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I COLLOQUI DEL PROFESSIONISTA CON I COLLABORATORIE CON IL PERSONALE
Michele D’Agnolo2 luglio 2015
SOMMARIO (1)
• Le categorie di addetti degli studi professionali e le loro caratteristiche.
• Le tecniche di ascolto.• La gestione delle conversazioni difficili.• La gestione del colloquio gestionale.• I colloqui di selezione e di inserimento.
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SOMMARIO (2)
• I colloqui di motivazione, fissazione degli obiettivi e di delega.
• I colloqui formativi e di affiancamento. • I colloqui di feedback, di elogio e di
gestione degli errori.• I colloqui di valutazione.• I colloqui disciplinari e di fine rapporto.
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LE CATEGORIE DI ADDETTIDEGLI STUDI PROFESSIONALI
E LORO CARATTERISTICHE
LE PERSONE CHE LAVORANONEGLI STUDI PROFESSIONALI (1)
• Un gruppo di volontari orgogliosi e scettici.• Devono disporre di una mente allenata ad
apprendere e decidere velocemente.• Devono essere in grado sostenere elevati e
discontinui carichi di lavoro.• Devono gestire lo stress che deriva dai continui
cambiamenti e dai rischi tipici dell’attività professionale.
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LE PERSONE CHE LAVORANONEGLI STUDI PROFESSIONALI (2)
• Devono essere dotati di grande equilibrio per sostenere l’impatto emotivo con il cliente.
• Amano la sfida di dominare l’incertezza e l’adrenalina di un nuovo problema.
• Non sempre la remunerazione economica è idonea a ricompensare dei molti sacrifici, che l’attività professionale può comportare.
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COSA SI ATTENDEIL COLLABORATORE
DAL PROFESSIONISTA
• Il collaboratore si attende attenzione.
• La presenza e il tempo dedicato al collaboratore sono fattori fortemente motivanti così come la lode e il biasimo.
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LE CATEGORIE DI ADDETTIDEGLI STUDI PROFESSIONALI
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• Soci.• Professionisti collaboratori.• Praticanti.• Dipendenti.
LE TECNICHE DI ASCOLTO
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ASCOLTARE
• Sebbene l’ascolto sia la prima abilità comunicativa appresa e anche quella più utilizzata, essa non riceve alcun insegnamento.
• Deriva dalla parola auscultare che significa sentire con delicatezza e cura.
• Significa: – aver cura dell’altro;– cercare la verità dell’altro;– essere disposti a scoprire che non siamo nel vero;– aprirsi all’altro come atto di fiducia.
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È UN BUON ASCOLTATORE
• Chi desidera ascoltare.• Chi presta la massima attenzione.• Chi comprende.• Chi ricorda ciò che ascolta.
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L’ASCOLTO EFFICACE
• Ascolto e osservazione di ciò che dice l’altro.
• Ascolto e osservazione di ciò che non dice.
• Ascolto e osservazione di come lo dice.
• Osservazione di come si presenta e si muove.
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OBIETTIVO DELL’ASCOLTO ATTIVO
• L’ascolto attivo ha lo scopo di incoraggiare l’altro ad autoesplorarsi attraverso la conversazione.
• ASCOLTARE /COMPRENDERE sia il contenuto cognitivo che emotivo.
• RESTITUIRE LA COMPRENSIONE nel rispecchiamento empatico.
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RISPECCHIAMENTO EMPATICO
• Riformulazione.
• Delucidazione.
• Abilità nel porre domande.
• Messaggi in prima persona: “mi sembra che…”, “credo che…”
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DELUCIDAZIONE
• Agevola l’autocomprensione perché si sottolineano i sentimenti che accompagnano i contenuti cognitivi.
• Serve a rendere consapevoli gli aspetti non verbali per compiere una più approfondita riflessione.
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COMPRENSIONE
• Imparzialità: il vostro punto di vista non è “il” punto di vista, ma “un” punto di vista.
• Lungimiranza: saper prevedere le conseguenze di ciò che si dice sulle persone che ci sono di fronte, le loro reazioni, i loro motivi.
• Stima: se non credete negli altri e in ciò che dite, questo sarà percepito.
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ASCOLTO EMPATICO
• Ci si mette in condizione di “ascolto efficace” provando a mettersi “nei panni dell’altro”, cercando di entrare nel punto di vista del nostro interlocutore e comunque condividendo, per quello che è umanamente possibile, le sensazioni che manifesta.
• ATTENZIONE: da questa modalità è escluso il giudizio, ma anche la tensione del “dover darsi da fare” per risolvere il problema.
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ASCOLTO FINTO
• Ascolto “a tratti”, lasciandosi catturare da distrazioni, confidando sull’intuito che precocemente cattura le cose “importanti” tralasciando quelle ”meno importanti”.
• Ascolto “passivo” senza reazioni.
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BARRIERE ALL’ASCOLTO (1)
• Verbali: interruzioni, soliloqui, ecc.• Non verbali: eccessiva gestualità, eccessiva
eccentricità, tonalità troppo basse/alte, distanza/vicinanza ecc.
• Emotive: rabbia, ansia, stanchezza ecc.• Ambiente: troppo o poco luminoso, rumoroso,
non confortevole ecc.• Posizioni personali: preconcetti, conclusioni
affrettate ecc.
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BARRIERE ALL’ASCOLTO (2)
• Ammonire, minacciare, fare la predica.• Offrire suggerimenti non richiesti.• Giudicare, criticare, etichettare.• Interpretare, analizzare.• Indagare, fare domande in modo inquisitorio.• Impartire ordini.• Assecondare.• Cambiare argomento, scherzare, minimizzare.
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IL METODO GORDON• Thomas Gordon (1918-2002), psicologo clinico
candidato al Premio Nobel per la Pace per ben 3 anni grazie al valore della sua opera rivolta alla famiglia e alla scuola con l'obiettivo di facilitare un clima relazionale democratico e pacifico per lo sviluppo delle potenzialità della persona.
