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Catalano Biagio Dargenio Ruggiero
Di Trani Nicola Paciolla Andrea
La moneta del Risorgimento Uno dei primi obiettivi del
governo fu la creazione di
un unico mercato in Italia.
Le monete usate negli
antichi Stati furono
eliminate e sostituite con la
lira italiana; le barriere
doganali che avevano
separato i diversi regni della
Penisola scomparvero; in
ogni regione furono adottate
le stesse unità di peso e di
misura; fu avviata la
costruzione di strade e
ferrovie.
Il Risorgimento
Vittorio Emanuele II: 1 lira del 1863
L'introduzione della lira italiana va fatta risalire al
periodo napoleonico. La lira venne adottata alla
seconda campagna d'Italia con la ricostituzione della
Repubblica Cisalpina come Repubblica Italiana
(gennaio 1802), trasformatasi poi nel Regno
d'Italia (marzo 1805). Le prime emissioni dalle
zecche di Milano, Bologna e Venezia si ebbero nel
1807, con monete da 40, 5 e 2 lire; l'anno successivo
vennero coniate anche monete da 20 lire e da 1 lira,
caratterizzata da un peso di 5 g ed un titolo
d'argento di 900/1000.
Dopo la fine del Regno d'Italia nel 1814, la lira
riappare nel 1815 nel Ducato di Parma e Piacenza
con l'introduzione della monetazione decimale da
parte della duchessa Maria Luisa d'Asburgo-Lorena.
Il taglio delle monete era da 1, 2, 5, 20 e 40 lire.
Il Risorgimento
Repubblica Italiana
1 lira del 1954
La moneta del Risorgimento
Nel 1861, con la riunificazione dell'Italia sotto i Savoia, la lira torna ad essere la valuta italiana ed
il 24 agosto 1862 ebbe corso legale e sostituì tutte le altre monete circolanti nei vari stati pre-unitari: 1
lira da 5 g di argento al titolo 900/1000 corrispondeva a 0,29025 g d'oro fino oppure a 4,5 g
d'argento fino (scesi a 4,459 nel 1863).
A causa della crescita del debito pubblico susseguente all'unificazione, nel 1866 per la lira viene
stabilito il corso forzoso, con una limitata convertibilità ristabilita nel 1892. Nel 1893 viene messa in
liquidazione la Banca Romana e creata la Banca d'Italia, con una copertura aurea di almeno il 40%
delle lire in circolazione.
Lo stesso Vittorio Emanuele III, che succedette sul trono d'Italia al padre Umberto I nel 1900, era
appassionato dalla numismatica.
Il Risorgimento
La moneta del Risorgimento
Il Risorgimento
La moneta del Risorgimento
Il Tricolore italiano
La bandiera italiana è il Tricolore italiano: verde,
bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali
dimensioni, così come è definita dall'articolo 12
della Costituzione della Repubblica Italiana del
27 dicembre 1947, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana nº 298,
edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947.
Il 7 gennaio la stessa bandiera è protagonista
della giornata nazionale della bandiera, istituita
dalla legge nº 671 del 31 dicembre 1996.
Il Risorgimento
L'articolo 292 «Vilipendio o danneggiamento alla
bandiera o ad altro emblema dello Stato» del codice
penale tutela la bandiera italiana così:
1. Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la
bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è
punito con la multa da euro 1 000 a euro 5 000. La pena
è aumentata da euro 5 000 a euro 10 000 nel caso in cui
il medesimo fatto sia commesso in occasione di una
pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale.
2. Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge,
disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la
bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è
punito con la reclusione fino a due anni.
3. Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si
intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra
bandiera portante i colori nazionali.
Il Risorgimento
Il Tricolore italiano
Come ogni bandiera del mondo, la bandiera italiana non è nata per caso. Infatti esistono vari motivi
per cui essa è com’è definita dalla Costituzione; il verde, il bianco e il rosso erano presenti nelle
bandiere dei più importanti Stati Italiani.
il verde simboleggia la speranza, a lungo coltivata e spesso delusa durante l'Ottocento, in un'Italia
unita e libera, e la macchia mediterranea, fondamentale elemento del paesaggio italiano;
il bianco delle le Alpi, famose per i loro ghiacciai;
il rosso ricorda il sangue sparso per l'Unità d'Italia.
Questi tre colori, inoltre, erano già noti ai tempi di Dante Alighieri, e lo si vede nella sua Commedia,
come simboli delle tre virtù teologali: verde-speranza; bianco-fede; rosso-carità (Purg. canto XXX,
v.30-33): di conseguenza rappresentano la cultura e la letteratura italiana in generale.
I tre colori sono stati disposti a bande verticali di uguale spessore perché tale motivo ricorda la
Rivoluzione Francese (è infatti lo schema della Bandiera della Francia) e di conseguenza gli ideali di
libertà, uguaglianza e fraternità.
