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La didattica generale è disciplina di grande importanza e di grande significatività. Il suo studio è pertanto prioritario ai fini della formazione di tutti
gli insegnanti.Nella pedagogia tradizionale la didattica viene
relegata ad una funzione esclusivamente prassica.La didattica in quanto sola prassi è subalterna alla
teoria.
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Una didattica come scienza necessita di un duplice approccio epistemologico:
•il metodo induttivometodo induttivo, che fonda la propria logica formale sul presupposto che i fatti educativi
precedono sempre la teoria: la generalizzazione è a posteriori.
•il metodo deduttivometodo deduttivo che fonda la propria logica formale sulla tesi che la teoria dovrebbe sempre
precedere i fatti educativi.La didattica dovrebbe, dunque, avere per dirla alla Frabboni, “una testa teorica ed un corpo empirico,
operativo”.
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Le differenti teorie della didattica si articolano secondo determinate propensioni. Avremo così
teorie didattiche orientate verso:•le teorie della scuolateorie della scuola;•le teorie dell’istruzioneteorie dell’istruzione;•le teorie dell’insegnamentoteorie dell’insegnamento;•le teorie dell’apprendimentoteorie dell’apprendimento.
Le quattro teorie della didattica qui individuate vanno contestualizzate all’interno di particolari modelli didattici. Ciascun modello didattico è
l’effetto di un modello culturale, filosofico, epistemologico, che agisce come una metateoriametateoria
del modello didattico.
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Modello filosofico-disciplinare: Modello filosofico-disciplinare:
la sua metateoria è l’idealismo (Gentile); la teoria della scuola e dell’insegnamento che ne derivano si fondano sull’atto dell’insegnante e
sulle discipline scolastiche.
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Modello attivistico:Modello attivistico:
la sua metateoria risiede nel pragmatismo (Dewey); si sviluppa entro una teoria
dell’istruzione, che vede il ragazzo al centro di ogni attività ed esperienza formative.
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Modello cibernetico – tecnologico:Modello cibernetico – tecnologico:
la sua metateoria abita nel comportamentismo (Skinner); prevede una teoria dell’apprendimento
istituita sulla relazione stimolo-risposta e sui rinforzi.
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Modello strutturalista:Modello strutturalista:
la sua metateoria deriva dallo strutturalismo (C. Lèvi Strass e F. de Saussure); sul piano didattico i saperi sono colti per i loro “elementi” nonché per le
“relazioni” da questi sviluppate all’interno delle strutture.
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Modello cognitivista: Modello cognitivista:
la sua metateoria prende corpo dalla psicologia cognitivista (J. Piaget e J.S. Bruner); al centro dell’intervento didattico si pongono una teoria
dell’apprendimento e una teoria dell’istruzione, istituite sulla correlazione tra le strutture cognitive
della mente e le strutture interne delle singole discipline.
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Modello dialettico–sociologico.Modello dialettico–sociologico.
La sua metateoria è data dalla teoria critica, di origine francofortese (M. Horkheimer, F. Adorno); questa veicola una teoria della scuola orientata a
innestare elementi di critica sociale e di critica delle ideologie.
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Modello scientifico-sperimentale: Modello scientifico-sperimentale:
la sua metateoria è offerta dalla spiegazione “scientifica” (di matrice neopositivista), ossia dal modello induttivo-deduttivo proprio della ricerca
empirica e quantitativa; organizza sia teorie dell’apprendimento sia teorie dell’istruzione in
senso tassonomico e curricolare.
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Modello sistemico:Modello sistemico:
la sua metateoria richiama la teoria dei sistemi (N. Luhmann) ; la teoria della
scuola che se ne ricava si fonda sull’idea di interdipendenza tra i sottosistemi
sociali.
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Modello ermeneutico: Modello ermeneutico:
la sua metateoria affonda nell’ermeneutica (Gadamer) e la teoria dell’insegnamento ad essa ispirata conferisce particolare valore
alla pratica dell’interpretazione.
