Gli oggetti in Hitchcock. Le cose gli oggetti Sul Grande Dizionario della lingua italiana di...

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Gli oggetti in Hitchcock

Le cose gli oggetti

• Sul “Grande Dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia (Torino UTET 1964) il lemma “cosa” predilige la natura filosofica del concetto:

• “Nome indeterminato e di valore semantico estesissimo che indica in modo generico ogni elemento di quanto esiste sia nella realtà sia nell’immaginazione tanto concreto quanto astratto”

Le cose gli oggetti

• Nelle specificazioni che seguono sempre nel medesimo “Dizionario” appaiono le “cose belle” la “cosa celeste” la “cosa divina” la “minima cosa” le “presenti cose” la “cosa creata” le “cose materiali” la “cosa cara le “cose incorporali” la “cosa in sé” la “cosa pubblica” la “ cosa animata” la “cosa terrena” le “segrete cose” le “cose mondane” la “cosa sperata” le “cose temporali” le “cose morte”

Le cose gli oggetti

• Accade dunque consultando il dizionario di Battaglia che la cosa intesa come oggetto naturale, corpo e oggetto materiale subito sfuma nell’uso filosofico

• Si intende qui invece portare l’attenzione sulle cose che occupano uno spazio che sono pesanti e il nostro procedere assumerà valore proprio perché avrà bisogno soprattutto di aggrapparsi alla materia degli oggetti

Le cose gli oggetti

• Proprio “oggetto” è il lemma che appare sul “Dizionario Analogico della lingua italiana” (Garzanti Milano 2001) dove non appare il lemma “cosa”

• Rispetto ad “oggetto” dunque il grappolo di parole per definirlo si allarga: “cosa roba affare coso attrezzo utensile arnese aggeggio congegno ordigno marchingegno accessorio suppellettile gingillo ninnolo carabattola ammenicolo cianfrusaglia minutaglia ciarpame materiale articolo pezzo

Le cose gli oggetti

• In questo stesso dizionario le “persone” che si relazionano agli oggetti e quindi anche alle cose sono classificate come “trovarobe” “collezionisti” e “feticisti”

Primo Levi “Se questo è un uomo” (1945 - 1947)

• Quando il mondo si restringe quando si è costretti a vivere in condizioni estreme allora come scrive primo Levi anche le cose minime riacquistano la loro dignità:

• «Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede»

Primo levi “Se questo è un uomo” (1945 - 1947)

• « Sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso... si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni affinità umana... si comprenderà allora il duplice significato del termine "campo di annientamento” e sarà chiaro che cosa intendiamo esprimere con questa frase: giacere sul fondo»

Le cose gli oggetti

• Se dunque il potere delle cose e soprattutto delle cose semplici è quello di dare forza agli uomini e ai concetti ecco allora che il rebus che alcuni definiscono un caposaldo dell’enigmistica è soprattutto una parola latina un caso ablativo che significa appunto “con le cose”

Le cose gli oggetti

• Le cose a cui si guarderà in questa lezione che spesso chiamiamo e chiameremo oggetti saranno intesi nella loro natura semplice e concreta il prodotto di un’arte o di una tecnica che poi sono la stessa cosa perché parlando di arte e tecnica l’una proviene dall’”ars” latina e l’altra dalla “techne” greca sempre ad indicare una azione che modifica lo stato e la forma di una materia e il fare è sempre all’origine della natura dell’”homo faber” anche nelle situazioni più estreme

Le cose gli oggetti

• Le modalità di coabitazione tra persone e cose sembrano favorire ogni sorta di ibridazione immaginabile

• Gli uomini non si sono mai privati né senza dubbio si priveranno mai del ricorso agli oggetti come mediatori dei loro rapporti; e all’opposto gli oggetti non saranno mai del tutto soli al mondo quasi fossero pezzi di un gioco che si giocherebbe da sé senza di noi

Le cose gli oggetti

• Gli oggetti infatti sono quel che sono grazie a noi e per noi e se un giorno dovessero emanciparsi da noi trasformandosi a loro volta in soggetti starebbe dunque a noi divenuti ormai loro oggetti svolgere in modo diverso il ruolo di mediatori delle loro relazioni.

