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PSICOLOGIA SOCIALE
lez. 9
Paola Magnano
paola.magnano@unikore.itricevimento: martedì ore 10-12 c/o Studio 16, piano -1
UNIVERSITÀ KORE DI ENNA UNIVERSITÀ KORE DI ENNA
COS’È LA LEADERSHIP?
ESISTONO DELLE CARATTERISTICHE PER ESSERE LEADER?
SE SI, QUALI SONO LE “QUALITÀ” DEL LEADER?
LEADERSHIP
lo status, il comportamento o l’insieme di tratti che caratterizzano la persona che assicura la conduzione di un gruppo
il leader è una persona che esercita influenza sugli altri membri del gruppo in misura maggiore rispetto a quanto è da essi influenzata (Brown, 1989)
gioca il ruolo più importante nel dirigere le attività di gruppo, nel mantenimento delle sue tradizioni e costumi, nell’assicurare il raggiungimento dei suoi obiettivi (Turner, 1991)
LEADERSHIP E POTERE(Hollander, 1985)
è un processo di influenza fra leader e
membri per raggiungere gli scopi
del gruppo
produce persuasione
implica aspetti di coercizione e
controllo
produce compiacenza e acquiescenza
LEADERSHIP
è un processo (non una persona) che implica
l’interazione fra leader, seguaci e situazioni
è un fenomeno complesso che si trova
nell’intersezione tra situazione (struttura sociale,
tipo di compito), leader (competenze, motivazioni,
caratteristiche personali) e membri del gruppo
(competenze, motivazioni, caratteristiche personali)
(Hollander, 1985)
ALCUNI CONCETTI SIMILINovara e Sarchielli, 1996)
potere: capacità di influenzare o vincere le resistenze degli altri, assicurandosi dei comportamenti di acquiescenza
autorità: legittimità nell’esercizio del potere, che è circoscritto ad un certo ambito di attività
controllo: modalità con cui viene valutato il conseguimento degli obiettivi predefiniti
leadership: forma di influenza, caratterizzata dalla capacità di determinare un consenso volontario, un’accettazione soggettiva e motivata nelle persone rispetto a certi obiettivi del gruppo o dell’organizzazione
LE TEORIE DEL “GRANDE UOMO” O APPROCCIO DEI TRATTI
intelligenza
vigilanza
intuizione
responsabilità
iniziativa
pertinacia
fiducia in sé
socievolezza
“Leader si nasce, non si diventa”esistono nelle persone delle propensioni naturali all’esercizio del comando
Stogdill,
1948
(rassegna di
studi tra il
1904 e il
1947)
propensione alla responsabilità
propensione al conseguimento del compito
forza e tenacia nel perseguimento degli obiettivi
originalità nel problem solving
tendenza a prendere iniziative nelle situazioni sociali
fiducia in sé e sentimento di identità personale
Stogdill,
1974
(rassegna
di studi
tra il
1948 e il
1970)
LE TEORIE DEL “GRANDE UOMO” O APPROCCIO DEI TRATTI
leadership come strategia identitariaBodiou, 1996
permette all’individuo di soddisfare alcuni bisogni:
il rinforzo dell’immagine di sé
la valorizzazione di sé
il desiderio di contare agli occhi degli altri
permette al gruppo di soddisfare alcuni bisogni identitari (sicurezza, stabilità)
è un processo dinamico ed evolutivo, risultato di strategie individuali, interpersonali e di gruppo
APPROCCIO DEI TRATTI: LE DEBOLEZZE
prende in considerazione solo un elemento del processo di leadership, il leader, tralasciando gli altri elementi del processo, cioè i componenti del gruppo e le situazioni
la lista dei tratti che potrebbe essere redatta è quasi infinita ed esistono scarse somiglianze tra una ricerca e l’altra
un elenco descrittivo di caratteristiche non ci dice nulla su come tali qualità influenzino i membri del gruppo, la loro produttività e il loro livello di soddisfazione
poiché i tratti sono considerato caratteristiche psicologiche relativamente stabili, in questo approccio non c’è un grande spazio per l’apprendimento e per lo sviluppo
AUTOCRATICO
organizza e dirige ogni attività, tende ad inibire le comunicazioni tra i membri del gruppo, non rende partecipi i p a r t e c i p a n t i a l l e decisioni
I COMPORTAMENTI DEL LEADER
Lewin, Lippitt e White, 1939TRE STILI DI LEADERSHIP
DEMOCRATICO
discute con il gruppo ogn i d ec i s i o ne e attività, è amichevole e disponibile, rende partecipativi i membri del gruppo, facilita i contatti nel gruppo
PERMISSIVO
interviene pochissimo n e l l e a t t i v i t à d e l gruppo, che viene lasciato libero di agire
L. AUTOCRATICA
TRE STILI DI LEADERSHIP: QUAL È IL “MIGLIORE”?
