDCosti comuni ind. ripartiti U.I.L. sui costi STDe sui costi comuni indScost. costi STDScost. Costi comuni U.I.L. su cisti effettivi

x(x)(x)

x

(x)xx

Costi commercialiCosti amministrativi= R.N.

(XX)(XX)XXX

x(x)(x)

x

x(x)x

x(x)(x)

x

xxx

xx(xx)(xx)

xx

(xx)xxxx

51

FULL COSTING

Fortemente diffusa i Italia, anche a motivo della sua applicabilità ai problemi di valutazione di bilancio, tale metodologia non è estranea a limiti:

• scarsa attendibilità delle basi di riparto (spesso poche e inappropriate) dei costi comuni;

• si limita alla determinazione di costi pieni industriali, esaminando i soli costi comuni industriali, trascurando i costi comuni commerciali e amministrativi.

52

I CENTRI DI COSTO

I centri di costo sono oggetti intermedi di calcolo che contribuiscono a rendere più attendibile il calcolo del costo di prodotto. Usualmente si identificano con unità organizzative della struttura aziendale (reparti, uffici, ecc.)In tal senso si possono distinguere:

• centri produttivi;• centri ausiliari;• centri funzionali (di solito centri di spese generali).

53

COSTO DEI FATTORI PRODUTTIVI INDUSTRIALI

COSTO DEI FATTORI EXTRAINDUSTRIALI

CENTRI DI COSTOAUSILIARI EDI SERVIZI

CENTRI DI COSTO

PRODUTTIVI

CLASSIFICAZIONE

LOCALIZZAZIONE

RIBALTAMENTO

COSTI DI PRODUZIONE

COSTI DI PRODUZIONE

PRODUZIONEAZIENDALE

CRITERI DI

RIPARTO

IMPUTAZIONI

ARCHITETTURA DELLA CONTABILITÀ ANALITICA PER CENTRI DI COSTO

CRITERI DI RIPARTO

54

I CENTRI DI COSTO

Nel calcolo del costo pieno di prodotto non esiste un modello unico. Nella prassi aziendale consolidata si individuano alcune fasi fondamentali:

• imputazione dei costi ai centri in cui sono stati sostenuti;• ribaltamento dei costi dei centri ausiliari/funzionali sui

centri produttivi;• quantificazione della produzione dei centri e calcolo dei

coefficienti unitari di costo del centro;• imputazione finale ai prodotti di: materie prime e altri costi

diretti non “transitati” per i centri, costi indiretti rispetto ai prodotti non “transitati” eventualmente.

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I CENTRI DI RESPONSABILITA’ ECONOMICA

E’ una metodologia che muove dall’esigenza di controllare/contenere una voce di spesa, non direttamente tecnico-produttiva, che va via via crescendo: le spese generali.Una possibile soluzione al problema è appunto la responsabilizzazione formale, cioè la creazione di Centri di Responsabilità Economica:

• centri di costo;• centri di spesa;• centri di profitto;• centri di investimento.

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I dirigenti sono investiti, in ogni C.R.E., da esigenze di autocontrollo sui costi attribuiti ai “centri di costo” e “di spesa” gravanti sulla loro sfera operativa.Le spese generali non sono più anonimi costi aziendali, ma vengono attribuite a soggetti responsabilizzati dai C.R.E., tramite il principio della controllabilità.

Si delineano così:• costi controllabili diretti rispetto a un C.R.E.• costi non controllabili costi aziendali

L’idea di fondo è di ingenerare atteggiamenti virtuosi nei responsabili dei C.R.E., ancorando i miglioramenti, in riferimento alle spese generali, a forme di incentivo.

57

I CENTRI DI RESPONSABILITA’ ECONOMICA

Articolazione delleresponsabilitàeconomiche

Centri di costo

1

2

n

Centri di ricavo

1

2

n

Centri di investimento

1

2

n

Centri di spesa

Centri di profitto

11

2

n

2

n

EFFICACIACOMMERCIALE E

PRODUTTIVA

QUALITA’ IMPRENDITORIALITA’

L ‘ARCHITETTURA DEI CENTRI DI RESPONSABILITÀ ECONOMICA

EFFICIENZA LUNGIMIRANZA

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NUOVE PROPOSTE DI COSTING

• Il Direct Costing evoluto• Throughput Accounting• Activity Costing• Activity Based Costing• Process Based Costing• Life Cycle Costing• Target Costing• Costi di Qualità• Redditività per cliente

59

DIRECT COSTING EVOLUTO

Una configurazione più idonea del costo primo variabile (direct costing tradizonale) a rappresentare il fenomeno in parola è il costo variabile di lungo periodo (direct costing evoluto):

Costo variabiledi lungo periodo =

Costi fissi specifici

Costi variabilidi breve periodo

+

60

DIRECT COSTING EVOLUTO

La variabilità dei costi fissi nel lungo periodo è causata da molteplici fattori:

• introduzione/eliminazione di un nuovo prodotto;

• attivazione/cessazione di un’attività;• ampiezza di gamma offerta;• ecc.

61

DIRECT COSTING EVOLUTO

Uno schema di reporting ispirato al costo variabile di lungo periodo mostra, oltre al margine lordo di contribuzione (direct costing tradizionale), anche il margine semilordo di contribuzione (direct costing evoluto), cioè il risultato economico analitico di una produzione (sorgente o cessante a seconda che si introduca/elimini la produzione).

62

DIRECT COSTING EVOLUTO

In tal senso:

Direct costingIpotesi stazionarie

di gestioneAzienda statica

Direct costingevoluto

Ipotesi dinamichedi gestione

Azienda con gestione

strategicaattiva

63

DIRECT COSTING EVOLUTO

I costi fissi non attribuibili alle produzioni possono essere distinti in due categorie:

• costi fissi “discrezionali”

• costi fissi di struttura

commentare

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DIRECT COSTING EVOLUTO

Ricavi 10.000 60.000 30.000 100.000

C.V. (2.000) (30.000) (18.000) (50.000)

M.C. 8.000 30.000 12.000 50.000

C.F. spec (4.000) (7.000) (1.500) (12.500)

M.N.C. 4.000 27.000 10.500 37.500

C.F. discrez. (7.500)

C.F. di strutt. (7.500)

Ris. Netto 25.000

M.C./Ric. 80% 50% 40% 50%

Prod. a Prod. b Prod. c Tot.

