Hortus sconclusus

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Hortus sconclusus

Giuseppe Mendolia Calella

E dunque vediamo che alla natura del corpo sono necessarieassolutamente poche cose, quelle che tolgono il dolore,e sono tali che possono anche procurare molte delizie;né la natura stessa tal-volta richiede cosa più gradita -se in casa non ci sono au-ree statue di giovaniche tengano nelle mani destre torce fiammeg-gianti,sì che sia data luce ai notturni banchetti,né il palazzo rifulge d’ar-gento e brilla d’oro,né alla cetra fanno eco i soffitti a riquadri e dora-ti -quando tuttavia, famili-armente distesi sull’erba morbida,presso un ruscello, sotto i rami di un albero alto,

con tenui mezzi ristorano giocondamente i corpi;soprattutto quando il tempo arride e la stagio-necosparge di fiori le erbe verdeggianti.Né le ardenti febbri, se ti dibatti tra drappi rica-matie porpora rosseggian-te, lasciano il corpo più prestoche se devi giacere su un tappeto plebeo.Perciò, poiché nulla al nostro corpo giovano i tesori,né la nobiltà, né la gloria del regno, per il restosi deve pensare che anche all’animo nulla giovino;salvo che, per avventura, quando vedi le tue legioniardentemente agitarsi per il campo suscitando simulacri di guerra,appoggiate da potenti ri-serve e da forze di caval

leria,e le schieri fornite di armi e parimenti animo-se,‹quando vedi la flotta ardentemente agitarsi e vagare per largo spazio,›allora, intimorite da que-ste cose, le superstizioniti fuggano via dall’animo trepidanti, e i timori del-la mortelascino allora sgombro il petto e sciolto dall’affan-no. Ma, se vediamo che questi pensieri son ridi-coli e meritano scherno,e in realtà i timori degli uomini e gli affanni in-calzantinon temono i fragori delle armi, né i crudeli dardi,e audacemente si aggira-no tra i re e i potenti del mondo,né riveriscono il fulgore che si irraggia dall’oro,né il luminoso splendore

di un vestito di porpora,come puoi dubitare che questo potere sia tutto della ragione?Specie se pensi che tutta nelle tenebre la vita si travaglia.Difatti, come i fanciulli trepidano e tutto temononelle cieche tenebre, così noi nella luce talora ab-biamo pauradi cose che per nulla son da temere più di quelle che i fanciullinelle tenebre paventano e immaginano prossime ad avvenire.Questo terrore dell’ani-mo, dunque, e queste tenebrenon li devono dissolvere i raggi del sole, né i lucidi dardidel giorno, ma l’aspetto e l’intima legge della natu-ra.

Lucrezio, De rerum natura

V(erbum)

Quindi viepiù seguiterò a tessere fino al fondo con le parole l’opera intrapre-sa.E poiché ho insegnato che gli spazi del mondosono mortali ‹e› il cielo consiste di un corpo che nasce,e tutte le cose che in esso avvengono, ed è necessa-rio avvengano,per la maggior parte le ho spiegate, ascolta inoltre ciò che resta,giacché una volta montato sul glorioso carrodei venti sorgano, ‹come› tutto si plachi di nuovociò che era stato, si sia cambiato, placatosi il fu-

rore;e tutte le altre cose che avvenire in terra e in cielo vedonoi mortali, quando stanno spesso sospesi con spiriti impauriti:quelle cose che umiliano gli animi col timore degli dèie depressi li abbattono a terra,poiché l’ignoranza delle cause costringe ad attri-buiregli eventi al potere degli dèi e ad ammetterne il regno.

Piant(o)a

T(aglio)

Hortus sconclususGiuseppe Mendolia Calella

2011