CLIMApositivo
conflittuale
PRODUTTIVITÀ
elevatabassa
buona produttivitàclima di aggressività
dipendenza dal conduttore
L. DEMOCRATICA
discreto livello produttivocapacità di autogestioneclima sereno con ampi scambi comunicativi
L. LAISSEZ FAIREbasso livello produttivo
“perdita di tempo”clima caotico
L. LAISSEZ FAIREbasso livello produttivo
“perdita di tempo”clima di gioco
INTER
ES
SE P
ER
LE P
ER
SO
NE
INTERESSE PER LA PRODUZIONE
minimo sforzo per far eseguire il
lavoroevitare i problemi
interesse medio per il
compito e per la relazione
gruppo di amiciatmosfera confortevoleritmo di lavoro rilassato
si ottengono buoni risultati in un clima contrassegnato da
soddisfazione e fiducia
raggiungere gli scopi nel minor tempo possibile
CINQUE STILI DI LEADERSHIP (Blake e Mouton, 1964)
APPROCCIO SITUAZIONISTA
cerca di definire cosa sia richiesto ad un leader nella situazione in cui si trova
il leader ha bisogno di ricoprire funzioni diverse in situazioni che contemplano compiti diversi
il focus si sposta sulle circostanze ambientali, sulle situazioni in cui si svolge il processo di leadership
APPROCCIO SITUAZIONISTA
FATTORI SITUAZIONALI
natura del compito (Hemphill, 1949)
clima affettivo (Hollander, 1985)
tipo di relazioni interne al gruppo (es. competitive o cooperative)
ampiezza del gruppo
stadio di sviluppo del gruppo (Tuckman, 1965)
STADI DI SVILUPPO DEL GRUPPO (Tuckman, 1965)
forming (formazione): comprende dipendenza e orientamento; i membri sono ansiosi sulla loro appartenenza al gruppo; il loro comportamento è circospetto
storming (conflitto): implica conflitti e aspetti emozionali; i membri sono più assertivi e cercano di modificare il gruppo secondo i propri bisogni; si generano ostilità e risentimenti
norming (normativo): comporta coesione e scambio; i membri cercano di risolvere i conflitti precedenti e si impegnano nella negoziazione di regole di comportamento
performing (prestazione): implica role taking e problem solving; ogni partecipante lavora cooperativamente con gli altri per raggiungere scopi comuni
adjourning (sospensione): ciascuno comincia gradualmente a ritirarsi sia dalle attività socioemozionale che da quelle centrate sul compito
l’enfasi sulla nozione di situazione ha portato a trascurare il peso che hanno le qualità del leader
il termine “situazione” è ambiguo perché si riferisce sia a fattori interni al gruppo che ad elementi relativi al contesto
il leader è un elemento della situazione come gli altri
APPROCCIO SITUAZIONISTA: LE DEBOLEZZE
prendono in considerazione l’interazione tra lo stile di leadership e la situazione
viene superata l’idea semplicistica che esiste una leadership ottimale o ideale
l’efficacia della leadership è legata a contingenze, situazioni particolari che il leader efficace deve saper correttamente diagnosticare
I MODELLI DELLA CONTINGENZA
lo stile del leader e la situazione del gruppo sono variabili in relazione reciproca
l’orientamento del leader può essere più o meno efficace a partire da tre fattori che determinano il grado di favorevolezza della situazione per il leader:
qualità delle relazioni leader-membri (fiducia, lealtà, clima positivo)
grado di strutturazione del compito (scopo chiaro, indicazioni precise, risultato definito)
potere legato alla posizione del leader (potere si ricompensa o sanzione, competenza nel compito)
IL MODELLO DI FIEDLER (1965, 1978)
IL MODELLO DI FIEDLER (adattato da Lussier, Achua, 2001)
la relazione tra leader e collaboratori è
positiva o negativa?
positiva
negativa
il compito è strutturato o non
strutturato?
strutturato
nonstrutturato
strutturato
nonstrutturato
il potere del leader è forte o debole?
