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RELAZIONE DELLA SEGRETERIA
XI CONGRESSOFIT CISL LOMBARDIA
4-5MAGGIODUEMILADICIASSETTE
Segreteria Regionale LombardiaFederazione Italiana TrasportiLOMBARD I AFIT-CISLFIT-CISL
RELAZIONE DELLA SEGRETERIA
XI CONGRESSOFIT CISL LOMBARDIA
4-5MAGGIODUEMILADICIASSETTE
Segreteria Regionale LombardiaFederazione Italiana TrasportiLOMBARD I AFIT-CISLFIT-CISL
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LOMBARD I AFIT-CISLFIT-CISLXI CONGRESSO FIT CISL LOMBARDIA RELAZIONE DELLA SEGRETERIA
INTRODUZIONE
Stiamo, in queste giornate, intraprendendo l’undicesimo congresso della FIT Lombardia. Lo facciamo, come potete vedere dall’immagine che abbiamo scelto a sfondo del nostro congresso, partendo dal passato per arrivare al futuro: l’uomo, l’uomo vitruviano che fa da sfondo ad una città moderna. È, questa immagine, un monito che dovrà accompagnare i nostri pensieri, le nostre riflessioni. Per creare la società del futuro e, molto più prosaicamente, il sindacato del futuro, dobbiamo acquisire la consapevolezza che il progresso è una forza inesorabile ma, se mette l’uomo al centro del suo divenire, il binomio che si creerebbe potrebbe davvero rivoluzionare il mondo per come siamo abituati a conoscerlo. Ma oggi siamo soprattutto qui a parlare di noi stessi. Nelle pagine che seguiranno e, soprattutto nel dibattito che si aprirà, racconteremo da una parte e costruiremo dall’altra, la FIT Lombardia del presente e del futuro. Lo faremo partendo dal sereno presupposto che, in tempi difficili, occorre perseguire strategie nuove e diverse da quelle che, in un passato recente, hanno contraddistinto il nostro operare. Lo faremo partendo dal presupposto che la discussione è il valore aggiunto della nostra organizzazione, ma questa diviene sterile se non si trasforma in atti concreti. Lo faremo, infine, partendo dalla consapevolezza che l’aprire nuove strade spesse volte porta ad incomprensioni ed impopolarità e che indubbiamente demagogia e populismo propongono slogan, a prima vista, molto più accattivanti dei nostri. Ci sono momenti, però, in cui bisogna avere anche il coraggio dell’impopolarità se si vuole continuare ad avere credibilità in mezzo alla gente. C’è un passaggio del purgatorio di Dante che vorremmo citare a proposito: “Facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte” Un sindacato che si apre la strada al buio e, dietro di sé, porta una luce per illuminare il percorso: così facendo aiuta gli altri ( ma non se stesso ) ad aprirsi la strada in mezzo a mille difficoltà. Questo è ciò che siamo e ciò che vorremmo continuare ad essere.
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LO SCENARIO ECONOMICO E POLITICO IL VILLAGGIO GLOBALE
ll nostro congresso cade in un contesto storico e politico molto complesso. Controprova ne è la delicatissima crisi tra Corea del Nord e Stati Uniti d'America: un caso diplomatico che tiene con il fiato sospeso tutto il mondo che, di fronte ad una minaccia di guerra nucleare, sembra ancora più piccolo ed insicuro. I popoli del pianeta osservano intimoriti e impotenti il continuo precipitare degli eventi: un contesto che, con le dovute proporzioni, riporta alla mente la drammatica “crisi dei missili di Cuba” del 1962, quando il mondo sembrava dovesse terminare in un drammatico olocausto nucleare. Ma la complessità non è solo testimoniata dai tanti focolai di guerra che, ad intermittenza, sembrano accendersi in diverse parti del globo. Il mondo occidentale ed il suo modello culturale di riferimento che sembravano aver trionfato dopo il crollo dell’U.R.S.S. e la conseguente fine della guerra fredda, paiono essere preda di una generale crisi d’identità. Lungi dall’aver determinato la “fine della storia” attraverso il propagarsi delle democrazie parlamentari in tutto il pianeta, la civiltà occidentale viene da molti vista, se non al tramonto, in una fase di radicale trasformazione. Paradossalmente, nel suo complesso, il mondo non è mai stato così ricco. L’economia globale, infatti, continua a crescere.
Rispetto ai decenni ed ai secoli passati però, ad una sempre più forte crescita dei paesi “emergenti” corrisponde una sempre maggior insicurezza nei paesi a cultura occidentale. Le lancette dell’orologio della storia sembrano così tornare a segnare l’ora delle facili suggestioni del protezionismo e del nazionalismo.
LA COMUNITÀ EUROPEA
Questa crisi internazionale ha, però, un convitato di pietra: l’Europa.
Non solo l’Europa come intesa come Unione Europea, ma l’intero vecchio continente nella sua espressione geografico‐politica, è ai margini di questa vicenda.
Incapace di reazione e non in grado di formulare proposte alternative credibili, la diplomazia europea e le istituzioni comunitarie non riescono a trasformare in atti politici il diffuso sentimento di ripudio alla guerra che anima il vecchio continente.
È questo il vero limite di un Europa fondata esclusivamente sulla moneta e sulla finanza, una costruzione astratta incapace d’incarnarsi nella vita quotidiana dei popoli che la compongono.
Ma l’Unione Europea, rischia così una crisi irreversibile, attraversata com’è da movimenti nazionalisti e contrari all’Euro e da una complessiva mancanza di politica ad ampio respiro, schiacciata com’è da problemi contingenti e dagli egoismi dei singoli stati.
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Ma, se a questa difficoltà di proposta politica, sommiamo gli effetti della crisi, il risultato rischia d’essere letale.
Rischiamo così di trovarci il paradosso di un’Europa sempre più liberista e sempre meno liberale, in cui i singoli stati vengono periodicamente attraversati da fenomeni politici di matrice autoritaria.
Le istituzioni europee devono trovare il coraggio di riportare in agenda una più marcata attenzione alle politiche di sviluppo, mettendo in primo piano il tema del lavoro: solo così, solo dando sostanza ai desideri della gente che chiede protezione sociale, ripudio della guerra, dignità della persona che deve essere riportata al centro della politica, l’Unione Europea potrà tornare ad avere un futuro.
In questo contesto l’Italia può giocare un ruolo di “promotore del cambiamento”, cercando di aggregare altre nazioni che esprimano lo stesso bisogno.
ITALIA
Un dato su tutti: gli investimenti attuali sono inferiori del 30 % rispetto ai valori del 2007.
Il sistema produttivo sconta carenze sulle innovazioni tecnologiche (Industry 4.0) e la ripresa (che appare evidente seppur timida dai dati macroeconomici ) non riesce comunque ad intercettare il consumo interno, ancora reso fragile dal mancato aumento dei redditi disponibili delle famiglie.
Dobbiamo affrontare un cambio di paradigma nel mondo del lavoro: oltre alle tradizionali innovazioni nella produzione dei beni (industria) si accompagnano innovazioni profonde anche nella produzione di servizi (terziario).
Il futuro prossimo, se non adeguatamente diretto, potrebbe prefigurarsi tra scenari di occupazione a bassa professionalizzazione sottopagata e sfruttata o addirittura ( così vaticinano i nuovi “profeti del millenarismo tecnologico”) tra società in cui ricchezza apparterrebbe a sempre meno persone che “governerebbero” una moltitudine di genti sotto occupata o, addirittura, inoccupata: il riproporsi, “de factu” di un contesto storico che segnò la crisi del tardo impero romano.
Anche la società Italiana sta radicalmente mutando: accanto ad una politica sempre più leaderistica si accompagna il perdurare della crisi dei corpi intermedi.
Immaginando di rincorrere il futuro, purtroppo, la strada che tanti stanno percorrendo è quella circolare, quella che Nietzsche definirebbe “dell’eterno ritorno”: condanna demagogica della politica e dell’azione sindacale, il mito della semplificazione dei problemi complessi e della democrazia diretta. Una scorciatoia, sostanzialmente, che porta inevitabilmente verso sistemi autoritari e leaderistici.
Nell’Italia del 2017 il vero rivoluzionario è, paradossalmente, il riformista.
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PROTAGONISTI DEL FUTURO
Il XXI secolo (almeno ai suoi inizi) sembra essere il periodo della grande paura verso il futuro: più si diffondono le nuove tecnologie che sostituiscono l’uomo (anche nei suoi lavori più faticosi), più si aprono le frontiere della conoscenza, più si parla di crisi.
DATI (ottobre 2016): 22,7 mln occupati; 4 mln disoccupati. Come risolvere il problema della disoccupazione tecnologica ?
Dobbiamo innanzi tutto comprendere il dato di partenza: NON SIAMO PIÙ DI FRONTE AD UNA SOCIETÀ MANIFATTURIERA rispetto alla quale si è basata la struttura di regolazione giuridica e organizzativa oggi esistente.
Per essere davvero protagonisti del futuro dobbiamo avere la capacità di comprendere i cambiamenti già avvenuti nel tessuto produttivo italiano ed il coraggio di evitare tentazioni “neoluddiste” di rifiuto della tecnologia.
L’innovazione tecnologica è un termine che, oramai, non appartiene ad un futuro più o meno probabile ma alla dura realtà del presente.
Il sindacato in generale e la FIT in particolare è di fronte ad un bivio: accettare il cambiamento e combattere affinché le linee del futuro mettano al centro l’uomo ed il lavoratore nella rivoluzione tecnologia, oppure opporre una resistenza di facciata ed essere travolti dal fiume in piena del progresso.
OPERAI33,3%
INTELLETTUALI CON MANSIONI ESECUTIVE
33,3%
CREATIVI33,3%
OCCUPAZIONE DEI LAVORATORI IN ITALIA
OPERAI
INTELLETTUALI CON MANSIONIESECUTIVE
CREATIVI
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LE STRATEGIE POLITICHE DELLA NOSTRA AZIONE
AL CENTRO IL LAVORO
Il tema della formazione (continua e non) diviene centrale non solo per il sindacato ma anche per le aziende. Bisogna far ripartire il circolo virtuoso maggior produttività – maggior salario – stimolo della domanda interna. Solo così potrà fattivamente avverarsi una effettiva valorizzazione del lavoro. In questo contesto bisogna sottolineare la necessità di una esigibilità universale dei minimi salariali in alternativa all’ipotesi del salario minimo legale.
LA BILATERALITÀ
La bilateralità acquista oggi sempre maggior importanza: alle storiche funzioni di carattere mutualistico, assistenziale e previdenziale si accompagnano compiti di regolamentazione del mercato del lavoro in materia di ammortizzatori sociali, di formazione professionale.
La bilateralità rappresenta insomma la nuova frontiera dell’azione sindacale anche attraverso una specializzazione rispetto alle tematiche emerse dalle novità introdotte dalla legge di stabilità del 2016. Nello specifico ci si dovrà specializzare sull’analisi dei bisogni dei lavoratori in relazione alle prestazioni di welfare, l’elaborazione dei piani di welfare per le aziende, la fornitura di prestazioni di welfare.
IL WELFARE CONTRATTUALE
I conti pubblici saranno sempre più in restrizione: questa è una condizione che impatterà negativamente sullo stato sociale.
Il Welfare contrattuale è una sfida per il nostro modello di relazioni industriali sia per la sua capacità di rispondere alle esigenze dei lavoratori e di contribuire alla produttività aziendale sia per aprire una nuova stagione di collaborazione tra le parti sociali.
La Legge di Stabilità del 2016 ha inserito modifiche in materia volte ad imprimere un cambio di passo a questa normativa rendendola fortemente incentivante per aziende e lavoratori.
In tema di detassazione la Legge di Stabilità 2016 presenta caratteristiche di assoluta novità rispetto alle precedenti esperienze riconoscendo un quid di incentivazione fiscale in più (da 2000 a 2500 euro di premio detassabile al 10%) agli accordi che prevedono un coinvolgimento strutturato dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro.
Analogamente la possibilità di “welfarizzare” in tutto o in parte il godimento del premio di risultato,con l’esenzione fiscale completa del costo delle relative prestazioni,apre nuovi spazi ad una contrattazione orientata alla partecipazione,alla produttività e al benessere organizzativo dei lavoratori in azienda.
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In un’ottica sistemica,il welfare può anche contribuire all’alleggerimento della pressione sul bilancio pubblico,al rafforzamento dei legami tra imprese e territori e alla promozione di una nuova economia mista dei servizi.
L’ACCORDO SULLE PENSIONI
L’accordo del 28 settembre tra governo e sindacati confederali deve diventare il punto di partenza per una discussione molto puntuale sull’argomento. Al motto di «cambiare le pensioni – dare lavoro ai giovani» si sono poste le basi per dare delle risposte concrete. Gli argomenti di discussione vanno dalla flessibilità per il pensionamento, requisiti pensionistici, sviluppo della previdenza complementare, modalità di pensionamento diversificate in base al tipo di lavoro, il delicato tema dei «lavori gravosi», tanto caro alla FIT.
LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Tanto è stato fatto in tema di previdenza complementare, partendo da uno schema di riferimento che presuppone la complessiva modifica dei CCNL nazionali in questo senso.
Come FIT Lombardia riteniamo comunque imprescindibile proseguire lungo questo percorso, anche mettendo in previsione l’obbligatorietà d’iscrizione ai fondi di categoria per i nuovi assunti.
Da ultimo dobbiamo sottolineare l’importanza sia dell’introduzione del meccanismo d’utilizzazione degli accantonamenti individuali a supporto degli ammortizzatori sociali (RITA) che il meccanismo di riduzione delle aliquote fiscali sulle prestazioni di welfare: il combinato disposto di questi due elementi potrebbe segnare una piccola rivoluzione in materia
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CONCLUSIONI
Il quadriennio 2013 – 2017, che fa da sfondo all’undicesimo congresso regionale della FIT, è stato foriero di parecchi cambiamenti.
Gli spaccati delle aree contrattuali, di cui la relazione è composta, raccontano di come questo periodo sia stato estremamente complesso e di come la nostra azione si sia dovuta svolgere in un contesto sociale al limite dell’implosione.
Dalle pallottole fatte recapitare via posta, al quotidiano clima d’intimidazione che tantissimi, fra i nostri operatori, purtroppo conoscono sin troppo bene, il racconto di questo quadriennio potrebbe narrare di come certi tabù ( anche dialettici ) sono stati purtroppo superati.
Ma è al futuro ed alla persona, come illustra il simbolo del nostro congresso, che noi vogliamo guardare: un futuro cui noi abbiamo il dovere di credere con ottimismo.
Potremo fare questo, però, solo se, accanto alla comprensione del cambiamento in atto in tutte le “posizioni dello scacchiere” ( dal quadro politico internazionale, al ruolo dell’Italia nell’Unione Europea, al peso che oggi il sindacato può avere nella politica nazionale) noi si possa continuare ad essere agenti del rinnovamento civile e morale.
Ma per poterlo essere dobbiamo, per dirla con Einaudi, “conoscere per deliberare”: oggi più che mai il nostro agire sindacale deve ancor di più recuperare il valore della difesa della persona coniugandola con una preparazione adatta a sfruttare i nuovi scenari legislativi che, anche noi, abbiamo contribuito a plasmare.
