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LUCI ED OMBRE DEL LEGNO...una mostra che viaggia 2012
Ideazione e organizzazioneCentro di Documentazione del Lavoro nei Boschi
Progetto della mostraGabriele BertacchiniRemo Tomasetti
Catalogo a cura diGabriele BertacchiniAlessandra LanfrediRemo Tomasetti
Contributi critici diRenzo Francescotti
Fotografia diAlessandra Lanfredi
Foto allegate al testo diGabriele BertacchiniLuca Guerri
StampaTipografia - Litodelta s.a.s. - Scurelle (Tn)
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CON IL PATROCINIO DI:
CON IL SUPPORTO DI:
HANNO CONTRIBUITO:
PROVINCIA AUTONOMADI TRENTO
ASSESSORATO ALLA CULTURA,RAPPORTI EUROPEI E COOPERAZIONE
COMUNE DI CINTE TESINO
COMUNE DI PIEVE TESINO
COMUNE DI CASTELLO TESINO
COMUNE DI BIENO
REGIONEEMILIA ROMAGNA
CONSORZIO DEI COMUNI COMPRESI NEL BACINO IMBRIFERO
MONTANO DEL FIUME BRENTA
AZIENDA PER IL TURISMO VALSUGANA
SISTEMA BIBLIOTECARIOINTERCOMUNALE
LAGORAI
PROVINCIADI RAVENNA
COMUNE DIBAGNARA DI ROMAGNA
COMUNE DITREIA
COMUNEDI FERRARA
PERCORSO ESPOSITIVO 2012
11 / 26 febbraio - BAGNARA DI ROMAGNA (RA) – Sala consiliare della Rocca sforzesca3 / 25 marzo - DOZZA CITTÀ D’ARTE (BO) – Galleria d’Arte Atrebtaes26 marzo / 10 aprile - PONTE SAN GIOVANNI DI PERUGIA (PG) – Sala della Pro Ponte Etrusca11 / 30 aprile - FERRARA - Centro di documentazione del mondo agricolo ferrarese5 / 23 maggio - TREIA (MC) - Pinacoteca comunale25 maggio / 9 giugno - BORGO VALSUGANA (TN) - Spazio Erika Klien1 / 30 luglio - GRIGNO (TN) - Antica Pieve SS. Giacomo e Cristoforo
CENTRO DI DOCUMENTAZIONEDEL LAVORO NEI BOSCHIVia Muncipio vecchio, 2 38053 Castello Tesino (TN)www.luciedombredellegno.it
Presidente Remo TomasettiVicepresidente Paolo Sordo
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Si ringraziano gli artisti
e tutti coloro che hanno contribuito a vario titolo
alla buona riuscita della manifestazione
È una materia “viva”, il legno, che mantiene la sua vitalità naturale anche dopo che l’artista, togliendone il
sovrappiù con sgorbie e lame taglienti, lascia in vista la forma desiderata, nella pienezza delle sue luci e delle
sue ombre. È una materia “profumata”, il legno, che conserva il suo fascino anche quando i torni e le raspe ne
hanno lisciato la superficie rendendola “pelle vegetale” da accarezzare.
Anche quest’anno ritorna quel “magico” Simposio internazionale di scultura “Luci ed Ombre del Legno”
promosso dal Centro di Documentazione del Lavoro nei Boschi, che richiama nelle piazze dei paesi del Tesino
artisti italiani ed europei, i migliori interpreti della scultura lignea. È, questo, un appuntamento ormai consueto,
entrato di diritto nel calendario delle manifestazioni culturali di grande richiamo della piana del Tesino, che
dal 2002 ad oggi ha interpellato i migliori interpreti di questa disciplina artistica. Un appuntamento che sa
coinvolgere istituzioni pubbliche trentine e non solo trentine, nel nome di una produzione sempre nuova,
sempre originale e di enorme richiamo che diventa anche mostra itinerante, “mostra che viaggia”...
Il legno, con le sue luci e le sue ombre, si fa evento, insomma: evento di cultura, ma anche evento di
quell’artigianalità manuale che sa ricavare emozioni profonde dalle losanghe e dai “nodi” di un tronco,
piegando le necessità artistiche alla forma primigenia del legno. Forse fu proprio un pezzo di abete o di faggio
a spingere l’uomo antico a impugnare una lama di selce e a intagliare le prime forme d’arte della nostra storia
su questa terra: da allora a oggi col legno l’uomo ha saputo realizzare ogni forma di comunicazione artistica,
dagli splendidi crocifissi lignei del Cinque-Seicento alle statue policrome dei molti altari che ornano le nostre
chiese. Perché il legno, in una terra ampiamente forestata qual è il Trentino, è materia presente in ogni luogo
nelle mille sfaccettature e dalle mille consistenze che vengono dalle essenze diverse; perché, come si diceva
all’inizio, il legno è materia “viva”, che dona vita ed eternità all’opera dell’artista.
La mia gratitudine va, quindi, agli amici del Centro di Documentazione del Lavoro nel Boschi; a quel Remo
Tomasetti che del Centro e del Simposio è l’ideatore e l’anima vera; infine ma non ultimi agli artisti selezionati,
le cui opere contenute in questo catalogo sono lì a dimostrarci che il legno può parlare, può raccontare, cantare,
urlare e piangere.
Franco PanizzaAssessore alla Cultura,
Rapporti europei e Cooperazione
della Provincia autonoma di Trento
Siamo già arrivati alla sesta edizione.
