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UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI DI VENEZIAFACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERECORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE DEL LINGUAGGIO
PROVA FINALE DI LAUREA
LA DISTRIBUZIONE DEGLI AGGETTIVILA DISTRIBUZIONE DEGLI AGGETTIVINELLA LINGUA DEI SEGNI ITALIANA:NELLA LINGUA DEI SEGNI ITALIANA:
UN'ANALISI QUANTITATIVAUN'ANALISI QUANTITATIVA
RelatoreCh.mo Prof. Carlo Geraci
CorrelatoreCh.mo Prof. Guglielmo Cinque
LaureandaLara Mantovan
Matricola: 824989
ANNO ACCADEMICO 2009 – 2010
I N D I C EI N D I C E
Ringraziamenti
Introduzione
Capitolo 1: LA SINTASSI DELLA LIS
v
1
5
1.1 Introduzione 5
1.2 Le lingue dei segni dispongono di sintassi? 5
1.3 Il contesto frasale in LIS 8
1.3.1 Il parametro testa-complemento 9
1.3.2 Sequenzialità e simultaneità 12
1.3.3 La struttura del CP 14
1.4 Il sintagma determinante in LIS 16
1.4.1 Le proiezioni interne al DP 18
1.4.2 La struttura del DP 20
1.5 Conclusione 21
Capitolo 2: APPROCCIO CARTOGRAFICO 23
2.1 Introduzione 23
2.2 Il Progetto Cartografico 24
2.2.1 Gli assunti 25
2.2.2 La metodologia 26
2.3 La grammatica degli aggettivi 28
2.3.1 Universale 20 di Greenberg e struttura del DP 30
2.3.2 La modificazione sul nome 34
i
2.3.3 L'ordine degli aggettivi in modificazione diretta 37
2.4 Gli aggettivi in italiano e in LIS: uno studio comparativo
39
2.4.1 La posizione dell'aggettivo rispetto al nome 40
2.4.2 Universale 20 di Greenberg e struttura del DP 43
2.4.3 La modificazione sul nome 44
2.4.4 L'ordine degli aggettivi in modificazione diretta 47
2.5 Conclusione 50
Capitolo 3: APPROCCIO QUANTITATIVO 51
3.1 Introduzione 51
3.2 La sociolinguistica 51
3.2.1 La variazione sociolinguistica 53
3.2.2 La variabile sociolinguistica 57
3.2.3 La sociolinguistica quantitativa 58
3.3 La sociolinguistica applicata alle lingue dei segni 59
3.3.1 Studi sociolinguistici in riferimento all'ASL 61
3.3.2 Studi sociolinguistici in riferimento alla LIS 63
3.4 La distribuzione degli aggettivi in LIS: uno studio quantitativo
68
3.4.1 La costruzione del corpus di dati 68
3.4.2 L'annotazione e la codifica dei dati: ELAN 73
3.4.3 L'indice dei dati: Excel 81
3.4.4 La distribuzione dei dati 86
3.4.5 L'analisi quantitativa dei dati: VARBRUL 88
3.4.6 Considerazioni sui risultati 95
3.5 Conclusione 98
ii
Capitolo 4: UNA VISIONE D'INSIEME 99
4.1 Introduzione 99
4.2 Confronto tra approccio cartografico e quantitativo 99
4.3 Proposte per la teoria linguistica 100
4.3.1 Le variabili indipendenti extralinguistiche 101
4.3.2 Le variabili indipendenti linguistiche 102
4.3.3 La frequenza 108
4.4 Prospettive future di ricerca 109
Bibliografia 111
Sitografia 116
iii
iv
R I N G R A Z I A M E N T IR I N G R A Z I A M E N T I
Questo lavoro è l'ultimo tassello del percorso che sin qui ho avuto la possibilità di
compiere all'interno dell'affascinante mondo delle scienze del linguaggio. Il lungo
viaggio che ho intrapreso in questo ambito accademico è sempre stato alimentato dalla
mia voglia di scoprire, dalla passione trasmessa da professori illuminati e dagli
incoraggiamenti di affettuosi compagni di studio. Mi ritengo fortunata ad avere avuto
l'opportunità di vivere questa esperienza e sono profondamente grata a tutte quelle
persone che hanno reso possibile tutto questo.
Un sincero ringraziamento è doveroso nei confronti di tutti i professori che ho
incontrato nelle aule di Ca' Foscari perché, attraverso la loro professionalità e
disponibilità, mi hanno trasmesso conoscenze e competenze che mi hanno arricchito e
che mi accompagneranno nella vita futura. Inoltre, desidero manifestare un profondo
senso di gratitudine nei confronti di tutti coloro che hanno saputo infondere in me la
passione per una lingua che si ascolta con gli occhi e si parla con le mani.
In merito alla preparazione di questa tesi di laurea non posso fare altro che esprimere
un ringraziamento speciale al mio relatore, Prof. Carlo Geraci, che con estrema pazienza e
dedizione mi ha guidato lungo ogni singola fase del lavoro. Lo ringrazio in modo
particolare per avere sempre prestato ascolto alle mie domande e per avere dato
instancabilmente risposta ai miei dubbi. I suoi preziosi suggerimenti e il suo costante
entusiasmo mi sono stati indispensabili per acquisire un nuovo metodo di ricerca e per
portare a termine l'intero lavoro.
Un altro ringraziamento particolare spetta al mio correlatore, Prof. Guglielmo Cinque,
che si è sempre dimostrato disponibile ad offrire la sua utile collaborazione. Gli sono
molto grata poiché durante il percorso intrapreso ha saputo offrirmi motivazione e
commenti pregnanti.
v
Chi in un modo chi in un altro, molte sono le persone che hanno creduto in me e che
per il loro affetto meritano la mia più sincera gratitudine. Per il loro costante supporto e
conforto dedico un pensiero particolare ai miei amici più cari, tra cui Tiziana Stefanizzi,
Amy Riley e la famiglia Boycott. Vorrei ricordare anche tutti coloro che ho incontrato sin
qui nell'ambiente lavorativo perché mi hanno offerto gli stimoli giusti per crescere anche
dal punto di vista professionale. Un ringraziamento speciale è per Matteo Bosi per il suo
amore, per la stima e per la pazienza. Senza il suo costante incoraggiamento
probabilmente non sarei stata in grado di superare ostacoli e difficoltà.
Infine, un grazie carico di riconoscenza è indirizzato alla mia famiglia per il sostegno
che mi ha offerto negli anni recenti e meno recenti. Grazie a tutti coloro che, mossi da
affetto incondizionato nei miei confronti, mi hanno sempre permesso di guardare avanti
con fiducia e serenità. Sono grata specialmente a mia mamma per il suo forte esempio di
umanità senza il quale non potrei essere quello che sono.
vi
I N T R O D U Z I O N EI N T R O D U Z I O N E
“Abbiamo bisogno di persone brave,
non solo di brave persone”
(Henry Ford)
Il celebre aforisma attribuito all’industriale statunitense Henry Ford pone in risalto
l’aggettivo sia per la sua complessità sia per l’importante ruolo che riveste all’interno del
contesto frasale. Dall'etimologia della parola (dal tardo latino “adiectivum”, derivato da
“adiectus”, participio passato del verbo “adicere”, che significa aggiungere) si deduce che
l'aggettivo svolga la funzione di aggiungere informazioni: il come ciò avvenga non è
oggetto di comprensione immediata, come dimostrato dal cospicuo numero di studi di
letteratura.
Personalmente ho maturato un certo interesse nei confronti di questo argomento
grazie ad un corso di Linguistica Generale tenuto dal Prof. Guglielmo Cinque
all'Università Ca' Foscari nell'anno accademico 2009/2010. In questo ambito di studio ho
scoperto che dati linguistici quali le proprietà semantiche e distribuzionali degli aggettivi
possono rivelarsi importanti indicatori della struttura sintattica sottostante, vera essenza
di ciascuna lingua. Sin dalle prime lezioni del corso è nato in me il desiderio di
rapportare quanto appreso nell'ambito della teoria linguistica con l'osservazione di una
lingua da me utilizzata quotidianamente in ambito accademico e professionale, la Lingua
dei Segni Italiana (d'ora in poi LIS).
Questa lingua, ormai riconosciuta come tale grazie ad almeno tre decenni di ricerca
(Caselli et al., 1994 per una rassegna), dispone di un’organizzazione fonologica,
morfosintattica e semantica analoga, per livello di complessità e ricchezza, a quella delle
lingue vocali. In primo luogo la LIS, così come qualsiasi altra lingua, dispone di un
inventario finito di unità fonologiche minime (dette “cheremi”) in grado di generare un
1
numero infinito di elementi linguistici indipendenti dotati di significato, i cosiddetti
“segni”. I quattro parametri formazionali (configurazione, luogo, movimento ed
orientamento), che sono responsabili della formazione dei segni, vengono articolati non
in senso sequenziale, bensì simultaneamente. Per quanto riguarda la trasmissione di
informazioni di natura morfosintattica, tre sono i meccanismi fondamentali da tenere in
considerazione: il particolare utilizzo dello spazio, la modulazione di movimento e luogo
di articolazione ed, infine, la produzione di componenti non manuali (Volterra, 2004).
La discussione intende porre sotto un'immaginaria lente d'ingrandimento un
particolare aspetto della sintassi della LIS, ovvero la distribuzione degli aggettivi e le
interrelazioni di questi con gli altri elementi della frase. Tale oggetto di indagine potrebbe
essere studiato ed analizzato secondo molteplici prospettive, ognuna delle quali a sua
volta potrebbe fornire alla ricerca il proprio contributo specifico. Ipotizzando che
l'apporto di diversi approcci teorici potesse rivelarsi non solo positivo ma addirittura
vantaggioso per la comprensione del fenomeno, mi è sembrato opportuno considerare
l'argomento da due diversi punti di vista. I quadri teorici di riferimento che sono stati
coinvolti ai fini dell'indagine sono il Progetto Cartografico (Cinque e Rizzi, 2010) e la
Sociolinguistica quantitativa (Young e Bayley, 1996). Dapprima è emersa la necessità di
addentrarsi nella struttura della lingua cercando di cogliere la sua complessità ed
eventuali punti di incontro con la struttura di altre lingue. Il passo successivo ha
comportato lo studio dei dati relativi all'uso vero e proprio della LIS e soprattutto alle
persone che la utilizzano per comunicare. Grazie alla supervisione del Prof. Geraci ho
affrontato un lavoro di tipo empirico che, facendo uso di metodologie sperimentali e
strumenti tecnologici, ha reso possibile il calcolo statistico di regolarità, base per
confermare o screditare le considerazioni teoriche già avanzate.
Prima di approfondire nel dettaglio le tappe del percorso intrapreso si coglie
l'occasione per ribadire il duplice obiettivo (linguistico e metodologico) del presente
lavoro:
2
• Indagare i meccanismi che regolano il processo di aggettivazione in LIS sulla base
della distribuzione degli stessi aggettivi.
• Presentare il fenomeno oggetto di studio secondo una doppia prospettiva teorica
nel tentativo di integrare i differenti esiti in un'ottica collaborativa e costruttiva.
Il lavoro è organizzato come segue.
Il primo capitolo offre una panoramica generale sugli studi di sintassi sinora
pubblicati nell'ambito della linguistica della LIS. Dopo avere appurato che questa lingua
dispone di una struttura sintattica profonda gerarchicamente strutturata parimenti a
qualsiasi altra lingua, l'argomentazione dedica un approfondimento particolare alla
struttura frasale e alla struttura del determinante (rispettivamente CP e DP).
Il secondo capitolo presenta il quadro teorico di riferimento relativo al Progetto
Cartografico. Sulla base di questo vengono illustrati gli aspetti di maggiore salienza
relativi alla grammatica degli aggettivi. Infine, la sezione si conclude con una
comparazione di tipo interlinguistico e intermodale che pone a confronto gli aggettivi
della LIS e dell'italiano.
Il terzo capitolo assume il punto di vista della Sociolinguistica quantitativa al fine di
valorizzare il rapporto di interdipendenza che esiste tra la lingua e la corrispettiva
comunità linguistica. Una volta riassunti i punti cardine dell'approccio teorico in
questione, la trattazione apre una parentesi sullo stato dell'arte circa gli studi
sociolinguistici applicati alle lingue dei segni, inclusa la LIS. Infine, la sezione si conclude
con la presentazione dello studio quantitativo da me condotto che, sulla base di un
corpus di dati e alla successiva elaborazione degli stessi, mi ha permesso di cogliere
nuovi aspetti relativi alla distribuzione degli aggettivi in LIS.
Infine, il quarto capitolo della tesi costituisce un tentativo di sintesi tra le intuizioni
avanzate in ambito cartografico e i dati statistici offerti dallo studio di tipo quantitativo.
La visione d'insieme presentata in questa sezione conclusiva da una parte conduce alla
formulazione di nuove proposte per la teoria linguistica, dall'altra rinvia a considerazioni
che, in prospettiva futura, meritano di essere ulteriormente attenzionate e approfondite.
3
4
C a p i t o l o 1
L A S I N TA S S I D E L L A L I SL A S I N TA S S I D E L L A L I S
1.1 Introduzione
L'argomento trattato nella presente tesi è di ambito prettamente sintattico. Per questa
ragione appare indispensabile dedicare alcune pagine all'introduzione di alcuni aspetti
sintattici relativi alla LIS.
Il paragrafo 1.2 porta prove a sostegno del fatto che le lingue dei segni, al pari delle lingue
vocali, possiedono una propria grammatica. In tal modo vengono screditate le false credenze
secondo le quali i Sordi1 utilizzerebbero segni giustapposti uno dopo l’altro per formare così
sequenze scevre di precise regole combinatorie.
Una volta appurato che la LIS dispone di una propria grammatica, l'indagine viene
ristretta al campo della sintassi, una delle più importanti, se non la principale, proprietà del
linguaggio umano. Nel paragrafo 1.3 si offre una panoramica generale della struttura della
frase nella quale un ruolo fondamentale è svolto non solo dalle relazioni d'ordine tra i segni
ma anche dalle componenti non manuali.
Infine, con il paragrafo 1.4, si esplora il sintagma determinante, inteso come proiezione
estesa e massimale della testa lessicale del nome. Grazie ad opportuni esempi si presenta la
struttura del DP in LIS e delle principali proiezioni funzionali contenute in esso.
1.2 Le lingue dei segni dispongono di sintassi?
Una delle principali proprietà del linguaggio umano è la sintassi: grazie ad essa è
possibile, in qualsiasi lingua del mondo, creare un numero illimitato di enunciati a partire da
un numero limitato di elementi. Tra coloro che non si occupano di linguistica sembrerebbe
1 Il presente lavoro, in linea con altre ricerche sulle lingue de segni, opera una distinzione tra “sordo” e “Sordo”. Il primo dei due termini indica semplicemente una persona priva di udito. Il secondo termine, grazie alla convenzione ortografica della lettera iniziale maiuscola, rientra in una sfera linguistico-culturale poiché fa riferimento ad un sordo segnante.
5
esserci la convinzione secondo la quale i Sordi con le loro mani producono semplici stringhe
di segni senza attenersi a particolari regole combinatorie. Il luogo comune induce a pensare
che la LIS non sia altro che la trasposizione delle parole lessicali dell'italiano in forma visivo-
gestuale. Infatti, parole funzionali come articoli e preposizioni non sembrano avere dei
corrispettivi in segni. A causa di questa serie di false convinzioni potrebbe sorgere l'equivoco
per cui la LIS, essendo priva della ricchezza sintattica dell'italiano, è da considerarsi una
lingua di serie B o, peggio ancora, una non-lingua.
Questa interpretazione errata, in realtà, è stata corretta da molto tempo grazie ai frutti
della ricerca linguistica. Per capire come ciò sia avvenuto occorre tornare indietro nel tempo
di circa una trentina di anni. Nell'articolo di Sandler e Lillo-Martin (2003) è citato il lavoro di
Thompson che, nel 1977, decise di indagare a fondo i meccanismi della subordinazione della
lingua dei segni americana (d'ora in poi ASL). In particolare si mise alla ricerca di
complementatori realizzati esplicitamente e di altri indizi grammaticali che lasciassero
presupporre l'esistenza di completive, relative e quant'altro. Tuttavia i dati che raccolse non
soddisfarono le sue aspettative. Eccone un esempio (cit. in Sandler e Lillo-Martin, 2003: 537
esempio (5))2.
1) Frase target in inglese I regret that Asa had to leave.
Risposta in ASLMUST ASA MUST GO / SORRY
(= Asa must go. I’m sorry)
Non trovando elementi equivalenti alla congiunzione subordinante “that” dell'inglese,
Thompson concluse che nelle frasi segnate i meccanismi di subordinazione non fossero
disponibili e mise in dubbio lo status linguistico stesso dell'ASL. Circa tre anni più tardi nella
discussione intervenne Liddell, il quale affermò che la lacuna non era da registrarsi nella
lingua in sé quanto piuttosto nei metodi di investigazione. Infatti, secondo la sua prospettiva,
Thompson non aveva saputo cercare i giusti elementi. Liddell spiegò che le frasi relative non
2 Trad. it.Frase target in inglese: Mi dispiace che Asa sia dovuto partire.Risposta in ASL: DEVE ASA DEVE ANDARE / DISPIACE (= Asa deve andare. Mi dispiace)
6
sono marcate attraverso particolari segni manuali, equivalenti alle parole funzionali
dell'inglese. Così come qualsiasi altra lingua, anche l'ASL ha accesso ai meccanismi di
subordinazione ma, per marcare questi, utilizza alcuni strumenti peculiari della modalità
visivo-gestuale, ovvero le componenti non manuali. Nello specifico delle frasi relative,
Liddell individuò almeno tre marcatori non manuali in cooccorrenza con i segni manuali: il
sollevamento delle sopracciglia, una leggera inclinazione della testa all'indietro e la tensione
del labbro superiore. Questi elementi sarebbero così equivalenti funzionali del pronome
relativo “that” dell'inglese o “che” dell'italiano. Si veda a questo riferimento l'esempio in (2),
tratto da Sandler e Lillo-Martin (2003: 537 esempio (6))3.
2) Frase relativa in inglese
The dog that chased the cat came home.
Frase relativa in ASL
_______________________rc
RECENTLY aDOG CHASE bCAT aCOME HOME
Così come Thompson fallì rimanendo ancorato al bagaglio di conoscenze linguistiche
relative all'inglese, allo stesso modo il giudizio errato di molti altri è motivato dal fatto che
nel valutare la grammatica delle lingue dei segni spesso rimane il retaggio degli studi
grammaticali sulle lingue vocali. In realtà, lingue in modalità visivo-gestuale e acustico-
vocale, per raggiungere un fine espressivo comune, utilizzano strumenti diversi e la causa di
ciò è da rintracciare proprio nel diverso canale di articolazione. Tale considerazione è
riassumibile in una frase inclusa nello stesso articolo di Sandler e Lillo-Martin (2003: 534):
“Sign language can do everything that spoken language can”4. Nei paragrafi successivi si
dimostrano brevemente le modalità attraverso le quali la grammatica della LIS trova
realizzazione.
3 Trad. it.Frase relativa in inglese: il cane che inseguì il gatto tornò a casa.Frase relativa in ASL: ________________________________frel
RECENTEMENTE aCANE INSEGUIRE bGATTO aTORNARE CASA4 Trad. it.
La lingua dei segni ha le stesse potenzialità/possibilità della lingua vocale.
7
1.3 Il contesto frasale in LIS
Riprendendo le argomentazioni del paragrafo precedente si ribadisce il fatto che “le varie
comunità di Sordi hanno sviluppato sistemi linguistici basati sui segni e che questi sistemi
sono indipendenti dalle rispettive lingue vocali” (Geraci e Chesi, 2009: 59). Pertanto, proprio
in virtù dell'autonomia della LIS rispetto all'italiano, occorre sempre ricordare che le
grammatiche delle due lingue non sono equivalenti né tanto meno sovrapponibili.
Una conferma di quanto appena affermato è costituita dall'ordine frasale. Da questo
punto di vista l'italiano e la LIS, sebbene condividano più o meno gli stessi confini geo-
politici, non si assomigliano. Quanto all'italiano, le parole inserite in una frase dichiarativa
non marcata seguono l'ordine SVO (Soggetto Verbo Oggetto). La LIS, invece, opta per
un'altra scelta, ossia l'ordine SOV (Soggetto Oggetto Verbo). Si riporta, a titolo
esemplificativo, un paio di frasi citate in Geraci e Chesi, 2009: 79 esempio 15).
3) Frase dichiarativa in italiano
SVO Gianni ama Maria
Frase dichiarativa in LIS
SOV aGIANNI bMARIA aAMAREb
Occorre precisare che gli ordini sopra indicati, benché rintracciati nel maggior numero di
contesti, non sono gli unici ammessi. Entrambe le lingue ammettono, infatti, ordini
alternativi con un grado di marcatezza variabile. Per quanto concerne l'italiano, facendo uso
di particolari curve intonative, si può pensare a ordini quali OSV (“Il tradimento il marito
non le ha mai perdonato”) e VOS (“Prepara il pasticcio la zia”). Quanto alla LIS, secondo
Laudanna (Volterra, 2004), un altro ordine molto utilizzato è SVO (MAMMA PETTINARE
BAMBINA, “La mamma pettina la bambina”), specialmente quando non sono coinvolti
classificatori oppure particolari relazioni spaziali. Altri ordini ritenuti accettabili
costituiscono casi di topicalizzazione: VO,S che prevede lo spostamento del soggetto a destra
e O,SV che mette in posizione di rilievo l'oggetto. Quest'ultima costruzione, oltre a richiedere
una breve pausa a seguito dell'elemento anteposto, sarebbe corredata da una specifica
marcatura sovrasegmentale (Brunelli, 2006).
8
1.3.1 Il parametro testa-complemento
Dalle considerazioni di un linguista ed antropologo statunitense, Joseph Greenberg (1963),
è emerso che la maggioranza delle lingue del mondo si ripartisce in tre grandi categorie:
• lingue SVO (es. italiano, francese);
• lingue SOV (es. LIS, giapponese);
• lingue VSO (es. danese, lingue celtiche).
Ciò che accumuna i tre gruppi è il fatto che il soggetto precede sempre l'oggetto. Lo stesso
Greenberg si accorse di un'ulteriore suddivisione con importanti implicazioni per l'ordine
frasale: da una parte gli ordini SVO e VSO in cui il verbo precede l'oggetto (VO); dall'altra
l'ordine SOV nel quale il verbo segue l'oggetto (OV).
Nell'ambito della linguistica generativa i fatti di ordine tra verbo e oggetto sono stati
allargati in una prospettiva che tiene conto in maniera sistematica delle relazioni di ordine a
livello sintagmatico. Per una maggiore chiarezza espositiva è opportuno illustrare
brevemente quale sia la struttura interna del sintagma, inteso come unità sintattica costituita
da una o più parole. Ciascun sintagma, qualsiasi sia la sua natura, è organizzato secondo un
unico tipo di struttura gerarchica. Il suo nucleo centrale è costituito da una testa (X°), ovvero
un elemento in grado di proiettare il suo status categoriale ai livelli successivi della struttura
(Haegeman, 1996). Per esempio, se la testa è un nome (N°) il sintagma corrispondente sarà di
tipo nominale (NP, Nominal Phrase), se la testa è una preposizione (P°) il sintagma sarà
preposizionale (PP, Prepositional Phrase) e così via. L'elemento selezionato da una testa al
fine di costruire un struttura sintattica più complessa è un ulteriore sintagma ed è detto
complemento (YP).
Per ritornare all'intuizione di Greenberg precedentemente esposta è stato notato che
regolarità di ordine quali VO e OV possono essere estese anche ad altre categorie
grammaticali. Al fine di esplicitare tale argomentazione si può pensare ad una lingua in cui
la testa verbale precede l'oggetto selezionato: la scelta di seguire un ordine testa-
complemento è probabile che venga estesa anche ad altri tipi di sintagmi. Nelle varie lingue
del mondo è stata osservata una tendenza ad essere coerenti, cioè a fissare il parametro testa-
9
complemento in modo tale che la stessa struttura sia mantenuta in tutti i tipi di sintagmi. Le
regolarità sintattiche osservabili sono esemplificate nella tabella in (4), che propone due
diversi tipi di possibili scenari.
4) TESTA – COMPLEMENTO
(Lingue VO)
COMPLEMENTO – TESTA
(Lingue OV)
Struttura sintagmatica esemplificativa:
XP
ZP X'
X° YP
Struttura sintagmatica esemplificativa:
XP
ZP X'
YP X°
Implicazioni d'ordine:
• Verbo + Complemento
• Ausiliare + Verbo
• Negazione + Verbo
• Nome + Genitivo
• Verbo + Frase subordinata
• Congiunz. sub. + Frase sub.
Implicazioni d'ordine:
• Complemento + Verbo
• Verbo + Ausiliare
• Verbo + Negazione
• Genitivo + Nome
• Frase subordinata + Verbo
• Frase sub. + Congiunz. sub.
In ogni caso, una volta stabilito se una lingua è a testa iniziale o finale, la
parametrizzazione non è rigida e nulla vieta che si verifichino eventuali incoerenze interne.
Per esempio, l'olandese contempla diversi ordini in termini di parametro testa-complemento
a seconda della tipologia di sintagma: il VP è a testa finale, il PP è solitamente a testa iniziale
ed, infine, il CP è sempre a testa iniziale.