La contrattazione di secondo livello ( da sempre bandiera della nostra organizzazione ) trova oggi infatti un sostegno molto forte della fiscalità particolare sui premi legati ad incrementi di produttività, qualità, ecc e vanno a declinarsi naturalmente nella rivisitazione di un sistema di welfare che diventa sempre più necessariamente complementare a quello dello stato.
In questa condizione, lungo questo percorso, la FIT può e deve rivendicare con orgoglio una vittoria storica: la centralità delle proprie battaglie, per anni combattute in splendida solitudine, sono oramai un valore acquisito da tutto il sistema produttivo.
Sta a noi, anche qui in Lombardia, anzi soprattutto in Lombardia, fare sì che queste tematiche trovino sempre più spazio all’interno del tessuto produttivo locale.
Non possiamo sapere se i prossimi quattro anni vedranno finalmente concretizzarsi i frutti dei sacrifici dei lavoratori che tanto si sono spesi nel buio periodo della crisi, né abbiamo la possibilità di conoscere quale forma prenderà l’Europa a valle delle dure prove che l’attenderanno.
Nell’impossibilità di conoscere il futuro dobbiamo quindi tuffarci nel presente, continuando, pazientemente e con tenacia, a ricoprire quel ruolo di vicinanza ai problemi della gente che è, in ultima analisi, ciò che permette a tutti noi di guardare con fierezza negli occhi i nostri associati.
Lasciamo le paure e la timidezza ad altri, affinchè di noi non si possa dire ciò che Seneca scrisse quasi duemila anni or sono: <<Perdono il giorno in attesa della notte, la notte per timore del giorno>>.
AREA CONTRATTUALE TPL
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LA MOBILITA’ OGGI
La Mobilità intesa come la domanda di spostamento dei cittadini nel nostro Paese, nella nostra regione, nelle nostre Città rappresenta oggi un insieme di servizi offerti agli utenti/cittadini che non si limita al trasporto pubblico locale ma si concretizza in un insieme di attività che interessa l’area dei parcheggi, delle soste, il car sharing, il bike sharing.
IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
L’evoluzione del quadro normativo non risponde alle reali necessità di riorganizzazione, partendo dalle risorse necessarie al corretto funzionamento, che troppo spesso vedono poi rincorrere le responsabilità tra Stato centrale, Regioni e rispettivi Enti Locali.
La legge Regionale (L.6/2013), la definizione dei piani di bacino, la costituzione delle rispettive Agenzie in un quadro incompleto per le riforme dei servizi di pubblica utilità, ( legge Madia oggi in vigore anche se incompleta nei suoi decreti attuativi ), introduce ulteriori criticità per programmare e progettare il futuro e le regole per il suo funzionamento.
Oggi siamo in presenza di un quadro che vede sei Agenzie definitivamente costituite nel corso del 2016 ( Bergamo – Brescia – Cremona / Mantova ‐ Como /Lecco / Varese – Milano / Lodi / Monza / Brianza / Pavia ‐ Sondrio ) ed un Fondo Nazionale dei Trasporti che per il 2017 riconoscerà 155 ml. di euro in meno.
(a fronte di 5.015 mil. Euro riconosciuti utili un funzionamento del trasporto pubblico locale il riconoscimento previsto di 4.860 mil. Euro; presenta una differenza negativa di 155 mil. Euro)
Dobbiamo inoltre considerare che la legge Madia ha introdotto, per i prossimi cinque anni, un diverso sistema di ripartizione delle risorse economiche storicamente corrisposte. L’introduzione dei costi standard, dei maggior ricavi sui titoli di viaggio sono due leve che sposteranno a regime venti punti percentuali rispetto allo storico finanziato anche se ad oggi non sono stati definiti i criteri per i costi standard.
Affrontiamo una situazione di emergenza sia per le risorse economiche a disposizione che per il quadro normativo che non affronta e non risolve i problemi lasciando a nuovi soggetti impresa introdurre opportunità di mobilità, a loro dire favore del cittadino per la domanda di mobilità, ma a discapito degli operatori e lavoratori che già operano nel settore. (vedi taxi, flixbus) . Esempi di operatività e contrattazione in queste Società ne raccogliamo per testimonianza diretta dei lavoratori.
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IL RUOLO DELLA RAPPRESENTANZA
La Partecipazione per governare i cambiamenti è parte integrante del nostro modello di confronto e nel merito non possiamo non tenere presente che l’ultimo contratto nazionale della mobilità (trasporto pubblico locale del novembre 2015), oltre ad essere stato sottoscritto a distanza di sette anni di scadenza, è stato il primo contratto autofinanziato e senza il lodo Ministeriale che ci aveva accompagnato per oltre un decennio.
La contrazione economica che attraversa la rete di produzione nel nostro paese ha inevitabilmente interessato anche i servizi alla mobilità e non possiamo non tenere presente che da oltre cinque l’area contrattuale non vive politiche di espansione.
Tutti i Gruppi e Società presenti nel nostro Paese hanno avviato processi di riorganizzazione in vista delle prossime gare e gli esempi di quanto avvenuto in altre Regioni e anche nelle nostre Città ( vedi Pavia ) evidenziano una pioggia di ricorsi da parte del perdente.
Il quadro normativo dimostra e conferma qualche pecca se ogni gara vede trascorrere diversi mesi e/o anni prima della pronuncia finale del vincitore!
In questa delicata fase dobbiamo giocarci il nostro ruolo, la nostra capacità di fare contrattazione, dobbiamo riprenderci lo spazio di parti Sociali quali siamo, sia per gli evidenti i limiti dimostrati nelle diverse leggi sulle tipologie contrattuali che per la nostra capacità di assumerci la responsabilità nel dare risposte ai diversi sistemi di produzione nelle realtà locali.
I programmi di servizio definiti dalle Agenzie di Bacino, sotto indicazione dei rispetti Enti limitati ad identificare il costo unico del servizio di trasporto pubblico locale rappresentano un grosso limite.
L’intero progetto di Mobilità del territorio garantisce una armonizzazione sui diversi servizi offerti e permette una maggiore integrazione sull’intera mobilità.
Quale modello di servizio come offerta al cittadino? Gare per interi bacini o piccoli lotti al minor costo con il limite che la ricorsa sarà sui lotti più ricchi!
La cronaca di questi ultimi mesi ha acceso i riflettori sulla Società Milanese ATM evidenziandone esclusivamente il danno per lo sciopero in presenza di una importante fiera e definendo le organizzazioni sindacali irresponsabili. Hanno dimenticato di rilevare che per la prima volta lo sciopero non era di carattere rivendicativo economico ma di salvaguardia del sistema servizio offerto, per salvaguardare i servizi di mobilità offerti in unica filiera e non farne uno “spezzatino” in tanti piccoli lotti. Le scelte politiche dell’ultimo ventennio, l’organizzazione del lavoro grazie a tutti gli accordi fatti con il coinvolgimento dei lavoratori hanno portato la Società ai risultati oggi visibili a tutti con un modello di mobilità che considera tutta la filiera dei servizi. L’Obiettivo raggiunto con l’intesa sottoscritta con il Comune prevede, tra i punti più importanti, il lotto unico e la clausola Sociale occupazionale e retributiva.
Come Cisl siamo consapevoli che le gare potranno anche cambiare i soggetti aggiudicatari ma politicamente in presenza di bilanci economici positivi l’obiettivo principale deve essere la salvaguardia del suo funzionamento anche a favore dei lavoratori e non logiche che privilegiano solo il business finanziario.
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NUOVI E DIVERSI MODELLI CONTRATTUALI
Il nostro territorio vede la presenza di Imprese che si costituiscono con modelli contrattuali diversi.
Anche in questo caso abbiamo la consapevolezza che le diverse impostazioni Societarie non ci appartengono, rivendichiamo però il confronto nel merito e la partecipazione nei processi organizzativi del lavoro.
Il modello rappresentato da Bus Italia che partendo da una Società sull’orlo del fallimento sta espandendo la sua presenza attraverso un contratto nazionale di secondo livello e presentando un piano di acquisizione del 25% del trasporto pubblico locale per i prossimi anni.
Il modello del Gruppo Tedesco Deutsche Bahn “Arriva Italia” che ha presentato un piano di investimenti economici e prevede unicamente un confronto per unità produttiva e rifiuta un livello Regionale e/o Nazionale.
La FIT rivendica un modello di confronto che solo le RSU a livello locale possono governare rispetto all’organizzazione del lavoro anche se in presenza di due diverse impostazioni Societarie.
Siamo interessati alla scadenza del contratto nazionale, dicembre 2017, data unica per i due contratti nazionali ferro/gomma, una scadenza importante perché rappresenta una opportunità solo se capace di gestire l’intera mobilità, un importante obiettivo raggiungibile solo lavorando insieme per armonizzare i punti in comune.
L’IMPORTANZA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Infine la Previdenza complementare che per il primo anno vede incrementare il numero di associati tra i giovani. Dopo la riforma del 2005 il numero di associati ha attraversato una fase di stagnazione sul numero degli associati che ad oggi vede oltre la metà della platea con più di 45 anni.
Diversamente da chi quotidianamente inventa demagogie per noi la scelta di identificare in fase di rinnovo di contratto nazionale salario a favore dei lavoratori per la previdenza complementare rappresenta una opportunità per riaccendere l’attenzione su questo importante tema.
Anche attraverso il welfare aziendale oggi abbiamo l’opportunità di crescere la conoscenza e le opportunità che le normative fiscali permettono.
Ogni anno che perderemo rappresenterà per i nostri giovani, anche quelli presenti nel mondo del lavoro da oltre dieci anni, un conto sociale, per il futuro, ingente se non ci attiviamo per portare alla loro conoscenza le evoluzioni legislative che sono intercorse in questi anni e che definiranno i loro modello di vita futura.
Tocca a noi, tocca alla Cisl lavorare affinché la scelta consapevole rappresenti anche una vita più serena del domani.
AREA CONTRATTUALE ATTIVITÀ FERROVIARIA
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TRENITALIA
La recente firma posta sul tanto agognato rinnovo del contratto delle attività ferroviarie e contestualmente il rinnovo del contratto aziendale del gruppo FS, dopo una lunga ed estenuante trattativa, ha di fatto portato ad una ipotesi di accordo il 16 dicembre scorso, dando così l’inizio al percorso referendario necessario per l’approvazione dello stesso.
Il referendum, tenutosi tra i lavoratori, ha registrato una grande partecipazione e affluenza alle urne: con la vittoria del “si”, i lavoratori di Trenitalia, Trenord, degli appalti e di tutte le aziende interessate si sono espressi per l’accettazione del contratto cosi come era stato sottoscritto in ipotesi di accordo.
Le segreterie nazionali, con in prima linea la Fit Cisl, hanno ottenuto la modifica dell'articolo 16 che norma, tra le altre cose, la tutela del personale in caso di cambio appalto; nel dettaglio in caso di cambio appalto o subentro di azienda viene restituito l’insieme delle tutele ( reintegratorie e risarcitorie) in caso di licenziamenti illegittimi, sia individuali che collettivi, a tutti quei lavoratori già impiegati nel settore prima della data d’applicazione del jobs act.
Questa lunga trattativa ha nei fatti, grazie alla Cisl prima di tutto, tutelato i lavoratori da forme di precariato che potrebbero derivare da cambi appalti, ecc., di fatto un importante obiettivo fortemente voluto e ottenuto.
Trenitalia dal 1 gennaio 2017 ha dato il via alla scissione del segmento cargo ed alla conseguente nascita di Mercitalia per il rilancio del trasporto merci su ferro.
Per quanto riguarda il contratto aziendale del gruppo FS, invece, sono stati incrementati, in maniera significativa, i livelli retributivi fissi e variabili, sono state introdotte nuove forme di welfare e migliorate quelle già esistenti (previdenza complementare, assistenza sanitaria integrativa,ecc)
Permangono forti dubbi in merito alle recenti notizie su probabili spacchettamenti annunciati dall’holding diFS; i lavoratori e le organizzazioni sindacali non comprendono e non condividono la scelta di dividere un azienda in grado di generare utili consistenti.
Nello specifico questo è il nono anno consecutivo di bilancio in utile, reso possibile dall’impegno di tutti i lavoratori e alla sostenibilità degli accordi sindacali sottoscritti.
Ciò premesso appare quindi incomprensibile questa volontà di “spacchettamento” dell’azienda, presentato durante l’annuncio dell’ultimo piano industriale: le ricadute occupazionali sono state oggetto di riflessione ? Perché ricorrere alle esternalizzazioni delle attività manutentive ? Perché continuare lungo la strada del ridimensionamento degli equipaggi treno ?
Su questi temi aspettiamo risposte tenendo alto il livello dell’attenzione, sperando che prevalga il buon senso e non essere perciò obbligati alla mobilitazione di tutti i lavoratori di Trenitalia.
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RFI
RFI, il gestore delle infrastrutture, è la società del gruppo FSI responsabile della gestione complessiva della rete ferroviaria nazionale.
È stata costituita nel luglio 2011 per rispondere alle direttive comunitarie seguite dal governo italiano sulla separazione fra il gestore della rete e il produttore dei servizi di trasporto. La divisione garantisce tutte le attività di pianificazione, programmazione, coordinamento operativo e controllo finalizzato ad assicurare la produzione di tutti i servizi necessari alla circolazione dei treni ed all’esercizio ferroviario.
Ad oggi le responsabilità di RFI riguardano principalmente:
La gestione in sicurezza della circolazione ferroviaria tramite il presidio di controllo e comando della marcia dei treni. Il mantenimento in piena efficienza della infrastruttura ferroviaria nazionale, tramite le attività di manutenzione straordinaria ed ordinaria, insieme alle attività di safety, security e navigazione ferroviaria verso Sicilia e Sardegna e dal contratto di programma sottoscritto da RFI nella sua qualità di gestore della infrastruttura ferroviaria nazionale e lo stato.
Nel primo luglio del 2015 abbiamo fatto un accordo sulla nuova riorganizzazione delle infrastrutture che ancora oggi non è andato a regime e che è costato tantissimi soldi.
Ancora oggi stiamo lavorando sulla nuova riorganizzazione di RFI circolazione,struttura anch’essa molto complessa.
Oggi siamo a chiedere all’azienda di fare uno sforzo sulla trasparenza sulla gestione del personale e sul ricambio generazionale, dando continuità al recente accordo nazionale sottoscritto in materia.
RELAZIONE APPALTI FERROVIARI
Ogni anno la “Capogruppo” e le società operative bandiscono numerose gare per la realizzazione di opere lavori o la fornitura di materiali, componenti e servizi. Le informazioni per partecipare alle gare sono diffuse attraverso i principali quotidiani e le sezioni del sito delle Società, dove sono reperibili anche i criteri di qualificazione e di certificazione richiesti.
Ferrovie dello Stato Italiane SpA, Mercitalia Rail, Mercitalia Logistics, Centostazioni, Ferservizi, GrandiStazioni Rai,l Grandi Stazioni Retail, Italferr, RFI, Trenitalia, Trenord.
