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Sommario: 1. Il divieto di esternalizzazione nelle aziende sanitarie siciliane - 2. Il
contesto giuridico di riferimento - 3. L’esternalizzazione nel sistema sanitario nazionale -
4. Prestazioni professionali e prestazione di servizi - 5. Il rapporto tra Aziende sanitarie e
Strutture private accreditate
1. Il divieto di esternalizzazione nelle aziende sanitarie siciliane
L’art. 21, comma 1, della L.r. n. 5 del 14/04/2009 così recita: “E’ fatto divieto alle
Aziende del Servizio sanitario regionale ed agli enti pubblici del settore di affidare median -
te appalto di servizi o con consulenze esterne l’espletamento di funzioni il cui esercizio
rientra nelle competenze di uffici o di unità operative aziendali”. Così il 2^ comma dello
stesso articolo: “nei casi di comprovata necessità derivante da carenze di organico degli
uffici o unità operative ovvero per cause non ascrivibili a scelte della direzione generale, è
possibile derogare al divieto di cui al comma 1, con provvedimento del direttore generale
adeguatamente motivato e nel rispetto delle modalità previste dal comma 6 dell’articolo 7
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modifiche ed integrazioni, da
sottoporre alla preventiva approvazione dell’assessorato regionale della sanità e da comu -
nicare successivamente alla Corte dei Conti”. Il 3^ comma: “La violazione delle disposizio -
ni di cui ai commi precedenti comporta diretta responsabilità, anche patrimoniale, del diret -
tore generale”.
La norma in questione, apparentemente semplice, si presta a valutazioni diverse se
non altro per il nomen iuris di volta in volta utilizzato dal legislatore nella disposizione nor-
mativa. Pare di capire che l’esercizio di funzioni istituzionali delle aziende sanitarie non
possa essere esternalizzato né attraverso lo strumento dell’appalto di servizi né attraverso
quello della consulenza esterna. Le domande alle quali cercare di rispondere nascono
spontanee a coloro che si trovano ad applicare la novella normativa: a) cosa intende il legi-
slatore regionale per funzione istituzionale che rientra nelle competenze di uffici o di unità
operative? b) perché si parla indifferentemente di appalto di servizi e consulenze visto che
lo stesso legislatore, al 2^ comma, rimanda poi all’art. 7, comma 6, del D.Lgs n. 165/2001
L’esternalizzazione dei servizi nelle Aziende sanitarie sicilianeMassimo GrecoFunzionario Direttivo Regione Siciliana - Cultore in Politiche pubbliche locali
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e non anche all’art. 3, comma 10, del D.lgs n. 163/2006? c) il divieto di esternalizzazione
investe anche le strutture della sanità privata accreditata?
2. Il contesto giuridico di riferimento
Il nostro ordinamento giuridico richiede oggi ai pubblici poteri lo svolgimento di attività
che si aggiungono alle tradizionali funzioni quali: difesa, amministrazione della giustizia,
sicurezza interna, ordine pubblico, fisco. Infatti, “L’attività di prestazione dei servizi ai citta -
dini ha ormai acquisito un rilievo così importante da affiancarsi a pieno titolo alle tradiziona -
li funzioni che si svolgono mediante provvedimenti autoritativi, connotando il ruolo della
moderna amministrazione” 1.
La Pubblica Amministrazione è un’articolata organizzazione dello Stato finalizzata a per-
seguire in concreto l’interesse generale, cioè l’interesse pubblico che riposa nella collettività
amministrata. “Nella sua natura, sia soggettiva che oggettiva, si riscontra la presenza di una
pubblica amministrazione che regola il sistema organizzativo, attraverso un programma teso
alla soddisfazione di bisogni collettivi” 2. Invero, “Nella prospettiva europea, la pubblica ammi-
nistrazione può decidere di erogare direttamente prestazioni di servizi a favore degli utenti
mediante proprie strutture organizzative senza dovere ricorrere, per lo svolgimento di tali pre-
stazioni, ad operatori economici attraverso il mercato” 3. In tale contesto, “Spetta all’ente valu -
tare le modalità ottimali di espletamento del servizio con riguardo ai costi, ai margini di coper -
tura degli stessi, alle migliori modalità di organizzazione del servizio in termini di efficienza,
efficacia ed economicità, nel rispetto dei principi di tutela della concorrenza da un lato e della
universalità e dei livelli essenziali delle prestazioni dall’altro” 4. Peraltro, “A livello comunitario
il coinvolgimento nella gestione dei servizi di soggetti privati viene visto con favore, potendo
essi apportare alla pubblica amministrazione know how e una gestione più manageriale” 5.
Sia la Commissione che il parlamento Europeo concordano nel ritenere il partenariato pub-
blico/privato (PPP) in tutte le sue manifestazioni (partenariato contrattuale, partenariato isti-
tuzionalizzato ecc.), come un possibile strumento di organizzazione e gestione delle funzioni
pubbliche, riconoscendo alle amministrazioni la più ampia facoltà di stabilire se avvalersi o
meno di soggetti privati esterni, oppure di imprese interamente controllate o, ancora, di eser-
citare direttamente i propri compiti istituzionali.