• E’ quel che accade a Charlie Chaplin per esempio in “La febbre dell’oro” (“The Gold Rush” 1925) o in “Tempi moderni” (“Modern Times” 1936)

La febbre dell’oro Charlie Chaplin (1925)

La febbre dell’oro Charlie Chaplin (1925)

La febbre dell’oro Charlie Chaplin (1925)

Tempi moderni Charlie Chaplin 1936

Le cose gli oggetti

• Quando si dice: “la forma il colore il materiale di quelle sedie va d’accordo o non si accorda con quel tavolo o quel divano” si ragiona come se quegli oggetti provassero essi stessi gli uni nei confronti degli altri alcune forme di affinità o repulsione come se gli oggetti si attraessero o respingessero di testa propria

Le cose gli oggetti

• Evidentemente invece siamo noi soli a giudicare positivamente o negativamente di alcuni effetti di senso (ad esempio estetici) nati dalla compresenza fra oggetti stabilendo compatibilità o incompatibilità fra di essi

• Perciò quando spesso si dice a proposito di elementi di questo tipo che interagiscono fra loro si sta solo facendo uso di una metafora. In realtà essi interagiscono solo sotto il nostro sguardo e in virtù di esso adeguandosi a regole che noi stessi (cioè la nostra cultura) abbiamo stabilito

Le cose gli oggetti

• E’ proprio a partire dal concetto che gli oggetti interagiscono sotto il nostro sguardo che si può sciogliere il nodo tra cose e oggetti infatti si può stabilire un confine pur non sempre facile da tracciare tra due diversi status.

• Lo faremo usando come esempio una automobile

L’automobile da oggetto a cosa

• Sulla strada la presenza di una lastra di ghiaccio basterà a far sì che la nostra bella automobile un oggetto se è guidata con abilità si trasformi pur guidata con tutta l’abilità possibile in un’automobile-cosa un pezzo di ferro soggetto esclusivamente alle leggi della dinamica

Le cose gli oggetti

• Per ovviare a questa dicotomia a questa scissione noi parleremo di “interoggettività” e lo faremo organizzando la coabitazione fra oggetti all’interno delle dimensioni relativamente circoscritte dei film di volta in volta citati

• Potrà capitare anche però di fare ricorso al termine “interoggettività” in forma reificata ovvero considerando come concreto ciò che è astratto o facendo decadere a cosa a mero oggetto (res facere) un concetto astratto (per esempio arte o cultura)

Le cose gli oggetti

• Non bisogna mai dimenticare poi e dunque bisogna evidenziarlo che i legami di affinità che connettono gli oggetti fra di loro determinano per chi si relaziona con essi tanto dei programmi d’azione predefiniti guanto gli stati d’animo corrispondenti

Le cose gli oggetti

• Per questo gli oggetti interagendo fra loro agiscono su di noi a un duplice livello: quello della modalità funzionale del “far fare” e quello passionale del “far essere”

Le cose gli oggetti

• Ciò significa che le modalità di coabitazione fra oggetti ovvero i regimi di interoggettività non si limitano a organizzare da un punto di vista pragmatico i modi di utilizzo del tempo e dello spazio; essi contribuiscono anche a regolare i modi dello stare assieme fra soggetti mettendo in luce e spesso addirittura creando identità e differenze pertinenti fra individui o più spesso fra gruppi e le loro rispettive “forme di vita”

La casa nobile o borghese

• La casa nobile o borghese che ricorre spesso per esempio nei film di Visconti è un buon esempio di come gli oggetti non solo “fanno fare” ma anche “fanno essere” infatti nei mobili dell’interno tipo nobile o borghese si rileva una tendenza alla accumulazione a occupare lo spazio a chiuderlo