La formula è sempre la stessa di quando si è iniziato. Quattro artisti e le loro opere che, in un viaggio emozionale
per il Nord Italia, rappresentano l’espressione artistica legata ad uno dei prodotti che più squisitamente
caratterizzano l’areale alpino quale è il legno.
La mostra vuole rappresentare le differenti sfumature che la scultura lignea può assumere. Vuole richiamare
il forte legame esistente tra l’animo delle popolazioni alpine con il bosco. Vuole esportare e fare conoscere
un’arte antica che non si è mai perduta, che, nella tipicità delle differenti vallate, vive ancora con grande forza
e vivacità.
In questi anni, di strada, ne è stata fatta. La manifestazione è cresciuta sempre più di interesse e di respiro fino
ad affermarsi come un appuntamento fisso e ricercato.
Ogni anno si cercano nuove sedi che possano essere visitate il più possibile, anche dai non addetti ai lavori.
Si cercano così di integrare spazi artistici tipicamente istituzionali ad altri che non lo sono, perlomeno
nell’immaginario collettivo. L’obiettivo è andare incontro alla gente, prendere per mano il visitatore e alimentare
il desiderio di ricerca, per invitare a scoprire un territorio anche attraverso gli odori e le suggestioni rimaste
impresse nell’opera d’arte.
È questa una mostra che nasce per essere vista e vissuta, per rendere omaggio ai vincitori dell’omonimo
Simposio che, da ormai dieci anni, si tiene sull’altopiano del Tesino nell’ultima settimana di luglio; simposio
internazionale al quale partecipano ventisette scultori selezionati da differenti regioni e nazioni.
Come ormai tradizione, le opere dei tre vincitori, sono accompagnate dalle sculture di uno fra i più valenti e
rappresentativi nomi del Trentino quale è Simone Turra, che, gentilmente, si è prestato a fare da “padrino” ai
più giovani colleghi, quale sostegno ben augurante.
In tutto venti opere, racchiuse nelle pagine di questo catalogo, a disposizione per essere osservate dal vivo,
autentiche rappresentazioni che donano espressioni e significati aggiuntivi alla risorsa legno, rendendola
ancora più contemplabile, densa di significati allegorici ed emozionali.
Gabriele Bertacchini e Remo Tomasetticuratori del progetto e del catalogo
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BAGNARA DI ROMAGNA (RA)SALA CONSILIARE - ROCCA SFORZESCA
11 - 26 febbraio 2012
Il Museo del Castello si dipana negli spazi e negli ambienti della
Rocca trecentesca, perno del sistema difensivo che ancora
connota il piccolo borgo, ubicato all’incrocio fra le direttrici che
da Bologna portano al mare e da Ravenna verso il bolognese.
All’interno della tipologia dei borghi fortificati - ovvero dei
castelli - sorti nella pianura romagnola e bolognese tra i secoli
X e XIV, Bagnara di Romagna costituisce uno degli esemplari
meglio leggibili nell’insieme.
Costruita probabilmente da Uguccione della Faggiola nel
1297, a metà del XIV secolo divenne possedimento dei
Bernabò Visconti, che avviarono importanti restauri con
l’implementazione e l’ammodernamento delle fortificazioni.
Nel corso del XV secolo conobbe numerose dominazioni:
Estensi, Veneziani, Manfredi si susseguirono rapidamente,
per lasciare poi il territorio alla Santa Sede. Nel 1479 Papa
Sisto IV concedette la Rocca al nipote Girolamo Riario che,
nell’ottica del rafforzamento dei confini della signoria imolese
da lui retta dal 1473, affrontò il problema della difesa del
contado di cui Bagnara era considerata un punto focale per la
vicinanza alla Romagna estense. Ascrivibile ai Riario-Sforza
- e principalmente alla figura di Caterina Sforza, moglie del
Riario - è dunque il restauro e l’ammodernamento di questo
importante complesso architettonico, nella sua veste ancora
oggi visibile, e l’erezione del mastio, bastione di dimensioni
maggiori rispetto agli altri, fulcro dell’apparato difensivo
dell’intera Rocca.
Restituita all’uso e alla fruizione pubblica con il recupero ai
fini museali e culturali, questa magnifica eredità storica del
passato è, dal giugno del 2008, sede di un Museo archeologico
che documenta il susseguirsi dell’antropizzazione nel territorio
bagnarese dall’epoca pre-protostorica a quella moderna.
Ampi spazi del complesso sforzesco sono inoltre dedicati ad
attività laboratoriali, rassegne espositive, convegni ed iniziative
temporanee, grazie ad un’articolazione e ad un’organizzazione
spaziale che aderisce ad una pluralità di funzioni nell’ottica
di una valorizzazione complessiva in cui il bene culturale
costituisce un sistema vitale ed aperto.