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1 Giammario Palliggiano, “La riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”, Giustizia-amministra-tiva.it/documentazione.2 Paolo Petroni, “I servizi pubblici alla luce del diritto comunitario”, Diritto.it, 08/03/2007.3 Corte Cost. sent. n. 439 del 15/12/2008.4 Corte dei Conti sez. di contr. in sede cons., delib. 11/05/2009 n. 195. 5 Cons. Stato, Ad. Plen. , decisione n. 1/2008.
Nel caso in cui la P.A. risulti dotata di risorse umane interne in grado di erogare diret-
tamente prestazioni di servizi a favore degli utenti l’opzione viene meno e l’ipotesi di ricor-
rere al mercato passa in secondo piano. Per l’affidamento di servizi ad operatori esterni la
Corte dei Conti, nell’escludere che il ricorso da parte della P.A. a consulenti esterni possa
essere una “scelta discrezionale” insindacabile da parte del giudice contabile, in quanto
concerne l’accertamento della corrispondenza dell’operato degli amministratori ai principi
dell’economia e del buon andamento dell’azione amministrativa 6, ha infatti qualificato gra-
vemente colpevole il comportamento del Direttore Generale e del Direttore Amministrativo
di un’azienda sanitaria per non avere doverosamente accertato sia l’impossibilità della
struttura interna allo svolgimento dell’incarico, sia l’esatta esecuzione dello stesso da parte
della società esterna all’uopo deputata 7. La P.A. può pertanto affidare il perseguimento di
determinate finalità all’opera di estranei, dotati di provata capacità professionale e di speci-
fica conoscenza tecnica della materia di cui vengono chiamati ad occuparsi, in presenza di
casi particolari e contingenti, ogni qualvolta si verificano: a) la straordinarietà e l’ecceziona-
lità delle esigenze da soddisfare; b) la mancanza di strutture e di apparati preordinati al loro
soddisfacimento, ovvero, pur in presenza di detta organizzazione, la carenza, in relazione
all’eccezionalità delle finalità, del personale addetto, sia sotto l’aspetto quantitativo che qua-
litativo. Le esposte considerazioni, in definitiva, se, da un lato attestano che nell’ordinamen-
to vigente non sussiste un generale divieto per la P.A. di ricorrere alla esternalizzazione
delle prestazioni di alcuni servizi per l’assolvimento di determinati compiti istituzionali, dal-
l’altro, tuttavia, confermano che la utilizzazione di questo strumento non può concretizzarsi
se non nel rispetto delle condizioni e dei limiti sopra specificati, la cui mancanza comporta
la sussistenza della responsabilità di coloro che adottano i relativi atti 8. Tali principi, più che
sull’estensione analogica di disposizioni normative quali l’art. 380 del T.U. n. 3/1957 e l’art.
152 del D.P.R. n. 1077/1970, “poggiano sul dettato costituzionale di cui all’art. 97 Cost. e
sulla considerazione che - atteso che ogni ente pubblico ha una sua organizzazione ed un
suo personale - è con essi che deve ottemperare alle sue funzioni” 9.
Una formula mediana è costituita dall’esercizio di attività in convenzione con altri Enti
pubblici. “Risulta altrettanto evidente che la P.A., anziché procedere all’esternalizzazione del
6 Corte dei Conti sez. Lazio, sent. 07/01/2004 n. 1.7 Corte dei Conti sez. giur. Lazio, sent. 26/06/2006 n. 1857.8 Si vedano anche: Corte dei Conti sez. giur. Liguria, sent. 06/11/2003 n. 912; sez. giur. Calabria, sent.08/04/2004 n. 273; sez. giur. Basilicata, sent. 13/04/2005 n. 72; sez. giur. Toscana, sent. 05/06/2007 n. 516;sez. giur. Centrale d’appello, sent. 29/07/2008 n. 256; sez. giur. Veneto, sent. 02/10/2008 n. 1046;9 Rosa Francaviglia, “L’incidenza della flessibilità del rapporto di lavoro sul costo del personale nelle aziendesanitarie”, Diritto.it, giugno 2004.
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servizio, può pure affidare convenzionalmente il servizio stesso ad altra amministrazione
pubblica istituzionalmente competente a disimpegnarlo, e semprechè tale scelta risponda a
criteri di economicità gestionale, secondo i fondamentali canoni enunciati dall’art. 1 della L.
7 agosto 1990 n. 241” 10. Nel contesto comunitario la Corte di Giustizia CE ha stabilito in
generale che un’autorità pubblica può adempiere ai compiti ad essa incombenti mediante
propri strumenti, senza essere obbligata a fare ricorso ad entità esterne non appartenenti ai
propri servizi, e che può farlo altresì in collaborazione con altre autorità pubbliche 11.