La casa nobile o borghese

• In queste case dunque gli oggetti hanno una funzionalità univoca inamovibilità presenza imponente e etichetta gerarchica. Ogni mobile ha una precisa destinazione che corrisponde alle diverse funzioni della cellula familiare e rimanda a una immagine della persona concepita come un sistema equilibrato di diverse facoltà

La casa nobile o borghese

• Tutta la casa ogni stanza diventa segno dell’integrazione dei rapporti personali nel gruppo semichiuso della famiglia. La dimensione reale in cui vivono gli oggetti è prigioniera della dimensione morale che devono significare

La casa nobile o borghese

• Esseri e oggetti sono legati e gli oggetti assumono in questa collusione una densità un valore affettivo che si accetta di chiamare presenza

• Gli oggetti quindi spiegano di fronte ai nostri occhi i contorni di una configurazione simbolica chiamata casa

La casa nobile o borghese

• In questa casa allora gli oggetti come dèi lari antropomorfi incarnano nello spazio i legami affettivi e la permanenza del gruppo

• Alla struttura chiusa della casa nobile o borghese si oppone l’ambiente funzionale che più aperto e più libero è strutturato frantumato tenendo conto delle sue diverse funzioni

Luchino Visconti “Senso” 1954

Luchino Visconti “Senso” 1954

Luchino Visconti “Senso” 1954

Luchino Visconti “Il gattopardo” (1963)

Luchino Visconti “Il gattopardo” (1963)

Luchino Visconti “Il gattopardo” (1963)

Luchino Visconti “Gruppo di famiglia in un interno” (1974)

Luchino Visconti “Gruppo di famiglia in un interno” (1974)

Luchino Visconti “Gruppo di famiglia in un interno” (1974)

Il dio oggetto Marc Augé Meltemi Roma 2002

• “L’oggetto, in quanto tale, rinvia a ogni individuo un’immagine di se stesso ma questa immagine, se riosservata da vicino[...] è sempre quella di un altro. [...] Il soggetto riosserva l’oggetto per cercarvi la propria identità e la cerca riosservandosi in esso”.

Il dio oggetto Marc Augé Meltemi Roma 2002

• Questa citazione di Marc Augé ci presenta gli oggetti come se parlassero facendoli partecipare in maniera inscindibile alla vita delle persone e volendo riportare questa citazione alla vita che racconta il cinema facendoli partecipare alla vita dei personaggi

Emilie Muller di Yvon Marciano (1993)

• Emilie Muller la protagonista del cortometraggio di Yvon Marciano catalogatrice di ordine istintivo e psicologico fa vivere gli oggetti trovati in una borsa nel sentimento del possesso confondendo continuamente il funzionale nel soggettivo e soprattutto mostrando che la voce o la mano che narrano o catalogano le cose sono in mezzo a loro come in un serraglio i padroni assoluti

“Emilie Muller” di Yvon Marciano (1993)

“Emilie Muller” di Yvon Marciano (1993)

“Emilie Muller” di Yvon Marciano (1993)

“Emilie Muller” di Yvon Marciano (1993)

“Emilie Muller” di Yvon Marciano (1993)

Gli oggetti di Hitchcock

• Il racconto di Emilie Muller il suo investire gli oggetti di un’anima ci riporta al mondo degli oggetti di Hitchcock

• Hitchcock è l’unico regista che riesce a creare un mondo di storie e simboli attraverso l’uso di “immagini familiari” ovvero immagini che sono la composizione di scene in cui l’uso di oggetti familiari permette la creazione di un dialogo muto con lo spettatore che impotente si gode il brivido