Il Risorgimento
Il Tricolore italiano
Il Tricolore italiano sventola su Piazza Venezia a Roma
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento "Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni
delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e
prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata, felicità!"
Cristina Trivulzio di Belgiojoso, 1866
Il ruolo femminile nella costruzione dello Stato nazionale italiano è sempre stato considerato
subordinato al ruolo maschile. Ma le donne, nonostante la poca o nulla visibilità pubblica, non solo
ebbero un ruolo rilevante in quel processo, ma furono numerose, di diverse estrazioni sociali, e si
dimostrarono volitive, determinate, con idee e progetti da costruire, impegnate direttamente nelle
cospirazioni ma anche nelle lotte vere e proprie, anche se in genere con funzioni di organizzatrici o di
infermiere (una delle poche che imbracciò il fucile fu Anita Garibaldi), passate poi, dopo
l'Unificazione, a ruoli di impegno sociale a beneficio delle donne e dell'infanzia, per il riscatto sociale
delle classi disagiate, per l'organizzazione e la promozione dell'educazione...
Le seguenti immagini sono state prese dal:
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Ritratto in studio di Adelaide Ristori.
L'effigiata, in abiti di scena, posa con due bambini 1860 -1870
Autore non identificato Raccolte Museali Fratelli Alinari (RMFA),
Firenze
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Garibaldi mentre trasporta la sua
Anita morente attraverso le paludi di
Comacchio, olio su tela, Bauvier
Pietro (1839-1927), Museo del
Risorgimento, Brescia - Bridgeman
Art Library / Archivi Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Giuseppe Garibaldi (1807-82) con
sua moglie Anita (1820-49) e
l'entrata a Como nel 1859, Scuola
francese, litografia a colori, 1880
ca., Parigi, Bibliotheque des Arts
Decoratifs, Archives Charmet
Bridgeman Art Library/Archivi
Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
La morte di Anita Garibaldi. Opera di Fabio
Fabbi, conservata al Museo di Firenze com'era, a
Firenze. 1915-1920 ca. Brogi, Giacomo Archivi
Alinari-archivio Brogi, Firenze
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Anna Maria Ribeiro da Silva detta Anita Garibaldi (1821-
1849), moglie di Giuseppe Garibaldi, Ferreira R, Museu
Historico Nacional, Rio de Janeiro De Agostini Picture
Library DeA Picture Library, concesso in licenza ad Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Morte di Anita Garibaldi (1821-
1849), Ignoto del XIX secolo,
Museo del Risorgimento e Istituto
Mazziniano, Genova De Agostini
Picture Library DeA Picture Library,
concesso in licenza ad Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Primo incontro tra Giuseppe Garibaldi (1837-1882) e Anita
(1821-1849) nel 1839, Ignoto del XIX secolo De Agostini
Picture Library DeA Picture Library, concesso in licenza ad
Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Giuseppe Garibaldi con la famiglia, incisione, Ignoto del XIX
secolo, Museo del Risorgimento, Palermo Pirozzi V.; De
Agostini Picture Library DeA Picture Library, concesso in
licenza ad Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Omaggio di Giuseppe Garibaldi ad Anita dieci anni
dopo la morte nel 1859, particolare, Ignoto del XIX
secolo, Museo Nazionale del Risorgimento Italiano,
Torino De Gregorio A.;;De Agostini Picture Library
DeA Picture Library, concesso in licenza ad Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Le cucitrici di camice rosse, dipinto di Odoardo Borrani,
collezione privata, Firenze 1976 Alinari, Fratelli Archivi
Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Vittorio Emanuele II con Rosa Vercellana Contessa di
Mirafiori 1860-1870 ca. Alinari , Archivio Alinari, Firenze
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Ritratto di Rosa Vercellana Contessa di Mirafiori (moglie di
Vittorio Emanuele II), detta "la bella Rosina" 1868 Alinari,
Fratelli Archivi Alinari-archivio Alinari, Firenze
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Ritratto di Margaret Fuller (1810-1850), incisione, Chappel
Alonzo (1828-1887 dopo), pubblicata da Johnson Wilson & Co,
Collezione privata Bridgeman Art Library/Archivi Alinari
BAD-F-241217-0000 Giuseppe Garibaldi (1807-82) con sua
moglie Anita (1820-49) e l'entrata a Como nel 1859, Scuola
francese, litografia a colori, 1880 ca., Parigi, Bibliotheque des
Arts Decoratifs, Archives Charmet Bridgeman Art
Library/Archivi Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Venezia repubblicana nel 1848, risorta alla libertà e all'arte,
con bandiera tricolore, Giacomo Casa (1835 ca.-1887),
Museo del Risorgimento e della Resistenza, Vicenza De
Agostini Picture Library; Dagli Orti A. DeA Picture Library,
concesso in licenza ad Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Donne che riparano la bandiera
Tricolore, acquarello, Gerolamo
Induno (1827-1890), Museo del
Risorgimento, Milano Cigolini
G.;;De Agostini Picture Library DeA
Picture Library, concesso in licenza
ad Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Ritratto di Adelaide Cairoli (1806-1871) 1860 ca. De Agostini Picture
Library DeA Picture Library, concesso in licenza ad Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Ritratto di Adelaide Ristori (1822-1906), attrice di teatro,
Ignoto XIX secolo De Agostini Picture Library;;Dagli Orti A.
