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IL CONTRIBUTO FENOMENOLOGICO – ESISTENZIALE ALLO STUDIO DELLA PERSONALITÀ
Nei primi anni del ‘900, l’indirizzo fenomenologico – esistenziale, nelle sue diverse espressioni ha svolto un ruolo essenziale nell’ampliare gli orizzonti della psicologia e dello studio della personalità, restituendo il senso dell’unità e della complessità alla soggettività umana.
Psicologi e psichiatri di questa inclinazione (Husserl, Sartre, Merleau-Ponty, Jaspers, Minkowsky, Binswanger, Laing) hanno focalizzato l’interesse sull’analisi dell’individuo e della sua interazione con gli altri/il mondo.
Riscoprendo anche la centralità dell’intenzionalità e della volontà come dimensioni essenziali dell’individualità.
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L’Analisi Transazionale
LA PSICOLOGIA UMANISTICA
Verso la fine degli anni Cinquanta, inizia a farsi strada una nuova corrente psicologica. Una “terza forza” della psicologia che, dopo il comportamentismo e la psicoanalisi, si definisce UMANISTICA. Una nuova voce che rimette l’individuo al centro del suo mondo, riconoscendogli potenzialità di autodeterminazione, di crescita e di trasformazione ben più forte di qualsiasi condizionamento.
Il campo di osservazione e di studio si sposta dal semplice comportamento alla qualità delle relazioni, dal resoconto del passato, alla progettazione del futuro, dal riflesso condizionato alla spinta creativa…
Tra i principali esponenti troviamo: Abraham Maslow, che si è occupato dello studio della personalità sana; Rollo May, attento all’essere e al suo divenire; Viktor Frankl, che ha sottolineato l’importanza di dare un senso alla propria vita, Carl Rogers che, con una visione ottimistica dell’uomo, ha basato il proprio contributo sulla libertà e responsabilità dell’individuo; Roberto Assagioli che ha dato rilievo alla componente spirituale dell’individuo; Fritz Perls, con la fiducia nelle capacità di autoregolazione degli esseri umani; ed Eric Berne che ha concentrato l’attenzione sugli scambi tra individuo/mondo come veicolo di contenuti profondi e strumento di cambiamento.
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L’Analisi Transazionale
LE BASI DELLA PSICOLOGIA UMANISTICA
Tre sono le principali correnti di pensiero psico-filosofico alle quali è importante fare riferimento per parlare di PSICOLOGIA UMANISTICA:
LA PSICOANALISI
LA PSICOLOGIA DELLA FORMA
LA FENOMENOLOGIA-ESISTENZIALISMO
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LE BASI DELLA PSICOLOGIA UMANISTICA
Rispetto alle evoluzioni della PSICOANALISI:
dall’immediato dopoguerra, si fa strada la psicoanalisi di gruppo. Il terapeuta, anziché ostacolare, favorisce il rapporto transferale multiplo.
Con H. Hartman (1939) nasce la Psicologia dell’Io. Si teorizza una parte dell’Io autonoma e indipendente dall’Es e dal Super-Io, che agisce in relazione alle esigenze della realtà. Si sposta l’attenzione sul funzionamento dell’Io del paziente, al modo in cui questi vive la sua vita concreta e all’adeguatezza dei suoi meccanismi di difesa.
Con P. Federn (1932) si fanno strada i primi concetti fenomenologici dell’IO.
Con la Scuola Culturalista (Fromm. Horney, Sullivan), l’attenzione si volge a come la persona interagisce nel suo ambiente.
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LE BASI DELLA PSICOLOGIA UMANISTICA
Rispetto alla PSICOLOGIA DELLA FORMA (GESTALT), il cui inizio si fa risalire a M. Wertheimer (prima metà ‘900), prende piede la concezione fondamentale per cui:
nella nostra percezione del mondo non cogliamo delle semplici somme di stimoli, che si uniscono a dare gli oggetti, ma percepiamo delle Forme che sono qualcosa di più e di diverso della somma degli stimoli stessi. Un processo di analisi deve, pertanto, comprendere una visione globale dell’essere.