Gli oggetti di Hitchcock

• E’ come se gli oggetti parlassero perché essendo sempre al centro della storia (si pensi all’accendino e agli occhiali di “Delitto per delitto” o al bicchiere di latte con la lampadina dentro in “Il sospetto” o ancora alla fila di bottiglie in “Notorius”) partecipano in maniera inscindibile alla vita degli stessi personaggi

Il bicchiere di latte in “Il sospetto” Hitchcock 1941

Il bicchiere di latte in “Il sospetto” Hitchcock 1941

Il bicchiere di latte in “Il sospetto” Hitchcock 1941

La fila di bottiglie in “Notorius” Hitchcock 1946

La fila di bottiglie in “Notorius” Hitchcock 1946

La fila di bottiglie in “Notorius” Hitchcock 1946

L’accendino in “Delitto per delitto” Hitchcock 1951

L’accendino in “Delitto per delitto” Hitchcock 1951

Gli occhiali in “Delitto per delitto” Hitchcock 1951

Gli occhiali in “Delitto per delitto” Hitchcock 1951

Gli oggetti di Hitchcock

• Spingendoci oltre possiamo allora affermare che gli oggetti nei film di Hitchcock non parlano semplicemente con lo spettatore ma ricoprono veri e propri ruoli attanziali (in campo semiotico attante si definisce colui che fa o subisce una azione) in grado di interagire con gli utilizzatori o con gli altri oggetti attanti

Gli oggetti di Hitchcock

• E se un artista o un designer è colui che “informa il materiale” ovvero soprattutto il designer è quel professionista che partendo da un determinato materiale attraverso studi tecnici e scelte artistiche ne determina la forma sia esso un oggetto d’uso (industrial designer) o un elemento della comunicazione (graphic designer) allora si può affermare che gli artisti i designer e Hitchcock fanno lo stesso mestiere ovvero non progettano e/o disegnano solo oggetti ma anche la loro storia

Gli oggetti di Hitchcock

• Infatti quando Hitchcock o un qualsiasi altro artista realizza un determinato prodotto disegno o scena inscrive in esso le modalità di lettura dello stesso e di conseguenza il suo futuro modo di relazionarsi con gli utenti

Gli oggetti di Hitchcock

• Gli oggetti (interfacce con elementi cromatici scritte e forme ergonomiche) e le riprese cinematografiche (scene ben definite in inquadrature illuminazione audio) elargiscono una serie di segnali che attirando l’attenzione dell’osservatore lo invitano a relazionarsi con essi e stipulando con lui contratti o conflitti gli fanno rispettare il programma narrativo desiderato dall’autore

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

• Il sistema hitchcockiano degli oggetti che Godard racconta in “Histoire(s) du cinéma” (1998) ci presenta Alfred Hitchcock come il più grande inventore di forme del XX secolo afferma infatti Godard:

• “Alfred Hitchcock è stato il più grande inventore di forme del XX secolo e sono le forme che ci dicono alla fine ciò che c’è al fondo delle cose”.

“Histoire(s) du cinéma” Jean-Luc Godard (1998)

“Histoire(s) du cinéma” Jean-Luc Godard (1998)

“Histoire(s) du cinéma” Jean-Luc Godard (1998)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

[…]Abbiamo dimenticatoperchè Joan Fontainesi sporga sul ciglio della scogliera(Il sospetto, 1941)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

e cosa

Joel McCrea

sen'andasse a fare

in Olanda

(Il prigioniero di Amsterdam, 1940)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

abbiamo dimenticato

su cosa

Montgomery Clift mantenga

eterno silenzio

(Io confesso, 1953)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

e perché Janet Leight

si fermi al Motel Bates

(Psycho, 1960)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

e perchè Teresa Wright

sia ancora innamorata

di Zio Charlie

(L'ombra del dubbio, 1943)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

abbiamo dimenticato

di cosa Henry Fonda

non sia

del tutto colpevole

(Il ladro, 1956)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

e perché esattamente

il governo americano

ingaggi Ingrid Bergman

(Notorius, 1946)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

ma ci ricordiamo

di una borsetta

(Marnie, 1964)