Per quanto concerne la LIS, come già assodato in (3), si ricorda che nelle produzioni non
marcate la testa verbale segue l'oggetto (OV). A partire da questo dato è ipotizzabile che
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questa lingua tenda ad utilizzare l'ordine complemento-testa e che, pertanto, sia classificabile
come lingua a testa finale (Cecchetto, Geraci, Zucchi, 2006). Tale assunzione, per essere
corroborata, ha necessitato di alcuni test di verifica sulla posizione di alcuni elementi. Gli
esempi sotto riportati sono tratti da Geraci (2007 e 2009).
5) GIANNI FARE‐RICHIESTA POTERE Verbo + Modale (possibilità)
GIANNI BIGLIETTO COMPRARE DOVERE Verbo + Modale (necessità)
GIANNI CASA COMPRARE FATTO Verbo + Aspetto
GIANNI CONTRATTO FIRMARE NEG Verbo + Negazione
GIANNI ARRIVARE PUNTUALE Verbo + Avverbio di modo
CASA COMPRARE CHI ? Frase + Elemento WH-
STUDENTI TRE ARRIVARE
(Oppure: TRE STUDENTI ARRIVARE)
Nome + Numerale
(Oppure: Num. + Nome)
STUDENTI TUTTI ARRIVARE FATTO
(Oppure: TUTTI STUDENTI ARRIVARE FATTO)
Nome + Quantificatore
(Oppure: Quant. + Nome)
In base ai dati riportati in tabella sembra possibile confermare l'idea per cui la LIS è una
lingua che aderisce al parametro complemento-testa. Geraci (2007), inoltre, propone la
specificazione di “lingua a testa finale flessibile” per rendere conto del fatto che a volte il
verbo può precedere l'oggetto nominale (es. GIANNI PENSARE MARIA). L'idea di fondo
rimane la generazione originaria a testa finale; una volta assodato questo è possibile
ipotizzare movimenti sintattici successivi che determinano un ordine superficiale testa-
complemento (Cecchetto, Geraci, Zucchi, 2006).
11
1.3.2 Sequenzialità e simultaneità
La trascrizione in glosse fornita in precedenza potrebbe alimentare l'equivoco per cui una
frase in LIS si traduce solamente in una stringa ordinata di segni. In realtà, sarebbe un errore
pensare che l'organizzazione frasale di questa lingua si realizzi soltanto sequenzialmente.
Come sottolinea Geraci (2009), allo stesso modo della fonologia e della morfologia, anche la
sintassi presenta aspetti di simultaneità e questo è motivato dalla particolarità del canale
visivo-gestuale attraverso cui la LIS viene prodotta e recepita. In riferimento a tale
simultaneità è possibile osservare, parallelamente all'articolazione di segni manuali, la
produzione di marche non manuali realizzate tramite espressioni facciali, la direzione dello
sguardo e particolari posizioni di testa e corpo. Gli elementi appena elencati non assolvono
una funzione ti tipo psicologico-emotivo ma sono portatori di precisi significati linguistici. La
loro presenza in fase di produzione di enunciati è fondamentale affinché chi guarda possa
comprendere correttamente gli enunciati stessi.
Al fine di esplicitare concretamente quanto appena asserito, si presenta in (6) una
carrellata di specifiche strutture sintattiche della LIS con i corrispettivi tratti non manuali 5.
Naturalmente non si pretende che questo elenco sia esaustivo di tutti i casi di simultaneità
tra componenti manuali e non manuali, anche perché questo non costituisce il tema centrale
della discussione.
6) STRUTTURA SINTATTICA
COMPONENTI
MANUALI
COMPONENTI
NON MANUALI
Interrogative
wh
___________________________
CONTRATTO FIRMARE CHI ?
(= Chi firma il contratto?)
Inclinazione della testa, corrugamento della fronte e delle sopracciglia.
5 L'estensione delle componenti non manuali è segnalata con una linea in apice alle glosse relative alle componenti manuali. Le immagini sono tratte da Bernstein Fant, Miller e Fant (2008).
12
Interrogative sì/no
______________________
CINEMA ANDARE TU ?
(= Vai al cinema?)Inclinazione della testa e delle spalle in avanti, sollevamento delle sopracciglia.
Imperative
____________________________
DOMANI 2pTELEFONARE1p !
(= Domani chiamami!)
Corrugamento della fronte e sbarramento degli occhi.
Negative
_______
NOI PENNA ROMPERE NON
(= Noi non rompiamo/abbiamo rotto la penna) Leggera inclinazione del capo,
spostamento delle spalle all'indietro, inarcamento delle labbra verso il basso.
Ipotetiche
_________________________
(TU) 2pSPIEGARE1p NON, (IO) CAPIRE IMPOSSIBILE
(= Se tu non mi spieghi, io non posso capire)
Inclinazione in avanti della testa, sollevamento delle sopracciglia e abbassamento del mento.
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Topicalizzazioni
_______________
LIBRO QUESTO IERI IO LEGGERE
(= Questo libro l'ho letto ieri)
Sollevamento delle sopracciglia, apertura degli occhi (nel caso di elemento nuovo) oppure strizzatura degli occhi (nel caso di elemento già discusso in precedenza).
Relative
_____________________________
VOLPEi LEPRE STROZZARE PEi NASCONDERE
(= La volpe che ha strozzato la lepre si è nascosta)
Sollevamento delle sopracciglia, apertura degli occhi e tensione delle guance.
Temporali
____________________
TU STUDIARE FATTO, FUORI GIOCARE POTERE
(= Dopo aver finito di studiare puoi uscire a giocare) Inclinazione del busto e
sollevamento delle sopracciglia.
1.3.3 La struttura del CP
La dimostrazione che ha permesso di appurare che la LIS di fatto è una lingua a testa
finale (cfr. par. 1.3.1) non è sufficiente per stabilire l'esatta struttura frasale. Per esempio
sapere che la negazione, il modale, la marca aspettuale FATTO, gli avverbi di modo e gli
elementi wh- seguono il verbo non aiuta a comprendere l'esatta gerarchia degli elementi
appena menzionati. Per cogliere questo aspetto può rivelarsi utile considerare le restrizioni
di cooccorrenza, ovvero testare la distribuzione degli elementi postverbali gli uni rispetto
agli altri.
14
7) GIANNI ARRIVARE PUNTUALMENTE NON Avv. modo > Neg
GIANNI CONTRATTO FIRMARE PUÒ NON Modale > Neg
DOLCE MANGIARE NEG CHI Neg > WH
ARRIVARE IN-TEMPO CHI Avv. Modo > WH
CASA COSTRUIRE FATTO CHI Aspetto > WH
STUDENTI 3/TUTTI ARRIVARE FATTO
3/TUTTI STUDENTI ARRIVARE FATTO
Nome > Num/Quantif.
Num/Quantif. > Nome
Lasciando in sospeso il sintagma nominale al quale la trattazione si dedicherà in seguito,
si nota che la posizione più periferica è occupata dall'elemento interrogativo. Per quanto
riguarda la marca aspettuale ed il modale si presuppone vengano coinvolte le proiezioni
della flessione verbale (rispettivamente, accordo e tempo). Nel caso all'interno della frase
venga prodotto anche un avverbio di modo la posizione più indicata per questo elemento è
quella di aggiunto a VP, poco sopra il verbo. Infine, tra i nodi IP e CP si trova la proiezione
intermedia del sintagma negativo e alla testa di quest'ultimo si colloca il segno di negazione.
Il quadro complessivo della struttura frasale della LIS, dominata dalla proiezione del
complementatore (CP), viene visualizzato nella seguente rappresentazione ad albero, tratta
dal lavoro di Geraci (2009: 83).
15
8)
1.4 Il sintagma determinante in LIS
La discussione riguardante la struttura sintattica della LIS riduce ora il proprio campo di
osservazione. Il presente paragrafo, infatti, si focalizza non più sull'ampio contesto frasale,
bensì sul sintagma determinante che non è altro che la proiezione massimale funzionale della
proiezione nominale. L'introduzione a questo ambito di studio getta le basi per meglio
cogliere gli aspetti sintattici legati alla distribuzione degli aggettivi, trattata nei capitoli
successivi.
16
Grazie al lavoro di Abney (1987) si è compreso che la struttura sintattica del contesto
nominale in realtà non si discosta molto da quella del contesto frasale. In altre parole è stato
dimostrato che, così come il VP è dominato da proiezioni funzionali (AgrP, TP, CP), lo stesso
accade per il NP. A tal proposito Abney ha avanzato l'ipotesi di una proiezione funzionale
(DP) che funga da estensione del nome e che sia responsabile dell'interpretazione semantica
del nome stesso. Negli anni successivi, studi che hanno approfondito l'argomento sulla base
di lingue diverse hanno permesso di aggiornare e raffinare la rappresentazione sintattica del
DP.
Per quanto riguarda la LIS, la ricerca che ha affrontato questo ambito d'indagine nel
dettaglio è quella condotta da Bertone (2007). Sulla base della sua trattazione, si propongono
di seguito le principali caratteristiche linguistiche connesse alla produzione del DP in LIS.
• La presenza di tratti sovrasegmentali specifici (denominati “tratti DP”).
Ciò che permette di assegnare più segni ad uno stesso sintagma determinante è
proprio la marcatura prosodica comune, a conferma che le componenti non manuali
sono alla base della grammatica delle lingue dei segni (cfr. par. 1.2). Gli specifici tratti
sovrasegmentali che occorrono sull'intera proiezione del DP potrebbero essere
costituiti da lievi espressioni facciali o dal sollevamento del mento. Tuttavia, per ora
non sembra possibile stabilire un'unica tipologia di componenti non manuali che
ricorrono in modo omogeneo e uniforme tra i segnanti.
• La presenza di tratti spaziali.
Questi ultimi si possono concretizzare con l'articolazione del nome e degli elementi
ad esso correlati in un punto specifico dello spazio (per un esempio si rimanda alla
sezione successiva).
• La possibilità di pause prosodiche non all'interno del costituente, bensì alla
conclusione dello stesso.
• L'assenza di un elemento realizzato foneticamente con una funzione equivalente
all'articolo della lingua italiana.
In LIS il sintagma determinante appare come una categoria funzionale lessicalmente
vuota che, come già affermato, è marcato da tratti di tipo sovrasegmentale.
17
Per una maggiore chiarezza espositiva si riporta in (9) un esempio tratto dal lavoro di
Bertone (2007: 60), espresso in glosse.
9)
DP in LIS
________________tratti DP
MOBILEi ANTICO IXi ROTTO
(= Il mobile antico è rotto)
1.4.1 Le proiezioni interne al DP
Prima di procedere oltre in questo breve percorso nel campo della sintassi della LIS, è
doveroso precisare che i lavori di Geraci sulla sintassi della frase e di Bertone sulla sintassi
del sintagma determinante seguono lo stesso orientamento generativista. Le differenze in
termini di rappresentazione strutturale dipendono dal fatto che Geraci, diversamente da
Bertone, non assume l'assioma di corrispondenza lineare6 (Kayne, 1994).
Nella presentazione della struttura del CP (cfr. par. 1.3.3), l'albero segue uno schema X-
barra in cui il complemento precede la testa e lo specificatore si trova a destra. Questa visione
riesce a rendere conto della posizione degli elementi wh alla fine della frase (cfr. par. 1.3.1)
poiché lo specificatore di CP, essendo rappresentato all'estrema destra, in prospettiva lineare
ottiene realizzazione fonetica come ultimo elemento.
Per quel che concerne il DP, qui presentato secondo il punto di vista di Bertone, la
rappresentazione strutturale segue lo schema X-barra con lo specificatore a sinistra e la testa
prima del complemento. Per ottenere l'ordine lineare della LIS, che vede la realizzazione
fonetica del nome all'inizio del sintagma determinante, la studiosa contempla una serie di
movimenti che portano il sintagma nominale a risalire nella struttura. La trattazione non
vuole entrare nel dettaglio presentando le argomentazioni a sostegno di questa proposta
teorica, in ogni caso presenta di seguito un sunto, utile per cogliere alcuni aspetti generali
relativi alla struttura del DP. 6 L'assioma di corrispondenza lineare, conosciuto con l'acronimo LCA, e la proposta del c-comando
antisimmetrico per derivare l'ordine superficiale implicano un unico tipo di ordine strutturale: specificatore-testa-complemento. Pertanto, secondo la proposta di Kayne (1994), le differenze tra le lingue SVO e lingue SOV sarebbero non il frutto di scelte di tipo parametrico bensì la conseguenza dell'operazione di movimento sintattico.
18
Secondo la teoria, la testa del DP controlla i tratti di caso assegnati all’NP, mentre la
posizione dello specificatore è responsabile dell'interpretazione in forma logica (Bertone,
2007). Innanzitutto Bertone propone che in LIS la testa del sintagma (ovvero D°) ospiti i tratti
di spazio, in quanto realizzazione morfologica di caso. Infatti, l'articolazione di più segni
correlati tra di loro nello stesso punto dello spazio rappresenta una forma di accordo tra i
segni stessi. A tal proposito si pone all'attenzione del lettore un esempio che illustra come la
condivisione dei medesimi tratti di spazio (j) sia un indicatore di accordo all'interno del DP
(Bertone, 2007: 67).
10)DP in LIS
AUTOj BLUj IXj
(= Quell'auto blu)
Ciò che viene proposto circa lo specificatore [Spec, DP] è che qui si collochi l'NP che si
sposta dalla sua posizione originaria tramite movimento sintattico.
“In tal senso l’NP si solleva per controllare i suoi tratti morfologici di spazio in DP,
prima dello spell-out (Chomsky 2005). Spec DP riempito dall’NP rende visibili i tratti
dello spazio e conferisce referenzialità al nome” (Bertone, 2007: 166).
Riprendendo l'esempio citato in (10), appare lecito chiedersi quale sia la natura
dell'indicazione (IX) che accompagna il nome AUTO e dove venga collocata all'interno della
struttura. Secondo Bertone, il pointing non sarebbe un articolo, bensì un vero e proprio
dimostrativo che conferisce al sintagma nominale un'interpretazione definita. Quanto
all'aspetto più esplicitamente strutturale, la proiezione del dimostrativo (DimP) si colloca
nella posizione dello specificatore all'interno di una proiezione funzionale AgrP, la quale si
trova immediatamente sotto al DP. La proposta teorica formulata prevede che il nome si
sollevi dalla sua posizione bassa nel DP per scavalcare il dimostrativo e collocarsi nello
specificatore del DP, come già detto in precedenza. In questo modo si riesce a rendere conto
dell'ordine lineare delle produzioni in LIS, nelle quali per l'appunto l'indicazione segue il
nome e non viceversa.
19
La sintesi generale della struttura interna del DP si ferma qui. Per approfondimenti sulla
posizione dei classificatori determinanti si consiglia di attingere direttamente al lavoro di
Bertone (2007). Infine, per ottenere informazioni circa la posizione strutturale di numerali ed
aggettivi si rimanda all'ampio approfondimento contenuto nel secondo capitolo della
presente tesi.
1.4.2 La struttura del DP
Il quadro complessivo della struttura del sintagma determinante in LIS viene visualizzato
nella seguente rappresentazione ad albero. L'esempio sottostante, tratto dal lavoro di Bertone
(2007: 168), focalizza l'attenzione sul soggetto della frase, qui evidenziato in grassetto.
11) [PRESIDENTE REPUBBLICA XI]j [PRIMO MINISTRO]i jNOMINAREi FATTO
(= Il presidente della repubblica ha nominato il primo ministro)
20
1.5 Conclusione
Questo primo capitolo ha cercato di fornire elementi per cogliere alcuni aspetti sulla
sintassi della LIS. Al fine di affrontare nel dettaglio il contesto frasale e il sintagma
determinante, la trattazione ha riassunto i dati e i risultati delle ricerche condotte soprattutto
da Geraci e Bertone. Il primo immagina una struttura frasale nella quale il complemento
precede la testa e propone l'idea che la LIS sia una lingua a testa finale flessibile. La seconda,
seguendo la proposta di Kayne (1994), ipotizza la sequenza testa-complemento e una serie di
movimenti sintattici per poter rendere conto dell'ordine superficiale delle produzioni in LIS
all'interno del DP.
In questo capitolo introduttivo l'intento principale è stato quello di proporre una
panoramica sui risultati sinora raccolti nell'ambito della sintassi della LIS: in particolare si è
tentato di offrire il maggiore numero di elementi possibili che possano servire per meglio
inquadrare quanto descritto nei capitoli successivi circa la distribuzione degli aggettivi.
21
22
C a p i t o l o 2
A P P R O C C I O C A RT O G R A F I C OA P P R O C C I O C A RT O G R A F I C O
2.1 Introduzione
In questo capitolo viene presentato il primo dei due diversi approcci teorici attraverso i
quali si intende analizzare la sintassi che regola la produzione degli aggettivi in LIS. Si tratta
del Progetto Cartografico, un'evoluzione del modello dei Principi e dei Parametri.
Il quadro teorico in questione è approfondito nel paragrafo 2.2. In particolare, la
trattazione si sofferma sui seguenti aspetti: i propositi e gli assunti principali, alcuni brevi
cenni storici e la metodologia operativa.
Il paragrafo 2.3 restringe l'indagine al campo degli aggettivi: una volta chiarito lo status di
questa specifica categoria linguistica, si tenta di stabilire la posizione del sintagma
aggettivale (AP) all'interno del sintagma del determinante (DP) seguendo la proposta di
Greenberg (1963) e una sua successiva rivisitazione presentata in Cinque (2000). Inoltre, sulla
base di osservazioni di tipo semantico e sintattico, viene operata una distinzione tra due
diversi tipi di modificazione aggettivale non predicativa (diretta e indiretta) e tra le due
rispettive posizioni all’interno del DP.
Infine, il paragrafo 2.4 si occupa di verificare se e come sia possibile usare la
classificazione proposta per le lingue vocali anche per le lingue dei segni. L'approccio teorico
seguito per la comparazione è quello cartografico. Il confronto tra la LIS e la lingua italiana
verte sugli aspetti evidenziati nel paragrafo precedente, ovvero l'Universale 20 di Greenberg,
la modificazione diretta e indiretta ed, infine, la gerarchia delle classi semantiche degli
aggettivi attributivi.
23
2.2 Il Progetto Cartografico
Al fine di offrire una contestualizzazione teorica alle considerazioni riportate nei paragrafi
successivi, si offre qui una sintetica presentazione della ricerca condotta all'interno del
quadro teorico della cartografia, includendo un accenno ai suoi assunti principali e alla
metodologia adottata.
Il cosiddetto Progetto Cartografico (Cinque e Rizzi, 2010) è un'evoluzione del modello dei
Principi e dei Parametri (Chomsky, 1981) risalente agli inizi degli anni novanta. Tale campo
d'indagine costituisce il tentativo di realizzare una mappa il più esaustiva e precisa possibile
in grado di render conto della complessità della struttura sintattica delle lingue umane.
L'impulso ad analizzare in dettaglio la struttura è stato offerto da alcuni studi sulla
sintassi, che hanno postulato l'esistenza di nuove proiezioni funzionali al fine di rendere
conto di differenze sistematiche nell'ordine delle parole tra lingue diverse. A tal proposito, si
ricordi l'ipotesi di split-INFL elaborata da Pollock (1989), il quale sottolineò l'esigenza di
dividere IP in due proiezioni funzionali, ovvero AgrP e TP. Il linguista, per giustificare i dati
risultanti dai movimenti dei verbi in inglese e francese, optò per l'estensione della gerarchia
nel rispetto dello schema X-barra. Come lui, altri seguirono questa scia, suggerendo altre
proposte teoriche quali la scomposizione del DP, l'individuazione di proiezioni massimali
funzionali per render conto delle configurazioni sintattiche degli avverbi e l'esistenza di
determinate categorie funzionali nell'estrema periferia sinistra della frase.
Il lavoro dei cartografici si è evoluto parallelamente ad un'altra rivisitazione del modello
dei Principi e dei Parametri, ovvero il Programma Minimalista (Chomsky, 1995). Se la ricerca
da una parte si è focalizzata sulla complessità delle mappe strutturali, dall'altra ha indagato i
meccanismi elementari e le operazioni computazionali che determinano le configurazioni
sintattiche delle lingue. Tuttavia, a differenza di quanto si potrebbe pensare in un primo
momento, ciò non implica che tra i due approcci vi siano irrisolvibili contraddizioni o
incompatibilità. Viceversa, l'approccio cartografico e quello minimalista, poiché si dedicano a
due campi di ricerca ben distinti, rappresentano due facce della stessa medaglia, dove l'una
non necessariamente esclude l'altra. Addirittura sembra che i principi di economia, di località
e di interfaccia possano costituire una base comune per i linguisti di entrambe le correnti
(Cinque e Rizzi, 2010).
24
2.2.1 Gli assunti
Il Progetto Cartografico, scelto qui come modello di riferimento, poggia sull'assunto
secondo il quale tutte le possibili realizzazioni linguistiche documentabili nel mondo sono
riconducibili ad un'unica macrostruttura gerarchica, costruita sulla base della teoria X-barra
(Cinque e Rizzi, 2010: 5). Viene scardinata, così, l'ipotesi dello strutturalista Joos secondo il
quale le lingue variano senza limiti e in modo impredicibile.
Il nuovo approccio potrebbe essere sintetizzato attraverso l'iscrizione inserita nel becco
dell'aquila al centro del Grande Sigillo degli Stati Uniti d'America, che ricorda :
“E pluribus unum”7
Il motto americano sopra riproposto si riferisce all'integrazione delle tredici Colonie
indipendenti sotto un'unica bandiera, simbolo di nazione unita. Questo significato può
essere trasposto nell'ambito dei cartografici i quali, nonostante tutte le possibili variazioni
interlinguistiche, si impegnano a rintracciare una struttura uniforme e universalmente
valida. Tale concezione, che nega il variare anarchico e senza limiti delle lingue e che postula
l'esistenza di un'unica lingua astratta, è stata formulata da Chomsky (2001) attraverso il
7 Si tratta di una locuzione latina (traducibile come “da molti, uno”) probabilmente apparsa per la prima volta nel poema “Moretum”, attribuito a Virgilio.
25
Illustrazione 1-2: Dettaglio del Grande Sigillo degli Stati Uniti d'America. La foto è tratta dal sito internet http://www.gretaseal.com.
cosiddetto “Uniformity Principle”. Le lingue naturali, partendo quindi da una struttura
uniforme e comune, si differenziano predicibilmente tra di loro per il modo in cui i
costituenti si muovono (movimento A, movimento A-barra e movimento testa a testa) e sulla
realizzazione più o meno “overt” di teste e specificatori. Inoltre, il fatto di disporre di una
gerarchia unica e di proprietà sintattiche universali agevolerebbe il processo di acquisizione
linguistica da parte dei bambini ai quali sarebbe risparmiata l'elaborazione di un numero
illimitato di combinazioni possibili (Cinque e Rizzi, 2010).
Un altro assunto da tenere in considerazione per questo tipo di analisi riguarda la
relazione univoca tra tratti morfosintattici e corrispettivi strutturali. In altre parole, “one
(morphosyntactic) property – one feature – one head” (Cinque e Rizzi, 2010: 11): ovvero,
ciascuna proprietà viene rappresentata all'interno della gerarchia attraverso una singola
testa. L'obiettivo è quello di sistematizzare nel modo più accurato possibile tutti i fenomeni
di ordine rilevanti delle lingue naturali attraverso una struttura sintagmatica ricorsiva che
generi sequenze di specificatore-testa-complemento, secondo la proposta di Kayne (1994).
2.2.2 La metodologia
Una volta illustrati quali siano il punto di partenza e il punto di arrivo della ricerca
cartografica, restano da chiarire alcuni aspetti relativi alla metodologia. Al fine di mappare la
gerarchia universale delle proiezioni funzionali il procedimento da seguire è di tipo
comparativo. Infatti, una volta appurato che esiste un certo numero di possibili realizzazioni
linguistiche, i dati raccolti devono essere comparati tra di loro con l'obiettivo di ricavarne un
minimo comune denominatore. Una fonte utile per trarre informazioni di questo tipo, come
sottolineato da Cinque e da Rizzi (2010), è costituita dalle differenze interlinguistiche
sistematiche che riguardano l'ordine delle parole. A tal riferimento si pensi
all'argomentazione di Pollock che, sulla base delle diverse posizioni dei verbi finiti in inglese
e di quelli in francese, ha permesso di postulare l'esistenza di una testa non lessicale e
strutturalmente più alta di VP.
1) √ Je comprends bien le poin...
* I understand well the point...
→ FRANCESE (√ V Adv Compl)
→ INGLESE (* V Adv Compl)
26
Un'altra fonte di informazioni è rappresentata dalle differenze nell'ordine relativo dei
morfemi funzionali realizzati (morfemi verbali, suffissi indicanti domande sì/no, avverbi,
verbi funzionali senza funzione lessicale, ecc.). Laddove si registrano ordini diversi, tale
differenza non è detto che sia dovuta ad una riorganizzazione della gerarchia universale, ma
potrebbe essere giustificata dall’operazione di movimento sintattico. Per esempio, l'ordine di
morfemi realizzati in qualità di prefissi alla sinistra di una determinata categoria lessicale
può essere analizzato come l'immagine speculare di suffissi realizzati alla destra della stessa
categoria lessicale in altre lingue. Quanto appena affermato è sintetizzato nello schema in (2),
in cui viene presa come esempio la categoria lessicale del verbo.