Il contesto degli Appalti é molto complesso, un mondo in costante evoluzione che, come molti altri settori, sta pagando a caro prezzo la crisi del sistema lavorativo/economico del nostro Paese. Il contratto di solidarietà, che avrebbe dovuto essere uno strumento da utilizzare in condizioni particolare o per periodi ben definiti, ultimamente viene usato sistematicamente per ammortizzare il numero
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eccessivo del personale impiegato nelle lavorazioni, a causa della continua riduzione dei servizi richiesti dai committenti, o peggio ancora, strumento delle società per trarre profitto economico. Ormai nella stragrande maggioranza dei cambi appalto, le società si aggiudicano lotti interi, richiedendo poi percentuali di solidarietà che vanno oltre il 50%, e i lavoratori si ritrovano con una riduzione delle ore lavorate mensili con conseguente dimezzamento della busta paga. E come se non bastasse, in molte occasioni, abbiamo a che fare anche con società che presentano procedure di licenziamenti collettivi o che fanno richiesta in tribunale del concordato preventivo fallimentare. Troppo spesso ci ritroviamo ad intervenire con aziende che non rispettano il CCNL della Mobilità Ferroviaria, in quanto sostengono troppo oneroso per il settore, per questo vorrebbero applicare altri CCNL. Come Fit Cisl, abbiamo più volte denunciato pubblicamente che le committenze quando aggiudicano gli appalti dovrebbero vigilare meglio su come le aziende aggirano i bandi, effettuando offerte al massimo ribasso con le inevitabili conseguenze che si riflettono sui lavoratori e sulla qualità dei servizi resi. Con l’ultimo rinnovo del CCNL Mobilità AF del 16 dicembre 2016, se pur una minoranza, ci siamo ritrovati con alcune società che si sono rifiutate di riconoscere la corretta applicazione dello stesso, negando alle lavoratrici e ai lavoratori gli aumenti tabellari dei minimi contrattuali e relativo pagamento di una tantum. Infatti tre Associazioni Datoriali, Anip‐Unifer, Legacoop e Confcooperative sostengono in modo strumentale che, non avendo sottoscritto il rinnovato CCNL, le società da loro rappresentate non avevano l’obbligo di doverlo applicare. Ma grazie all’azione tempestiva intrapresa unitariamente da parte delle Segreterie Nazionali, di concerto con le Segreterie Regionali, nei confronti di queste Associazioni, anche con azioni di sciopero, con il passare delle settimana, molte di quelle aziende hanno riconosciuto e correttamente applicato il CCNL in questione. Per ultimo, anche se non l’ultimo dei problemi, in merito alla logistica ci sono grosse criticità inerenti la sicurezza, la mancanza di idonee strutture tipo spogliatoi, sale di sosta e spesso i mezzi di protezione che i lavoratori usano non sempre sono idonei a garantire la loro salute, per cui occorrono maggiori politiche di welfare e di tutele sanitarie (medicina preventiva). Infine per la salvaguardia del lavoro bisognerebbe mettere in campo forme di partecipazione dei lavoratori alle scelte delle politiche aziendali attraverso un maggior coinvolgimento dei delegati anche negli organi di controllo e nei cda (modello tedesco). Se la Fit Cisl, a livello Nazionale e Regionale come Lombardia, in termini di rappresentanza è il primo sindacato, non è certo per caso. La nostra Organizzazione come ha avuto un ruolo determinate in fase di rinnovo contrattuale per quanto riguarda le peculiarità da inserire a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori del settore degli appalti, a partire dall’inserimento della clausola sociale nell’art. 16, il quale garantisce tutti i diritti acquisiti al personale in caso di passaggio nei cambio appalto. La responsabilità di tale rappresentanza ci obbliga, come Fit Cisl, a riflettere su questo mondo così complesso e articolato, proseguendo concretamente ad esaminare i possibili futuri scenari per mettere in campo tutte le iniziative necessarie per tutelare al meglio tutti quei lavoratori che, quotidianamente ci danno la loro fiducia chiedendoci di rappresentarli.
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TRENORD
Trenord è una realtà unica nel panorama italiano. L'azienda partecipata pariteticamente da Regione Lombardia e Trenitalia, e nata dall'unione di due forti aziende di trasporto pubblico, rappresenta il matrimonio di due anime in parte simili e in parte diverse.
La piena applicazione del contratto aziendale è rimasta una chimera, ed oramai è tempo di rinnovo contrattuale. Nella speranza che questa volta l'applicazione sia concreta.
Dal giugno 2012 sono rimasti insoluti molti problemi inerenti alle macroaree di (dis)applicazione contrattuale, e se ne sono inesorabilmente aggiunti di nuovi.
Per quanto riguarda il valore della produzione, abbiamo assistito ad un costante crescendo dell'offerta alla clientela, con un incremento sostanziale del numero di treni e una previsione di ulteriore crescita, mentre i turni del personale mobile hanno subito un innegabile aumento di impegno da profondere. Eventi eccezionali, come EXPO2015 e la visita papale nel marzo 2017, dove i lavoratori di Trenord hanno dato prova di riuscire a garantire standard elevati, non devono essere strumentalizzati al fine di esigere lo stesso impegno in condizioni ordinarie. Certamente la programmazione dei turni è tesa all'incremento dell'efficienza, saturando il nastro lavorativo secondo i limiti contrattuali. Ma tale saturazione non tiene conto delle normali esigenze del personale e soprattutto efficienza e impegno non sono omogenei e non sono ben distribuiti. E, anche a causa delle oggettive e ineliminabili differenze di gestione dei turni al personale, la tanto ricercata “one company” di fatto non esiste.
Tali differenze risiedono principalmente nella diversa tipologia di lavoro del personale mobile tra impianti ed ex‐rami operativi, per via di problematiche strutturali dovute alla costruzione dei turni di impianto, ma anche alle differenze di abilitazione del personale. Auspichiamo che in tal senso si lavori per omogeneizzare i carichi lavorativi, e con l'introduzione di Argo, se messo a punto con i giusti criteri, si verrebbe a risolvere almeno in parte tale criticità. Ma per una completa omogeneizzazione dei turni bisognerà intervenire sulla morfologia degli impianti e sulle abilitazioni al personale, e questo va pianificato con largo anticipo onde prevenire di trovarsi sempre in sofferenza.
Sulla qualità della vita lavorativa del personale Mobile, l'efficienza nella produttività attuale si potrebbe ottenere anche con un nastro lavorativo inferiore alle attuali 38 ore settimanali medie. Aumentando la produttività in modo omogeneo e diminuendo l’impegno lavorativo medio, sempre sfruttando la turnazione a Z (5 + 2) e seguendo il cadenzamento del servizio, si avrebbe più margine in fase gestionale e un sicuro recupero di flessibilità, utile per inserire agevolmente giornate di aggiornamento regolamentare che è un importante caposaldo per effettuare un servizio di trasporto sicuro ed efficiente.
Inerentemente alla sicurezza del personale in servizio, siamo conosci che questo è e rimane un problema sociale e non di esclusiva competenza di Trenord, ma ai proclami politici letti sul giornale vorremmo seguissero anche i fatti concreti. Questa vuole anche essere un’esortazione a Trenord affinché si impegni presso gli enti competenti per trovare i fondi e le soluzioni necessarie a fronteggiare l’emergenza della sicurezza a bordo treno.
Sul versante manutentivo l'obiettivo rimane quello dell'internalizzazione del lavoro.
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Con le attività manutentive in‐house si avrebbe certamente più controllo dei processi lavorativi e minori costi. A tal guisa lo sviluppo delle aree manutentive di Novate e (la recente) Camnago, in cui si svolgono manutenzioni importanti, con un’organizzazione del lavoro tesa all'aumento dell'efficienza e della velocità di intervento. Un'attenta pianificazione della manutenzione dei rotabili infatti minimizza il fermo macchina, consentendo una più alta disponibilità dei veicoli circolanti.
Rientrano negli interventi manutentivi anche la pulizia dei treni dai graffiti e ovviamente la riparazione degli atti vandalici. E se per gli interventi programmati è più semplice stimare le tempistiche di riparazione, per gli atti vandalici non è possibile stabilire a priori gli interventi necessari e il fermo del rotabile.
Per quanto riguarda il sito manutentivo di Fiorenza, permangono inefficienze organizzative che inficiano sulle tempistiche di manutenzione. Una riorganizzazione del metodo lavorativo nell'impianto porterebbe ad un’efficienza migliorata dei processi manutentivi a tutto vantaggio del servizio e dei lavoratori ivi impegnati, sviluppando anche le manutenzioni preventive e predittive con una gestione del lavoro in linea con l'aumento di produttività aziendale, e soprattutto con un incremento della qualità della vita lavorativa.
Rimane comunque valido, per evitare impasse lavorativi, un ripianamento dell’organico sia del Personale Mobile che del personale di Manutenzione, entrambi in forte carenza. Come è necessario avere una più alta disponibilità di materiali rotabili, anche in vista di un ulteriore aumento programmatico del numero di treni da garantire al servizio pubblico.
Sicuramente, considerando che oramai il rinnovo contrattuale aziendale è alle porte, ci sarà dell’importante lavoro sindacale da svolgere per siglare un contratto aziendale integrativo moderno e redditizio per tutti. L’efficienza e la produttività devono essere garantite a Trenord per crescere ulteriormente e consolidarsi al meglio, ma rimane imprescindibile la salvaguardia economica e qualitativa dei lavoratori, che sono e saranno sempre la vera anima di Trenord.
MERCITALIA
Un settore che ha particolarmente risentito della crisi economica degli ultimi anni è il settore del trasporto merci, infatti nel gruppo FSI ha subito diverse riorganizzazioni con forti ridimensionamenti del trasportato e degli organici. Grazie alla mediazione sindacale non si sono prodotte tensioni sociali con la ricollocazione del personale eccedente in altre società del gruppo.
L’ultima riorganizzazione si è conclusa con la nascita di una nuova società Mercitalia rail srl collocata all’interno del gruppo FSI con ingenti investimenti di uomini e mezzi che mirano al rilancio del trasporto merci.
Anche la nostra organizzazione ha creduto in questa inversione di tendenza concordando all’interno del CCNL appena rinnovato una serie di flessibilità sulla normativa di lavoro che abbatteranno i costi di produzione e la renderanno più competitiva.
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Anche in questo contesto di diminuzione degli organici il numero degli iscritti è cresciuto con la conferma dell’apprezzamento di quanto sino ad oggi abbiamo fatto ( nelle ultime elezioni degli RSU e RLS le nostre liste hanno avuto un numero di voti superiore agli iscritti) consapevoli che resta molto ancora da fare.
Altro settore che ci ha visti protagonisti è il settore della manovra, attività svolta dalla società Serfer anch’essa del gruppo FSI, raggiungendo in breve tempo, sul territorio regionale, un numero di iscritti che ci porta ad essere il primo sindacato in questa realtà.
Il nostro impegno a livello regionale è iniziato nel 2014.
La società era gestita direttamente dal responsabile delle risorse umane senza nessuna mediazione sindacale, con la conseguenza di una non omogenea posizione parametrale e stipendiale degli addetti a parità di ruolo svolto.
Questa tendenza è modificata dagli ultimi accordi sottoscritto che hanno disegnato una nuova organizzazione del lavoro condivisa.
Tanto rimane da fare tenendo sempre presente il giusto equilibrio tra compatibilità economica, corretta applicazione delle norme del CCNL e interessi dei nostri iscritti.
Nei prossimi mesi saremo impegnati con l’azienda per risolvere tutte le questioni ancora aperte per una corretta applicazione delle norme del CCNL.
DIPARTIMENTO LOGISTICAIGIENE AMBIENTALE
DIPARTIMENTO CONTRATTUALE VIABILITÀ
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LOGISTICA
ANALISI STRUTTURALE DEL SETTORE LOGISTICO
IL MERCATO DEL TRASPORTO MERCI IN ITALIA
La Nota Congiunturale sul Trasporto Merci pubblicata dal Centro Studi CONFETRA del marzo 2017 mette in rilievo i seguenti dati, con riferimento al periodo di osservazione Gennaio ‐ Dicembre 2016: Prosegue lenta ma costante la ripresa nel settore del trasporto merci. Per il terzo anno consecutivo l’andamento del traffico sale per tutte le modalità, anche se solo l’aereo si posiziona a livelli decisamente superiori rispetto a quelli pre‐crisi del 2007. La crescita del trasporto aereo ‐ che segna +7,4 punti percentuali ‐ risulta accelerata nel secondo semestre dell’anno dimostrando che il peak season si colloca generalmente a fine anno. Il dato è confermato dal numero delle spedizioni aeree che segnano un +4,5 per cento rispetto al +2,3 per cento del primo semestre. Andamento inverso per il comparto stradale che pur chiudendo l’anno con una apprezzabile crescita (+4,4 per cento nell’internazionale a carico completo, +4 per cento nel groupage e +2,6 per cento nel nazionale) ha segnato un rallentamento rispetto al primo semestre dell’anno. Il trasporto via mare non prosegue la crescita con gli stessi ritmi che aveva registrato nei primi sei mesi del 2016, tranne per il transhipment che grazie ai buoni risultati di Gioia Tauro fa segnare un risultato complessivo del +9 per cento. Per le rinfuse liquide la chiusura in lieve calo rispetto al 2015 (‐0,4 per cento) sembra più rispecchiare un dato relativo al turnover delle scorte dei prodotti petroliferi, piuttosto che una vera inversione del trend. Degna di rilievo la crescita del trasporto ferroviario che accelera rispetto al primo semestre, passando dal +3,8 al +4,1 per cento, segno di una ripresa di vitalità del comparto. Buone le performance del comparto corrieristico che chiude l’anno con un +3,5 per cento nelle consegne nazionali e un +6,5 per cento in quelle internazionali in coerenza con la tendenza produttiva alla riduzione delle scorte e al just in time, nonché con la continua espansione dell’e‐commerce. Relativamente al fatturato, l’autotrasporto e il settore corrieristico segnano un recupero in linea con quello del traffico e sembrano finalmente uscire dal tunnel della crisi, mentre le spedizioni internazionali, in particolare quelle aeree e marittime continuano a soffrire soprattutto per la contrazione dei noli. Nonostante i rischi derivanti dall’instaurarsi di politiche protezionistiche che potrebbero frenare la ripresa dell’economia globale, le aspettative di traffico per il 2017 sono ottimistiche con oltre la metà delle aziende intervistate (54,2 per cento) che stima una crescita, il 43 per cento che stima un trend stabile e solo il 2,8 per cento che prevede traffici in calo. Dal lato finanziario migliora il rapporto tra insolvenaze e fatturato (1 per cento rispetto all’1,2 per cento del primo semestre), mentre si allungano leggermente i tempi medi di incasso arrivando a 79,4 giorni rispetto ai 78,5 giorni dei primi sei mesi dell’anno. La BANCA IFIS nel suo Panorama sul Mercato Italiano pubblicato sempre nel marzo 2017: Logistica & Trasporti: € 170 miliardi di fatturato con margini in crescita a doppia cifra.