DOZZA CITTÀ D’ARTE (BO)GALLERIA D’ARTE ATREBTAES
3 - 25 marzo 2012
Atrebates, un nome celtico per una Galleria d’Arte situata
a Dozza (BO), piccolo borgo medievale ricco di arte e di
storia che la tradizionale Biennale del muro dipinto rende
autentico e particolare, vera pinacoteca a cielo aperto che
richiama la metafora di una fiaba estetica. Posta a 25 km.
da Bologna, Dozza, ricorda la tipicità di un paesaggio fatto
di colline dolci e spazi aperti, vigneti che si radicano nella
civiltà contadina della Romagna. Dagli anni cinquanta ad
oggi, Dozza, è stato il laboratorio di un esperimento che
la rende unica al mondo; i muri del paese sono diventati
i cavalletti e, insieme, le tele di un intervento che ha
ridisegnato, attraverso il suo volto, l’idea stessa della
cittadina. La Galleria d’Arte Atrebates ha entrata in Via de
Amicis 35/37, sotto i due imponenti affreschi di Riccardo
Schweizer: “L’uva e il vino”, del 1981, “Civiltà contadina”,
del 1983. Negli anni, la Galleria d’Arte Atrebates, ha
proposto importanti “nomi” del panorama artistico
nazionale, ha fatto conoscere giovani emergenti, studenti
ed artisti locali, ha appoggiato e si è fatta promotrice di
numerosi progetti internazionali di Mail-art, sempre con
uno spirito d’indipendenza che la resa libera da qualsiasi
vincolo. Al suo interno, un palinsesto animato e in continuo
sviluppo, opere di artisti italiani e internazionali, una
Galleria dentro una Galleria nella quale continua a pulsare
la quotidianità degli abitanti, in una specie di opera d’arte
vivente e vissuta.
www.atrebates.net
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Ponte San Giovanni è una frazione del Comune di Perugia e
conta oltre 15.000 abitanti distribuiti su una superficie di 18
km². Geograficamente situato al limite sud-est del territorio
di Perugia a circa 7 km dal centro cittadino, a 180 m s.l.m., il
fiume Tevere ne traccia il confine con il limitrofo comune di
Torgiano. Il territorio è suddiviso in una parte pianeggiante,
attorno all’alveo fluviale, e in una parte collinare, a segnare i
primi contrafforti del colle di Perugia. Da visitare è la tomba
ipogea di Arunte Volumnio (Arnth Veltimna Aules, in etrusco)
situata nella Necropoli del Palazzone (VI-V secolo a.C), vasta
area archeologica che presenta un gran numero di tombe
sotterranee e un museo che raccoglie urne e altre vestigia
reperite in loco. La zona di Ponte San Giovanni rappresentava,
infatti, il punto di contatto lungo il fiume Tevere tra i territori
degli Etruschi (a nord) e degli Umbri (a sud). Durante il periodo
romano la zona era nota a livello termale, mentre intorno
all’anno 1000 viene fondata la prima parrocchia cristiana, con
il nome di “Plebs Sancti Joannis Baptistae” in Campo (con
questo nome è citata in un diploma del Barbarossa nell’anno
1163), l’attuale Pieve di Campo.
Durante la guerra tra Perugia e Assisi, San Francesco fu fatto
prigioniero a “Borgo San Giovanni” nel 1202. Durante la II
guerra mondiale, i bombardamenti alleati distrussero gran
parte delle costruzioni del paese, alcune anche di notevole
interesse storico e logistico: tra di esse, il Ponte sul fiume
Tevere che portava al Borgo San Giovanni (di origine romana,
ricostruito nell’anno 2000 in legno), le antiche logge, la vecchia
chiesa di S. Bartolomeo, la stazione ferroviaria ottocentesca.
Ogni anno i primi di settembre si svolge in paese una
importante manifestazione organizzata dall’associazione “Pro
Ponte Etrusca Onlus” di Ponte San Giovanni, cioè “Velimna: gli
Etruschi del Fiume”; rievocazioni storiche, mostre, dibattiti e
visite guidate, attività che mirano a riportare alla ribalta l’antica
popolazione etrusca che qui viveva oltre duemilacinquecento
anni fa. La sfilata storica vede oltre 300 figuranti e oltre 10
scene rievocative che culminano con uno spettacolo sul tema
dell’anno.
www.proponte.it
PONTE SAN GIOVANNIDI PERUGIA (PG)SALA DELLA PRO PONTE ETRUSCA
26 marzo - 10 aprile 2012
FERRARACENTRO DI DOCUMENTAZIONE DEL MONDO
AGRICOLO FERRARESE
11 - 30 aprile 2012
Il M.A.F. è stato costruito all’inizio degli anni ’80 grazie
a decenni di ricerche e recuperi operati da Guido
Scaramagli, agricoltore e collezionista ferrarese.
Agisce in stretto rapporto di collaborazione con il Centro
Etnografico del Comune di Ferrara e conserva in ampi
locali appositamente ristrutturati oggetti, attrezzi e
macchine della realtà agricola ferrarese (e padana in
genere), in un arco temporale oscillante tra la fine dell’800
e gli anni cinquanta del ’900.
Un edificio ospita un’importante sezione dedicata alle
testimonianze tecniche dei processi di meccanizzazione in
alcuni fondamentali cicli produttivi; gran parte di questa
attrezzatura e strumentazione è stata recentemente
oggetto di un restauro atto a ripristinarne la funzionalità.
Nella stessa struttura si possono inoltre ammirare:
un’ampia esemplificazione dei mestieri ambulanti che un
tempo gravitavano intorno al mondo rurale; un esaustivo
itinerario tra i principali mezzi di trasporto, dai calessi
alle automobili degli anni venti del ’900; interessanti fasi
tecniche della frutticoltura nel ferrarese.
Un secondo edificio ricostruisce fin nei più minuziosi
particolari la casa rurale, il suo arredamento, nonché
le attività ed i modi esistenziali nel borgo contadino
(l’osteria, le botteghe del fabbro, del droghiere, del
falegname, del barbiere ecc..). All’interno troviamo anche
un’ampia selezione dei materiali dei burattinai Ettore
Forni e Pompeo Gandolfi (burattini, scenari ed oggetti
di scena, copioni ecc..) e una biblioteca specializzata in
storia dell’agricoltura. Una specifica sala può ospitare
studiosi e visitatori per incontri, convegni, stages ecc..
