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Il Genocidio Armeno
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“Per genocidio si intende gli atti commessi con
l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte,
un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”
(Risoluzione ONU n 260, 9/12/1948)
Il Genocidio Armeno
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Il Genocidio Armeno Introduzione
Presentazione Il 24 aprile si commemora quest’anno il centenario del Հայոց Ցեղասպանութիւն (grande crimine, meglio
conosciuto come “genocidio armeno”). Domenica scorsa proprio questo evento storico è stato oggetto di
tensioni tra la Turchia e il Vaticano, dopo che Papa Francesco ha utilizzato la definizione di genocidio. Il
governo di Ankara infatti non ha mai riconosciuto il massacro – che è un fatto storicamente accertato -
perpetrato tra il 1915 e il 1917 ai danni della popolazione armena come un “genocidio”. In questo dossier si
raccolgono una serie di dati che possono aiutare a comprendere le diverse posizioni.
Rassegna stampa Riporto le principali notizie che di recente hanno trattato l’argomento
Città del Vaticano - Il 12 aprile 2015 in occasione della Messa per i fedeli di rito armeno, Papa
Francesco, citando la dichiarazione congiunta di papa Giovanni Paolo II e Karenin II risalente al
settembre 2001, definisce l’eccidio che l’Impero Ottomano perpetrò ai danni degli Armeni nel 1915
come «il primo genocidio del XX secolo».
Il ministero degli esteri di Ankara convoca il nunzio apostolico monsignor Antonio Lucibello a cui
riferisce che le dichiarazioni del Pontefice “creino una perdita di fiducia nei rapporti bilaterali” cui “la
Turchia certamente risponderà”; e richiama in patria Kenan Gursoy, il suo ambasciatore presso la Santa
Sede, per consultazioni.
Ankara – Il 14 aprile 2015 il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, commenta duramente le
parole del Papa: “condanno il Papa e desidero avvertirlo: spero che non commetta di nuovo un errore
di questo tipo” e aggiunge che “quando i politici e i religiosi si fanno carico del lavoro degli storici non
dicono delle verità, ma stupidaggini”.
Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno supportato il Papa: Marie Harf, portavoce del dipartimento di
stato USA, ha affermato che “Il presidente (Obama) e altri alti esponenti dell’amministrazione hanno
più volte riconosciuto come un fatto storico che 1,5 mln di armeni furono massacrati negli ultimi giorni
dell’impero ottomano e che un pieno, franco e giusto riconoscimento dei fatti è nell’interesse di tutti”;
mentre il parlamento europeo lavora ad una risoluzione che definisce “genocidio” i fatti del 1915-17
ed offre appoggio al Papa.
Il primo ministro turco Ahmet Davutoglu asserisce che il Papa abbia aderito al “fronte del male” in una
cospirazione contro la Turchia. Erdogan ha affermato anche riguardo i 100 mila armeni che lavorano
in Turchia privi della cittadinanza “li potremmo espellere anche se ancora non lo abbiamo fatto”. Il
Vaticano non ha commentato le dichiarazioni delle istituzioni turche.
Articolo sul giornalino
Il 24 aprile si commemora il centenario dell'inizio del Հայոց Ցեղասպանութիւն (grande crimine, meglio
conosciuto come “genocidio armeno”), ovvero quella serie di atti compiuti negli anni 1915-17 da parte del
governo dei Giovani Turchi volti ad eliminare la popolazione armena sul territorio anatolico. Recentemente,
dopo alcune dichiarazioni in merito di Papa Francesco, si è tornati a parlare della vicenda, tristemente nota
per una disputa sulla sua definizione: si può parlare di genocidio?
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La Turchia - che quando accaddero i fatti era ancora Impero Ottomano - non ha mai riconosciuto tale
definizione, sostenendo che nessun tribunale internazionale si è mai espresso in merito. Sebbene ciò sia
effettivamente vero, non lo è altrettanto che la definizione di "genocidio" necessiti di una sentenza
istituzionale, questo crimine è infatti definito come "ciascuno degli atti [...] commessi con l'intenzione di
distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso" (tratto da Risoluzione ONU
260 dell'9/12/1948, consultabile qui), senza riferimenti all'esigenza di una sentenza, come vorrebbe Ankara.
E nonostante sia storicamente vero che si compì un eccidio, all'interno della Turchia parlarne come di
genocidio è un crimine punibile con la reclusione (emblematico il caso dello storico Taner Akçam condannato
a dieci anni nel 1976 per aver discusso pubblicamente del genocidio armeno), e a livello internazionale solo
una ventina di stati utilizzano questa definizione - si preferisce parlare in termini più "diplomatici"
descrivendo i fatti come un massacro, è il caso dell'ONU e degli Stati Uniti - e chi lo fa va incontro ad una forte
disapprovazione da parte di Ankara, e ne è esempio la recente questione con il Vaticano. Anche se in
quest'ultimo caso la reazione del governo turco è vagamente sospetta, ed è possibile ipotizzare un tentativo
di compattamento dell'opinione pubblica in vista delle imminenti elezioni (del 7 giugno).
Ma perché il termine "genocidio" è inutilizzabile mentre nessuno si scandalizza se si parla di "massacro" (anzi,
fu proprio Erdogan ad utilizzare questo termine)? I massacri sono più politically correct dei genocidi? La
questione è delicata, e riguarda fondamentalmente la posizione della Turchia come paese islamico moderato,
che si vorrebbe diventasse (ingresso nell'UE) avamposto occidentale sulla complessa situazione medio-
orientale. Riconoscere il genocidio avrebbe per la Turchia due effetti: da un lato la restituzione dei beni
confiscati alle vittime (non i territori, che l'Armenia non può rivendicare per lo ius gentium), che
provocherebbe un danno economico consistente ma affrontabile in quanto la Turchia ha un'economia in
crescita (dati); dall'altro - ed è questo il vero problema - identificare nei fondatori della patria non più degli
eroi ma degli efferati criminali ed ammettere l'opera di alterazione della storiografia ufficiale operata in
questi anni (e.g. nei libri di scuola). E questo la Turchia non lo può accettare; ma la Storia non si può
mascherare, non le si può mentire: non si può dimenticare.