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Mezzi di trasporto Logistica
10.772 aziende operative 117.013 aziende operative Nord Italia: 56% Nord Italia: 48% Centro Italia: 20% Centro Italia: 20% Sud Italia e Isole: 24% Sud Italia e Isole: 38% Fatturato 2015 Fatturato 2015 98.2 Mld € (+12.7% vs 2014) 83.4 Mld € (+4.6% vs 2014) Margine Operativo Lordo Margine Operativo Lordo 4.4 Mld € (+26.6% vs 2014) 8.4 Mld € (+11.4% vs 2014) Logistica e trasporti hanno nell’eCommerce un importante driver di crescita. Fonte: Cerved, Il Sole 24 Ore, Osservatorio eCommerce B2C // Dati aggiornati: Gennaio 2017 Le imprese che svolgono e organizzano il trasporto merci in Italia sono state analizzate e classificate dal centro studi di CONFETRA, Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica, nell'ambito del consueto studio annuale sugli operatori la cui ultima pubblicazione risale a fine 2016. L'analisi svolta ha abbracciato una larga fascia di operatori tra i quali figurano autotrasportatori, courier, magazzini generali, operatori multimodali, organizzatori di trasporto intermodale, operatori logistici, spedizionieri internazionali e terminalisti. Il risultato dello studio, che analizza i dati rilevati dai bilanci d'esercizio dell'anno 2014 (forniti dall’information provider Cerved in data 30/12/2015), ha fornito una classifica di tali aziende in base al fatturato annuo italiano riportando, inoltre, dati supplementari quali il valore aggiunto, il costo del lavoro, il costo degli ammortamenti, l'utile prima delle imposte, il rapporto fra valore aggiunto e fatturato e, infine, il numero dei dipendenti. Tra le prime venti classificate (lo studio totale comprende 529 aziende), quattordici sono italiane mentre le restanti sei sono a capitale estero (come l’anno precedente). Queste ultime possiedono tutte sede legale a Milano; mentre le Imprese a capitale italiano hanno la propria sede principalmente nel Nord Italia (cinque nella già citata Milano) e solo una ha sede nella Capitale (SDA). Sette fanno parte di un Gruppo d'imprese, così come le Società per Azioni, mentre le Società a Responsabilità Limitata sono sei. Infine, analizzandone l'attività prevalente, sette possono essere classificate come operatori multimodali, cinque come operatori logistici, quattro courier, due spedizionieri a cui si aggiungono due autotrasportatori. In cima alla classifica compare ancora la tedesca DHL che, con quasi 1,6 miliardi di euro di fatturato e i suoi 4.113 dipendenti (+14% rispetto all’anno precedente), stacca nettamente la "nostra" BRT (con poco più di 1,1 miliardi di euro di fatturato e un numero di dipendenti pressoché invariato, pari a 791 persone). In terza posizione segue, a brevissima distanza, Savino Del Bene con un fatturato appena sopra al miliardo di euro e con 3.007 dipendenti (+5%). Completano i primi cinque posti in classifica, a circa 400 milioni di euro di distanza dal podio, la danese DSV (ex Saima Avandero) e UPS (+2 posizioni); concludono la Top 10, ad una distanza di circa 40 milioni, TNT che precede nell’ordine Schenker (+ 2 posizioni), Arcese, Fercam (che è l’ultima ad avere un fatturato maggiore di 500 milioni di euro e guadagna anch’essa due posizioni in classifica) e la svizzera Kuhne + Nagel (+ 2 posizioni).
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ITALIA - trasporto merci su strada
numero aziende per classe di addetti
All’undicesima posizione figura la statunitense CEVA (che perde ben 6 posizioni) e infine, dalla dodicesima alla ventesima, troviamo pressoché solo delle società a capitale italiano: SDA (+ 1 posizione), Bcube (+ 2 posizioni), J.A.S., Gavio (‐ 1 posizione), la francese Geodis (che perde anche lei ben 6 posizioni), S.D.M., Italsempione (+ 1 posizione), Contship (‐ 1 posizione) e Chi.Ma.
DATI DIMENSIONALI DELLE AZIENDE ITALIANE E LOMBARDE I dati nazionali sono in sintonia con quelli del trasporto merci della Lombardia, che pur essendo la regione trainante dell’economia Italiana, come le altre soffre della mancanza di una vera ed adeguata politica dei trasporti.
ITALIA
ADDETTI AZIENDE %
Da 0 a 1 39.483 51,09
Da 2 a 5 25.276 32,71
Da 6 a 15 9.314 12,05
Da 16 a 99 3.029 3,92
100 a 249 139 0,18
250 a 499 23 0,03
500 a 999 10 0,01
Oltre 1000 4 0,01
TOTALE 77.278
ITALIA - trasporto merci su strada
numero aziende per classe di addetti
All’undicesima posizione figura la statunitense CEVA (che perde ben 6 posizioni) e infine, dalla dodicesima alla ventesima, troviamo pressoché solo delle società a capitale italiano: SDA (+ 1 posizione), Bcube (+ 2 posizioni), J.A.S., Gavio (‐ 1 posizione), la francese Geodis (che perde anche lei ben 6 posizioni), S.D.M., Italsempione (+ 1 posizione), Contship (‐ 1 posizione) e Chi.Ma.
DATI DIMENSIONALI DELLE AZIENDE ITALIANE E LOMBARDE I dati nazionali sono in sintonia con quelli del trasporto merci della Lombardia, che pur essendo la regione trainante dell’economia Italiana, come le altre soffre della mancanza di una vera ed adeguata politica dei trasporti.
ITALIA
ADDETTI AZIENDE %
Da 0 a 1 39.483 51,09
Da 2 a 5 25.276 32,71
Da 6 a 15 9.314 12,05
Da 16 a 99 3.029 3,92
100 a 249 139 0,18
250 a 499 23 0,03
500 a 999 10 0,01
Oltre 1000 4 0,01
TOTALE 77.278
ITALIA - trasporto merci su strada
numero aziende per classe di addetti
All’undicesima posizione figura la statunitense CEVA (che perde ben 6 posizioni) e infine, dalla dodicesima alla ventesima, troviamo pressoché solo delle società a capitale italiano: SDA (+ 1 posizione), Bcube (+ 2 posizioni), J.A.S., Gavio (‐ 1 posizione), la francese Geodis (che perde anche lei ben 6 posizioni), S.D.M., Italsempione (+ 1 posizione), Contship (‐ 1 posizione) e Chi.Ma.
DATI DIMENSIONALI DELLE AZIENDE ITALIANE E LOMBARDE I dati nazionali sono in sintonia con quelli del trasporto merci della Lombardia, che pur essendo la regione trainante dell’economia Italiana, come le altre soffre della mancanza di una vera ed adeguata politica dei trasporti.
ITALIA
ADDETTI AZIENDE %
Da 0 a 1 39.483 51,09
Da 2 a 5 25.276 32,71
Da 6 a 15 9.314 12,05
Da 16 a 99 3.029 3,92
100 a 249 139 0,18
250 a 499 23 0,03
500 a 999 10 0,01
Oltre 1000 4 0,01
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bulgariaromania
lituaniaungheria
cechiapolonia
slovacchiaslovenia
portogallogermania (est)
spagnagermania (ovest)
francialussemburgo
italiabelgio
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
2016 - costo annuale di un autista internazionale
dati in cifra assoluta
Voci esenti da contributi contribuzione salario lordo
IL MERCATO DEL TRASPORTO MERCI IN EUROPA
L’ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automibilistica) nel suo DOSSIER Trasporto Merci su strada pubblicato a febbraio del 2017, ha evidenziato i seguenti dati sulle modalità di trasporto merci e la loro incidenza in Europa:
Nel 2014 (ultimo dato pubblicato da EUROSTAT), il volume delle merci movimentate in UE28 da tutte le modalità di trasporto, e misurato in miliardi di tonnellate per chilometro (mld tkm), è stato pari a 3.524 in crescita dell'1,4% rispetto al 2013 e dell'8,6% rispetto al 2000, con un aumento medio annuo dello 0,6%.
Per volumi di merci movimentate su strada in Ue, la Germania pesa per il 17% con 310 mld tkm, seguono Polonia con il 15%, Spagna con il 12%, UK e Francia con il 9%, l’Italia con il 7%.
Complessivamente questi Paesi rappresentano il 69% di tutte le merci movimentate attraverso tutte le modalità di trasporto. Osservando la ripartizione del traffico merci per modalità di trasporto, quello su strada continua ad essere il preferito rispetto alle altre modalità. Nel 1995, il 45% di tutte le merci movimentate (incluso mare e aereo), viaggiava su strada, per salire al 50% nel 2007 e attestarsi attorno al 49% negli anni successivi. Se si escludono mare e aereo, la strada movimentava il 67% delle merci nel 1995 e il 72% nel 2014. La strada rappresenta, quindi, quasi i ¾ del totale trasportato, mentre la ferrovia, dopo il decremento patito nel 2009, ha avuto una leggera ripresa nel 2010 e nel 2011, di nuovo un leggero calo nel 2012‐ 2013 e un recupero dell’1,1% nel 2014. Seguono il trasporto su ferrovia con il 17,1% di quota, la navigazione interna con il 6,3% e gli oleodotti con il 4,7%. Se si escludono anche gli oleodotti, per la specificità delle merci trasportate, la strada ha una quota del 76,3%, la ferrovia del 18% e la navigazione interna del 5,7%.
Secondo i dati provvisori EUROSTAT, nel 2015 il volume di tkm movimentato è stato di 1.764 mld, +2,2%. Si tratta del terzo anno di crescita consecutiva, dopo l’importante decremento del 2012. Il traffico merci su strada del 2015 risulta inferiore solo ai volumi degli anni precrisi (‐6%), quando il volume medio trasportato, tra il 2005 e il 2008, era di 1.867 mld tkm.
TABELLA DI COMPARAZIONE DEI COSTI ANNUALI DI UN AUTISTA DELLA COMUNITA’ EUROPEA
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I grafici di cui sopra mostrano chiaramente le differenze di costo tra i paesi dell’Est con il resto dell’Europa; l’unica condizione di mercato possibile per mantenere quote di trasporto in Europa per i paesi occidentali è l’incremento dell’utilizzo di strumenti come il cabotaggio o il distacco internazionale che, in ogni caso, vanno comunque a favore degli stati dell’est e contribuiscono ad aggravare ulteriormente la situazione di crisi per le imprese dell’Europa occidentale che non riescono (e con questo stato di cose non riusciranno mai) a competere con le imprese dell’Europa orientale sempre più avvantaggiate dai costi di trasporto più bassi e da una defiscalizzazione altissima sul salario dipendente.
Parlare oggi di soluzioni drastiche, come l’abolizione del cabotaggio o la revisione dei distacchi internazionali è di fatto un percorso improponibile anche se è su questi temi che si dovrebbe aprire un confronto serio e costruttivo a livello comunitario. Il conflitto di interessi tra Stati membri e l’interesse di alcuni di questi Stati a mantenere l’egemonia del trasporto in Europa a proprio favore è forte e consolidato;
c’è da riflettere sul fatto che, la sola Polonia, oggi detenga il 25% del parco mezzi pesanti circolanti in tutta Europa. Per poter limitare in parte questo divario tra Europa Occidentale e l’Est Europa, si dovrebbe pensare ad un intervento sui costi del personale autista impiegato nel trasporto internazionale, così come già avviene per la parte delle regole di circolazione con il regolamento codice della strada europeo 561/06 e come già avvenuto nel trasporto marittimo che è riuscito a darsi regole comuni per il personale imbarcato.
bulga
ria
roman
ia
lituan
ia
ungh
eria
cech
ia
polon
ia
slovac
chia
sloven
ia
porto
gallo
germ
ania
(est)
spag
na
germ
ania
(oves
t)
franc
ia
luxem
burg
italia
belgi
o0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
0,11 0,13 0,13 0,14 0,14 0,15 0,17 0,190,24 0,24
0,28
0,360,41 0,43 0,43
0,48
2016 - autista internazionale - costo in euro al chilometro
fonte CNR études Europe
euro
a c
hilo
met
ro
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COME CAMBIERÀ LA LOGISTICA IN FUTURO DELL’ECOMMERCE
L’eCommerce ha raggiunto la soglia di circa 20 miliardi di euro con circa 20 milioni di acquirenti nel 2016, cifra ragguardevole, che si articola in prodotti e servizi.
I prodotti sono cresciuti di più negli ultimi anni e oggi rappresentano circa il 3% degli acquisti degli italiani con alcuni settori, come l’elettronica di consumo, che hanno raggiunto il 17% di penetrazione. Questo risultato si traduce nel fatto che circa 12 milioni di pacchi vengono consegnati ogni mese nelle case degli italiani.
La logistica, in tutte le sue articolazioni, è stata sicuramente un importante artefice del successo, anche in Italia, dell’eCommerce.
La capacità di offrire servizi di consegna e servizi di ritiro efficienti e rapidi, sembra emergere come uno dei principali territori competitivi sul quale si giocheranno le sfide dell’eCommerce nei prossimi anni.
A Cambridge (UK) AMAZON ha effettuato la sua prima consegna con un drone di un televisore. In Italia l’Aeronautica Militare sta testando l’uso dei droni per le consegne di medicinali nelle zone disagiate. Il futuro sembra essere già arrivato nella logistica.
Le ricerche di NETCOMM hanno evidenziato che i servizi logistici ed in particolare quelli di delivery, risultano essere tra i principali fattori capaci di influenzare giudizi e scelte dei compratori on‐line.
La logistica, in tutte le sue articolazioni, è stata sicuramente un importante artefice del successo, anche in Italia, dell’eCommerce. Infatti, sebbene attualmente il servizio di consegna riguardi oltre il 90% di tutte le spedizioni, diversi fattori suggeriscono che in futuro le modalità di ritiro avranno un peso decisamente maggiore rispetto all’attuale.
Un elemento a favore dello sviluppo dei punti di ritiro è la propensione degli acquirenti italiani verso la modalità di pagamento in contanti o comunque alla consegna, in particolare in quella fascia di acquirenti online meno a loro agio con i sistemi di pagamento elettronico. Da questo quadro emerge come sia i merchant, che gli operatori logistici possano far evolvere il proprio sistema d’offerta, ampliandolo e sfruttando le opportunità di multicanalità che si stanno delineando.
Se confrontiamo i dati italiani con l’Inghilterra, dove il 25% dei pacchi viene ritirato direttamente dall’acquirente (contro <10% del dato italiano), è evidente che la strada da fare sia ancora molta.
Solo il 40% dei Merchant in Italia ha fatto il grande salto mettendo a disposizione dei clienti un portafoglio di soluzioni ampio. Eprice (Banzai) è stato il primo merchant che in Italia ha costruito una rete di pick up point (oggi 117) che permettono anche di pagare al ritiro ed è stato il primo merchant a lanciare insieme a INPOST una rete di Lockers ( distributori automatici) per il ritiro su strada dei prodotti acquistati, sviluppando nel contempo il ritiro a casa, come vuole la legge, degli elettrodomestici usati.
Anche AMAZON ha fatto la sua parte per dare ai clienti servizi sempre più efficienti: Prime (consegna in un giorno), Prime Now (consegna in un’ora), ritiro dei prodotti presso gli uffici postali.
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Interessante l’esperienza di Fermopoint che ha realizzato e strutturato la rete del negozio “sottocasa” dove il negoziante abilitato da FERMOPOINT è autorizzato a ritirare la merce per conto del cliente del merchant che in un secondo momento passerà a ritirare il pacco.
Possiamo catalogare i nuovi servizi che si stanno affacciando sul mercato in categorie: servizi basati sul tempo (giorno e ora di consegna), sulla localizzazione (casa, ufficio, locker, punto di ritiro, …), servizi premium (consegna al piano, installazione, ritiro usato, …) e servizi informativi prima e dopo la consegna (dal tracking all’assistenza tecnica).
Quali modelli di delivery si svilupperanno maggiormente in Italia nei prossimi anni?