Il “Centro” si è recentemente arricchito con la
ricostruzione di un oratorio poderale (con importanti
testimonianze votive) e di una piccola stazione ferroviaria
d’epoca.
www.mondoagricoloferrarese.it
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BORGO VALSUGANA (TN)SPAZIO ERIKA KLIEN
25 maggio - 9 giugno 2012
Borgo Valsugana è una graziosa e accogliente borgata
situata al culmine dell’arco che la Valsugana compie
tra Levico e Primolano. Con la frazione di Olle,
è il centro più importante della Valsugana.
Il fiume Brenta, la Brènta, attraversa l’abitato
che è sorto e si è evoluto sul fondovalle
con una piacevole impronta veneta.
Anticamente denominato “Ausugum”, fu fondato intorno al
I secolo d.C. come stazione militare romana
sul percorso dell’antica via Claudia Augusta Altinate.
Grazie alla sua posizione di collegamento
tra la Valle dell’Adige e il Veneto, la Valsugana ha infatti
da sempre svolto un importante ruolo di passaggio.
Abitata fin dai tempi preistorici, come testimoniano
ritrovamenti a Strigno e Grigno appartenenti
all’Età del Bronzo e del Ferro.
Nel Medioevo, Borgo costituiva già il centro umano
e civile più importante di tutta la zona.
Nel 1796, la Valsugana, fu occupata dalle armate
francesi comandate da Napoleone, che lasciarono alcune
testimonianze nel centro storico di Borgo.
Dal 1805 al 1810 fece parte del regno di Baviera,
dal 1810 al 1814 del Regno italico e quindi di nuovo
dell’Austria. Durante il primo conflitto mondiale la valle
fu occupata dalle truppe italiane e, nel 1916, in parte
rioccupata dalla “Strafexpedition” austriaca.
Dal 1920, insieme al resto del Trentino,
venne definitivamente annessa all’Italia.
La guerra devastò in modo rovinoso il territorio,
in particolare l’abitato di Borgo, e gran parte
dei paesi dovettero essere in seguito ricostruiti.
TREIA (MC)PINACOTECA COMUNALE
5 -23 maggio
Mura turrite che evocano il Duecento, ma anche tanti palazzi
neoclassici che fanno di Treia un borgo, anzi una cittadina,
rigorosa ed elegante, arroccata su un colle ma razionale
nella struttura. L’incanto si dispiega già nella scenografica
piazza della Repubblica, che accoglie il visitatore con una
bianca balaustra a ferro di cavallo e le nobili geometrie su
cui si accende il colore del mattone. E questo ocra presente
in tutte le sfumature, dentro il mare di verde del morbido
paesaggio marchigiano, è un po’ la cifra del luogo. La piazza è
incorniciata su tre lati dalla palazzina dell’Accademia Georgica,
dal Palazzo Comunale (XVI-XVII sec.) che ospita il Museo Civico
e dalla Cattedrale (XVIII sec.), uno dei maggiori edifici religiosi
della regione. Da Porta Garibaldi ha inizio l’aspra salita per le
strade basse, un dedalo di viuzze parallele al corso principale
e collegate tra loro da vicoli e scalette. Qui un tempo avevano
bottega gli artigiani della ceramica.
L’estremo baluardo del paese verso sud è la Torre Onglavina,
parte dell’antico sistema fortificato, eretta nel XII secolo. Il
luogo è un balcone sulle Marche silenziose, che abbraccia in
lontananza il mare e i monti Sibillini.
Entrando per Porta Palestro si arriva in piazza Don Cervigni,
dove a sinistra risalta la chiesa di San Michele, romanica con
elementi gotici; e di fronte, la piccola chiesa barocca di Santa
Chiara con la statua della Madonna di Loreto: quella originale,
secondo la tradizione. Dalle vie Roma e Cavour, fiancheggiate
da palazzi eleganti che conservano sulle facciate evidenti tracce
dei periodi rinascimentale e tardo settecentesco, e denotano la
presenza di un ceto aristocratico e di una solida borghesia, si
diramano strade e scalinate.
Si può lasciare Treia uscendo dall’imponente Porta Vallesacco
del XIII secolo, uno dei sette antichi ingressi, per rituffarsi nel
verde. Resta da vedere, in località San Lorenzo, il Santuario del
Crocefisso dove, sul basamento del campanile e all’entrata del
convento, sono inglobati reperti della Trea romana. Il santuario
conserva un pregevole crocefisso quattrocentesco che la
tradizione vuole scolpito da un angelo e che, secondo alcuni,
rivela l’arte del grande Donatello. La Pinacoteca Comunale è
ospitata nella Sala del Consiglio, nella Sala degli Stemmi e negli
altri locali che costituiscono il Piano Nobile del Palazzo di Città.
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GRIGNO (TN)ANTICA PIEVE SS. GIACOMO E CRISTOFORO
1 - 30 luglio 2012
Collocato all’estremità orientale della Valsugana, tra
Trentino e Veneto, il piccolo borgo di Grigno con le sue
frazioni e il territorio che circostante conserva singolari e
preziosissime testimonianze di diversi periodi storici.