Historia vero testis temporum, lux veritatis,
vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis
(Cicerone, De Oratore, II, 9, 36)
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Storia1
Primo massacro Nel 1890 nell'Impero ottomano si contavano circa 2 milioni di armeni, in maggioranza appartenenti alla
Chiesa apostolica armena. Gli armeni erano sostenuti dalla Russia nella loro lotta per l'indipendenza, poiché
la Russia aspirava ad indebolire l'Impero ottomano per annetterne dei territori ed eventualmente
appropriarsi di Costantinopoli. Per reprimere il movimento autonomista armeno, il Governo ottomano
incoraggiò fra i curdi, che popolavano anch'essi il territorio dell'Armenia storica, sentimenti di odio anti-
armeno.
L'oppressione che dovettero subire dai curdi e l'aumento delle tasse imposto dal governo turco esasperò gli
armeni fino alla rivolta, alla quale l'esercito ottomano, affiancato da milizie irregolari curde, rispose
assassinando migliaia di armeni e bruciandone i villaggi (1894).
Due anni dopo, probabilmente per ottenere visibilità internazionale, alcuni rivoluzionari armeni occuparono
la banca ottomana a Istanbul. La reazione fu un pogrom anti-armeno da parte di turchi ottomani in cui
persero la vita 50.000 armeni.
Secondo massacro Nel periodo precedente la prima guerra mondiale nell'impero ottomano si era affermato il governo dei
«Giovani Turchi». Essi avevano paura che gli armeni potessero allearsi con i russi, di cui erano nemici. Il 1909
registrò uno sterminio di almeno 30.000 persone nella regione della Cilicia.
Nel 1915 alcuni battaglioni armeni dell'esercito russo cominciarono a reclutare fra le loro fila armeni che
prima avevano militato nell'esercito ottomano. Intanto l'esercito francese finanziava e armava a sua volta gli
armeni, incitandoli alla rivolta contro il nascente potere repubblicano. Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915
vennero eseguiti i primi arresti tra l'élite armena di Costantinopoli. L'operazione continuò l'indomani e nei
giorni seguenti. In un solo mese, più di mille intellettuali armeni, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e perfino
delegati al Parlamento furono deportati verso l'interno dell'Anatolia e massacrati lungo la strada. Friedrich
Bronsart von Schellendorf, il Maggiore Generale dell'Impero Ottomano, viene "dipinto come l'iniziatore del
regime delle deportazioni armene".
Arresti e deportazioni furono compiute in massima parte dai «Giovani Turchi». Nelle marce della morte, che
coinvolsero 1.200.000 persone, centinaia di migliaia morirono per fame, malattia o sfinimento. Queste marce
della morte furono organizzate con la supervisione di ufficiali dell'esercito tedesco in collegamento con
l'esercito turco, secondo le alleanze ancora valide tra Germania e Impero Ottomano (e oggi con la Turchia) e
si possono considerare come "prova generale" ante litteram delle più note marce ai danni dei deportati ebrei
durante la seconda guerra mondiale. Altre centinaia di migliaia furono massacrate dalla milizia curda e
dall'esercito turco. Le fotografie di Armin T. Wegner sono la testimonianza di quei fatti.
Malgrado le controversie storico-politiche, che saranno trattate nella sezione che segue, un ampio ventaglio
di analisti concorda nel qualificare questo accadimento come il primo genocidio moderno, e soprattutto
molte fonti occidentali enfatizzano la "scientifica" programmazione delle esecuzioni. Secondo lo studioso
tedesco Michael Hesemann, si dovrebbe più compiutamente parlare di genocidio cristiano, cosi scrive nel
suo libro pubblicato nel 2012 Völkermord an den Armeniern, Ed. Herbig Verlag
1 Paragrafi tratti da http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Genocidio_armeno&oldid=72055106
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Genocidio?
Stati che riconoscono il fatto come genocidio
In verde scuro gli stati, o le regioni amministrative, che riconoscono ufficialmente il fatto storico come
genocidio.
Argentina
Grecia
Slovacchia
Armenia
Italia
Svezia
Belgio
Lituania
Svizzera
Canada
Libano
Uruguay
Cile
Paesi Bassi
Vaticano
Cipro
Polonia
Venezuela
Francia
Russia
Posizioni contrastanti
Il punto di vista armeno
Il negazionismo del genocidio armeno indica un atteggiamento storico-politico che, utilizzando a fini
ideologici-politici modalità di negazione di fenomeni storici accertati, nega contro ogni evidenza il fatto
storico del genocidio del popolo armeno.
Benché il fatto sia ritenuto storicamente accertato, interessi ideologici-politici-storici tendono a renderne
difficile la constatazione da parte di quanti in qualche modo si sentano vicini agli autori dell'olocausto degli
armeni, o abbiano difficoltà culturali-storiche ad accettarlo, o per interessi geo-politici considerano dannoso
ammetterlo.
Il negazionismo è un atteggiamento storico culturale, che fa uso di una serie di strumenti dialettici per negare
l'evidenza dei fatti. Le motivazioni per assumere un atteggiamento negazionista possono essere disparate,
tuttavia nel caso del genocidio armeno gli interessi politici concreti prevalgono su quelli culturali, avendosi
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una utilizzazione del metodo negazionista in funzione di non fare concessioni politiche, necessarie in caso di
ammissione del fatto.
In realtà furono utilizzati vari espedienti per mantenere il silenzio, dalla minimizzazione del numero degli
uccisi, dalla presentazione delle circostanze come necessità di difesa, dalla scissione dei massacri in singole
azioni di dimensione inferiore al complesso.
Il punto di vista turco
Hrant Dink era un giornalista e scrittore turco d'origine armena. È stato assassinato nel quartiere di
Osmanbey a Istanbul, davanti ai locali del suo giornale bilingue Agos, con tre colpi di pistola alla gola.
La posizione ufficiale del governo turco è che le morti degli armeni durante i "trasferimenti" o "deportazioni"
non possono essere semplicemente considerate "genocidio". Tale posizione è stata appoggiata da una lunga
serie di giustificazioni, tutte divergenti tra loro: le uccisioni non erano deliberate o non erano orchestrate dal
governo; le uccisioni erano giustificate dalla minaccia filorussa costituita dagli armeni come gruppo culturale;
gli armeni sono semplicemente morti di fame; altre spiegazioni chiamano in causa le fameliche "bande
armene". Alcune argomentazioni tentano di screditare l'ipotesi del genocidio sul piano semantico o
mettendone in risalto lo specifico anacronismo (la parola stessa genocidio non esisteva prima del 1943).