Same day delivery, click & collect, drive tru, locker, Uberized economy e nuovi modelli di business, city biker, GDO e modelli di delivery, Google Express, E‐commerce e smart home/city… sembrano essere parte di un cambiamento epocale che è ancora nella sua iniziale fase di trasformazione.
Uno dei grossi problemi dell’e‐commerce a livello europeo riguarda i costi per le spedizioni oltrefrontiera. Il 20% dei cittadini europei ritengono che prezzi più bassi di consegna porterebbero ad un incremento significativo del commercio elettronico transfrontaliero. Più di un terzo dei merchant considerano che gli alti costi di logistica transfrontaliera più alti dei costi domestici siano un ostacolo allo sviluppo del cross border. Quasi 50% delle aziende considerano la logistica come la vera barriera per sviluppare il loro business all’estero.
A livello europeo sono stati individuati i seguenti punti critici:
Mancanza di omogeneità dei servizi tra i fornitori e di informazioni sulle differenze tra i servizi Mancanza di interfacce standardizzate per lo scambio di dati e carenza di armonizzazione delle
etichettature In alcuni casi mancanza dei servizi di tracking e di tracing Tempi troppo lunghi di consegna in Europa Gestione amministrativa delle VAT e delle Dogane troppo complicata e con regole molto
diversificate Problemi relativi alla reverse logistics in particolare per i piccoli volumi Mancanza di trasparenza sul pricing
Il miglioramento della logistica potrà avere un significativo impatto positivo anche sulla crescita e sulla nuova occupazione. I progressi che avverranno nella logistica porteranno benefici a tutti gli attori coinvolti nelle attività del commercio elettronico, dai consumatori ai merchant e agli stessi operatori logistici.
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TENDENZE DEL MERCATO LOGISTICO ITALIANO
A questa domanda ha cercato di rispondere l’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano, con due indagini che hanno coinvolto rispettivamente 600 manager (Direttori della Supply Chain, della Logistica, delle Operations e degli Acquisti) di importanti aziende committenti, e 150 aziende fornitrici di servizi logistici operanti in Italia.
Sono emerse 31 soluzioni innovative per i trasporti il cui grado d’adozione (30%) suggerisce ampi margini di crescita ed evidenzia una prevalenza delle soluzioni organizzative rispetto a quelle tecnologiche. L’Osservatorio classifica le soluzioni in cinque aree, di cui due organizzative pianificazione dei trasporti e impostazione del processo di trasporto, e tre tecnologiche: collaborazione di filiera, sistemi itS (intelligent transportation Systems), mezzi di trasporto e imballi.
Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia in collaborazione con CONFETRA ha prodotto una ricerca, nel 2016, sull’impatto economico delle tecnologie digitali sulle attività produttive e, indirettamente, logistiche. La consultazione e l’elaborazione delle fonti porta il Laboratorio RISE a individuare 4 macro aree tecnologiche di massima rilevanza per le attività logistico‐produttive: Stampa 3D, Internet of Things/Analytics (ovvero sensori per rendere intelligenti tutti i prodotti, e soluzioni software per analizzare i dati da essi rilevati), Veicoli
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Autonomi, e Realtà Aumentata. Un’analisi basata soprattutto su due variabili – provenienza e origine della tecnologia, e principale area d’impatto – porta poi a concludere che Stampa 3D e IoT/Analytics sono le due tecnologie in grado di impattare nel modo più significativo sui volumi della produzione e quindi della logistica.
In termini assoluti, l’impatto del digitale non sarà trascurabile. Anche nello scenario più cautelativo, la diffusione di stampa 3D e IoT/Analytics porterà a una riduzione della merce movimentata per circa 100 miliardi di euro nel 2025.Anche nel breve periodo gli impatti saranno rilevanti: nel 2017 è possibile stimare una riduzione del valore della produzione movimentata tra i 30 e i 50 miliardi di euro. La diffusione della stampa 3Ddell’IoT porterà non solo riduzioni di volume di merce da movimentare, ma anche componenti positive per gli operatori logistici, da considerare per completare il quadro. La diffusione della stampa 3D per esempio richiederà la produzione (e quindi la distribuzione) di milioni di stampanti, e delle materie prime e componenti per costruirle.
Analogamente per l’IoT occorrerà produrre e movimentare miliardi di sensori, tag, rilevatori, attuatori, necessari per rendere gli oggetti intelligenti. Inoltre tutto sommato si può dire che tra 10 anni le attività logistico‐produttive non saranno radicalmente trasformate dall’avvento di stampa 3D e IoT. Viste le percentuali d’incidenza inferiori al 5% del valore della produzione movimentata, l’impatto del digitale sarà contenuto, anche se non trascurabile. La trasformazione digitale richiede alla logistica adeguamenti immediati. Per esempio gli operatori di questo settore devono ottimizzare la gestione delle consegne “last mile” (ultimo miglio). I clienti richiederanno infatti sempre più spesso prodotti personalizzati (con tempi di consegna sempre più stretti), realizzati necessariamente vicino a essi, ad esempio presso HUB dedicati, centri di produzione collettiva, Fablab (fabbriche/laboratori di assemblaggio).
Una testimonianza diretta arriva da UPS, il colosso americano delle spedizioni, con una riorganizzazione della Supply Chain i cui risultato sono già tangibili e apprezzati. Non si tratta di semplici miglioramenti dell'efficienza, ma di cambiamenti strategici nell'offerta di servizi. Già da qualche tempo, per uno spedizioniere è importante andare oltre la semplice consegna ed essere in grado di gestire semplici operazioni di assemblaggio e manifattura. Situazioni per cui le stampanti 3D si prospettano come soluzione ideale. L'idea è nata osservando il lavoro richiesto per uno dei maggiori clienti di UPS negli Stati Uniti, un'azienda produttrice di bastoni da golf personalizzati. L'alto numero di combinazioni possibili di prodotto finito di questo cliente, che si ottengono mettendo insieme i diversi componenti base (canne, teste, impugnature, ecc.,) rende di fatto impossibile gestire in magazzino ogni variante.
Già ora, UPS si occupa di assemblare i componenti per conto del cliente, secondo le richieste specifiche dei clienti finali di quest'ultimo. Da qui, l'idea di andare oltre sfruttando proprio la stampa 3D. Attrezzato allo scopo il centro di smistamento di Louisville, nel Kentucky, con un centinaio di stampanti di livello industriale, si è rapidamente concretizzata la possibilità di dare letteralmente forma agli ordini trasmessi via Web. Al momento, le potenzialità più interessanti dal punto di vista della Supply Chain complessiva sono state individuate nei pezzi di ricambio meno richiesti. Parti per le quali la produzione di piccole quantità presso il produttore originario può risultare troppo costosa. Spostata invece direttamente presso lo spedizioniere, che è in grado di realizzarla con un macchinario non dedicato, contribuisce a ridurre i costi lungo buona parte della catena distributiva. L'intenzione è infatti di integrare a pieno titolo la stampa 3D nei processi UPS, collocando di fatto la produzione vera e propria nel punto considerato più vantaggioso dal punto di vista dei costi e dell'efficienza anche per pensare di estendere il nuovo modello su scala internazionale. Fino a quando la messa a punto non potrà considerarsi completa, garantendo quindi gli alti standard di prestazioni richiesti dall'azienda, la soluzione resterà in sperimentazione negli USA.
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ALCUNE SOLUZIONI PRATICHE PER MIGLIORARE IL RAPPORTO TRA LOGISTICA E AMBIENTE
INCREMENTO DEL TRASPORTO INTERMODALE
La necessità di salvaguardare l’ambiente, ridurre l’impatto dei mezzi pesanti sulla viabilità e abbattere l’inquinamento atmosferico determinato dalle polveri sottili e ridurre i costi di trasporto ha indotto ANITA l'Associazione dell'Autotrasporto a dichiararsi da sempre favorevole al trasporto combinato strada‐rotaia restando però dell'idea che la conversione modale verso il ferroviario sia economicamente sostenibile soltanto con il sistema non accompagnato, ossia caricando la sovrastruttura o il semirimorchio sui vagoni e non l'intero complesso veicolare e soltanto per percorrenze superiori ai 500 km.
La richiesta dell’Associazione è di potenziare l'infrastruttura ferroviaria con l'obiettivo di permettere la circolazione di treni lunghi fino a 750 metri e con capacità di carico di duemila tonnellate, ma anche il transito nelle gallerie di carri con semirimorchi alti fino a quattro metri.
MODALITA’ DI DISTRIBUZIONE DELLE MERCI NEI CENTRI URBANI
Uno dei maggiori problemi di inquinamento delle città metropolitane è il traffico, soprattutto dei camion che pur essendo solo il 3% dei veicoli circolanti, provocano alti livelli di congestione, determinati dagli ingombri degli stessi, durante le ore di punta della mobilità delle persone nella cerchia urbana.
Rendere sostenibile ed efficiente il trasporto urbano delle merci è possibile agendo su diversi strumenti: organizzazione della distribuzione, l’uso di mezzi a basso impatto ambientale (furgoni ibridi o elettrici, biciclette o motorini ecc.) e la ricerca dell’efficienza su carichi e percorsi.
Sintetizzando: diffondere mezzi sempre meno ingombranti e leggeri per distribuire le merci nella cerchia urbana; puntare sulla motorizzazione ibrida o elettrica che riduce l’emissione delle polveri sottili e l’inquinamento
acustico; realizzazione di Centri di Distribuzione Urbana affidando la distribuzione ad un unico operatore; sistemi di “van sharing” per evitare che più operatori si presentino dallo stesso cliente per i ritiri o le consegne,
agevolando l’accesso alle zone ZTL e alle corsie e vie riservate al trasporto pubblico; spostare verso le ore notturne il ricevimento e la consegna delle merci con i TIR, togliendo dalle strade urbane,
nelle ore diurne, una parte significativa di traffico.
LE “REGOLE” DEL MERCATO DEL LAVORO EUROPEO
Quello che è successo ai 70 dipendenti del Consorzio “PREMIUM NET” che lavora per CEVA LOGISTICS ITALIA nello stabilimento a Stradella (PV) è storia ormai vecchia. Un'agenzia interinale con sede a Bucarest, alla quale ‐ nell'infinita catena del ribasso a ogni costo ‐ si era rivolta un'altra agenzia (lodigiana) alla quale aveva a sua volta fatto ricorso il consorzio di cooperative "PREMIUM NET" per abbattere il costo di lavoratori italiani proponendo e facendo firmare
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un contratto di lavoro romeno per poco più di 300 euro (1.400 leu) e zero contributi al mese. Come se non bastasse il mancato versamento dei contributi, parte dello stipendio in euro era determinato dalla trasferta e nel caso dei 70 di Stradella la "trasferta" veniva pagata 85 euro al giorno e mensilmente veniva erogata tre volte costituendo così la parte più consistente dei 307 euro della paga che il lavoratore percepiva.
Il problema nel settore della Logistica è antico; già nel lontano febbraio del 2013 in un articolo su una rivista di settore, Paolo Uggè, Presidente di CONFTRASPORTO, metteva in guardia gli addetti ai lavori sull’incidenza della nuova normativa europea che consente il distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi. Agenzie interinali o imprese di Paesi della Comunità possono distaccare del personale presso altre imprese residenti in altri Stati membri dell’Unione europea che, in sostanza, fanno ricorso a personale “preso in affitto”. Ovviamente a “incentivare” simili scelte è la convenienza che deriva dal differente costo del lavoro. La norma prevede infatti che al lavoratore venga riconosciuta solo la medesima “paga in mano” prevista dal contratto di lavoro relativo alla prestazione, mentre la parte previdenziale e fiscale rimane quella del Paese di provenienza. Un esempio può chiarire ancora meglio: un autista dell’Est viene distaccato in Italia dove intasca, al netto, 2.000 euro al mese, versati dall’impresa italiana che lo “utilizza” non direttamente a lui ma all’agenzia “distaccante” insieme ai contributi calcolati in quel Paese. Una cifra complessiva intorno ai 2300, 2400 euro, mentre in Italia, a un netto di 2000 euro in busta paga corrisponderebbe un lordo di circa 4500 euro. Oltre 2000 euro di differenza per ogni dipendente in affitto, ma anche 2000 euro spariti dalle casse degli enti previdenziali italiani e che, moltiplicati per migliaia di lavoratori del nostro Paese lasciati a casa per sostituirli con dipendenti affittati in Romania o in Polonia, innescano una vera e propria “bomba sociale a orologeria”. Nell’autotrasporto il fenomeno è in grande crescita, con centinaia di aziende che per non perdere quote di mercato prendono questa “scorciatoia” o, in alternativa, aprono sedi in Paesi dove la burocrazia è meno invadente, il costo del lavoro è più contenuto, il gasolio costa meno. Il problema è che nessuno si domanda quale sarà tra 20 anni l’equilibrio del sistema pensionistico e quale sarà il livello di assistenza sociale se non vi saranno dei correttivi a una politica economica europea sempre più impegnata a fronteggiare solo la competitività. Le numerosissime violazioni già riscontrate hanno indotto gli organismi europei a occuparsi del “caso”, ma l’intervento normativo sembra non riguarderà la parte previdenziale.
LA QUESTIONE IRRISOLTA DELLE COOPERATIVE
La logistica è un settore molto importante per l’economia del paese che genera reddito e profitti a committenti e fornitori ma allo stesso tempo è spesso caratterizzato da una situazione intollerabile di sfruttamento e precarietà della moltitudine dei lavoratori delle cooperative. La quasi totalità delle cooperative che operano nei magazzini delle aziende del trasporto merci sono cooperative padronali, “società” nelle quali il ruolo del Presidente è anche quello dell’Amministratore Delegato.
I dipendenti assunti in questo tipo di cooperative sono nella stragrande maggioranza immigrati extracomunitari, costretti ad associarsi versando le quote dovute ma non avendo nessuna possibilità di scegliere gli organi direttivi e partecipare alle scelte economiche e gestionali della cooperativa.
Società di lucro, volte esclusivamente al profitto, in violazione della legge che le vorrebbe senza fini di speculazione privata e con carattere di mutualità. Nella gestione di queste società padronali è molto diffuso il fenomeno del “caporalato etnico” utilizzato dalle stesse per il controllo del personale basato sulla repressione diretta e sui ricatti.
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Molte aziende del settore si fanno concorrenza affidando gli appalti per la movimentazione delle merci al massimo ribasso, cercando di risparmiare il più possibile sul costo del lavoro, riducendo sempre di più le condizioni normative e retributive dei lavoratori.
Il sistema degli appalti e dei subappalti è terreno fertile per le infiltrazioni della criminalità organizzata (vedi il processo intitolato Mafia Capitale) e di tutto quanto gira intorno a questo mondo che continua ad attrarre soggetti imprenditoriali in cerca di facili guadagni da realizzare anche attraverso una diffusa evasione fiscale e contributiva. In questo contesto di sfruttamento e illegalità diffusa, anche per il vuoto lasciato dalle Organizzazioni Confederali, si è affermato il fenomeno dei vari sindacati autonomi (SI.COBAS, USB, CUB, SOL.COBAS, ADL ecc.).