A nord della piana di Marcesina a 1240 metri di quota si
trova il Riparo Dalmeri, un riparo sottoroccia frequentato
da cacciatori preistorici e databile a circa 13.000 anni fa.
I reperti riportati alla luce durante gli oltre venti anni di
scavi (pietre dipinte, resti di attività di caccia e pesca) sono
tra i più antichi e significativi dell’intero arco alpino. Il sito
archeologico è visitabile in gran parte dell’anno e nell’estate
del 2011 è stato munito di un nuovo centro visitatori.
Al centro dell’abitato di Grigno si trova l’Antica Pieve dei
Santi Giacomo e Cristoforo risalente al XIII – XIV secolo.
La chiesa presenta al suo interno un connubio di stili non
comune e i due momenti principali della costruzione,
gotico e rococò, caratterizzano rispettivamente le navate
e il presbiterio. Gli affreschi e gli stucchi decorativi, gli
altari e i capitelli rendono l’Antica Pieve, oggi sconsacrata
e restaurata, lo spazio ideale per ospitare mostre d’arte e
concerti.
Il territorio che attualmente coincide con il Comune di
Grigno è stato a lungo e resta ancora oggi una zona di
confine: tra l’Impero Austroungarico e il Regno d’Italia in
passato, tra la Provincia Autonoma di Trento e la Regione
Veneto oggi. A indelebile testimonianza di questa condizione
resta il Trincerone, un’opera rara per imponenza e
architettura. Si tratta di un manufatto bellico in calcestruzzo
parzialmente armato realizzato dal genio militare italiano
nel 1915 con l’obiettivo di bloccare un’eventuale avanzata
dell’esercito austroungarico in Valsugana durante la Grande
Guerra. Costruito sbancando e rialzando l’argine sinistro
del torrente Grigno, il Trincerone è una postazione di difesa
coperta che si sviluppa, tagliando trasversalmente la valle,
per circa settecento metri.
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CASTELLO TESINO
Incastonato all’interno dell’omonimo altopiano tra i monti Picosta e Agaro, Castello Tesino è il maggiore dei tre
centri abitati della Valle del Tesino. Possiede numerose frazioni e le più vaste distese di boschi del Trentino,
da Celado al Passo del Brocon. Centro turistico estivo e invernale è da sempre uno dei luoghi turistici più
frequentati del Trentino.
Il paese offre la possibilità di piacevoli gite in mezzo alla natura, passeggiate con itinerari molto semplici,
possibilità di escursioni su sentieri attrezzati, gite con guide qualificate o con operatori ambientali, visite guidate
alle grotte e ai loro laghetti sotterranei. Utilizzando le pareti granitiche della vicina cima d’Asta (m. 2.847)
e i versanti rocciosi del Lagorai che chiudono la valle a nord è possibile effettuare scalate anche molto
impegnative. Il comune confina inoltre con Canal San Bovo a nord-est, Pieve Tesino a nord-ovest, con Cinte
Tesino, Grigno e la Valsugna a sud. Il comune, inoltre, per lungo tratto confina, ad est coi comuni di Lamon e
Arsiè del vicino Veneto.
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Castello Tesino ha degli insediamenti retici, ancora visibili sul colle di San Ippolito, precedenti all’epoca
romana e databili V-VI secolo a.C. Con l’espansione verso nord dell’impero romano, la zona costituiva un ottimo
avamposto per le legioni romane che transitavano sulla via Claudia Augusta (la famosa strada romana che da
Altino raggiungeva Augsburg e il Danubio). Sul colle di San Ippolito sorse così un fortilizio romano e attorno ad
esso il centro abitato da cui è derivato Castello Tesino.
Da vedere la chiesa medioevale di Sant’Ippolito con il suo prezioso ciclo di affreschi e con i vicini scavi archeologici,
la grotta di Castello Tesino, il parco La Cascatella, l’altopiano di Celado con le sue vaste praterie, le Marande e
suoi impianti di risalita, il Passo Brocon con il famoso “Trodo dei fiori”.
Il paese è dotato di scuole elementari e medie inferiori, servizio sanitario, farmacia, servizio d’emergenza 118,
vigili del fuoco, ufficio postale, banca con servizio bancomat, alberghi e campeggi, biblioteca pubblica, cinema-
teatro, campi da calcio, bocce e tennis, splendide piste da sci. A Castello Tesino, ha inoltre sede Palazzo Gallo,
sede del Centro di documentazione del lavoro nei boschi, dove è ospitata una mostra permanete sul lavoro dei
boschi.
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PIEVE TESINO
Pieve Tesino presenta un centro storico strettamente relazionato al terreno a ripiani rocciosi su cui poggia, dove
eleganti ed imponenti edifici, concorrono a formare un nucleo compatto che è arrivato pressoché immutato sino
ai giorni nostri. Di particolare interesse Piazza Maggiore, imponente ed armoniosa al tempo stesso, semplice
ed essenziale nelle forme, quanto elegante e ricca nei contrasti cromatici e chiaroscurali, evidenti soprattutto
laddove gli edifici sono messi in risalto dal grigio salesà, nel porticato quattrocentesco del vecchio Municipio,
sotto i quali si riunivano i capifamiglia (Vicini) per prendere le decisioni più importanti sulle sorti delle Comunità.
La piazza di Pieve è il cuore del paese, fulcro attorno a cui gravitano tutti gli edifici e le case padronali del XIII – XIX secolo.