forte
debole
forte
debole
forte
debole
forte
debole
situazione
1
2
3
4
5
6
7
8
stile di leadership
appropriato alla situazione
compito
compito
compito
compito
relazioni
relazioni
relazioni
relazioni
la relazione leader-membri non è sempre categorizzabile come “buona” o “povera”: è legata a fattori dinamici interni al gruppo, alle dimensioni del gruppo e al clima
i compiti non sono semplicemente strutturati o no: la complessità e semplicità del compito può influire sul grado di strutturazione
anche il potere gioca un ruolo molto importante, poco considerato da Fiedler
CRITICHE AL MODELLO DI FIEDLER
identifica stili di leadership nella presa di decisioni, diversificandoli a seconda delle situazioni
a partire da una specifica situazione si può identificare quale stile sia più adatto per giungere ad una soluzione efficace
IL MODELLO DI VROOM E YETTON (1973)o normative model of decision making
5 stili decisionali collocati su un continuum
1. autocratico: il leader prende le decisioni da solo senza consultare i membri del gruppo, utilizzando le informazioni di cui dispone
2. autocratico con richiesta di informazioni ai collaboratori: il leader decide da solo, anche se i subordinati sono coinvolti in minima parte, chiedendo loro informazioni, a volte senza specificarne l’uso che ne verrà fatto
3. consultivo individuale: il leader consulta individualmente i collaboratori e prende da solo le decisioni
4. consultivo di gruppo: il leader consulta il gruppo collettivamente, anche se prende la decisione da solo, tenendo conto o meno dei suggerimenti dei subordinati
5. partecipativo: il leader condivide il problema con il gruppo, valuta insieme ad esso la situazione per arrivare ad una soluzione consensuale
IL MODELLO DI VROOM E YETTON (1973)
STILI
questi stili decisionali determinano decisioni “diversamente efficaci” secondo tre criteri:
1. qualità delle decisioni: hanno alta qualità le decisioni che hanno un forte impatto sul lavoro del gruppo
2. tempo richiesto per giungere alla decisione
3.accettazione della decisione da parte dei subordinati: è un criterio che determina il successo o il fallimento della decisione
IL MODELLO DI VROOM E YETTON (1973)
EFFICACIA
per un’efficace presa di decisione il leader deve considerare 8 condizioni:
1. importanza della qualità decisionale
2. quantità di informazioni che il leader possiede
3. quantità di informazioni che i subordinati possiedono
4. chiarezza con cui è strutturato il problema
5. grado di accettazione dei subordinati necessario per implementare la decisione
6. probabilità che una decisione presa dal leader sia accettata dai subordinati
7. livello di motivazione dei subordinati rispetto alla soluzione del problema
8. livello di disaccordo dei subordinati riguardo alle soluzioni preferite
IL MODELLO DI VROOM E YETTON (1973)
FATTORI SITUAZIONALI
non è facile stabilire la qualità della di una decisione perché questa può emergere dopo tempi molto prolungati
ha consentito di uscire dalla classica dicotomia leader centrato sul compito vs. leader centrato sulle relazioni
ha mostrato che vi possono essere vari stili di leadership nessuno dei quali valido in assoluto, ma efficaci secondo le richieste situazioni
CRITICHE AL MODELLO DI VROOM E YETTON
individua alcuni moderatori situazionali della relazione tra leadership orientata al compito e leadership orientata alle relazioni
cerca si spiegare come il comportamento del leader possa influenzare la prestazione e la soddisfazione dei subordinati
il leader fa ricorso allo stile maggiormente indicato per una specifica situazione, scegliendo tra 4 stili principali
è possibile innalzare la motivazione dei collaboratori attraverso la chiarezza sui riconoscimenti connessi al raggiungimento degli obiettivi
PATH-GOAL THEORY (Evans, 1970; House, 1971; House e Mitchell, 1974)
collaboratori:
grado in cui i collaboratori hanno bisogno di essere guidati nel realizzare il lavoro
locus of control
abilità dei collaboratori nel portare a termine le attività necessarie al raggiungimento degli obiettivi
contesto:
struttura del compito (es. ripetitività, complessità)
autorità formale del leader
gruppo di lavoro
PATH-GOAL THEORY FATTORI SITUAZIONALI
4 stili decisionali, tra cui scegliere il più adeguato
1. direttivo:
1.1.quando i subordinati richiedono una leadership autoritaria, il loro LoC è esterno e la loro abilità bassa;
1.2.quando il compito è complicato e ambiguo
2. di sostegno:
2.1.quando i subordinati hanno LoC interno e sono competenti ed esperti