In ambito sanitario, ad esempio, è possibile ipotizzare un affidamento diretto di un ser-
vizio sanitario ad una IPAB in forza dell’art. 45 della L. 23/12/1978 n. 833, che in tal senso
equipara gli enti pubblici eretti ad IPAB alle associazioni di volontariato agli effetti della sti-
pula di convenzioni con il Servizio Sanitario Nazionale.
3. L’esternalizzazione nel sistema sanitario nazionale
Con il termine esternalizzazione, o outsourcing, si intende l’esercizio di un’attività della
pubblica amministrazione ad opera di un soggetto terzo individuato, a vario titolo, dalla stes-
sa amministrazione titolare. Secondo il modello anglo-americano sono potenzialmente
esternalizzabili tutte le attività della pubblica amministrazione. Nell’ordinamento italiano si
usa tradizionalmente distinguere tra attività essenziali (core business) ed attività di presta-
zioni di servizio (facilities). Le prime, a contenuto autoritativo non si prestano ad essere
esternalizzate, le seconde vengono abitualmente gestite da soggetti privati tramite affida-
menti, concessioni ed appalti. “Un’altra accezione da tenere presente - in linea con la nostra
tradizione ma più avvicinabile all’approccio core businnes/facilities - è quella che distingue
l’attività amministrativa sulla base del contenuto politico-discrezionale della stessa, solo ove
non si riscontri tale potere, sarebbe possibile procedere alla esternalizzazione del servizio.
In questo ordine di idee, quindi, solo le attività comportanti l’esercizio di una discrezionalità
tecnica sarebbero oggetto di possibile esternalizzazione” 12.
Il sistema sanitario nazionale ha ereditato il modello pubblico di rete ospedaliera deli-
neatosi con la Riforma del 1968 con la legge n. 132 e con i decreti legislativi del 1969. Il
D.lgs n. 130/1969 che disciplinava nel dettaglio l’organizzazione ospedaliera lasciava pochi
spazi all’autonomia gestionale. Questo modello pubblico imponeva che anche l’erogazione
di tutti i servizi di supporto e strumentali all’assistenza sanitaria fosse gestita direttamente
dall’Organizzazione ospedaliera che, proprio perché pubblica, dava ogni forma di garanzia
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10 Tar Veneto, I sez. nn. rr.gg. 367/05-312/07. 11 Sent. Coditel Brabant CE, 09.06.2009 causa C-480/06.12 Giuseppe Di Gaspare, “Esternalizzazione (tramite contratti e figure soggettive delle attività amministrative)societarizzazione e privatizzazione: un approccio teorico”, Amministrazione In Cammino, 25/06/2005.
in ordine alla qualità continua delle prestazioni. “La stessa riforma del 1993, avviata con i
decreti legislativi n. 502/1992 e n. 517/1993, non ha trovato all’inizio interpreti disposti a
cambiare quel modello, anzi si è fatto ogni sforzo per interpretarla secondo i principi tradi -
zionali” 13. Invero, il Ministero della Sanità ha coraggiosamente avviato un processo di revi-
sione con la Circolare n. 2/1996, attraverso la quale ha indicato come possibili ed auspica-
bili nuovi modelli di gestione, interpretando correttamente l’introduzione del modello azien-
dale voluto dal legislatore. “Ai fini del miglioramento dei servizi un criterio guida che merita
di essere seguito ed approfondito è quello di concentrare l’attenzione sulla missione speci -
fica dell’azienda e adottare, anche in via sperimentale, forme di gestione “esterna” per le
attività strumentali e di supporto. Gli effetti di miglioramento gestionale sono legati alla pos -
sibilità di concentrare, anche mediante appositi interventi di riorganizzazione interna, le
risorse disponibili sulle attività che valgono a connotare in modo esclusivo le finalità dell’en -
te (nel caso della sanità quelle legate alle prestazioni a contenuto tecnico-sanitario), men -
tre le funzioni strumentali e di supporto, per la loro natura generiche in quanto comuni a più
realtà organizzative, possono essere assicurate con maggiore efficienza e secondo livelli di
qualità più elevati facendo ricorso ad organizzazioni professionali specializzate presenti sul
mercato. Le aree che maggiormente si prestano ad una strategia di esternalizzazione sono
quelle di taluni servizi amministrativi (gestione e manutenzione programmata del patrimo -
nio immobiliare e tecnologico, gestione degli acquisti, sistemi informativi, procedure di
reclutamento del personale, ecc.) o anche di servizi diversi (es. biblioteche, stabulari, ecc.),
ivi compresi alcuni servizi sanitari (es. farmacie, laboratori, ecc.). Si potrebbe prendere in
considerazione, come ipotesi sperimentale, sempre che si ravvisino possibili vantaggi, solu -
zioni organizzative per così dire globali, che prevedano, ad esempio, l’attuazione e gestio -
ne comune da parte di più aziende dell’intero servizio amministrativo”.