In piazza Garibaldi è stata inaugurato nel 2006 il Museo Casa Alcide De Gasperi. Il museo sorge in centro paese,
all’inizio della via dedicata allo statista, nella casa dove è nato il 3 aprile 1881, ed ha lo scopo di far conoscere al
visitatore la vita e l’opera di un protagonista della storia sia italiana che europea del XX secolo.
Salendo lungo via Rovigo, strada che porta alla Chiesa, nell’ex edificio scolastico funziona ormai da anni il Centro
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Studi Alpino “Alcide De Gasperi” dell’Università degli Studi della Tuscia: un’appendice dell’Ateneo Viterbese.
Oltre agli edifici ad uso civile, il Tesino si distingue per l’elevato numero di chiese presenti su tutto il territorio.
La Pieve dell’Assunta di Pieve Tesino ne è un esempio rappresentativo, con il suo stile gotico ricco di volumi che
movimentano le facciate e slanciano l’edificio verso l’alto, soprattutto grazie all’imponente campanile.
Il grande parco dal quale si domina l’intera Conca del Tesino, ospita poi un’altra bella chiesa, in stile romanico
e risalente al 1400 eretta come ex voto in seguito alla peste del 1457: si tratta della Chiesa di San Sebastiano,
le cui caratteristiche evidenziano come spazi costruiti e naturali possano armoniosamente fondersi in un
complesso unico.
L’area è caratterizzata anche da un notevole numero di malghe, grandi edifici in pietra di proprietà quasi
esclusivamente pubblica, utilizzati per l’alpeggio del bestiame. Uno dei laghi più famosi della zona è quello
di Costabrunella: situato poco oltre i 2000 metri di quota, ha una superficie relativamente contenuta pari a
circa 110 mila mq, ma vanta una profondità da primato se si considerano la sua altitudine e la sua estensione,
addirittura 60 m. Queste caratteristiche lo fanno ritenere uno dei più profondi dell’intero arco alpino.
Nei prati del Coldanè, antistanti il paese di Pieve e nel cuore della Conca Tesina sono adagiati i green del campo
da golf La Farfalla, che offrono al principiante e al golfista esperto opportunità sportive adeguate. Il percorso è
inserito in un paesaggio verde, punteggiato dai tre paesi di Castello, Pieve e Cinte, e coronato dai contrafforti di
Cima d’Asta.
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CINTE TESINO
Villaggio adagiato sul vasto ripiano morenico, sulle pendici orientali del Monte Mezza, Cinte Tesino risale
probabilmente al I sec d.C., quando costituiva un vero e proprio centro da cui i soldati romani controllavano la
sottostante Via Claudia Altinate.
Completamente distrutto dal nefasto incendio del 1876 e dai successivi bombardamenti del nostro secolo, oggi,
Cinte Tesino appare come un centro composto da case in pietra recentemente dipinte a formare un mosaico
multicolore
L’area è caratterizzata anche da un notevole numero di malghe tra cui Arpaco, Tonarezza,Val Corbelle, Valarica e
Vallorsella.
Queste testimonianze materiali, unite a quelle orali di coloro che hanno vissuto gran parte dei secoli scorsi,
riportano alla mente i ritmi legati allo scorrere delle stagioni e alle attività agricole e ricordano il pendolarismo tra
i pascoli di mezza costa e il fondovalle.
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Oltre alle malghe presenti in paese, si segnala la Casa del moleta, in cui il Comune vuole creare un museo
dedicato all’opera degli arrotini e degli ambulanti. Di rilievo anche l’arboreto, un’area floristica, e l’area venatoria,
dove i responsabili del museo di Scienze naturali di Trento eseguono la cattura degli uccelli migratori e il loro
inanellamento per studi e ricerche scientifiche.
Dal punto di vista architettonico, di notevole rilievo risulta la Chiesa di S. Lorenzo. Risalente agli inizi del XV
secolo e ricostruita dopo l’incendio del 1876, si distingue per la luminosissima facciata in pietra bianca, marcata
profondamente dall’alto campanile, staccato di alcuni metri dal rimanente corpo di fabbrica. Internamente, l’unica
navata è decorata da stucchi di pregevole fattura ed è arricchita da un magnifico tabernacolo e dalle statue di S.
Lorenzo e S. Stefano.
Le strutture sportive, un vicino campo da golf, fanno poi del piccolo abitato una piacevole e sorridente alternativa
alle mete turistiche più tradizionali
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BIENO
Situato a pochi chilometri dalla vicina SS 47, l’abitato di Bieno, con meno di 500 abitanti, è una prima piccola
finestra del Tesino sulla Valsugana.
Posto a 815 m. di altitudine, con un’ottima esposizione, il paese, è un’antico borgo legato alla storia e alla
cultura dei girovaghi ed è famoso per i suoi esperti scalpellini che si dedicavano ad estrarre il granito dalle
vicine cave di Rava.
Bieno è stato infatti edificato a cavallo dell’estremità Sud del lungo promontorio morenico che separa il letto del
torrente Gallina da quello del rio Lusùmina.
È dominato dalle pareti dell’importante catena di montagne denominata Sottogruppo di Rava, certamente, una
delle più suggestive appendici che si dipartono dal nodo centrale del massiccio di Cima d’Asta.
Bieno, gode di un turismo stagionale ed è punto di partenza per numerose escursioni. Da segnalare quelle che,
passando attraverso le emozioni del Lago di Mezzo (2.030 m.) e del Lago Grande (2.125 m.), conducono a Cimon
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Rava (2.436 m.) e quelle che portano sul Monte Lefre, dalla cui cima si gode una delle più belle viste su di un
tratto della Bassa Valsugana.
