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Dimostrazioni
5 febbraio 2010Prof Fabio Bonoli
Sommario
Introduzione La dimostrazione diretta La dimostrazione per assurdo La dimostrazione per induzione La dimostrazione per invarianza
Introduzione
In un problema di dimostrazione non si chiede di
trovare un elemento incognito, né di
determinare una regola o una formula.
Si chiede piuttosto di spiegare perché sussiste una
certa proprietà, o una certa relazione che
tuttavia già si conosce o si intuisce essere vera.
Anche i problemi di costruzione possono essere visti
come problemi di dimostrazione: una
dimostrazione di esistenza.
Costruire l'asse di un segmento vuol dire dimostrare
che è possibile costruirlo a partire dai dati (il
segmento stesso) con determinate regole(l'uso di
riga e compasso), vuol dire cioè dimostrare che
esiste (e che nel caso specifico è unico).
Introduzione
Che cosa si dimostra?
Sarebbe più semplice chiedersi: che cosa non si
dimostra? La matematica è infatti una scienza
deduttiva e le sue proposizioni sono, di norma,
accettate se, e solo se, sono dimostrate.
Anche se talvolta la dimostrazione di una
proposizione viene omessa perché considerata
ovvia, la dimostrazione resta necessaria.
Introduzione
Che cosa si dimostra?
Le uniche proposizioni di cui non si richiede
dimostrazione sono gli assiomi, che sono le
proposizioni alla base di ogni teoria matematica.
Agli assiomi si affiancano le definizioni, che servono ad
introdurre nuovi termini a partire da quelli di base
della teoria (questi vengono anche detti "primitivi").
Le proposizioni che si dimostrano a partire dagli assiomi
sono invece i teoremi.
Introduzione
Che cosa si dimostra?
Finché una proposizione non è stata dimostrata,
essa rimane una congettura o un'ipotesi:
dimostrarla vuol dire fare una catena di
ragionamenti, che si susseguono rigorosamente
in base a regole di deduzione accettate, e che, a
partire da assiomi o da proposizioni
precedentemente già dimostrate, portano alla
proposizione voluta.
Introduzione
Come si dimostra?
Leggendo la dimostrazione di un teorema, si può
rimanere perplessi per la difficoltà di comprenderla,
e talvolta la difficoltà dipende dalla particolarità
degli stratagemmi o delle costruzioni impiegate:
come può venire in mente una cosa simile?
Di fatto, le dimostrazioni che si trovano pubblicate
non descrivono il procedimento mentale seguito
per ottenerle
Introduzione
Come si dimostra?
La ricerca di una dimostrazione:
1. (fase di analisi) si studia e si rappresenta il
problema, analizzando le relazioni tra le ipotesi e la
tesi. Una volta "compresi" i legami tra ipotesi e tesi,
ordiniamo le varie deduzioni che dall'ipotesi portano
alla tesi.
2. (fase di sintesi), si elabora l'esposizione chiara dei
legami, degli assiomi e dei teoremi precedenti che
possiamo utilizzare.
Introduzione
Come si conclude?
Nei testi di matematica si trova spesso una sigla, o
un simbolo, che segnala il termine di una
dimostrazione. Tradizionalmente, si trovano le
seguenti sigle:
c.v.d. (come volevasi dimostrare)
c.d.d. (come dovevasi dimostrare)
q.e.d. (quod erat demonstrandum)
Introduzione
Una dimostrazione diretta procede direttamente
dalle ipotesi alla tesi, attraverso una catena di
ragionamenti che utilizzano gli assiomi della
teoria o teoremi precedentemente dimostrati.
Caso particolare della dimostrazione diretta: si
suddivide il teorema da dimostrare in più
sottocasi che, uniti, conducono alla
dimostrazione del teorema nella sua globalità
(dimostrazione per casi).
La dimostrazione diretta
La dimostrazione diretta
Esempi
1. Dimostrare che ogni
angolo alla circonferenza
è la metà dell'angolo al
centro corrispondente allo
stesso arco.
uno bis.ggb
Uno.ggb
La dimostrazione diretta
2. Dimostrare che il
teorema "due
triangoli sono
congruenti se hanno
congruenti due lati e
l'angolo opposto ad
uno di essi" è
sbagliato.Due.ggb
due bis.ggb
due ter.ggb
La dimostrazione diretta
3. Dimostrare che la
somma degli angoli
interni di un poligono
convesso con n lati è
uguale a n-2 angoli
piatti ((n-2)*180°).
Tre.ggb
La dimostrazione diretta
4. Dato un triangolo ABC e il
cerchio circoscritto ad
esso, si consideri un punto
arbitrario P sulla
circonferenza e da questo
si traccino le perpendicolari
ai 3 lati del triangolo.
Dimostrare che i piedi di
tali perpendicolari sono
allineati.