Anche i dati delle perdite turche nella Prima guerra mondiale sono spesso invocati per ridimensionare il
numero dei morti armeni. Fonti ufficiali turche hanno affermato che la stessa "tolleranza del popolo
turco"rende impossibile il genocidio armeno. Un documento militare fa leva su un episodio storico dell'XI
secolo per confutare il genocidio armeno: "Furono i selgiuchidi che salvarono gli armeni caduti in loro dominio
nel 1071 dalla persecuzione bizantina ed assicurarono loro il diritto di vivere come spetta ad un uomo."
Nel 2005, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan invitò gli storici turchi, armeni ed internazionali a
rivalutare i "fatti del 1915" (la sua locuzione preferita in proposito) usando gli archivi reperibili in Turchia,
Armenia ed altri paesi. Il presidente armeno Robert Kocharyan rifiutò l'offerta dicendo:
(EN) «It is the responsibility of governments to develop bilateral relations and we do not have the right to
delegate that responsibility to historians. That is why we have proposed and propose again that, without pre-
conditions, we establish normal relations between our two countries.»
(IT) «È responsabilità dei governi sviluppare relazioni bilaterali e noi non abbiamo il diritto di delegare tale
responsabilità agli storici. Ecco perché abbiamo proposto ed ancora proponiamo che, senza pre-condizioni,
stabiliamo normali relazioni tra i nostri due paesi.» (Ṙobert Kocharyan)
Inoltre, il ministro degli esteri turco dell'epoca, Abdullah Gül, invitò gli Stati Uniti ed altri paesi a contribuire
a quella commissione incaricando degli studiosi di "investigare su questa tragedia ed aprire strade a turchi
ed armeni per riunirsi."
Il governo turco continua a contrastare il riconoscimento formale del genocidio da parte di altri paesi e a
mettere in discussione che un genocidio sia mai accaduto. Non solo: parlare di "genocidio" è un reato punibile
con la reclusione da sei mesi a due anni, in base all'art. 301 del codice penale ("vilipendio dell'identità
nazionale"). La legge è stata applicata anche nei confronti di personalità turche conosciute
internazionalmente: nel 2005 fu incriminato Orhan Pamuk, il massimo scrittore turco vivente. Il processo a
Pamuk è iniziato il 16 dicembre 2005 ma è stato successivamente sospeso in attesa dell'approvazione del
ministro della giustizia turco; quello invece al giornalista Hrant Dink si è concluso nello stesso 2005 con la
condanna a sei mesi.
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Appendici
Documenti
Lettera aperta della comunità armena italiana al presidente Napolitano: la Turchia, l’Europa e una certa idea
di valori
Signor Presidente Napolitano,
nel corso della visita di stato del Suo omologo turco Abdullah Gül Ella ha rinnovato l’auspicio di una rapida
entrata della Turchia nell’Unione Europea. Al riguardo ha voluto sottolineare l’impegno dell’Italia, nel suo
semestre di presidenza UE, a rimuovere ogni ostacolo cha ad oggi impedisce il completamento di tale
processo.
Come armeni e come cittadini italiani di origine armena abbiamo più volte affermato che il raggiungimento
di tale traguardo europeo da parte della Turchia rappresenterebbe un importante risultato non solo per quel
paese ma anche per l’Istituzione stessa.
Al contempo permetterebbe alla Repubblica di Armenia di confinare direttamente con l’Unione Europea, con
tutti i vantaggi politici ed economici che ne conseguirebbero.
Però, signor Presidente, deve essere ben chiaro che una adesione all’Unione Europea non può essere
vincolata solo da meri interessi economici, non può essere legata solo a convenienze politiche, ma deve
essere fondata sul rispetto, la partecipazione e la piena condivisione dei valori sui quali si fonda l’idea stessa
di Europa così come la vollero i suoi padri fondatori Altiero Spinelli, Jean Monet, Gaetano Martino, Paul-
Henry Spaak e tutti coloro che parteciparono al sogno di una comune Casa Europea.
Ci permetta, dunque, Signor Presidente, con tutto il rispetto che nutriamo nei riguardi della Suo alto incarico,
di manifestarLe le nostre perplessità per talune affermazioni (“Il posto della Turchia è in Europa. Per storia,
cultura, valori”) che vanno oltre un semplice augurio rivolto ad Ankara e impongono, viceversa, profonde
riflessioni sia di carattere morale che politico.
Osannare la storia di un Paese sul quale pesa l’orrore, ancora pervicacemente negato, del Genocidio armeno,
potrebbe rappresentare una mancanza di rispetto nei confronti degli armeni di tutto il mondo, che da quasi
un secolo sono in attesa che i discendenti dei massacratori turchi riescano a completare quel percorso della
Memoria che, ad esempio, i tedeschi hanno già compiuto rispetto alla Shoah.
Oltre al crimine del Genocidio, sulla Turchia pesa anche il mancato rispetto dei diritti umani, la repressione
del popolo curdo, la questione cipriota, il brutale uso della violenza contro i manifestanti, come la vicenda
delle proteste di Gezi Park hanno ben documentato, nonché la chiusura unilaterale dei confini con la vicina
neonata piccola Repubblica d’Armenia sin dal 1994.
Infine, La Turchia che bussa alle porte dell’Europa, detiene ad oggi (fonte Reporter Senza Frontiere) il record
di giornalisti incarcerati il cui numero è superiore persino a quello della ben più popolata Cina. Potremmo
anche comprendere le ragioni di taluni slanci “diplomatici” ed economici, assai meno certe affermazioni sulle
quali auspichiamo una necessaria riflessione.
Con la speranza di poterLa incontrare direttamente, Le rinnoviamo il senso della nostra stima e Le porgiamo
i migliori saluti e l’augurio di buon lavoro.
Consiglio per la comunità armena di Roma
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Articolo di Gwynne Dyer, giornalista.2
È con grande riluttanza che mi occupo del genocidio armeno, poiché so per esperienza che ciò che scrivo farà
infuriare entrambi le parti. Ma questo mese ricorre il centesimo anniversario della tragedia e papa Francesco
ha dichiarato che lo sterminio degli armeni commesso dall’impero ottomano nel 1915 fu in effetti un
genocidio. La Turchia, come era prevedibile, ha risposto richiamando il proprio ambasciatore dal Vaticano.
Sono ormai diverse generazioni che assistiamo a questa diatriba, che di solito si limita a scambi del tipo “Sì,
lo hai fatto” – “No, non l’ho fatto”. Sfortunatamente, di questa faccenda io conosco molte altre cose. Molti
anni fa, quando ero un dottorando in storia e stavo facendo alcune ricerche sul ruolo della Turchia nella prima
guerra mondiale, andai negli archivi dello stato maggiore turco ad Ankara e trovai i telegrammi originali
(scritti nell’antico stile calligrafico riq’a) scambiati tra Istanbul e l’Anatolia orientale nella primavera del 1915.