ci ricordiamo di un camion

nel deserto

(Intrigo internazionale, 1959)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

ma ci ricordiamo

di un bicchiere di latte

(Il sospetto, 1941)

delle pale di un mulino

(Il prigioniero di Amsterdam, 1940)

di una spazzola per capelli

(Vertigo, 1958)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

ma

ci ricordiamo

di una fila di bottiglie

(Notorius, 1946)

di un paio di occhiali

(Delitto per delitto, 1951)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

di uno spartito

(L'uomo che sapeva troppo, 1956)

di un mazzo di chiavi

(Delitto perfetto, 1954)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

perchè con questi

e attraverso questi

Alfred Hitchcock riuscì

la dove fallirono

Alessandro, Giulio Cesare,

Napoleone

avere il controllo dell'universo

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

forsediecimila personenon hanno dimenticatola mela di Cézannema sono un miliardogli spettatoriche ricorderannol'accendinodello sconosciuto del Nord Express(Delitto per delitto, 1951)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

e se Alfred Hitchcockè stato il solopoeta maledettoa avere successoè perché è statoil più grandecreatore di formedel ventesimo secolo

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

e perché sono le forme

che ci dicono

alla fine

ciò che c'è al fondo delle cose

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

ora, che altro è l'arte

se non ciò per cui

le forme diventano stile

e che altro è lo stile

se non l'uomo

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

è allora una bionda

senza reggiseno

pedinata da un detective

che ha paura del vuoto

(Vertigo, 1958)

Gli oggetti di Hitchcock secondo Jean-Luc Godard

a portarci

la prova

che tutto questo

non è che cinema

in altre parole

l'infanzia dell'arte

[...]

“Hitchcock et l’art”

“Hitchcock et l’art”

• Questo il titolo della mostra curata da Guy Cogeval e Dominique Paini: in questa esposizione gli oggetti dei film di Hitchcock attraverso la Mise-en-scène museale diventano oggetti della memoria

• Il brano che Godard dedica a Hitchcock nelle “Histoire(s) du cinéma” introduceva la sezione centrale di questa mostra

“Hitchcock et l’art”

• Il sistema hitchcockiano degli oggetti che Godard racconta era da Paini illustrato attraverso una serie di piccole teche di vetro collocate su colonnine di media altezza: su ognuna sistemato su un fondo di raso rosso e illuminato violentemente un oggetto una targhetta di avorio con il titolo di un film e una immagine in bianco e nero di piccole dimensioni con i bordi sfrangiati che è quasi una istantanea del film stesso

“Hitchcock et l’art”

• La mostra di Paini è dunque la messa in scena dell’intuizione godardiana circa le risonanze attivate nella nostra memoria di spettatori dagli oggetti di Hitchcock più ancora che dalle storie

• Si possono definire tre campi d’azione degli oggetti di Hitchcock: una funzione strumentale una funzione indiziaria e una funzione vicaria

Oggetto con funzione strumentale

• Funzione strumentale ha la borsetta in “Marnie” (1964) o il camion nel deserto in “Intrigo internazionale” (1959)

• Essi sono meri utensili prodotti della tecnica che assumono il valore di aiutanti modali ovvero oggetti che forniscono servizi

La borsetta in “Marnie” Hitchcock (1964)

Il camion nel deserto “Intrigo internazionale” Hitchcock

(1959)• Come racconta Hitchcock a Truffaut: “La scena

dell’aereo nel deserto è affascinante perché gratuita. E’ una scena svuotata di ogni verosimiglianza e di ogni significato [...] E questa gratuità, che mi rimproverano spesso, [...] è sottolineata molto bene dal dialogo, quando il contadino prima di salire sul camion dice a Cary Grant, parlando dell’aereo che comincia a fare delle evoluzioni da lontano: “Toh! Ecco un aereo che sparge il solfato di rame sui campi e tuttavia non ci sono raccolti da disinfestare…”