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Modello narratologico:Modello narratologico:
la sua metateoria si richiama tanto alla linguistica, alla semiotica e all’ermeneutica quanto alla
narratologia; la teoria dell’istruzione che deriva da questo modello si
poggia su una cultura dei linguaggi narrativi.
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Modello pedagogicoModello pedagogico:
la sua metateoria presuppone l’idea di formazione (Bildung) e si inserisce nelle scienze dello spirito; la didattica
si articola come una teoria della formazione, includendo una teoria
della scuola e una teoria dell’insegnamento dove la cultura e la
conoscenza sono sinonimi della formazione dell’uomo.
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In sintesi si può affermare che la didattica prevede piani differenti di ricerca: quello “pratico” deriva da quello “teorico”, che si
istituisce in ragione di quello “metateorico”.
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Dalla connessione efficace di teoria e pratica la didattica assume un propria dignità e una
collocazione pertinente nelle scienze dell’educazione.
Se la pedagogia è la scienza che orienta i processi centrali della formazione umana, la
didattica diventa la scienza che si occupa della traduzione della paideia in didassi e del
confluire dell’insegnamento nell’apprendimento.
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La dignità della didattica nasce dalla sua capacità di essere scienza nel senso di sistema di saperi senza escludere l’apporto del metodo di ricerca empirico,
proprio delle scienze sperimentali. Nel caso in cui la didattica si abbandoni completamente al metodo
quantitativo della spiegazione, i rischi di oggettivismo, scientismo, e metodologismo si
rendono preoccupanti proprio perché lo studio della maturazione del soggetto si appiattirebbe sulle
dinamiche di un apprendimento troppo estraneo alla formazione globale.
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Quando la didattica non si articola nei sistemi di saperi con cui la conoscenza viene costruendosi e
trasformandosi, il pericolo di riduttivismo, formalismo e prassismo si fa altrettanto incombente.
E’ il caso di soffermare, allora, lo sguardo su un’ipotesi che, non prevedendo la dicotomia tra
teoria e pratica e ancor meno quella tra insegnamento e apprendimento, intenda la didattica
non tanto come meccanica derivazione dalla pedagogia (e questa a sua volta come derivazione
dalla filosofia), ma la consideri integrata circolarmente nel processo stesso della conoscenza
e della formazione.
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Fra le problematiche emerse nel dibattito sul discorso didattico, il tempo e lo spazio occupano
una posizione preminente.Il riferimento al tempo si giustifica nella suddivisione dell’anno scolastico, della settimana, della giornata
stessa. Una scuola senza classi, ma costruita secondo gruppi di livello apprenditivo assai mobili, prevede un’organizzazione profondamente diversa
da quella pensata per una scuola rigidamente istituita sulle classi scolastiche, in cui il passaggio da un grado all’altro avviene secondo un modello
poco flessibile e fortemente selettivo.
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Ragionando intorno all’organizzazione temporale si profila la questione dello spazio. Ogni ambiente, per
essere davvero educativo, deve porsi il problema della sua organizzazione spaziale, procedendo allo studio delle dinamiche prossemiche che regolano
l’insegnamento e l’apprendimento, la comunicazione educativa e quella didattica.
L’edifico scolastico, le aule, i laboratori, gli spazi all’aperto, l’arredamento sono i primi e concreti aspetti che influiscono sia sull’organizzazione educativa sia sulla realizzazione del curricolo.
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L’insegnamento, anziché “direttivo”, deve presentarsi come propositivo, attento alle
dinamiche dei bisogni, degli interessi, delle motivazioni che orientano le diverse dinamiche
apprenditive.La scuola si propone come un luogo di ricerca, come un punto di incontro tra culture, come un
ambiente intellettualmente stimolante.