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THROUGHPUT ACCOUNTING

La Throughput Accounting è una procedure di analisi della gestione produttiva volta a verificare miglioramenti nella fluidità dei processi operativi.

66

THROUGHPUT ACCOUNTING

PRODUZIONE (COSTI FISSI)

Acquisti

Lavori c/terzi

Subforniture

Royalties

Ricavi

Bottleneks Constraints

67

ANALISI MULTIMARGINALE DA THROUGHPUT ACCOUNTING

RICAVI

ACQUISTI

LAVORI C/TERZI

SUBFORNITURE

ROYALTIES

ALTRI

TROUGHPUT

COSTI FISSI

UTILE

A CB

X X X XX

(XX)

XX

X(X)(X)(X)(X)(X)

X(X)(X)(X)(X)(X)

X(X)(X)(X)(X)(X)

XX(XX)(XX)(XX)(XX)(XX)

AZIENDA

68

INDICATORI DI THROUGHPUT (TP)

TURNOVER

MAGAZZINO MATERIE (Mm):

INCIDENZA DEL

THROUGHPUT:

REDDITIVITA’ DEL

THROUGHPUT:

RICAVI Mm = n°

TP RICAVI = X %

TP INVESTIMENTI = X %

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INDICATORI DI THROUGHPUT (TP)

SHADOW PRICE

DI BOTTLENECK:

SHADOW PRICE

DI CONSTRAINT:

* Macchina a valle del processo

** Competenze e Skills: esigenza di formazione

TP h macchina* = TP/h

TP n° ESPERTI** = TP/n

70

ACTIVITY COSTING

L’Activity Costing è un’analisi della gestione dell’azienda vista in una particolare prospettiva:

Come coordinazione di attività, cioè di molteplici microfasi operative.

71

ACTIVITY COSTING

Le attività assorbono risorse e quindi generano i costi.

Si va quindi verso un sistema di

COST MANAGEMENT

(gestendo le attività al meglio si governano i costi)

72

LA CATENA DEL VALORE

Un riferimento teorico recente per le metodologie di gestione dei costi per attività è il modello del vantaggio competitivo di M.Porter (1985).In tale teorizzazione la ricerca dei fattori critici di successo (si potrebbe dire la ricerca del valore) va condotta - business per business - scomponendo ogni business nelle attività componenti al fine di individuare le “attività generatrici di valore”.

73

LA CATENA DEL VALORE

Tali attività possono essere classificate in:

• attività primarie;• attività di supporto;• attività infrastrutturali.

74

  ATTIVITA’ INFRASTRUTTURALI

 

  SVILUPPO DELLA TECNOLOGIA

 

Collocazione geografica  Collegamento con i fornitori

Apprendimento  Dimensioni della fabbrica  Politica di scelta della tecnologia di stabilimento  Temporizzazione acquisto attivo patrimoniale  

Dimensione degli ordini  Interrelazioni con unità consorelle  Scala regionale  

Scala nazionale (pubblicità)  Densità degli acquirenti (utilizzazione della forza di vendita)  

Scala locale  Interrelazioni con unità consorelle  

Logisticain entrata

Attivitàoperativa

Logisticain uscita

Marketinge vendita

Servizi

M A R G I N E

     E N I G R A M

APPROVVIGIONAMENTO

POLITICHE DI GESTIONE DELLE RISORSE UMANE

LA CATENA DEL VALORE DI PORTER

75

LA CATENA DEL VALORE

Come si vede nell’esempio, le “attività generatrici di valore” possono essere ulteriormente disaggregate in relazione alle peculiarità dell’azienda.Ai fini della contabilità dei costi è utile che:

• le attività siano individuate ad un livello elevato di disaggregazione;

• le attività difficilmente coincidono con i centri di costo, risultando parti dei centri, trasversali a più centri.

76

ACTIVITY COSTING

Risorse:

• Materie

•Trasporti

•Servizi tecnici

•Personale

•Noli e canoni

•Ammortamenti

•Utenze

•Altre

ATTIVITA’ nATTIVITA’ 3

ATTIVITA’ 2

ATTIVITA’ 1

77

ACTIVITY COSTING

I cost drivers di risorse sono i criteri causali di assorbimento delle risorse comuni (quindi dei costi comuni) da parte delle attività:

- n° ordini

- n° viaggi

- n° clienti

- n° di locali

- altri

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ACTIVITY BASED COSTING

Questa metodologia ha come obiettivo quello di determinare costi di produzione di lungo periodo, cioè configurazioni di costo il cui comportamento risulta variabile per fenomeni osservabili in periodi non brevi: diversi dalle variazioni di volume prodotto, che nel breve condizionano il comportamento dei soli costi variabili.

79

ACTIVITY BASED COSTING

Le fasi dell’ A.B.C.sono sintetizzabili:• analisi dei processi aziendali, per individuare le

attività componenti (ind., gener., amm.);• attribuzione dei costi (originariamente classificati

per natura) alle attività, nel caso essi abbiano relazioni causali dirette;

• utilizzo di cost drivers (criteri di ripartizione) per quei costi comuni a più attività;

• attribuzione dei costi delle attività alle produzioni finali, nel caso in cui vi sia relazione causale;

• utilizzo di idonei activity drivers, nel caso in cui le attività siano inerenti a più produzioni (processi) finali.

ActivityCosting

ActivityBased

Costing

80

Costi delle risorse

(fattori produttivi)

Costi di attività

Costi di attività

Costi di attività

Costo di produzione

Costo di produzione

Costo dellaproduzione aziendale

Cost drivers di attività

Act

ivity

pro

cess

cos

ting

Activity based

costing

ARCHITETTURA DELLA CONTABILITÀ ANALITICA PER PROCESSI E ATTIVITÀ

Cost drivers di risorse

costo di processo costo di processo costo di processo

81

ACTIVITY BASED COSTING

I costi interessati da tale fenomeno sono:

• costi comuni industriali;• costi comuni commerciali;• costi comuni amministrativi.

N.B. si pone quindi come metodologia innovativa di controllo delle anzi citate spese generali, che altro non sono che costi indiretti rispetto all’oggetto di riferimento.

costi indiretti di produzione

82

ACTIVITY BASED COSTING

Pertanto: introdurre, eliminare, semplificare o modificare tecnicamente dei prodotti comporta l’insorgere o il venir meno di attività.

