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Università degli Studi di Enna “Kore” Corso di Studi in Servizio Sociale

Insegnamento di Psicologia sociale

La comunicazione non verbale

Prof.ssa Irene Petruccelli e Dott.ssa Miccichè Angela

Enna, 15 dicembre 2015

A.A. 2015-2016

Basi teoriche della comunicazione non verbale (cnv) Diverse discipline si sono occupate di comunicazione non verbale: ü  biologia ü  antropologia ü  sociologia ü  psicologia

Ø Origini biologiche e innate della cnv nei comportamenti sociali. Charles Darwin pubblicava L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali. Il comportamento sociale, negli animali ma anche nell'uomo, comprende segnali corporei.

Ø Antropologica: Primi studi metà del novecento quando certe differenze e specificità culturali erano ancora facilmente percepibili.

Efron (1941) studiò le comunità italiane ed ebree negli Stati Uniti e notò come queste utilizzassero il linguaggio non verbale allo stesso modo dei popoli d'origine e che le adattavano a quello degli americani quando parlavano con loro, dimostrando l'influenza culturale su tali espressioni.

Hall (1968) Introduce il concetto di prossemica (relazione dell'uomo con lo spazio fisico) analizza le differenze culturali della distanza interpersonale (es. nord americani vicinanza)

Ø Sociologica Certi segnali non verbali hanno funzioni importanti nel gestire diverse regole sociali.

Goffman (1969) Gli individui utilizzano particolari comportamenti, come l'adozione di un certo tipo di abbigliamento e accessori o l'esecuzione di gesti per trasmettere una certa immagine di sè; questo è possibile in quanto esistono atti non verbali dotati di particolari significati culturalmente condivisi.

All'interno di una medesima cultura, lo stesso segnale non verbale può avere significati differenti in contesti sociali diversi, come in una rappresentazione di ruoli.

Ø Psicologica Si suddivide •  Psicologia sperimentale •  Psicologia sociale.

Psicologia sperimentale si sviluppa nei primi decenni del novecento seguendo l'interesse della psicologia della Gestalt. Sin dagli anni venti alcuni ricercatori studiavano le espressioni facciali delle emozioni, le vocalizzazioni e i gesti spontanei rispetto a quelli simulati. Gli psicologi sperimentali si proponevano di verificare se le espressioni facciali delle emozioni fossero coerenti, o riconoscenti da altri, o veridiche (rispetto allo stato emotivo).

Psicologia sociale sottolinea come i fattori contestuali possano avere un peso sui diversi modi in cui le espressioni non verbali possono essere giudicate. Il contesto e i processi di attribuzione svolgono un ruolo fondamentale nelle interpretazioni delle espressioni facciali.

Anche nella psicologia clinica lo studio della comunicazione non verbale risulta importante.

Bateson (1976) ha analizzato la cnv nella sua teoria sulla schizofrenia. Le persone "normali" utilizzano le espressioni non verbali per accompagnare, sostenere e spesso chiarire il discorsi verbale. Gli schizofrenici invece non riescono a riconoscere quando un sorriso, inserito in un discorso serio, rende la frase ironica o sarcastica. Ciò può essere ricondotto ad una discrepanza tra verbale e non verbale.

Bateson parla di "doppio legame" riconducendolo ai segnali incongrui e contraddittori da parte dei genitori (soprattutto dalla madre) ad esempio parole positive accompagnate da segnali negativi del corpo.

Modelli teorici dello studio della cnv I modelli che si sono sviluppati nella letteratura psicologico-sociale riguardanti la comunicazione si sono maggiormente concentrati sulla comunicazione verbale rispetto a quella non verbale.

Krauss e Fussell (1996) modello encoder/decoder (codifica/decodifica) è stato quello dominante nella ricerca sulla cnv.

Secondo tale modello, la rappresentazione mentale del parlante è trasformata in una rappresentazione linguistica, grazie al codice linguistico del parlante, e viene trasmessa attraverso il parlato. Attraverso la decodifica della rappresentazione linguistica, il ricevente può crearsi una rappresentazione mentale del parlante.

Molti autori hanno studiato le possibili fonti delle incomprensioni tra chi ascolta e chi parla introducendo il concetto di "rumore". Tale modello risulta comunque riduttivo nella cnv.

Teorie dell'adattamento interpersonale In ambito psicologico-sociale diversi ricercatore hanno tentato di far luce sul fenomeno che è stato chiamato "adattamento non verbale": le persone compiono aggiustamenti interattivi nei loro comportamenti non verbali legati alla caratterizzazione delle relazioni.

Una persona compie dei cambiamenti nei propri comportamenti in modo che questi siano più o meno simili a quelli del proprio partner, si verifica una reciprocità o convergenza.

Quando invece si discosta da quello dell'altro, abbiamo una compensazione o divergenza. Indicatori non verbali di coinvolgimento e intimità sono: la diminuzione della distanza interpersonale, il contatto, il sorriso, l'orientazione diretta del corpo, lo sguardo reciproco, i quali segnalano la disponibilità alla comunicazione e inviano messaggi di intimità fisica e psicologica e di calore interpersonale.

Una delle prime trattazioni teoriche dei processi di adattamento interpersonale è la teoria del conflitto affiliativo o teoria dell'equilibrio di Aryle e Dean (1965). Questa teoria si basa sull'assunzione che coloro che interagiscono tentano di mantenere lo status quo del grado d'intimità stabilito nella relazione; vale a dire che essi, per mezzo di modalità comunicative non verbali, cercano di mantenere un livello di coinvolgimento coerente con il livello d'intimità del loro rapporto.