Detto indirizzo ministeriale ha aperto la strada all’innovazione ed alla sperimentazione
nel segno del principio secondo cui ciò che non è espressamente vietato è ammesso. Il legi-
slatore si è però subito preoccupato ed ha voluto tipizzare le formule di sperimentazione
gestionale, “quasi ad evitare che potessero essere troppo libere” 14. Sono quindi nate le spe-
rimentazioni gestionali previste dall’art. 9 bis del D.lgs n. 517/1993, ed ora dall’art. 10 del
D.lgs n. 229/1999, attraverso lo strumento delle società miste a capitale pubblico e privato.
Al di fuori dei programmi di sperimentazione di cui al citato articolo è fatto divieto alle azien-
de del S.S.N. di costituire società di capitali aventi per oggetto sociale lo svolgimento di com-
piti diretti della salute. E comunque, la costituzione della società mista, fuori dalle regole
13 Michele Romano, “L’esternalizzazione dei servizi”.14 Ibidem.
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recentemente previste dall’art. 15 del D.lgs n. 115/2009, convertito cono modificazioni, dalla
legge n. 166/2009, non permette certo l’affidamento diretto del servizio alla società stessa.
“Diversamente opinando si tratterebbe di norma da disapplicare siccome contraria ai princi -
pi del Trattato” 15. Infatti a voler considerare che la diretta erogazione delle prestazioni da
parte della società affidataria in favore della collettività, ossia degli utenti del S.S.N. , potreb-
be indurre anche a configurare un servizio pubblico anziché un appalto di servizi, ciò non
sposterebbe il problema di fondo, cioè che trattasi di attività a rilevanza economica oggetto
di contratto da stipulare con una pubblica amministrazione per la quale devono sempre
applicarsi le regole della Comunità europea sulla concorrenza e, in particolare, gli obblighi
di parità di trattamento e di trasparenza. Peraltro, il D.lgs n. 163/2006, all’art. 1, comma 2,
prescrive che “nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per
la realizzazione e/o gestione di un’opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio priva -
to avviene con procedure di evidenza pubblica”.
In questo nuovo contesto istituzionale caratterizzato da incoerenza (se si pensa al
processo di aziendalizzazione del sistema sanitario nazionale avviato negli anni novanta)
in cui rimane così poco spazio all’introduzione di modelli innovativi per l’erogazione delle
prestazioni sanitarie, rimane ancora aperta la questione dei servizi di supporto e strumen-
tali necessari all’erogazione dei medesimi servizi sanitari.
La questione si è quindi immediatamente spostata nell’ambito delle regioni non solo a
statuto ordinario. Infatti, secondo un costante orientamento della Corte Costituzionale le
disposizioni dirette a porre principi concernenti l’organizzazione delle USL vengono consi-
derate come norme fondamentali di riforme economico-sociali, ed in quanto tali si pongono
come limiti anche rispetto a competenze regionali di tipo esclusivo 16.
Il legislatore regionale siciliano con la recente L.r. n. 5/2009, nel tentativo di positiviz-
zare i principi sanciti dalla citata giurisprudenza della Corte dei Conti sulle ipotesi di ester-
nalizzazione di attività e servizi, ha tuttavia generato un pò di confusione. L’espresso divie-
to di affidare all’esterno l’esercizio di funzioni strettamente connesse alle attività istituziona-
li dell’ente riguarda solamente l’attività sanitaria o comprende anche quelle attività di sup-
porto e/o strumentali all’erogazione di prestazioni sanitarie? Dal tenore testuale della norma
il legislatore sembra non fare alcuna differenza, coinvolgendo nel divieto anche le attività
strumentali e di supporto a quelle di tutela diretta della salute. Anche se, quelle prettamen-
te sanitarie, fuori dalle citate ipotesi di sperimentazione gestionale, sembrano escluse a
priori. Il divieto non opera, quindi, solamente per quelle attività non istituzionali il cui eser-
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15 Cons. Stato, Ad. Plen. , decisione n. 1/2008.16 Corte Cost., sent. n. 274/1988, n. 107/1988 e n 355/1993).
cizio non rientra nelle competenze di uffici o di unità operative aziendali. Tipico è l’esempio
della gestione dei bar, della ristorazione, dei parcheggi e di tutti quei servizi che tradizional-
mente non sono mai stati erogati attraverso l’organizzazione interna all’azienda sanitaria.
La ratio del legislatore è evidente, evitare l’abuso dello strumento delle esternalizza-
zioni nelle aziende sanitarie siciliane in presenza di adeguate risorse umane interne all’or-
ganizzazione aziendale. Metodo di governo sanzionato dalla giurisprudenza della Corte dei
Conti e adesso direttamente dal legislatore sull’onda della riforma sanitaria. Peraltro, la pre-
ferenza operata dal legislatore verso l’internalizzazione 17 delle attività istituzionali appare
sicuramente più consona al risanamento della situazione economica delle aziende sanita-
rie siciliane, inquadrandosi in quei comportamenti virtuosi che risultano necessari ai fini di
una corretta gestione, consentendo risparmi di spesa non sempre compatibili con il cano-
ne dovuto al concessionario.