Ricorrendo alla prevaricazione esercitata con maggior o minor violenza attraverso blocchi dei cancelli dei magazzini, scioperi e manifestazioni di protesta, hanno ottenuto numerosi e facili consensi ma soprattutto il controllo dei magazzini riuscendo così a ricattare le aziende committenti e influire pesantemente anche nella gestione degli appalti, piazzando i propri uomini nei posti direttivi. La strategia vincente da parte di queste organizzazioni sindacali sono stati gli accordi con i capi comunità degli immigrati e l’impiego massiccio di soggetti esterni specializzati in queste azioni (centri sociali, lavoratori esclusi da altre cooperative, ecc.) che gli ha permesso di conquistare un potere ricattatorio importante costringendo le grandi aziende e le loro associazioni datoriali a sottoscrivere diversi accordi sotto la minaccia di costosissimi (per le aziende) blocchi dell’attività.
Altro fattore di successo degli autonomi nel mondo delle cooperative è puntare contrattualmente a preservare il netto in busta, firmando accordi che si applicano solo ai loro iscritti e solo negli impianti dove sono presenti. A volte sono gli stessi consorzi e cooperative a sponsorizzare queste organizzazioni sindacali autonome per ottenere aumenti di tariffa dai committenti ma anche per liberarsi delle Organizzazioni Confederali ed essere più liberi di fare quello che vogliono (pagamenti in nero, mancato rispetto delle norme di sicurezza, deroghe al CCNL, favoritismi di vario genere, etc.)
Nel mondo della logistica e del trasporto merci particolarmente difficile è il confronto con le Centrali Cooperative che continuano a mantenere un atteggiamento incoerente e provocatorio, malgrado abbiano sottoscritto un accordo di confluenza nel CCNL di settore l’8 maggio 2015. Accordo che è durato lo spazio di 6 mesi perché le stesse associazioni lo hanno disdettato a fine 2015, pretendendo un contratto autonomo per la cooperazione con richieste di pesanti riduzioni ai diritti e alle retribuzioni dei soci, continuando a discriminare i lavoratori in base al tipo di rapporto di lavoro instaurato al momento dell’assunzione. Non sono più accettabili differenze normative ed economiche tra lavoratori dipendenti e soci delle cooperative soprattutto quando gli stessi hanno lo stesso inquadramento e svolgono le stesse identiche mansioni
In Lombardia il confronto con le Centrali Cooperative è praticamente inesistente per due fondamentali problemi:
1) la competizione interna tra le stesse associazioni (AGCI‐CONFCOOPERATIVE‐LEGACOOP) impedisce la scelta di una linea politica comune su come affrontare la competizione nei cambi d’appalto da parte di altre cooperative che arrivano da altre regioni e che hanno meno vincoli sia contrattuali che economici, frutto dell’assenza di un confronto stringente con le OO.SS. di categoria;
2) dalla riduzione progressiva della propria rappresentanza in seno al mondo cooperativo e dal ridotto controllo sulle attività delle aziende associate.
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Un tavolo dedicato alla sola cooperazione nella logistica ormai non ha più senso in quanto andrebbe proprio superata la figura del socio lavoratore e incentivata la trasformazione dei rapporti di lavoro come dipendenti diretti del committente o della cooperativa stessa. L’ultimo significativo esempio in questa direzione è l’internalizzazione di lavoratori di magazzino nelle filiali TNT GLOBAL EXPRESS di Firenze, Torino e Milano che sono passati da soci lavoratori a dipendenti diretti della società per la quale avevano lavorato da anni come “fornitori”. Nell’HUB Internazionale di Milano ben 166 lavoratori sono passati da soci a dipendenti, una trasformazione epocale che ha visto la partecipazione in prima persona dei delegati e dei quadri della FIT CISL nella difficile gestione della transizione di questi lavoratori da soci a dipendenti, in un contesto egemonizzato dai SI.COBAS. La TNT ha intenzione di continuare a internalizzare gli operai dei propri magazzini perché vuole riappropriarsi del know‐how della gestione operativa degli stessi, uno dei fattori fondamentali per il successo nella competizione con gli altri corrieri espressi. La FEDEX, unico corriere espresso che grazie a una politica lungimirante ha scelto fin dall’inizio l’assunzione di lavoratori dipendenti nei propri magazzini e nella distribuzione è anche l’unica società di filiera che non ha subito scioperi o blocchi delle attività da parte dei sindacati autonomi.
Negli ultimi anni abbiamo lavorato soprattutto per trasformare i rapporti di lavoro da soci a dipendenti, ottenendo importanti risultati quando siamo riusciti ad entrare nei magazzini e conquistare un largo consenso tra i lavoratori. Non è stato facile, spesso abbiamo dovuto lottare duramente e avere molta pazienza ma alla fine i risultati migliori (adesioni al sindacato e miglioramenti normativi ed economici per i lavoratori) sono arrivati proprio dove si è realizzata la trasformazione da soci lavoratori a dipendenti del fornitore di servizi logistici del committente come ad esempio in Bindi, GLS, Unes, Ortofin, Postel, Sda. Simply.
Dove invece i lavoratori sono rimasti soci di cooperativa abbiamo comunque ottenuto l’applicazione del CCNL Logistica, Trasporto Merci e Spedizione al 100% con trattamenti spesso migliorativi come la mezz’ora di pausa retribuita, il ticket restaurant ed il riconoscimento degli scatti di anzianità maturati nel sito nonostante i vari cambi di appalto avvenuti precedentemente.
Il Mercato Ortofrutticolo all’Ingrosso di Milano (ORTOMERCATO) è un'altra esperienza positiva che sta dando ottimi risultati in termini di adesioni al sindacato e come importante punto di riferimento per i lavoratori delle varie cooperative che operano in quella particolare realtà, grazie al Presidio fisso della FIT CISL che è attivo ormai da qualche anno. Per tutelare i soci lavoratori dobbiamo essere presenti sugli impianti fisicamente, condividere le loro difficoltà quotidiane, “sporcarci le mani” non solo metaforicamente perché solo così diventiamo credibili e vissuti come membri di una comunità che ha bisogno di guida e tutele.
Argomento a parte rappresentano i Servizi della CISL e della nostra Federazione nei confronti dei lavoratori migranti. Un servizio particolarmente apprezzato che portiamo ai soci lavoratori direttamente sul posto di lavoro è il CAAF per la compilazione del 730 ma spesso, dagli stessi, ci viene richiesta l’assistenza di personale qualificato (conoscenza delle lingue e della normativa specifica per pratiche di permessi di soggiorno, ricongiungimenti familiari, cittadinanza, ecc.) e assistenza tecnico legale soprattutto per le vertenze collettive (con avvocato) ma anche per le dimissioni on line e le eventuali conciliazioni nei cambi di appalto. Dobbiamo migliorare nell’accoglienza dei lavoratori presso le nostre sedi di Milano che attualmente non sono sufficientemente attrezzate per mancanza di spazi e di personale dedicato e formato per questo delicato e importante servizio. Il lavoratore che si rivolge alla FIT CISL deve trovare sempre qualcuno che lo accoglie e che lo assiste con pazienza e competenza altrimenti si rivolgerà altrove e non solo l’avremo perso per sempre ma probabilmente ci farà anche una cattiva pubblicità. Tutto l’apparato tecnico e politico si deve sempre ricordare che sono al servizio degli iscritti e non viceversa.
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LA TRATTATIVA PER IL RINNOVO DEL CCNL LOGISTIC
Dopo 15 mesi di trattativa sul rinnovo del contratto collettivo nazionale dei lavoratori della logistica e del trasporto merci ci sono dei segnali di ripresa del confronto costruttivo tra le parti.
Perdura la divisione in tre tavoli: quello di CONFETRA, quello dell’autotrasporto con ANITA e UNATRAS (alla quale aderiscono Conftrasporto, Fita‐Cna e Confartigianato) e il tavolo della cooperazione con LEGACOOP, CONFCOOPERATIVE e AGCI.
CONFETRA conferma, come del resto ha sempre sostenuto, di essere pronta a trattare tutto il rinnovo del contratto, dalla A alla Z, insieme alle altre associazioni datoriali, perché l’obiettivo è sempre quello del contratto unico di filiera cioè un CCNL comprensivo di tutti gli ambiti: non solo la spedizione, l’autotrasporto e la logistica ma anche il mondo degli appalti.
Per CONFETRA il contratto va sicuramente rivisto, riscritto, reso più moderno, preparato ai grandi cambiamenti che il mondo del lavoro sta vivendo.
Le associazioni datoriali dell’autotrasporto hanno invece dichiarato che esaurite le parti specifiche, che per loro rimangono la priorità assoluta, si avvierà il processo per il rinnovo del CCNL logistica, trasporto merci e spedizione, in tempi e modi ancora da definire.
A fronte del cambiamento di linea da parte di CONFETRA e AUTOTRASPORTO, appare ancora più anacronistico l’atteggiamento delle sigle datoriali della cooperazione che intendono raggiungere due obiettivi: da un lato un riconoscimento politico importante, dall’altro tergiversare sulla trattativa per replicare lo schema dello scorso rinnovo, vale a dire firmare il contratto oltre il tempo massimo ottenendo qualcosa di diverso e più vantaggioso rispetto al CCNL stesso per le proprie imprese associate.
In CONFETRA si è raggiunta un’intesa di massima sulla modifica degli articoli 42 e 42 bis, vale a dire quelli riguardanti l’appalto e il suo cambio. Mettendo al centro il contrasto all’illegalità, punto dolente di questo mondo, si prova a spingere verso fornitori più qualificati con l’inserimento di procedure più stringenti e specifiche che permettano di perimetrare in modo più preciso l’appalto e il personale che ci lavora, con l’inserimento della clausola sociale e il mantenimento dei diritti sindacali ante Jobs Act.
L’altro argomento è quello riguardante l’orario di lavoro del personale non viaggiante. Si sta lavorando sulla modifica dell’articolo 9 cercando di adattare le esigenze di cambiamento al mondo dello shipping. Si va verso l’eliminazione del vincolo delle 8 ore giornaliere andando a fissare limiti minimi e massimi sia giornalieri che settimanali, in modo da gestire i picchi di traffico attraverso una flessibilità programmata senza far venire meno la contrattazione aziendale di secondo livello.
Con le associazioni datoriali dell’autotrasporto la discussione è concentrata su un nuovo modello di declaratoria professionale che preveda una migliore classificazione rispetto al mezzo guidato, alla patente posseduta e alla mansione effettuata con il giusto riconoscimento retributivo. In sostanza il tentativo è specificare in modo più puntuale gli articoli 11 e 11 bis riscrivendoli o addirittura unificandoli sulla base delle mutate esigenze che la professione richiede.
Le associazioni datoriali della cooperazione continuano a rilanciare proposte inaccettabili come la diminuzione della base salariale e inquadramenti omnicomprensivi che comprendano tutte le mansioni possibili delle attività di un
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magazziniere o con la pretesa di rendere ordinario il lavoro notturno, per avere sconti competitivi da spendere sul mercato, senza avere ancora sciolto il nodo dell’unicità contrattuale.
Per la FIT CISL Lombardia resta comunque centrale la discussione sulla previdenza integrativa obbligatoria da estendere a tutti i lavoratori del settore dei trasporti e della logistica, la creazione di un Fondo di Solidarietà per gestire le crisi aziendali e la bilateralità da estendere sui territori per dare risposte concrete alle aziende ma anche ai lavoratori.
IGIENE AMBIENTALE Il settore dell’Igiene Ambientale è stato caratterizzato, nel 2016 e nei primi mesi del 2017, dal rinnovo contrattuale, con la sottoscrizione di due verbali di intesa:
UTILITALIA, la nuova associazione padronale del settore pubblico che è nata dalla fusione di FEDERAMBIENTE, FEDERUTILITY e FEDERGASACQUA;
FISE l’associazione delle aziende private che si occupano di igiene ambientale in tutte le varie attività e che a fronte di alcune concessioni (mancata applicazione del JOB ACT sottoscritta con le OO.SS. nel rinnovo contrattuale) ha visto la sua fuoriuscita da CONFINDUSTRIA.
Nella difficile trattativa per il rinnovo del CCNL dell’Igiene Ambientale nelle sue due tipologie (pubblico e privato) ci sono state delle mediazioni che hanno portato a nuove criticità :
il passaggio dalle 36 ore alle 38 ore settimanali che ha modificato le abitudini consolidate nella gestione dell’orario di lavoro dei lavoratori e lavoratrici;
alcune modifiche alla classificazione del personale che hanno introdotto un nuovo livello d’ingresso (J) atto ad includere nuovi soggetti altrimenti fuori dal settore
A fronte dello scambio sopra descritto, le Organizzazioni Sindacali hanno sottoscritto delle importanti e fondamentali garanzie:
la salvaguardia dell’occupazione, nei casi di cambio appalto, evitando che alle nuove assunzioni venisse applicato il contratto a tutele crescenti nei casi di cambio di appalto;
la creazione del nuovo Fondo di Sostegno al Reddito che aiuterà a trovare soluzioni per i dipendenti che nel tempo avranno problemi di inidoneità a svolgere le attività lavorative;
l’obbligo nei CCNL UTILITALIA e FISE di applicare uno dei due contatti di riferimento dell’igiene ambientale. Il nuovo codice degli appalti licenziato nel 2016 e rivisto in queste ultime settimane, fornisce un’importante strumento per il settore introducendo, tra l’altro, il concetto di contratto prevalente nelle gare d’appalto.
Il contratto rinnovato ha come obbiettivo quello di tenere insieme il settore e proiettarlo verso un contesto di mercato con criteri di gestione industriale, tenendo conto delle gare d’appalto a contenimento delle tariffe e con l’ambizione di far rientrare nel perimetro contrattuale dell’Igiene Ambientale le attività e i servizi fuoriusciti dallo stesso, attualmente con meno garanzie occupazionali ed economiche.La consultazione regionale dei lavoratori dell’area dell’Igiene Ambientale, pur registrando qualche problema a livello territoriale, ha dato come risultato il consenso della maggioranza degli aventi diritto al voto ai contenuti normativi ed economici del contratto rinnovato, premiando il sindacato artefice dell’intesa.
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Il quadro complessivo delle imprese che si occupano di raccolta, smaltimento e trattamento dei rifiuti, in questi anni, ha subito un profondo cambiamento, passando da entità comunali a dimensioni regionali ed extraregionali, con succursali all’estero, frutto di gare d’appalto vinte in concorrenza con soggetti stranieri.
In Lombardia la società più importante, tra le così dette multiutility è sicuramente A2A che oggi conta più di 10.000 dipendenti in Italia e non solo, in cui un ruolo importante è occupato dall’ambiente con più del 50% dei suoi addetti e l’applicazione dei contratti collettivi nazionali di UTILITALIA e FISE.
Nel perimetro ambientale di A2A vi sono realtà importanti come AMSA, APRICA, ASPEN e il gruppo LGH di recente acquisizione, operando di fatto su gran parte del territorio della Regione Lombardia nella gestione del riciclo dei rifiuti, con i termovalorizzatori di Brescia e Milano che producono energia elettrica e teleriscaldamento per i comuni limitrofi.
Alle altre società di dimensioni più contenute presenti nel settore dell’igiene ambientale ma comunque importanti sul piano dell’occupazione e per i servizi svolti, come il gruppo AEMME LINEA AMB., DERICHEBOURG, ECONORD E DEVIZIA si devono applicare le stesse regole, riconoscendo a tutta la filiera ambientale la possibilità di avere benefici e servizi che oggi non tutti i lavoratori hanno.