2) Prefissi:
Particelle libere:
Suffissi:
A – B – C – V
A B C V
V – C – B – A
Tabella 1-2: A, B e C costituiscono etichette arbitrarie a titolo puramente esemplificativo. Qualora i
tre elementi siano uniti tra di loro mediante il trattino allora si tratta di morfemi legati; nel caso in cui
siano divisi da una semplice spaziatura sono da considerarsi morfemi liberi. V rappresenta il verbo.
Nello schema appena riportato, gli ordini ABC e CBA non sembrano essere così differenti.
Se si postula il “Mirror Principle” (Baker, 1985) e il movimento della testa verbale ad una
posizione strutturale più alta nel caso dei suffissi, allora è possibile giungere alla conclusione
che la struttura ad un livello più astratto è una e una sola.
Studi comparativi di questo tipo, attraverso l'analisi dei dati raccolti, si prefiggono
l'obiettivo di porre in evidenzia le regolarità che condividono tutte le lingue nella loro
struttura profonda.
27
2.3 La grammatica degli aggettivi
Il presente paragrafo apre una parentesi sulla categoria grammaticale dell'aggettivo.
Prima di addentrarsi in approfondimenti di tipo sintattico, supportati dalla letteratura
specifica, si ritiene opportuno offrire un breve scorcio relativo alla natura stessa
dell'aggettivo. Infatti, comprendere lo statuto categoriale di questo elemento grammaticale
costituisce la base per cogliere la sua distribuzione all'interno di un più ampio contesto
sintattico.
Nella tradizione degli studi linguistici è ricorrente il riferimento alla distinzione tra parole
di classe chiusa e parole di classe aperta.
• Parole di classe chiusa
A questo gruppo appartengono gli elementi funzionali o grammaticali. Se si
volesse stilare un elenco di questi ultimi si dovrebbero citare numerosi
elementi: determinanti, complementatori, congiunzioni, preposizioni,
morfemi verbali, ausiliari, copule, pronomi, dimostrativi, indefiniti,
quantificatori, numerali, classificatori, morfemi di numero, morfemi di genere
e molti altri ancora.
• Parole di classe aperta
In questo gruppo rientrano le categorie lessicali. Gli elementi che solitamente
vengono attribuiti a questa classe sono i nomi, i verbi, gli aggettivi e gli
avverbi. Tuttavia, per una serie di obiezioni, per le quali si rimanda nello
specifico al lavoro di Cinque e Rizzi (2010), sembra che gli unici a rientrare a
pieno titolo nella classe aperta siano i nomi, e che gli altri elementi siano
classificabili diversamente.
Poiché il campo d'indagine del presente lavoro riguarda espressamente gli aggettivi,
appare qui necessario restringere l'analisi a questa specifica categoria al fine di stabilire se si
tratti o meno di una classe aperta. Alcuni dati rilevanti provengono da una lingua africana, lo
Yoruba, i cui aggettivi contemplano solamente l'uso attributivo non potendo essere utilizzati
come predicati. Gli esempi, qui sotto riportati, sono tratti da Cinque (2010: cap.3, es. (51)).
28
3) a - √ Mo rí [ajá ńlá]
io vedo [cane grande]
(= Vedo un cane grande)
√ Uso attributivo: aggettivo
b - *Ajá ńlá
cane grande
(= Il cane è grande)
* Uso predicativo: aggettivo
Riprendendo l'esempio in (3b), si osserva che l'aggettivo in funzione predicativa risulta
agrammaticale; come strategia linguistica alternativa in questo contesto particolare i parlanti
di Yoruba utilizzano un verbo intransitivo di stato, ovvero “tóbi” nel significato di essere
grande similmente al verbo italiano “torreggiare”. In (4) si riporta l'esempio corrispondente,
tratto da Cinque (2010: cap.3, es. (52)).
4) √ Ajá tóbi
cane torreggia
(= Il cane è grande)
√ Uso predicativo: verbo
Inoltre, in Yoruba, gli aggettivi non sembrano essere molto numerosi, anzi, similmente
agli elementi funzionali, potrebbero costituire una classe chiusa (probabilmente con non più
di dieci elementi). Questo non rappresenta un caso isolato in quanto dati simili sono stati
segnalati anche per altre lingue: otto aggettivi per l'Igbo, una dozzina di aggettivi per
l'Hausa e sette aggettivi per il Malak Malak (Dixon, 1982, cit. in Scott, 2002). Un aspetto
interessante è che i pochi aggettivi registrati appartengono ad un numero circoscritto di
classi semantiche (solitamente si tratta di dimensione, età e colore).
Tuttavia qualcuno potrebbe obiettare che, contrariamente a quanto appena discusso, altre
lingue danno l'impressione di disporre di un numero rilevante di aggettivi. In realtà, Cinque
e Rizzi (2010) fanno notare che questa apparente abbondanza potrebbe avere una duplice
motivazione. In primo luogo, si può pensare all'esistenza di una classe predicativa parallela:
si anticipa qui l'ipotesi secondo la quale, al limitato gruppo degli aggettivi attributivi, si
aggiungerebbero gli aggettivi originati da frase relativa ridotta (cfr. par. 2.3.2). In secondo
29
luogo, un cospicuo numero di aggettivi è risultato di derivazioni morfologiche a partire da
altre categorie grammaticali, quali nomi e verbi.8
Tenendo in considerazione le osservazioni appena esposte si approfondiscono nelle
sezioni successive alcuni aspetti sintattici della grammatica degli aggettivi.
2.3.1 Universale 20 di Greenberg e struttura del DP
Una volta appurato che gli aggettivi possono essere considerati per certi versi parole di
classe chiusa, appare legittimo chiedersi quale posizione occupino gli stessi all'interno di un
contesto gerarchico più ampio.
Secondo l'ipotesi di Abney (1987), già citata nel paragrafo 1.4, il sintagma nominale
costituisce il complemento di una proiezione superiore, la cui testa è occupata da D, una
categoria funzionale. Gli aggettivi descrittivi, oltre ai dimostrativi e ai numerali, rientrano tra
quegli elementi che modificano il nome e che sono collocati all'interno del DP. Le tre
categorie appena menzionate non sembrerebbero essere teste di una proiezione funzionale
indipendente (X°), bensì specificatori di proiezioni funzionali che si sviluppano nella dorsale
del DP.
Prima di tentare di stabilirne un ordine relativo è utile fare riferimento a una nozione
peculiare della linguistica tipologica. In quest'ambito le deduzioni relative all’ordine lineare
assumono la forma di implicazioni, ovvero di affermazioni costruite sulla base di una precisa
struttura logica: “if a language has some word order P, then it will also have word order Q”9
(Hawkins, 1983: 4). È redatta in forma di implicazione la maggior parte dei 45 universali
elencati nell'articolo di Greenberg “Some Universals of Grammar with Particular Reference
to the Order of Meaningful Elements" (1963). Lo scopo principale di questo lavoro fu di
individuare correlazioni tra diversi fenomeni linguistici e di poter, così, avanzare predizioni
in merito all'organizzazione strutturale delle lingue. L'Universale che qui assume maggiore
8 In italiano, si potrebbero citare molti esempi di aggettivi derivati:- Aggettivi derivati da nomi: “centrale” (derivato da centro); “solare” (derivato da sole);
“nucleare” (derivato da nucleo).- Aggettivi derivati da verbi: “tagliente” (derivato da tagliare), “abbagliante” (derivato
da abbagliare), “ordinato” (derivato da ordinare).9 Trad. it.
“Se una lingua ha un ordine di parole P, allora avrà anche l'ordine di parole Q.”La corrispondente formulazione logico-matematica è: P ⊃ Q (se P, allora Q).
30
rilevanza è il ventesimo: quest'ultimo, riportato integralmente in (5) (Greenberg, 1963: 87),
espone implicazioni d'ordine relative alla distribuzione di aggettivi descrittivi, dimostrativi e
numerali.
5) Universal 20
When any or all of the elements (demonstrative, numeral
and descriptive adjective) precede the noun, they are always
found in that order. If they follow, the order is either the
same or its exact opposite.10
Dall'osservazione in (5) è possibile dedurre un ordine prenominale e due ordini
postnominali. Queste tre implicazioni sono presentate di seguito sia linearmente sia nella
loro rappresentazione ad albero.
6) Modificatori prenominali
Ordine lineare: Dem > Num > A > N
10 Trad. it.“Universale 20: Si prendano in considerazione i dimostrativi, i numerali e gli aggettivi descrittivi. Se tali elementi precedono il nome, allora compaiono nell'ordine appena citato; se lo seguono, l'ordine è lo stesso oppure l'esatto contrario.”
31
DemP
NumP
AP NP
7) Modificatori postnominali
Ordine lineare: N > Dem > Num > A
8) Modificatori postnominali
Ordine lineare: N > A > Num > Dem
Questi tre ordini sono solo apparentemente tre generazioni diverse e indipendenti; in
realtà, potrebbero essere varianti di un'unica struttura. Ricordando gli assunti del Progetto
Cartografico (cfr. par. 1.2), l'analisi dovrebbe mirare a massimizzare le caratteristiche comuni
delle varie lingue per indicare un'unica struttura di base che possa avere valenza universale.
Cinque (2000) propone che se non accade nulla sul piano sintattico allora emerge l'ordine
stabilito nella generazione di base, ovvero: Dem > Num > A > N (cfr. (6)). D'altro canto i due
ordini postnominali, (7) e (8), vengono presentati come risultati di derivazione sintattica. Per
ottenere l'ordine N > Dem > Num > A, Cinque ipotizza la risalita del sintagma nominale (NP)
lungo la dorsale del DP: in particolare, come semplificato in (9), si tratta di un movimento da
specificatore a specificatore attraverso le proiezioni di accordo che ospitano le proiezioni
funzionali relative a aggettivi, numerali e dimostrativi.
32
DemP
NumP AP
NP
DemP
NumP
APNP
9) Movimento senza pied-piping
Ordine lineare: N > Dem > Num > A
Per derivare, invece, l'ordine N > A > Num > Dem, Cinque postula un movimento
particolare denominato “pied-piping”, il quale prevede che il sintagma nominale trascini i
nodi che direttamente lo dominano nelle posizioni superiori della struttura rovesciando così
l'ordine lineare dei modificatori (“roll-up movement”). Quest'ultimo tipo di derivazione
sintattica è illustrato in (10).
10) Movimento con pied-piping
Ordine lineare: N > A > Num > Dem
Nelle lingue del mondo i tre ordini appena analizzati non sono gli unici possibili. Da un
punto di vista probabilistico, combinando in vari modi i quattro elementi presi in
considerazione (nome, aggettivo, numerale e dimostrativo) attraverso la formula 1x2x3x4 , il
33
risultato indica un totale di 24 possibili ordini. Tuttavia, di questi solo 14 sono stati
effettivamente attestati (Cinque, 2000) e sono qui di seguito riportati.
11) √ Dem > Num > A > N
√ Dem > Num > N > A
√ Dem > A > N > Num
√ Dem > N > Num > A
√ Dem > N > A > Num
√ A > N > Dem > Num
√ A > N > Num > Dem
√ N > Dem > Num > A
√ N > Dem > A > Num
√ N > Num > A > Dem
√ N > A > Dem > Num
√ N > A > Num > Dem
√ Num > N > A > Dem
√ Num > A > N > Dem
Questi dati non minacciano la validità dell'ipotesi dello stesso Cinque, al contrario la
rinforzano. Infatti l'ordine con i modificatori prenominali, evidenziato in tabella, costituisce
la generazione di base, mentre i vari ordini con uno o più modificatori postnominali sono
ottenuti grazie al movimento del sintagma nominale (con o senza pied-piping, totale o
parziale, opzionale od obbligatorio).
2.3.2 La modificazione sul nome
Sulla base di quanto detto in precedenza riguardo allo statuto categoriale degli aggettivi è
possibile inferire che gli stessi quando si trovano all'interno del sintagma nominale non sono
tutti dello stesso tipo. A partire dai dati provenienti dalle varie lingue del mondo sono stati
rilevati due distinti gruppi, ciascuno con specifiche caratteristiche semantiche e sintattiche.
Le tabelle riprodotte di seguito le riassumono in breve (per confrontare i dati dell’italiano e
della LIS si rimanda al par. 2.4.3).
12) Aspetti
SemanticiStage-level
L’aggettivo esprime una proprietà temporanea, transitoria.
Individual-level
L’aggettivo esprime una proprietà stabile, permanente.
34
Interpretazione restrittiva
L’aggettivo fa riferimento ad un sottogruppo ristretto, limitato.
Interpretazione non restrittiva
L’aggettivo si riferisce all’intero gruppo di elementi senza restrizione di alcun genere.
Interpretazione come relativa implicita
L’aggettivo proviene da una frase relativa implicita che ha subito l’eliminazione dell’antecedente.
Interpretazione modale
L’aggettivo è inteso come modificatore in posizione attributiva.
Interpretazione intersettiva
L’aggettivo interseca la sfera della proprietà che identifica con la sfera del referente.
Interpretazione non intersettiva
L'aggettivo, in qualità di modificatore ha un'interpretazione avverbiale.
Interpretazione relativa
L'aggettivo esprime una caratteristica che instaura un confronto con una categoria di riferimento.
Interpretazione assoluta
L'aggettivo identifica una proprietà in senso assoluto.
Interpretazione comparativa
(superlativi)
L'aggettivo, al grado superlativo, opera un confronto con altri elementi della stessa categoria.
Interpretazione assoluta
(superlativi)
L'aggettivo, al grado superlativo, esprime un valore in senso assoluto.
Lettura non specifica
L'aggettivo non rende specifico un DP indefinito.
Lettura specifica
L'aggettivo rende specifico un DP indefinito.
Lettura deittica
L'aggettivo riceve un'interpretazione deittica poiché si collega ad un preciso dato di riferimento.
Lettura generica
L'aggettivo ha un'interpretazione generica.
Interpretazione letterale
L'aggettivo non può attingere a letture idiomatiche.
Possibile interpretazione idiomatica
L'aggettivo può attingere a una possibile lettura idiomatica.
35
13)
Aspetti
Sintattici
Meno vicino rispetto al nome
La posizione dell’aggettivo è più lontana rispetto al nome.
Più vicino rispetto al nome
La posizione dell’aggettivo è più vicina rispetto al nome.
Ordine non rigido
La produzione di due o più aggettivi non è vincolata da implicazioni d'ordine.
Ordine rigido
La produzione di due o più aggettivi è vincolata da implicazioni d'ordine.
Uso predicativo possibile
L’utilizzo dell’aggettivo è possibile anche in posizione predicativa.
Uso predicativo impossibile
L’utilizzo dell’aggettivo è impossibile in posizione predicativa.
Questi due gruppi di proprietà semantiche e sintattiche identificano due diversi tipi di
modificazione:
• Aggettivi in modificazione diretta
Proprietà: individual-level, non restrittivi, modali, non intersettivi, assoluti (inclusi
i superlativi), con lettura specifica, generici, con possibile interpretazione idiomatica,
vicini rispetto al nome, ordinati rigidamente, impossibili in posizione predicativa.
• Aggettivi in modificazione indiretta
Proprietà: stage-level (o individual-level), restrittivi, derivati da frase relativa
implicita, intersettivi, relativi, comparativi (con i superlativi), con lettura non specifica
(o specifica), deittici, con interpretazione letterale, lontani rispetto al nome, ordinati
non rigidamente, possibili in posizione predicativa.
È opportuno notare che gli aggettivi in modificazione indiretta condividono le stesse
proprietà semantiche e sintattiche degli aggettivi predicativi inseriti nelle frasi relative
ridotte.
Secondo quanto suggerito da Cinque (2010), tale distinzione avrebbe un corrispettivo
strutturale. Ossia, le due fonti della modificazione aggettivale occuperebbero due posizioni
distinte all’interno del DP: quella diretta si troverebbe in prossimità del sintagma nominale,
36
mentre quella indiretta sarebbe in una posizione gerarchica superiore. A scopo chiarificatore
si presenta in (14) una rappresentazione strutturale.
14)
Lo stesso autore, a sostegno di questa possibile distinzione, evidenzia l’esistenza di lingue
che non contemplano una delle due possibilità sintattiche sopra illustrate:
• Lingue prive di aggettivi in modificazione diretta:
Slave (lingua del Canada settentrionale), Lango (lingua dell'Africa centrorientale),
Hixkaryana e Tiriyó (due lingue parlate in Brasile).
• Lingue prive di aggettivi in modificazione indiretta:
Yoruba (cfr. par. 2.3), Gbaya Mbodómó (lingua dell'Africa centroccidentale).
2.3.3 L'ordine degli aggettivi in modificazione diretta
Nel paragrafo precedente gli aggettivi in modificazione diretta sono stati rappresentati
nella struttura come XP inseriti nella posizione di specificatore all'interno di proiezioni
funzionali. Queste ultime, come sottolineato da Scott (2002), riflettono diverse categorie
semantiche secondo le quali è possibile fissare un determinato ordine. A tal proposito si
37
ricordi quanto affermato poco fa, ovvero che gli aggettivi in modificazione diretta sono quelli
vincolati ad un preciso ordine. La proposta di Cinque (1994), citata in Svenonius (2008), è la
seguente:
15) Ordine prenominale
(generazione di base)
A quantità > A qualità > A dimensione > A forma >
A colore > A nazionalità > ... N
Così come quanto discusso per i modificatori all'interno del DP, allo stesso modo gli
aggettivi in modificazione diretta presentano un'unica generazione di base (cfr. (15)) che può
essere derivata mediante movimento, con o senza pied-piping (rispettivamente (16b) e (16a)).
16) Ordine postnominale (a)
(movimento senza
pied-piping)
N ... > A dimensione > A colore > A nazionalità
(es. Irlandese)
Ordine postnominale (b)
(movimento con
pied-piping)
N .... > A nazionalità > A colore > A dimensione
(es. Yoruba)
L'ordine degli aggettivi, secondo l'ipotesi di Cinque, è solo apparentemente libero. In
realtà la successione che determina l'ordine più naturale e meno marcato appare rigida. Per
riportare un esempio dall'inglese, la frase “I want a big black dog”11, dove la dimensione
precede il colore, segue la generazione di base vista in (15) e rappresenta l'ordine non
marcato. L'apparente violazione nella frase “I want a black big dog”12 è giustificata come
produzione marcata dove l'aggettivo di colore, non più in modificazione diretta bensì in
modificazione indiretta, si è inserito in una frase relativa ridotta.
11 Trad. it.“Vorrei un cane nero grande”.
12 Trad. it.“Vorrei un cane grande nèro” (ovvero “vorrei un cane grande che sia nero”).
38
La proposta di Cinque (1994) è stata oggetto di successive rivisitazioni ed espansioni. In
(17) è riassunta l'idea di Scott (2002: 114) il quale, dopo aver eseguito una serie di test
linguistici, propone l'inserimento di nuove proiezioni funzionali arricchendo ulteriormente
la struttura.
17) Determinante > Numero ordinale > Numero cardinale >
Commento soggettivo > Evidenziale > Dimensione >
Lunghezza > Altezza > Velocità > Profondità > Larghezza >
Peso > Temperatura > Umidità > Età > Forma > Colore >
Nazionalità > Materiale > Nome
2.4 Gli aggettivi in italiano e in LIS: uno studio comparativo
Il presente paragrafo offre un’analisi di tipo comparativo tra l'italiano e la LIS. Per
ciascuna lingua sono presentati esempi concreti e riflessioni teoriche per far sì che, a partire
dalle singole differenze, sia possibile corroborare quanto sinora assunto (“E pluribus unum”,
cfr. par. 1.2).
Il raffronto operato tra le due lingue si è concentrato negli aggettivi di tipo attributivo e ha
potuto contare su dati di natura eterogenea. Per l'italiano sono stati presi in considerazione le
osservazioni di Cinque (2010) e i giudizi di grammaticalità espressi da tre parlanti nativi. Per
quanto riguarda la LIS sono stati raccolti dati provenienti dalla letteratura (in particolare
Bertone, 2007 e Brunelli, 2006), i giudizi di grammaticalità espressi da tre segnanti nativi e
alcune produzioni spontanee registrate.13
Lo studio comparativo ha esaminato gli aggettivi focalizzandosi in particolare su quattro
aspetti, già affrontati dal punto di vista della teoria nel paragrafo 2.3. Questi, per ragioni di
chiarezza espositiva, sono di seguito elencati:
13 Sono state visionate registrazioni reperite per lo più nel sito internet a cura di Lorenzo Laudo (http://www.vlog-sordi.com). Si tratta di interventi prodotti da alcuni sordi in riferimento a vari temi di discussione.
39
• la posizione dell'aggettivo rispetto al nome;
• l'Universale 20 di Greenberg e la struttura sintattica del DP;
• la distinzione tra modificazione diretta e modificazione indiretta;
• l'ordine degli aggettivi in modificazione diretta.
2.4.1 La posizione dell'aggettivo rispetto al nome
Il presente paragrafo riporta i dati osservati nelle due lingue e propone alcune
considerazioni teoriche; per ulteriori approfondimenti si rimanda ai paragrafi successivi.
Nella lingua italiana l’aggettivo può occupare “sia una posizione prenominale che
postnominale” (Holtus, Metzeltin, Schmitt, 1988). Gli stessi autori propongono alcuni
esempi, qui riportati in (18).
18)A N
■ Ha dipinto un bel quadro.
■ L'ampio dibattito che si è avuto...
N A ■ Mi piacciono i libri vecchi.
■ È scappato il gatto nero.
La diversa posizione nell'ordine lineare non induce a postulare l'esistenza di due diverse
strutture in quanto, seguendo l'ipotesi di Cinque (2010), si assume che la generazione di base
sia una e universalmente valida. Determinante risulta il tipo di movimento del SN a seconda
che quest'ultimo scavalchi o meno l'aggettivo. Il fatto che l'aggettivo si trovi prima o dopo il
nome ha una motivazione sintattica e comporta conseguenze in termini semantici (par. 2.3.2).
Per quanto concerne la LIS, l'analisi appare un po' controversa. L'idea generale per cui gli
aggettivi in LIS tendono a comparire in posizione postnominale sembra trovare conferma
nelle riflessioni di Bertone:
“A differenza di molte lingue (ad esempio italiano, ASL, inglese) in cui la posizione
degli aggettivi rispetto al nome opera una distinzione tra predicativi ed attributivi, in
LIS tutti i tipi di modificazione seguono il nome” (Bertone, 2007: 69).
40
Tuttavia considerando i dati raccolti in produzione spontanea sembra che la situazione sia
più eterogenea e complessa. Innanzitutto durante l'osservazione del materiale video a
disposizione è stata operata una scrematura al fine di ignorare gli aggettivi inseriti in
strutture copulative. Secondo Bertone (2007) gli aggettivi predicativi sono caratterizzati da
un inarcamento più marcato delle sopracciglia e possono contemplare subito dopo una
pausa oppure un segno in configurazione 5 o F. L'analisi dei soli aggettivi attributivi ha
evidenziato che la maggioranza di questi segue il nome corrispondente, tuttavia ciò non
rende conto di tutti i possibili casi. Nello specifico, le possibili combinazioni sono: aggettivi
postnominali (schema: N A), aggettivi prenominali (schema: A N), aggettivi che modificano
un nome ripetuto (schema: N A N), aggettivi ripetuti prima e dopo il nome (schema: A N A)
ed infine aggettivi incorporati al nome (schema: A/N).
Per meglio chiarire le categorie appena elencate, in (19) si presentano alcune frasi
esemplificative accompagnate da glosse e traduzione corrispondenti.
19)
N A
■ SUO CANZONE ESPRESSIONE STILE MOVIMENTO DOLCE
(= La sua canzone ha un'espressione, uno stile, un movimento dolci)
■ IX_6-DUE SOGNARE FUTURO COSA FIGLIO SORDO
(= Loro due sognano di avere in futuro un figlio sordo)
PE IX_1 VEDERE MAI, ARGOMENTO ■ NUOVO
(= Questo non l'ho mai visto, è un argomento nuovo)
A N
■ IX_3 (segno nome) VUOLE DARE COME RAGIONAMENTO, COME PICCOLO PROVOCAZIONE
(= La persona X vuole offrire una sorta di ragionamento, di piccola provocazione)
IX_1 VEDERE: ■ BELLA IDEA
(= Ho visto, è una bella idea!)
■ ELENA CARA AMICA MIA
(= Elena è una mia cara amica)
41
N A N
(reduplicazione del nome)
■ IO VEDERE VESTITO TIPO FASCISTA NERO VESTITO
(= Ho visto un vestito nero in stile fascista)
A N A
(reduplicazione dell'aggettivo)
■ ROTONDO DOLCE ROTONDO IO PRENDERE BUTTARE
(= Ho afferrato un dolce rotondo e l'ho buttato lontano)
A/N
(incorporazione dell'aggettivo nel
nome)
■ APPLAUSI, PUBBLICO-VASTO MOLTO, LUCE-INTENSA MOLTO
(= Ci sono stati applausi, il pubblico era molto vasto e le luci erano molto intense)
Il caso degli aggettivi incorporati ai nomi costituisce una peculiarità delle lingue dei segni,
le quali permettono di modificare la forma citazionale del nome aggiungendo una
particolarità al parametro del movimento o alle componenti non manuali. A tal proposito si
ricorda, come sottolinea Lerose (2009), che le espressioni del viso sono elementi dotati di
valore a livello morfologico, sintattico e semantico.
