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Il periodo romano è caratterizzato dalla presenza di monete, dimetalli e caeramiche; la monetazione in origine apparteneva ai con-soli che la esercitavano per mezzo di fiduciari, carica che venne lorodedotta ed affidata a magistrati speciali, probabilmente fra il 289 edil 269 a.C. Questi magistrati erano chiamati Tresviri auro argentoaere flando feriundo, ma più semplicemente Tresviri monetales.Quest’ultima carica era tra quelle annoverate nel cursus honorum.Essi provvedevano alla composizione di diverse maestranze guidateda un procurator o probator (esperto in chimica e metalli), quali gliscalptores (coniatori), gli officinatores (trasportatori di pesi e dimetalli), i nummularii (addetti alla fornitura dei coni) e dispensato-res (addetti alla contabilità).
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I prodotti del commercio
L’arco romano,
sistema di
costruzione
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Le monete romane, di bronzo, d’oro o argento, sono spesso pre-senti in Basilicata. Diversi ritrovamenti sono avvenuti ad OlivetoLucano, Miglionico, Garaguso, Potenza, Avigliano, Marsico Vetere,Chiaromonte, Metaponto, Policoro, Matera, e in tutta l’area delVulture. Ciò indicava la diffusione del commercio attraverso le stra-de, ma anche la ricchezza delle popolazioni della Basilicata, la qualepossedeva ricchi latifondi.
La coniazione di bronzo, rame ed ottone era anteriore alla pre-senza romana, ma vi era in questa epoca l’Aes rude (forme di ramedi varie dimensioni), l’Aes signatum (pezzi di rame o bronzo cheriportavano un rozzo segno a forma di spina di pesce) e l’Aes grave,che aveva il peso di un asse ed era coniato dalla Zecca ed era prero-gativa del Senato.
La coniazione di argento, presa dai Greci, è rappresentata daldenarius, che presentava all’inizio una configurazione costante : un
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I prodotti del commercio
Grumentum.
Pavimentazione in
laterizio
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dritto con la testa di Roma con elmo affiancata da una X (dieci assi)e, sul rovescio, i Dioscuri e la legenda “Roma”.
La coniazione con oro era ottenuta con lingotti garantiti e sigla-ti dallo Stato. All’inizio del I secolo a.C. Silla inizia a battere mone-ta d’oro su un peso che rappresenta un trentesimo di libbra (unalibbra equivaleva a 272 grammi). In epoca imperiale il peso si sta-bilizza su un quarantaduesimo di libbra.
Ma sul metallo si avrebbe molto da dire, anche se si è dettopochissimo. Sappiamo che nei fondali di Maratea sono stati trovatidiversi ritrovamenti di bronzi e ferri: tra questi anche le ancore.Spesso queste si trovano in zone di mare protette dai venti dove lenavi probabilmente si ancoravano. Spesso vi sono pure ancore dipietra forata, poiché le cavità servivano per inserire paletti di legnoper ancorare la pietra al fondo marino, ma spesso sono anche diepoca preistorica. Infatti, la presenza di diverse ancore nel meravi-glioso mare di Maratea sino a tutto il Golfo di Policastro, fa pensa-re che quella zona era particolarmente soggetta a correnti marinetali da far perdere gli ormeggi o da tagliarne le funi.
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I prodotti del commercio
Tolve. Planimetria
della fattoria di
Moltone
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Dagli stessi fondali provengono le anfore, cioè i vasi da traspor-to muniti di due manici, detti anse, di forma affusolata o tondeg-giante e con il corpo terminante in un peduncolo che non le per-mette di reggersi senza un sostegno. Nelle anfore venivano traspor-tati diversi prodotti alimentari, come vino, olio, olive, grano, semi,spezie, aceto, frutta secca, datteri e darum o garrum, una salsa di
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I prodotti del commercio
Nova Siri, località
Cugno dei Vagni.
Planimetria delle
terme
(C. Castronovi)
Abiti con ampio
panneggio di
epoca romana.