In seguito ho esaminato i documenti britannici e russi relativi ai piani di azione congiunta con i rivoluzionari
armeni nella primavera del 1915, e posso quindi dire di conoscere anche il contesto nel quale turchi e armeni
si muovevano. E posso dire con una certa sicurezza che entrambe le parti si sbagliano.
C’è stato un genocidio armeno. Certo che c’è stato. Quando quasi ottocentomila membri di una singola
comunità etnica e religiosa muoiono di morte violenta, di fame o di assideramento in un breve periodo,
mentre sono scortati da uomini armati di etnia e religione diversa, la questione è presto chiarita. Oggi gli
armeni sostengono che le vittime furono un milione e mezzo, ma è una cifra troppo alta. Quella corretta
potrebbe essere anche di mezzo milione, ma ottocentomila è una stima plausibile.
D’altra parte, gli armeni vogliono assolutamente che la loro tragedia sia messa sullo stesso piano del tentativo
dei nazisti di sterminare gli ebrei europei, e non si accontenteranno di niente di meno. Ma ciò che è accaduto
agli armeni non è stato pianificato dal governo turco, e da parte armena effettivamente c’era stata una
provocazione. Ciò non significa neanche lontanamente che sia possibile giustificare cosa è accaduto, ma
mette i turchi in una posizione un po’ differente.
Nel 1908 un gruppo di ufficiali di grado inferiore chiamati giovani turchi aveva preso il controllo dell’impero
ottomano, e nel novembre del 1914 il loro leader Ismail Enver era incautamente entrato nella prima guerra
mondiale a fianco della Germania. L’esercito turco aveva marciato verso est per attaccare la Russia, allora
alleata di Regno Unito e Francia.
Quell’armata fu annientata in mezzo alla neve vicino alla città di Kars (solo il 10 per cento dei soldati riuscì a
sfuggire) e i turchi furono presi dal panico. Per un errore strategico i russi non contrattaccarono subito, ma
se avessero deciso di farlo ai turchi non sarebbe rimasto quasi niente per fermarli. I turchi si sforzarono di
mettere insieme una qualche forma di linea difensiva, ma alle loro spalle, nell’Anatolia orientale, c’erano dei
cristiani armeni che da qualche decennio stavano lottando per l’indipendenza dall’impero ottomano.
Vari gruppi di rivoluzionari armeni avevano preso contatto con Mosca, offrendosi di provocare delle rivolte
alle spalle dell’esercito turco nel momento in cui le truppe russe fossero arrivate in Anatolia. Quando
ricevettero la notizia che l’esercito turco era in rotta, alcuni di loro pensarono che i russi stessero arrivando
e agirono prima del tempo.
Analogamente i rivoluzionari armeni del sud, vicino alla costa mediterranea, erano in contatto con il comando
britannico in Egitto e avevano promesso di scatenare un’insurrezione in coincidenza con gli sbarchi britannici
previsti nella costa meridionale della Turchia, vicino ad Adana. All’ultimo momento Londra decise di spostare
l’invasione molto più a ovest, a Gallipoli, ma anche in questo caso alcuni rivoluzionari armeni non ricevettero
il messaggio e scatenarono comunque la ribellione.
2 Tradotto da Federico Ferrone, tratto da http://www.internazionale.it/opinione/gwynne-dyer/2015/04/14/genocidio-armeni-verita; articolo originale http://www.straight.com/news/429361/gwynne-dyer-revisiting-armenian-genocide.
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Enver e il governo turco andarono nel panico. Se i russi fossero penetrati nell’Anatolia orientale, tutti i
territori arabi dell’impero sarebbero stati tagliati fuori. Per questo ordinarono la deportazione di tutti gli
armeni nell’est della Siria, attraverso le montagne, d’inverno e a piedi, dato che non c’era ancora una ferrovia.
E poiché non c’erano soldati regolari disponibili, furono soprattuto le milizie curde a scortare gli armeni verso
sud.
I curdi condividevano l’Anatolia orientale con gli armeni, ma i rapporti tra le due comunità non erano mai
stati buoni. Molti miliziani curdi approfittarono dell’occasione per violentare, rapinare e uccidere. La
mancanza di cibo e il clima fecero il resto, provocando la morte di quasi la metà dei deportati. Per quanto
non sia chiaro fino a che punto il governo turco fosse informato di questa tragedia, di certo non fece nulla
per fermarla.
Altri armeni morirono a causa del clima torrido e delle malattie nei campi in cui furono ammassati in Siria. Fu
un genocidio commesso attraverso il panico, l’incompetenza e l’incuria deliberata, ma non può essere
paragonato a quanto successe agli ebrei europei. La numerosa comunità armena di Istanbul, lontana dalle
operazioni militari in Anatolia orientale, uscì dalla guerra quasi indenne.
Se solo i turchi avessero avuto il buon senso di ammettere, cinquanta o settantacinque anni fa, cosa è
successo in realtà, oggi non ci sarebbero polemiche. L’unico dovere della nostra generazione è riconoscere il
passato, non correggerlo. Invece abbiamo assistito a cento anni di totale negazione, ed è per questo che la
questione è ancora d’attualità. E continuerà a esserlo finché i turchi non faranno finalmente i conti con il loro
passato.
Il genocidio armeno trattato nella voce “Genocidio” nella Treccani, di Mauro Raspanti3
Rientrano nella categoria di 'genocidio' quattro stermini avvenuti nel corso del secolo nei confronti di
quattro gruppi-vittima: gli Armeni (1915-16), gli Ebrei (1941-45), gli Zingari (1941-45), i Tutsi (1994).
Armeni. - A inaugurare la catena dei g. novecenteschi è stato lo sterminio della minoranza armena nella
Turchia del 1915. Per la prima volta si mise all'opera una volontà sistematica e pianificata da parte di
un'organizzazione statale decisa a eliminare un gruppo, realizzata attraverso massacri che culminarono con
le stragi del 1915-16. Il g. era stato avviato nel 1894 dal sultano ‚Abd ul-Ḥamīd ii, e tra il 1894 e il 1896 vennero
uccisi tra i due e i trecentomila Armeni. Il particolare carattere sistematico e selettivo conferisce a questi
massacri una forma genocida. La motivazione del crimine è da ricercare in un'ideologia fondata su due miti:
da un lato la credenza in una missione di nazionalismo irredentista, ovvero un panturchismo, deciso a riunire
tutti i popoli turchi in un unico complesso, dal Bosforo all'Asia orientale, e dall'altro il mito di restaurazione
di una pretesa originaria purezza razziale dei popoli turanici. Questa miscela fece esplodere una situazione
già instabile. Un ulteriore massacro fu compiuto nell'aprile del 1909: promosso dai Giovani Turchi, nome
occidentale del comitato Unione e progresso (Ittiḥād we Taraqqī), che nel 1908 avevano preso il potere, ebbe
come risultato circa trentamila vittime.