Ciò che rimane da chiarire è che cosa distingua l'ordine prenominale da quello
postnominale. Per esempio il fatto che il nome scavalchi o meno l'aggettivo nella struttura
potrebbe comportare una differenza in termini di modificazione diretta/indiretta; tuttavia
per prendere in considerazione ed eventualmente avallare tale ipotesi sono necessari ulteriori
test che esulano dal presente studio comparativo. Per il momento, limitandosi ad una
superficiale osservazione degli esempi estrapolati in (19), pare che l'aggettivo prenominale, a
differenza di quello postnominale, assuma una connotazione enfatizzata, quasi poetica. Un
esempio analogo in italiano potrebbe essere costituito dalla seguente costruzione (citata in
Cinque, 2010: cap. 6, es. (10a)): “Le verdi colline della Toscana”. In questo caso, il fatto che il
nome non scavalchi l'aggettivo di colore, come ci si aspetterebbe nello stile colloquiale, è
giustificato da una precisa scelta di registro. Una seconda ipotesi che possa giustificare la
produzione in LIS di aggettivi in posizione prenominale potrebbe consistere nell'influenza
da parte della lingua italiana, alla quale hanno accesso i sordi per lo meno in forma scritta.
42
2.4.2 Universale 20 di Greenberg e struttura del DP
Ciò che si intende indagare in questa sezione è l'ordine all'interno del DP alla luce delle
indicazioni fornite da Greenberg nel suo Universale 20 (cfr. par. 2.3.1).
In presenza di tre informanti di madrelingua italiana, sono state testate diverse possibilità
di cooccorrenza di dimostrativi, numerali e aggettivi descrittivi; gli ordini che risultano più
naturali sono illustrati in (20).
20) a - Questi due grandi cani
ITALIANO: Dem > Num > A > N
b - Questi due cani bianchi
ITALIANO: Dem > Num > N > A
Ciò che distingue (20a) da (20b) è la tipologia dell'aggettivo e del movimento sintattico.
Nel primo caso il nome non si muove e pertanto non scavalca l'aggettivo di dimensione
(grandi cani); nel secondo caso, invece, il nome si muove verso una posizione
strutturalmente più alta rispetto a quella dell'aggettivo di colore (cani bianchi).
D'altro canto, in LIS (così come in arabo), l'ordine non marcato dei quattro elementi presi
in considerazione appare speculare a quello appena visto (Brunelli, 2006; Bertone, 2007).
21) CANE GRANDE DUE QUESTO
LIS: N > A > Num > Dem
Riassumendo, l'ordine non marcato dell'italiano con i suoi modificatori prenominali
combacia con quello di generazione di base ipotizzato da Greenberg, esemplificato in (6) nel
par. 2.3.1. L'ordine non marcato della LIS, che contempla modificatori postnominali in
sequenza speculare, è ottenuto per derivazione grazie alla progressiva risalita del nome con
pied-piping.
L'esistenza di altri possibili ordini necessita di specifici tratti sovrasegmentali che
43
determinano una lettura interpretativa particolare. Un esempio di ordine marcato è il
seguente: ? CANE DUE GRANDE QUESTO (N > Num > A > Dem). Da un punto di vista
strutturale, il nome si muove oltre l'aggettivo e oltre il numerale per poi sollevarsi con pied-
piping intorno al dimostrativo.
2.4.3 La modificazione sul nome
In precedenza è stato stabilito che gli aggettivi che modificano il nome non sono di un
unico tipo, bensì si suddividono in due gruppi distinti: quelli in modificazione diretta e
quelli in modificazione indiretta.
Per comparare i dati dell'italiano e della LIS sono state selezionate tre delle proprietà
semantiche viste nel paragrafo 2.3.2, ovvero: individual e stage level, aggettivi restrittivi e
non restrittivi ed infine superlativi in senso assoluto e comparativo.
A tre segnanti e tre parlanti nativi sono state proposte alcune frasi e per ognuna di queste
è stata fornita una possibile contestualizzazione. I giudizi di grammaticalità e le intuizioni
dei soggetti intervistati hanno permesso di ricavare i dati sintetizzati in (22) e (23). Con i
risultati alla mano risulta interessante chiarire se e come l'italiano e la LIS operano una
distinzione tra la modificazione diretta e quella indiretta.
22) Le vuote strade della città sono controllate dalla polizia.
Le strade vuote della città sono controllate dalla polizia.
INDIVIDUAL-LEVEL
(ambiguo: INDIVIDUAL-LEVEL o STAGE-LEVEL)
Il direttore vende gli importanti libri della biblioteca.
Il direttore vende i libri importanti della biblioteca.
NON RESTRITTIVO
(ambiguo: NON RESTRITTIVO o RESTRITTIVO)
Chi ha costruito il più alto grattacielo?
Chi ha costruito il grattacielo più alto?
SUPERLATIVO ASSOLUTO
(ambiguo: SUPERL. ASSOLUTO o SUPERL. COMPARATIVO)
44
Per quanto riguarda la lingua italiana, in base ai dati raccolti in (22), è possibile affermare
che, qualora l'aggettivo occupa la posizione prenominale, l'interpretazione non risulta mai
ambigua (individual-level, non restrittiva, assoluta per i superlativi). D'altro canto la
posizione postnominale è sistematicamente ambigua tra i due valori di ciascuna proprietà
semantica. Pertanto, da ciò si deduce che la modificazione indiretta necessariamente segue il
nome, mentre quella diretta può occupare una posizione prenominale o postnominale.
Ricordando che gli aggettivi derivati da frase relativa ridotta si trovano più lontani rispetto al
nome (cfr. par. 2.3.2), ecco lo schema definitivo:
23) ITALIANO:
A. in modific. diretta - NOME – A. in modific. diretta – A. in modific. indiretta
Per giustificare questi dati dal punto di vista teorico, Cinque (2010) parte dalla
generazione di base universale (cfr. par. 2.3.2), e ipotizza particolari movimenti, alcuni
obbligatori e alcuni facoltativi. Nel caso specifico dell'italiano, l'NP salirebbe oltre gli
aggettivi in modificazione diretta (per capire in quali contesti obbligatoriamente e in quali
facoltativamente si rimanda al capitolo 6 di Cinque, 2010) e insieme a questi scavalcherebbe
obbligatoriamente gli aggettivi derivati da frase relativa ridotta.
24) √ CITTÀ (STRADA VUOTA), POLIZIA CONTROLLARE
* CITTÀ (VUOTA STRADA), POLIZIA CONTROLLARE
INDIV-LEV./STAGE-LEV.
-
√ BIBLIOTECA (LIBRI IMPORTANTI), DIRETTORE VENDERE
* BIBLIOTECA (IMPORTANTI LIBRI), DIRETTORE VENDERE
NON RESTRITTIVO / RESTRITTIVO
-
√ (GRATTACIELO ALTO PRIMO), COSTRUIRE CHI?
* (ALTO PRIMO GRATTACIELO), COSTRUIRE CHI?
SUP.ASSOL./SUP.COMP.
-
45
A differenza dell'ordine in italiano, l'ordine in LIS non sembra essere determinante in
termini di modificazione diretta/indiretta, anzi tutti gli aggettivi testati sono grammaticali
dal punto di vista degli informanti solamente se seguono il nome. Secondo la letteratura
specifica, ciò che distingue i due diversi gruppi di proprietà semantiche è la marcatura
prosodica. In particolare, la modificazione diretta “è caratterizzata dall’estensione dello
stesso tratto sovrasegmentale, senza interruzioni, su tutto il dominio di c-comando di una
proiezione funzionale che domina il nome e il suo modificatore” (Bertone, 2007: 71). D'altro
canto la modificazione indiretta è marcata attraverso l'intensificazione del tratto
sovrasegmentale (sopracciglia più inarcate e/o occhi strizzati). Quest'ultima marcatura
prosodica, non a caso, sarebbe la stessa che caratterizza la frase relativa.
Per approfondire la distribuzione dei tratti sovrasegmentali dei due tipi di aggettivi si
considerino i due esempi riportati da Bertone (2007: 81), indicati qui in (25).
25) ____________________tratto DP
a - GELATO ITALIANO BUONO COSTARE PIÙ
(= Un buon gelato italiano costa di più)
Ordine non marcato
______________________ tratto DP __occhi strizzati
b - GELATO BUONO, ITALIANO, COSTARE PIÙ
(= Un buon gelato, italiano, costa di più)
Ordine marcato
Nella prima frase, i due aggettivi compaiono in ordine non marcato: i tratti
sovrasegmentali lasciano intendere che per entrambi si tratta di modificazione diretta con
l'aggettivo di nazionalità a precedere quello di qualità. La seconda frase presenta un ordine
marcato, testimoniato dalla marcatura prosodica e dalla sovversione dell'ordine rigido
nazionalità > qualità (cfr. par. 2.3.3). Si intuisce che dei due aggettivi quello di nazionalità,
che presenta un tratto sovrasegmentale marcato simile a quello delle frasi relative ridotte, si
trova in una posizione più lontana rispetto al nome. Lo schema riassuntivo che si ottiene è il
seguente:
46
26) LIS:
NOME – A. in modificaz. diretta – A. in modificaz. indiretta
Per la LIS è pertanto ipotizzabile una derivazione mediante movimenti con pied-piping
che porta il nome a sollevarsi dapprima oltre gli aggettivi in modificazione diretta e
successivamente, insieme a questi ultimi, oltre gli aggettivi in modificazione indiretta.
2.4.4 L'ordine degli aggettivi in modificazione diretta
Nel paragrafo 2.3.3 è stato messo in luce l'ordine degli aggettivi in modificazione diretta
così come sono generati all'interno della struttura.
Al fine di analizzare l'ordine dell'italiano e della LIS non sono state prese in esame
produzioni spontanee in quanto nei dati a disposizione non era rintracciabile un numero
sufficientemente rappresentativo di costruzioni con almeno due aggettivi attributivi.
Pertanto, per questo specifico aspetto, è stato proposto un test di grammaticalità da
sottoporre a tre parlanti di madrelingua italiana e a tre segnanti di madrelingua LIS. I
sintagmi di interesse per l'indagine sono stati inseriti in frasi di senso compiuto e i giudizi
espressi dagli informanti sono stati poi confrontati tra di loro.
I dati e i risultati raccolti per l'italiano sono riassunti nella tabella in (27).
27) √ Un aereo tedesco giallo
? Un aereo giallo tedesco
√ NAZIONALITÀ > COLORE
? COLORE > NAZIONALITÀ
√ Un piatto bianco ovale
? Un piatto ovale bianco
√ COLORE > FORMA
? FORMA > COLORE
√ Un tavolo rotondo minuscolo
? Un tavolo minuscolo rotondo
√ FORMA > DIMENSIONE
? DIMENSIONE > FORMA
√ Un cane piccolo brutto
? Un cane brutto piccolo
√ DIMENSIONE > QUALITÀ
? QUALITÀ > DIMENSIONE
47
ITALIANO:
N > A nazionalità > A colore > A forma > A dimensione > A qualità
L'ordine appena evidenziato è stato ottenuto sulla base dei giudizi dei parlanti intervistati
e in virtù della proprietà transitiva. Tale risultato, derivato attraverso movimento con pied-
piping e assimilabile all'ordine (16b) del par. 2.3.3, è in linea con la proposta di Cinque (1994).
Nel sottoporre il test ai segnanti, le frasi in LIS da giudicare sono state leggermente
modificate per tener conto di alcune particolarità messe in evidenza da Bertone (2007) in
relazione a dimensione e forma. Infatti, la prima può risultare incorporata al nome (es.
ALBERO-ALTO) oppure incorporata alla forma attraverso l'uso di un unico classificatore (es.
CARAMELLA ROTONDA-PICCOLA) o, infine, può apparire come un elemento lessicale
indipendente (es. GIARDINO GRANDE). Quest'ultima opzione non sembrerebbe
disponibile per la forma, che costituirebbe sempre un tratto modificatore incorporato dal
classificatore nella sua risalita verso posizioni più alte nella struttura.
Pertanto, per i giudizi di grammaticalità, sono stati proposti quegli aggettivi per cui erano
disponibili forme lessicali indipendenti, ovvero: nazionalità, colore, qualità e dimensione.
28) √ AEREO TEDESCO GIALLO
? AEREO GIALLO TEDESCO
√ NAZIONALITÀ > COLORE
? COLORE > NAZIONALITÀ
√ CASA GIALLO GRANDE
? CASA GRANDE GIALLO
√ COLORE > DIMENSIONE
? DIMENSIONE > COLORE
√ CANE PICCOLO/BASSO BRUTTO
? CANE BRUTTO PICCOLO/ BASSO
√ DIMENSIONE > QUALITÀ
? QUALITÀ > DIMENSIONE
LIS:
N > A nazionalità > A colore > A dimensione > A qualità
48
Per determinare l'ordine relativo tra dimensione e forma è possibile considerarle entrambe
incorporate in un classificatore. Ovviamente, trattandosi di un unico segno in cui le
componenti sono simultaneamente realizzate, non è possibile sequenzializzarlo. In ogni caso,
ai fini dell'indagine, occorre sottolineare un fatto: “il classificatore viene selezionato sulla
base della forma che eventualmente viene successivamente modificata dai tratti di
dimensione” (Bertone 2007: 88), ovvero se viene realizzato un classificatore vengono
incorporati sempre i tratti di forma (la superficie, il perimetro, il tipo di presa, il volume) ma
non è detto che altrettanto accada per i tratti della dimensione.
29)√ CARAMELLA CL (rotonda)
√ Incorporazione dei soli tratti di forma
* CARAMELLA CL (piccola)* Incorporazione dei soli tratti di dimensione
√ CARAMELLA CL (rotonda+piccola)
√ Incorporazione dei tratti di forma e dimensione
Ciò lascia presupporre che la forma occupi una posizione strutturale più bassa e vicina al
nome rispetto alla dimensione.
I dati classificati con un punto interrogativo in (27) e in (28) possono essere considerati
grammaticali ma con un'interpretazione specifica. Per esempio, con il sintagma “un cane
brutto piccolo” si vuole intendere che all'interno di un gruppo di cani brutti se ne considera
espressamente uno di taglia piccola. Come ipotizzato da Cinque (2010), queste variazioni di
ordine con letture particolari, in realtà, coinvolgono entrambi i tipi di modificazione.
Nell'esempio appena menzionato, l'aggettivo “piccolo” non è in modificazione diretta come
“brutto”: la sua posizione più distante dal nome è dovuta al fatto che proviene da una frase
relativa ridotta. Comparando i simili risultati raccolti per l'italiano e per la LIS, è possibile
concludere che l'ordine non marcato delle diverse classi semantiche di aggettivi in
modificazione diretta sia derivato dalla risalita del nome attraverso pied-piping a posizioni
progressivamente più alte, così come illustrato in (16b) nel par. 2.3.3.
49
2.5 Conclusione
Il percorso intrapreso nel secondo capitolo è iniziato delineando cosa si intenda per
Progetto Cartografico per concludere presentando un'analisi comparativa tra l'italiano e la
LIS. Il quadro generale di riferimento oltre alle argomentazioni presentate ha dimostrato
come sia possibile, a partire da produzioni espresse in due modalità sensoriali diverse,
arrivare a convalidare un'unica spiegazione teorica.
Nell'ambito dello studio comparativo tra le due lingue, l'obiettivo è stato quello di
verificare se la struttura universale proposta congiuntamente alle possibili derivazioni
sintattiche potesse rendere conto di tutte le differenze interlinguistiche emerse. Sulla base
delle ipotesi teoriche presentate, per entrambe le lingue, è stato possibile giustificare l'ordine
degli elementi modificatori del nome all'interno del DP, la distinzione semantica e sintattica
tra aggettivi in modificazione diretta e indiretta ed, infine, l'ordine delle diverse categorie
semantiche di aggettivi presenti nella parte più bassa dell'albero sintattico.
Nelle sezioni relative all'osservazione dei dati linguistici in LIS è stato dato particolare
risalto alla posizione postnominale degli aggettivi. Tenendo conto delle conclusioni tratte
all'interno del paragrafo 2.4, la gerarchia complessiva è così formulabile:
Nome > Aggettivo [ modificazione diretta ( nazionalità > colore > forma >
dimensione > qualità) > modificazione indiretta ] > Numerale > Dimostrativo
Tuttavia, sarebbe auspicabile indagare anche la funzione linguistica della posizione
prenominale, sinora trascurata o addirittura ignorata dalla letteratura. Attraverso ulteriori
indagini si potrebbe accertare se differenze in termine di ordine siano determinate dalla
grammatica della lingua, da precise scelte stilistiche o, ancora, da fenomeni di interferenza
dall'italiano alla LIS.
50
C a p i t o l o 3
A P P R O C C I O Q U A N T I TAT I V OA P P R O C C I O Q U A N T I TAT I V O
3.1 Introduzione
Rispetto al secondo capitolo, il presente cambia decisamente prospettiva in quanto, pur
mantenendo lo stesso campo d'indagine, definisce un nuovo quadro teorico di riferimento.
La distribuzione degli aggettivi in LIS diventa qui oggetto di uno studio che sposa i
presupposti teorici e metodologici della sociolinguistica quantitativa.
Il paragrafo 3.2 presenta il quadro di riferimento illustrando i pilastri teorici della
sociolinguistica, disciplina nata negli Stati Uniti circa mezzo secolo fa e ormai entrata
nell'ambito delle scienze del linguaggio. Dopo averne delineato le principali aree d'interesse,
la trattazione si addentra in alcuni concetti chiave, quali la variazione sociolinguistica, i
diversi tipi di variabili e il metodo quantitativo.
Il paragrafo 3.3 riguarda l'applicazione della sociolinguistica alle lingue dei segni. Una
volta presentate le principali peculiarità, l'attenzione si sposta sulle pubblicazioni apparse in
letteratura, sia in contesto americano che italiano. Riguardo a quest'ultimo un accenno
particolare è dedicato alla nascita e all'evoluzione del “Progetto Corpus LIS”.
Nel paragrafo 3.4, infine, sono descritte nel dettaglio le fasi di lavoro che hanno permesso
di studiare la distribuzione degli aggettivi in LIS secondo una prospettiva quantitativa. I
risultati ricavati dall'analisi definiscono quali sono i fattori linguistici ed extralinguistici che
influenzano maggiormente il fenomeno considerato.
3.2 La sociolinguistica
La lingua non rappresenta un blocco monolitico, ovvero non appare come un’entità
astratta e indipendente dalle persone che ne fanno uso. Se così fosse ciascuna comunità
linguistica dovrebbe esprimersi sempre allo stesso modo e non sarebbe immaginabile alcun
tipo di cambiamento nel tempo e nello spazio. In realtà, gli studiosi di una disciplina nata
51
negli anni ’60, la sociolinguistica, attraverso i loro studi hanno dimostrato il contrario: poiché
la società cambia, anche la lingua inevitabilmente cambia.
L’idea basilare è che i fattori responsabili delle variazioni linguistiche non siano solo
intrinseci alla lingua in sé ma siano rintracciabili anche all’interno della società. La comunità
linguistica e la lingua risultano pertanto due concetti interdipendenti tra di loro: l’una
esercita influenza sull’altra e se una non esistesse anche l’altra non avrebbe ragione d’essere. I
meccanismi d’interazione che si instaurano tra questi due poli sono al centro dell’interesse
della sociolinguistica.
Mentre alcuni linguisti nei loro studi fanno riferimento ad una comunità astratta e quasi
ideale, i sociolinguisti dedicano la loro attenzione alle comunità linguistiche reali, fatte di
persone esistite o esistenti. In particolare, si propongono di indagare se e come la lingua sia
condizionata dalla società e allo stesso tempo tentano di trovare risposte a molte altre
domande: per esempio, in che modo le persone utilizzano il linguaggio? Quali strategie
adottano? Quali scopi perseguono? Quali sono i fattori che influiscono maggiormente sul
loro modo di esprimersi?
Si tratta di una disciplina appartenente al filone delle scienze del linguaggio tantoché i
sociolinguisti vengono considerati più verosimilmente linguisti e non sociologi (Berruto,
1997). Questi ricercatori, infatti, osservano i fenomeni linguistici sotto la lente dei fattori
sociali e allo stesso tempo non disdegnano un approccio di tipo interdisciplinare che
coinvolge oltre alla linguistica e alla sociologia, anche l'antropologia e la psicologia.
All'interno della sociolinguistica, così, si possono individuare molteplici ambiti di studio
(Johnston, 2010), in particolare:
1. il multilinguismo;
2. il bilinguismo;
3. le variazioni sociolinguistiche;
4. l'analisi del discorso;
5. le strategie comunicative e le norme di cortesia.
Come già accennato in precedenza, il presente lavoro si sofferma sulle variazioni
52
sociolinguistiche con l'obiettivo di indagare in che modo fattori linguistici e non possono
incidere sulle varietà di un sistema linguistico.
Infine, è doverosa una breve parentesi sulle due principali correnti che negli anni si sono
formate in seno alla sociolinguistica: da un lato i correlativisti rappresentati
emblematicamente da Labov, dall'altro i funzionalisti ispirati ai lavori di Gumperz. I primi si
prefiggono l'obiettivo di trovare correlazioni tra aspetti linguistici e aspetti sociali; tuttavia,
questi ultimi, essendo assunti come variabili indipendenti, non rientrano tra gli oggetti di
studio. I funzionalisti, d'altro canto, pongono l'accento sulla dimensione etnografica della
funzione comunicativa e riflettono in egual misura sui fatti linguistici e su quelli sociali senza
dare una priorità specifica né agli uni né agli altri (Berruto, 1997). Il presente lavoro, in
particolare l'analisi quantitativa sulla distribuzione degli aggettivi in LIS presentata al par.
3.4, segue il modello di ricerca delineato da Labov e dai correlativisti.
3.2.1 La variazione sociolinguistica
Il fatto che le lingue siano suscettibili a variazioni non significa che l'utilizzo di forme
linguistiche diverse sia un fenomeno totalmente caotico, casuale ed imprevedibile. A tal
proposito, quando si parla di “eterogeneità ordinata”, espressione coniata da Weinreich,
Labov e Herzog (1968), si vuole intendere che le opzioni a disposizione della comunità
linguistica non sono infinite, al contrario sono limitate da precisi vincoli e parametri.
L'utilizzo di realizzazioni diverse può dipendere da fattori inerenti al sistema linguistico o
estranei da esso. Per quanto riguarda i fattori linguistici, tutti i diversi aspetti del linguaggio
umano possono essere coinvolti: si pensi, solo per menzionarne alcuni, alla fonologia, alla
sintassi e al lessico. Anche i fattori di variabilità extralinguistici, presenti in seno alla società,
sono molteplici: l'età, la classe sociale, la provenienza geografica, la provenienza etnica,
l'orientamento sessuale, il titolo di studio e così via.
Di conseguenza anche la variazione assume un carattere eterogeneo e dinamico in quanto
può interessare diverse dimensioni. Generalmente i sociolinguisti sono concordi
nell'affermare l'esistenza di diversi assi di variazione e condividono la classificazione sotto
riportata (D'Achille, 2003). Per una maggiore esaustività ogni tipo di variazione è affiancato
da esempi concreti, tratti dalla lingua italiana.
53
1. Variazione diacronica
Questa variazione è legata alla dimensione temporale. Si tratta di mutamenti linguistici
che con il passare del tempo si propagano, generalmente prima nel parlato e dopo anche in
forma scritta. Tale variazione può essere causata sia da fattori interni alla lingua
(grammaticalizzazione e lessicalizzazione) sia da fattori esterni (prestiti ed interferenze da
altre lingue). Sembra opportuno operare un ulteriore distinguo: infatti, i fenomeni appena
menzionati non si sviluppano tutti nello stesso arco di tempo. Per esempio, pensando alla
rapidità della diffusione di alcuni prestiti, è possibile affermare che la variazione legata al
lessico non richiede tempi lunghi; viceversa fenomeni responsabili di modifiche nella
grammatica si verificano tra una generazione e l'altra, se non addirittura in tempi superiori.
GrammaticalizzazioneIl verbo “venire” in taluni casi diventa ausiliare del passivo sostituendo così il verbo essere (es. la bambina viene pettinata dalla nonna).
Lessicalizzazione
Alcune parole perdono il loro significato originario e assumono nuove forme sviluppando nuovi significati (es. “affresco” derivato dall'espressione dipingere a fresco).
PrestitiAlcune parole provenienti da lingue straniere vengono introdotte senza essere adattate alla lingua d'arrivo (es. single, trend, cocktail, ecc.).
Tabella 2-3: La variazione diacronica
2. Variazione diatopica
Questa variazione è legata alla dimensione geografica. Essa può determinare differenze
appena percettibili oppure cambiamenti molto sensibili sino al punto di compromettere
l'intercomunicabilità tra parlanti di una stessa lingua ma di due provenienze geografiche
diverse.
54
Nordes. attaccapanni, appendiabiti, omino, ometto
Toscana
e alcune zone del Centro-Sud
es. gruccia
Roma
e alcune zone del Nord e Centro-Sud
es. stampella
Sud es. croce, crocetta, appendino
Tabella 3-3: La variazione diatopica
3. Variazione diastratica
Questa variazione è legata ai fattori sociali che caratterizzano i partecipanti all'evento
comunicativo. Tra questi si ricordino: la posizione sociale, la condizione economica, il livello
d'istruzione, il genere e l'età. All'interno del contesto sociale ognuno presumibilmente è
inserito in una sorta di rete di relazioni all'interno della quale vengono condivisi tratti
comuni.