Con K. Lewin, si focalizza l’attenzione sugli aspetti sociali della personalità, sulla psicologia sociale e dei gruppi. Nello studio dei processi psichici è necessario tener conto dei vari e altri processi e fenomeni che li accompagnano e ne definiscono il contesto. L’insieme dei processi interconnessi determina il carattere di ciascuno degli elementi costituenti.
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LE BASI DELLA PSICOLOGIA UMANISTICA
Nell’area filosofica, nascono e si consolidano:
LA FENOMENOLOGIA E L’ESISTENZIALISMO (Husserl e Heidegger) Husserl (1859 – 1938), fondatore della Fenomenologia, contrasta la
visione positivistica del tardo ottocento che vuole ridurre le funzioni logiche-psicologiche dell’uomo a strutture fisico-naturalistiche. Le funzioni psicologiche non sono quantificabili.
M. Heidegger, si fa strada all’interno della nuova Scuola Esistenzialista sottolineando il rapporto esistenziale tra due realtà concrete: un soggetto e il mondo, che è fatto di cose e di uomini. L’attenzione è posta all’Esserci nel mondo. Viene così enfatizzata anche la Responsabilità personale dell’esistere e la Progettualità della vita all’interno del tempo.
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LE BASI DELLA PSICOLOGIA UMANISTICA
Un’applicazione dei costrutti teorici della Fenomenologia-Esistenzialismo interessa alcuni psichiatri come Jaspers e Binswanger (con l’Antropanalisi). Entrambi applicarono i nuovi orientamenti filosofici alla comprensione e al trattamento degli stati psicopatologici.
Gli ulteriori contributi alla psicologia umanistica, nell’area dell’applicazione:
J. L. Moreno (1946), ideatore dello Psicodramma, in cui l’obiettivo della terapia è la Catarsi emozionale e la soluzione dei problemi attraverso la partecipazione e la sperimentazione, piuttosto che la discussione o l’interpretazione degli stessi.
W. Reich (1928) sottolinea la relazione tra processi mentali, strutture e funzioni corporee, sviluppando delle tecniche (Vegetoterapia carattero-analitica) per lavorare sui problemi psicologici attraverso il corpo.
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LE BASI DELLA PSICOLOGIA UMANISTICA
Alla base della PSICOLOGIA UMANISTICA si trovano le
concezioni FENOMENOLOGICO/ESISTENZIALISTE
L’ATTENZIONE VIENE POSTA su:
L’ESPERIENZA FENOMENOLOGICA. Il “qui ed ora” di quanto avviene e come viene esperito dalla
persona stessa, più che le cause remote o i conflitti inconsci. La CAPACITA’ DI SCELTA individuale La CAPACITA’ CREATIVA nella scelta La LIBERTA’ nello stabilire gli obiettivi La RESPONSABILITA’ delle scelte
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LE BASI DELLA PSICOLOGIA UMANISTICA
QUALI ELEMENTI CARATTERIZZANO LE PSICOTERAPIE UMANISTICHE?
importanza dell’intenzionalità della propria azione e della decisone di cambiare. Progettualità nella realizzazione di sé;
comunicazione nel gruppo come reciproca presenza impegnata;
convinzione che ogni persona abbia in sé le risorse necessarie per un suo produttivo cambiamento;
accettazione dei propri limiti attuali e dei limiti dati dalle condizioni oggettive;
Libertà di scelta e nozione di responsabilità personale;
primato del vissuto concreto nei confronti dei principi astratti;
importanza dell’auto-osservazione corporea e psichica e del continuum di consapevolezza (flusso di coscienza);
convinzione che il comprendere più che aver a che fare con lo spiegare ha a che fare con l’esperire. E’ fondamentale la dimensione del fare, dell’agire, del vivere;
importanza del momento presente, qui ed ora;
partecipazione del terapeuta alla realizzazione dell’”incontro”.