Nel corso della Prima guerra mondiale, in cui i Turchi si presentavano come alleati degli Imperi centrali, il 24
aprile 1915 iniziò il processo per l'eliminazione totale degli Armeni dall'Impero ottomano. La determinazione
del g. si fonda in particolare su fonti turche, e sui documenti prodotti per il processo agli autori dei massacri
svoltosi nel 1919. A questi vanno aggiunti le testimonianze e i rapporti dei diplomatici stranieri di grande
ausilio per far luce sulle motivazioni del g. e sugli avvenimenti: tra i più significativi, che fanno risaltare le
esplicite intenzioni genocide dei dirigenti turchi, si annovera la testimonianza dell'ambasciatore tedesco H.
Wangenheim al suo cancelliere, in data 7 luglio 1915: "Il modo in cui viene effettuata la deportazione
dimostra che il governo persegue realmente lo scopo di sterminare la razza armena nell'impero ottomano".
Anche il console americano L. Davis in un rapporto all'ambasciatore H. Morgenthau (11 luglio 1915),
3 App. III, i, p. 721; v. anche diritti umani, App. II, i, p. 786; minoranze nazionali, App. II, ii, p. 327, tratto da http://www.treccani.it/enciclopedia/genocidio_(Enciclopedia_Italiana)/
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dichiarava esplicitamente: "Li hanno semplicemente arrestati e uccisi nell'ambito di un piano generale di
sterminio della razza armena"; e ribadiva alcuni giorni dopo (24 luglio): "Non è un segreto che il piano previsto
consisteva nel distruggere la razza armena in quanto razza" (Mutafian 1995; trad. it. 1995, pp. 44 e 47).
Attraverso deportazioni, fucilazioni, morti per inedia, l'intera popolazione armena in Turchia venne coinvolta
nel primo progetto di pulizia etnica e di g. del 20° secolo. Il numero delle vittime, in realtà piuttosto complesso
da determinare, poiché varia a seconda della stima demografica della presenza armena in Turchia prima della
guerra, è da calcolarsi, secondo gli studi più recenti, tra il milione e il milione e mezzo di Armeni.
I riconoscimenti internazionali della realtà del g. armeno hanno tardato fino alla sentenza del Tribunale
permanente dei popoli nel 1984; questa e, successivamente, l'approvazione nel 1986 del rapporto Whitaker
da parte della Sottocommissione dell'ONU 'per la lotta contro le misure discriminatorie e per la protezione
delle minoranze' e infine la decisione del Parlamento europeo (18 giugno 1987) diedero il legittimo rilievo al
massacro.
Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio4
Adottato da Resolution 260 (III) A dell' Assemblea Generale dell’ONU il 9 dicembre 1948. Entrata in vigore: il
12 gennaio 1951.
Le Alte Parti Contraenti,
considerando che l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nella Risoluzione 96 (1) dell'11 dicembre 1946
ha dichiarato che il genocidio è un crimine di diritto internazionale, contrario allo spirito e ai fini delle Nazioni
Unite e condannato dal mondo civile; riconoscendo che il genocidio in tutte le epoche storiche ha inflitto
gravi perdite all'umanità; convinte che la cooperazione internazionale è necessaria per liberare l'umanità da
un flagello così odioso, convengono quanto segue:
Art. I Le Parti contraenti confermano che il genocidio, sia che venga commesso in tempo di pace sia che venga
commesso in tempo di guerra, è un crimine di diritto internazionale che esse si impegnano a prevenire ed a
punire.
Art. II Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con
l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religiose, come tale:
a) uccisione di membri del gruppo;
b) lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua
distruzione fisica, totale o parziale;
d) misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo;
e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.
Art. III Saranno puniti i seguenti atti:
a) il genocidio;
b) l'intesa mirante a commettere genocidio;
c) l'incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio;
d) il tentativo di genocidio;
e) la complicità nel genocidio.
Art. IV Le persone che commettono il genocidio o uno degli atti elencati nell'articolo III saranno punite, sia
che rivestano la qualità di governanti costituzionalmente responsabili * o che siano funzionari pubblici o
individui privati.
4Testo tratto da http://www.preventgenocide.org/it/convenzione.htm
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Art. V Le Parti contraenti si impegnano ad emanare, in conformità alle loro rispettive Costituzioni, le leggi
necessarie per dare attuazione alle disposizioni della presente Convenzione, e in particolare a prevedere
sanzioni penali efficaci per le persone colpevoli di genocidio o di uno degli altri atti elencati nell'articolo III.
Art. VI Le persone accusate di genocidio o di uno degli altri atti elencati nell'articolo III saranno processate
dai tribunali competenti dello Stato nel cui territorio l'atto sia stato commesso, o dal tribunale penale
internazionale competente rispetto a quelle Parti contraenti che ne abbiano riconosciuto la giurisdizione.
Art. VII Il genocidio e gli altri atti elencati nell'articolo III non saranno considerati come reati politici ai fini
dell'estradizione.
Le Parti contraenti si impegnano in tali casi ad accordare l'estradizione in conformità alle loro leggi ed ai
trattati in vigore.
Art. VIII Ogni Parte contraente può invitare gli organi competenti delle Nazioni Unite a prendere, ai sensi
della Carta delle Nazioni Unite ogni misura che essi giudichino appropriata ai fini della prevenzione e della
repressione degli atti di genocidio o di uno qualsiasi degli altri atti elencati all'articolo III.
Art. IX Le controversie tra le Parti contraenti, relative all'interpretazione, all'applicazione o all'esecuzione
della presente Convenzione, comprese quelle relative alla responsabilità di uno Stato per atti di genocidio o
per uno degli altri atti elencati nell'articolo III, saranno sottoposte alla Corte internazionale di Giustizia, su
richiesta di una delle parti alla controversia.
Art. X La presente Convenzione, di cui i testi cinese, inglese, francese, russo e spagnolo fanno ugualmente
fede, porterà la data del 9 dicembre 1948.