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Il mondo dell’extrascuola offre un profilo assai più variegato e sinuoso: si intravedono i caratteri mutevoli di esperienze sociali e ricreative, il
moltiplicarsi di proposte regolate prevalentemente dalla stessa natura economica che ne condiziona l’accesso, la sovrabbondante frammentazione del tempo libero. Si pensi, inoltre, a quelle “agenzie
educative” che prevedono una più regolare e regolata diffusione di servizi nel campo formativo:
biblioteche, musei, teatri, ecc.
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L’identità professionale dell’insegnante si decide nella sua formazione pedagogica e nella
potenzialità metodologico-didattica del suo operare educativo. Se la ratio docendi si è
conformata nel passato attorno all’azione e alle parole, è stato J. Dewey il primo a introdurre
nell’istruzione la metodologia della ricerca. Con Dewey il metodo didattico diviene metodo di
ricerca, per cui l’attenzione si sposta dall’insegnamento all’esperienza, all’attività
induttivo-deduttiva, al ricercare.
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Lo studio della didattica intesa quale pratica, o opera, è solitamente il risultato di una
microanalisi. Ciò evidentemente perché si tratta di un’indagine sul micros, ossia sulle dimensioni più “piccole” dell’insegnamento-apprendimento:
quelle proprie di una scala ridotta qual è, ad esempio, la classe scolastica.
La didattica si spinge, inoltre, nei territori della macroanalisi; in questo caso si darà luogo ad
una macrodidattica.
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Tra gli uffici che spettano alla macrodidattica v’è lo studio dei progetti di riforma.
La microdidattica, prevedendo un accentuato restringimento di campo, consente di passare dall’analisi dei programmi didattici nazionali
all’elaborazione delle programmazioni educative e didattiche.
La prospettiva della programmazione rappresenta l’incipit di quella curricolare. Infatti, stabiliti
collegialmente i caratteri educativi e formativi della didattica, è compito degli insegnanti procedere
all’elaborazione dei curricoli.
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Il curricolo comporta l’organizzazione di tutte le potenzialità didattiche della scuola e integra
l’insegnamento con l’apprendimento.Con la dinamica curricolare, finalizzata alla
“gestione” delle opportunità educative e formative per il soggetto in corso di formazione, si affermano
almeno tre strategie didattiche.
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Le didattiche disciplinari:Le didattiche disciplinari:
sono centrate sulle discipline. I curricoli elaborati inseguono l’apprendimento dei
fondamenti disciplinari di ogni area o settore, ma avviano anche alla ricerca dei significati di tali fondamenti in modo che il
loro apprendimento sia l’esito di una scoperta e non il risultato di uno sforzo
mnemonico.
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Le didattiche specificheLe didattiche specifiche::
sono centrate non già su aree o settori disciplinari, ma su contesti culturali
specifici, con forte carica “integrativa”(ad esempio, la didattica dell’educazione extrascolastica, la
didattica dei mass media, la didattica del tempo libero, ecc.).
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Le didattiche specialiLe didattiche speciali
sono centrate sulle problematiche proprie di un’utenza scolastica disomogenea, caratterizzata da situazioni individuali e sociali di
disagio, di atipicità, di handicap, di emarginazione.
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In conclusione il carattere fondamentale della didattica si decide nel suo proporsi
come “formativa”. La didattica coinvolge, infatti, un complesso
di eventi, un sistema di segni, una stratificazione di esperienze, la ricerca di
conoscenze che contribuiscono alla formazione culturale dell’allievo sotto il profilo eteroformativo e autoformativo.
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Un apprendimento è formativo quando può essere parte di quel processo di conoscenza,
coscienza e cultura che si inscrive nell’itinerario di Bildung, a cui una didattica
formativa risulta coessenziale.Insegnare non significa lasciare un segno su
qualcuno, ma aiutare un soggetto a possedere un orientamento di senso nel
costruire un mondo di segni. Da qui il compito di ogni didattica: essere anche una teoria
dell’interpretazione.