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VIABILITA’
Rinnovo del CCNL Autostrade
Il rinnovato CCNL nazionale Autostrade ha erogato un aumento contrattuale di circa 90 euro reali per il triennio, permangono però ulteriori criticità .
Situazione generale delle aziende che applicano il vigente CCNL (crisi aziendali, nuove scelte strategiche, modifiche sostanziali del mercato di riferimento, investimenti ecc.)
Le concessionarie della nostra regione, ASPI, BREBEMI, CENTRO PADANE, PEDEMONTANA, SERRAVALLE e TEEM, all'interno di un sistema particolarmente complicato di "concessione delle concessioni", hanno assunto oramai da diversi anni un denominatore comune che guarda per lo più agli utili e agli interessi del loro azionariato piuttosto che ad una sana gestione industriale.
Resta in gran parte disatteso il rilancio occupazionale, gli investimenti sulla sicurezza, le infrastrutture necessarie per sostenere un confronto serio sulla viabilità, motore dello sviluppo, a livello europeo.
Troppe sono infrastrutture autostradali incompiute in regione Lombardia come PEDEMONTANA, TEEM e BREBEMI, troppi i soldi pubblici spesi con scarsa lungimiranza ma molto pochi i risultati per un rilancio vero delle attività economiche sul territorio.
Accordi aziendali significativi a livello nazionale/regionale o di presidio
Questi i risultati positivi, per quanto migliorabili e carenti di una strategia espansiva, ottenuti in Lombardia grazie alla contrattazione aziendale:
la banda rumorosa in fresatura sulla striscia bianca che delimita l'emergenza a salvaguardia dell'utenza in panne e del personale operativo;
il percorso vertenziale che ci ha visto vincitori sul divisore orario dei P.T.; nella più grande delle aziende concessionarie presenti sul territorio, la possibilità di sottoscrivere
accordi che condividano i progetti aziendali con proposte a salvaguardia se non addirittura di rilancio dell'occupazione in attività oramai quasi totalmente assorbite dall'automazione;
presentare alle aziende nuove forme di internalizzazione di attività ad oggi esternalizzate e di difficile controllo.
Permane ancora l'inerzia e la staticità, nel panorama lombardo, delle aziende concessionarie autostradali quali MILANO SERRAVALLE e CENTRO PADANE dove da più di due anni non si riesce a portare a compimento il rinnovo della contrattazione aziendale, confermando in modo inequivocabile la necessità di un nuovo modello di relazioni industriali, partecipativo, propositivo, lungimirante e fuori dalle vecchie logiche di confronto e sterile contrapposizione.
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Per ASPI citiamo l'esperienza positiva di GIOVE CLEAR, azienda del gruppo ATLANTIA presente nelle varie aree di servizio/piazzali della rete autostradale dove il confronto partecipativo ha prodotto ad oggi condizioni di miglior favore per le lavoratrici e i lavoratori occupati.
Evoluzione dell'area contrattuale a breve/medio termine a fronte di innovazioni tecnologiche/sociali/ambientali/finanziarie o politiche.
Il persistere di vecchie logiche e di meccanismi non più percorribili, l'incapacità, l'inerzia o l'angusta visione strategica di avversare o sottrarsi completamente al confronto su nuovi modelli organizzativi o sull'introduzione e il governo delle nuove forme di tecnologia applicate al lavoro non reggerà per molto.
Nella nostra regione, pur tra mille difficoltà, APL (AUTOSTRADA PEDEMONTANA LOMBARDA) sta già gestendo, prima e ad ora unica concessionaria in Italia, la riscossione dei propri pedaggi con il sistema del free flow, senza la necessità di caselli o presidi con presenza di operatori.
Nel breve e medio termine, se non sapremo rinnovarci, ci troveremo inevitabilmente in ritardo con le logiche aziendali che stanno, già oggi, spingendo per l’automazione di tutte le attività di riscossione dei pedaggi e della gestione burocratica delle pratiche amministrative.
Distanze non più recuperabili non solo dal sistema gestionale aziendale ma anche, e soprattutto, dagli interessi reali dei lavoratori autostradali che vorremmo ancora rappresentare e dall’utenza che chiede inevitabilmente riduzione dei costi di transito, viabilità governata e strade sicure.
Proposte per possibili soluzioni
Cambiare è possibile con l'ascolto, la partecipazione e la condivisione di tutte le componenti della nostra organizzazione: dai lavoratori nostri iscritti presenti sui posti di lavoro, ai delegati che partecipano all’elaborazione delle strategie sindacali, ai coordinatori e segretari regionali senza mai rinunciare al confronto con la struttura nazionale che ci rappresenta ai tavoli negoziali nazionali.
La squadra che siamo riusciti a costruire in regione, sostenuta dalla segreteria, ha oggi dei canali di interlocuzione con le aziende presenti sul territorio di tutto rispetto, dove l'analisi interna, il confronto, la condivisione e la sintesi finale, scritta a più mani, fa della nostra organizzazione sindacale un modello di gestione collegiale che altri ci invidiano e che, tramite il necessario coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori, è in grado di presentare proposta alternative e innovative in tutti gli ambiti di confronto.
AREA CONTRATTUALE TRASPORTO AEREO
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TRASPORTO AEREO
Sea handling/Airport Handling: UNA STORIA FINITA BENE
Nel 1996, con direttiva Ue 96/97, viene deliberata la separazione dell'Handling dalle società di gestione aeroportuali. Questa separazione è la stessa che è avvenuta in altri settori quali energia, telefonia, ferrovie etc.
La Legge 18/99 recepisce la direttiva europea vincolando anche Italia a rispetto normativa.
Nel 2002 in previsione di separare l’handling Sea dal Gestore Sea le OO.SS stipulano un accordo con il Comune di Milano maggiore azionista di Sea che nel contesto di separazione societaria, dà garanzia occupazionale per 5 anni.
Nell'aprile del 2002 avviene la separazione societaria e nasce Sea Handling con un accordo sindacale che tutela nella fase di passaggio il lavoro.
Gli anni dal 2002 al 2006 sono anni di grandi perdite che venivano ripianate da Sea spa.
Le cause principali sono: 1. Deregolamentazione del settore 2. Low cost 3. De‐Hubbing di Malpensa da parte di Alitalia 4. Fallimento del progetto Lufthansa Italia
Nel 2006 a causa di un ricorso da parte di una società concorrente contro Sea Handling parte l'inchiesta della Commissione Europea sugli Aiuti di Stato nel silenzio dell'allora management della Azienda, della Giunta e del Governo di quegli anni.
Negli anni dal 2007 al 2012 di fronte al de‐hubbing di Alitalia si sceglie una fase difficile per risanare, guardando in faccia alla realtà e salvando l'Azienda. In quegli anni con una serie di azioni tutte volte al risanamento (cassa integrazione, mobilità volontarie e coercitive per quelli che raggiungono il requisito pensionistico) si riducono progressivamente le perdite da 50 mln €/anno a 10 mln €/ anno nella garanzia totale dei posti di lavoro.
Avviene però il de‐hubbing finale di Alitalia che elimina sia i voli intercontinentali che i medio raggio su Malpensa. La stessa iniziativa della nascita di Lufthansa Italia che doveva progressivamente far entrare Malpensa negli hub dell’alleanza Star Alliance fallisce in pochi anni. Malpensa, che doveva diventare il grande hub diventa, di fatto, un aeroporto a traffico prevalente low cost e cargo.
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Il 19/12/2012 la Commissione Europea decide che SEA H deve restituire a Sea SPA 360 mln € più interessi (450 mln€) perché essendo Sea una società a maggioranza pubblica le ricapitalizzazioni avvenute nel periodo 2006‐2012 vengono considerate aiuti si stato.
Azionisti, governo e azienda ricorrono contro la Decisione. Tale ricorso non blocca l'esecutività della sanzione;
Comune e OO.SS. ricorrono al TAR che in prima istanza dà ragione ai ricorrenti;
La sentenza del TAR viene sconfessata dal Consiglio di Stato.
Quindi SEA Handling deve pagare in attesa del giudizio di merito del Tribunale Europeo. Non solo. Sino ad allora vige il divieto di ricapitalizzazione ergo Sea Handling, le cui perdite superano di 1/3 il capitale sociale, è destinata a fallire anche senza pagare la sanzione.
La strada negoziale si rende necessaria perché quella legale non è più percorribile.
Con gli accordi del 4/11:
1. Si sceglie il pagamento non monetario non accettando il pagamento della multa e non accettando l'idea di discontinuità societaria della Unione Europea ( spezzettamento attività, vendita a privati ) ed affermando che:
a. SEA possa avere un suo Handler b. Questo Handler possa assumere personale proveniente da Sea H c. La discontinuità sarà di natura commerciale, dovendo la nuova società riprendersi i contratti
con i vettori dopo che Sea H li avrà disdettati
2. viene comunicato al mercato che Sea Handling cesserà la sua attività il 30/06/2014, rescindendo i contratti con i vari vettori
3. Nasce Airport handling (100% proprietà Sea), con un capitale sociale tale per cui possa avere un punto di equilibrio economico nel giro di 2 anni. Tale società si doterà di un suo piano industriale dopo avere ottenuto i contratti con i vettori.
4. Il Sindacato ottiene inoltre che: a. Il negoziato sarà orientato alla piena salvaguardia occupazionale; b. La salvaguardia del sistema di welfare aziendale; c. la salvaguardia della condizione normativa ed economica integrativa di Sea Handling
compatibilmente all'equilibrio economico della nuova società che non può più essere ricapitalizzata e deve essere concorrenziale rispetto agli altri competitori.
Nel marzo del 2014 la Commissione Europea fa sapere informalmente che non è in grado di accettare le proposte sulla discontinuità della nuova società, richiedendo la sua cessione ad un privato.
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Anche questa volta la mobilitazione dei lavoratori, l'azione politica delle OO.SS., la posizione chiara e netta dell’allora Sindaco di Milano, producono un risultato che sembrava impossibile.
Il 07/04/2014 il Governo Italiano ha inviato alla Commissione Europea una nota integrativa alla pre‐notifica del novembre 2013, che risponde alle obiezioni sollevate al progetto di Airport Handling (così come era stato proposto da Sea) nel tentativo di dimostrare l’effettiva discontinuità tra quest’ultima e Sea Handling. Per punti :
1. si ribadisce il progetto di Airport Handling già presentato alle OO.SS. il 04/11/2013 ed in particolare: a. cessazione dei contratti con i vettori in capo a Sea Handling al 30/06/2014 e vendita dei beni
strumentali della stessa; b. nuova negoziazione dei contratti commerciali da parte Airport Handling; c. Airport Handling assumerà personale proveniente da Sea Handling;
2. Sul piano dell’assetto proprietario il Governo definisce quanto sotto: a. vendita del 20/30% ad un socio terzo privato entro 12/24 mesi; b. dopo questa prima fase, SEA valuterà la cessione di ulteriori quote della società. Tale scelta dovrà essere
subordinata al: i. modello industriale di Sea (che nella lettera ribadisce la necessità di avere il controllo delle attività
di Handling, per garantire qualità dei servizi sinora offerti e le capacità di attrazione di vettori e investimenti);
ii. le condizioni sociali; iii. l’Accordo con le Organizzazioni Sindacali; iv. non sono inoltre escluse forme di azionariato dei dipendenti;
c. a partire dal 01/07/2014 verrà nominato un Trust, una sorta di “commissario”, con il compito specifico di garantire autonomia della nuova società da Sea. La prima fase di ricerca del socio di minoranza per i primi 24 mesi sarà gestita da Sea. In caso di insuccesso, successivamente, direttamente dal trust.
Questa posizione del Governo nei confronti della Commissione è il supporto che va salvaguardato e il vero appiglio sul quale ruota tutta la trattativa. Se fosse venuto meno sarebbe tornato in campo immediatamente l'ipotesi di spacchettamento dell'handling.
Una storia lunga che ha molti significati, ma che dimostra che si è vinto quando si è guardato in faccia alla realtà e che le organizzazioni che oggi si oppongono all'accordo non fanno che ripetere il solito mantra. Se avessimo dato retta a queste sirene nel passato, oggi non ci sarebbe nulla di cui discutere perché l'Azienda non esisterebbe più.
FILT‐CGIL FIT‐CISL UIL‐Trasporti UGL‐Trasporti FLAI‐TS siglarono in data 4/6/2014 un'ipotesi di accordo che, anche attraverso il coinvolgimento di SEA ed un programma di incentivazione volontaria all’esodo, pone le condizioni per il passaggio dei lavoratori da SEA Handling ad Airport Handling salvaguardando la storia dell'impresa attraverso il mantenimento di buona parte della contrattazione integrativa e, di fatto, rimettendo al centro della vicenda nata dalla sanzione europea il lavoro, le tutele e i diritti messi in grave pericolo dal fallimento di SEA Handling. Dopo mesi di scioperi e veleni atti ad impedire l’accordo, il 06.06.2014 anche USB firma l’identico protocollo firmato dalle altre OO.SS. il 04.06.14.
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Sono stati smentiti coloro che pensavano che avremmo siglato un accordo inutile che distruggeva salario ed occupazione. Una trattativa complessa, turbata dall'invio di proiettili a sindacalisti e dirigenti aziendali, e che nel clima d'odio costruito ad arte ha immaginato che tale gesto potesse bloccare la trattativa, mentre ha ottenuto esattamente la risposta opposta.
L’accordo del 04/06/2014 delineava nel dettaglio: 1. chiusura della procedura di mobilità per Sea H con la totale tutela occupazionale per tutti i dipendenti; 2. i criteri (chiari, trasparenti e verificabili) per il passaggio di 250 lavoratori in SEA S.p.a.; 3. il piano di incentivazione volontaria all'esodo per 300 lavoratori; 4. il contenimento dei costi sul quale poggerà Airport Handling, le prospettive di crescita della nuova impresa, le
compensazioni economiche erogate relativamente ai primi due anni di attività di AH con le condizioni che porteranno alla creazione di un Premio di Risultato a partire dall’estate del 2016.
L’integrativo che era presente in SEA Handling venne conservato in molte sue parti nel passaggio nella nuova azienda. Furono mantenuti diversi elementi retributivi e normativi oggetto della contrattazione aziendale storica di SEA e non presenti nella contrattazione nazionale. Gli elementi retributivi principali che i lavoratori di AH continuano a percepire sono i seguenti:
1. intero valore economico degli scatti di anzianità fino ad allora maturati attraverso un assegno superminimo, non assorbibile per la popolazione che matura scatti infiniti e assorbibile per la popolazione con il limite di sette scatti;
2. premio di Produzione mensile fisso (ad. es. €73, 60 al mese per 12 mesi sul 4° livello); 3. assegni professionali; 4. indennità varie 5. maggiorazione lavoro diurno domenicale (22%); 6. indennità turni disagiati (ad es. € 14 per turni antecedenti alle 05.00; € 6 per gli altri turni estremi) 7. quattro ex‐ festività (trasformate in ROL) dovranno essere esigibili; 8. maggiorazioni notturne (dalle 20.00 alle 8.00 con maggiorazione della indennità dal 50% al 55%) in quanto
attenenti ai contenuti del CCNL; 9. accordi di “Welfare” del gruppo SEA, e più precisamente:
a. tipologia di “part‐time mamma” b. cassa di Assistenza c. colonie/centri estivi per i figli dei dipendenti d. assegni studio per i figli dei dipendenti e. rimborso del tempo di lavoro utilizzato per le visite mediche specialistiche f. convenzioni varie.