83

ACTIVITY BASED COSTING (ABC)

L’ABC è una procedure di calcolo dei costi di produzione migliorativa del FULL COSTING.

La prospettiva dell’ABC è quella di vedere le produzioni come le cause che generano attività.

84

ACTIVITY BASED COSTING

I cost drivers di attività sono i fattori causali delle attività richieste dalle produzioni:

- n° di componenti del prodotto- ampiezza del mercato servito- n° di clienti- n° set-up- altri

85

ACTIVITY BASED COSTING

L’ABC sollecita decisioni di cambiamento (stategiche):

• intriduzione Vs eliminazione di prodotti

• integrazione Vs decentramento produttivo

• make or buy

• razionalizzazione delle attività

86

ACTIVITY BASED COSTING

Ricavi 30.000 40.000 30.000 100.000

C.spec. ind. (7.000) (13.000) (6.000) (26.000)

C. attività(attrib. con cost drivers)

Attività 1 (400) (1.000) (300) (1.700)

Attività 2 (600) (2.000) (500) (3.100)

Attività 3 (1.200) (4.000) (2.500) (7.700)

M.P. 20.800 20.000 20.700 61.500

C.Strutt. (11.500)

Ris. Netto 50.000

Prod. a Prod. b Prod. c Tot.

87

PROCESS BASED COSTING

Un processo è una combinazione produttiva più ampia delle attività e caratterizzante della gestione aziendale e delle competenze produttive:

• ciclo passivo• ciclo attivo• manufacture• ricerca e sviluppo progetti

88

PROCESS BASED COSTING (PBC)

E’ una variante dell’ABC di impronta più strategica, basata su una prospettiva particolare:

l’orientamento dell’azienda verso

una GESTIONE PER PROCESSI

89

PROCESS BASED COSTING

Il PBC stimola il “gioco di squadra” valorizzando l’efficienza del processo e non della singola posizione (centro di costo).

Il PBC può essere integrato dall’analisi della “catena del valore” di Porter, per realizzare processi di Business Process Reengeneering (BPR).

90

LIFE CYCLE COSTING (LCC)

Il LCC è una procedura di analisi strategica dei costi.

L’orientamento è all’efficienza non di periodo, ma di business.

Si vuole superare il trade-off tra logiche di bilancio e sviluppo del business.

91

GRADO DI INCIDENZA DEI COSTI NEL CICLO DI VITA

COSTI

TEMPO

IDEAZIONE LANCIO SVILUPPO MATURITA’ PROGETTAZIONE

92

DISTRIBUZIONE DEI COSTI NEL

CICLO DI VITA COSTI

TEMPO

IDEAZIONE LANCIO SVILUPPO MATURITA’

COSTI STANDARDPROGETTAZIONE

93

LIFE CYCLE COSTING

Le tradizionali tecniche di Costing analizzano i costi in fase concomitante: ma la diagnosi è tardiva e non permette un reale “controllo dei costi”.

94

LIFE CYCLE COSTING

Oggi le imprese hanno accorciato i cicli di vita dei prodotti/servizi a motivo della competizione globale.

Occorre un approccio ai costi predittivo e riferito al ciclo di vita del prodotto per supportare decisioni coerenti.

95

LIFE CYCLE COSTING

Sistemi Tradizionali

Costo medio annuale (mensile):

Life Cycle Costing

Costo medio:

La “trappola del costo medio”, insita nei sistemi tradizionali, viene evitata con il LCC

COSTO DI PERIODOQUANTITA’ DI PERIODO

COSTO DEL CICLO DI VITAQUANTITA’COMPLESSIVE

96

LIFE CYCLE COSTING

Le politiche di Pricing vengono migliorate con il LCC, evitando di praticare alti prezzi in fase di lavoro, con effetti indesiderati sullo sviluppo della domanda.

97

TARGET COSTING

Il Target Costing è una metodologia preventiva di analisi dei costi volta a supportare decisioni di introduzione di nuove produzioni e di adattamenti tecnologici ed organizzativi che ne conseguono.

98

TARGET COSTING

Con il nome Genka Kikaku il Target Costing si è affermato in Giappone nelle imprese tecnologicamente avanzate e strutturalmente flessibili, volte a competere nel mercato globale.

99

IL TARGET COSTING

• la configurazione di costo data dal Target Cost;• i principi che sottendono la metodologia;• le fasi in cui si articola;• costo “accettabile” e costo “correntemente

ottenibile”;• le tavole dei costi;• l’impatto sulla redditività aziendale.

100

TARGET COSTING

Gli obiettivi del Target Costing sono:• innovazione di prodotto e di processo a

sicura redditività;• reingegnerizzazione dei processi produttivi• fissazione di target di costo;• adeguamento dei costi attuali di produzione

ai target di costo necessari per il successo di business.

101

I COSTI DI QUALITÀ

Le strategie di qualità tendono a superare le mere logiche procedurali imposte dalla certificazione di qualità (adeguamento alle norme ISO 9000).

102

I COSTI DI QUALITÀ

Le strategie di qualità vanno sottoposte in fase di implementazione ad un monitoraggio dei costi di qualità:

- per evitare “sorprese” indesiderate;

- per migliorare anche l’efficienza dei costi.

103

LA QUALITÀ

Opportunità in ottica miglioramento della qualità:• nuova tecnologia produttiva in grado di fornire dati

non monetari;• età media bassa, forte coinvolgimento sulla

mission aziendale;• certificazione della qualità;• possibilità di just in time;• catena del freddo (fattore critico di successo).

104

I COSTI DELLA QUALITÀ

Il controllo della qualità è diventato uno scopo conoscitivo di forte rilevanza:

• per l’individuazione di indicatori quantitativi non monetari e non quantitativi non monetari;

• per l’analisi dei costi.Il dato di costo da prendere a riferimento è il costo totale di qualità. Esso rappresenta un condensato informativo che accoglie:costi di prevenzione costi di controllocosti per difetti interni costi per difetti esterni

105

I COSTI DELLA QUALITÀCome indicatori di non qualità espressi da grandezze quantitative non monetarie si possono richiamare:- le percentuali di scarti rispetto al totale della lavorazione;- i quantitativi di resi ai fornitori;- il numero di prodotti difettosi e la loro percentuale sul totale della produzione;- il numero delle ore di assenteismo;- il numero delle ore impiegate per riparazioni e rilavorazioni;- la qualità e la percentuale dei resi da clienti rispetto al totale dei prodotti venduti;- il tempo di erogazione dei servizi;- il tempo di attesa allo sportello;- il numero delle garanzie assolte sul totale dei prodotti venduti.