Alla semplice tipo-
logia delle case si
affiancava la
solennità dei pan-
neggi, fondamen-
tali per distinguere
portamento e
costume
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pesce prodotta in Africa e molto apprezzata dai romani. Osservandoun frammento anforaceo, si può notare come tale ceramica sidistingua dalla comune –quasi sempre– e ancor più dalla ceramicafine da mensa, per l’argilla. Questa è spesso ricca di inclusioni mine-rali, granulosità di varia dimensione, a volte aggiunta come “sgras-sante” per modificarne l’eccessiva plasticità. La superficie esternapuò avere un’ingubbiatura mentre quella interna, pare solo nelleanfore vinarie, può arrecare tracce di sostanze resinose, che secondoalcuni servivano come impermeabilizzante, secondo altri a resinareil vino contenuto nelle anfore, tecnica tuttora seguita in Grecia. Laforma del puntale favoriva l’impilamento nella stiva delle navi esuccessivamente la collocazione nel terreno delle cantine. Le anforevenivano considerate “contenitori a perdere” che, dopo l’uso, veni-
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I prodotti del commercio
Serra di Vaglio e
Muro Lucano, tipo-
logia delle case
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vano utilizzati come materiale da costruzione, nei drenaggi e nellesepolture. La loro forma era per sé stessa un messaggio: a questa, inorigine, quasi sempre doveva corrispondere un contenuto ben defi-nito, di modo che chiunque la vedesse ne potesse riconoscere con-tenuto e provenienza. Le forme più diffuse vennero sempre imitateda più produttori in più luoghi diversi, spesso per smerciare pro-dotti simili all’ originale o addirittura generi diversi. Altra peculia-rità della tipologia delle anfore è la presenza dei tappi, anch’essi interracotta, che venivano sigillati con pece o cera, a volte recandosimboli o scritte. Il loro studio, iniziato in seguito a scoperte deri-vate da ricerche sistematiche, sta dando ulteriori insospettate noti-zie sul movimento dei carichi nel Mediterraneo.
Insieme alle anfore non poteva mancare la terracotta, la quale
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I prodotti del commercio
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specialmente in alcunetipologie deve trovareun’ulteriore precisazio-ne cronologica. Inepoca romana una tipo-logia era la cosiddettaterra sigillata. Questotermine fu coniato daun erudito nel 1895con il quale egli ne fis-sava le forme caratteri-stiche. In teoria questoindicherebbe tutte leceramiche decorate conimpressione in negati-vo. In verità si indicaattualmente con questotermine una produzio-ne di ceramica damensa ellenistico-romana a superficiebrillante (rossa-arancio-ne molto scura), deco-rata o anche liscia, pro-dotta con la stessa tec-nica in varie areedell’Impero romano.
A seconda del luogodi produzione si parla di terra sigillata orientale, italica (e nord ita-lica), gallica, ispanica, africana e pannonica. Il centro di maggiorproduzione era Arezzo, città in cui furono presenti un centinaio dibotteghe, come si arguisce dai bolli di fabbrica. Un altro importan-te centro di produzione era a Pozzuoli, ma non mancavano fabbri-che a Pisa e Luni. Il procedimento di fabbricazione partiva dallascelta delle argille, preminentemente calcaree, che non necessitava-no di additivi per mitigarne l’eccessiva plasticità.
Tutti i vasi sono eseguiti al tornio, mentre per quelli decorativeniva eseguita al tornio la matrice, poi sulle pareti si imprimevanocon punzone in argilla le decorazioni che poi apparivano in rilievoa vaso finito. Si poneva poi il bollo di fabbrica che è considerato un
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I prodotti del commercio
Oppido Lucano. Il
mosaico di
Masseria Ciccotti
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importante elemento datante. La verniciatura avveniva per immer-sione in un’argilla liquida ricca di sostanze alcaline e idrossidi diferro, la quale con la cottura vetrificava divenendo una pellicola sot-tilissima e impermeabile.