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LE BASI DELLA PSICOLOGIA UMANISTICA
Verso la fine degli anni ’50, una nuova voce rimette l’individuo al centro del suo mondo, riconoscendogli potenzialità di autodeterminazione, di crescita, di trasformazione. Dopo il comportamentismo e la psicanalisi questa “terza forza” della psicologia amplia il campo di osservazione e di studio.
dal comportamento alla QUALITA’ DELLE RELAZIONI
dal resoconto del passato alla PROGETTAZIONE DEL FUTURO
dal patrimonio genetico ai TALENTI INESPRESSI
dal riflesso condizionato alla SPINTA CREATIVA
dal determinismo alla LIBERTA’ DI SCELTA
dall’enfasi sugli istinti a quella sulla DIMENSIONE ETICA
dallo studio dell’uomo malato allo studio dell’UOMO SANO
dalla terapia alla FORMAZIONE
Tra i principali esponenti di questa corrente troviamo:
Abraham Maslow, Rollo May, Viktor Frankl, Carl Rogers, Roberto Assagioli, Fritz Perls, Eric Berne
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CARL ROGERS (1902 – 1987)
La Teoria della Personalità di Rogers assegna un ruolo fondamentale all’UNICITÀ e alla SOGGETTIVITÀ dell’individuo.
Il modo in cui una persona si vede e interpreta gli eventi della propria vita determina il modo in cui risponde a tali eventi, cioè come si comporta.
L’EMOZIONE ha un ruolo positivo nell’adattamento.
Rogers afferma che:
“L’emozione accompagna e in generale facilita… il comportamento diretto a un fine… poiché l’intensità dell’emozione è in relazione diretta con ciò che si percepisce essere il significato del comportamento volto al mantenimento e allo sviluppo dell’organismo” (Rogers 1951, 493)
“L’organismo possiede un’unica tendenza e aspirazione:attualizzarsi, mantenersi e dare impulso al proprio campo di esperienza” (Rogers 1951, 487)
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CARL ROGERS (1902 – 1987)
Il concetto di SE’, centrale nella maggior parte delle teorie fenomenologiche, riveste un ruolo fondamentale anche nella TEORIA di ROGERS.
“Il concetto di SE’ è una “Gestalt a carattere organizzato e di natura costante che consiste nelle percezioni delle caratteristiche relative all’’Io’ o al ‘Me’, unitamente a quelle delle relazioni dell’’Io’ e del ‘Me’ con gli altri e i vari aspetti della vita” (Rogers 1959, 200)
Il modo di percepire il proprio SE’ determina la modalità con cui il resto del mondo viene percepito.
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CARL ROGERS (1902 – 1987)
Rogers propone due sistemi: il SE’ e l’ORGANISMO. Quando questi sistemi sono in opposizione l’uno dall’altro si ha disadattamento. Le esperienze non congruenti al Sé possono venir percepite come minacciose. Maggiore è il senso di minaccia, più rigida e difensiva diventa la struttura del Sé. Allo stesso tempo, il concetto di Sé perde contatto con la realtà organistica e si discosta dalla realtà.
Rogers (1959) ipotizza l’esistenza di un bisogno universale di “CONSIDERAZIONE POSITIVA”, bisogno che induce la persona a desiderare di essere accettata e amata dalle persone significative della sua vita.
L’individuo ha bisogno di considerazione positiva non solo da parte degli altri, ma anche di se stesso.
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CARL ROGERS (1902 – 1987) LA TERAPIA CENTRATA SULLA PERSONA
La TERAPIA CENTRATA SULLA PERSONA si fonda su un’armoniosa interazione tra il Sé e l’Organismo e tende a favorire una migliore relazione tra la struttura del Sé e la Fenomenologia dell’esperienza. Con l’obiettivo di aiutare il cliente/paziente a raggiungere una maggior indipendenza e integrazione.
L’atteggiamento di calda e incondizionata accettazione da parte del terapeuta può far sì che il cliente percepisca ed esamini le esperienze che si mostrano incongruenti con la strutturazione attuale delle proprie concezioni di Sé.