106

I COSTI DELLA QUALITÀ

Come indicatori di non qualità espressi da grandezze non quantitative non monetarie si possono richiamare:- osservazioni del personale sui principali difetti di produzione;- reclami documentati dalla clientela;- esiti di test sul prodotto, di verifiche di laboratorio;- motivazioni dei crediti insoluti attinenti alla qualità dei prodotti;- percezione dell’immagine esterna dell’azienda sotto il profilo della qualità.

107

I COSTI DI QUALITÀ

Occorre sorvegliare sistematicamente, con apposita contabilità dei costi di qualità, il costo totale di qualità:

COSTO TOTALEDI QUALITA’ = COSTI PER

LA QUALITA’

RIDUZIONE COSTIDELLA

“NON QUALITA’”

_

108

REDDITIVITÀ PER CLIENTE

La globalizzazione ha comportato un più deciso orientamento al cliente, non solo per le imprese di servizi, ma anche per quelle manifatturiere.

Si passa quindi da una contabilità per prodotti a una contabilità per clienti.

109

REDDITIVITÀ PER CLIENTE

Secondo logiche di just in time, con bassi livelli di magazzino, versatilità produttiva e personalizzazione del prodotto, non occorre più controllare l’efficienza standard della produzione, né monitorare il work in progress (WIP).

110

REDDITIVITÀ PER CLIENTE

L’impresa si organizza per processi, volti alla creazione di valore per il cliente. Occorre analizzare congiuntamente:

a) i costi del processo customer oriented;b) i costi sostenuti dal cliente (logistici, di adattamento, di trasformazione).

111

REDDITIVITÀ PER CLIENTE

COSTO DEL PROCESSO DI

SODDISFAZIONEDEL CLIENTE

=

COSTO DEL PROCESSO INTERNO

(CUSTOMER ORIENTED)

COSTO SOSTENUTODAL CLIENTE

(FUNZIONE CLIENTE)

+

CONTROLLO112

REDDITIVITÀ PER CLIENTE

Le fonti di profittabilità non sono più i prodotti, ma la fidelizzazione dei clienti, da monitorare mediante un’analisi dei margini di redditività per cliente.

113

REDDITIVITÀ PER CLIENTE

CLIENTE nCLIENTE C

CLIENTE BMARGINE

PER CLIENTE A

RICAVI DA CLIENTE

A

COSTI DI PROCESSO(CUSTOMER ORIENTED)

A

114

LA CREAZIONE DI VALORE

IL MODELLO E.V.A.

(ECONOMIC VALUE ADDED)

115

La creazione del valore è una funzione obiettivo strategica per le imprese che cercano un successo stabile e uno sviluppo sostenibile nel medio-lungo periodo.

116

La creazione del valore è un risultato-obiettivo concreto e tangibile, che dimostra inequivocabilmente il successo delle strategie aziendali.

117

La creazione del valore soddisfa gli interessi in gioco di tutti

gli stakeholders:

- azionisti e soci

- amministratori

- dipendenti

- creditori e finanziatori

- partners a vario titolo

118

La creazione del valore necessita di misurazioni di performance appropriate, che richiedono adeguamenti metodologici nelle reportistiche aziendali.

119

Il modello di performance per la creazione del valore e’ l’ E.V.A. (economic value added):

“incremento del valore economico”

120

L’ E.V.A. sintetizza diversi profili di eccellenza (o debolezza):

• la redditività aziendale a livello

di business• l’investimento assorbito dal

business• il costo del capitale, adeguatamente

selezionato

121

L’ E.V.A. è particolarmente adatto

per le imprese:• che operano in business a forte

intensità di capitale• che sostituiscono lavoro con tecnologia• che sostengono forti investimenti

per la ricerca e l’innovazione• che sono in fase di sviluppo

122

Il modello E.V.A. serve per diverse decisioni e valutazioni:

• allocazione degli investimenti

tra business alternativi• benchmarking interno, tra diversi

business aziendali• benchmarking esterno, con concorrenti• ingresso / uscita rispetto a un business• controllo direzionale (fissazione di obiettivi)• management by objectives

123

La rilevanza del modello E.V.A. si fonda sulla sua diffusione ormai raggiunta nella comunità finanziaria internazionale negli ultimi anni.

In Italia il metodo EVA è ampiamente radicato in gruppi come FIAT, ENI, PIRELLI

124

L’applicazione del modello E.V.A. richiede particolari accorgimenti sul piano metodologico, con rilevanti implicazioni sul sistema informativo e sulla reportistica aziendale, per adeguare i processi di misurazione.

125

La redditività del business richiede la determinazione di un risultato significativo.

Tra le varie configurazioni possibili, il risultato operativo (RO) dimostra una maggiore praticità e semplicità di impiego.

126

Il livello degli investimenti nel business deve includere i soli impieghi di Circolante netto e di Immobilizzazioni nette destinati al business, con l’esclusione di investimenti di pura liquidità, finanziari e atipici.

127

Crediticommerciali

Magazzino

Fornitori

Immobilizzazionimateriali

Immobilizzazioniimmateriali

Fondi ammortamento

-

-

CCN*

IN

CCN* : Capitale circolante netto operativo (escluse liquidità e banche) IN : Immobilizzazioni nette

CIN : Capitale investito netto

CIN

128

Debiti bancari a breve

Liquidità

Finanziamenti a m.l. termine

-

+

FN

N

FN : Finanziamenti di credito netti

N : Capitale netto 129

CCN*

IN

CIN

FN

N

STRUTTURA FINANZIARIA PER LA CREAZIONE DI VALORE

130

Budget patrimoniale nella struttura di capitale investito al netto delle passività onerose (CIN)

Capitale circolante netto operativo (CCNO):

• Crediti di regolamento netti X • Rimanenze finali X • - Debiti di regolamento (X)

A) Totale CCNO XX

Immobilizzazioni nette (IN):

• Immobilizzi materiali netti X • Immobilizzi immateriali netti X • Immobilizzi finanziari netti X

B) Totale IN XX

A + B) Totale CIN XX

Finanziamenti netti (FN):

• Debiti bancari a breve X • Debiti finanziari a medio/lungo termine X • Fondo TFR X • - Liquidità (cassa, banche attive, titoli) ( X)

A) Totale FN XX

Capitale netto (N):

• Capitale sociale X • Riserve X • Utile d’esercizio X

B) Totale N XX

A + B) Totale FN+N XX

Capitale investito netto (CIN) Finanziamenti netti (FN) e Capitale Netto (N)

dalla Situazione patrimoniale iniziale

dal budgetfinanziario

dal budgetdel personale

dal budgetdi tesoreria

dal budgetfinanziario

dal pianostrategico

dal budgeteconomico

dal budgetfinanziario

dal pianostrategico

dal budgetdegli

investimenti

dal budgetfinanziario

131

L’enfasi è posta sul CIN, cioè sul capitale investito prescindendo dalle scelte di indebitamento

(financial leverage)

pertanto, l’E.V.A. è un modello di analisi unlevered, indipendente dalle modalità di finanziamento della società.