• Comunicare efficacemente significa, in primo luogo, saper ascoltare il messaggio del nostro interlocutore: questo è il principio sul quale lo psicologo americano Thomas Gordon ha basato il metodo di comunicazione che da lui prende il nome.
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L’ASCOLTO ATTIVO
• L’ascolto attivo, in quanto opposto all’ascolto passivo (silenzio), implica l’interazione con l’interlocutore e fa anche in modo che questi abbia delle prove (feedback) che chi lo sta ascoltando lo stia anche capendo.
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LE FASI CHE DELL’ASCOLTO ATTIVO
Ascolto attivo
Approfondimento
Accoglimento
Ascolto passivo
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PARAFRASARE
• Riassumere con parole vostre quanto vi è appena stato detto…
• Crea empatia e favorisce la relazione.• Aiuta a chiarire il contenuto di quanto
comunicato.• Esempio: “mi sta dicendo che…?”, “Lei
sostiene che…”
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RISPECCHIARE
• Ripetere in forma interrogativa l’ultima parola o frase del soggetto.
• Fornisce un feedback sull’esattezza.
• Sollecita ulteriori informazioni senza influenzarne la direzione.
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LA GESTIONE DELLECONVERSAZIONI DIFFICILI
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OBIETTIVO
• Gestire con successo conversazioni difficili con i propri collaboratori è un'abilità importante per gestire con successo le relazioni e ottenere risultatisoddisfacenti da esse.
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TIPOLOGIE DI CONVERSAZIONI DIFFICILI
• Essere in disaccordo quando la posta in gioco è alta.
• Trattare con un comportamento maleducato e irrispettoso.
• Dover dire di NO.• Dare notizie difficili o spiacevoli.
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QUANDO DOBBIAMO IMPEGNARCI IN UNA CONVERSAZIONE DIFFICILE?
• Per determinare se è davvero necessario sostenere una conversazione difficile, è necessario porsi le eseguenti domande:– Qual è la posta in gioco?– Che cosa succede se non si evita o se non si
gestisce correttamente la conversazione?
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SUGGERIMENTI GENERALIE STRATEGIE (1)
• Essere proattivi:– avere un sempre un piano;– prepararsi al peggior scenario possibile.
• Ascoltare:– mantenere il contatto visivo, annuire con la testa
e guardare l’interlocutore;– se l’interlocutore percepisce il nostro
interessamento, tenderà ad aprirsi con maggiore facilità e ad essere più ragionevole e collaborativo.
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SUGGERIMENTI GENERALIE STRATEGIE (2)
• Scegliere con cura le parole. • Ci sono alcune «parole scatenanti» che possono
indurre le persone a diventare più diffidenti e difficili da gestire soprattutto in situazioni emotivamente cariche, come ad esempio:– "Calmati!"– "Si deve ..."– "Non puoi ..."– "Mi dispiace"– "Ma"
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SUGGERIMENTI GENERALIE STRATEGIE (3)
• Empatia– Il messaggio fondamentale è «Capisco che ti
senti ….».– L'empatia non è essere in accordo, ma
accettare.
• Non promettere o minacciare ciò che non è possibile mantenere, si perde di credibilità.
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LA ROAD MAP PER GESTIRE CONVERSAZIONI DIFFICILI (1)
• Decodificare la struttura della conversazione difficile:• il contenuto;• l’aspetto emotivo;• l’identità di ciascuno.
• Non imporre le proprie ragioni e assumere il punto di vista degli altri.
• Distinguere le intenzioni dagli effetti.• Non ragionare in termini di «colpe» ma in termini di
«contributo» che ciascuno può dare.
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LA ROAD MAP PER GESTIRE CONVERSAZIONI DIFFICILI (2)
• Controllare la propria emotività ed evitare che abbia il sopravvento.
• Mantenete saldo il vostro ruolo, il vostro equilibrio e la vostra identità all’interno della conversazione.
• Stabilire se è opportuno occuparsene o abbandonare la conversazione.
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LA ROAD MAP PER GESTIRE CONVERSAZIONI DIFFICILI (3)
• Accettare una prospettiva diversa dalla propria.
• Ascoltare con attenzione e cogliere l’opportunità di imparare.
• Esprimetevi con chiarezza e onestà(No More, But No Less).
• Problem solving: conducete il gioco.02/07/2015 35
IL COLLOQUIOCON I COLLABORATORI
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COS’È UN COLLOQUIO
• È un’attività, più o meno strutturata, attraverso la quale capo e collaboratore entrano in relazione comunicativa per soddisfare un’esigenza particolare.
• È dotato di motivazione intrinseca: entrambi i soggetti coinvolti hanno un interesse (da promuovere o difendere).
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IL COLLOQUIO NON È…
• Un'interrogazione.
• Un interrogatorio.
• Stress interview.
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IL COLLOQUIO GESTIONALE
• Specifica modalità di interazione comunicativa tra capo e collaboratore finalizzata a rafforzare:– la performance;– il supporto operativo;– la motivazione;– lo sviluppo professionale.
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I 5 STEP DEL COLLOQUIO
1. Definire lo scopo e gli obiettivi. 2. Definire la struttura del colloquio.3. Condurre il colloquio4. Dedicare attenzione agli aspetti di
relazione.5. Gestire ostacoli/errori.
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1. DEFINIRE LO SCOPOE GLI OBIETTIVI (1)
• Quale utilità deve soddisfare?• Perché sussiste la necessità di
richiedere/fornire certe informazioni?• Cosa mi prefiggo di ottenere dal mio
collaboratore?• Cosa riteniamo si aspetti il collaboratore?
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1. DEFINIRE LO SCOPOE GLI OBIETTIVI (2)
• Come prevedo di raggiungere il mio scopo? (strumenti e modalità relazionali).
• Quali leve emotive mi prefiggo di attivare?
• Quali azioni porrò in essere a fronte delle diverse reazioni del collaboratore?
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1. DEFINIRE LO SCOPOE GLI OBIETTIVI (3)
• Chiarire al collaboratore gli obiettivi dell’incontro.