Art. XI La presente Convenzione sarà aperta fino al 31 dicembre 1949 alla firma da parte di ogni Membro
delle Nazioni Unite e di ogni Stato non membro al quale l'Assemblea generale abbia rivolto un invito a tal
fine.
La presente Convenzione sarà ratificata e gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il Segretario
generale delle Nazioni Unite.
Dal l° gennaio 1950, alla presente Convenzione potrà aderire qualsiasi Membro delle Nazioni Unite e qualsiasi
Stato non membro che abbia ricevuto l'invito sopra menzionato.
Gli strumenti di adesione saranno depositati presso il Segretario generale delle Nazioni Unite.
Art. XII Ogni Parte contraente potrà, in qualsiasi momento, mediante notificazione indirizzata al Segretario
generale delle Nazioni Unite, estendere l'applicazione della presente Convenzione a tutti i territori o ad uno
qualsiasi dei territori dei quali diriga i rapporti con l'estero.
Art. XIII Nel giorno in cui i primi venti strumenti di ratifica o di adesione saranno stati depositati, il Segretario
generale ne redigerà un processo verbale e trasmetterà una copia di esso a ciascun Membro delle Nazioni
Unite ed a ciascuno degli Stati non membri previsti nell'articolo XI.
La presente Convenzione entrerà in vigore il novantesimo giorno successivo alla data del deposito del
ventesimo strumento di ratifica o di adesione.
Qualsiasi ratifica o adesione effettuata posteriormente a quest'ultima data avrà effetto il novantesimo giorno
successivo al deposito dello strumento di ratifica o di adesione.
Art. XIV La presente Convenzione avrà una durata di dieci anni a partire dalla sua entrata in vigore.
In seguito essa rimarrà in vigore per successivi periodi di cinque anni fra quelle Parti contraenti che non
l'avranno denunciata almeno sei mesi prima della scadenza del termine.
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La denuncia sarà effettuata mediante notificazione scritta indirizzata al Segretario generale delle Nazioni
Unite.
Art. XV Se, in conseguenza di denunce, il numero delle Parti alla presente Convenzione diverrà inferiore a
sedici, la Convenzione cesserà di essere in vigore dalla data in cui l'ultima di tali denunce avrà efficacia.
Art. XVI Una domanda di revisione della presente Convenzione potrà essere formulata in qualsiasi momento
da qualsiasi Parte contraente, mediante notificazione scritta indirizzata al Segretario generale.
L'Assemblea generale deciderà le misure da adottare, se del caso, in ordine a tale domanda.
Art. XVII Il Segretario generale delle Nazioni Unite notificherà a tutti i Membri delle Nazioni Unite ed agli Stati
non membri previsti nell'articolo XI:
a) le firme, ratifiche ed adesioni ricevute in applicazione dell'articolo XI;
b) le notificazioni ricevute in applicazione dell'articolo XII;
c) la data in cui la presente Convenzione entrerà in vigore, in applicazione dell'articolo XIII;
d) le denunce ricevute in applicazione dell'articolo XIV;
e) l'abrogazione della Convenzione, in applicazione dell'articolo XV;
f) le notificazioni ricevute in applicazione dell'articolo XVI.
Art. XVIII L'originale della presente Convenzione sarà depositato negli archivi delle Nazioni Unite.
Una copia certificata conforme sarà inviata a tutti i Membri delle Nazioni Unite ed a tutti gli Stati non membri
previsti nell'articolo XI.
Art. XIX La presente Convenzione sarà registrata dal Segretario generale delle Nazioni Unite alla data della
sua entrata in vigore.
Intervista ad un armena5
L’intervista che anticipiamo di seguito fa parte di un lungo servizio dedicato al centenario del genocidio degli
armeni, che comparirà nel prossimo numero del settimanale Tempi, in edicola da giovedì 16 aprile.
«Sono nata a Costantinopoli e ricordo come i turchi mi guardavano da piccola, chiamandomi Gavur. Io sapevo
che era una brutta parola, anche se allora non capivo bene che cosa volesse dire». Ani è una cantante lirica
armena, vive in Italia da tanti anni, ma è nata a Istanbul. Gavur, il termine dispregiativo usato in Turchia per
definire gli infedeli, non è l’unica cosa che da piccola non capiva. In casa coglieva qua e là parole dure, dal
significato malvagio, come Ciart, macellazione, o Aksor, deportazione. Lei non capiva: «In casa non si parlava
apertamente del genocidio, era un tabù assoluto in Turchia», ma negli anni avrebbe capito. Avrebbe capito
che nel 1915 i Giovani turchi massacrarono oltre un milione e mezzo di armeni, e tra questi la famiglia del
nonno materno; avrebbe capito perché per strada non poteva parlare armeno, perché la chiamavano Gavur,
perché i turchi cercavano di ostacolare la loro fede cristiana rendendo sempre più difficile il loro
mantenimento, minacciando la loro sopravvivenza in modo subdolo.
Parlando a tempi.it in occasione del centenario del genocidio, che verrà commemorato il 24 aprile, Ani, che
preferisce non divulgare il suo cognome per ragioni di sicurezza, spiega ciò che oggi preferirebbe non vedere:
«Dopo 100 anni, ancora l’Occidente non dice la verità sul genocidio armeno e tergiversa per realpolitik, per
non infastidire la Turchia. L’Occidente sa tutto, ma tace. È una questione di coraggio e dignità».
Ani, quando ha scoperto dell’esistenza del genocidio armeno?
5 Tratta da http://www.tempi.it/io-armena-nata-in-turchia-non-potevo-neanche-parlare-del-genocidio-occidente-non-sia-complice#.VTFiY_msXHk
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Non c’è stato un momento preciso, l’ho scoperto negli anni, poco a poco, mettendo insieme tutti i tasselli
come in un puzzle. Quand’ero piccola, a Costantinopoli, non si poteva assolutamente parlare del genocidio.
Non c’era, non esisteva, era un tabù assoluto. In casa sentivo delle parole, Ciart, Aksor, ma non conoscevo i
dettagli. Avevo solo una vaga idea, ho capito dopo perché i miei genitori non me ne parlavano.
Perché?
Per proteggermi e perché, bambina, non dicessi cose che non si potevano dire all’esterno. C’era una signora
anziana, una governante, che veniva a casa nostra e raccontava delle storie. Diceva che era fidanzata e che il
fidanzato era stato preso, portato via, che non tornava e che lei era andata a cercarlo e l’aveva trovato tutto
insanguinato nel bosco. Morto. E poi parlava di tante ragazze, tante donne andate ad aspettare sulla spiaggia
che dovevano salpare con le navi francesi, navi che non arrivarono mai. Dei racconti strani. Io chiedevo a mia
madre: “Ma cosa dice?”. E lei: “Non ascoltarla, poverina, è pazza”.