Il taglio economico complessivo è stato di circa il 9% lordo. Questa perdita, per i primi due anni di esercizio (luglio 2014/giugno 2016), è stata compensata da due mensilità erogate a titolo di incentivo da parte di SEA Handling ai lavoratori assunti in Airport Handling, previa risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Vi fu inoltre l’impegno, al termine dei primi due anni e con il raggiungimento dell'attivo di bilancio, a introdurre un Premio di Risultato.
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IL REFERENDUM E LE CONSEGUENZE
Il referendum non era strettamente necessario sul piano normativo per la validazione dell’Accordo di Sea Handling. Fu una scelta di natura politica. Non a caso lo strumento venne esplicitato con una nota a Verbale, non sottoscritta dalla Azienda che legava in maniera inscindibile tutti i testi dell’Accordo, le Organizzazioni sindacali, congiuntamente alle RSU, dichiaravano che tali accordi sarebbero stati validi ed applicabili solo a seguito di esito positivo della consultazione referendaria di tutti i lavoratori di Sea Handling.
Il referendum si tenne nei giorni 11 ‐12 ‐13 Giugno. Le OO.SS. hanno garantito la maggior pluralità possibile anche da parte di coloro che non hanno sottoscritto gli accordi. Un dato non scontato, se si tiene conto che di norma è chi sottoscrive gli accordi che indice e gestisce i referendum, e se si tiene conto che venivamo da diverse e numerose assemblee durante tutto il periodo di gestione della fase complicata sopra descritta, in cui il cosiddetto fronte del NO non si era fatto alcuno scrupolo nell'impedire la normale dialettica con i lavoratori, arrivando a diverse provocazioni anche personali o ad affermare che le pallottole sarebbero state un clamoroso falso! Ma la democrazia è una questione di cultura che deve sempre prevalere anche con chi non la riconosce e che ora la richiama a sproposito.
Linate: voti validi 413 Si 223 (54%) No 190 (46%)
Malpensa voti validi 1217 Si 463 (38%) No 754 (62%)
Totale: Voti Validi 1630 Si 686 (42%) No 944 (58%).
Dopo l'esito del referendum che respinse le ipotesi di accordo del 04/06/2014 sottoscritte da FILT‐CGIL FIT‐CISL UIL‐Trasporti UGL‐Trasporti FLAI‐TS e successivamente da USB le OO.SS firmataria hanno dichiarato la non applicabilità di quegli accordi
Dopo dalla bocciatura degli accordi del 4/06/2014 si avvicinava l’incontro in Regione (ARIFL) per la conclusione dell’esame sulla procedura di licenziamento collettivo (L.223/91). Esso rappresentava l’ultimo tentativo di ricondurre questa intricatissima vicenda ad una conclusione condivisa e non ad un mancato accordo che avrebbe legittimato l’Azienda a procedere con il licenziamento di tutti i lavoratori di Sea Handling e, come previsto dalle norme di legge, impedito l’erogazione di incentivi e di effettuazione di passaggi in Sea SPA lasciando alla sola Azienda la decisione sulle condizioni di lavoro in Airport Handling.
A questo si aggiunga una lettera di Assohandlers (associazione di impresa degli Handler) che, scrive ad ENAC e per conoscenza alla Comunita Europea stessa, chiedendo un incontro in quanto “preoccupata” degli sviluppi della vicenda SEAH/Airport Handling, denunciando una “commistione commerciale” tra gestore ed handler del gruppo SEA e sollecitando il “ripristino di un legittimo quadro competitivo” della vicenda, rischiando di rompere il filo sul quale si era retta l’intera operazione.
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In ultimo, ma non per gravità la Commissione Europea aprì una indagine per esaminare se l'operazione Airport Handling fosse in linea con le norme sugli aiuti di Stato.
Filt Fit Uilt Ugl e Flai a tre settimane dal referendum e dopo una fase di profonde riflessioni con i propri iscritti e ferma restando la filosofia generale dell’accordo che forniva le indispensabili garanzie di sostenibilità economica della nuova Impresa, decisero di riprendere l’iniziativa a salvaguardia dei lavoratori.
Il risultato della consultazione con gli iscritti ha portato le OO.SS ad indicare sei punti specifici di intervento sull’Accordo (in alcuni casi a miglior definizione dello stesso, in altri di precisazione sulle modalità di applicazione dello stesso) inoltrando una lettera specifica all’Azienda e che rispose in maniera positiva alle richieste.
In particolare : 1. Il contributo dei dirigenti SEA e il taglio delle ore di permessi sindacali sarebbero state utilizzate per
incrementare l’incentivo dei lavoratori che avrebbero risolto il proprio rapporto di lavoro con SEA Handling per sottoscrivere il successivo in Airport Handling portando l’incentivo totale dalle 2 mensilità previste a 2,5 mensilità;
2. Con riferimento alle sei giornate derivanti dalla mancata conferma dei 6 ROL Airport Handling formalizzò che esse sarebbero state distribuite nell’arco dell’anno con una cadenza di una giornata di lavoro a bimestre;
3. In merito all’allungamento della prestazione giornaliera di 15 minuti (punto 7.5 del verbale di accordo 04/06), il lavoratore che avesse optato per una pausa di 30 minuti non si sarebbe visto applicare l’incremento di 15’ del nastro orario ;
4. I 4 ROL presenti nella contrattazione di Asssohandlers, derivanti dalle ex‐festività, avrebbero potuto, su specifica richiesta del lavoratore, essere, alternativamente, aggiunti alla rotazione riposi (per un numero massimo di 2 ROL) e concessi previo programmazione con congruo anticipo (i restanti 2 ROL) oppure mantenuti nei termini attualmente previsti (retribuiti se non goduti).
5. L’Azienda si impegnava ad avviare un confronto con le OO.SS. per introdurre, in ambito di ricerca interna:
a. Un processo di aggiornamento delle valutazioni delle competenze; b. La definizione di percorsi professionali per la mobilità interna (individuazione dei bacini di
provenienza coerenti con i contenuti di ciascun mestiere; iter di crescita professionale); c. L’ampliamento delle opportunità di partecipazione ai processi di crescita, attraverso
l’implementazione di un portale di JOB POSTING, in cui dare comunicazione delle posizioni vacanti e dei criteri di accesso alla fase di valutazione (sulla base di competenze, prestazioni e curriculum).
Queste novità diedero impulso tra i lavoratori ad una più ampia e determinata consapevolezza del momento attraversato, che è sfociò nella raccolta di firme contenente la richiesta individuale di applicazione degli accordi del 04.06.14. In pochi giorni aderirono oltre 1250 lavoratori di Linate e Malpensa: un numero pari a più della metà dei dipendenti di SEAH.
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Le Organizzazioni sindacali e la maggioranza delle RSU di SEAH furono quindi confortate dalla volontà dei colleghi e decisero di riprendere il ruolo attivo nella procedura.
La procedura di licenziamento collettivo è stata pertanto risolta positivamente il 16/07/2014 presso la sede ARFIL, con la sottoscrizione da parte della maggioranza della RSU di Sea Handling e la maggioranza delle OO.SS. (alle quali si aggiunse anche USB) dei verbali specifici.
Oggi Airport Handling pur operando in un mercato dell’handling difficile è una società sana, nel 2016 grazie ai buoni risultati di bilancio ha erogato un premio in welfare aziendale di 800 euro ed è attualmente in corso una trattativa sindacale per l’erogazione di un PRD.
I ricchi……e i poveri.
Negli aeroporti Italiani si è creata una situazione a dir poco paradossale: mentre le società di gestione aeroportuali macinano utili record in tutta Italia, in Lombardia Sea ha chiuso il bilancio 2016 con un utile al massimo storico di 93,6 milioni di euro (+ 11,7% rispetto all’utile 83,8 milioni del 2015). Sacbo ha chiuso il bilancio con utili che superano i 13 milioni (in aumento di circa 1 milione rispetto al 2015), le società di handling che forniscono i servizi falliscono!
Nel mercato dell’handling si è scatenata una competizione che ormai si basa solo sull’offerta di tariffe al massimo ribasso che spesso non coprono neanche il costo del personale e che porta le società di handling a cannibalizzarsi tra di loro scaricando le conseguenze di queste tariffe fuori da ogni logica di mercato sui lavoratori, sulla sicurezza e la qualità dei servizi che offrono. Il risultato è il fallimento di società di Handling che occupano centinaia di lavoratori, nel 2014 è fallita Goundcare società che occupava circa 900 dipendenti che in parte sono stati assorbiti dalla società che è subentrata a condizioni molto penalizzanti rispetto a quelle di provenienza.
Nei giorni scorsi si è chiusa la vendita all’asta di Ata italia, società di Handling che occupa circa 500 lavoratori che è stata assegnata dal curatore fallimentare ad una società vuota nata circa un anno fa, che non ha mai operato in nessun campo e che si è dichiarata disponibile ad assumere tutti i lavoratori lasciandogli tutte le condizioni contrattuali e normative attualmente a loro applicate, il passaggio dell’azienda alla nuova società dovrebbe avvenire il 23/5/2017 ma sembra che questa società non abbia ancora la certificazione per operare in aeroporto.
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ALITALIA
Nelle ultime settimane i lavoratori del gruppo Alitalia sono stati chiamati a decidere le sorti della compagnia aerea per la quale lavoravano e al tempo stesso il proprio futuro.
Nonostante tutte le criticità emerse ormai da parecchio tempo, ancora una volta, si è riusciti a spostare l’attenzione sui lavoratori anziché far emergere la totale incapacità dei dirigenti e della proprietà. Già nel 2014 i lavoratori, per permettere la ripartenza della società, furono costretti a cedere “in modo volontario” la loro 13ma mensilità e ulteriore contributo solidale spalmato su sei mensilità per un totale di oltre 30 milioni di euro.
Chi più chi meno, dipendenti di terra e di volo, sono stati costretti a pagare la crisi con la viva speranza di un futuro migliore.
Tutto però parte dal 2008 e dalla caduta dell’allora compagnia aerea pubblica Alitalia LAI. Un fallimento costato diversi miliardi di euro di cui i contribuenti e lavoratori si sono dovuti far carico. In aggiunta alla chiusura dell’Alitalia LAI seguì la caduta di altre compagnie aeree italiane come Volare/Air Europe, AirOne/AirOne Cityliner e Alitalia Express. Complessivamente i sei vettori garantivano la circolazione in Italia, in Europa e nel mondo di 250 aeromobili; la fusione di quest’ultime nella compagnia aerea Alitalia CAI costò la riduzione di oltre 100 aerei.
La nascita di Alitalia CAI costò tanto, troppo e inutilmente a tutti. I lavoratori pagarono con oltre 10.000 licenziamenti.
Alitalia CAI attraverso il piano industriale soprannominato Fenice dimostrò sin da subito la sua incapacità di creare sviluppo e utili. Il piano Fenice più volte rivisto a ribasso portò un’ulteriore riduzione di aeromobili in flotta. Così nel 2014 dopo aver accumulato oltre 1 miliardo di euro di debiti in meno di cinque anni alzò bandiera bianca, i capitani coraggiosi si dissolsero nell’aria.
Il fallimento di Alitalia CAI portò alla costituzione dell’ennesima nuova Alitalia SAI partecipata al 51% dai soci di Alitalia CAI e al 49% dal socio arabo Etihad. Il nuovo piano industriale, come del resto quello precedente, prevedeva investimenti, nuove rotte, nuovi aerei di lungo raggio e puntare sull’italianità, sul tricolore.
Il risultato triste è quello che vediamo oggi: niente sviluppo, niente utili e solo una montagna di debiti.
L’incapacità dei dirigenti di Alitalia è stata ulteriormente aggravata da una totale mancanza di regole nel trasporto aereo italiano, il tutto facilmente racchiudile in una sola parola: “DUMPING”.
Non dobbiamo infatti dimenticare che uno dei fattori responsabili del fallimento di Alitalia SAI si chiama “dumping sociale” operato dai vettori stranieri come Ryanair, Volotea e Vueling. Le ultime due, società spagnole, operano da anni in Italia senza rispettare norme basilari come percentuali dei lavoratori a tempo determinato assunti. Solo negli ultimi mesi, dopo numerosi esposti da parte della FIT CISL, hanno stabilizzato con contratto a tempo indeterminato numerosi lavoratori.
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RYANAIR
Un capitolo a parte dobbiamo invece riservarlo a Ryanair, il vettore irlandese. Difficile spiegare la sua organizzazione, in Italia risulta essere la prima compagnia aerea come traffico passeggeri, oltre 30 milioni l’anno ma non è dato sapere il numero totale dei loro dipendenti e con contratti ancora de decifrare. La Compagnia Aerea Ryanair Limited opera stabilmente in Italia e più precisamente con basi di servizio, per Piloti e Assistenti di Volo, ad Alghero, Bari, Bergamo, Bologna, Brindisi, Cagliari, Catania. Lamezia Terme, Milano Malpensa, Napoli, Palermo, Pescara, Pisa, Roma Ciampino, Roma Fiumicino e Trapani.
Il vettore Irlandese occupa migliaia di lavoratori di cui circa il 30% con contratto di lavoro puro Ryanair mentre il restante 70% della forza lavoro mediante assunzione nelle società Workforce International Contractors Limited, Crewlink Ireland Limited Srl, Brookfield Aviation International e McGinley Aviation che procacciano e assumono dipendenti, con contratto a tempo determinato, per conto di Ryanair. I lavoratori vengono poi distaccati nelle varie basi di servizio italiane e prestano attività lavorativa per Ryanair.
Negli ultimi anni Ryanair ha continuato a muoversi liberamente in Italia senza mai rispettare le norme di legge. Non vengono rispettate norme come la materia di salute e sicurezza, testo unico della maternità e della paternità; non viene erogata la 13ma mensilità e niente accantonamento TFR. In caso di malattia i lavoratori non vengono retribuiti.
In aggiunta Ryanair riceve ogni anno decine e decine di milioni di euro dagli aeroporti e dalle Regioni che nel solo anno 2015 è stato quantificato in oltre 100 milioni di euro.
I vettori stranieri non amano il dialogo con il sindacato, anzi è inesistente. L’avvicinamento al sindacato da parte dei lavoratori troppo spesso viene minacciato e il risultato è il trasferimento d’ufficio presso altre sedi, il mancato rinnovo dei contratti a termine o addirittura il licenziamento.
L’attività da tempo avviata dalla FIT CISL sta cercando faticosamente di stabilire un dialogo con i vettori low cost e i numerosi esposti presentati a tutti gli enti preposti per il rispetto delle norme di legge nazionali ed europee non hanno ancora dato segnali favorevoli. Solo negli ultimi giorni la Corte di Giustizia Europea ha condannato Ryanair al rispetto delle leggi nazionali dove i suoi dipendenti prestano l’attività lavorativa.
Per tutti praticamente impossibile competere con i vettori low cost.
Al termine di questo congresso ci lasceremo con mille domande, mille dubbi e soprattutto con l’idea di non aver fatto abbastanza e che, probabilmente, anche noi nel trasporto aereo qualcosa abbiamo sbagliato. Non possiamo permettere che uno dei Paesi più industrializzati al mondo come l’Italia non sia in grado di regolamentare un settore chiave come quello del trasporto aereo.