DeA Picture Library, concesso in licenza ad Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Cristina Trivulzio Belgiojoso (1808-1871) nobildonna e
patriota italiana, Ignoto del XIX secolo, Museo
Cavouriano, Santena De Gregorio A.; De Agostini Picture
Library DeA Picture Library, concesso in licenza ad Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Ritratto della nobildonna e patriota italiana, marchesa Anna
Schiaffino Giustiniani detta Nina (1807-1841), Museo
Cavouriano, Castello di Santena, Torino De Gregorio A.;
De Agostini Picture Library DeA Picture Library, concesso
in licenza ad Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Ritratto dell'attrice di teatro Adelaide Ristori in abiti
rinascimentali, Ignoto del XIX secolo De Agostini Picture
Library DeA Picture Library, concesso in licenza ad Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Ritratto di Jessie Jane Meriton White (1832-1906),
patriota e scrittrice inglese naturalizzata italiana.
Moglie del patriota Alberto Mario, disegno su carta,
Museo Civico del Risorgimento, Brescia De
Gregorio A.; De Agostini Picture Library DeA
Picture Library, concesso in licenza ad Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Ritratto di Clara Maffei (1814-1886), patriota e letterata
italiana, olio su tela, Hayez Francesco (1791-1882), Museo
Civico, Riva del Garda De Agostini Picture Library; Dagli
Orti A. DeA Picture Library, concesso in licenza ad
Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Ritratto della brigantessa Marianna Oliverio detta Ciccilla (1840-
1864) 1860 ca. Autore non identificato Raccolte Museali Fratelli
Alinari (RMFA), Firenze
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Ritratto di Margaret Fuller (1810-1850), critica americana e
riformatrice sociale, incisione a colori, Ignoto del XIX secolo
Granger Collection/Archivi Alinari
Il Risorgimento
Le donne del Risorgimento
Ritratto di Giuseppe Garibaldi con la terza moglie Francesca
Armosino 1873-1875 Tuminello, Ludovico Raccolte Museali
Fratelli Alinari (RMFA)-collezione Palazzoli, Firenze
Il Risorgimento
I pittori del Risorgimento
La mostra 1861. I pittori del Risorgimento, che si è tenuta a Roma, alle Scuderie del Quirinale il 6
ottobre 2010 e si è chiusa nell’anno che celebra l’Unità d’Italia, ha come tema il confronto tra la
pittura italiana e gli eventi che tra il 1859-1860 hanno determinato la conquista della libertà,
dell’indipendenza e dell’unità nazionale.
Il Risorgimento
Così accanto ai grandi dipinti dei pittori protagonisti del Risorgimento, opere di dimensioni
monumentali che rappresentano l’epopea bellica nelle sue tappe fondamentali, vengono accostate
opere di dimensioni più contenute, che documentano la partecipazione popolare e collettiva all’ideale
risorgimentale. Il cuore della mostra è rappresentato dalla pittura di battaglie ad opera dei cosiddetti
“pittori soldati”, lombardi, toscani e napoletani, quali Gerolamo Induno, Eleuterio Pagliano,
Federico Faruffini, Michele Cammarano; tutti convinti patrioti, che presero parte in prima
persona a molte di quelle battaglie, e ne resero testimonianza attraverso una pittura esatta e fedele agli
eventi, mai retorica e sempre attenta ai tanti risvolti umani, naturalmente e tristemente legati alla
guerra. L’altro grande protagonista della pittura di quegli anni, il livornese Giovanni Fattori, capofila
dei Macchiaioli, pur non essendo partito come volontario, fu comunque ideologicamente partecipe
alle lotte risorgimentali, e si reco’ spesso sui luoghi degli scontri, per dare alle sue opere il senso
drammatico della verità dei fatti.