Per chi è di passaggio, un po’ di tempo si può dedicare alla vista della chiesa di San Biagio, ricordata già nel
1531 e ricostruita, su di un precedente edificio, nel 1606. Di particolare pregio sono alcune statue lignee del
Settecento e la fonte battesimale di fine Cinquecento.
Da segnalare anche il maestoso tiglio secolare di Maso Weiss, un monumento naturale sorto e cresciuto in
località Casetta, a pochi chilometri dall’abitato.
26
Erano i primi mesi del 2002 quando l’amico dott. Remo Tomasetti mi venne a trovare a casa: voleva parlarmi del
suo progetto di creare a Castello Tesino un concorso di scultura in legno dal titolo “Luci ed ombre del legno”.
Ero d’accordo di presiedere la Giuria?
Pochi mesi prima, nell’agosto del 2001, dopo quattro anni di presidenza della Giuria, a conclusione del
XIII Concorso Internazionale di Scultura su Legno di Madonna di Campiglio, avevo rinunciato all’incarico di
presidente. A quell’incarico mi avevano chiamato gli organizzatori su iniziativa dell’amico scultore prof. Renato
Ischia.
Il concorso di Campiglio era rimasto interrotto per anni, andato in crisi dopo nove edizioni portate avanti con
varie formule. Con Ischia lo rilanciammo, rinnovandolo, facendolo diventare il più importante del Trentino.
Ma dopo quattro edizioni da me presiedute mi dimisi: in parte per divergenze di vedute con l’amico Ischia,
ma soprattutto con gli organizzatori. Sono abituato a lavorare sentendo e costruendo attorno a me un’aria di
collaborazione, di fiducia, di entusiasmo: se queste componenti si raffreddano, si incrinano, vengono meno,
lascio perdere. Mi sono sempre considerato un uomo libero, pagando dazio, in ogni caso “povero ma bello”.
Il Concorso di Campiglio andò avanti per tre anni e poi morì.
Quando il dott. Tomasetti mi venne a cercare ne fui contento: chissà che nel “povero” Castello Tesino non si
potesse realizzare ciò che nella ricca Madonna di Campiglio no nera stato possibile…
Così cominciammo da zero: e fu “buona la prima”.
Quindici partecipanti alla Prima edizione (2002) del Simposio “Luci ed ombre del legno”, internazionale:
presenti uno svizzero e un francese, tutti raccolti i un catalogo a colori, corredato da un curriculum, da una foto
dell’artista e da quella di un’opera. Un catalogo distribuito gratuitamente a tutti gli interessati, non lussuoso
ma importante, per creare un rapporto di conoscenza e simpatia tra l’operatore e il fruitore, ovvero (per dirla
in termini meno sociologistici) tra gli artisti e il pubblico. Nella ricca Madonna di Campiglio niente del genere
era stato fatto.
Quella Prima edizione (2002), sempre svoltasi come le altre nell’ultima settimana di luglio, vide il premio
della Giuria assegnato al vicentino di Villaga Lucino De Marchi con l’opera “La finestra sul cielo”. Il premio
del pubblico, assegnato mediante votazione per schede, andò al trentino di Ossana Giulio Taraboi, per la sua
scultura “Mutazione”.
IL PIÙ BEL SIMPOSIO DI SCULTURA IN LEGNO D’ITALIARENZO FRANCESCOTTI - SCRITTORE E CRITICO D’ARTE
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Il successo della manifestazione, oltre che dalla bontà dell’organizzazione e dalla serietà della Giuria, arrivò
soprattutto dal rapporto di dialogo che si poté accendere tra i residenti e i turisti ospiti di Castello Tesino e gli
artisti, strategicamente dislocati negli spazi aperti del paese, posti nelle condizioni migliori per rapportarsi
con la popolazione e tra di loro (condizioni che erano fondamentalmente mancate, ad esempio, a Madonna di
Campiglio, che un paese, una comunità non è mai stata…).
La Seconda edizione (2003), vide la partecipazione di 15 artisti selezionati (tra i quali cinque stranieri),a cui
furono aggiunti due artisti locali, iscritti d’ufficio.
E fu proprio uno straniero, il francese Henri Patrick Stein, già vincitore di numerosi primi premi in vari paesi del
mondo, tra i quali Canada e Cina, ad aggiudicarsi il primo premio con l’opera “Piuma di poesia”, definita dalla
Giuria nella sua motivazione “all’insegna della leggerezza, della stilizzazione delle forme, sospesa tra realtà,
simbolo e sogno”. Il premio del pubblico andò al trentino di Viarago di Pergine Claudio Boneccher, per la sua
“Sintonia”.
Anche la Terza edizione (2004) di “Luci ed ombre del legno” vide la partecipazione di 15 scultori (tre gli stranieri)
più tre locali. Vinse il premio della Giuria il bellunese di Carve di Mel, Beppino Lorenzet , (anch’egli vincitore di
numerosi premi a vari Simposi), con la scultura “Deposizione”, definita nella motivazione della Giuria “un’opera
di intensa forza espressionistica che rinnova, con sensibilità moderna, il soggetto sacro delle Deposizioni”. Il
premio del pubblico andò al valdostano di Carema (Torino) Giuseppe Bettoni per l’opera “È arrivato nonno Pino”.