132

Il capitale investito è una risorsa atta a creare valore e in tale prospettiva deve essere considerato.

La direzione deve essere così concentrata sulla produttività del capitale investito.

133

Il costo del capitale è dato dal prodotto del capitale investito per un tasso opportunamente prescelto, atto a verificare il “valore impegnato” per il business aziendale, in un dato periodo considerato.

134

Il tasso applicato può essere:

- il tasso medio effettivamente praticato

dalle banche nei confronti dell’azienda

- il tasso di remunerazione di investimenti

alternativi (costo opportunità)

- un tasso convenzionale selezionato

dall’azienda (tasso-obiettivo)

- in pratica, spesso, il tasso di titoli pubblici

a m.l. termine maggiorato dal rischio del

business

135

L’ E.V.A. è una grandezza differenziale, risultante dal confronto del risultato operativo al netto delle imposte (NOPAT: net operating profit after taxes) e del costo del capitale investito.

136

Ricavi netti xx+/- Variazione rimanenze prodotti finiti e semilavorati xx/(xx)Altri proventi xxValore della produzione xxAcquisti di materie prime (xx)+/- Variazione rimanenze materie prime xx/(xx)Costi per servizi e prestazioni di terzi (xx)Oneri diversi di gestione (xx)Valore aggiunto xxCosti per il personale (xx)Margine Operativo Lordo xx Ammortamenti e Accantonamenti (xx)Risultato Operativo xxImposte sul reddito (xx)NOPAT xx+/- Oneri e proventi finanziari xx/(xx)Risultato gestione ordinaria xx+/- Proventi e oneri straordinari xx/(xx)Risultato d’esercizio netto xx

CONTO ECONOMICO RICLASSIFICATO PER LA DETERMINAZIONE DEL NOPAT

137

La formula della creazione del valore è:

1) E.V.A. = NOPAT - c · CIN

ove:

NOPAT utile + oneri finanziari - proventi finanziari

c tasso esprimente il costo del capitale

CIN capitale investito netto

::

:

138

Dividendo per lo stesso valore CIN

i due termini dell’espressione (1) risulta:

E.V.A. NOPAT

CIN CIN

2) - c

139

• è un tasso di redditività del

capitale investito

• è un tasso di creazione del valore

che esprime la produttività economica

del capitale investito

NOPAT CIN

E.V.A. CIN

Si consideri che si ottengono così dei saggi di remunerazione esprimibili in percentuale:

140

Per un’impresa cooperativa, soggetta a tassazione in misura più limitata, il NOPAT può essere approssimato dal risultato operativo RO.

Questa approssimazione è accettabile in via generale per tutte le imprese, come metodo empirico, adottato ad esempio dal gruppo FIAT.

141

3) = - c

ovvero

4) = ROI - c

E.V.A. RO CIN CIN

E.V.A. CIN

Sostituendo il NOPAT con il RO nella espressione (2), si osserva:

142

In generale si può quindi affermare che un’impresa crea valore economico quando realizza uno spread positivo:

ROI - c > 0

143

Conseguentemente, l’espressione (4)

può così essere riproposta:

5)

si nota la dipendenza della creazione

del valore dal segno e dall’entità dello

spread tra i tassi.

E.V.A. = (ROI - c) CIN

144

L’E.V.A., in definitiva, risulta essere correlata:

• positivamente al ROI

• negativamente al costo del capitale c

• dimensionalmente al CIN

146

Il CIN è quindi una potenziale leva di

creazione del valore, che agirà positivamente o negativamente a seconda del segno algebrico dello spread (ROI - c).

147

Più esattamente, il CIN agisce da leva positiva di creazione del valore quando:

ROI - c > 0

148

Il CIN opera invece come leva negativa di distruzione del valore quando:

ROI - c < 0

149

Il collegamento con il ROI è interessante, perché collega l’E.V.A. con la relazione DU PONT:

ROI = ROS · T

ove

ROS : return on sales (RO / ricavi)

T : turnover (ricavi / CIN)

150

L’ALBERO DELLA RELAZIONE DU PONT

RETURN ON

INVESTMENT(R.O.I.)

Consumi di materieprime

Costi generaliindustriali

RETURN ON

SALES(R.O.S.)

TURNOVER

Risultato operativo

Ricavi operativi

(percentuale di)

Vendite nette

Totale investimenti

(rapporto tra)

Capitale circolante

Capitale immobilizzato

Liquidità immediate

Liquidità differite

Rimanenze

Altre attività correnti

Immobilizzazionitecniche nette

Immobilizzazioniimmateriali nette

Immobilizzazionifinanziarie

Costi di acquisto

Fondi ammortamento

Risultato extra operativo

Ricavi extra operativi

Ricavi netti

Totale costo del venduto

Costo industrialedel venduto

Costi commerciali

Costi di R&S

Costi amministrativi

Accantonamenti perrischi su crediti

area caratteristica

area extra caratteristica

%

%

(più)

(più)

(meno)

Ammortamenti

Costo del lavoro

(meno)

(percentuale di)

151

LA BALANCED SCORECARD

DI KAPLAN E NORTON

152

L’alimentazione di svariate issues informative

nelle imprese che si avvalgono di sistemi

informativi integrati (tecnologie E.R.P.) consente

di produrre delle “carte bruciate” che esprimono

diverse performances aziendali.

153

Si può così ottenere un sistema di reporting

multidimensionale, gestionale ed economico-

finanziario allo stesso tempo, in grado di sfruttare

le associazioni logiche e matematiche consentite

dalla tecnologia E.R.P..