Quattro.ggb
La dimostrazione diretta
Una possibile strategia di dimostrazione:
1. cercare di formulare in termini
equivalenti la tesi;
2. risalire dalla tesi finale a tesi
intermedie, analizzando relazioni e
teoremi che si intravede di poter
utilizzare.
La dimostrazione per assurdo
Si basa sull’equivalenza logica:
Un teorema ha la forma IPOTESI →TESI (ovvero
NON TESI→ NON IPOTESI).
Negando la tesi (supponendo cioè che non sia
vero ciò che si vuole dimostrare) si giunge alla
negazione dell’ipotesi.
__
abba
La dimostrazione per assurdo
Ma l’ipotesi è data per vera, quindi dove si è
sbagliato?
Nel negare la tesi, pertanto la tesi è vera.
Non è necessario dimostrare che dalla negazione
della tesi segue la negazione dell’ipotesi, è
sufficiente giungere ad un qualunque altro
assurdo (ad esempio negare una proposizione
già dimostrata o un assioma).
La dimostrazione per assurdo
Dimostrare che nell'insieme dei numeri reali vi è un
solo elemento neutro per l'addizione (lo zero).
Dim Supponiamo per assurdo che esista un altro
elemento neutro z≠0. Pertanto per ogni a reale si ha a+z=z+a=a.
Come numero reale considero 0, quindi: 0+z=0 ,ma anche 0+z=z (perché pure 0 è elemento neutro).
In conclusione z=0, contrariamente all’ipotesi che sia diverso da 0.
La dimostrazione per assurdo
L'irrazionalità di radice di 2: uno scandalo filosofico!
Dim
Tradizionalmente si dice che Ippaso di Metaponto produsse
una argomentazione (probabilmente con considerazioni
geometriche) dell'irrazionalità della radice quadrata di 2
scoprendo i numeri irrazionali mentre tentava di
rappresentare la radice quadrata di 2 come frazione. La
dimostrazione geometrica si basa sul fatto che se due
segmenti L e D sono commensurabili, e L<D<2L, allora
sono commensurabili anche D–L e 2L–D.
La dimostrazione per assurdoSupponiamo ora per assurdo che
il lato L e la diagonale D di un quadrato siano commensurabili, e sia H un sottomultiplo comune. Dividiamo in due parti uguali l’angolo ABP, e dal punto E tiriamo la perpendicolare EF alla diagonale. I due triangoli ABE e BEF sono uguali (sono rettangoli, hanno gli angoli in B uguali, e il lato BE comune); quindi BF=AB=L, e PF=D-L. Il triangolo PEF è isoscele (infatti l’angolo EPF è di 45 gradi), e dunque si ha AE=EF=FP=D-L, ed EP=L–(D–L)=2L-D. Completiamo il quadrato EFPG.
radicedi2.ggb
La dimostrazione per assurdoSiccome avevamo supposto che il lato L e la diagonale D
avessero un comune sottomultiplo H, anche il lato PF=D–L e la diagonale EP=2L–D del quadrato piccolo avranno lo stesso sottomultiplo H. Se ripetiamo in questo quadrato la costruzione che abbiamo fatto nel precedente, otteniamo un nuovo quadrato, ancora più piccolo, il cui lato e la cui diagonale hanno ancora H come sottomultiplo. Continuando sempre nello stesso modo, otteniamo dei quadrati sempre più piccoli, tutti però con il lato e la diagonale che hanno H come sottomultiplo comune. Ma questo non è possibile, perché il lato e la diagonale diventano sempre più piccoli, e dopo un certo numero di passi finirebbero per diventare minori di H, cioè di un loro sottomultiplo. Siamo dunque arrivati a un assurdo, e quindi il lato e la diagonale di un quadrato non possono essere commensurabili.
La dimostrazione per assurdoDim
L’altra dimostrazione pervenutaci è quella di cui ci parla
Aristotele; supponiamo che siano commensurabili, ossia
che il loro rapporto d/l sia un numero razionale m/n, con m
ed n numeri interi primi fra loro, per cui (m/n)2= 2, cioè
m2= 2n2. Pertanto m2 è pari e quindi m è pari. Se poniamo
m = 2p si ha che 4p2 = 2n2 da cui otteniamo che anche n
dovrebbe essere pari contro l’ipotesi che m ed n non
avessero fattori in comune. Ne segue che l’ipotesi della
commensurabilità tra diagonale e lato di un quadrato è
falsa.
La dimostrazione per assurdo
Dimostrare che esistono infiniti numeri primi.
Dim Supponiamo per assurdo che i numeri primi siano in numero finito
p1, p2, p3,… pk,
Consideriamo q = p1* p2* p3*… *pk,+1. Se si divide q per p1 si ottiene
p2*p3*,… *pk come quoziente e 1 come resto, quindi q non è
divisibile per p1.