La questione, tuttavia, rischia di creare un problema alla macchina istituzionale ed in
particolare nei tradizionali rapporti tra aziende sanitarie ed Assessorato regionale di riferi-
mento. Il 2^ comma dell’art. 21 della L.r. n. 5/2009, che disciplina la procedura di deroga al
divieto previsto dal 1^ comma, assoggetta l’ipotesi di esternalizzazione alla preventiva auto-
rizzazione dell’Assessorato reg.le per la Sanità. Detta norma rasenta l’incostituzionalità sia
per la lesione dell’autonomia imprenditoriale riconosciuta ai Direttori Generali dall’attuale
sistemo normativo, che notoriamente riposa sul modello aziendalistico, e dalla stessa rifor-
ma sanitaria regionale 18, sia perché configura un inutile appesantimento del procedimento
amministrativo. Vero è che con il D.lgs 30/12/1992, n. 502, sono state soppresse le Unità
Sanitarie Locali e sono state istituite le Aziende Unità Sanitarie Locali, quali “enti strumen -
tali della Regione, dotati di personalità giuridica pubblica” (art. 3, come modificato dall’art.
4 del D.Lgs 07/12/1993 n. 517), ma vero è anche che non sussiste alcun rapporto gerarchi-
co tra Regione ed aziende sanitarie. Lo stesso Assessorato reg.le per la Sanità, nell’argo-
mentare la disciplina sul controllo degli atti delle aziende sanitarie, si era infatti così espres-
so: “Appare utile sottolineare che l’attività di controllo da esercitare cui è chiamato
l’Assessorato regionale della Sanità sugli atti succitati differisce ed è innovativa rispetto a
quella che è stata espletata dalla scrivente amministrazione ai sensi della legge n.
412/1991 e rientra nell’attività di controllo e vigilanza sugli atti di programmazione prevista
dal legislatore con il D.lgs n. 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni” 19. Anche la
17 Per l’ipotesi d’internalizzazione di servizi in un ente locale dissestato si veda Cons. Stato sez. V, sent.29/04/2009 n. 2735.18 L’art. 9 della L.r. n. 5/2009 così recita: “Le Aziende sanitarie provinciali e le Aziende ospedaliere sono dota -te di personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale”.19 Nota Assessorato reg.le per la Sanità prot n. SR2UOB2.1/6671 del 16/05/2002.
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giurisprudenza più recente sembra confermare tale assunto: “Il controllo esercitato
dall’Amministrazione regionale ha la funzione di permettere la verifica della sana gestione
delle Aziende ospedaliere (per l’appunto, del loro “Equilibrio economico”); esso, come tale,
non si muove attraverso parametri di stretta legittimità, bensì di corretta gestione azienda -
le. Come è noto, al contrario del controllo di mera legittimità, il controllo di gestione serve a
coordinare l’intera attività amministrativa degli Enti, in relazione ai fini che essi devono per -
seguire (non casualmente l’art. 28 tratta degli obiettivi di natura finanziaria che le Aziende
sanitarie devono perseguire, ed il successivo art. 29 riguarda il risultato economico delle
aziende sanitarie. Si tratta di una forma di controllo che si inquadra, sotto il profilo dei prin -
cipi fondamentali dell’azione amministrativa nel suo complesso (art. 97 Cost., art. 1 L. n.
241/1990), nel quadro del perseguimento dell’economicità dell’azione amministrativa (inte -
sa come risultato positivo rispetto alle risorse impiegate) e dell’efficacia (intesa come rap -
porto tra risultato effettivamente raggiunto e obiettivi prefissati)” 20. Detto controllo preventi-
vo, tuttavia, è previsto solo per gli atti contestualmente elencati, e riconsiderati dalla
Regione Siciliana nel citato art. 28, quinto comma della L.r. n. 2/2002. “Ora posto che tale
elencazione ha carattere tassativo, rappresentando “un’eccezione al principio generale,
introdotto dalla stessa norma, dell’abolizione del controllo preventivo sugli atti delle unità
sanitarie” (cfr. Tar Lombardia, 24 novembre 1997, n. 2022; Tar Lazio, sez. I, maggio 2000,
n. 3623), può certamente affermarsi la non assoggettabilità a controllo di ogni altro atto
delle u.s.l. non compreso nella predetta elencazione; il che vale ovviamente a fortiori nella
sede diversa da quella del controllo preventivo. Per gli atti non soggetti a controllo preven -
tivo, la legge regionale si limita ad affermare che gli stessi “diventano esecutivi dopo il deci -
mo giorno dalla relativa pubblicazione”” 21. Per ultimo, anche la riforma sanitaria in questio-
ne distingue il controllo sulla gestione delle aziende sanitarie, disciplinato all’art. 18, dal
generico e tradizionale controllo preventivo sugli atti delle aziende sanitarie, disciplinato
all’art. 16. Il comma 1 del citato art. 16 sottopone infatti a controllo preventivo
dell’Assessorato regionale della Sanità solamente i seguenti atti: a) l’atto aziendale di cui
all’articolo 3 comma 1 bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive
modifiche ed integrazioni; b) il bilancio d’esercizio; c) le dotazioni organiche complessive;
d) i piani attuativi di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a) ; e) gli atti di programmazione loca-
le definiti a livello di bacino di cui ai commi 8 e 9 dell’articolo 5. Il comma 2^ prevede che “Il
controllo sugli atti di cui al comma 1, lettere a), d) ed e) concerne esclusivamente la verifi -
ca della conformità degli stessi alla programmazione sanitaria nazionale e regionale”.