154

La balanced scorecard è una soluzione

metodologica che mira a moltiplicare in svariate

opportunità il patrimonio informativo complessivo

dell’azienda, per un monitoraggio strategico

direzionale a 360° delle sue performances.

155

BALANCED SCORECARD

Performance economica e finanziaria

I

Project IVmanagement,life cycle,analisi nuovi prodotti Sviluppo

futuro

Activity Basedmanagement

IIGestione

perprocessi

Creazione del valore

Qualità totale, redditività per clienti IIIOrientamento al

cliente

MODELLO DI BALANCED SCORECARD

156

L’UTILIZZO DEL BILANCIO CONSOLIDATO

QUALE STRUMENTO DI

CONTROLLO DI GESTIONE

Il Bilancio Consolidato Gestionale (BCG)

è uno strumento ad uso della Direzione di

Gruppo per affrontare problemi di

governance e di controllo strategico di

gruppo, diversamente dal Bilancio

Consolidato ad uso civilistico (D.L.

127/91).

158

Il Bilancio Consolidato Gestionale di

Gruppo è la rappresentazione

dell’Economia del Gruppo secondo “viste”

organizzative e gestionali rilevanti ai fini

della Direzione strategica del Gruppo:• Business• Aree-mercato• ASA (Combinazioni di Businesses e di

Aree/Mercato)

159

Le principali finalità del BCG, che né il

consolidato ad uso civilistico, né il bilancio della

capogruppo possono soddisfare, in generale

sono:• conoscere le reali “sorgenti” della redditività del

gruppo, come concorso delle diverse “aree di

risultato” (businesses e aree geografiche) al

reddito del gruppo.• effettuare un benchmarking intragruppo,

verificando le migliori e le peggiori performances

comparative delle diverse “aree di risultato” del

gruppo.160

• valutare la correttezza delle attuali politiche di

transfer pricing e ridefinire le medesime, in

funzione di precisi desiderata della Direzione di

gruppo, per ridurre subottimizzazioni di area e

favorire l’interesse complessivo del gruppo;• pianificare le scelte strategiche a livello di

gruppo e a livello di aree di risultato, utilizzando

il modello di BCG in via previsionale, con dati

preventivi;• definire incentivi manageriali sui risultati a livello

di gruppo e a livello di aree di risultato

161

• realizzare un coordinamento gestionale a livello

di gruppo tra le diverse Società, secondo logiche

non soltanto fiscale e legali, ma specialmente

organizzative e gestionali;• osservare diseconomie, inefficienze, duplicazioni

e ridondanze; ma anche opportunità, sinergie,

integrazioni, al fine di un’attività di business

process reengineering a livello di gruppo;• conoscere le redditività analitiche all’interno del

gruppo, per selezionare gli investimenti in

maniera più consapevole, nell’ottimo del gruppo.

162

• allocare in generale le risorse (umane, finanziarie e

tecnologiche) nelle diverse aree di risultato di gruppo;• giustificare e legittimare scelte organizzative e

gestionali a livello di gruppo, sulla forza dimostrativa

dei “numeri” del BCG;• riorientare le politiche degli amministratori delle

diverse società del gruppo a logiche gestionali

convergenti verso gli interessi economici del gruppo

unitariamente inteso;• disporre di una mappa del gruppo utile per le

simulazioni su nuove iniziative rilevanti a livello di

gruppo: acquisizioni, dismissioni, riassetti societari.163

• è un gruppo multibusiness, essendo

diversificato in diverse linee produttive;• è un global player, in quanto opera a livello

internazionale in numerose aree del mondo;• sta affrontando una fase di crescita mediante

diversificazione, sia interna che esterna

(tramite acquisizioni).

Il Gruppo identificato presenta fondamentalmente

queste caratteristiche:

164

Struttura per divisioni (businesses e linee di prodotti) della holding (struttura multibusiness)

HOLDING

BUSINESS BBUSINESS A BUSINESS C

PRODOTTO 1

PRODOTTO 2

PRODOTTO 3

PRODOTTO 4

PRODOTTO N

PRODOTTO 1

PRODOTTO 2

PRODOTTO 1

PRODOTTO 2

PRODOTTO 3

165

Struttura multibusiness societaria del Gruppo

GRUPPO

BUSINESS A

DIVISIONE AHOLDING

CONTROLLATE NEL BUSINESS A

DIVISIONE BHOLDING

CONTROLLATE NEL BUSINESS B

DIVISIONE CHOLDING

CONTROLLATE NEL BUSINESS C

DIVISIONE NHOLDING

CONTROLLATE NEL BUSINESS N

BUSINESS B BUSINESS C BUSINESS N

166

Il Bilancio Consolidato Gestionale principale

del Gruppo va costruito, in una prospettiva

multibusiness, secondo una struttura per

Businesses.

Si tratta di un Conto Economico “a bandiera”,

che in colonna elenca i dati economici per

ciascun business, in modo da mostrare il

MARGINE DI BUSINESS, quale contributo al

risultato complessivo dell’intero gruppo.

167

Bilancio consolidato gestionale del Gruppo per “businesses”

GRUPPO

BUSINESS A BUSINESS B BUSINESS C BUSINESS N TOTALE

Ricavi netti

Costi variabili

Costi fissi

Margine perbusiness

Costigenerali

Risultatodi gruppo

Costi spec.di business

168

Struttura societaria del business come sottogruppo del Gruppo (sub-area di consolidamento)

BUSINESS A

PRODOTTO 1

PRODOTTO 2

PRODOTTO 3

PRODOTTO 4

PRODOTTO N

DIVISIONE AHOLDING

DIVISIONE ASOCIETÀ 1

SOCIETÀ 2 SOCIETÀ 3 SOCIETÀ N

169

Il Conto Economico Consolidato di

Sottogruppo per Linee produttive del

business presenta una struttura di conto

economico “a bandiera”, dove in colonna

figurano le Linee produttive.

170

Conto economico consolidato del business A come sottogruppo del Gruppo (per linee di prodotto)

BUSINESS A

PRODOTTO 1 PRODOTTO 2 PRODOTTO 3 PRODOTTO 4 PRODOTTO N TOTALE

Ricavi netti

Costi variabili

Costi fissi

Margine perlinea

Costi spec.di business

Margine dibusiness

171

Il CONTO ECONOMICO DI SOTTOGRUPPO

per Società del business mostra, con la

stessa struttura di ricavi e di costi consolidati,

la formazione del MARGINE PER SOCIETÀ,

cioè del margine attribuibile a ciascuna

consociata rientrante nel “perimetro di

consolidamento” del sottogruppo identificato

con il dato business.