In modo analogo si trova che q non è divisibile per nessuno degli altri primi, ma se un numero non è primo deve essere scomponibile in qualcuno dei k fattori primi.
In conclusione q non è scomponibile, e allora rappresenta un nuovo numero primo, contro l’ipotesi che i numeri primi siano solo k.
La dimostrazione per induzione
Come possiamo dimostrare che un’asserzione `e
vera per ogni numero naturale?
E’ chiaro che non possiamo dimostrare un
asserto generale verificando che questo è vero
quando il numero in questione è 1 oppure 2 o
3 e così via, poiché non é possibile effettuare
infinite verifiche.
La dimostrazione per induzione
Anche se verifichiamo che una proposizione è
vera per ogni numero fino a un milione, o a un
miliardo, non ci siamo neppure minimamente
avvicinati a stabilire la veridicità in generale. Ad esempio Dato un polinomio p(x) =x2 + x + 11, si ha che
p(0) = 11 p(5) = 41p(1) = 13 p(6) = 53p(2) = 17 p(7) = 67p(3) = 23 p(8) = 83p(4) = 31 p(9) = 101.
E’ facile vedere che tutti questi numeri sono primi. Ma il numerosuccessivo p(10) = 121 = 11 × 11 non è più un primo.
La dimostrazione per induzione
Supponiamo di saper dimostrare che se la
proposizione in oggetto é vera per il numero n,
allora essa è vera anche per il numero successivo n
+ 1.
Allora il fatto che la proposizione sia vera per il numero
1 ne implicherà la validità per il numero successivo
2; ed ancora, il fatto che essa sia vera per il numero
2 comporterà che essa è vera per il numero 3, e così
via.
La dimostrazione per induzione
La proposizione sarà pertanto vera per ogni numero
naturale a patto che essa sia vera per il numero 1.Principio dell’induzione
La proposizione si dimostra per induzione tramite iseguenti passi:(a) La proposizione è vera per n = 1;(b) Supponi che la proposizione sia vera per n;(c) Verifica che la proposizione è vera per n + 1.
Allora la proposizione è valida per tutti i numeri naturali.
La dimostrazione per induzione
Esempio 1. Dimostrare che
Esempio 2. Dimostrare che
6
)12)(1(...21 222
nnn
n
1)1(
1
32
1
21
1
n
n
nn
La dimostrazione per induzione
Esempio 1. la proposizione vale se n = 1
vogliamo dimostrare che
sapendo che
16
321
6
)12)(1(12
nnn
6
)1)1(2)(2)(1()1(...21 2222
nnn
nn
6
)12)(1(...21 222
nnn
n
La dimostrazione per induzione
Pertanto
2222 )1(...21 nn
2)1(
6
)12)(1(n
nnn
6
)662)(1(
6
)1(6)12)(1( 22
nnnnnnnn
6
)2)(32)(1(
nnn
La dimostrazione per induzione
Esempio 2. la proposizione vale se n = 1
vogliamo dimostrare che
sapendo che
2
1
)2()1(
1
)1(
1
32
1
21
1
n
n
nnnn
2
1
121
1
n
n
1)1(
1
32
1
21
1
n
n
nn
La dimostrazione per induzione
Pertanto
2
1
n
n
)2()1(
1
)1(
1
32
1
21
1
nnnn
)2()1(
1
1 nnn
n
)2()1(
12
)2()1(
1)2( 2
nn
nn
nn
nn
La dimostrazione per induzione
E’ possibile discutere se il principio abbia la natura
di una definizione, di un postulato, o di un atto
di fede.
Il principio di induzione è essenzialmente
un’enunciazione della regola con la quale
enumeriamo i numeri naturali.
Dunque il principio è in effetti una precisazione di
ciò che si intende con la parola “e così via”.
La dimostrazione per invarianza
Operando su una figura con una
trasformazione (isometria, similitudine,
affinità, proiettività), alcune
caratteristiche rimangono invariate,
mentre altre cambiano.
Gli invarianti permettono di trasportare
alla nuova figura proprietà della prima.
La dimostrazione per invarianza
Esempio:
Con un’affinità il quadrato si trasforma in un
parallelogrammo (è invariante per affinità il
parallelismo,il punto medio di un segmento,
ma non l’uguaglianza di angoli e lunghezze).
Quindi anche in un parallelogrammo le diagonali
si tagliano nel punto medio
La dimostrazione per invarianza
Dimostrare che in un trapezio i punti medi delle basi,
i punti d'incontro delle diagonali, e il punto di
intersezione dei prolungamenti dei lati obliqui
sono allineati.
Inva1.ggb
La dimostrazione per invarianza
Sia ABCD un parallelogramma, M ed N siano, rispettivamente, i punti medi dei lati BC e CD; siano poi P e Q le intersezioni rispettivamente di AN e AM con BD: provare che i punti P e Q dividono la diagonale BD in 3 parti uguali.
Inva2.ggb