Il camion nel deserto “Intrigo internazionale” Hitchcock

(1959)• A queste parole del maestro del brivido

Truffaut risponde: “L’aereo non sparge niente e non si dovrebbe mai muoverle dei rimproveri a proposito della gratuità nei suoi film, perché lei ha la religione della gratuità, il gusto della fantasia fondata sull’assurdo”

Il camion nel deserto “Intrigo internazionale” Hitchcock

(1959)

L’aereo nel deserto “Intrigo internazionale” Hitchcock

(1959)

L’aereo nel deserto “Intrigo internazionale” Hitchcock

(1959)

L’aereo nel deserto “Intrigo internazionale” Hitchcock

(1959)

Oggetto con funzione indiziaria

• E’ oggetto con funzione indiziaria la chiave in “Il delitto perfetto” (1954)

• Oggetto tipico del genere poliziesco è in grado di offrire la soluzione del caso al pubblico

La chiave in “Il delitto perfetto” Hitchcock (1954)

La chiave in “Il delitto perfetto” Hitchcock (1954)

Oggetto con funzione vicaria

• Hanno funzione vicaria gli occhiali e l’accendino in “Delitto per delitto” (1951) o la spirale in “Vertigo” (1958)

• In questi film l’oggetto è da intendersi come protesi del corpo del soggetto un vero e proprio elemento umano in grado di interagire con l’esterno

Gli occhiali in “Delitto per delitto” Hitchcock (1951)

Gli occhiali in “Delitto per delitto” Hitchcock (1951)

L’accendino in “Delitto per delitto” Hitchcock (1951)

L’accendino in “Delitto per delitto” Hitchcock (1951)

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

La funzione vicaria degli oggetti

• Concentriamoci ora sulla funzione vicaria degli oggetti analizzando

• la spirale in “Vertigo” e

• l’accendino e gli occhiali di “Delitto per delitto”

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

• “Vertigo” è un film in cui per dirla con Rohmer: “tutto diventa cerchio, ma il cerchio non si chiude”

• Fin dai titoli di testa siamo immersi in una atmosfera tesa e spasmodica. La prima inquadratura è uno zoom che mostra una bocca simbolo generale dell’oralità come se Hitchcock stesse dicendo: “adesso vi racconto una bella storia”

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

• Ma per catturare l’attenzione degli spettatori Hitchcock non ha bisogno soltanto della trasmissione orale ma anche di quella visiva: ecco dunque spiegato il risalire verso gli occhi

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

• La visione è tema dominante nell’opera hitchcockiana: la sua magistrale suspense come lui stesso ha spiegato nasce dal fatto che noi spettatori guardando porzioni di realtà precluse invece al protagonista ne sappiamo più di lui e tendiamo perciò a identificarci in esso

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

• Inoltre certamente si ha bisogno di vedere oltre che di sentire chi racconta una fiaba per potere avere maggiore paura e così anche l’acrofobico anche chi soffre di vertigini ha bisogno di vedere perché gli si risveglino le vertigini e provare così quella strana sensazione di ottundimento dei sensi

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

• Si constata tuttavia che la spirale pur possedendo così tanti significati non è un oggetto non ha nulla di protesico del corpo umano ma è un semplice elemento figurale una conformazione geometrica in grado però di rimandare alla famosa ciocca di capelli che ritroveremo più volte nel film

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

• Questa incastonatura genera una serie di condizioni simboliche tra cui la volontà di creare la Madeleine dei sogni tramite un continuo inseguimento tra negozi e incontri menzogna e verità

• Fin da subito si può notare la volontà di trasformare la protagonista in altro: Kim Novak deve recitare il ruolo di Judy che deve fare finta d’essere Madeleine