Scritto Parlato
Italiano standardes. anno (cronolog.), la radio, cielo, scelta
es. persuadére, centrìfuga, psicologo
Italiano popolare
(o dei semicolti)
es. hanno (cronolog.), l'aradio, celo, scielta
es. persuàdere, centrifùga, pissicologo
Tabella 4-3: La variazione diastratica
4. Variazione diafasica
Questa variazione è legata al contesto comunicativo, all'argomento trattato, ai destinatari
coinvolti. In base al tipo di situazione la comunicazione può essere caratterizzata da un
registro formale, piuttosto che informale. Inoltre, per precisi obiettivi professionali, possono
essere impiegati anche particolari sottocodici e linguaggi settoriali.
55
Registro alto es. timore, spavento
Registro neutro es. paura
Registro basso es. fifa, strizza
Tabella 5-3: La variazione diafasica
5. Variazione diamesica
Questa variazione è legata al mezzo che veicola la comunicazione. Infatti lo strumento
utilizzato può essere responsabile di alcune peculiarità in termini di contenuto e di forma.
Tradizionalmente le categorie contemplate sono due: lo scritto e il parlato. A queste è stato
aggiunto un canale intermedio, quello del trasmesso: quest'ultimo è caratterizzato dal fatto
che il messaggio, sia esso in forma parlata o scritta, viene comunicato a distanza.
Parlato Esempi: te come stai? lui/lei, loro, questo ...qui, 'sera, 'nsomma, son partito, meteorologia, areoporto, non sapevo chi era, ha nevicato, non fa niente
ScrittoEsempi: tu come stai? egli/ella, essi, questo, buonasera, insomma, sono partito, meteorologia, aeroporto, non sapevo chi fosse, è nevicato, non ha importanza
Tabella 6-3: La variazione diamesica
Il tipo di canale comunicativo utilizzato naturalmente si rivela influente anche nell'ambito
delle lingue dei segni. Allo stadio attuale, poiché la forma scritta è limitata solamente al
contesto accademico e sperimentale, i canali a disposizione della maggior parte dei Sordi
sono quello “parlato” (in questo caso orale, ovvero in presenza di segnante e
interlocutore/interlocutori) e quello trasmesso. Quest'ultimo, grazie anche alle recenti novità
in campo tecnologico, sta riscuotendo un interesse sempre maggiore da parte della comunità
di segnanti, basti pensare al telegiornale segnato da giornalisti Sordi o da interpreti LIS, alle
videochattate mediante la webcam e all'utilizzo del videotelefonino per la comunicazione
quotidiana.
56
3.2.2 La variabile sociolinguistica
La variabile sociolinguistica, come afferma Berruto (1997), è definibile come “ogni insieme
di modi alternativi di dire la stessa cosa”. In altre parole, si tratta dell'astrazione di un
fenomeno linguistico che tende a realizzarsi attraverso forme diverse, dette appunto
“varianti” (una variabile è pertanto un insieme di varianti). Queste differenze nella
realizzazione possono avere precise motivazioni linguistiche e sociali. La ricerca
sociolinguistica si prefigge l’obiettivo di analizzare i vari contesti in cui il fenomeno
linguistico presenta variazione. Studiando la distribuzione di queste forme diverse si tenta
così di scoprire se si tratta di equivalenza funzionale oppure di vere e proprie differenze
nell’uso.
Le variabili sociolinguistiche non vengono fissate ad libitum, al contrario devono
sottostare a precise restrizioni. Così come sostenuto da Labov (cit. in Berruto, 1997), tutte le
variabili sociolinguistiche devono:
• ricorrere con una frequenza elevata;
• sfuggire al controllo conscio dei soggetti intervistati;
• inserirsi all'interno di una struttura linguistica più ampia;
• essere quantificabili su scala lineare.
C’è un aspetto ulteriore che in origine non era menzionato ma su cui oggi si discute molto:
si tratta della consapevolezza. Una volta descritto il fenomeno la comunità dovrebbe essere
in grado di riconoscerlo come tratto distintivo. Ciò dovrebbe costituire una sorta di verifica
ulteriore dello studio sociolinguistico.
Dopo aver stabilito cosa si intende per variabile, è opportuno qui ripercorrere le fasi
salienti di uno studio sociolinguistico al fine di chiarirne il processo metodologico (cfr.
Tagliamonte, 2006). Innanzitutto occorre identificare due o più espressioni che, pur avendo
una comune forma sottostante, variano nell’uso della lingua. Successivamente si prendono in
esame tutti i contesti in cui tali varianti compaiono nel tentativo di notare differenze nel
significato e nella funzione linguistica, malgrado queste differenze possano sembrare molto
fini. L’intero campione di dati deve essere preso in considerazione, pertanto il linguista non
57
può escludere a priori alcune realizzazioni della variante studiata. Infine, l'applicazione di
metodi di calcolo statistico possono porre a confronto dati provenienti da contesti diversi,
soppesare l'influenza esercitata da uno o più fattori linguistici e non e, infine, tracciare
proiezioni utili per la ricerca futura.
3.2.3 La sociolinguistica quantitativa
All'inizio del presente capitolo sono state introdotte le due principali correnti sviluppatesi
all'interno della sociolinguistica: il correlativismo e il funzionalismo. Questi due diversi
approcci si distinguono non solo per i presupposti teorici ma anche per la metodologia
operativa. Secondo quanto descritto da Berruto (1997) la prospettiva funzionalista predilige
un lavoro di tipo qualitativo, volto a ricostruire i meccanismi di interazione verbale e le
strategie attraverso le quali gli individui attribuiscono significato alle produzioni linguistiche
contestualizzandole alla situazione comunicativa. L'altra prospettiva, quella correlativista,
opera con metodi quantitativi, ovvero analizza i dati linguistici autentici tentando di
individuare correlazioni tra variabili linguistiche e sociali attraverso precisi metodi statistici.
A tal proposito si fa spesso riferimento al concetto di “sociolinguistica quantitativa” per
indicare l'analisi di campioni di dati sufficientemente rappresentativi e il correlato studio
statistico di distribuzioni e frequenze (Vietti, 2005). Il punto di partenza di un'indagine di
questo tipo è sempre costituito dal “corpus” (corpora al plurale), ossia la raccolta del
materiale linguistico autentico che si intende analizzare. Le diverse realizzazioni linguistiche,
che come visto prima non sono mai casuali, costituiscono alternative discrete che possono
essere inserito all'interno di un modello quantitativo. In base all'osservazione dei dati a
disposizione il sociolinguista tenta di verificare se la presenza o assenza di determinati fattori
possa esercitare un'influenza sulla variazione linguistica presa in considerazione. Una
distinzione concettuale che occorre tenere a mente anche in vista dei paragrafi successivi è la
seguente:
58
• Variabile dipendente
Rappresenta l'oggetto di studio dell'analisi quantitativa. Si tratta di un
parametro linguistico il quale può indurre un soggetto ad utilizzare una
variante piuttosto che un'altra (Lucas, 2001). In questo caso si parla anche di
“restrizione interna” in quanto l'aspetto coinvolto è di natura strettamente
linguistica e può riguardare un suono, una configurazione, una struttura
sintattica, ecc.
• Variabile indipendente
Consiste in un fattore di tipo linguistico oppure sociale che può esercitare una
qualche influenza sulla realizzazione della variabile dipendente. Può essere
chiamata anche “restrizione esterna”.
Infine, è opportuno sottolineare che il dato numerico e i valori statistici non sono l’oggetto
finale dello studio, bensì costituiscono la base per una successiva interpretazione di fenomeni
linguistici.
3.3 La sociolinguistica applicata alle lingue dei segni
Le prime pubblicazioni sulla linguistica delle lingue dei segni risalgono agli anni sessanta
negli Stati Uniti (Stokoe, 1960) e agli anni ottanta in Italia (Volterra, 1987). Gli studi sulle
lingue dei segni secondo approcci quantitativi costituiscono un ambito di ancor più recente
applicazione. Il ritardo nella ricerca su questo fronte non implica un limitato campo
d'indagine, anzi. Così come le lingue parlate, anche le lingue dei segni mostrano al loro
interno molteplici fenomeni di variazione sociolinguistica. Per citare solo alcuni esempi
concreti si fa qui riferimento ai punti delineati da Johnston (2010):
• Variazione fonologica. Esempio: la variazione nel parametro del luogo relativo al
segno NAME nella lingua dei segni australiana (AUSLAN).
• Variazione lessicale. Esempio: le diverse realizzazioni lessicali per indicare il nono
numero cardinale nella lingua dei segni neozelandese (NZSL).
59
• Variazione sintattica. Esempio: l'utilizzo del pronome soggetto nullo o realizzato nella
lingua dei segni inglese (BSL).
• Variazione di codice. Esempio: lo studio sulla commistione di diversi codici linguistici
all'interno di enunciati nella lingua dei segni americana (ASL).
Per un dettagliato confronto sulle unità di variazione riscontrabili nelle lingue parlate e
segnate si rimanda alla lettura del lavoro di Conte (2009: 20-29).
Così come avviene per le lingue parlate, anche coloro che si dedicano alla ricerca sulle
variazioni sociolinguistiche delle lingue dei segni prendono in considerazione possibili
fattori linguistici e sociali. Volendo aprire una breve parentesi sui primi si può pensare, per
esempio, di analizzare fenomeni di assimilazione o coarticolazione osservando come
vengono realizzati i segni contestuali (precedenti o susseguenti la variabile in esame). Altri
fattori che potrebbero risultare influenti sono la frequenza lessicale, la classe grammaticale, la
posizione di un elemento all'interno dell'enunciato, la presenza di impersonamento e cambi
di referenza.
Per quanto concerne i fattori sociali si pensi alla provenienza geografica, all'età, al genere e
a tutti gli altri aspetti valutati anche per le lingue parlate (cfr. par. 3.2.1). Tuttavia in questa
categoria vengono contemplati anche alcuni aspetti extralinguistici che valgono solamente
per il contesto specifico delle lingue dei segni. Per esempio è importante conoscere il contesto
familiare in cui il Sordo è cresciuto: il fatto di avere genitori o parenti stretti segnanti può
essere indicatore di un segnato fluido, spontaneo e ricco dal punto di vista strutturale e
lessicale. Rilevante è anche il tipo di educazione scolastica ricevuta (istituti residenziali per
sordi, progetti di bilinguismo, inserimento in scuole pubbliche): il fatto di essere o non essere
stati a contatto quotidianamente con coetanei segnanti può indicare il livello di competenza
linguistica della persona intervistata. Pertanto, informazioni relative al contesto familiare e
scolastico risultano variabili specifiche per i Sordi in quanto sono fondamentali per
individuare l'età di acquisizione della lingua dei segni ed il livello di competenza raggiunto.
Nelle sezioni successive si riepiloga brevemente uno studio americano su un fenomeno di
variazione sintattica e si fa il punto della situazione sulla ricerca sociolinguistica in Italia
riassumendo i risultati sinora pubblicati.
60
3.3.1 Studi sociolinguistici in riferimento all'ASL
Gli studi precedenti relativi ai pronomi nulli
Nel libro intitolato “Sociolinguistic Variation in American Sign Language” (2001), Lucas e
colleghi riportano le principali considerazioni fatte nell'ambito della sociolinguistica
dell'ASL, a partire dalle prime osservazioni sulla variazione lessicale sino alle più recenti
novità pubblicate in riviste specializzate. Ciò che risulta più interessante riportare in questo
paragrafo è la sezione dedicata alla variazione sintattica, in particolare ai pronomi nulli
(Lucas et al, 2001: cap.7). Per approfondire questo aspetto linguistico gli autori introducono la
tradizionale suddivisione dei verbi dell'ASL, qui descritti in breve:
• verbi piani: utilizzano lo spazio per scopi non grammaticali bensì articolatori;
• verbi direzionali: a seconda della direzione del loro movimento forniscono
informazioni sul soggetto e sull'oggetto coinvolti nell'azione;
• verbi locativo-spaziali: generalmente denominati verbi classificatori, fanno uso
di una configurazione che rappresenta alcuni aspetti della forma e della
dimensione dell'oggetto coinvolto e di un movimento che viene realizzato
nello spazio neutro tridimensionale.
Tale classificazione verbale è stata presa in considerazione dai linguisti che negli anni
precedenti si sono dedicati alla disamina dei pronomi nulli in ASL. Nella letteratura è emerso
che nel caso dei verbi direzionali la presenza dei pronomi non realizzati fonologicamente è
motivata da relazioni di accordo verbale, esattamente come in italiano e in spagnolo. Con i
verbi piani la situazione è apparsa controversa per il fiorire di diverse ipotesi e
considerazioni teoriche. Lillo-Martin (1986) ha proposto che i pronomi nulli in ASL,
similmente a quelli in cinese, siano legati alla presenza di topic. Questa visione ha lasciato
perplesso Bahan (1996), il quale ha ipotizzato un accordo marcato da un opzionale torsione
del busto del segnante in direzione del referente coinvolto nell'azione. Una terza opzione è
offerta dallo stesso autore e consiste nell'assegnare ad un lieve movimento della testa la
funzione di marcatore di accordo sintattico nei confronti del soggetto dell'enunciato.
61
Lo studio variazionista di Lucas e colleghi
Prima dello studio condotto da Lucas e colleghi, la differenza nell'uso di pronomi
realizzati e di pronomi nulli nell'ASL non è mai stata esaminata da un punto di vista
quantitativo-variazionista. Il primo passo è stato quello di raccogliere i dati per ottenere un
corpus linguistico sufficientemente significativo: sono stati selezionati i filmati di 19 sordi
americani caratterizzati da eterogeneità nell'età, nel genere, nella provenienza geografica ed
etnica e nella classe sociale. L'analisi si è concentrata sulle loro produzioni individuali,
ovvero narrazioni libere senza un argomento preconcordato. Per ciascun filmato il gruppo di
ricerca ha estratto i primi 15 casi di pronomi realizzati e pronomi nulli. I fattori assunti come
variabili indipendenti extralinguistiche e linguistiche sono riassunti nei seguenti elenchi.
Variabili extralinguistiche:
1. Età (valori: da 15 a 25 anni, da 26 a 54 anni, da 55 anni in poi).
2. Genere (valori: maschile, femminile)
Variabili linguistiche:
1. Coreferenza con il soggetto della frase precedente (valori: coreferente o non
coreferente).
2. Persona (valori: prima, seconda, terza).
3. Numero (valori: singolare, plurale).
4. Forza della frase (dichiarativa, interrogativa del tipo sì/no, interrogativa del
tipo wh, condizionale, ecc.).
5. Impersonamento (valori: assenza o presenza di impersonamento).
6. Influenza della lingua inglese, lingua che non ammette pronomi nulli (valori:
assenza o presenza di influenza da parte dell'inglese).
I risultati
Dallo studio variazionista è risultato che nel corpus a disposizione solo il 35% dei soggetti
pronominali è realizzato con segni manuali. Grazie al programma di analisi statistica
VARBRUL (per approfondimenti cfr. par. 3.4.5) è emerso che la presenza del pronome
62
soggetto in concomitanza con i verbi piani è determinata da tutti fattori sopra elencati, sia
linguistici che non. La forza della frase non è stata inclusa in questa fase dell'analisi a causa
della quasi totalità di frasi dichiarative. In base ai risultati ottenuti gli autori hanno concluso
che i fattori che più incoraggiano la produzione di pronomi soggetto sono: l'influenza
dell'inglese, il cambiamento di referenza tra una frase e l'altra, l'utilizzo del pronome di
prima persona singolare (tale forma, infatti, non è generalmente sostituibile con full NP),
l'assenza di impersonamento, il genere femminile e l'ultima fascia di età (dai 55 anni in poi).
Esplorare le variabili responsabili della variazione nell'utilizzo di pronomi realizzati e
nulli ha permesso a Lucas e colleghi di concludere che tale fenomeno linguistico si verifica in
modo sistematico. Inoltre, mentre i fattori linguistici rintracciati appaiono simili a quelli
emersi negli studi variazionisti sulle lingue vocali, i fattori sociali trovano una motivazione
specifica nel contesto socioculturale della comunità Sorda americana.
3.3.2 Studi sociolinguistici in riferimento alla LIS
Il “Progetto Corpus LIS”
Come specificato in precedenza, al fine di poter intraprendere l'indagine da un punto di
vista quantitativo è necessario disporre di una grande quantità di dati. In altre parole, il
primo passo da fare è ottenere un corpus sufficientemente ampio che consenta di analizzare
statisticamente il fenomeno preso in considerazione nelle sue variazioni linguistiche,
geografiche e sociali.
I dati utilizzati per lo studio descritto nell'ultimo paragrafo del presente capitolo
provengono da un più ampio progetto di ricerca, denominato “Progetto Corpus LIS”, che
mira ad indagare la variazione sociolinguistica all'interno della comunità Sorda italiana. Tale
iniziativa, sostenuta dai fondi del PRIN (Programmi di ricerca di Rilevante Interesse
Nazionale), ha avuto inizio nell'ottobre del 2008 grazie ad un team di ricercatori udenti e
sordi. Il lavoro nel suo complesso risulta coordinato da tre università italiane, ovvero:
• Università “La Sapienza” di Roma, facoltà di Scienze della Comunicazione
(investigatore principale: Caterina Donati);
63
• Università “Bicocca” di Milano, facoltà di Psicologia
(investigatore principale: Carlo Cecchetto);
• Università “Ca’ Foscari” di Venezia, facoltà di Lingue e Scienze del Linguaggio
(investigatore principale: Anna Cardinaletti).
All'interno del progetto è stato coinvolto anche l'Ente Nazionale Sordi (d'ora in poi ENS),
che ha messo a disposizione i locali di numerose sedi provinciali (Bari, Bologna, Brescia,
Catanzaro, Firenze, Milano, Ragusa, Roma, Salerno, Torino). In queste dieci città italiane,
grazie alla collaborazione di persone sorde locali, sono stati intervistati circa 180 segnanti,
nativi o tardivi. Questi sono stati sottoposti ad alcune attività da svolgere individualmente, a
coppie e a gruppi di tre persone. Nello specifico, di seguito viene illustrato in dettaglio il
programma previsto da ciascuna sessione sperimentale:
Intervista
individuale
Per la durata di circa cinque minuti il segnante intervistato è libero di raccontare una propria esperienza personale legata alla scuola, alla famiglia, al lavoro o quant'altro. Altrimenti può optare per la descrizione di un fatto di qualsiasi altra natura.
Denominazione
di immagini
Al soggetto viene chiesto di produrre i segni corrispondenti a 42 immagini. Le entrate lessicali elicitate appartengono a diversi campi semantici: i colori, i mesi, i componenti della famiglia, i classificatori, i segni con inizializzazione, quelli corrispondenti a parole in dattilologia, i segni composti e quelli sensibili a cambiamenti diacronici.
Elicitazione
domanda-risposta
Tale compito mira a testare in particolare la costruzione di strutture interrogative e si avvale dell'utilizzo di materiale visivo con scarsa presenza di italiano scritto. A uno dei due segnanti coinvolti viene mostrata la scena di un incidente stradale, mentre all'altro viene chiesto di raccogliere le informazioni necessarie per ricostruire l'incidente e per compilare una sorta di constatazione amichevole.
Conversazione
libera
A tre persone del medesimo gruppo di età viene chiesto di dialogare senza specifiche consegne per circa 45 minuti. Ciascun partecipante viene registrato con una videocamera a lui/lei dedicata.
Tabella 7-3: Fasi della sessione sperimentale di lavoro ideata per il "Progetto Corpus LIS"
64
Tutte le interviste effettuate nell'ambito del progetto sono state registrate con videocamere
digitali e, di conseguenza, sono stati ottenuti video in formato mpg2.
L'intera sessione sperimentale, dalla durata media di circa tre ore, oltre a prevedere la
successione delle quattro attività appena esposte, ha contemplato anche alcuni intervalli che
sono serviti per somministrare ai partecipanti dei questionari. Grazie a questi ultimi sono
state raccolte informazioni di tipo biografico sui segnanti, ovvero i dati extralinguistici utili ai
fini dell'indagine sociolinguistica.
Il processo che ha previsto la raccolta dei dati e la trascrizione degli stessi ricalca studi
precedenti sulla variazione linguistica dell'ASL (Lucas, Bayley e Valli 2001) e dell'AUSLAN
(Johnston e Schembri 2006), anche se si sono resi necessari accorgimenti per adattare il lavoro
al contesto italiano (Geraci et al, 2010).
Aspetti metodologici e risultati preliminari
L'esperienza del progetto appena descritto, che si è conclusa con la creazione di un corpus
di dati in LIS, è stata riepilogata in un articolo in lingua inglese (Geraci et al, 2010). Questa
pubblicazione, oltre a divulgare informazioni generali relative al lavoro svolto, ha segnalato
l'introduzione di alcuni particolari aspetti innovativi. Tra questi si citano l'utilizzo di una
videocamera per registrare le produzioni di ogni singolo partecipante, la programmazione di
sessioni sperimentali maggiormente strutturate con l'obiettivo di elicitare particolari
costruzioni linguistiche ed, infine, l'organizzazione del lavoro in diverse fasi grazie
all'utilizzo di ELAN quale software di annotazione (cfr. par. 3.4.2).
Inoltre lo stesso articolo introduce alcuni risultati preliminari ottenuti nell'ambito della
distribuzione dei pronomi interrogativi. Altri campi esplorati con lo stesso approccio teorico
e con la stessa metodologia operativa sono: la variazione fonologica dei segni con
configurazione G, la distribuzione del sollevamento delle sopracciglia e la variazione
lessicale. Di seguito sono presentate brevemente le indagini quantitative appena menzionate.
Tuttavia, per accedere a informazioni più dettagliate, a risultati più precisi e alle conseguenti
implicazioni linguistiche, si suggerisce di attingere direttamente alle fonti originali.
65
• La distribuzione dei pronomi interrogativi (Geraci et al, 2010)
Per questo studio è stata utilizzata l'elicitazione domanda-risposta, compito che ha
permesso di analizzare il maggior numero di strutture interrogative. Dopo aver segmentato
le unità frasali presenti nel corpus, gli annotatori hanno trascritto in glosse l'enunciato
contenente l'elemento wh-, l'enunciato precedente e l'eventuale risposta dell'interlocutore.
Ciascun token è stato associato con le corrispondenti informazioni linguistiche (posizione del
pronome interrogativo nella frase, tipo di frase, funzione grammaticale e tipologia
dell'elemento wh) ed extralinguistiche.
Dal confronto dei risultati provenienti da tre città italiane (Torino, Bologna e Bari) è
emerso che la tendenza generale è quella di collocare il pronome interrogativo alla fine della
frase, ossia nella periferia destra. Un fattore sociale che si è rivelato statisticamente
significativo è stato quello relativo all'età: infatti, dagli anziani ai giovani passando per i medi
si assiste ad un progressivo decremento di elementi wh- in posizione preverbale. Questo
fenomeno di riduzione sembra essere compensato dall'aumento dei pronomi interrogativi in
posizione postverbale e in posizione reduplicata nel gruppo dei giovani.
• La distribuzione del sollevamento delle sopracciglia (Conte et al, 2010)
Il compito ritenuto utile per indagare la distribuzione delle marche non manuali nella
fattispecie del sollevamento delle sopracciglia è stato il racconto individuale. I partecipanti
selezionati dalla banca dati sono stati sedici segnanti torinesi distribuiti omogeneamente per
genere ed età. Il lavoro svolto grazie ad ELAN è constato di diverse fasi: identificazione ed
annotazione dei sollevamenti delle sopracciglia, trascrizione delle frasi di riferimento,
selezione della funzione linguistica esercitata delle marche non manuali precedentemente
individuate e assegnazione di glosse ai singoli segni prodotti all'interno delle frasi.
Una prima analisi dei risultati ha permesso di osservare che il sollevamento delle
sopracciglia è maggiormente utilizzato dai segnanti anziani e dai segnanti di sesso maschile.
Per quanto riguarda le funzioni linguistiche, i dati dimostrano che queste marche sono state
prodotte dagli intervistati per esprimere soprattutto focus e topic. Inoltre, dalla successiva
analisi quantitativa è emerso che il fattore relativo all'età risulta influente sulla variazione
presa in esame: da una parte i giovani sollevano le sopracciglia con maggiore frequenza per
66
marcare informazioni di focus, dall'altra gli anziani si distinguono dagli altri due gruppi di
età per un maggior utilizzo del sollevamento delle sopracciglia come marcatore di attitudine.
• La variazione fonologica dei segni con configurazione G (Geraci et al, 2010)
Le particolarità di questo studio consistono nell'organizzazione gerarchica dei livelli di
annotazione e nella costruzione di un vocabolario controllato. I primi due livelli sono
dedicati alla trascrizione del segno con la configurazione G, del segno precedente e di quello
successivo. Tre livelli sottostanti e dipendenti forniscono informazioni fonologiche circa la
mano dominante e l'articolazione del segno precedente e di quello successivo. In un ulteriore
livello viene esplicitata la classe grammaticale del segno oggetto d'indagine. Questa codifica
particolareggiata ha il vantaggio, già in fase di annotazione, di predisporre i dati ad essere
estratti ed analizzati secondo un approccio quantitativo.
Risultati relativi alla variazione fonologica dei segni con configurazione G sono attesi in
quanto non ancora disponibili.
• La variazione lessicale (Battaglia et al, 2010)
Il corpus costruito con l'obiettivo di studiare la variazione lessicale nella LIS ha visto la
partecipazione di 95 soggetti provenienti da sei città italiane (Brescia, Bologna, Firenze,
Roma, Salerno e Ragusa). Il compito selezionato è stato quello di denominazione di
immagini: in particolari sono stati presi in considerazione nove item (BRAVO, CAFFÈ,
CAPIRE, CASA, COMPLEANNO, DONNA, FORMAGGIO, INTELLIGENTE e VEDERE).