2.2.quando il compito è semplice, l’autorità formale è bassa, ma il gruppo di lavoro non fornisce adeguato supporto per il lavoro
PATH-GOAL THEORY STILI
3. partecipativo:
3.1.i subordinati vogliono essere coinvolti, hanno LoC interno, sono competenti; vengono coinvolti nel processo di decision making
3.2.quando il compito è complesso
4. realizzativo:
4.1.i subordinati sono aperti ad una leadership autocratica, hanno LoC interno, elevate abilità
4.2.il compito è semplice e il leader ha elevata autorità (il leader è sia direttivo che di sostegno)
PATH-GOAL THEORY STILI
si focalizza sulla corrispondenza tra stile della leadership e caratteristiche dei membri
per essere efficace il leader deve adattare il suo stile al livello di maturità (capacità di porsi mete alte ma raggiungibili, di assumersi responsabilità) dei membri del gruppo
gli stili di leadership sono 4 e nascono dalla combinazione di due comportamenti: quello di sostegno (centrato sulle relazioni) e quello direttivo (centrato sul compito)
MODELLO DI HERSEY E BLANCHARD (1982)Situational Leadership Theory
TELLINGstile prescrittivo
molta guida e poco sostegnocomunicazioni ad una viagruppi con bassa maturita’
PARTICIPATINGstile partecipativo
poca guida e molto sostegnocentratura sulle relazioni
gruppi con maturita’ medio-altapersone con buon livello di
capacita’ professionale
SELLINGmolta guida e molto sostegno
comunicazione a due viegruppi con maturita’ medio-bassa
persone con buona volonta’ ma poco esperte nel compito
DELEGATINGpoca guida e poco sostegno
il gruppo organizza il lavoro da ségruppi con maturita’ alta
persone esperte nel compito e con elevata responsabilita’ e motivazione
si basano sull’idea che le relazione fra il leader e i membri di un gruppo si sviluppano e si mantengono attraverso un reciproco scambio di risorse significative
viene dato più spazio ai followers, che assumono un ruolo attivo e contribuiscono in modo rilevante al processo di leadership
il termine transazione definisce lo scambio sociale che avviene tra il leader e i seguaci sulla base del quale il leader può apportare innovazioni al gruppo
LE TEORIE TRANSAZIONALI E DELLO SCAMBIO
il credito idiosincratico è la credibilità personale che il leader conquista presso i followers e riguarda 4 punti:
conformismo iniziale: il leader deve inizialmente conformarsi alle norme del gruppo per acquistare l’influenza necessaria per poi modificarle
competenza: il leader deve dare prova di contribuire al principale compito del gruppo con le competenze di cui dispone
legittimità: è importante per guadagnare autorità. Può deriva da designazione esterna (il leader viene assegnato ad un gruppo) o dall’emergere di un leader (ad es. tramite elezione il leader viene scelto dal gruppo)
identificazione con il gruppo: lealtà verso gli scopi e la natura del gruppo, rispondenza alle attese, percezione della responsabilità
MODELLO DEL CREDITO IDIOSINCRATICO(Hollander, 1958, 1964)
i rapporti fra il leader e i followers non sono considerati tutti allo stesso livello: ogni seguace costruisce un rapporto specifico con il capo (diadi):
MODELLO DEI LEGAMI DIADICI VERTICALI(Dansereau, Graen, Haga, 1975)
INGROUP OUTGROUP
cerchio più o meno prossimo di seguaci cerchio più distante di seguaci
ricevono più informazioni, interesse e confidenza da parte del leader
hanno rapporti più formali e le comunicazioni riguardano i compiti
ricevono richieste più alte di prestazione il fallimento di persone dell’ingroup
coinvolge anche il leaderricevono poche richieste personali
hanno relazioni qualità con i capi e maggiori responsabilità
sono membri con basso status nel gruppo
il leader può sviluppare scambi di alta qualità con tutti i membri del gruppo; la
costruzione della leadership avviene in tre fasi:
fase sconosciuta: le interazioni tra leader e follower sono limitate dalle norme
esistenti e suggerite dai rapporti contrattuali; il processo di influenza è unidirezionale, i
followers ubbidiscono al leader per ottenerne le ricompense
fase di conoscenza: iniziano gli scambi e una fase di valutazione da parte di
entrambi: il leader deve decidere se il sottoposto può assumere maggiori resonsabilità e modificare il suo ruolo; il sottoposto deve valutare se il leader è
disposto a fornire nuove opportunità ai seguaci; l’influenza nelle diadi è mista, gli
scambi sono di media qualità e si sviluppa un maggiore interesse per gli scopi e gli
obiettivi di gruppo
fase matura di associazione: scambi di alta qualità, alto grado di reciprocità tra leader
e followers, maggiore interdipendenza
MODELLO DI COSTRUZIONE DELLA LEADERSHIP(Graen, Uhl-Bien, 1991)