Il Risorgimento
I pittori del Risorgimento
Del tutto nuova rispetto alla tradizione accademica, questa giovane arte italiana fu
rivoluzionaria anche nella forma. Prive di accenti celebrativi, per quanto di committenza pubblica
e addirittura reale, destinate a residenze ufficiali quali il Palazzo Reale di Milano, queste opere
rappresentano non tanto lo spiegamento di forze, le grandi manovre tattiche, gli alti ranghi, quanto il
“dopo”, il “dietro le quinte”, le retrovie: i semplici soldati, i feriti curati grazie alle prime forme di
assistenza (la nascita della Croce Rossa sarà frutto di quelle drammatiche giornate), gli stessi nemici
caduti, accomunati all’esercito piemontese nella tragedia della morte, come si può vedere in due
monumentali capolavori quali Assalto a Madonna della Scoperta o Episodio della battaglia di San
Martino 1864-1868 di Giovanni Fattori, o La battaglia della Cernaja, opera del 1857 di Gerolamo
Induno.
Il Risorgimento
I pittori del Risorgimento
Assalto a Madonna della Scoperta di Giovanni Fattori
Il Risorgimento
I pittori del Risorgimento
La battaglia della Cernaja di Gerolamo Induno.
Il Risorgimento
I pittori del Risorgimento
Come sorta di “anticipazione” alla pittura del 1859-1860, nella prima sala espositiva si trovano alcune
opere emblematiche, introduttive ai temi della mostra. Gli abitanti di Parga che abbandonano la loro
patria di Francesco Hayez, del 1826-1829, in cui lartista rievoca l’abbandono della patria da parte
degli abitanti della cittadina greca, durante la lotta di indipendenza dalla dominazione ottomana, una
vicenda in cui intellettuali e patrioti italiani videro come uno specchio della storia del loro Paese
sottomesso all’Impero austriaco e, per la prima volta nel genere della pittura storica, un‟opera in cui
gli umili divengono protagonisti ed eroi. Non a caso, Giuseppe Mazzini, attento al significato e al
messaggio insito nell’arte, lo giudicò un quadro- manifesto che avrebbe aperto la strada ad una nuova
arte nazionale.
Il Risorgimento
I pittori del Risorgimento
Gli abitanti di Parga che abbandonano la loro patria di Francesco Hayez
Il Risorgimento
I pittori del Risorgimento
Nella stessa sala, a inizio del percorso
espositivo, sempre dal popolo vengono altri
eroi del passato, visti, in anni “caldi” come
quelli intorno al rivoluzionario biennio 1848-
1849, come esempi di riscatto e desiderio di
libertà: Spartaco, lo schiavo capace di sfidare
la stessa Roma, nell’opera del 1848-1850 del
patriota Vincenzo Vela (figura a destra), e
Masaniello che chiama il popolo alla rivolta,
il pescatore napoletano che a metà Seicento
osò guidare il popolo napoletano contro il
vicereame spagnolo, nel marmo del veronese
Alessandro Puttinati (figura a sinistra), del
1846.
Il Risorgimento
I pittori del Risorgimento
Mentre il primo piano è dedicato ai dipinti
monumentali che illustrano l’epopea nazionale, dalla
guerra di Crimea al 1870, con il coronamento del
processo di unificazione e del sogno mazziniano e
garibaldino rappresentato, il 20 settembre 1870,
dall’entrata in Roma dell’esercito regolare italiano
attraverso la breccia di Porta Pia (di forte impatto
scenografico il grande dipinto di Michele
Cammarano dedicato a I bersaglieri alla presa di
Porta Pia (vedi figura)), salendo al secondo piano delle
Scuderie del Quirinale, si incontrano altre tappe
fondamentali del percorso risorgimentale, e si entra
attraverso una serie di dipinti di formato più ridotto,
all’interno delle coscienze di quanti aderirono al
Risorgimento non dal fronte degli scontri ma dagli
interni domestici, popolari o borghesi, nelle strade,
nelle osterie, nelle famiglie.
Il Risorgimento
I pittori del Risorgimento
Alcune opere ricordano gli episodi salienti delle rivoluzioni del 1848-
49 e i fatti di Roma, Milano, Venezia: da un dipinto dalla forte carica
allusiva quale La Meditazione di Francesco Hayez (inedita e
drammatica rappresentazione dell’Italia, che tiene in mano la croce su
cui sono impresse in rosso le date delle cinque giornate di Milano (vedi
figura a destra)), al capolavoro di Gerolamo Induno, che fu a Roma con
Garibaldi nel 1849, La trasteverina uccisa da una bomba, omaggio al
popolo anonimo che muore per un ideale (vedi figura in basso).
Il Risorgimento
I pittori del Risorgimento
Come era già avvenuto per i fatti di Roma, Milano e Venezia tra il 1848 e il 1849, anche l’epopea dei
Mille godette di un grande favore nell’opinione pubblica mondiale, e fu seguita dalla stampa
internazionale, celebrata dagli intellettuali, sostenuta, anche in prima persona, da uomini di cultura e
artisti. Tra questi ritroviamo quei pittori che, “in diretta” o poco dopo, ricordarono gli avvenimenti
ed i loro protagonisti, e si concentrarono sulla fase della preparazione e sulle aspettative create nel
popolo dall’impresa di Garibaldi, aspettative a volte deluse e ugualmente documentate. Gerolamo
Induno nel grande quadro dedicato a La discesa d’Aspromonte, rende un resoconto esatto e grave
dello scontro fratricida di Aspromonte, tra l’esercito di Garibaldi e i soldati italiani.