• Concordare con il collaboratore la condivisione dello scopo.
• Accettare che possano coesistere obiettivi divergenti.
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2. DEFINIRE LA STRUTTURADEL COLLOQUIO (1)
• Stabilire quali soggetti coinvolgere.• Definire i contenuti (dati, datti, opinioni, ecc.) che
si vogliono trasmettere e raccogliere, definire gli argomenti su cui focalizzarsi.
• Identificare il luogo fisico più adeguato (ufficio del professionista, del collaboratore, sala riunioni, luogo esterno).
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2. DEFINIRE LA STRUTTURADEL COLLOQUIO (2)
• Scegliere la posizione rispetto al collaboratore.
• Programmare l’incontro e la sua durata
• Scegliere gli strumenti più adeguati (moduli, schemi, scalette, ecc.).
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3. CONDURRE IL COLLOQUIO (1)
• Pianificare il colloquio– Raccogliere e sistematizzare informazioni sul
collaboratore e sull’oggetto dell’incontro (esempio: gli obiettivi concordati a inizio anno).
– Reperire/predisporre la documentazione eventualmente necessaria.
– Preparare una scaletta.
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3. CONDURRE IL COLLOQUIO (2)• Introduzione
– Accoglimento.– Dichiarazione del motivo e dell’obiettivo dell’incontro.– Definizione del «contratto relazionale».
• Svolgimento• Conclusione
– Riepilogo.– Decisioni conclusive (azioni a seguire).– Congedo.
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3. CONDURRE IL COLLOQUIO (3)
• Valutazione del colloquio– A caldo.– A freddo.
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4. DEDICARE ATTENZIONE AGLI ASPETTI DI RELAZIONE
• Osservare (la comunicazione non verbale).• Ascoltare attivamente.• Comunicare.
– Attività di feedback (ricapitolare e riformulare)– Tecnica delle domande
• Chiuse.• Aperte.• Retoriche.• Di specificazione.• Alternative.• Riflessive.
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5. GESTIRE OSTACOLI/ERRORI (1)
• Distorsioni di significato.• Dispersione comunicativa.• Barriera gerarchica.• Precedenti esperienze.• Utilizzo di termini negativi.• Influenza dei pregiudizi.
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5. GESTIRE OSTACOLI/ERRORI (2)
• Categorizzazione cognitiva.• Influenza degli stereotipi.• Effetto alone.• Errore logico.• Effetto somiglianza.• Indulgenza.
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5. GESTIRE OSTACOLI/ERRORI (3)
• Atteggiamenti negativi del professionista.– Direttivo.– Poliziesco.– Moralista.– Paternalistico.– Polemico.
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5. GESTIRE OSTACOLI/ERRORI (4)
• Atteggiamenti negativi del collaboratore.– Passivo silenzioso.– Passivo seduttivo.– Aggressivo indifferente.– Aggressivo cavilloso.– Aggressivo arrogante.– Collaborativo.
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LE TIPOLOGIE DI COLLOQUI TRA PROFESSIONISTA E COLLABORATORE
• I colloqui di selezione e di inserimento.• I colloqui di motivazione, fissazione degli
obiettivi e di delega.• I colloqui formativi e di affiancamento .• I colloqui di feedback, di elogio e di gestione
degli errori.• I colloqui di valutazione.• I colloqui disciplinari e di fine rapporto.
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I COLLOQUI DI SELEZIONEE DI INSERIMENTO
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IL COLLOQUIO DI SELEZIONE: OBIETTIVI
• Illustrare in modo approfondito gli aspetti organizzativi dello studio e a descriverne i servizi.
• Verificare se il candidato possiede i requisiti tecnici, richiesti dalla posizione vacante, anche tramite esercitazioni pratiche.
• Approfondire motivazioni, interessi, aspettative, attitudini e altri aspetti salienti e utili per comprendere l'atteggiamento del candidato nei riguardi del tipo di lavoro richiesto.
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IL COLLOQUIO DI SELEZIONE: PRINCIPALI CRITICITÀ
• Effetto alone: ci si lascia influenzare da un unico tratto favorevole o sfavorevole e si giudica il candidato sulla base di un unico aspetto.
• Errore logico: si attribuisce maggior valore ad alcuni elementi e si cercano delle connessioni logiche.
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IL COLLOQUIO DI INSERIMENTO: OBIETTIVI
• Accogliere il nuovo collaboratore.• Ribadire il ruolo, le mansioni assegnate, gli obiettivi.• Comunicare il percorso di inserimento che può
prevedere:– l’assegnazione di un eventuale "tutor" interno a cui fare
riferimento;– l’indicazione del periodo di affiancamento necessario;– un calendario di colloqui di verifica periodici.
• Fornire informazioni di carattere organizzativo.• Presentare il neo assunto alla struttura.02/07/2015 58
IL COLLOQUIO DI INSERIMENTO: PRINCIPALI CRITICITÀ
• Frettolosità da parte del professionista.
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I COLLOQUI DI MOTIVAZIONE, FISSAZIONE DEGLI OBIETTIVI
E DI DELEGA
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LA MOTIVAZIONE
MOTIVAZIONE
Attivazione di un comportamento
Direzione che il comportamento prende
Persistenza nel tempo
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TEORIA IGIENICO-MOTIVANTEDI HERZBERG (1)
• Fattori igienici: non motivano, ma se non trovano soddisfazione producono insoddisfazione: – supervisione da parte dei superiori; – politiche e l'amministrazione dell’organizzazione; – condizioni di lavoro (orario, riposo settimanale,
stipendio); – relazioni con i superiori, i pari ed i subordinati; – lo status, la sicurezza del lavoro;– gli effetti sulla propria vita personale.
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TEORIA IGIENICO-MOTIVANTEDI HERZBERG (2)
• Fattori motivanti: appagano dei bisogni superiori e portano la persona ad una maggiore produttività:– il riconoscimento; – la responsabilità; – la crescita professionale; – risultati ottenuti; – il lavoro in sé; – l'avanzamento nella carriera.