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

• Questo meccanismo perverso è definito da Victor Stoichita “effetto pigmalione” a indicare la volontà da parte di un creatore di “plasmare la vita” in un oggetto (un artefatto) che in realtà abbia anima e corpo e sia simulacro dei suoi desideri

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

• Le spirali tornano nuovamente nella paura dell’altezza (le vertigini) di Scottie: il film si è aperto con un poliziotto che cade da un palazzo; alla fine e nel mezzo c’è una donna che cade da una torre campanaria; in termini pratici la vicenda parla di un uomo che inizia a soffrire di vertigini ma riesce a guarirne vedendo due persone a lui care morire a causa dell’altezza

La spirale in “Vertigo” Hitchcock (1958)

• La spirale allora questo anello che diventa cerchio un cerchio che non si chiude è come uno specchio che riflette tutto ciò

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951) incipit

• Il regista alterna le inquadrature in modo che vi sia uno scontro di direzioni: Bruno il primo uomo con le scarpe lucide e vistose si muove sempre verso sinistra mentre Guy il secondo uomo sempre verso destra sia in stazione che nello scompartimento del treno

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951) incipit

• Inoltre fino all’entrata nel salone d’accesso ai binari la loro direzione non solo è opposta ma pure obliqua il che dà un ulteriore senso di incrocio alle traiettorie dei due personaggi e questo disegno viene ripreso dalla inquadratura dei binari che da paralleli si incrociano nei vari scambi a far sembrare quindi inevitabile lo scontro tra i due che arrivano dai lati opposti dello scompartimento si siedono e finalmente si scontrano

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951)

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951) incipit

• Tutto questo accade senza che noi fino a quando i loro piedi si toccheranno vediamo in faccia i due protagonisti: una scelta ardita che crea suspense raccontando due perfetti sconosciuti attraverso le loro gambe

Le scarpe dei due protagonisti in “Delitto per delitto”

Hitchcock (1951)

L’importanza del tennis in “Delitto per delitto” Hitchcock

(1951)• Guy uno dei due è tennista e il tennis ha un

ruolo fondamentale nell’economia del film perché è un gioco preciso schematico in apparenza simmetrico ma che in realtà è segnato da una disparità di partenza

• In esso tutto è speculare tranne l’azione dei giocatori infatti uno solo di essi (quello nel cui campo si trova la pallina) è impegnato nel gioco mentre l’altro rimane in attesa del proprio turno

L’importanza del tennis in “Delitto per delitto” Hitchcock

(1951)• Il tennis diviene così una metafora

dell’elemento centrale del film: la simmetria interrotta e incompiuta che si rispecchia anche nello scambio mancato dei delitti infatti al delitto di Bruno non corrisponde inizialmente nessuna azione criminosa da parte di Guy

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951) sequenza finale

• Nell’ultimo montaggio alternato in cui il punto di incontro è un duello su una giostra impazzita che scagionerà l’innocente Guy si alternano in una crescente tensione i campi dei due giocatori del match di tennis i primi piani dell’amante di Guy e della sorella e il piano diabolico di Bruno mentre tenta di recuperare l’accendino caduto nel tombino

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951) sequenza finale lo

scontro su una giostra

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951) sequenza finale lo

scontro su una giostra

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951) sequenza finale

• Qui l’accendino oltre a rappresentare l’elemento vicariale del corpo di Guy (se raggiunge il luna park sarà la prova che il tennista è stato sul luogo del delitto) ricopre il ruolo di artefatto umano di oggetto inteso come qualcosa che intralcia è un ostacolo gettato sul nostro cammino e infatti ostacola la corsa di Bruno verso la salvezza

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951) l’occhiale come attante• L’occhiale come attante compare nella

sequenza in cui Bruno uccide la moglie di Guy Miriam: rintraccia l’indirizzo della donna l’attende fuori fino a che vedendola uscire in compagnia di due uomini per una serata al luna park la segue