Il Risorgimento
I pittori del Risorgimento
Nell’ultima parte della mostra, capolavori tardi di Giovanni Fattori, riuniti insieme per la prima volta,
come Lo staffato e Lo scoppio del cassone, denunciano, a ormai molti anni di distanza dall’Unità
d’Italia, gli orrori della guerra e il sacrificio di tanti, quasi a monito di un nuovo impegno civile e
morale: quello di essere, dopo tante sofferenze, finalmente italiani. Queste rappresentazioni forti,
tragiche, si alternano ad un gusto elegiaco e crepuscolare, come nei dipinti del siciliano Giuseppe
Sciuti o del toscano Odoardo Borrani che sottolineano, con scene che ricordano la partecipazione
delle famiglie, delle donne, della gente comune, agli ideali di unità e libertà, che la nascita della
nazione Italia è stata veramente la realizzazione dei sogni e delle speranze di un intero popolo.
Il Risorgimento
I pittori del Risorgimento
Lo staffato di Giovanni Fattori
Il Risorgimento
Lo scoppio del cassone di Giovanni Fattori
Il Risorgimento
Il Canto degli Italiani, conosciuto anche come
Inno di Mameli o anche Fratelli d'Italia, dal
suo verso introduttivo, è l'inno nazionale della
Repubblica Italiana, adottato provvisoriamente
dal 12 ottobre 1946 e definitivamente il 17
novembre 2005.
Il Risorgimento
Il Canto degli Italiani
Nell'autunno del 1847, Goffredo Mameli (in figura) scrisse
il testo de Il Canto degli Italiani. Dopo aver scartato l'idea
di adattarlo a musiche già esistenti, il 10 novembre lo inviò
al maestro Michele Novaro, che scrisse di getto la musica,
cosicché l'inno poté debuttare il 10 dicembre, quando sul
piazzale del Santuario della Nostra Signora di Loreto a
Oregina fu presentato ai cittadini genovesi e a vari patrioti
italiani in occasione del centenario della cacciata degli
austriaci suonato dalla Filarmonica Sestrese C. Corradi G.
Secondo, allora banda municipale di Sestri Ponente
"Casimiro Corradi".
Il Risorgimento
Il Canto degli Italiani
Michele Novaro (1818-1885),
l'autore della musica del Canto degli Italiani
Il Risorgimento
Era un momento di grande eccitazione: mancavano pochi mesi al celebre 1848, che era già nell'aria:
era stata abolita una legge che vietava assembramenti di più di dieci persone, così ben 30.000 persone
ascoltarono l'inno e l'impararono; nel frattempo Nino Bixio sulle montagne organizzava i falò della
notte dell'Appennino. Dopo pochi giorni, tutti conoscevano l'inno, che veniva cantato senza sosta in
ogni manifestazione (più o meno pacifica). Durante le Cinque giornate di Milano, gli insorti lo
intonavano a squarciagola: il Canto degli italiani era già diventato un simbolo del
Risorgimento.
Gli inni patriottici come l'inno di Mameli (sicuramente il più importante) furono un importante
strumento di propaganda degli ideali del Risorgimento e di incitamento all'insurrezione, che contribuì
significativamente alla svolta storica che portò all'emanazione dello Statuto albertino, ed all'impegno
del re nel rischioso progetto di riunificazione nazionale.
Quando l'inno si diffuse, le autorità cercarono di vietarlo, considerandolo eversivo (per via
dell'ispirazione repubblicana e anti-monarchica del suo autore); visto il totale fallimento, tentarono di
censurare almeno l'ultima parte, estremamente dura con gli Austriaci, al tempo ancora formalmente
alleati, ma neppure in questo si ebbe successo.
Il Risorgimento
Il Canto degli Italiani
Dopo la dichiarazione di guerra all'Austria, persino le bande
militari lo suonarono senza posa, tanto che il Re fu costretto a
ritirare ogni censura del testo, così come abrogò l'articolo dello
Statuto albertino secondo cui l'unica bandiera del regno doveva
essere la coccarda azzurra, rinunciando agli inutili tentativi di
reprimere l'uso del tricolore verde, bianco e rosso, anch'esso
impostosi come simbolo patriottico dopo essere stato adottato
clandestinamente nel 1831 come simbolo della Giovine Italia.
In seguito fu proprio intonando l'inno di Mameli che Garibaldi,
con i "Mille", intraprese la conquista dell'Italia meridionale e la
riunificazione nazionale.