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PRINCIPALI ORIENTAMENTI MOTIVAZIONALI
• Sicurezza.• Riconoscimento esterno. • Creatività.• Relazione con gli altri.• Indipendenza.• Imprenditorialità.
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FRUSTRAZIONE E DEMOTIVAZIONE
• Frustrazione: stato psicologico derivante dal mancato raggiungimento di un obiettivo per effetto di un ostacolo (ambientale, individuale o sociale).
• Demotivazione: mancanza o perdita di interessi e di stimoli all’azione.
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REAZIONE ALLA FRUSTRAZIONE
• Reazioni immediate:– comportamenti aggressivi;– apatia e rassegnazione.
• Meccanismi di difesa, espressione della necessità di mascherare o fingere una condizione di vita migliore di quanto non sia in realtà.
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IL PROFESSIONISTA COME CAUSADI INSODDISFAZIONE
• Incapacità di ascolto.• Assenza di elogio/feedback.• Gestione degli errori non costruttiva.• Incapacità di riconoscere i propri errori.• Scarso interesse allo sviluppo delle competenze
del proprio team.• Scarsa fiducia nei propri collaboratori.• Ecc.02/07/2015 67
OBIETTIVI DEL COLLOQUIO MOTIVAZIONALE
• Comprendere le leve che sostengono l’azione dei collaboratori.
• Comprendere che cosa ricercano i collaboratori sul piano professionale e personale.
• Comprendere che cosa gratifica maggiormente i propri collaboratori.
• Orientare l’azione facendo leva sulle motivazioni.
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MODALITÀ DI CONDUZIONEDEL COLLOQUIO
• Esprimere empatia.• Evitare dispute e discussioni.• Sostenere l’autoefficacia.• Tecnica delle domande aperte.• Ascolto riflessivo (mirroring, ripetizione,
riformulazione).• Offerta di sostegno.02/07/2015 69
ASSEGNAZIONE DEGLI OBIETTIVI
• Fissare un obiettivo significa stabilire lo scopo di un'azione.
• L’obiettivo è di comunicare al collaboratore qual è la nostra aspettativa per metterlo nelle condizioni di organizzare e utilizzare le risorse di cui dispone in modo appropriato anziché disperderle.
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COS’È UN OBIETTIVO?
• L’obiettivo è l’esito di un’attività, non l’attività in se stessa.
• Esempi:– fare dichiarazioni (attività) � dichiarazioni
chiuse (obiettivo);– tenere contabilità (attività) � “unità contabili
registrate” (obiettivo);– emettere fatture (attività) � fattura emessa
(obiettivo).02/07/2015 71
COME FORMULARE UN OBIETTIVO?
• Gli obiettivi devono essere «SMART»:– Specifici (“Chiusura dichiarazioni almeno 5
giorni prima della scadenza. Responsabile: Gino Bianchi)
– Misurabili – Ambiziosi – Raggiungibili – Temporizzati
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ESEMPI DI OBIETTIVI
• Creazione di una banca dati dei pareri professionali emessi al fine di evitare dispersioni e rifacimenti.
• Riduzione del tempo di aggiornamento della contabilità generale dai 60 giorni massimi per legge a 45 medi.
• Partecipazione ad x convegni (interni o esterni) nel settore zzz.
• Predisposizione di un archivio indicizzato di articoli nel campo degli atti di trust per utilizzarlo successivamente.
• Informazioni ogni k giorni sull’andamento delle pratiche nuove.
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IL COLLOQUIO DI ASSEGNAZIONEDEGLI OBIETTIVI
• Descrivere la posizione del collaboratore in termini di responsabilità e finalità principali.
• Precisare gli aspetti di discrezionalità.• Ribadire la propria fiducia nella capacità
del collaboratore di soddisfare le responsabilità assegnate.
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IL COLLOQUIO DI DELEGA
• È uno degli strumenti più potenti a sostegno dei processi di sviluppo professionale dei propri collaboratori.
• Il professionista trasferisce a un collaboratore proprie responsabilità e autonomie, attribuendogli l’autorità e il potere conseguenti, ma trattenendo a sé la responsabilità primaria nei confronti della gerarchia.
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DELEGA
• Contingente: assegnazione di una mansione/attività specifica.
• Istituzionale: assegnazione di un incarico di responsabilità.
• Di sviluppo professionale: assegnazione di un obiettivo e presidio temporaneo di processi e attività complesse.
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IL “CAPO” NON DELEGA PERCHÉ…
• Mancanza di fiducia nei collaboratori.
• Indisponibilità di tempo.
• Scarsa propensione al rischio.
• Timore di formare un “rivale”.
• Paura di sbagliare.
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IL COLLABORATORE NON “ACCETTA”LA DELEGA PERCHÉ….
• Mancanza di fiducia nel capo.• Non chiara definizione degli scopi.• Mancanza di definizione dei criteri di
misurazione dei risultati.• Paura di fare brutta figura.• Scarsa propensione al rischio.• Paura di fungere da capro espiatorio.02/07/2015 78
IL COLLABORATORE NON FA QUELLO CHE GLI SI DICE PERCHÉ… (1)
• Non sa perché dovrebbe farlo.• Non sa come farlo.• Non sa cosa esattamente dovrebbe fare.• Pensa che a modo suo è meglio.• Pensa che c’è qualcos’altro più importante.• Non ha nessun vantaggio nel farlo.• Pensa che lo sta facendo.02/07/2015 79
IL COLLABORATORE NON FA QUELLO CHE GLI SI DICE PERCHÉ… (2)
• È ricompensato per non farlo.• È di fatto punito se lo fa .• Non c’è alcuna conseguenza negativa se
non lo fa.• Ci sono ostacoli o elementi discrezionali
oltre il suo controllo.• Ha problemi o limiti personali.02/07/2015 80
LA DELEGA: OBIETTIVI E VANTAGGIPer il professionista
(delegante)
Poter contare su collaboratori (capaci di risolvere problemi) e non su meri esecutori
Liberarsi dal ruolo di controllore
Fare di più (sul piano strategico) …..
facendo meno (sul piano operativo)!