Teoria della violazione delle attese (Expectancy Violations Theorhy, Burgoon, 1978). Secondo tale teoria ognuno ha delle aspettative. Tali attese possono essere predittive o prescrittive. Predittive comportamenti usuali. Invece prescrittive che accade qualcosa di appropriato o desiderato.

La violazione delle attese in particolare di quelle prescrittive, può provocare diversi tipi di risposta, negativa o positiva.

La valenza della violazione è positiva quando i comportamenti effettivi sono valutati più favorevolmente dei comportamenti attesi. Es. in caso di comportamenti non verbali non attesi di avvicinamento da parte del partner, che segnalano desiderio di intimità, un interagente che da valenza positiva a tale violazione attiverebbe comportamenti di reciprocità cioè comportamenti non verbali d'intimità.

Nel caso in cui invece il comportamento dell'altro viola le attese relazionali e tale violazione è valutata negativamente, saranno attivate risposte compensatorie, cioè aumento della distanza interpersonale.

Quindi è evidente che gli aspetti verbali e non verbali siano strettamente interconnessi tra loro e che solo il messaggio verbale non è sufficiente a spiegare l'insieme dei significati e atteggiamenti che caratterizza il comportamento sociale.

L'integrazione tra comunicazione verbale e non verbale con funzione interpersonale riguarda sicuramente lo stretto legame tra gestualità e linguaggio parlato. Teoria dell'integrazione gesti-parlato di McNeil (1992) I gesti delle mano hanno una funzione interpersonale poiché aiuterebbero il parlante nella produzione linguistica e nel richiamo lessicale delle parole.

Teoria dell'accomodamento della comunicazione (Communication Accommodation Theorhy, cat; Giles, Wadleigh, 1999). La teoria dell'accomodamento della comunicazione, si riferisce in particolare, ai comportamenti comunicativi. Secondo tale modello, gli individui usano comportamenti strategici per negoziare la distanza sociale.

Queste strategie, che sono anche il fulcro delle premesse su cui si basa la cat, sono strategie di approssimazione (convergenze, divergenze, mantenimento e complementarietà), di gestione e interpretazione del discorso e di controllo sociale

Le persone si adattano al comportamento degli altri rendendo il proprio più o meno simile a quello dei loro interlocutori (convergenza/divergenza).

La convergenza sarebbe quella strategia per mezzo della quale le persone adattano la propria comunicazione cosi da rendere i loro comportamenti visivi, vocali e/o verbali più simili ai comportamenti dei propri partner interazionali. Questi comportamenti comunicativi includono espressioni facciali, sguardi, posture, segnali prossemici, contatti corporei, toni vocali, accenti ecc.

La convergenza migliora l'efficacia degli episodi comunicativi. La premessa è che più i due interlocutori sono simili dal punto di vista non verbale, più si piaceranno

La convergenza è associata con valutazioni favorevoli se l'intento accomodativo (di adattamento) è percepito favorevolmente e non come imitazione o accondiscendenza.

La convergenza può occorrere anche in situazioni di potere tra gli interagenti e, a seconda del loro status sociale, può essere verso l'alto o verso il basso. Di solito l'adattamento è diretto verso chi ha più potere da parte di chi ne ha meno.

Secondo tale visione, in situazioni di simmetria interazionale entrambi gli interlocutori convergono, mentre in situazioni sociali simmetriche, solo una persona (quella meno potente) converge

La cat propone che la convergenza rifletta il bisogno della persona di integrazione sociale con l'altro (o con un gruppo). In tal modo è un riflesso del desiderio di approvazione.

La divergenza, si riferisce al modo in cui coloro che comunicano accentuano le differenze tra sé e gli altri attraverso i comportamenti non verbali

I motivi per la divergenza, spesso di natura sociale, possono riguardare ad esempio lo sdegno personale per un'altro e l'enfasi di un'identità di gruppo.

In generale gli interagenti hanno aspettative riguardanti i livelli ottimali di convergenza e di divergenza, che possono essere basate su stereotipi, norme sociali d'interazione, linee guida per un comportamento accettabile in particolari situazioni. La comunicazione spesso non è tanto scambio di informazioni, quanto negoziazione di identità.

Modello dei processi paralleli di Patterson Patterson (1982) critica i modelli di adattamento o accomodamento interpersonale definendoli modelli reattivi, in quanto non terrebbero conto del fatto che nella realtà dei rapporti sociali, spesso, le reazioni comportamentali non verbali delle persone non sono dettate o influenzate solo dai sentimenti nei confronti degli altri ma, più frequentemente, da regole sociali e culturali che si applicano a determinati contesti e situazioni interattive

risulta difficile per esempio reagire non verbalmente seguendo i propri stati affettivi a un approccio intimo accompagnato da un largo sorriso da parte del proprio mentre ci chiede di lavorare il fine settimana. In questo caso entrano in gioco norme sociali interazionali che ci portano a ricambiare con espressioni altrettanto positive le manifestazioni non verbali del capo.

Classificazione della cnv Aspetto esteriore: ü Conformazione fisica ü Abbigliamento

Comportamento spaziale: ü distanza interpersonale ü contatto corpoeo ü orientazione ü postura

Comportamento cinesico: ü movimenti di busto e gambe ü gesti delle mani ü movimenti del capo

Volto: ü sguardo e contatto fisico ü espressione del volto

Segnali vocali: ü segnali vocali verbali ü segnali vocali non verbali ü silenzio