Mameli era già morto, ma le parole del suo inno, che invocava
un'Italia unita, erano più vive che mai. Anche l'ultima tappa di
questo processo, la presa di Roma del 1870, fu accompagnata
da cori che lo cantavano accompagnati dagli ottoni dei
bersaglieri.
Il Risorgimento
Il Canto degli Italiani
Anche più tardi, per tutta la fine dell'Ottocento e oltre,
Fratelli d'Italia rimase molto popolare come in occasione della
guerra libica del 1911-12, che lo vide ancora una volta il più
importante rappresentante di una nutrita serie di canti
patriottici vecchi e nuovi. Lo stesso accadde durante la prima
guerra mondiale: l'irredentismo che la caratterizzava,
l'obiettivo di completare la riunificazione, trovò facilmente
ancora una volta un simbolo nel Canto degli italiani.
Il Risorgimento
Il Canto degli Italiani
Video disponibile a: http://www.youtube.com/watch?v=AcI2IdHhEHE
Il Risorgimento
Il Canto degli Italiani
DELL’ELMO DI SCIPIO L’Italia – ci dicono questi versi – si è scossa da un sonno secolare e ha
indossato l’elmo di Scipio perché, seguendo il suo esempio, ha deciso di
liberarsi per sempre dagli invasori.
“Scipio” è Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano, trionfatore sui cartaginesi
nella battaglia di Zama, che mise fine alla seconda guerra punica. Quella guerra
aveva rappresentato uno dei momenti più drammatici per la Repubblica
Romana. Nel 218 a.C., Annibale aveva condotto l’esercito di Cartagine dalla
Spagna, attraverso le Alpi, ad invadere l’Italia. Roma gli si era inutilmente
opposta, andando incontro alle sanguinose sconfitte del Ticino, della Trebbia e
del Trasimeno. E a Canne, nel 216, Roma aveva subìto una delle più disastrose
disfatte della sua storia. Ma Annibale non ritenne, o non fu in grado, di portare
l’attacco definitivo all’Urbe. Così Roma ebbe il tempo per riprendersi, per
riorganizzare le proprie forze e per portare la guerra direttamente in Africa.
Nel 202, sotto il comando di Scipione l’Africano, le legioni romane si
scontrarono con l’esercito di Annibale a Zama (nell’attuale Algeria). Benché
inferiori di numero, i Romani sbaragliarono i nemici, infliggendo loro una
sconfitta che rappresentò la fine della potenza cartaginese.
Il Risorgimento
Publio Cornelio Scipione
Africano
Il Canto degli Italiani
LE PORGA LA CHIOMA Anticamente alle schiave venivano tagliate le chiome – per distinguerle dalla
donne libere che portavano, invece, i capelli lunghi. La Vittoria, ci dice il poeta,
deve porgere le chiome per farsele tagliare, in quanto schiava di “Roma semper
victrix”, sempre vittoriosa.
STRINGIAMCI A COORTE
La coorte (cohors) era un’unità della legione romana. Diversa per numero e
composizione nelle varie epoche, poteva essere coorte legionaria (la decima
parte di una legione), coorte ausiliaria (costituita da alleati dei Romani), coorte
pretoria (la guardia del corpo dell’imperatore), coorte urbana (la guarnigione
dell’Urbe). Il termine è passato ad indicare in generale una schiera di armati.
Il Risorgimento
Legionari romani
su una bireme da guerra
(bassorilievo conservato
al Museo Vaticano)
Il Canto degli Italiani
PERCHÉ SIAM DIVISI Il fondamentale ideale che mosse il Risorgimento italiano fu la realizzazione
dell’unità della Patria.
Dalla fine dell’impero romano d’occidente, l’Italia era rimasta frammentata in
una miriade di Stati più o meno grandi – talvolta deboli ed effimeri, talvolta
potenti e duraturi, ma quasi costantemente intenti a feroci lotte fratricide che
avevano indebolito l’idea stessa di nazione e avevano inevitabilmente favorita,
quando non l’avevano addirittura sollecitata, l’occupazione straniera. Nel 1815,
dopo la caduta di Napoleone, il Congresso di Vienna aveva sancito la divisione
del territorio italiano nei vari Stati raffigurati nella cartina qui sotto.
Fu partendo da questa situazione che si iniziò a ricostruire l’unità del suolo
patrio: le Guerre d’indipendenza scandirono le varie fasi del Risorgimento
fondendo insieme gli italiani, come auspicava il poeta, sotto un’unica bandiera –
il Tricolore. L’unità d’Italia fu raggiunta infine con la vittoria nella Prima guerra
mondiale e la conseguente redenzione delle ultime terre ancora rimaste sotto il
dominio straniero: Trento e Trieste.