I dati raccolti hanno dimostrato che “le varianti a diffusione nazionale sono ben
rappresentate nel repertorio lessicale dei segnanti e che le varianti locali rappresentano una
piccola minoranza”. La successiva analisi quantitativa, evidenziando la significatività di
fattori diacronici e diatopici quali l'età e la provenienza geografica, ha posto le basi per
ipotizzare un graduale fenomeno di standardizzazione lessicale. Nello specifico le varianti
locali tendono a resistere maggiormente nei segnanti anziani mentre i giovani sembrano
favorire le varianti nazionali. Dal punto di vista geografico, invece, i segnanti del Nord e del
Sud prediligono in misura maggiore le proprie varianti locali, mentre nelle zone centrali
vengono utilizzate più frequentemente le varianti a diffusione nazionale.
67
3.4 La distribuzione degli aggettivi in LIS: uno studio quantitativo
Con il presente paragrafo la trattazione entra nel vivo della fase sperimentale che, sulla
base dei presupposti teorici e delle pubblicazioni finora esposti, vuole analizzare e descrivere
la distribuzione degli aggettivi in LIS seconda una prospettiva quantitativa.
La presentazione del lavoro, per ragioni di chiarezza espositiva, è qui suddivisa nei
seguenti punti chiave:
• La costruzione del corpus dei dati
• L'annotazione e la codifica dei dati: ELAN
• L'indice dei dati: Excel
• La distribuzione dei dati
• L'analisi quantitativa dei dati: VARBRUL
Infine, la presentazione dei risultati statistici offre lo spunto per alcune considerazioni
conclusive sulla variazione sociolinguistica oggetto di studio.
3.4.1 La costruzione del corpus di dati
Come prima più volte accennato, la materia prima che permette di studiare un fenomeno
linguistico secondo una prospettiva quantitativa è costituita da un corpus di dati da
analizzare. Il presente studio sfrutta parte del materiale linguistico messo a disposizione dal
“Progetto Corpus LIS” (cfr. par. 3.3.2).
In particolare dalla banca dati sono stati scelti 49 segnanti provenienti da tre città collocate
nel territorio in modo tale da offrire una panoramica il più rappresentativa possibile del
Paese:
• Torino per il settentrione;
• Firenze per il centro;
• Salerno per il meridione.
68
Tuttavia l'eterogeneità dei partecipanti non si limita alla sola provenienza geografica. Con
l'obiettivo di controllare tutti quei fattori sociali non linguistici che possono influenzare la
variazione sociolinguistica sono state considerate le informazioni ricavate dai questionari che
ciascun segnante ha compilato. Nel sottoparagrafo successivo verranno approfondite le
variabili in questione e le motivazioni che hanno portato alla selezione delle stesse.
Per ciascun segnante non è stato preso in considerazione l'intero protocollo sperimentale
comprendente quattro diverse attività (cfr. par. 3.3.2), bensì soltanto quel compito che potesse
garantire il massimo grado di libera espressione, ovvero l'intervista individuale.
I filmati ottenuti, originariamente in formato video mpeg2, sono stati tutti convertiti in
formato Flash Video File per avere una migliore compatibilità con il sistema operativo in uso
e per consentire una corretta visualizzazione fotogramma per fotogramma. Per eseguire tale
operazione è stato utilizzato un programma di conversione gratuito e scaricabile dalla rete,
Any Video Converter.
Al fine di rendere più agevole il recupero di informazioni sui segnanti è stato necessario
attribuire ai file degli pseudonimi (Tagliamonte, 2006). Così, ogni video è stato intitolato con
una sigla che, attraverso pochi caratteri, ha permesso di risalire immediatamente ad
informazioni quali la provenienza geografica, il gruppo di età e l’ordine di registrazione: per
esempio, al primo segnante anziano di Torino è stata associata l’etichetta “TO A 1”. Questo
sistema di pseudonimi si è rivelato utile in quanto ha permesso, durante le varie fasi di
lavoro, di identificare in breve tempo tutti i filmati.
Variabili indipendenti extralinguistiche
• Genere : maschile, femminile.
I partecipanti risultano piuttosto omogeneamente suddivisi tra i due generi. Il fatto di
registrare comportamenti linguistici diversi a seconda del genere dell'intervistato può variare
da cultura a cultura. Per esempio, all'interno della comunità Sorda, è possibile registrare una
variazione sociolinguistica sensibile tra uomini e donne qualora nello stesso territorio la
popolazione femminile e quella maschile abbiano frequentato istituti diversi e siano pertanto
entrati in contatto con microcomunità linguistiche differenti.
69
• Età : giovani (dai 18 ai 30 anni), medi (dai 31 ai 54 anni) e anziani (dai 55 anni in poi).
Questi gruppi di età presumibilmente riflettono le politiche educative per i sordi adottate
negli ultimi 70 anni in Italia. Un importante spartiacque è costituito dal 1977, anno nel quale
è entrata in vigore la legge n. 517/77 che ha consentito ufficialmente l’ammissione dell’alunno
sordo o con altra disabilità all'interno delle classi comuni. Di fronte alla possibilità di
scegliere per il proprio figlio molte famiglie hanno optato per la scuola pubblica non-
residenziale condannando, così, la maggior parte degli istituti speciali a chiudere per
mancanza di iscrizioni. Pertanto il fattore dell'età può determinare variazione
sociolinguistica: il gruppo degli anziani ha frequentato le scuole residenziali, quello dei medi
era in età scolare durante il periodo di transizione tra i due sistemi educativi ed, infine, il
gruppo dei giovani è costituito da sordi che per lo più hanno frequentato la scuola pubblica.
• Provenienza geografica : Torino (nord), Firenze (centro) e Salerno (sud).
I partecipanti selezionati provengono dal settentrione, dal centro e dal meridione per
offrire la possibilità ad eventuali variazioni diatopiche di emergere nell'analisi. Inoltre, la
scelta di Torino, Firenze e Padova è sostenuta dal fatto che queste tre città hanno ospitato o
tuttora ospitano scuole residenziali per sordi. Infatti, secondo le fonti del sito internet sulla
storia dei sordi14 a cura di Franco Zatini, alcuni istituti hanno cessato ogni attività didattica
mentre altri sono attualmente ancora operativi:
TO
RIN
O Istituto dei
sordomuti in
Torino
(fondato nel 1816)
La prima scuola per sordi a Torino applicò il metodo mimico-gestuale sposando la visione dell'abate Ottavio Assarotti e successivamente dovette inserire nella didattica anche il metodo orale per le decisioni approvate al Congresso degli Educatori di Milano (1880).
Il 1965 ha segnato il trasferimento delle attività nella sede di Pianezza, struttura tuttora in attività.
14 www.storiadeisordi.it
70
Educatorio
Lorenzo Prinotti
(fondato nel 1881)
Questo secondo istituto di Torino sorse grazie all'opera del sacerdote Lorenzo Prinotti. Il metodo educativo era misto in quanto all'oralismo veniva affiancato il metodo mimico-gestuale.
Il calo di affluenza di alunni costrinse l'istituto a cessare le attività didattiche nel 1993 ma il Comune acconsentì a cedere una parte dell'immobile alla sezione provinciale dell'ENS di Torino che, nel 2000, riorganizzò le attività attraverso il “Village Prinotti Deaf”.
Istituto
Professionale di
Stato
“A. Magarotto”
(fondato nel 1954)
Per volere del cav. Giuseppe Granaglia fu aperta una scuola professionale, dapprima ad indirizzo solo meccanico poi anche amministrativo-commerciale. L'approccio adottato è quello della comunicazione totale (oralismo, lingua dei segni, gestualità, ecc.).
A partire da settembre 2000, l’I.P.S.I.A. di Torino assieme all'I.T.C.G. di Padova e all'I.P.S.I.A. di Roma fa parte dell’I.S.I.S.S., Istituto Statale di Istruzione Specializzata per Sordi.
FIR
EN
ZE
Istituto Nazionale
per i sordomuti in
Firenze
(fondato nel 1882)
Il primo istituto per sordi di Firenze fu fondato dalle autorità locali e da un gruppo di nobili; nei primi tempi fu diretto dal prof. Francesco Mangioni, amico di padre Tommaso Pendola.
Alla fine degli anni Sessanta l'istituto fu arricchito con la sezione femminile e con la scuola materna ma da lì a qualche anno tutte le attività didattiche cessarono a causa della diminuzione delle iscrizioni.
Istituto Gualandi
per i sordomuti e le
sordomute in
Firenze (fondato
nel 1885)
Il sacerdote Giuseppe Gualandi assieme al fratello Cesare fondò a Bologna nel 1849 un istituto per sordi con l'intento di creare una comunità all'interno della quale diffondere i valori cristiani. Grazie al sostegno di molti benefattori sorsero nuove sedi: a Roma nel 1884, a Firenze nel 1885, a Giulianova (Teramo).
Gli anni '90 segnarono la graduale riduzione delle attività all'interno degli istituti. Nel 2003 l'IPAB "Istituto Gualandi per sordomuti e sordomute" fu trasformato in Fondazione privata per poter continuare a lavorare a fianco delle persone sorde promuovendone una migliore qualità di vita.
71
SA
LE
RN
OIstituto Filippo
Smaldone per
sordomuti in
Salerno (fondato
nel 1907)
Grazie al sacerdote Filippo Smaldone e alla Congregazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori fu fondata una scuola per educare le ragazze sorde del territorio attraverso il metodo oralista. L'istituto, arricchito di numerosi laboratori per l'insegnamento professionale, accolse anche ragazzi sordi aprendo una sezione maschile.
L'istituto Smaldone è ancora in attività e nelle due sedi a disposizione ospita circa 200 alunni sordi (dalla scuola dell'infanzia a quella superiore di secondo grado).
Tabella 8-3: Rassegna degli istituti per sordi costruiti nelle città di Torino, Firenze e Salerno.
• Essere urbano : residente in città, residente fuori città.
Il fatto di abitare in un contesto urbano o meno può esercitare un'influenza linguistica sul
segnante. È diffusa la convinzione per cui ambienti rurali o comunque lontani dai grandi
centri abitati siano più conservatori mentre negli ambienti urbani, caratterizzati da maggiore
circolazione di persone, idee e merci, ci si aspetta maggiore propensione ad accogliere tratti
linguistici innovativi.
• Provenienza familiare : genitori sordi, parenti sordi, genitori udenti.
È doveroso includere questa variabile in quanto può essere indicativa del tipo di
acquisizione linguistica (segnante nativo o tardivo). A differenza delle lingue parlate, le
lingue dei segni non vengono spesso trasmesse all'interno del contesto familiare in quanto
soltanto il 5-10% dei bambini sordi nasce da genitori sordi e ha quindi la possibilità di
acquisire la lingua in un contesto naturale sin dai primissimi giorni di vita.
• Titolo di studio : scuola elementare, scuola media, scuola superiore o università.
Anche il titolo di studio e il livello culturale sono fattori che possono incidere sulla
produzione linguistica dei segnanti. Infatti, il fatto di possedere un determinato titolo di
studio comporta la condivisione di un certo bagaglio di esperienze, conoscenze e competenze
che a sua volta può trasparire nella lingua d'uso.
72
• Classe lavorativa : operaio, impiegato, professionista, disoccupato.
Informazioni relative all'impiego professionale possono essere indicative dello status
socioeconomico dell'intervistato e conseguentemente di alcuni tratti linguistici. Nel gruppo
dei professionisti sono inclusi anche gli educatori e gli insegnanti di LIS, ovvero quelle figure
professionali che utilizzano la lingua dei segni anche in ambito lavorativo e che quindi con
una certa probabilità esercitano un maggiore controllo conscio sulle loro produzioni e sono
più propensi a scegliere varianti prestigiose.
• Esposizione a registri alti : altamente esposto, mediamente esposto, non esposto.
Questo parametro riguarda l'esposizione ai registri alti della lingua e conseguentemente il
loro utilizzo. Un'informazione ritenuta rilevante è quella riguardante eventuali incarichi
all'interno dell'ENS (presidente, vicepresidente, consigliere, responsabile, segretario, ecc.). In
fase di candidatura, per ottenere queste cariche, si presuppone che i sordi utilizzino un
registro linguistico formale al fine di esporre in segni le proprie idee e i propri progetti per il
futuro. Un altro fattore che può incrementare l'esposizione a registri alti è la visione di
telegiornali interpretati simultaneamente da interpreti LIS professionisti.
3.4.2 L'annotazione e la codifica dei dati: ELAN
Il software
Una volta generato un campione significativo di dati linguistici, il passo successivo è stato
quello di annotare le informazioni d'interesse al fine di rendere queste immediatamente
rintracciabili e utilizzabili per ricerche sempre più raffinate e precise. Tenendo in
considerazione che il corpus in questione è costituito da file video, lo strumento reputato più
adatto alla codifica di informazioni veicolate attraverso il canale visivo-gestuale è ELAN
(Linguistic Annotator).
Questo software, creato in Olanda all’istituto di psicolinguistica Max Planck di Nijmegen,
è gratuitamente scaricabile dal sito internet http://www.latmpi.eu/tools/elan/download.
L'obiettivo principale dei suoi ideatori è stato quello di offrire uno strumento funzionale a
quei ricercatori interessati di lingue dei segni o di gestualità in genere. Si tratta di un
software che permette non solo di creare annotazioni associate a file multimediali ma anche
73
di operare modifiche, effettuare comparazioni ed eseguire ricerche.
La schermata principale del programma è così strutturata: nella sezione superiore appare
la finestra video che permette di visualizzare il filmato, nella sezione inferiore si vede il
pannello dedicato al visore di densità, alla timeline e alle annotazioni ed, infine, di lato è
possibile accedere al pannello tabs contenente il controllo delle velocità di riproduzione, il
controllo del volume oltre a varie modalità di visualizzazione delle annotazioni.
Protocollo di analisi
Prima di poter procedere all'annotazione vera e propria è stato necessario costruire un
protocollo di analisi specifico per il tema di ricerca prescelto: infatti, non esiste un unico
protocollo da manuale che possa essere valido per qualsiasi tipo di studio. Per il presente
lavoro è stato studiato un protocollo di ricerca da parte della sottoscritta, segnante udente
non-nativa, e del prof. Geraci, segnante udente nativo esperto di linguistica e di ELAN. Tale
supervisione si è resa indispensabile poiché ha permesso di intervenire in caso di lacune o
controversie di vario genere. Il protocollo elaborato contempla sia la variabile dipendente sia
una serie di variabili indipendenti che possono esercitare una qualche influenza sul
74
Figura 1-3: Segnante TO M 1
fenomeno preso in esame (cfr. par. 3.2.3). Inoltre viene stabilito a priori se è necessario o
meno escludere alcuni dati dall'analisi.
Variabile dipendente
• La posizione dell'aggettivo rispetto al nome : aggettivo prenominale (schema: AN),
aggettivo postnominale (schema: NA), aggettivo reduplicato (schema: ANA), nome
reduplicato (schema: NAN).
Variabili indipendenti linguistiche
• La distanza tra il nome e l'aggettivo : nome e aggettivo adiacenti, nome e aggettivo
divisi da un segno interposto, nome e aggettivo divisi da due o più segni interposti.
Si tratta di un parametro di tipo lineare che si limita a quantificare i segni prodotti tra le
due classi grammaticali prese in esame.
• Il valore predicativo dell'aggettivo : aggettivo predicativo, aggettivo non predicativo.
A differenza del punto precedente, tale parametro fornisce un'informazione strutturale in
quanto determina se l'aggettivo è inserito in una struttura copulativa (funzione predicativa)
oppure se lo stesso si trova all'interno del sintagma nominale (funzione attributiva o non
predicativa).
• Il tipo di frase : frase principale, frase subordinata, frase completiva.
L'informazione relativa alla tipologia frasale può essere d'aiuto per capire meglio il più
ampio contesto linguistico che comprende l'aggettivo.
• Il numero di aggettivi presenti all'interno del sintagma : un solo aggettivo, due o più
aggettivi.
La variabile che riguarda il numero di aggettivi nello stesso sintagma potrebbe rivelare
differenze di tipo linguistico. Inoltre, nel caso di aggettivi multipli, è possibile ricavare
informazioni sull'ordine interno degli aggettivi non predicativi.
75
• La classe semantica dell'aggettivo : qualità, numero, possesso, misura, forma, colore,
nazionalità, materia.
Questo dato consente di verificare la distribuzione di aggettivi appartenenti a classi
semantiche diverse e conseguentemente di notare analogie e differenze.
• Il grado dell'aggettivo : grado positivo, grado comparativo, grado superlativo.
Anche la gradazione secondo la misura o l'intensità della qualità posseduta potrebbe
risultare rilevante nell'analisi della posizione dell'aggettivo.
Il template
I punti stilati secondo una prospettiva teorico-progettuale sono stati successivamente
trasformati in un template, ovvero una sorta di modello che funga da base comune per tutti i
file di annotazione. Il template, costruito in un linguaggio riconosciuto da ELAN, è un file
con estensione .etf.
Al suo interno sono compresi i seguenti elementi:
• “lynguistic types”, ovvero le impostazioni (proprietà e vincoli) relative ai vari
livelli di annotazione.
• “controlled vocabulary”, ovvero uno specifico inventario di annotazioni. Qualora
76
Figura 2-3: A sinistra l'aggettivo GRANDE (grado positivo), a destra l'aggettivo GRANDISSIMO (grado superlativo).
L’immagine è tratta dal sito internet: http://www.grandionline.net/nicola/linguistica_generale/28ott_2nov.pdf
venga impiegato un numero limitato di valori da immettere è conveniente inserire
nel vocabolario controllato questi stessi valori in modo sistematico e predefinito.
Una volta impostato tale inventario le opzioni possibili compaiono all'interno di
una tendina a scorrimento agevolando così le operazioni di annotazione.
• “tiers”, ovvero i livelli di annotazione, i quali possono essere sia del tutto
indipendenti che dipendenti da altri livelli.
Le fasi del lavoro di annotazione
La raccolta di dati multimediali utili per il corpus e la creazione del template hanno
gettato le basi per il lavoro con ELAN. Per ciascun segnante è stato deciso di individuare i
primi dieci aggettivi prodotti e di codificare le corrispondenti informazioni linguistiche.
Questo numero stabilito ha permesso di lavorare su un corpus sufficientemente ampio
rispettando così il criterio di frequenza (Tagliamonte, 2006): infatti, soltanto per due segnanti
sono stati individuati meno di dieci aggettivi lungo tutta la durata dell'intervista personale.
L'intero lavoro di annotazione ha seguito fasi omogenee:
1. Timeline: identificazione dei primi dieci aggettivi prodotti da ciascun segnante.
Grazie agli strumenti offerti dal programma, nella barra temporale, è stato segmentato lo
spazio compreso tra l’aggettivo e il relativo nome. Nel caso di aggettivi con nomi sottintesi, i
segni sono stati comunque identificati, segmentati e glossati; tuttavia non sono stati presi in
considerazione nel conteggio dei dieci aggettivi per segnante.
2. Livello Partecipant: trascrizione corrispondente all’aggettivo, al nome ed
eventualmente ai segni interposti.
3. Livello Glossa: segmentazione e trascrizione del solo aggettivo.
4. Livelli sottostanti dipendenti: analisi più fine delle informazioni linguistiche relative
all'aggettivo, che include sia la variabile dipendente (la posizione dell’aggettivo nei
confronti del nome) sia le variabili indipendenti, alcune delle quali di tipo macrostrutturale
(il numero di segni compresi tra l’aggettivo e il nome, il valore predicativo o non
predicativo, il tipo di frase e il numero di aggettivi), altre di tipo microstrutturali (la classe
semantica e il grado dell’aggettivo).
77
Per una maggiore chiarezza espositiva si presenta di seguito la tabella che riassume
l'organizzazione gerarchica dei livelli di annotazione multipli utilizzati nel presente studio.
La trascrizione
Durante il lavoro di annotazione si è reso indispensabile lasciare tracce scritte che
potessero rimandare rapidamente ai corrispettivi segni. Tale operazione, denominata
“trascrizione”, determina una serie di implicazioni teoriche e pratiche, che conviene
considerare prima di procedere oltre.
Nello specifico, trascrivere segnali linguistici significa fornire una rappresentazione scritta
che sia sufficientemente descrittiva e quanto più fedele possibile rispetto all'input di partenza
(Mantovan, Celo, 2007). Non esiste un sistema di trascrizione che sia a priori classificabile
come il sistema migliore e che possa essere adottato all’unanimità dall’intera comunità
scientifica. Infatti, ogni ricerca è definita all'interno di determinati parametri e persegue
specifici obiettivi: pertanto, a seconda dell’oggetto di studio (aspetti fonologici, morfologici,
sintattici, testuali, pragmatici, ecc.), i linguisti potranno esprimere la loro preferenza per
alcuni piuttosto che per altri metodi di trascrizione. In Tagliamonte (2006) si pongono in
evidenza i due fini verso cui ciascun sistema di trascrizione dovrebbe tendere: da una parte
fornire un numero di informazione sufficientemente dettagliate per poter condurre
efficacemente l’indagine, dall’altra offrire un alto grado di accessibilità sia a chi trascrive sia a
chi legge.
Il presente lavoro, mirando alla disanima di un fenomeno prettamente sintattico, non ha
78
Figura 3-3: Gerarchia dei livelli utilizzati per l'annotazione
necessitato di trascrizioni particolareggiate dal punto di vista fonologico. Il metodo prescelto
è quello delle glosse e consiste nell’associare ad ogni segno prodotto una parola scritta di una
lingua vocale. In questo caso l’annotazione non ha lo scopo di far risalire alla corretta
esecuzione dei segni in questione, anche perché la glossa è sempre correlata alla porzione di
filmato che comprende il segno glossato.
Per convenzione sono state adottate glosse semanticamente neutre, ovvero declinate al
maschile singolare nel caso di nomi e aggettivi e coniugate all’infinito nel caso dei verbi. Nel
caso specifico degli aggettivi, l’adozione di forme neutre ha agevolato l’analisi sulla
frequenza delle singole entrate lessicali poiché ha interdetto qualsiasi influenza da parte
della morfologia flessiva dell’italiano. Al fine di far risaltare gli aggettivi sulle altre categorie
grammaticali è stato scelto di glossarli con caratteri maiuscoli.
79
Figura 4-3: Segnante FI G 2
Glosse: DIFFICOLTÀ QUI MOLTO (= Le difficoltà qui sono molte)
In breve si elencano di seguito le altre convenzioni grafiche adottate:
- le parentesi tonde indicano nomi sottintesi (es. PRIMA (volta));
- il trattino serve a segnalare che la trascrizione in italiano comprende due distinte
parole mentre il corrispondente segno in LIS è uno singolo (es. SEMPRE-UGUALE).
Un altro utilizzo del trattino suggerisce la presenza di un classificatore (es. CL-
FORMA);
- il simbolo IX rappresenta un indicale con funzione di pronome personale (IX_1
corrisponde alla prima persona, IX_2 alla seconda e così via);
- il punto interrogativo segnala un segno non identificato (?).
Inoltre, non sono stati adottati segni di interpunzione in quanto né la prosodia frasale né
tantomeno la distribuzione delle pause sono state ritenute rilevanti ai fini dell’indagine.
L'esclusione di dati
Nelle sezioni precedenti sono state illustrate le fasi che hanno portato all'analisi sistematica
delle diverse forme che possono dare origine a variazione sociolinguistica. Ciononostante
non sempre tutto il materiale identificato può essere esaminato ed analizzato. Un altro
compito dell'annotatore consiste nell'estromettere dall’indagine quei particolari contesti che
possono compromettere l'individuazione della variabile in esame (Tagliamonte, 2006).
I contesti che non hanno permesso di individuare informazioni utili o univoche sono
elencati ed esemplificati nell'elenco qui sotto riportato; inoltre, vengono offerte delucidazioni
in merito alle motivazioni che hanno portato alla loro esclusione.
1. Esclusione di elementi D-like. Gli aggettivi dimostrativi, a causa della loro possibile
omofonia con altre categorie grammaticali, quali pronomi personali e avverbi locativi,
avrebbero potuto rendere l’investigazione più complicata (es. bambino
QUELLO/lì/lui). Anche gli aggettivi interrogativi sono stati esclusi in quanto
coinvolgono strutture interrogative particolari che potrebbero incidere in modo
determinante sull'ordine dei segni (es. lavoro QUALE).
80
2. Esclusione di aggettivi ripetuti in successione (es. IX1 PRECISO PRECISO PRECISO):
in questi casi l'aggettivo considerato è sempre stato il primo della serie. L'inclusione
delle forme ripetute avrebbe potuto compromettere l'analisi sulla frequenza.
3. Esclusione delle esitazioni e delle riformulazioni (es. FI M 6:
TREDICI/QUATTORDICI anno). L'elemento considerato è sempre stato il primo
prodotto.
A parte sono stati considerati gli aggettivi con nome sottinteso (es. PRIMO (volta)). In
questi casi non c'è stata un'esclusione a priori: i segni sono stati comunque annotati in ELAN
con l'obiettivo di individuare aspetti relativi alla frequenza delle entrate lessicali. Tuttavia,
poiché dagli aggettivi con nome sottinteso non è possibile ottenere informazioni sulla
posizione dell'aggettivo nei confronti del nome, l'annotazione non è stata considerata ai fini
dell'analisi statistica successiva (cfr. par. 3.4.5).
3.4.3 L'indice dei dati: Excel
Quando i dati vengono analizzati e codificati si ottiene un corpus annotato il quale
presenta il vantaggio di essere accessibile a vari software informatici (Tagliamonte, 2006).