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CARL ROGERS (1902 – 1987) IN SINTESI
La TEORIA DI ROGERS comprende in sé gli elementi più significativi
dell’impostazione fenomenologia e umanistica della personalità
Assegna un ruolo fondamentale alla REALTA’ COSI’ COME VIENE PERCEPITA, alle ESPERIENZE SOGGETTIVE, alla spinta organismica alla propria REALIZZAZIONE, E AL POTENZIALE INDIVIDUALE DI LIBERAZIONE E SVILUPPO.
Il suo centro di interesse è rappresentato dall’esperienza del Sé, a scapito delle cause di natura storica o della concezione dei tratti di natura stabile.
Infine, l’aspetto peculiare della teoria di Rogers è il concetto di ACCETTAZIONE INCONDIZIONATA, quale requisito fondamentale per la considerazione di sé.
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CARL ROGERS (1902 – 1987) la relazione supportiva
Consapevolezza dei propri sentimenti e atteggiamenti
Capacità di esprimere/comunicare “chi sono io”
Capacità di provare atteggiamenti positivi verso gli altri
Capacità di mantenere la propria individualità
Capacità di permettere agli altri una loro esistenza separata
Comprensione del/'altro al punto da deporre ogni atteggiamento di giudizio/valutazione
Capacità di accettare I'altro come 8, in tutti i suoi aspetti
Capacità di agire senza apparire minacciante
Capacità di affrancare I'altro dalla paura della valutazione esterna
Capacità di vedere I'altro come qualcuno che vive un processo di sviluppo
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ABRAHAM MASLOW (1908 – 1970)
La Gerarchia dei Bisogni Come Rogers, anche Abraham Maslow sostiene l’esistenza,
nell’essere umano, di un vasto potenziale di natura positiva volta alla crescita e al pieno sviluppo individuale.
L’intento di Maslow è di studiare “l’uomo ottimale”e di scoprire quali qualità possiedano coloro che sembrano più vicini alla realizzazione delle proprie potenzialità. Secondo tale orientamento, l’individuo sente questo bisogno di crescita (autorealizzazione) che emerge quando i bisogni di natura primaria (fisiologici, di sicurezza, di appartenenza e autostima ) sono stati soddisfatti.
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ABRAHAM MASLOW (1908 – 1970)
La Gerarchia dei Bisogni A. Maslow ordina i motivi in una gerarchia che sale a partire dai
bisogni fisiologici
come la fame e la sete, passando poi al bisogno di sicurezza e di amore e al bisogno di stima ed infine, l’autorealizzazione.
I bisogni più bassi sono quelli più forti e pretendono di essere soddisfatti per primi. I bisogni più elevati hanno influenza minore sul comportamento, ma sono i più propriamente umani.
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ABRAHAM MASLOW (1908 – 1970)
La Gerarchia dei Bisogni
L’Autorealizzazione può essere considerata non soltanto un bisogno e una qualità posseduta da individui particolari, ma anche come un’esperienza soggettiva che ciascuno di noi, anche se solo in alcuni momenti della vita (“esperienze culminanti”), può sperimentare: cioè esperienze a carattere momentaneo di piena soddisfazione e gioia, nelle quali l’individuo esce dai confini ristretti del proprio sé.
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ROLLO MAY (1909 - 1994)
L'atteggiamento fenomenologico e considerato da May necessario oltre che nella pratica clinica anche nelle premesse teoriche e di metodo, a cui presta particolare attenzione.
Particolare importanza viene data alla nozione di INTENZIONALITA' e la preoccupazione di accostarsi al mondo dell'altro SOSPENDENDO QUALSIASI VALUTAZIONE DI GIUDIZIO.
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L’Analisi Transazionale
ROLLO MAY (1909 - 1994)
II fine della psicoterapia è quello di favorire I'integrazione a livello conscio e inconscio dei vari processi costitutivi della personalità: DESIDERIO VOLONTA’ DECISIONE.