Il Risorgimento
Il Canto degli Italiani
UNIAMOCI, AMIAMOCI Tutta la strofa è animata dalla profonda religiosità mazziniana. Mazzini
concepiva la rivoluzione che avrebbe portato all’unità dell’Italia come un vero e
proprio dovere religioso da attuare in favore del popolo. Nella sua visione, la
sovranità non è di una singola persona, per quanto nobile e valorosa, ma risiede
in tutto il popolo – e ad esso deriva direttamente dal volere di Dio.
L’espressione “Dio e popolo”, che sintetizzava questo aspetto dell’ideale
mazziniano, significava il manifestarsi di Dio attraverso il popolo e intendeva
dire che la nazione “dev’essere un’operaia al servizio di Dio” e quindi
dell’Umanità. Secondo Mazzini, la missione dell’Italia (unita «per Dio», cioè per
volontà e opera di Dio), era quella di farsi ispiratrice del movimento di
liberazione dei popoli europei, non nel perseguimento di un primato di potenza
politico militare, ma ponendosi come un faro di solidarietà e libertà («l’Unione e
l’amore / Rivelano ai Popoli / Le vie del Signore»). E in questa ottica anche il
giuramento di «far libero / Il suolo natio» assume il carattere sacrale
dell’impegno preso con la Divinità.
Il Risorgimento
Giuseppe Mazzini
Il Canto degli Italiani
DOVUNQUE È LEGNANO Il 29 maggio 1176 l’esercito della Lega Lombarda intercettò a Legnano l’imperatore Federico Barbarossa, che da
Como stava andando ad incontrare i rinforzi fiamminghi e germanici in arrivo attraverso la Svizzera. I Lombardi
marciavano preceduti dal simbolo dell’autonomia comunale: il Carroccio. Era un grande carro trainato da buoi
bianchi, sul quale sventolava il gonfalone comunale e rintoccava la campana Martinella, mentre un sacerdote pregava
in ginocchio per la vittoria. Attorno al Carroccio si serrava la Compagnia della Morte, centinaia di volontari che
avevano giurato di vincere o morire. Non c’era un comandante in capo: la leggenda vuole che i Lombardi siano stati
guidati da Alberto da Giussano, ma in realtà non si tratta di un personaggio storico.
L’imperatore aveva con sé circa 2000 uomini: ad aspettarlo a Legnano ne trovò 5000 della Lega. I Lombardi
attaccarono battaglia con soli 700 armati e il Barbarossa rispose immediatamente all’assalto mettendosi personalmente
alla testa dei suoi e sbaragliando facilmente i nemici. Ma le forze comunali continuarono ad attaccare, a ripiegare e ad
attaccare ancora. Ad un tratto non si videro più l’imperatore e la sua insegna. Dalle file lombarde si alzò il grido di
vittoria e le truppe imperiali si diedero alla fuga abbandonando sul campo i feriti e i carriaggi. In realtà Federico non
era morto: caduto dal cavallo che gli era stato ucciso, aveva trovato scampo in un bosco vicino e col calare della sera,
lacero e disfatto, riuscì a tornare a Como. Nella notte, a Milano, il popolo festeggiò gioiosamente la vittoria attorno ai
falò, radunandosi per ammirare gli straordinari trofei della battaglia: la spada e lo scudo del grande imperatore
Federico I di Svevia, detto il Barbarossa.
La notizia della sua sconfitta si diffuse ovunque con la velocità del lampo. Non era tanto una disfatta militare (in
questo campo, la superiorità e la potenza armata dell’impero restavano indiscusse), quanto morale. L’umiliazione
subita dal Barbarossa era il segnale che si poteva lottare per la libertà – e vincere.
Il Risorgimento
Il Canto degli Italiani
Il Canto degli Italiani
La battaglia di Legnano - dipinto di A. Cassioli
Il Risorgimento
OGN’UOM DI FERRUCCIO Il “Ferruccio” del poeta è Francesco Ferrucci, eroico difensore della Repubblica
di Firenze contro l’esercito dell’imperatore Carlo V d’Asburgo. Ferrucci aveva
appreso il mestiere delle armi militando sotto le insegne di Giovanni delle
Bande Nere. Nominato commissario della Repubblica, sconfisse ripetutamente
le forze imperiali. Dotatissimo tattico e stratega, combatteva in prima fila con i
suoi fanti e guidava personalmente gli assalti. Possedeva un carisma e un
coraggio eccezionali, che riuscivano a rianimare i suoi soldati anche nelle
situazioni più disperate. Sotto il suo comando, il 2 agosto 1530 le truppe
fiorentine assalirono la città di Gavinana, tenuta dagli imperiali. Nonostante i
successi iniziali, i Fiorentini finirono per essere soverchiati dai nemici.
Francesco Ferrucci fu fatto prigioniero e, ormai morente per le numerose ferite,
venne vigliaccamente finito con una pugnalata da Fabrizio Maramaldo, un
capitano di ventura calabrese al servizio di Carlo V. «Vile, tu uccidi un uomo
morto», furono le celebri parole d’infamia che l’eroe rivolse al suo assassino.