Prima di intraprendere l'analisi quantitativa si è ritenuto opportuno registrare in una lista
le glosse di tutti gli aggettivi individuati, sia quelli associati a nomi realizzati sia associati a
nomi sottintesi. Per creare il cosiddetto indice, tutti i dati annotati nel livello Glossa in ELAN
sono stati esportati in file txt e questi, a loro volta, sono stati trasferiti in file Excel. Questo
programma ha reso possibile registrare le occorrenze degli aggettivi prodotti dai segnanti
intervistati e osservare la frequenza d’uso di ogni singolo elemento. Secondo Tagliamonte
(2006), l'incremento o il decremento dei valori relativi alla frequenza possono essere
indicativi rispetto a cambiamenti linguistici.
La frequenza
Nella tabella sottostante sono riportati i 24 aggettivi annotati con maggiore frequenza.
Accanto a ciascuna entrata lessicale compaiono le rispettive occorrenze, espresse con il
rispettivo dato numerico assoluto (N) e percentuale (%).
81
Tot. Agg. = 715 N %
SORDO 63 8.81
MIO 63 8.81
UNO 38 5.31
PICCOLO 23 3.22
DUE 18 2.52
BELLO 18 2.52
PRIMO 16 2.24
CINQUE 15 2.10
UDENTE 13 1.82
NORMALE 12 1.68
TRE 10 1.40
DIVERSO 10 1.40
CONTENTO 10 1.40
SEI 9 1.26
UGUALE 8 1.12
IMPOSSIBILE 8 1.12
BUONO 8 1.12
SUO 7 0.98
SOLO 7 0.98
QUATTRO 6 0.84
GIOVANE 6 0.84
FORTE 6 0.84
82
ELEMENTARE 6 0.84
BRAVO 6 0.84
Tabella 9-3: La frequenza delle entrate lessicali degli aggettivi in LIS
Volendo mettere per un attimo da parte gli aggettivi di tipo numerale e possessivo, dalla
tabella si evince che l'aggettivo maggiormente prodotto dai partecipanti è SORDO (63
occorrenze). Tale dato è probabilmente dovuto al tipo di popolazione intervistata e al tipo di
compito assegnato: infatti, dovendo raccontare qualcosa di sé e del proprio vissuto, molti
hanno detto di essere sordi, di avere la famiglia sorda, di frequentare amici sordi e così via.
Anche per PICCOLO (23 occorrenze) si potrebbe pensare ad un'interpretazione simile dato
che molti nel loro racconto hanno fatto riferimento ai tempi dell'infanzia. Neppure per
quanto riguarda BELLO l'alto numero di occorrenze (18) non appare sorprendente in quanto
questo risulta essere l'aggettivo qualificativo più frequente anche all'interno della
popolazione di madrelingua italiana (cfr. corpus LIP15).
Tot. Agg. = 34646 N %
BELLO 519 1.5
GRANDE 429 1.2
VERO 322 0.9
CERTO 321 0.9
BUONO 302 0.9
Tabella 10-3: La frequenza delle entrate lessicali degli aggettivi in italiano
15 Il corpus LIP (Lessico di frequenza dell'Italiano Parlato) è nato grazie al supporto della Fondazione IBM Italia con l'obiettivo di costruire un corpus di dati autentici relativi all'italiano parlato contemporaneo. La ricerca è stata coordinata dal linguista Tullio de Mauro ed è stata realizzata grazie all'OLCI (Osservatorio Linguistico e Culturale Italiano) presso il Dipartimento di Scienze del Linguaggio dell'Università di Roma “La Sapienza”. La costruzione del corpus, comprendente 469 testi diversi, ha richiesto poco più di un anno e mezzo (dal novembre 1990 al luglio 1992). Complessivamente le parole raccolte in 60 ore di registrazione audio sono circa 490.000.
83
Ritornando ad osservare la tabella sulla frequenza lessicale ottenuta per la LIS, un altro
dato che vale la pena commentare è quello relativo alle occorrenze di UNO. Appare evidente
che questo si collochi nella prima posizione nella virtuale classifica degli aggettivi numerali.
Ovvero, mentre DUE, TRE, QUATTRO, CINQUE e SEI si attestano tra le 6 e le 18 occorrenze,
l'aggettivo UNO ricorre ben 38 volte. Per approfondire ulteriormente tale fenomeno, grazie
alle opzioni di ricerca offerte da ELAN, è stato interessante incrociare i dati di frequenza dei
primi sei numerali cardinali con i gruppi provenienti dalle tre città e con i gruppi di età.
Giovani
(Tot. Agg. = 192)
Medi
(Tot. Agg. = 250)
Anziani
(Tot. Agg. = 273)
N % N % N %
UNO 6 3.1 11 4.4 21 7.7
DUE 6 3.1 4 1.6 9 3.3
TRE 3 1.6 2 0.8 5 1.8
QUATTRO 1 0.5 4 1.6 2 0.7
CINQUE 8 4.2 2 0.8 5 1.8
SEI 2 1.0 3 1.2 4 1.5
Media da 2 a 6 4 2.1 3 1.2 5 1.8
Tot. numeri da 1 a 6 26 13.5 26 10.4 46 16.8
Tabella 11-3: La variabile diacronica per i primi sei aggettivi numerali
84
Torino
(Tot. Agg. = 242)
Firenze
(Tot. Agg. = 228)
Salerno
(Tot. Agg. = 245)
N % N % N %
UNO 13 5.4 20 8.8 5 2.0
DUE 8 3.3 5 2.2 5 2.0
TRE 8 3.3 0 0 2 0.8
QUATTRO 2 0.8 4 1.7 0 0
CINQUE 9 3.7 3 1.3 3 1.2
SEI 2 0.8 7 3.1 0 0
Media da 2 a 6 5.8 2.4 3.8 1.7 2 0.8
Tot. numeri da 1 a 6 42 17.4 39 17.1 15 6.1
Tabella 12-3: La variabile diatopica per i primi sei aggettivi numerali
Dalle tabelle appena riportate, si evince che i segni relativi ai numeri cardinali dal due al
sei seguono un andamento piuttosto omogeneo. In questi casi, infatti, non si segnala né
variazione diacronica né variazione diatopica.
Interessante risulta invece la contrapposizione che emerge tra questo gruppo di numerali
ed il segno UNO. Per quest'ultimo l'analisi statistica ha rivelato la presenza di un pattern di
variazione diacronica e diatopica sufficientemente forte da risultare significativo. Infatti,
confrontando i tre gruppi di età, si osserva che nel dominio degli anziani UNO viene
utilizzato in misura maggiore (7.7% di occorrenze rispetto al 4.4% e al 3.1% di medi e
giovani). Dalla comparazione dei dati raccolti nelle tre città, spiccano i risultati di Firenze:
qui, UNO viene prodotto nell'8.8% dei casi (a differenza del 5.4% e del 2.0% di Torino e
Salerno).
La variazione in senso diacronico che è appena stata presentata supporta un'ipotesi di
progressivo cambiamento linguistico. L'evoluzione sembra spingere sempre più verso
l'abbandono di un utilizzo specifico del segno UNO: probabilmente ciò che si sta perdendo è
85
la produzione dell'articolo indeterminativo, possibile influenza dell'italiano, lingua con la
quale tutti i sordi entrano in contatto seppur a diversi livelli. L'utilizzo che d'altra parte
potrebbe essere mantenuto anche nelle fasce più giovani della popolazione è quello di UNO
in qualità di puro aggettivo numerale.
Per quanto riguarda la variazione diatopica vale la pena evidenziare i dati dei segnanti
fiorentini, contrapposti a quelli di torinesi e salernitani. Partendo dall'ipotesi presentata
poc'anzi circa le tre fasce d'età, si potrebbe ipotizzare che l'innovazione linguistica relativa al
progressivo abbandono dell'articolo indeterminativo abbia riscosso maggiore diffusione nelle
aree più periferiche del Paese. Un più alto grado di conservatorismo linguistico sarebbe,
invece, da attribuire a Firenze e probabilmente ad altre zone dell'Italia centrale.
3.4.4 La distribuzione dei dati
Alla costruzione del corpus di dati utilizzati per il presente studio hanno contribuito 49
sordi, scelti in modo tale da presentare un quadro più eterogeneo possibile della comunità
Sorda italiana.
A conferma di quanto appena affermato si presentano i dati relativi alla provenienza
geografica, all'età e al genere dei partecipanti.
Provenienza
geografica
Torino Firenze Salerno
N % N % N %
16 32.6% 17 34.7% 16 32.6%
Età
Giovani Medi Anziani
N % N % N %
14 28.6 17 34.7 18 36.7
Genere
Femminile Maschile
N % N %
26 53.0 23 46.9
Tabella 13-3: La distribuzione dei dati secondo provenienza geografica, età e genere dei partecipanti
86
Sulla base del corpus di dati a disposizione, il lavoro di annotazione svolto con ELAN ha
permesso di individuare un totale di 715 aggettivi.
Per le motivazioni espresse nel paragrafo 3.4.2, si è rivelato necessario non considerare gli
aggettivi per i quali non fosse rintracciabile il nome correlato. Inoltre, in qualche file di
annotazione, il limite di dieci aggettivi per segnante è stato superato di una o due unità: in
questi pochi casi i dati in eccesso sono stati eliminati. In seguito a quest'operazione di
scrematura, il numero complessivo di aggettivi utilizzati per operare l'analisi quantitativa è
risultato 483.
Poiché l'interesse principale nel presente studio è quello di analizzare la distribuzione
degli aggettivi, per ciascuno di essi è fondamentale individuarne innanzitutto il valore
rispetto alla variabile linguistica dipendente. In altre parole, il primo dato da studiare con
attenzione risulta la posizione dell'aggettivo nei confronti del nome.
Tot. Agg. = 483 N %
Aggettivi postnominali N A 357 73.9
Aggettivi prenominali A N 109 22.6
Aggettivo reduplicato A N A 9 1.9
Nome reduplicato N A N 8 1.7
Tabella 14-3: La distribuzione degli aggettivi
A prima vista, il dato di spicco è quello relativo agli aggettivi postnominali che ottengono
la maggioranza assoluta. Un numero inferiore, seppur considerevole, è quello raggiunto
dagli aggettivi che precedono il nome. Infine, a livelli tutt'altro che rilevanti si attestano gli
aggettivi reduplicati e quelli che si relazionano ad un nome reduplicato. Si anticipa qui che
questi ultimi due dati non risultano utilizzabili in un'analisi quantitativa più fine.
87
3.4.5 L'analisi quantitativa dei dati: VARBRUL
Il software
In un ulteriore file Excel sono stati riportati i 483 aggettivi ritenuti validi ai fini dell'analisi
quantitativa. Per completare il quadro complessivo, oltre alle informazioni linguistiche
relative a ciascun aggettivo, nella tabella sono stati inseriti anche i valori legati alle variabili
extralinguistiche.
I dati così raccolti nella tabella Excel costituiscono la base per uno studio di tipo
quantitativo, che persegue l'obiettivo di segnalare relazioni statistiche tra fenomeni
misurabili. Il programma in grado di compiere quest'operazione è VARBRUL (VARiaBle
RULle program). Occorre subito precisare che questo software di analisi statistica non va
oltre la manipolazione matematica dei dati. Quando ci si riferisce a VARBRUL, pertanto,
bisogna pensare ad uno strumento che si limita a calcolare: in altre parole, fornisce risultati
numerici ma non li accompagna ad interpretazioni teoriche perché di questo si occupano
successivamente i sociolinguisti (Tagliamonte, 2006). Il programma fu progettato dal
matematico canadese David Sankoff nel 1975 e fu rivisto da collaboratori quali Don Hindle,
Susan Pintzuk e Pascale Rousseau. Attualmente è scaricabile gratuitamente al seguente
indirizzo internet: http://individual.utoronto.ca/tagliamonte/Goldvarb/GV_index.htm.
La principale utilità di VARBRUL consiste nel fatto che permette di individuare i fattori
linguistici e sociali responsabili di una variazione sociolinguistica. Inoltre, associa a ciascuna
variabile risultata significativa un determinato indice di probabilità, il cosiddetto factor
weight. Grazie a questo dato è possibile stilare una graduatoria di fattori che consente di
capire meglio cosa sia veramente influente in termini di variazione linguistica. All'atto
pratico, il factor weight è un valore numerico compreso tra 0 e 1: quanto più il numero che si
ottiene è vicino a 1 tanto maggiore è la probabilità che il fenomeno in esame si verifichi,
quanto più il numero si avvicina allo 0 tanto minore è la probabilità che il fenomeno si
verifichi. Qualora il valore ottenuto si attestasse attorno allo 0,5 l'influenza del fattore
esaminato sarebbe neutrale e quindi non significativa.
88
Prima analisi con VARBRUL
Rimozione dei fattori “Nome reduplicato” e “Aggettivo reduplicato”
Qualora la presenza di un fattore non sia stata registrata all'interno del corpus, allora il
fattore stesso viene automaticamente scartato dal programma di calcolo statistico il quale
non considera i valori nulli. È questo il caso della classe semantica corrispondente alla
materia: non avendo annotato alcuna occorrenza il fattore non è rientrato nelle varie fasi
dello studio quantitativo.
Ad un primo stadio dell'analisi eseguita grazie al software VARBRUL è stata incrociata la
variabile dipendente con ciascuna delle variabili indipendenti, sia linguistiche sia
extralinguistiche. Ciò che si è notato sin da un'osservazione superficiale dei dati complessivi
(cfr. par. 3.4.4) è che i valori corrispondenti alla reduplicazione del nome e dell'aggettivo
(rispettivamente 8 e 9 occorrenze) risultano marginali e pertanto statisticamente non
significativi. Come è già stato anticipato in precedenza, si è reso necessario escludere
dall'analisi quantitativa entrambi i fattori. A seguito di questa operazione i fattori disponibili
per la variabile dipendente si sono ridotti così a due: la posizione preverbale e quella
postverbale. Pertanto, l'eliminazione dei 17 casi di reduplicazione ha fatto scendere il numero
complessivo di aggettivi da 483 a 466.
Tot. Agg. = 466 N %
Aggettivi postnominali N A 357 76.6
Aggettivi prenominali A N 109 23.4
Tabella 15-3: La distribuzione degli aggettivi dopo l'esclusione dei casi di reduplicazione
Rimozione dei fattori “Colore” e “Forma”
In questo stadio dell'analisi occorre circoscrivere il più possibile il campo d’indagine
eliminando quelle produzioni in cui la variazione linguistica non sembra essere un’opzione
disponibile. Per questo motivo è stata effettuata un'altra rimozione di dati: nello specifico
sono state escluse dall'analisi le classi semantiche corrispondenti al colore e alla forma.
Quest'operazione è dovuta al fatto che entrambe esercitano un’influenza categoriale sulla
89
variazione della variabile dipendente. Infatti, come si può vedere nella tabella sottostante,
dopo aver rimosso i valori relativi alla reduplicazione del nome e dell'aggettivo, il colore e la
forma sono risultati sempre associati alla posizione postnominale (100.0%). Tale contesto
particolare si definisce categoriale in quanto non offre opzioni di scelta.
Posizione dell'aggettivo rispetto al nome
Tot. Agg. = 466 A N N A Totale
Classe semantica
dell'aggettivo
A di qualità24
9.0%
242
91.0%
266 (57.1%)
A numerali62
67.4%
30
32.6%
92 (19.7%)
A possessivi19
28.8%
47
71.2%
66 (14.2%)
A di misura2
6.7%
28
93.3%
30 (6.4%)
A di colore0
0.0%
4
100.0%
4 (0.9%)
A di forma0
0.0%
4
100.0%
4 (0.9%)
A di nazionalità
2
50.0%
2
50.0%
4 (0.9%)
Tabella 16-3: Tabella incrociata posizione del nome/classe semantica
Si presentano brevemente alcuni suggerimenti per una lettura agevole delle tabelle
incrociate: i dati relativi alla variabile dipendente sono collocati sempre in alto, i
dati relativi alla variabile indipendente compaiono sulla sinistra, i dati incrociati
risultanti dall'interazione delle due variabili sono osservabili nel mezzo.
90
In questa fase dell'analisi, a seguito dell'esclusione dei due fattori, il numero complessivo
di aggettivi calcolati dal software è ulteriormente sceso, da 466 a 458.
Seconda analisi con VARBRUL
Fattori significativi
Una volta esclusi i dati non interessanti ai fini del calcolo statistico (i due casi di
reduplicazione, il colore e la forma) il software si è soffermato sull'interazione determinata
dall'incrocio tra variabile dipendente e variabili indipendenti.
Il programma ha soppesato l'influenza di ogni singolo fattore e ha stabilito che non tutte
le quattordici variabili indipendenti (sei linguistiche ed otto extralinguistiche) sono
statisticamente significative. È emerso, infatti, che ad esercitare una certa influenza nei
confronti della posizione degli aggettivi intervengono complessivamente tre variabili, due di
tipo linguistico ed una di tipo extralinguistico:
1) La classe semantica dell'aggettivo
2) Il valore predicativo dell'aggettivo
3) L'esposizione a registri linguistici alti
Tabella 17-3: I fattori linguistici ed extralinguistici risultati significativi in base all'analisi condotta da
VARBRUL
Secondo quanto appena affermato, ognuna delle tre variabili appena evidenziate incide
sulla posizione dell'aggettivo nei confronti del nome. Per osservare come ciò avvenga è
necessario, attraverso tre tabelle, incrociare i valori di ciascuna variabile indipendente con i
valori della variabile dipendente presa in esame.
91
Posizione dell'aggettivo rispetto al nome
Tot. Agg. = 458 A N N A Totale
Classe semantica
dell'aggettivo
A di qualità24
9.0%
242
91.0%266 (58.1%)
A numerali62
67.4%
30
32.6%92 (20.1%)
A possessivi19
28.8%
47
71.2%66 (14.4%)
A di misura2
6.7%
28
93.3%30 (6.6%)
A di nazionalità
2
50.0%
2
50.0%4 (0.9%)
Tabella 18-3: Tabella incrociata posizione del nome/classe semantica dopo l'eliminazione dei dati
categoriali
La tabella incrociata (17-3) dimostra che anche la classe semantica dell'aggettivo influisce
sulla posizione dello stesso. In precedenza si è sostenuto che gli aggettivi si trovano sempre
dopo il nome qualora la loro classe semantica sia forma o colore; in quanto contesti
categoriali, tali dati non presenziano a questo livello di indagine. Nel caso di misura e
qualità, gli aggettivi si trovano quasi sempre in posizione postnominale (rispettivamente con
il 93.3% e il 91.0% di occorrenze). Per quanto riguarda gli aggettivi prenominali se ne segnala
un numero cospicuo nella classe dei possessivi, sebbene il valore si attesti comunque al di
sotto della media (28.8%). Un risultato in direzione opposta rispetto ai precedenti è quello
relativo agli aggettivi numerali che, nel 67.4% dei casi, sembrano privilegiare la posizione
prenominale e non quella postnominale.
92
Posizione dell'aggettivo rispetto al nome
Tot. Agg. = 466 A N N A Totale
Valore predicativo
dell'aggettivo
Aggettivo predicativo
10
4.8%
198
95.2%208 (44.6%)
Aggettivo non
predicativo
99
38.4%
159
61.6%258 (55.4%)
Tabella 19-3: Tabella incrociata posizione del nome/valore predicativo
Come era prevedibile supporre, la tabella che incrocia la variabile dipendente con il valore
predicativo o non predicativo (18-3) mostra un maggiore utilizzo degli aggettivi prenominali
a scapito di quelli postnominali. Ciononostante che l'aggettivo in questione sia predicativo o
non predicativo determina un diverso comportamento linguistico nei segnanti intervistati.
Nello specifico, gli aggettivi prenominali se non predicativi raggiungono il 38.4% di
occorrenze, se predicativi contano solo 10 casi nell'intero corpus (4.8%). Questi ultimi
saranno esaminati a parte nel par. 3.4.6.
Posizione dell'aggettivo rispetto al nome
Tot. Agg. = 466 A N N A Totale
Esposizione ai registri
alti
Altamente esposto
25
21.9%
89
78.1%114 (24.5%)
Mediamente esposto
52
21.4%
191
78.6%243 (52.1%)
Non esposto32
29.4%
77
70.6%109 (23.4%)
Tabella 20-3: Tabella incrociata posizione del nome/esposizione ai registri alti della lingua
93
La terza ed ultima tabella incrociata dimostra che chi è stato altamente o mediamente
esposto a registri alti e formali ha un comportamento linguistico simile. Da questi si
discostano leggermente i segnanti che hanno avuto rare occasioni per entrare in contatto con
la LIS degli interpreti televisivi o dei rappresentanti dell'ENS: rispetto ai primi due gruppi,
tali soggetti risultano fare un maggior uso di aggettivi in posizione prenominale (29.4%
rispetto a 21.9% e 21.4% delle altre due categorie).
Terza analisi con VARBRUL
In quest'ultimo stadio dell'analisi quantitativa si è voluto verificare quando esattamente
l'aggettivo si colloca in posizione prenominale. Pertanto il software ha contrapposto i casi in
cui la variabile dipendente assume il valore corrispondente alla posizione prenominale e i
casi in cui ciò non accade.
Per ragioni statistiche e linguistiche il modello di riferimento è stato sottoposto ad alcune
semplificazioni.
1. Nel gruppo riguardante la classe semantica aggettivale è stato eliminato il fattore
della nazionalità in quanto i dati raccolti sono troppo esigui per poter costituire
significative prove linguistiche. Inoltre, i valori della qualità, della misura e dei
possessivi sono stati accorpati per poter essere contrastati ai valori dei numerali
(gli unici ad andare in direzione opposta come osservato poc'anzi).
2. Nel gruppo della variabile extralinguistica relativa all'esposizione ai registri alti
della lingua sono stati accorpati i valori dei segnanti mediamente esposti e quelli
dei segnanti altamente esposti. Questi sono stati poi contrapposti ai risultati
numerici ottenuti con i segnanti non esposti a registri alti.
Dal modello statistico così ricavato VARBRUL ha permesso di risalire ai factor weight,
ovvero agli indici che stabiliscono in che misura ciascun fattore o gruppo di fattori incide
sulla posizione prenominale dell'aggettivo.
94
Classe semantica Factor weight
Agg. numerale 0.844
Agg. non numerale 0.394
Valore predicativo Factor weight
Agg. predicativo 0.273
Agg. non predicativo 0.687
Esposizione a registri alti Factor weight
Altamente e mediamente esposti
0.463
Non esposti 0.618
I valori di solidità del modello di regressione preso in considerazione sono i seguenti:
Total Chi-square = 2.1558
Chi-square/cell = 0.2156
Log likelihood = -182.471
3.4.6 Considerazioni sui risultati
Nella sezione precedente sono state presentate le tre variabili che sono risultate
significative nel calcolo statistico eseguito con il software VARBRUL. Grazie all'ultimo stadio
dell'analisi, che ha posto l'accento su sei diversi factor weight (FW), è possibile valutare con
esattezza quanto ciascun fattore o gruppo di fattori rende probabile la collocazione
dell'aggettivo prima del nome.
95
Numerale e non numerale
Ciò che favorisce maggiormente la posizione prenominale è la classe
semantica numerale (FW: 0.844). Il fatto che l'aggettivo non sia numerale, d'altro
canto, non favorisce una sua collocazione prima il nome (FW: 0.394). Questo
dato verrà ripreso nel capitolo successivo per essere confrontato con le
considerazioni operate in ottica cartografica. L'interazione tra i due approcci
potrebbe proiettare nuova luce sulle nozioni relative all'ordine degli elementi
all'interno del DP in LIS.
Predicativo e non predicativo
Il factor weight più vicino allo zero è quello associato al valore predicativo
(FW: 0.273): se l'aggettivo svolge questa funzione grammaticale, pertanto, avrà
scarse probabilità di essere prenominale. D'altra parte, il fattore opposto, quello
non predicativo (FW: 0.687), favorisce la posizione dell'aggettivo prima del
nome. Il divario espresso tra i due risultati numerici ottenuti ha spinto ad
indagare ulteriormente i casi particolari di aggettivi prenominali con valore
predicativo. Si ricorda, così come riportato dalla tabella (18), che le occorrenze
segnalate a tal proposito sono di numero limitato: 10 elementi prenominali,
corrispondenti al 4.8% di tutti gli aggettivi predicativi rinvenuti. Recuperando le
produzioni originali è stato facile osservare come questi aggettivi siano sempre
accompagnati da nomi un po' speciali: si tratta di indicali singoli o di indicali
accompagnati da nomi. Un approfondimento nel prossimo capitolo entrerà nello
specifico di questi particolari contesti linguistici nel tentativo di chiarire il ruolo
degli indicali rintracciati e degli aggettivi prenominali a loro legati (cfr. par.
4.3.2).
96
Essere o non essere esposti a registri alti
Infine, prendendo in considerazione la variabile indipendente extralinguistica
riguardante il registro, ci si accorge che tale fattore, sebbene risulti significativo,
esercita un'influenza leggera in entrambe le direzioni: i segnanti tendono ad
utilizzare un maggior numero di aggettivi prenominali se non sono esposti a
registri alti (FW: 0.618), probabilmente ne producono meno se tale esposizione si
verifica (FW: 0.463). Questa variazione di tipo diafasico, ovvero legata al
contesto situazionale, potrebbe indicare che la posizione postnominale
dell'aggettivo, a differenza di quella prenominale, è assunta come variante di
maggiore prestigio all'interno della comunità Sorda. Tale fenomeno sarebbe
incoraggiato sia dalle produzioni segniche dei rappresentanti dell'ENS sia da
quelle degli interpreti professionisti che lavorano in televisione e a stretto
contatto con i sordi durante la loro vita quotidiana.