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20 Tar Sicilia, Palermo, sent. n. 2069 del 03/10/2008. 21 Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana, Parere n. 287/2002.
Non si comprende quindi a quale titolo ed in forza di quale ragionamento giuridico
l’Assessorato per la Sanità possa negare un’autorizzazione alla esternalizzazione di un’at-
tività in presenza di una documentata e motivata richiesta del Direttore Generale di un’a-
zienda sanitaria. Se infatti il servizio, o la funzione amministrativa, deve essere comunque
garantito agli utenti, alla accertata e documentata deficienza di risorse interne all’organiz-
zazione aziendale non può che seguire la via della prestazione di servizi da ricercare sul
mercato attraverso le ordinarie procedure ad evidenza pubblica. Secondo un orientamento
della giurisprudenza amministrativa, appare scontato che la pubblica amministrazione che
intenda acquisire lavori, servizi e forniture debba - e non semplicemente possa - rivolgersi
al mercato nel rispetto degli istituti di derivazione comunitaria 22. In disparte, altresì, la con-
siderazione che l’autorizzazione alla esternalizzazione concessa dall’Assessorato regiona-
le non conferirebbe alcuna legittimità all’atto stesso adottato, né servirebbe a preservare l’a-
zienda sanitaria da un eventuale sindacato giurisdizionale della Corte dei Conti, piuttosto,
avrebbe refluenze solamente sul piano dell’efficacia dell’esternalizzazione 23.
Pertanto, al di là del nomen iuris utilizzato dal legislatore, più che di una autorizzazio-
ne preventiva sarebbe meglio considerare l’attività dell’Assessorato quale controllo postu-
mo nel contesto del citato controllo gestionale.
4. Prestazioni professionali e prestazione di servizi
Un altro elemento che potrebbe generare confusione nell’applicazione della disposi-
zione normativa di cui trattasi deriva dal fatto che il legislatore, nel rappresentare il divieto
di esternalizzazione, fa riferimento indistintamente all’appalto di servizi ed alle consulenze
esterne, anche se poi, al 2^ comma, rimanda espressamente all’art. 7, comma 6, del D.lgs
n. 165/2001 e non anche all’art. 3, comma 10, del D.lgs n. 163/2006 che contempla le pre-
stazioni di servizi di cui all’allegato II tra gli appalti pubblici di servizi.
L’ordinamento interno, ancora oggi distingue le prestazioni d’opera professionali all’in-
terno delle quali rientrano gli incarichi professionali di consulenza, studio e ricerche 24, dagli
appalti pubblici di servizi. Secondo la giurisprudenza amministrativa 25, le collaborazioni
22 Cons. Stato, sent. 23/03/2003 n. 1289.23 Sulla natura giuridica del controllo regionale si veda CGA, parere 11/12/2007 n. 613.24 Sull’argomento si consenta il rinvio a: Massimo Greco “Incarichi di consulenza, studio e ricerca negli entilocali siciliani”, in Diritto&Diritti - Rivista giuridica elettronica, pubblicata su internet all’indirizzo http://www.dirit-to.it., ISSN 1127-8579, 12/02/2009; in A.S.A.E.L. http://www.asael.pa.it - Associazione Siciliana Autonomie edEnti Locali - il 12/02/2009; su “Norma”, quotidiano d’informazione giuridica, pubblicato su internet all’indirizzohttp://www.norma.dbi.it/index.jsp, 18/06/2009; su Rassegna Amministrativa Siciliana, Rivista trimestrale digiurisprudenza e legislazione regionale, n. 3/2009.25 Cons. Stato sez. IV, 29/01/2008, n. 263.
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esterne nella pubblica amministrazione sono esclusivamente disciplinate dall’art. 7, comma
6, del D.lgs n. 165/2001, il quale rinvia alla normativa degli articoli 2222 e seguenti del codi-
ce civile, in tema di prestazioni d’opera. “Secondo questa visione, si applica esclusivamen -
te tale disciplina, perché le collaborazioni o consulenze costituiscono un’obbligazione di
mezzi, tipicamente resa da un professionista, nell’ambito della quale assumono rilevanza la
qualità personale, il lavoro personale e l’assenza di un’organizzazione imprenditoriale di
messi e del lavoro altrui subordinato. Insomma, prevale la distinzione operata dal codice
civile appunto tra prestazioni d’opera ed appalti veri e propri” 26.