Pochi giorni dopo, Firenze capitolò. Francesco Ferrucci resta per sempre il
simbolo del valore indomito lealmente posto al servizio della Patria e della
libertà; “maramaldo”, nella lingua italiana, è passato ad essere sinonimo di
persona malvagia e prepotente che infierisce sui vinti e sugli inermi.
Il Risorgimento
Francesco Ferrucci
monumento nella piazza
di Gavinana
Il Canto degli Italiani
SI CHIAMAN BALILLA Nel corso della Guerra di successione austriaca (1740-1748) la Repubblica di
Genova era alleata con gli Spagnoli e i Francesi contro gli Austriaci e il Regno di
Sardegna. Nel settembre 1746 Genova fu presa dalle truppe austro piemontesi
al comando del generale Brown e dovette accettare pesanti condizioni di resa,
tra le quali la consegna delle armi e delle artiglierie. Al tramonto del 5 dicembre
1746, mentre un drappello di soldati austriaci stava trascinando per la via di
Portoria un mortaio prelevato da una postazione sulle alture di Carignano, la
strada sprofondò sotto il peso del pezzo d’artiglieria, che rimase impantanato. I
soldati cercarono allora di costringere la gente del posto ad aiutarli e presero a
bastonare chi si mostrava riluttante. Di fronte a questa prepotenza un ragazzo
raccolse un sasso e lo scagliò contro l’ufficiale che comandava il drappello
gridando «Che l’inse?» («Si comincia?»). Il suo gesto fu immediatamente imitato
e una fitta sassaiola costrinse gli austriaci ad abbandonare il mortaio e a darsi
alla fuga. Fu la scintilla che fece sollevare il popolo genovese e diede inizio a
una rivolta che scacciò dalla città gli invasori austro piemontesi. Quel ragazzo di
Portoria non è mai stato identificato con sicurezza, ma una solida tradizione
vuole che si chiamasse Giambattista (Balilla) Perasso.
Il Risorgimento
Fanti austriaci
della guerra 1740-1748
Il Canto degli Italiani
I VESPRI SUONÒ Tutte le campane («ogni squilla») d’Italia hanno suonato
per chiamare alla rivolta contro l’invasore, come fecero
durante i Vespri siciliani.
La rivolta del Lunedì di Pasqua – alla quale fa riferimento
il poeta – segnò l’affrancamento della Sicilia dal dominio
della dinastia angioina. Il guelfo Carlo I d’Angiò, fratello
del re di Francia, era stato incoronato re delle due Sicilie
per contrastare il ghibellino svevo Manfredi, ma fin da
subito il suo si era rivelato un governo di soprusi e
sopraffazioni. Il malcontento dei siciliani esplose il
Lunedì di Pasqua del 1282, prendendo spunto dall’offesa
arrecata da alcuni soldati francesi a delle donne che
uscivano da una chiesa dopo aver assistito al Vespro. I
prepotenti vennero assaliti ed uccisi e le campane di tutte
le chiese suonarono a distesa chiamando il popolo alle
armi. Da Palermo la rivolta si estese rapidamente a tutta
la Sicilia e i Francesi vennero scacciati dall’isola.
Il Risorgimento
I Vespri Siciliani
(dipinto di F. Hayez)
Il Canto degli Italiani
LE SPADE VENDUTE I mercenari («le spade vendute»), che si sono poste al servizio degli invasori per denaro, saranno – ci dice il poeta
– come «giunchi che piegano» di fronte al valore dei patrioti, mossi dall’amore di Patria.
IL SANGUE POLACCO
Qui il poeta (che scrive Il Canto degli Italiani nel 1847) fa riferimento a un episodio accaduto l’anno precedente.
Il Congresso di Vienna (1815) aveva assegnato la Polonia all’impero russo (il «cosacco») e la città libera di
Cracovia rimaneva l’ultimo lembo di territorio polacco ancora indipendente. Nel 1846 la Polonia era insorta
contro l’occupazione straniera, ma la rivolta era stata soffocata nel sangue e l’impero austriaco aveva colto
l’occasione per annettersi Cracovia.
Il Risorgimento
Il Canto degli Italiani
Concludiamo questa presentazione con lo spettacolare intervento di Roberto Benigni al Festival di Sanremo 2011
con la spiegazione dell’Inno di Mameli che commuove e risveglia l’orgoglio di essere italiani. Di seguito il video
integrale dell’intervento di Benigni al Festival di Sanremo 2011:
Grazie Roberto per darci ancora motivo d’essere orgogliosi di un Paese che sembra si sia perso!
Il Risorgimento
Catalano Biagio Dargenio Ruggiero
Di Trani Nicola Paciolla Andrea