Per il collaboratore (delegato)
Responsabilizzazione, motivazione e stimolo
Opportunità di apprendimento e di
crescita
Prospettive di carriera
Per lo studio professionale
Efficiente distribuzione dei carichi di lavoro
02/07/2015 81
FASE PRELIMINARE AL COLLOQUIODI DELEGA
COSA
Descrizione dei compiti
Definizione dei risultati attesi
COME
Procedure e metodologie di
lavoro
Limiti di autonomia e
responsabilità
CON COSA
Strumenti e Risorse a
disposizione
Strumenti e Risorse
reperibili/da ricercare
QUANDO
Scadenza finale/
scadenze intermedie
Scadenze inderogabili / possibilità di
proroga
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IL COLLOQUIO DI DELEGA (1)
• Assegnazione dell’incarico– Dare all’incontro una certa ufficialità: non si
attribuiscono deleghe incrociandosi nei corridoi o alla macchina del caffè.
– Evitare frasi come “quando hai un attimo, prova a dare un’occhiata a questo problema” o formule altrettanto superficiali e approssimative.
02/07/2015 83
IL COLLOQUIO DI DELEGA (2)
• Chiarezza nella comunicazione:
– delle aspettative;
– dello standard di risultato o prestazione attesi;
– dei momenti di controllo e di verifica.
02/07/2015 84
IL COLLOQUIO DI DELEGA (3)
• Verifica della comprensione
– Domande dirette: hai capito? Hai domande?
– Domande indirette: Che cosa ne pensi? Come pensi di muoverti? Di cosa potresti avere bisogno?”
02/07/2015 85
CONTROLLO E MONITORAGGIODELLA DELEGA
• Obiettivi– Valutare i risultati conseguiti rispetto agli
obiettivi definiti e concordati.– Identificare per tempo problemi, criticità,
impedimenti.– Intervenire/fornire indicazioni per prevenire
un esito negativo .
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IL COLLOQUIO DI DELEGA:IL FEED-BACK
• Fornire il feedback
– Sull’azione, non sulla persona.
– Sia positivi che negativi.
– Finalizzati allo sviluppo di nuove competenze o all’approfondimento di competenze già acquisite.
02/07/2015 87
LEGGE DI OWEN
• Se sei bravo, faranno fare a te tutto il lavoro.
• Se sei veramente bravo, lo farai fare a qualcun altro.
02/07/2015 88
I COLLOQUI FORMATIVIE DI AFFIANCAMENTO
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L’APPRENDIMENTO (1)
• È una modifica permanente del comportamento in seguito ad una esperienza.
• Produce effetti:
– sull’agire professionale;
– sulle capacità interpersonali (di motivare gli altri o comunicare con gli altri, ad esempio);
– sull’orientamento motivazionale.
02/07/2015 90
L’APPRENDIMENTO (2)
• Acquisire (conoscenze, abilità, consape-volezze).
• Dimenticare per evitare che il passato cognitivo ed esperienziale sia di ostacolo ai nuovi comportamenti.
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I REQUISITI ALL’APPRENDIMENTO
• Si basa su un atteggiamento attivo (interesse e iniziativa personale).
• Nasce da un bisogno.• Deve trasformarsi in rilevante per la persona• Deve legarsi con il mondo dell’esperienza
(attuale e passata).• Deve essere trasferito sui propri comporta-
menti.02/07/2015 92
IL RUOLO DEL PROFESSIONISTANEL PROCESSO DI APPRENDIMENTO
DEI COLLABORATORI
• Ruolo propedeutico: alimentare l’energia motivazionale del collaboratore ad apprendere.
• Ruolo operativo:
– rilevare fabbisogni individuali;
– definire un piano di sviluppo;
– monitorare i risultati.
02/07/2015 93
IL COLLOQUIO FORMATIVO: OBIETTIVI
• Attivare un percorso di sviluppo.• Rendere consapevole il collaboratore delle sue
potenzialità di sviluppo.• Accrescere la consapevolezza del collaboratore
sulla necessità di sviluppare le competenze.• Condividere gli obiettivi dello sviluppo, le priorità
e le modalità più adatte.• Mettere a punto un piano di azione.
02/07/2015 94
IL COLLOQUIO FORMATIVO:PRINCIPALI CRITICITÀ (1)
• Da parte del collaboratore:– disinteresse– sospetti di manipolazione;– adesione solo formale;– disagio nel dover rinunciare alle proprie
abitudini;– non ne capisce l’utilità o pensa di saperlo già;– paura di non farcela.
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IL COLLOQUIO FORMATIVO:PRINCIPALI CRITICITÀ (2)
• Da parte del professionista:– atteggiamento prescrittivo (si fa così);– sottovalutazione della resistenza al
cambiamento;– percezioni erronee;– approccio tecnico e gerarchico al percorso di
cambiamento.
02/07/2015 96
IL COLLOQUIO FORMATIVO:ALCUNI SUGGERIMENTI
• Rassicurare il collaboratore.
• Rispettare il disagio eventualmente espresso (verbalmente e non) dal collaboratore e indagarne le ragioni.
• Rinforzare l’autostima del collaboratore.
• Creare un clima di fiducia reciproca.
02/07/2015 97
I COLLOQUI DI FEEDBACK, DI ELOGIO E DI GESTIONE DEGLI ERRORI
02/07/2015 98
FINALITÀ APPLICATIVEDEL FEEDBACK (1)
• Verificare se il significato attribuito al messaggio da parte del collaboratore (ricevente) corrisponde alle intenzioni del professionista che ha trasmesso quel messaggio (emittente).
02/07/2015 99
FINALITÀ APPLICATIVEDEL FEEDBACK (2)
• Fornire una informazione di ritorno sull’andamento delle attività che il collaboratore sta ponendo in essere.
• Può avere un contenuto positivo (elogio) o negativo (critica).
• Permette al collaboratore si sapere se il suo operato è in linea con le attese della direzione e di agire di conseguenza.