L’ordinamento comunitario, invece, non contempla e non discrimina tra prestazione
d’opera ed appalto, propri dell’ordinamento civile italiano. “Infatti, l’articolo 1, comma 2, let -
tera d), della direttiva CE 18/2004 e l’articolo 3, comma 10, del D.lgs n. 163/2006, che lo
recepisce, forniscono una definizione dei servizi pubblici fondata esclusivamente su un
carattere oggettivo, che prescinde dalla soggettività giuridica di chi li svolge” 27. Pertanto,
sono servizi pubblici, prescindendo dalla qualificazione dell’obbligazione come di mezzi o
di risultato, tutte le prestazioni elencate negli allegati II A e II B, tra le quali rientrano moltis-
sime delle tipologie di rapporti tradizionalmente riconducibili alle prestazioni d’opera.
E poiché il diritto interno non può che cedere al diritto di matrice comunitaria nel quale,
come già detto, la distinzione tra servizi e prestazioni d’opera intellettuale non assume
alcun rilievo, possiamo qui affermare che il legislatore siciliano, probabilmente senza aver-
ne consapevolezza, nel positivizzare il divieto di esternalizzazione, ha correttamente acco-
munato appalti di servizi e consulenze esterne.
In attesa che il legislatore siciliano rifletta sulla funzionalità di detta normativa, appare
necessario, quanto meno, che l’Assessorato Reg.le per la Sanità elabori una circolare inter-
pretativa della disposizione in questione che, nel contempo, approfondisca anche la que-
stione degli incarichi professionali di cui all’art. 15 septies del D.lgs n. 502/1992. La natura
di detti incarichi non sembra infatti sfuggire alle regole imposte con il divieto di esternaliz-
zazione delle attività istituzionali.
5. Il rapporto tra Aziende sanitarie e Strutture private accreditate
Un’altra momento di riflessione che merita la norma sul divieto generalizzato delle
esternalizzazioni non può che riguardare anche il rapporto convenzionale tra aziende sani-
tario e privato accreditato. Viene da chiedersi se la problematica coinvolge anche questo
rapporto. Il legislatore sembra tuttavia preservare questa tradizionale tipologia di rapporto,
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26 Luigi Oliveri, “Incarichi ad avvocati: sono servizi ex allegato IIB al Codice dei contratti”, Lexitalia, n. 6/2009.27 Ibidem.
tanto da dedicarne una specifica normazione all’art. 25, rubricato “Erogazione di attività da
parte di strutture private”. In detto articolo, composto da 5 commi, il legislatore si occupa
delle modalità di negoziazione dei relativi budgets dando per scontata la vigenza contrat-
tuale con ogni privato accreditato dal sistema sanitario regionale continuando a confidare,
evidentemente, sul presupposto che le concessioni di servizio pubblico - quali sono quelle
intercorrenti fra il SSR ed il prestatore accreditato di servizi sanitari - non fossero da ricom-
prendere fra le attività istituzionali da sottoporre preventivamente a procedure ad evidenza
pubblica per l’affidamento delle stesse 28.
Ma così non è, o comunque così non è più da quando il Consiglio di Stato ha cambia-
to indirizzo. Secondo l’autorevole Giudice amministrativo la “tesi che si tratti di concessio -
ne di servizi, n. d.e.) alla luce del concetto comunitario di concessione (incentrato sulla
rischiosità della stessa cfr. Comunicazione interpretativa della Commissione CE 12 aprile
2000) e della direttiva 2004/18/CE all. IIB voce n. 25, non sembra più sostenibile sicché
deve ritenersi che l’art. 23 bis della legge sui Tar sia applicabile alle procedure comparati -
ve per affidamento ed agli atti di esecuzione del rapporto fra amministrazione sanitaria e
privato, una volta concretamente affidato il pubblico servizio sanitario, ma non alle impu -
gnative di atti organizzativi generalmente prodromoci all’affidamento” 29. Ciò, presuppone
un radicale cambiamento nel sistema dei rapporti tra commesse pubbliche e strutture pri-
vate accreditate. Infatti, “Le Aziende non potranno più sottoscrivere contratti con tutti i sog -
getti accreditati (o peggio, con i soggetti scelti discrezionalmente), ma l’accreditamento, nel
vecchio/nuovo sistema, sarà sì un presupposto qualificante (come ebbe a definirlo il
Consiglio di Stato), ma non più genericamente finalizzato a legittimare la struttura o il pro -
fessionista a contrarre con l’Azienda, bensì specificamente teso a consentire al soggetto
accreditato di partecipare alle procedure ad evidenza pubblica indette dalle Aziende
Sanitarie, solo all’esito delle quali l’offerta “migliore” potrà essere trasfusa nel relativo con -
tratto” 30. Il principio di concorrenza è uno dei principi cardini del Trattato, soprattutto in rela -
zione al mondo delle commesse pubbliche. Esso garantisce la completa parità di accesso
di tutte le imprese europee al monte dei contratti pubblici. Come ha già sottolineato il
Consiglio di Stato, “La conseguenza rilevante è che le imprese europee (e anche quelle
dello stesso paese del cui ordinamento giuridico si giudica) devono essere poste sullo stes -
so piano, concedendo loro le medesime opportunità; sia sotto il profilo dell’accesso ai con -
tratti pubblici (e quindi attraverso il sistema ordinario dell’evidenza pubblica), sia impeden -
28 Sul necessario rispetto delle procedure ad evidenza pubblica anche per l’affidamento in concessione diservizi pubblici si veda anche Cass. SS.UU. sent. 27/05/2009 n. 12252.29 Cons. Stato, 19/11/2009 sent. n. 7236.30 Giuseppe Naimo, “La Rivoluzione sanitaria”, Federalismi.it, 23/12/2009.