Queste sono le prime notizie che ha avuto sulla deportazione?
Sì. Si parlava anche dei turchi che avevano radunato gli uomini, che erano morti in tanti, molti erano tornati
come scheletri, altri malati. Sentivo la parola «pogrom», ma non sapevo cosa volesse dire. Captavo delle frasi.
Poi, crescendo, ho capito anche quelle poesie di Siamanto che non comprendevo: scriveva cose terribili, che
a me sembravano strane. Erano le cronache del genocidio. Lui è stato ucciso nel 1915.
Ci sono state vittime anche nella sua famiglia?
Come in tutte le famiglie. I parenti di mio nonno materno sono stati sterminati. Lui, per fortuna, non l’hanno
ucciso perché era un medico dentista. Ha fatto venire la sua giovane moglie a Costantinopoli e così anch’io
sono potuta nascere.
Perché continua a dire Costantinopoli e non Istanbul?
Perché le bellezze della città sono romane, greche, armene. Non turche. Chi ha costruito la cisterna
sotterranea, Santa Sofia o il famoso Palazzo Dolmabahçe? Chi ha inventato il barocco turco? Gli architetti
Balyan, una famiglia armena. Ma questo fino a dieci anni fa non si poteva dire.
Che cosa non si poteva dire?
Che il palazzo del governo turco era di proprietà di un armeno. Quella è terra espropriata. Non si poteva dire
che Gezi Park, vicino a piazza Taksim, era terra armena. Ma durante gli scontri sono venute fuori delle lapidi:
perché lì c’era una chiesa, un ospedale, un monastero e un cimitero armeni. Poi nel 1939 è stato confiscato
tutto.
Lei è figlia della diaspora. Quanto le pesa vivere lontana dalla sua terra?
Io sono armena, ma di cultura italiana. La mia famiglia ha sempre amato l’Italia. Sono contenta che sia così
perché gli italiani mi hanno accolto e mi hanno sempre trattata bene. Chi dice che gli italiani sono razzisti,
non sa quello che dice. Io lo so bene che cos’è uno sguardo razzista.
Quanto è importante il cristianesimo per l’identità armena?
Armeno vuol dire cristiano, sono due cose inseparabili. È stato il primo popolo ad abbracciare ufficialmente
il cristianesimo nel 301 e ha dovuto difendere nei secoli questa scelta. Anche durante il genocidio, tanti si
sono fatti uccidere per non rinnegare la fede e non islamizzarsi.
Che cosa significa per lei il centenario del genocidio?
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Questo centenario è la mia storia, perché io sono il prodotto di quella storia. Il genocidio ha formato il mio
carattere: io sono assolutamente intransigente sulle faccende di giustizia. Non parlo di piccoli reati ma di
morte ingiusta. Ma il centenario significa anche un’altra cosa.
Cosa?
Sono passati 100 anni e l’Occidente ancora tergiversa sul riconoscimento del genocidio. Per 50 anni nessuno
ne ha parlato, perché la Turchia è riuscita a insabbiare tutto. Anche Kemal Ataturk, che per gli occidentali è
chissà chi, prima ha preso le distanze dai Giovani turchi, a cui apparteneva, perché ha capito che l’avevano
combinata grossa. Poi ha insabbiato tutto. Erano spariti i due terzi della popolazione armena dell’Anatolia e
ha fatto costruire ad arte una storia falsa per tacitare tutto. Ha detto: la Turchia ai turchi. Ha contribuito al
genocidio culturale del mio popolo.
Secondo un recente sondaggio, solo il 9,1 per cento dei turchi pensa che ci sia stato il genocidio. Come si
spiega il negazionismo?
Nei libri di storia turchi non si parla del genocidio armeno. Ancora si dice che sono stati gli armeni a uccidere
i turchi e nelle scuole turche, nelle recite scolastiche, i bambini turchi recitano la parte degli armeni cattivi. I
turchi invidiavano gli armeni, perché siamo un popolo laborioso, pacifico e che ama la bellezza. Soprattutto,
però, l’economia della Turchia moderna è costruita sugli averi degli armeni. Se la Turchia riconoscesse il
genocidio, dovrebbe accettare il fatto che i suoi padri fondatori sono degli assassini, che hanno le mani
sporche di sangue.
Come vivrà il centenario?
Per noi ogni anno è importante. Il centenario è importante per voi. Dopo 100 anni l’Occidente dice ancora
che la Turchia è un grande paese, un grande popolo. Lo fa, non perché non sappia che è avvenuto il genocidio,
ma per realpolitik, perché vuole preservare i suoi commerci. Questo gioco di equilibri politici è nauseante per
noi armeni e dovrebbe esserlo anche per voi.
Perché?
L’Occidente non ha colpa per quello che è successo. Ma l’ignoranza dell’opinione pubblica occidentale, che
sa pochissimo di questi fatti, se li sa, aiuta il negazionismo turco. E l’ignoranza può diventare complicità. Io
sono esterrefatta da Barack Obama.
Che cosa ha fatto?
Prima di essere eletto diceva: «Riconoscerò il genocidio armeno». Ci sono fior di filmati che lo provano. Ora
che è in carica da sei anni, non parla più di genocidio. Usa un’altra parola: Medzyeghern. Questa parola
armena significa “grande cataclisma” ma noi armeni non la usiamo mai. Facciamo fatica noi a pronunciarla,
figuriamoci lui. Noi parliamo di “macello”. Eppure il neologismo “genocidio” è stato inventato da Raphael
Lemkin per descrivere proprio ciò che è successo agli armeni. Perché allora non ha più il coraggio di usare
questo termine?
E l’Italia?
Io amo l’Italia ma voglio vedere che cosa farà il 24 aprile. Quel giorno si commemora nella capitale armena,
Erevan, il centenario. Tutti i leader del mondo sono stati invitati. Ma il presidente turco, Erdogan, ha invitato
lo stesso giorno anche lui tutti i leader a Istanbul inventandosi la ricorrenza della campagna di Gallipoli.