LE FASI DELLA TERAPIA: Comprendere il linguaggio del corpo, chiarire Ie difese, far
emergere emozioni/desideri affinché il cliente/paziente ne diventi consapevole
Incanalare creativamente i processi inconsci e valorizzare Ie potenzialità
Trasformazione/realizzazione dei desideri
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ROBERTO ASSAGGIOLI (1888 1974)
Tra gli approcci più eclettici, si trova la PSICOSINTESI. Le basi culturali a cui attinge la Psicosintesi sono molteplici: psicologia buddista, filosofia indiana, pensiero ebraico, teosofia, mistica cristiana ...
Fondamentale risulta essere "conoscere se stessi /il dialogo interiore", affinando i sensi nei confronti di sensazioni, emozioni, pensieri, intuizioni, così da poterli riconoscere/esprimere/trasformare/coltivare/ o allontanare sotto la guida di una volontà sapiente e buona.
Una volta imparato a interagire in modo positivo con tutti i diversi aspetti della propria personalità, spesso anche conflittuali tra loro, si ha acquisito una dialettica sufficientemente efficace anche per relazionarsi con gli altri.
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ROBERTO ASSAGGIOLI (1888 1974)
La Volontà, fulcro della teoria e della pratica della psicosintesi, sa come utilizzare e combinare tra loro sensazioni/pensieri/emozioni/immaginazione cosi da impedire che una di queste componenti prenda il sopravvento e da poterne utilizzare, di volta in volta, le potenzialità specifiche per raggiungere il proprio obiettivo.
Nelle TECNICHE DELLA PSICOSINTESI, riveste molta importanza il LINGUAGGIO ANALOGICO che, attraverso immagini visualizzate, sognate, disegnate, decodifica i messaggi dell'inconscio e, a sua volta, manda in profondità messaggi specifici, ottenendo risultati che il solo lavoro con il ragionamento e la logica non raggiungerebbero.
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L’Analisi Transazionale
FRITZ PERLS (1893 – 1970)
Dalla psicologia della Forma (Gestalt) o Psicologia della Percezione si è sviluppato un nuovo approccio terapeutico.
Gli studi sulla percezione, il rapporto figura/sfondo e il principio per cui “il tutto è maggiore della somma delle parti” hanno creato le basi per una concezione dell’essere umano inserito dinamicamente nel suo mondo e in continua interazione con la realtà.
SCOPO DELLA GESTALT è quello di evidenziare non il “perché” si è creata una certa situazione ma come il paziente/cliente l’ha creata e continua a perpetrarla.
Lo studio delle funzioni psichiche avviene a partire dal contatto diretto con i dati dell’esperienza nel “qui ed ora”, a partire dal presente, non dal passato, esaminando i comportamenti, gli atteggiamenti, le aspettative, le paure, abitudini, pregiudizi… e tutti quei filtri che impediscono un contatto diretto e autentico tra la persona e la realtà. Per imparare a riconoscerli, metterli da parte o modificarli.
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L’Analisi Transazionale
FRITZ PERLS (1893 – 1970)
La Gestalt vuole favorire il pieno sviluppo delle potenzialità e capacità umane, risvegliando la consapevolezza di ciò che si è. L’invito è quello di inserirsi attivamente nella realtà, imparando a riconoscere i propri bisogni e ad attivarsi, internamente ed esternamente, per soddisfarli.
Strumento per integrare i diversi fattori della personalità è il FIVE PART PROCESS, un processo in cinque tappe che permette di realizzare quella che in Gestalt viene chiamata la “chiusura gestaltica”, la completa risoluzione e integrazione di un evento. primo passo è l’identificazione = diventare consapevoli di un’emozione seguono il confronto e l’espressione, l’entrarci dentro e viverla poi la scarica, in cui si libera l’emozione il cambiamento, la consapevolezza che qualcosa si è mosso infine, la crescita, la capacità di usare l’esperienza passata per dare una
risposta nuova nel presente.
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L’Analisi Transazionale
ERIC BERNE (1910 – 1970)
Caratteristica essenziale dell’Analisi Transazionale (A.T., anni ‘50) come teoria psicologica è quella di occuparsi dell’individuo nella concretezza delle sue relazioni, che si esprimono attraverso Transazioni (scambi comunicativi)
Le Transazioni sono gli indicatori degli elementi sottostanti e più profondi della personalità. Tra questi elementi si trovano gli Stati dell’Io, parti tra loro coerenti di quel complesso più vasto che è l’Io.