Alla ceramica sigillata nord-italica, databile intorno al I sec. a.C.-I sec. d.C., si riferiscono diversi ritrovamenti, tra cui Venosa,Moliterno, Villa d’Agri, Laurenzana, Metaponto, Policoro e Matera.
Accanto ad essa vi era la ceramica domestica o comune. Solorecentemente, ed in conseguenza della moderna tecnica di scavostratigrafico, lo studio della ceramica comune ha acquisito notevo-le importanza. Con questo termine si indicano infatti tutti i reci-pienti utilizzati nelle antiche abitazioni per preparare, cuocere econservare i cibi o per altri usi domestici. Tale ceramica doveva esse-re poco costosa ed aveva diffusione in aree piuttosto ristrette. Sipossono quindi trovare pentole e tegami più o meno bassi, a volteforniti di coperchio, ciotole, olle ed anforette.
Vi era poi la ceramica a pareti sottili. In questa classe sono compresitutti i vasi che presentano pareti sottilissime. Frammenti di questotipo sono molto pochi tra il materiale recuperato a Torre di Satriano,
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I prodotti del commercio
Potenza, villa di
Malvaccaro.
Planimetria
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Timmari, e Metaponto. Tali vasi sono contraddistinti dal colore grigiodell’argilla, cotta in atmosfera riducente, che varia di colore dal grigioscuro fin quasi al nero. Le superfici sono ricoperte da un’ingubbiatu-ra dello stesso colore, oppure sono lisciate esternamente.
Difficile è, nel territorio, trovare le fornaci del materiale cerami-co. Nei numerosi siti archeologici di Tricarico altura strategica tra levallate del Bradano e del Basento, tra cui Serra del Cedro, Calle ePiano della Civita, troviamo centri fortificati provvisti di fornaci.Civita di Tricarico è un insediamento,databile tra il IV e il I secoloa.C., circondato da tre cinte murarie e provvisto di strade, con untempietto di tipo italico, mentre Serra del Cedro è un ampio inse-diamento lucano, databile dalla seconda metà del IV sec. a.C. chesopravvisse sino al III secolo a.C. circa.
Il materiale in terracotta, come del resto quello in legno, servivaa contenere liquidi od alimentari, che nella cucina romana eranonumerosi. I ricchi facevano venire i prodotti dai loro domini.
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I prodotti del commercio
Potenza, villa di
Malvaccaro. Il
mosaico romano
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A Roma, come anche nelle città di Grumentum, Heraclea eVenusia, vi erano mercati del pesce, del bestiame e delle verdure. Aprovvedere la distribuzione ed il controllo era l’annona, che sovrin-tendeva anche al raccolto del grano e del vino. Fondamentale per laconservazione del cibo era il sale, conservato in una specie di dis-pensa, il penus. Con il sale si realizzava anche il pane, che prestosostituì l’altro alimento, la polta, cioè una zuppa di cereali. Il paneera fatto con farro, e poiché era durissimo si intingeva nel vino edera spesso condito con uova, olive e funghi.
Il territorio della Basilicata si prestava bene alla coltivazione del-l’olivo e alla raccolta dei funghi nelle zone boscose o palustri, da cuiprovenivano anche raccolte di radici, rape, cipolle, aglio, fave easparagi. Accanto questi ingredienti quasi tutti gli stanziamentimostrano l’uso della carne di suino, sia di allevamento che allo statobrado (cinghiali, che erano annoverati animali dalla carne pregiatae costosa), il che fa pensare proprio ad una tradizione che si protraesino ad oggi.
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Garaguso.
L’insediamento
indigeno, abban-
donato, dette vita
ad una serie di
insediamenti
romani
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Per quanto riguarda il vino, pochissimo si conosce in merito aquesta coltivazione, che fu invece introdotta dai monaci italo-grecinell’altomedioevo, specialmente nell’area del Vulture.
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I prodotti del commercio
Venosa.
L’anfiteatro
(C. Castronovi)
Potenza. Rilievo
con togato, del I
sec. d.C.
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