02/07/2015 100
FINALITÀ APPLICATIVEDEL FEEDBACK (3)
• Comprendere i gap di conoscenza e competenza.
• Generare apprendimento.
02/07/2015 101
IL COLLOQUIO DI ELOGIO: OBIETTIVI
• Evidenziare il proprio apprezzamento rispetto ad un specifico elemento (impegno, risultato, atteggiamento, ecc.).
• Fornire energia positiva al collaboratore.• Rinforzare le prestazioni efficaci.• Sostenere la motivazione del collaboratore.• Incidere sulla produttività del singolo a beneficio
dello studio nel suo complesso.
02/07/2015 102
LA GESTIONE DEL COLLOQUIODI ELOGIO
• Deve essere tempestivo.
• Deve essere sincero.
• Deve essere specifico.
• Non deve essere eccessivamente plateale.
• Non deve prevedere ulteriori temi.
02/07/2015 103
LA GESTIONE DEL COLLOQUIO DI ELOGIO: PRINCIPALI CRITICITÀ
• Considerarlo una perdita di tempo.• Dare per scontati comportamenti/risultati positivi.• Incoerenza tra dichiarato e premiato.• «Questa volta hai fatto bene ma ….».• Mettere in difficoltà il collaboratore con
atteggiamenti troppo plateali.• Utilizzare l’elogio come esca per assegnare
maggiori carichi di lavoro.
02/07/2015 104
LA GESTIONE DEL COLLOQUIO DI ELOGIO: ALCUNI SUGGERIMENTI
• Connotare di eccezionalità il colloquio.• Utilizzare uno stile empatico e partecipativo.• Far sentire il collaboratore autenticamente
apprezzato.• Utilizzare uno stile comunicativo mirato e non
prolisso.• Ascoltare attivamente.
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OBIETTIVI DEL COLLOQUIO DI PREMIO
• Dare risalto ad un comportamento o ad un insieme di comportamenti positivi.
• Aggiunge un “premio” (una promozione, un riconoscimento economico, ecc.).
02/07/2015 106
LA GESTIONE DEGLI ERRORI
• L’errore è:
– presupposto all’evoluzione all’innovazione;
– punto di partenza per l’acquisizione di nuove o più approfondite competenze.
02/07/2015 107
RESPONSABILITÀ DEL PROFESSIONISTA NELLA GESTIONE DEGLI ERRORI
• Identificare gli errori attraverso l’osservazione dei comportamenti dei propri collaboratori.
• Analizzarne la causa sottostante.• Individuare le azioni necessarie ad evitarne il
ripetersi.• Evitare un approccio punitivo e colpevolizzante
che genererebbe una paralisi del collaboratore, sia sul piano emotivo che sul piano operativo.
02/07/2015 108
IL COLLOQUIO DI CORRECTIVE COUNSELING: PRINCIPALI CRITICITÀ
• Mancanza di intesa sull’analisi delle cause dell’errore.
• Indurre nel collaboratore atteggiamenti difensivi.
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IL COLLOQUIO DI CORRECTIVE COUNSELING: ALCUNI SUGGERIMENTI
• Distinguere il collaboratore dall’errore.• Valutare l’errore e non il collaboratore.• Evitare espressioni polemiche o
sarcastiche.• Contestualizzare l’evento.• Adottare un approccio di problem solving.• Coinvolgere il collaboratore.02/07/2015 110
GESTIRE IL COLLOQUIO DI CORRECTIVE COUNSELING (1)
• Fase preliminare– Essere tempestivi.– Raccogliere tutte le informazioni e i dati utili.– Prevedere le reazioni del collaboratore in
causa.– Stabilire a priori se la soluzione la definisce il
professionista o se vi è spazio per una condivisione con il collaboratore.
02/07/2015 111
GESTIRE IL COLLOQUIO DI CORRECTIVE COUNSELING (2)
• Nel corso del colloquio (1)– Esplicitare l’obiettivo e chiedere la sua
collaborazione.– Recepire il punto di vista del collaboratore
prima di esprimere il proprio.– Spiegare il proprio punto di vista.– Stimolare il collaboratore alla diagnosi del
problema e alla ricerca della soluzione .
02/07/2015 112
GESTIRE IL COLLOQUIO DI CORRECTIVE COUNSELING (3)
• Nel corso del colloquio (2)– Ridefinire il quadro s’insieme: errore – causa-
correzione – azione correttiva.– Affrontare subito eventuali conflitti di opinione.– Esprimere critiche costruttive.– Verificare la comprensione.– Predisporre un piano di azioni.
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GESTIRE IL COLLOQUIO DI CORRECTIVE COUNSELING (4)
• Dopo il colloquio
– Accertarsi che il collaboratore rispetti gli impegni presi.
– Fornire il sostegno necessario al collaboratore.
02/07/2015 114
LA TECNICA DEL SANDWICH
• Iniziare il colloquio offrendo un riconoscimento.
• Passare gradualmente al messaggio di miglioramento, evidenziando le lacune da colmare.
• Chiudere con un apprezzamento positivo (rinforzando il messaggio iniziale o introducendo nuovi elementi).
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I COLLOQUI DI VALUTAZIONE
02/07/2015 116
IL COLLOQUIO DI VALUTAZIONECOME PARTE DI UN PROCESSO
• Richiede una preliminare analisi di un insieme d’informazioni relative alle prestazioni del collaboratore in un arcodi tempo predefinito.
• È quindi parte di un ampio e complesso processo di raccolta, selezione e analisi di dati.
02/07/2015 117
OSSERVAZIONE SISTEMATICA
• Focalizzazione: scelta dell’oggetto da sottoporre a osservazione.
• Raccolta dati e informazioni.
• Analisi valutativa: elaborazione dei dati.
02/07/2015 118
LE TRAPPOLE AD UNACORRETTA OSSERVAZIONE
• Distorsioni percettive (riconducibili a stati emotivi, fretta e stress, ecc.).