Si presenta, infine, una gerarchia di incisività in modo da visualizzare con maggiore
chiarezza quali siano i fattori che esercitano una maggiore o minore influenza sulla posizione
prenominale dell'aggettivo.
Influenza positiva
sulla posizione preverbale
FW: 0.844 Essere numerale
FW: 0.687Essere non predicativo
FW: 0.618Non essere esposti a
registri alti
Influenza negativa
sulla posizione preverbale
FW: 0.463Essere mediamente o altamente esposti a
registri alti
FW: 0.394 Non essere numerale
FW: 0.273 Essere predicativo
Tabella 21-3: Gerarchia di incisività dei fattori risultati significativi
97
3.5 Conclusione
Il terzo capitolo ha introdotto i principi cardine della sociolinguistica, intesa come studio
delle interazioni tra lingua e società. Successivamente è stato illustrato lo scenario nazionale
ed internazionale relativo alle ricerche sociolinguistiche orientate verso lo studio delle lingue
dei segni e delle comunità di Sordi.
Sulla base di queste premesse è stato presentato il lavoro empirico da me condotto sotto la
supervisione del Prof. Geraci al fine di indagare la distribuzione degli aggettivi in LIS.
Potendo contare su un corpus di dati linguistici sufficientemente ampio è stata effettuata
un'analisi sistematica dei dati stessi attraverso l'ausilio di ELAN, applicazione informatica
specifica per l'annotazione in questo campo. Il calcolo statistico effettuato mediante
VARBRUL ha indicato che per il tema di studio la variazione è determinata dall'influenza di
tre specifici fattori: la classe semantica dell'aggettivo, il suo essere predicativo o meno ed
infine l'esposizione del segnante a registri alti della lingua. Infine, grazie allo studio sulla
frequenza delle entrate lessicali, è emerso un aspetto interessante relativo al numerale UNO
che, durante un processo di evoluzione linguistica, nel tempo potrebbe aver subito una
riorganizzazione categoriale.
Per un maggiore approfondimento sui risultati ottenuti si rimanda al capitolo successivo,
inteso come tentativo di ottenere una visione d'insieme tra le conclusioni tratte in ambito
cartografico e sociolinguistico.
98
C a p i t o l o 4
U N A V I S I O N E D ' I N S I E M EU N A V I S I O N E D ' I N S I E M E
4.1 Introduzione
Scopo di questo lavoro è indagare la distribuzione degli aggettivi. Inizialmente, al fine di
inquadrare meglio l'argomento preso in esame, sono state ritenute necessarie
un'introduzione su alcuni aspetti sintattici e una breve sintesi dei lavori già pubblicati sulla
linguistica della LIS. Successivamente, nei due capitoli centrali, è stato dedicato ampio spazio
alla presentazione dei due quadri teorici di riferimento, quello cartografico e quello
quantitativo. Per quanto riguarda quest'ultimo è stato presentato un lavoro empirico che ho
svolto attraverso l'analisi di un corpus di dati. Questa analisi ha portato al calcolo statistico di
regolarità di tipo linguistico.
In questo capitolo conclusivo si tenta di trarre una visione d'insieme sulla grammatica che
regola la distribuzione degli aggettivi. In particolare, il paragrafo 4.2 intende stabilire un filo
rosso che possa condurre ad aspetti convergenti rispetto ai due quadri teorici di riferimento.
Nel paragrafo 4.3 vengono discussi gli elementi di maggiore interesse emersi nei capitoli
precedenti e in base a questi vengono avanzate ipotesi per la teoria linguistica. Infine, il
paragrafo 4.4 presenta le questioni rimaste irrisolte o non approfondite dettagliatamente
aprendo così nuovi spiragli per la ricerca futura.
4.2 Confronto tra approccio cartografico e quantitativo
Nel campo della linguistica, così come in qualsiasi altro campo scientifico, convivono e
hanno possibilità di collaborare tra di loro esponenti provenienti da diverse scuole. Anche
all'interno di una stessa corrente di pensiero è possibile trovare punti di vista diversi: per
esempio, per riprendere quanto già esposto nelle pagine precedenti, si pensi a minimalisti e
cartografici nell'ambito della linguistica generativa e a correlativisti e funzionalisti
nell'ambito della sociolinguistica.
99
Il presente lavoro poggia sulla convinzione che integrare due diversi approcci teorici offre
la possibilità di cogliere le migliori intuizioni dell'uno e dell'altro e di farle fruttare al meglio.
Un altro vantaggio di prendere in considerazione due o più punti di vista consiste nel
cogliere i limiti e le criticità di uno per esplorarli sfruttando l'altro. Il quadro cartografico e
quello quantitativo, presentati rispettivamente nei paragrafi 2.2 e 3.2, contemplano assunti e
metodologie operative diverse. Ciononostante, nell'ambito di uno studio come questo,
focalizzato su un aspetto di natura sintattica, le due prospettive possono permettere di
accedere ad una visione più completa ed esaustiva: nello specifico, il fenomeno qui preso in
esame è stato indagato tenendo conto sia della complessità della struttura linguistica sia delle
possibili interazioni sociolinguistiche. Entrambi gli aspetti sono di grande rilevanza in
quanto il linguaggio umano da una parte è una facoltà specifica della specie umana,
biologicamente radicata e caratterizzata da peculiarità valide universalmente, dall'altra è una
componente rilevante del nostro vivere in società e come tale è influenzata dalle persone che
ne fanno uso.
A conclusione del percorso sin qui intrapreso è possibile affermare che il lavoro dei
cartografici e quello dei linguisti quantitativisti, pur presentando specificità attinenti a
ciascuno dei due ambiti, non sono né diametralmente opposti né incompatibili. Anzi, le due
linee di indagini condividono l'idea generale per cui le lingue non variano in modo
impredicibile. La variazione intralinguistica ed interlinguistica (all'interno della stessa lingua
e tra lingue diverse) non è casuale, è bensì soggetta a parametrizzazione e a precise
restrizioni, anche se non operano necessariamente in maniera categoriale.
4.3 Proposte per la teoria linguistica
Questo paragrafo intende porre in evidenza gli aspetti più rilevanti che sono emersi dallo
studio quantitativo sulla distribuzione degli aggettivi in LIS (cfr. par. 3.4). Le conclusioni più
rilevanti riguardano le variabili indipendenti di tipo extralinguistico e linguistico ed infine la
frequenza.
100
4.3.1 Le variabili indipendenti extralinguistiche
Un primo dato importante è quello relativo alle variabili indipendenti extralinguistiche.
Diversamente da quanto si poteva prevedere, i fattori sociali esercitano una scarsa influenza
contribuendo a classificare il fenomeno in termini prettamente linguistici. L'elenco
sottostante presenta i fattori extralinguistici che non sono risultati significativi alla luce
dell'analisi quantitativa.
• Il genere: non si registra alcuna differenza rilevante tra segnanti uomini e donne.
• L'età: i segnanti anziani, medi e giovani dimostrano un comportamento linguistico
simile in riferimento alla distribuzione degli aggettivi.
• La provenienza geografica: la variazione diatopica, molto studiata per quanto
riguarda il lessico della LIS, non è attestata in questo ambito sintattico.
• L'essere urbano: il fatto di abitare in un contesto urbano o extraurbano non comporta
scelte linguistiche differenti.
• La provenienza familiare: questo è un possibile indicatore del livello di competenza
linguistica in LIS. Secondo i risultati ottenuti, la distribuzione degli aggettivi non
registra particolari differenze tra il gruppo dei segnanti nativi e quello dei segnanti
non nativi.
• Il titolo di studio: segnanti con un basso, medio o alto livello di istruzione dimostrano
un comportamento linguistico simile in riferimento alla distribuzione degli aggettivi.
• La classe lavorativa: il riferimento all'occupazione dei segnanti non è influente.
L'unico fattore extralinguistico che VARBRUL ha indicato come significativo è quello
relativo all'esposizione ai registri alti. In particolare, chi segue regolarmente i telegiornali in
LIS e chi ha rivestito un certo incarico all'interno dell'ENS tende ad utilizzare aggettivi in
posizione prenominale con minore frequenza. Probabilmente tale risultato è indicativo del
fatto che la posizione postnominale dell'aggettivo sia assunta dalla comunità Sorda come
variante di maggiore prestigio. Occorre comunque precisare che l'incisività di questa
variabile è da considerarsi inferiore rispetto all'influenza esercitata da fattori di tipo
linguistico (cfr. par. 3.4.6).
101
4.3.2 Le variabili indipendenti linguistiche
Alcune riflessioni interessanti per la teoria possono essere ricavate incrociando le proposte
avanzate in ambito cartografico con i risultati dell’analisi quantitativa relativa alle variabili
indipendenti linguistiche. Per comodità si ripropone in (1) la mappa sintattica ottenuta alla
fine del percorso intrapreso nel secondo capitolo.
1) Nome > Aggettivo [ modificazione diretta
( nazionalità > colore > forma > dimensione > qualità)
> modificazione indiretta ] > Numerale > Dimostrativo
L’ordine lineare appena descritto, secondo l’approccio teorico proposto nel secondo
capitolo, è ricavabile grazie all’operazione del movimento sintattico con pied-piping. Infatti,
così come indicato dalle frecce in (2), il sintagma nominale sale lungo la dorsale del DP
mediante roll-up movement.
102
2)
103
In primo luogo, un’importante indicazione fornita da VARBRUL è quella relativa al fattore
della classe semantica la quale, secondo i risultati, esercita una certa influenza sulla posizione
dell’aggettivo rispetto al nome. Dal quadro ottenuto grazie all'analisi quantitativa (cfr. par.
3.4.5) spicca il caso di due classi semantiche categoriali, che offrono cioè una sola opzione in
termini di realizzazione linguistica. Si tratta degli aggettivi di colore e forma, i quali
all’interno del corpus a disposizione sono sempre stati rintracciati in posizione postnominale
(100%). Questo dato induce ad ipotizzare che il nome si sollevi sempre obbligatoriamente
oltre le proiezioni che ospitano colore e forma. Inoltre, vista la distribuzione categoriale, è
possibile pensare per queste due classi semantiche una posizione bassa nell’albero sintattico,
a conferma di quanto già esposto in (2).
Altre due tipologie di aggettivi da considerare sono la misura o dimensione e la qualità.
Nel corpus di dati analizzato la maggior parte di questi aggettivi si trova dopo il nome. Le
percentuali rilevate per la posizione postnominale, rispettivamente 93% e 91%, indicano che
la risalita del sintagma nominale oltre le proiezioni di dimensione e qualità è quasi sempre
obbligatoria. La piccola differenza tra i due dati potrebbe confermare quanto evidenziato
nella mappa, nello specifico la posizione gerarchica superiore della proiezione di qualità
rispetto a quella di dimensione.
Una discussione a parte spetta alla classe semantica della nazionalità o provenienza. I
risultati elaborati da VARBRUL offrono un quadro misto: su quattro aggettivi rintracciati due
sono prenominali e due sono postnominali. Ciò lascerebbe immaginare un movimento
facoltativo al 50% del nome oltre la proiezione in questione. Tuttavia, questa sarebbe una
conclusione disattesa dalla mappa delineata in precedenza dove, similmente alla lingua
Yoruba, il sintagma relativo alla nazionalità in LIS è previsto in una posizione molto bassa
della gerarchia. In realtà, per molteplici motivi, non sembra opportuno ipotizzare variazioni
nella struttura gerarchica: in primo luogo gli aggettivi di nazionalità individuati non
costituiscono un campione sufficientemente ampio per stabilire una direzione specifica (solo
quattro token). Inoltre i dati non sono rappresentativi di tutte le città esaminate in quanto
tutti i token provengono dalla sola area salernitana. Infine potrebbe essere aperta una
104
discussione sulla vera natura di uno dei due aggettivi prenominali, annotato e glossato
insieme al nome corrispondente come ITALIANO PERSONE16. Ad un’analisi più
approfondita questa costruzione non pare costituita da due singoli segni (A N), bensì da una
composizione morfemica dove il suffisso PERSONE aggiunge al segno precedente
informazioni quali animatezza e pluralità. Pertanto, per giungere a conclusioni più affidabili
rispetto alla posizione della proiezione di nazionalità, converrebbe disporre di un maggior
numero di dati, possibilmente provenienti da aree geografiche diverse.
Seguendo le percentuali dei restanti dati si è notato che la tipologia aggettivale dei
possessivi è per la maggior parte postnominale (71.2%). Anche se questa proiezione non è
stata presa in considerazione ai fini della costruzione della mappa cartografica vista in (1), è
possibile supporre che i possessivi si trovino al di sopra degli aggettivi in modificazione
diretta e indiretta e che la risalita del NP oltre tale proiezione sia molto favorita, anche se non
sempre obbligatoria.
Infine, un risultato interessante per la teoria è quello relativo agli aggettivi numerali.
Sorprendentemente da quanto ipotizzato nel secondo capitolo sulla base delle informazioni
disponibili in letteratura, gli esiti di VARBRUL indicano che i numerali si trovano spesso
prima del nome (67.4% delle occorrenze). Ciò indica che NP riesce a muoversi oltre il
numerale solo in un caso su tre e preferibilmente rimane al di sotto di tale proiezione. Tale
comportamento linguistico potrebbe essere giustificato dal fatto che il movimento in
questione è molto costoso dal punto di vista computazionale.
Un’altra variabile di tipo linguistico che si è rivelata fonte di importanti osservazioni è
quella relativa al valore predicativo dell’aggettivo. Tra gli aggettivi non predicativi è stato
individuato un numero cospicuo di prenominali, sebbene questi non raggiungano la
maggioranza assoluta (38.4%). La discussione sulle classi semantiche appena proposta
suggerisce che si tratti per lo più di aggettivi numerali, possessivi e di qualità e che occupino
pertanto proiezioni alte nell'albero sintattico. Queste posizioni della gerarchia vengono 16 Trad. it.
“Gli italiani”
105
scavalcate dal movimento del sintagma nominale solo facoltativamente e qualora ciò non
avviene l'ordine risultante è appunto aggettivo-nome.
Un dato che desta curiosità è quello relativo ai dieci casi di aggettivi predicativi
prenominali. Le opzioni di ricerca offerte dal software ELAN hanno permesso di indagare
meglio la natura di questi segni e dei contesti linguistici in cui sono stati realizzati. Il quadro
ottenuto è sorprendente in quanto nove casi su dieci sono aggettivi di qualità seguiti non da
un vero e proprio elemento nominale, bensì da un indicale o pointing. Questa particolare
costruzione richiama la cosiddetta frase copulare inversa, caratterizzata dal fatto di avere
l'elemento predicativo anteposto all'elemento nominale (es. “Bello è lui”, anziché “Lui è
bello”). Ciò che resta da chiarire è quale sia la vera natura dell'indicale.
In Bertone (2007) si trova un'ampia discussione circa le caratteristiche di questi segni
particolari e viene sostenuta la tesi per cui “le indicazioni non sono tutte uguali ma variano
in relazione ad alcuni tratti prosodici costituiti principalmente dalla durata di articolazione
dell’indicazione” (Bertone 2007: 182). L'autrice, analizzando la produzione dei pointing
attraverso il software di glossatura SignStream, ha rilevato la durata di questi segni in
produzioni spontanee. La sua conclusione indica che la stessa durata può essere considerata
come un parametro prosodico che permette di distinguere le tre classi pronominali, ovvero
clitici, deboli e forti.
• Pronomi clitici: durata inferiore a 1/12 di secondo (< 0,08 sec.)
• Pronomi deboli: durata inferiore a 1/6 di secondo (< 0,16 sec.)
• Pronomi forti: durata superiore a 1/6 di secondo (> 0,16 sec.)
Bertone avverte che i riferimenti da lei presentati sono da considerarsi indicativi in
quanto, di volta in volta, il numero dei fotogrammi è stato proporzionato a valori temporali
approssimativi. Questa metodologia operativa è stata riportata allo studio sulla distribuzione
degli aggettivi in LIS al fine di verificare la durata degli indicali rilevati e trarre eventuali
conclusioni sulla loro natura.
106
3) Segnanti
(provenienza e gruppo d'età)
GlosseDurata del pointing
FI, anziano BELLO IX_3 ISTITUTO ~ 0,15 sec.
FI, medio PASSATO GIOVANE IX_1 ~ 0,20 sec.
FI, giovane SORDO IX_3 ~ 0,10 sec.
SA, medio VIZIATO IX_6 ~ 0,25 sec.
SA, giovane ADESSO DIVERSA ETÀ No pointing
TO, anziano APERTO IX_3 ~ 0,25 sec.
TO, anziano (PIÙ) SEVERO IX_3 ~ 0,50 sec.
TO, medio MA... SORDO IX_2? ~ 0,10 sec.
TO, giovane CORNUTO IX_3 PERSONA ~ 0,10 sec.
TO, giovane INNOCENTE IX_1 ~ 0,45 sec.
Come dimostrato dalla prima colonna della tabella in (3), i dati raccolti sono eterogenei e
pertanto risultano rappresentativi dell'intero corpus. Analizzando i pointing prodotti si
osserva che questi segni non sono separati dal predicato aggettivale che li precede, non
registrano particolari pause intonative e alcuni ammettono coarticolazione con il segno
precedente. Visto il particolare contesto linguistico, l'ipotesi più probabile spinge a trattare
questi indicali come pronomi clitici. Per quanto riguarda la durata si nota la tendenza a
produrre segni brevi (la maggioranza oscilla tra 0,10 e 0,25 sec.); tuttavia, tali riferimenti
temporali farebbero slittare i pointing in esame nelle classi dei deboli o dei forti. La proposta
di Bertone (2007), che appare rigorosa in termini di durata, induce a rivalutare la questione
con ulteriori test e dati. Occorre, tuttavia, tener conto anche di fattori linguistici e non che
possono esercitare una certa influenza sulla durata dei segni: per esempio, particolari aspetti
caratteriali o fisiologici potrebbero spingere un segnante ad esprimersi più lentamente
rispetto ad altri (così come avviene per gli udenti nelle lingue vocali).
107
4.3.3 La frequenza
Un’ulteriore riflessione sollecitata dallo studio quantitativo verte sulla natura linguistica
di UNO. I dati ottenuti circa la frequenza delle entrate lessicali (cfr. tabella (9-3)) hanno
subito posto in evidenza una produzione abbondante di questo segno (38 token, ossia il 5.3%
del corpus). Ad un esame più approfondito è emerso un ulteriore aspetto interessante: in
alcune varianti, ovvero quella degli anziani (cfr. tabella (11-3)) e quella dei segnanti fiorentini
(cfr. tabella (12-3)), UNO appare in evidente sovraproduzione. In questi particolari contesti, il
dato statistico induce a considerare UNO diversamente rispetto agli altri numerali, proprio
in virtù del netto divario percentuale che li divide. Le sue numerose occorrenze potrebbero
rivelare una duplice funzione: si avanza l’ipotesi che il segno UNO sia utilizzato sia in
qualità di aggettivo numerale (come l’inglese “one”), sia in qualità di articolo
indeterminativo (come l’inglese “a”). In (4) si riportano due frasi ricavate dal corpus di dati.
4) Segnanti(provenienza e gruppo d'età)
Glosse Funzione di UNO
FI, anzianoIO NASCERE UNO PAESE C*** PROVINCIA PERUGIA LÀ
Articolo
FI, giovaneLÀ PADOVA UNO ANNO RIMANERE LÀ
Numerale
In riferimento alla variazione diacronica della lingua si potrebbe ipotizzare che la
sovraproduzione di UNO registrata tra i partecipanti anziani sia dovuta all'utilizzo del segno
sia come numerale sia come articolo: quest'ultima funzione sarebbe determinata
dall'influenza della lingua italiana. Viceversa, osservando i dati riguardo alla produzione di
UNO da parte dei segnanti medi e giovani si registra una frequenza minore di occorrenze,
del tutto simile a quella degli altri aggettivi numerali. Sulla base di quanto analizzato si
potrebbe supporre un utilizzo sempre minore di UNO in funzione di articolo: il fenomeno di
contatto che piano piano sta scomparendo indica pertanto un'evoluzione linguistica in atto.
A fronte di tale cambiamento linguistico, le popolazioni che si dimostrano maggiormente
conservatrici sono proprio quella degli anziani e quella dei fiorentini.
108
4.4 Prospettive future di ricerca
La ricerca condotta nell'ambito della distribuzione degli aggettivi in LIS, durante il suo
svolgimento, ha sollevato alcuni quesiti che meritano considerazione in vista di studi futuri.
Si elencano di seguito i cinque punti che potrebbero essere ulteriormente sviluppati ed
approfonditi.
1. Se, come ipotizzato in Bertone (2007), la durata costituisce un parametro prosodico
e fornisce informazioni di tipo linguistico, allora sarebbe opportuno registrare i
riferimenti temporali relativi agli aggettivi annotati. Gli studi riportati in Mac
Laughlin (1997) hanno dimostrato che in ASL gli aggettivi postnominali possono
essere distinti tra modificazione diretta e indiretta in base alla loro durata (i primi
sarebbero più brevi, mentre i secondi sarebbero più lunghi). Grazie alle funzioni
del software ELAN, che permettono di ottenere i riferimenti temporali dei segni in
esame, potrebbe essere condotto anche per la LIS uno studio sistematico sulla
durata offrendo così l'opportunità di nuove discussioni teoriche.
2. Un altro elemento interessante è rappresentato dalle componenti non manuali
associate agli aggettivi. A tal proposito, nel template di ELAN, si potrebbe
aggiungere un nuovo tier o livello di annotazione dove segnalare eventuali
sollevamenti di sopracciglia, strizzate d'occhio o altre espressioni facciali. Le
marche non manuali potrebbero essere responsabili di variazioni nell'ordine
sintagmatico ovvero di produzione di ordini marcati; inoltre, come già accennato
in precedenza nel presente lavoro, potrebbero fornire informazioni linguistiche
specifiche in termini di modificazione diretta e indiretta. Uno studio sistematico
sulle componenti non manuali sarebbe pertanto auspicabile per verificare se le
osservazioni qui riportate trovano conferma nei dati reali.
3. In futuro sarà d'uopo intraprendere nuove ricerche al fine di esaminare nel
dettaglio l'incorporazione dell'aggettivo nel movimento e nelle componenti non
manuali del nome. Questo fenomeno, qui solo parzialmente accennato, è stato
notato in correlazione con la morfologia superlativa; forse ciò potrebbe spiegare lo
scarso numero di aggettivi al grado superlativo rinvenuti all'interno del corpus. In
109
particolare, in ottica cartografica, sarebbe interessante proporre anche per l'aspetto
dell'incorporazione, peculiare delle lingue dei segni, un corrispettivo nella
struttura sintattica.
4. Una volta appurato che la proiezione relativa agli aggettivi numerali è
facoltativamente scavalcata dal sintagma nominale, ciò che si potrebbe verificare è
se la stessa opzionalità coinvolge anche la posizione superiore, ovvero quella del
dimostrativo. Questo elemento, qui intenzionalmente escluso dall'indagine, merita
maggiore attenzione in quanto potrebbe aggiungere nuovi dettagli alle ipotesi
sinora avanzate.
5. Sarebbe interessante approfondire ulteriormente la funzione linguistica del segno
UNO, tema d'indagine inaspettatamente emerso grazie allo studio sulla frequenza
delle entrate lessicali. In particolare, per avere un quadro più completo
dell'evoluzione linguistica in atto, si potrebbero confrontare i dati già ricavati per
Torino, Firenze e Salerno con i dati provenienti dalle altre città incluse nel Progetto
Corpus LIS.
110
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Link che raccoglie numerosi vlog della comunità Sorda italiana.
http://w3.uniroma1.it/progettolis/index.php
Link relativo al Progetto Corpus LIS.
http://badip.uni-graz.at
Link che offre accesso al Corpus LIP (Lessico di frequenza dell'Italiano Parlato).
http://www.latmpi.eu/tools/elan/download
Link che permette di scaricare gratuitamente il software ELAN.
http://www.bu.edu/asllrp
Link all'ASLLRP, progetto di ricerca linguistica sull'ASL (Università di Boston).
http://individual.utoronto.ca/tagliamonte/Goldvarb/GV_index.htm
Link che permette di scaricare gratuitamente il software VARBRUL.
http://www.any-video-converter.com
Link che permette di scaricare gratuitamente il software AnyVideoConverter.
116
ESTRATTO PER RIASSUNTO DELLA TESI DI LAUREA EDICHIARAZIONE DI CONSULTABILITA'(*)
Il sottoscritto/a
Matricola n. Facoltà
iscritto al corso di laurea laurea magistrale/specialistica in:
Titolo della tesi (**):
DICHIARA CHE LA SUA TESI E':
Consultabile da subito Consultabile dopo mesi Non consultabile
Riproducibile totalmente Non riproducibile Riproducibile parzialmente
Venezia, Firma dello studente
(spazio per la battitura dell'estratto)
(*) Da inserire come ultima pagina della tesi. L'estratto non deve superare le mille battute
(**) il titolo deve essere quello definitivo uguale a quello che risulta stampato sulla copertina dell'elaborato
consegnato al Presidente della Commissione di Laurea
Università Ca' Foscari - Venezia
Università Ca' Foscari - Venezia
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Università Ca' Foscari - Venezia
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