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do che particolari situazioni economiche pongano alcune di esse in una condizione di privi -
legio o comunque di favore economico”.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 31 ha poi specificato che anche per le presta-
zioni sociosanitarie, intese come attività atte a soddisfare bisogni di salute della persona, ossia
di cura e assistenza di persone assistite dal S.S.N. (art. 3 septies commi 1 e 2, D.lgs n.
502/1992) resta la necessità di rispettare le regole generali di diritto interno e i principi del dirit-
to comunitario, infatti, pur non riconducibili, immediatamente, alla disciplina comunitaria e
nazionale specificamente riferita ai contratti pubblici di servizi (direttiva 31 marzo n.
2004/18/Cee) e D.lgs 12 aprile 2006 n. 163 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servi-
zi e forniture), le stesse vanno riportate alla previsione dell’allegato II B (che elenca i “servizi sani -
tari e sociali”) dell’art. 20 del D.lgs n. 163/2006. Va infatti rilevato “come non possa essere rite -
nuta estranea alla nozione di mercato l’erogazione di prestazioni sanitarie o socio-sanitarie in
favore di assistiti del SSN, da ritenersi come luogo ideale di incontro tra domanda e offerta” 32.
Peraltro, non ci si può meravigliare visto che secondo la giurisprudenza costante della
Corte di Lussemburgo 33, le prestazioni mediche rientrano nell’ambito di applicazione delle
disposizioni relative alla libera prestazione di servizi senza alcuna distinzione tra prestazio-
ni erogate in ambito ospedaliero o territoriale 34. E la natura giuridica delle prestazioni sani-
tarie e/o mediche è stata altrettanto approfondita dalla stessa Corte di Giustizia, che le ha
inequivocabilmente contemplate tra i servizi, ed in quanto tali soggetti alla normativa comu-
nitaria di settore quanto all’aggiudicazione.
Orbene, in tale contesto o, se vogliamo, nuovo contesto ordinamentale, il tradizionale
strumento dell’accreditamento non potrà più rappresentare l’alibi istituzionale per bypassa-
re le procedure ad evidenza pubblica imposte dal sistema comunitario. L’accreditamento
attribuisce all’accreditato la qualifica “istituzionale” di gestore del servizio pubblico, ma non
consente all’accreditato di erogare prestazioni “a carico” del servizio sanitario nazionale se
non previa procedura ad evidenza pubblica. Il requisito dell’accreditamento rimane quindi,
secondo la Corte Costituzionale, solamente una “operazione da parte di una autorità o isti -
tuzione (nella specie regione), con la quale si riconosce il possesso da parte di un sogget -
to o di un organismo di prescritti specifici requisiti (c.d. standard di qualificazione) e si risol -
ve, come nella fattispecie, in iscrizione in elenco, da cui possono attingere per l’utilizzazio -
ne, altri soggetti assistiti-utenti delle prestazioni sanitarie)”.
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31 Cons. Stato, Ad. Plen. n. 1/2008.32 Tar Campania, Napoli, sent. 09/10/2009, n. 4905.33 Corte di Giustizia, sent. 4/10/1991, causa C-159/90, Society for the Protection of Unmborn Childre Ireland,punto 18; sent. 28/04/1998, causa C-158/96, Kohll, punto 29; sent. 16/05/2006, causa C-372/04, Watts, punto 89.34 Corte di Giustizia, sent. 23/10/2003, causa C-56/01, Inizan, punto 16.
Del resto la Regione Siciliana, nella gestione della formazione professionale ex L. n.
24/1976 opera già con lo strumento dell’accreditamento, ma l’affidamento dell’annuale
commessa pubblica, veicolata attraverso il P.R.O.F., è tuttavia preceduta da un bando pub-
blico aperto a tutti gli enti che possiedono i prescritti requisiti, primo fra tutti quello di esse-
re accreditati.
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