• Distorsioni cognitive.• Pregiudizi.• Carenza di preparazione adeguata all’osservazione• Fluttuazioni di attenzione e concentrazione.• Aspettative di comportamento (profezia che si auto-
avvera).
02/07/2015 119
IL COLLOQUIO DI VALUTAZIONE
• Il focus è sul confronto tra attese di performance (che devono essere anticipatamente comunicate) e risultati conseguiti (che devono essere sistematicamente raccolti).
02/07/2015 120
AREE DI VALUTAZIONEDELLE PERFORMANCE
• Responsabilità da presidiare.
• Obiettivi da realizzare.
• Conoscenza delle tecniche da utilizzare.
• Efficacia dei comportamenti.
• Analisi globale della prestazione.
02/07/2015 121
ASPETTATIVE IN EQUILIBRIO
• Le aspettative del professionista nei confronti del collaboratore.
• Le aspettative del collaboratore nei confronti del capo e dell’organizzazione.
• Le aspettative dello studio nei confronti di entrambi.
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IL COLLOQUIO DI VALUTAZIONE: PRINCIPALI CRITICITÀ (1)
• Considerare il colloquio un aggravio più che un’opportunità di crescita.
• L’influenza dei pregiudizi da parte del professionista nei confronti del collaboratore.
• Il prevalere di aspetti personali nella relazione, come la simpatia o l’antipatia.
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IL COLLOQUIO DI VALUTAZIONE: PRINCIPALI CRITICITÀ (2)
• L’effetto alone di alcuni aspetti, anche marginali, su altri che meriterebbero maggiore rilevo.
• Lasciarsi influenzare dalle impressioni piuttosto che operare una analisi dei fatti.
• Evidenziare solo le carenze di performance.
02/07/2015 124
IL COLLOQUIO DI VALUTAZIONE:ALCUNI SUGGERIMENTI
• Fare il bilancio dei risultati conseguiti e di quelli non conseguiti.
• Segnalare i dati e i fatti sulla base dei quali si giudica positivo o negativo un risultato.
• Fare una diagnosi di risultati insieme al collaboratore.
• Formulare un piano di azioni per agire sulle aree di miglioramento, stabilendo delle priorità.
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I COLLOQUI DISCIPLINARIE DI FINE RAPPORTO
02/07/2015 126
IL COLLOQUIO DISCIPLINARE
• Segue normalmente un comportamento sbagliato da parte del collaboratore, intenzionale o involontario.
• Dovrebbe prevedere due fasi distinte:– il colloquio di ascolto delle argomentazioni del
collaboratore a sua difesa;– il colloquio a seguito dell’irrogazione della
sanzione.
02/07/2015 127
IL COLLOQUIO DISCIPLINARE: PRINCIPALI CRITICITÀ (1)
• Minimizzare la gravità dei comportamenti messi in atto dal collaboratore (perché è strategico per lo studio, ci sta particolarmente a cuore, è particolarmente suscettibile/sensibile, ecc.).
• Drammatizzare la portata dei comportamenti messi in atto dal collaboratore (per le ragioni opposte).
• Omettere di raccogliere gli elementi valutativi necessari per operare una decisione razionale.
02/07/2015 128
IL COLLOQUIO DISCIPLINARE: PRINCIPALI CRITICITÀ (2)
• Approccio vittimistico da parte del collaboratore.
• Eccesso di rabbia/aggressività da parte del professionista.
• Compromissione del rapporto tra professionista/studio e collaboratore.
02/07/2015 129
IL COLLOQUIO DISCIPLINARE:ALCUNI SUGGERIMENTI (1)
• Attenersi esclusivamente ai fatti.• Stigmatizzare l’azione e non la persona.• Evitare atteggiamenti di compatimento.• Evitare atteggiamenti sprezzanti.• Assicurare la propria disponibilità a rendere più proficuo
il rapporto nel futuro a fronte di comportamenti collaborativi.
• Monitorare il comportamento operativo e relazionale del collaboratore a seguito della sanzione.
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IL COLLOQUIO DI FINE RAPPORTO
• Dimissioni da parte del collaboratore.
• Congedo da parte dello studio.
02/07/2015 131
IL COLLOQUIO DI FINE RAPPORTO: OBIETTIVI
• Raccogliere elementi di analisi delle cause oggettive e delle motivazioni soggettive.
• Verificare la sussistenza di un margine di recupero del rapporto.
• Rendere disteso il clima relazionale e ove possibile «lasciarsi da amici».
• Individuare azioni di miglioramento per evitare situazioni simili in futuro.
02/07/2015 132
IL COLLOQUIO DI FINE RAPPORTO: PRINCIPALI CRITICITÀ
• Vivere le dimissioni come un affronto personale.• Dare per scontata la sostituibilità del
collaboratore.• Banalizzare le cause che hanno indotto ad una
interruzione del rapporto di lavoro.• Presumere che l’aspetto economico sia il motivo
principale della dipartita del collaboratore.• «Rilanciare» per trattenere il collaboratore.
02/07/2015 133
IL COLLOQUIO DI FINE RAPPORTO: ALCUNI SUGGERIMENTI
• Evitare contrapposizioni dirette.• Approfondire le motivazioni sottostanti l’evento.• Esprimere apprezzamento per il contributo
positivo dato allo studio.• Esprimere rammarico per la separazione.• Esprimere auguri per l’attività futura.• Valutare l’opportunità di «mantenere una porta
aperta».02/07/2015 134
LA GESTIONE DELLE DIMISSIONI
• Decisione non facile.
• Preannunciare le dimissioni.
• Attivarsi per cercare rimedi.
• Dimettere ex abrupto.
• La gestione del periodo di preavviso.
02/07/2015 135
GRAZIE PER L’ATTENZIONE!
02/07/2015 136
--- DOMANDE INTERMEDIE
00:20:38
Quale tra le seguenti indica una caratteristica tipica delle persone che lavorano negli studi professionali?
*Disporre di una mente allenata ad apprendere e decidere velocemente.
La componente remunerativa è fondamentale come spinta motivazionale.