Berne ha particolarmente approfondito lo studio e la pratica terapeutica di quelle situazioni di sofferenza e disagio che si esprimono in una ripetitività. E’ questo il caso dei “giochi psicologici” e, nell’arco più ampio dell’esistenza, del “copione di vita”
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L’Analisi Transazionale
FASI STORICHE DELL’A.T.
Prima fase storica (1958-1962) -> introduce il concetto di Stati dell’Io
Seconda fase storica (1962-1966) -> si focalizza sul concetto di Transazioni
Terza fase storica (1966-1970) -> elabora il concetto di Copione
L’Analisi Transazionale
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L’ANALISI TRANSAZIONALE
ANALISI-> conoscenza delle parti per suddivisione, es. analisi chimica dell’acqua
TRANSAZIONE -> azione tra, scambio
ANALISI TRANSAZIONALE
analisi degli scambi che intervengono tra le parti;
conoscenza acquisita analizzando le parti
che intervengono negli scambi comunicativi
L’Analisi Transazionale
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Gli Stati dell’Io la struttura di personalità secondo l’Analisi Transazionale
L’Analisi Transazionale
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Stato dell’Io Bambino:insieme di sentimenti, pensieri e comportamenti riproposti dall’infanzia
Stato dell’Io Adulto:insieme di sentimenti, pensieri e comportamenti in risposta al presente, alla realtà che sto vivendo
G
A
B
Stato dell’Io Genitore: insieme di sentimenti, pensieri e comportamenti introiettati dai genitori o dalle figure genitoriali
LA SALUTE MENTALE SECONDO ERIC BERNE Eric Berne definì la salute mentale come la
facoltà di essere:
Spontanei
Consapevoli
Capaci di entrare in intimità.
L’Analisi Transazionale
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ERIC BERNE (1910 – 1970)
Il termine COPIONE sta a sottolineare la tendenza inconsapevole a seguire una via già tracciata, a percorrere binari limitanti che difensivamente sono stati da noi predisposti in un lontano passato e via via confermati con le nostre esperienze di vita, lette e vissute proprio attraverso quel copione.
La psicoterapia analitico – transazionale riconosce oggi che il copione ha anche il carattere di un’inevitabile strutturazione dell’esistenza e si propone, oltre che di trasformarne gli aspetti che provocano sofferenza, anche di cogliere, sottolineare e sviluppare gli elementi di positività.
Con gli anni, l’Analisi Transazionale, da una parte si è autonomamente sviluppata andando oltre il suo fondatore e, dall’altra, ha seguito la tendenza propria anche di altre scuole psicologiche, a integrare in sé quegli aspetti di altri orientamenti compatibili con la propria struttura ed efficaci sul piano terapeutico.
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L’Analisi Transazionale
IL COPIONE E’ un piano di vita
Un insieme di opinioni, decisioni e modelli di comportamento, riguardante il bambino stesso e gli altri. E’ assunto inconsapevolmente nell’infanzia, rinforzato dall’ambiente familiare e poi dalle successive esperienze di vita.
Il bambino nell’incontro – scontro fra inclinazioni naturali e adattamenti sociali, si forma la propria personalità. Rispondendo, in modo variabile, ai messaggi che man mano riceve, sviluppa alcune capacità e ne mette altre sullo sfondo.
Stabilizza nel tempo modalità automatiche di comportamento e atteggiamenti rigidi che ne inibiranno la spontaneità e la flessibilità sia nell’area della soluzione dei problemi che in quella del rapporto con gli altri.
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Qualche riflessione sulla ANALISI TRANSAZIONALE
Liberamente tratto da: Dianora Casalegno, L’Analisi Transazionale nell’attività di counselling, FOR, n.57, 2003. L’ANALISI TRANSAZIONALE nasce negli anni ’50con Eric Berne, psichiatra e psicoanalista, come teoria delle dinamiche intrapsichiche e come sistema di psicoterapia. Dal punto di vista filosofico, Berne ha condiviso ed evidenziato i principi di base delle discipline umanistiche, in particolare, l’autorealizzazione e la centralità della persona nel proprio percorso di crescita e cambiamento.