Peccato che quella campagna, durante la Prima guerra mondiale, non è né cominciata il 24 aprile, né
terminata il 24 aprile. Vuole ostacolare il centenario. David Cameron ha già detto che non andrà in Armenia,
Carlo ed Harry andranno in Turchia. Il primo ministro norvegese ha detto che non si recherà a Erevan perché
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ci tiene alle sue relazioni con Ankara. Che cosa farà il vostro premier, Matteo Renzi? Io spero abbia coraggio
e dignità.
Saluto di Papa Francesco ai fedeli armeni6
Cari fratelli e sorelle armeni,
cari fratelli e sorelle!
In diverse occasioni ho definito questo tempo un tempo di guerra, una terza guerra mondiale ‘a pezzi’, in cui
assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione. Purtroppo
ancora oggi sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della
loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati,
crocifissi, bruciati vivi –, oppure costretti ad abbandonare la loro terra.
Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva, dal silenzio
complice di Caino che esclama: “A me che importa?”; «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9;
Omelia a Redipuglia, 13 settembre 2014).
La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente
viene considerata come «il primo genocidio del XX secolo» (Giovanni Paolo II e Karekin II, Dichiarazione
comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001); essa ha colpito il vostro popolo armeno – prima nazione cristiana
–, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi,
donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi. Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo
e dallo stalinismo. E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi,
in Bosnia. Eppure sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente. Sembra che
l’entusiasmo sorto alla fine della seconda guerra mondiale stia scomparendo e dissolvendosi. Pare che la
famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c’è chi
cerca di eliminare i propri simili, con l’aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono
spettatori. Non abbiamo ancora imparato che “la guerra è una follia, una inutile strage” (cfr Omelia a
Redipuglia, 13 settembre 2014).
Cari fedeli armeni, oggi ricordiamo con cuore trafitto dal dolore, ma colmo della speranza nel Signore Risorto,
il centenario di quel tragico evento, di quell’immane e folle sterminio, che i vostri antenati hanno
crudelmente patito. Ricordarli è necessario, anzi, doveroso, perché laddove non sussiste la memoria significa
che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui
a sanguinare senza medicarla!
Vi saluto con affetto e vi ringrazio per la vostra testimonianza.
Saluto e ringrazio per la sua presenza il Signor Serž Sargsyan, Presidente della Repubblica di Armenia.
Saluto cordialmente anche i miei fratelli Patriarchi e Vescovi: Sua Santità Karekin II, Supremo Patriarca e
Catholicos di Tutti gli Armeni; Sua Santità Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia; Sua Beatitudine
Nerses Bedros XIX, Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici; e i due Catholicossati della Chiesa Apostolica
Armena e il Patriarcato della Chiesa Armeno-Cattolica.
Con la ferma certezza che il male non proviene mai da Dio, infinitamente Buono, e radicati nella fede,
professiamo che la crudeltà non può mai essere attribuita all’opera di Dio e, per di più, non deve
assolutamente trovare nel suo Santo Nome alcuna giustificazione. Viviamo insieme questa Celebrazione
fissando il nostro sguardo su Gesù Cristo Risorto, Vincitore della morte e del male!
6 Da http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2015/documents/papa-francesco_20150412_omelia-fedeli-rito-armeno.html
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Galleria fotografica
Rifugiati
Siria, 1915 Port Said, 1915
Siria, 1915 Siria, 1915
Siria, 1915
Maratona (Grecia), 1915-1916
Siria, 1915 Madre e figlio.
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Massacri
Tratta dal resoconto dell’ambasciatore USA Henry Morgenthau, 1918.
Resti di un massacro ad Erzincan
Medici impiccati ad Aleppo, 1916 Bambini armeni uccisi
Madre armena davanti ai corpi dei suoi figli.
Sitografia
Rassegna stampa
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2015/documents/papa-francesco_20150412_omelia-
fedeli-rito-armeno.html
http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/VATICANO/papa_genocidio_armeni_turchia_convoca_ambascia
tore_vaticano/notizie/1291919.shtml
http://www.corriere.it/esteri/15_aprile_14/erdogan-condanno-papa-sull-armenia-non-ripeta-l-errore-
8f74b874-e2c4-11e4-89b8-6515027f356a.shtml
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http://www.corriere.it/esteri/15_aprile_15/genocidio-armeni-governo-turco-il-papa-si-unito-fronte-male-
8fe33ca8-e379-11e4-8e3e-4cd376ffaba3.shtml
http://www.ancoraonline.it/2015/04/14/genocidio-armeno-il-95-degli-storici-condivide-questa-
definizione/
http://www.tempi.it/genocidio-armeno-erdogan-attacca-il-papa-ma-fu-ataturk-a-portare-via-mio-padre-
93-anni-fa#.VTFiQvmsXHk
Riferimenti utili
http://www.armenian-genocide.org/
http://it.gariwo.net/persecuzioni/genocidio-armeni/metz-yeghern-3472.html
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/armeni.htm
http://www.comunitaarmena.it/
http://www.2015rtag.com/
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Sommario Introduzione ...................................................................................................................................................... 3
Presentazione ................................................................................................................................................ 3
Rassegna stampa ........................................................................................................................................... 3
Articolo sul giornalino .................................................................................................................................... 3
Storia.................................................................................................................................................................. 5
Primo massacro ............................................................................................................................................. 5
Secondo massacro ......................................................................................................................................... 5
Genocidio? ......................................................................................................................................................... 6
Stati che riconoscono il fatto come genocidio .............................................................................................. 6
Posizioni contrastanti .................................................................................................................................... 6
Il punto di vista armeno ............................................................................................................................. 6
Il punto di vista turco ................................................................................................................................. 7
Appendici ........................................................................................................................................................... 8
Documenti ..................................................................................................................................................... 8
Lettera aperta della comunità armena italiana al presidente Napolitano: la Turchia, l’Europa e una
certa idea di valori ..................................................................................................................................... 8
Articolo di Gwynne Dyer, giornalista. ........................................................................................................ 9
Il genocidio armeno trattato nella voce “Genocidio” nella Treccani, di Mauro Raspanti ....................... 10
Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio............................................. 11
Intervista ad un armena .......................................................................................................................... 13
Saluto di Papa Francesco ai fedeli armeni ............................................................................................... 16
Galleria fotografica ...................................................................................................................................... 17
Rifugiati .................................................................................................................................................... 17
Massacri ................................................................................................................................................... 18
Sitografia ...................................................................................................................................................... 18
Rassegna stampa ..................................................................................................................................... 18
Dossier realizzato per il Giornalino Scolastico del Liceo G.V. Catullo – “Sapere Aude”
Paolo Franchi; Versione 1.0
AMDG