172

Conto economico consolidato del business A come sottogruppo del Gruppo (per società)

BUSINESS A

DIVISIONE AHOLDING

DIVISIONE ASOCIETÀ 1

SOCIETÀ 2 SOCIETÀ 3 SOCIETÀ N TOTALE

Ricavi netti

Costi variabili

Costi fissi

Margine persocietà

Costigenerali

Margine dibusiness

173

Queste strutture “a bandiera” vanno

considerate “aperte”, per accogliere le

integrazioni di nuovi businesses e di

nuove società in ingresso nel Gruppo,

ovvero per adeguarsi alle eventuali

cessioni e fusioni societarie intragruppo.

174

L’area di consolidamento dovrà essere

articolata in una gerarchia di sub-aree di

consolidamento, secondo una WBS - Work

Breakdown Structure, i cui elementi sono le

sub-aree di business e di prodotti, che

diventano oggetti di riferimento delle contabilità

delle diverse società del gruppo.

175

AREA DI GRUPPO

SUB-AREAPRODOTTO2

SUB-AREABUSINESS2

SUB-AREABUSINESS3

SUB-AREABUSINESSn

SUB-AREAPRODOTTO1

SUB-AREABUSINESS1

SUB-AREAPRODOTTO3

SUB-AREAPRODOTTOn

N C

BCONTABILITÀ SOCIETÀA

176

La formazione del bilancio consolidato

strategico-gestionale per business e linee

produttive comporta un iter procedurale di

consolidamento che integri adeguatamente le

contabilità delle diverse società.

177

Il Gruppo può essere un gruppo globale, con

una pronunciata vocazione alle strategie di

internazionalizzazione. Un’imprescindibile

“vista” di analisi del gruppo deve essere

pertanto anche quella che vede le sorgenti di

profittabilità del gruppo nelle diverse AREE-

MERCATO servite.

178

Le Aree-Mercato sono un concetto più evoluto di

quello dei singoli Paesi, in quanto la

segmentazione per “aree-mercato” segue dei

criteri di rilevanza strategica e non meramente

geografica: pertanto, alcune aree-mercato

possono ricomprendere diversi paesi, se

l’omogeneità delle politiche di business (prodotti,

prezzi, contrattualistica, concorrenti di riferimento,

tecnologie impiegate, livelli di servizio offerto) in un

gruppo di paesi risulta tale da considerarli come

facenti parte di un’unica unità strategica di

riferimento179

Dette aree-mercato, peraltro, possono

rappresentare anche delle unità

organizzativo-strategiche del gruppo, se

vengono individuati dei Capi-Area,

responsabilizzati formalmente sul loro

presidio e sui loro risultati economici

specifici.

180

Articolazione del Gruppo per “aree-mercato”

GRUPPO

EUROLANDITALIA EUROPA ESTSUD E CENTRO

AMERICACINA E

FAR EAST

ALTRE

NORDAMERICA

181

Questa “mappa” geografico-economica diventa

la “spina dorsale” per la costruzione del Bilancio

Consolidato Gestionale del gruppo per Aree-

Mercato.

I ricavi, i costi e il margine di gruppo vengono

individuati per concorso delle diverse aree di

destinazione commerciale, secondo una

dimensione esterna e, come tale,

particolarmente significativa dal punto di vista

strategico.

182

Bilancio consolidato gestionale del Gruppo per “aree-mercato”

GRUPPO

ITALIA TOTALE

Ricavi netti

Costi variabili

Costi fissi

Margine perarea/mkt

Costigenerali

Risultatodi gruppo

Costi spec.di area/mkt

EUROLANDEUROPA

ESTNORD

AMERICASUD - C.AMERICA

CINA EFAR EAST

ALTRE

183

La diversificazione, allo stesso tempo, di

business e di mercato del Gruppo, porta alla

formazione di svariate aree di risultato

differenziate tra loro: delle combinazioni di

business e di area mercato, definibili come

ASA (Aree Strategiche d’Affari).

184

Struttura “incrociata” multibusiness e multiarea del Gruppo

GRUPPO

BUSINESS BBUSINESS A BUSINESS C BUSINESS N

EUROLANDITALIAEUROPA

EST SUD E CENTRO

AMERICACINA E

FAR EASTALTRE

NORDAMERICA

185

Questo disegno di ASA esprime una “mappa

strategica” del Gruppo, che in funzione di

un’eventuale responsabilizzazione formale

delle ASA in capo ai “Direttori di ASA”

potrebbe portare alla formazione di precise

configurazioni organizzative definibili come

Strategic Business Units o SBUs.

186

Configurazione di SBUS del Gruppo (dimensione ricavi)

BUSINESS A BUSINESS B BUSINESS C

NORD AMERICA EUROLAND FAR EAST

R

ICAV

I

R

ICAV

I

R

ICAV

I

187

Configurazione di SBUS del Gruppo (dimensione costi)

BUSINESS A BUSINESS B BUSINESS C

NORD AMERICA EUROLAND FAR EAST

C

OST

I

C

OST

I

C

OST

I

188

Configurazione di SBUS del Gruppo (dimensione margine)

BUSINESS A BUSINESS B BUSINESS C

NORD AMERICA EUROLAND FAR EAST

MAR

GIN

E

MAR

GIN

E

MAR

GIN

E

189

In definitiva, lavorando estensivamente, si può

creare una “mappa di cruscotti” attraverso

l’arricchimento del sistema di business

intelligence, per ottenere delle Matrici di

Ricavi, di Costi e di Margini.

In queste matrici, i dati economici complessivi

del Gruppo sono scomponibili per singolo

business e per singola area mercato,

spingendo l’analisi fino alle singole

combinazioni di ASA variamente selezionate.