Tra i valori che promuove ci sono quelli di una visione positiva di Sé; degli Altri e della Vita (okness); l’autonomia individuale; il concetto di responsabilità e cambiamento. L’A.T. si concentra prevalentemente sulle relazioni con gli altri come punto di partenza per arrivare a far emergere il modo con cui la persona limita le sue possibilità, e quindi mettere a fuoco il copione personale. Oltre alla terapia, questa teoria è stata utilizzata nel campo della formazione e dello sviluppo del potenziale umano. Peculiarità dell’A.T. è quella di essere uno strumento di analisi e riconoscimento di comportamenti visibili e accertabili e non uno strumento interpretativo decodificabile solo e sempre con l’intervento dell’esperto.
Il linguaggio semplice e facilmente comprensibile si pone come punto di forza della teoria che, seppur complessa, può essere alla portata di tutti e fruibile da chi si ritiene OK e si automotiva al cambiamento. Inoltre, è sufficiente conoscere alcuni elementi della teoria per poterne già usufruire.
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L’Analisi Transazionale
Qualche riflessione sulla ANALISI TRANSAZIONALE
L’ANALISI TRANSAZIONALE è:
una metodologia nel campo della psicologia applicata, basata sui comportamenti autoosservabili
si basa sull’assunto per cui tutti possono imparare a fidarsi di se stessi , pensare per se stessi, prendere le proprie decisioni ed esprimere i propri sentimenti.
i suoi principi possono venire applicati ovunque esistano relazioni sociali (sul lavoro; in famiglia; nella scuola…)
secondo BERNE un importante fine dell’A.T. è stabilire la comunicazione più aperta e autentica possibile tra la componente affettiva e quella cognitiva della personalità.
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L’Analisi Transazionale
LA FILOSOFIA DELL’ANALISI TRANSAZIONALE
L’A.T. Si basa su alcuni assunti filosofici: OGNUNO E’ OK OGNUNO HA LA CAPACITA’ DI PENSARE OGNUNO DECIDE IL PROPRIO DESTINO E QUESTE DECISIONI
POSSONO ESSERE CAMBIATE
Da questi assunti seguono due principi fondamentali della pratica dell’A.T.:
IL METODO CONTRATTUALE LA COMUNICAZIONE APERTA
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OGNUNO E’ OK
Questo significa che voi e io siamo entrambi dotati di valore e dignità. Io accetto me stesso in quanto me e accetto te in quanto te. Si tratta di un’affermazione sull’essenza più che sul comportamento
Talvolta può darsi che io non accetti quello che tu fai ma sempre accetto quello che tu sei.
La tua essenza di essere umano è ok per me, anche se il tuo comportamento può non esserlo
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L’Analisi Transazionale
OGNUNO HA LA CAPACITA’ DI PENSARE
Ognuno, a eccezione di chi ha subito un grave danno cerebrale, ha la capacità di pensare.
Pertanto è responsabilità di ciascuno di noi decidere cosa vogliamo dalla vita.
Ognuno, in ultima analisi, vivrà portandosi dietro le conseguenze di ciò che ha deciso.
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IL MODELLO DECISIONALE
Sia tu che io siamo ok. può darsi che talvolta mettiamo in atto un comportamento non ok. quando ciò avviene, significa che stiamo seguendo delle strategie che abbiamo deciso da bambini. Allora, erano il modo migliore che avevamo per sopravvivere e ottenere quello che volevamo da un mondo che poteva sembrarci ostile.
Nessuno può costringerci a comportarci in un dato modo. Gli altri o le circostanze della vita possono esercitare una pressione su di noi, così come la esercitarono i nostri genitori, ma è sempre una nostra decisione adeguarci o meno a queste pressioni.
Inoltre, ogni volta che prendiamo una decisione, più tardi possiamo cambiarla attraverso l’insight e una decisione attiva di cambiamento.
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