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951) l’occhiale come attante• Segue il gruppo e si avvicina alla donna

che flirta di buon grado persino con lui oltre che con i due amici. Poi la uccide nell’isola che si raggiunge attraversando con la barca il tunnel dell’amore

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951) l’occhiale come attante• Nel momento in cui Bruno procede con

la massima calma allo strangolamento gli occhiali caduti per terra riflettono l’assassino mentre strangola la donna: non sono più Bruno e Miriam i soggetti dell’inquadratura ma gli occhiali stessi che riflettono la scena (visione oggettiva) la guardano (visione soggettiva) insieme a noi

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951) l’occhiale come attante

“Delitto per delitto” Hitchcock (1951) l’occhiale come attante• Lo spettatore vede ciò che in quel frangente

sta vedendo l’attante-occhiale attraverso l’attante stesso. Inoltre nel resto del film l’oggetto occhiale crea continui rimandi al momento dell’omicidio portando Bruno a momenti di raptus incontrollabili: vede riflessa sugli occhiali la fiamma dell’accendino e “proietta” sulla sorella della fidanzata di Guy la sua crescente ossessione

“Delitto per delitto” (1951) l’occhiale come attante

• Non sarà dunque un caso se la ragazza raccontando la cosa alla sorella appunto la fidanzata di Guy terrà gli occhiali in una posizione che ricorda gli occhiali caduti di Miriam al momento del delitto

• Inoltre ogni volta che compaiono gli occhiali la musica di sottofondo è quella che si sentiva al lunapark e così noi siamo dei testimoni impotenti del delirio di Bruno

Per concludere

• Dopo questa analisi Hitchcock si conferma grande artista delle forme e infatti i suoi programmi narrativi danno origine a complessi intrecci tra artefatti gettati sul sentiero e attori che vi si imbattono

Per concludere

• In Hitchcock gli oggetti sono in grado di suggerire vere e proprie sequenze d’azione e la loro morfologia ci spinge anche grazie al modo in cui Hitchcock li riprende a usarli in un determinato modo ovvero ci suggerisce di interpretarli affidando loro un determinato ruolo

Per concludere

• Se Hitchcock ha puntato tutto sulla creazione di suspense e se l’artista in genere ma soprattutto il designer invece si prefigge lo scopo di realizzare oggetti d’uso in grado di eliminare altri oggetti che intralciano il percorso del suo successo ecco che gli artisti i designer e Hitchcock risultano tutti creatori di forme di arte in movimento

Bibliografia

• M. Augé “Il dio oggetto” Meltemi Roma 2002• G. Cogeval D. Paini, “Hitchcock et l’art”

catalogo della mostra Montreal 16 novembre 2000 18 marzo 2001

• V. Flusser, “Filosofia del design” Bruno Mondadori Milano 2001

• J.L. Godard, “Histoire(s) du cinéma” Galimard Paris vol. IV 1998

Bibliografia

• P. Levi “Se questo è un uomo” Einaudi Torino 1971

• V. Marchis “Storie di cose semplici” Springer Editore 2008

• J. Saramago “Oggetto quasi” Einaudi Torino 1997

• V. Stoichita “L’effetto Pigmalione” Il Saggiatore Milano 2006

Filmografia

• “La febbre dell’oro” C. Chaplin 1925• “Tempi moderni” C. Chaplin 1925• “Il sospetto” A. Hitchcock 1941• “Notorius” A. Hitchcock 1946• “Delitto per delitto” A. Hitchcock 1951• “Il delitto perfetto” A. Hitchcock 1954• “Senso” L. Visconti 1954• “Vertigo” A. Hitchcock 1958

Filmografia

• A. Hitchcock “Intrigo internazionale” 1959 • L. Visconti “Il gattopardo” 1963• A. Hitchcock “Marnie” 1964• L. Visconti “Gruppo di famiglia in un interno”

1974• Y. Marciano “Emilie Muller” 1993• J.L. Godard “Histoire(s) du cinéma” 1998