190

La matrice delle SBUS (strategic business units) del Gruppo (dimensioni: business e aree-mercato)

ALTREEUROLANDEUROPA

ESTNORD

AMERICASUD E C.AMERICA

CINA EFAR EAST

ITALIA

BUSINESS A

BUSINESS B

BUSINESS C

BUSINESS N

BUSINESSES

AREE - MKT

191

Matrice dei ricavi di gruppo per SBUS del GRUPPO SACMI (al netto dei ricavi infragruppo)

ALTRE7EUROLAND2

EUROPAEST3

NORDAMERICA4

SUD E C.AMERICA5

CINA EFAR EAST6

ITALIA1

BUSINESS A A1

BUSINESSES

AREE - MKT TOTALERICAVI DIBUSINESS

BUSINESS B

BUSINESS C

BUSINESS N

TOTALE RICAVIDI AREA - MKT

A2 A3 A4 A5 A6 A7 RICAVI A

B1 B2 B3 B4 B5 B6 B7 RICAVI B

C1 C2 C3 C4 C5 C6 C7 RICAVI C

N1 N2 N3 N4 N5 N6 N7 RICAVI N

RICAVI1

ITALIARICAVI2

EUROLANDRICAVI3

EUROPA EST

RICAVI4

NORD A.RICAVI5

S. C. A.RICAVI6

CINA F.E.RICAVI7

ALTRERICAVI DI GRUPPO

192

Matrice dei costi di gruppo per SBUS del Gruppo (al netto dei costi infragruppo)

ALTRE7EUROLAND2 EUROPAEST3

NORDAMERICA4

SUD E C.AMERICA5

CINA EFAR EAST6

ITALIA1

BUSINESS A A1

BUSINESSES

AREE - MKT TOTALECOSTI DI

BUSINESS

BUSINESS B

BUSINESS C

BUSINESS N

TOTALE COSTIDI AREA - MKT

A2 A3 A4 A5 A6 A7COSTI A

B1 B2 B3 B4 B5 B6 B7 COSTI B

C1 C2 C3 C4 C5 C6 C7 COSTI C

N1 N2 N3 N4 N5 N6 N7 COSTI N

COSTI1

ITALIACOSTI2

EUROLANDCOSTI3

EUROPAEST

COSTI4

NORD A.COSTI5

S. C. A.COSTI6

CINA F.E.COSTI7

ALTRECOSTI DI GRUPPO

193

Matrice dei margini di gruppo per SBUS del Gruppo (al netto dei ricavi e costi infragruppo)

ALTRE7EUROLAND2

EUROPAEST3

NORDAMERICA4

SUD E C.AMERICA5

CINA EFAR EAST6

ITALIA1

BUSINESS A A1

BUSINESSES

AREE - MKT TOTALEMARGINE DIBUSINESS

BUSINESS B

BUSINESS C

BUSINESS N

TOTALE MARGINEDI AREA - MKT

A2 A3 A4 A5 A6 A7 MARGINE A

B1 B2 B3 B4 B5 B6 B7MARGINE B

C1 C2 C3 C4 C5 C6 C7 MARGINE C

N1 N2 N3 N4 N5 N6 N7 MARGINE N

MARGINE1

ITALIAMARGINE2

EUROLANDMARGINE3

EUROPAEST

MARGINE4

NORD A.MARGINE5

S. C. A.MARGINE6

CINA F.E.MARGINE7

ALTRE

MARGINE DI

GRUPPO

194

La scelta delle “viste” businesses e aree-

mercato di quelle combinate che danno vita

alle ASA deriva dalla particolare rilevanza

strategica che esse possiedono per il Gruppo,

oltreché dalla concreta praticabilità di queste

tre dimensioni di analisi, alla luce delle prassi

contabili e reportistiche in uso all’interno del

gruppo e per la disponibilità di sistemi

informativi avanzati di tipo integrato, con

l’impiego di software applicativi di business

intelligence particolarmente potenti.

195

Di tutte e tre le prospettive, quella

preponderante per la formazione del

Bilancio Consolidato Gestionale principale

rimane comunque quella per businesses,

che descrive l’architettura imprescindibile

dell’impianto strategico del gruppo.

196

Per conseguire questo obiettivo, occorre

adeguare e potenziare i sistemi di

contabilità analitica e di controllo di

gestione delle principali società operative

del gruppo, per ottenere dimensioni e

periodicità dei dati congruenti con le

esigenze del BCG.

197

Una dimensione importante da recuperare in

futuro e attualmente non praticabile può

essere quella patrimoniale-finanziaria, con

l’identificazione per singolo business di

elementi patrimoniali e di flussi finanziari: si

pensi alla classificazione per destinazione dei

cespiti – oggi classificati per natura secondo le

esigenze civilistico/fiscali – e all’individuazione

degli elementi del circolante (crediti e giacenze

di magazzino).

198

Una tale profondità di analisi consentirebbe di

pervenire a veri e propri bilanci analitici di

business (conti economici e situazioni

patrimoniali), offrendo un quadro informativo

completo.

199

Gli attuali limiti fisiologici dell’informativa di

gruppo, che come per la maggior parte dei

gruppi italiani si identifica con gli adempimenti

del bilancio consolidato di legge, possono

così essere superati dalla preparazione di un

Bilancio Consolidato Gestionale a diverse

varianti, capace di fornire adeguati supporti

per la gestione strategica della Direzione di

Gruppo.

200

A tale proposito, i reports di gruppo suggeriti

appaiono adeguatamente sviluppati nelle

direzioni strategiche rilevanti del gruppo e

presentano il carattere della sistematicità,

intesa come coerenza organica dei diversi

reports in un corpus che andrà a costituire la

“memoria” e l’”intelligenza” del gruppo, nonché

come “scalarità” dei diversi reports, attraverso

percorsi di interrogazione logicamente e

formalmente integrabili, secondo i meccanismi

di drill down e di drill up.201

La forza dello strumento che si va a

definire dipenderà in grande misura dal

ruolo che ad esso verrà assegnato nel

sistema di governance del gruppo ed in

particolare dalla formalizzazione chiara di

una Direzione di Gruppo e di una

legittimazione del Bilancio Consolidato

Gestionale nel sistema delle decisioni a

livello di gruppo.

202

Una ricaduta del bilancio consolidato

strategico-gestionale può essere quella

sulle politiche di transfer pricing,

riorientate secondo logiche di business.

203

DIREZIONEGENERALEDI GRUPPO

SOCIETÀCONTROLLATA

SOCIETÀCONTROLLATA

CONTROLLO DI GESTIONEDI GRUPPO

RISORSEUMANE

CONTROLLO DI GESTIONE

RISORSEUMANE

ACQUISTI MARKETINGLOGISTICA

TRANSFERPRICING

RICERCA

ACQUISTI

PRODUZIONE

MARKETING

204