Sono normalmente refrattarie a discontinui carichi di lavoro.
00:50:34
Qual è l'obiettivo dell'ascolto attivo?
Cogliere il significato generale di un messaggio.
*Comprendere sia il contenuto cognitivo che emotivo di ciò che l'interlocutore vuole comunicare.
Discernere gli elementi utili alla conversazione da quelli non significativi.
01:00:30
In cosa consiste la riformulazione?
*Nel ripetere ciò che il nostro interlocutore ha detto, anche con esempi.
Nel ripetere in forma interrogativa l’ultima parola o frase del soggetto.
Nel ribadire i punti essenziali per imprimerli meglio nella memoria del nostro interlocutore.
01:16:16
Su quale principio si basa il metodo Gordon?
Se sei bravo, faranno fare a te tutto il lavoro. Se sei veramente bravo, lo farai fare a qualcun altro.
*La comunicazione efficace si basa innanzitutto sulla capacità di ascoltare il messaggio del nostro
interlocutore.
Una previsione si realizza per il solo fatto di essere stata espressa.
01:32:12
È sempre necessario impegnarsi in prima persona in una conversazione difficile?
Sì, non si deve mai abdicare alle proprie responsabilità.
Sì ma solo se si ha un ruolo di responsabilità.
*Dipende dalla posta in gioco.
01:44:00
Come è possibile definire un colloquio gestionale?
Come un'attività attraverso la due soggetti entrano in relazione comunicativa per soddisfare un'esigenza
specifica.
Un incontro nel quale il collaboratore è trattato in modo scortese al fine di verificare la sua resistenza allo
stress, la sua capacità di reagire a interlocutori difficili e per osservare come reagisce sotto pressione.
*Una specifica modalità di interazione comunicativa tra capo e collaboratore finalizzata a rafforzare la
motivazione del collaboratore.
02:02:00
In cosa consiste l'effetto alone quale criticità nel processo di gestione di un colloquio?
*Nel lasciarsi influenzare da un unico tratto, favorevole o sfavorevole.
Nella tendenza a ricercare nell'altro caratteristiche simili alle nostre.
Nel lasciarsi condizionare da preconcetti.
02:15:00
Quale tra i seguenti è un obiettivo del colloquio di selezione?
Comunicare il percorso di inserimento all’interno dello studio.
*Verificare se il candidato possiede i requisiti tecnici, richiesti dalla posizione vacante, anche tramite
esercitazioni pratiche.
Comunicare al collaboratore qual è la nostra aspettativa rispetto alle sue performance.
02:25:25
In cosa consiste la delega volta allo sviluppo professionale del collaboratore?
Nell'assegnazione di una serie specifica di mansioni connesse ad una tematica specifica.
Nell'assegnazione di un obiettivo e presidio temporaneo di processi e attività complesse.
Nell'assegnazione di un incarico di responsabilità.
02:34:00
Quale tra le seguenti è una criticità che si può manifestare nell'ambito di un colloquio di elogio?
*Dare per scontati comportamenti/risultati positivi da parte del professionista.
Atteggiamento prescrittivo da parte del professionista.
Incapacità di riconoscere i propri errori da parte del collaboratore.
--- DOMANDE FINALI
In cosa consiste la frustrazione?
Mancanza o perdita di interessi e di stimoli all'azione.
Espressione della necessità di mascherare o fingere una condizione di vita migliore di quanto non sia in
realtà.
*Stato psicologico derivante dal mancato raggiungimento di un obiettivo per effetto di un ostacolo.
Qual è l'atteggiamento che il professionista deve assumere per rendere efficace un "corrective counseling"?
*Distinguere il collaboratore dall'errore.
Dare risalto ad un comportamento o ad un insieme di comportamenti positivi.
Iniziare descrivendo la posizione del collaboratore in termini di responsabilità e finalità principali.
Nel colloquio disciplinare, quale atteggiamento è opportuno evitare?
*Minimizzare la gravità dei comportamenti messi in atto dal collaboratore.
Raccogliere in sede di colloquio gli elementi valutativi necessari per operare una decisione razionale.
«Rilanciare» per trattenere il collaboratore.
Qual è il ruolo del professionista nel processo di apprendimento dei collaboratori?
Valutare i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi definiti e concordati.
*Alimentare l'energia motivazionale del collaboratore ad apprendere.
Far sentire il collaboratore autenticamente apprezzato.
Quali tra le seguenti indicano esempi di barriere all'ascolto non verbali?
Rabbia, ansia, stanchezza, ecc.
Ambiente troppo o poco luminoso, rumoroso, non confortevole, ecc.
*Eccessiva gestualità, eccessiva eccentricità, tonalità troppo basse/alte
Nell'ascolto attivo, quale funzione ha il l'attività di "rispecchiare"?
*Sollecitare informazioni aggiuntive senza influenzarne la direzione.
Guidare la conversazione.
Decodificare la struttura di una conversazione difficile.
"Mi piacerebbe che mi raccontassi che cosa è successo ieri durante la riunione" è un esempio di:
Domanda chiusa.
*Domanda aperta.
Domanda retorica.
Secondo la teoria igienico-motivante di Herzberg, quali tra i seguenti sono fattori che non motivano ma
che, se non trovano soddisfazione, producono insoddisfazione?
*Le condizioni di lavoro (orario, riposo settimanale, stipendio).
La crescita professionale.
I risultati ottenuti.
Per un colloquio motivazionale efficace, che cosa si richiede necessariamente al professionista?
Di connotare di eccezionalità il colloquio.
Di aggiungere un "premio" (una promozione, un riconoscimento economico, ecc.).
*Di comprendere cosa gratifica maggiormente i propri collaboratori.
In quale dei seguenti ostacoli può incorrere il professionista nell'ambito del colloquio di valutazione?
*Il prevalere di aspetti personali nella relazione, come la simpatia o l'antipatia.
Valutare l'errore e non il collaboratore.
Mettere in difficoltà il collaboratore con atteggiamenti troppo plateali.