La Quarta edizione (2005) del Simposio di Castello Tesino confermò il numero di 15 partecipanti, oltre a tre
locali, con la partecipazione record di cinque artisti stranieri, vale a dire un terzo degli artisti selezionati.
Ed è proprio ad un artista straniero, lo svizzero Jean Paul Falcioni, nativo di Sion, ad aggiudicarsi il premio
della Giuria con la scultura “Poesia e mistero”. Falcioni si rivelò come un artista colto e raffinato, esprimendosi
attraverso una scultura di simboli, inusuale nella scultura in legno, (il tronco di cirmolo, ovvero di pino-cembro,
alto m. 1.80, che viene affidato a ogni concorrente). L’artista svizzero, frazionando la materia ne dilatò le
possibilità spaziali. Vincitore del premio del pubblico, per la prima volta un artista locale, Andrea Dietre” di
Torcegno, autodidatta, con l’opera “El kromero”, monumento al venditore ambulante di stampe del Tesino che
nei secoli arrivò con le sue stampe in tutta Europa.
Non bisogna tralasciare che anche questa edizione - come e più delle precedenti- è stata affiancata da una
serie di manifestazioni culturali uscite anche dal paese: come la rassegna cinematografica “Scultura Uomo
Territorio” realizzata in collaborazione con il Filmfestival Internazionale di Montagna Esplorazione Avventura
“Città di Trento”, in collaborazione con la sezione Sat del Tesino; oltre che dalla consueta serata in cui tutti gli
artisti si autopresentano, parlando del loro lavoro, della loro idea di arte.
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Poi ci fu il colpo d’ala.
Promossa dal Centro di Documentazione del lavoro nei Boschi presieduto dall’infaticabile dott. Remo Tomasetti,
con la collaborazione dell’Agenzia Provinciale dell’Ambiente, dell’APT per il Turismo Lagorai Valsugana orientale,
della Cassa Rurale del Tesino, del Consorzio dei Comuni BIM Brenta, col supporto di tutti i Comuni del Tesino
(Castello, Pieve, Cinte e Bieno), l’edizione del 2006, la quinta si decentrò su tutto l’altopiano. Il numero degli
artisti invitati (con un notevole accrescimento dell’impegno economico) si dilatò a 27, di cui tre locali, mantenendo
il nucleo più numeroso a Castello (comune che supporta il maggior onere finanziario), ma dislocandosi anche
nei centri di Pieve, Cinte e Bieno: un esempio raro di sinergie che vanno al di là dei campanilismi, guardano al
di là degli steccati degli orti del villaggio.
I premi in denaro furono portati a tre.
Questa la graduatoria finale della quinta edizione del Simposio, non più solo di Castello Tesino, ma più
ampiamente, del Tesino.
Il primo premio andò al giovane ladino di Campitello di Fassa Matthias Sieff, per la prima volta presente al
Simposio, per la scultura “Sguardo al futuro”; secondo premio a Giacomo Mezzomo di Mel (Belluno) per “No!
Non tagliare quell’albero. Lo hai abbattuto ma ti ha ucciso”. Terzo premio ad Aldo Pallaro di Piombino Dese
(Padova) per “Riflessioni sul cirmolo”.
Il premio del pubblico fu aggiudicato a Renato Borsato di Curtarolo (Padova) con l’opera “Per raggiungere il
traguardo”.
Altra novità della quinta edizione fu quella di proiettare fuori dei confini regionali, in una serie di mostre, i tre
artisti vincitori del premio della Giuria: cominciando dalla Galleria “Atrebates” di Dozza, la cittadina non distante
da Bologna, famosa per i suoi murali, (tra cui due del grande artista trentino Riccardo Schweizer, dipinti proprio
nei pressi della Galleria). Le mostre proseguirono, ancora in provincia di Bologna, a Zola Pedrosa e Argelato,
quindi a Riolo Terme (Ravenna) e Viterbo. Per concludere in Trentino, a Trento, Borgo Valsugana e Cinte Tesino.
Ognuno dei tre giovani scultori espose cinque opere. Assieme a loro fu scelto un “padrino”, vale a dire Livio
Conta, uno dei massimi scultori trentini, di notorietà internazionale, anche lui con cinque opere di scultura in
legno.
Complessivamente quindi, venti sculture lignee hanno viaggiato in otto centri d’Italia, corredate da un corposo,
apposito catalogo.
La Sesta edizione (2007) della manifestazione estesa a tutto l’altopiano del Tesino ha ribadito il guadagno di
quota. Questi gli artisti premiati tra i 27 selezionati.
Per la prima volta il primo premio venne assegnato ad una donna, la bolognese Daniela Romagnoli per l’opera
“Ispirazione all’eterno”. Il secondo premio andò al ladino Matthias Sieff (già vincitore l’anno precedente) con la
scultura “Prima del dunque”; il terzo premio se lo aggiudicò il giovane scultore trentino di Folgaria Alessandro
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Pavone (esordiente al Simposio del Tesino), con la scultura “ Salvan: l’uomo selvatico”. Il premio del pubblico
andò all’altoatesino di Bressanone Fabian Feichter con l’opera “No! Perché lo uccidi?”
Cinque opere di ciascuno dei tre premiati dalla Giuria più altre cinque sculture del “padrino” vennero esposte
in sei centri d’Italia: oltre che a Dozza, Borgo Vasugana e Pieve Tesino, a Forlì (nella sede dell’Oratorio San
Sebastiano), a Ravenna (nella sala dell’ex Tribunale) e a Ferrara, nel prestigiosissimo complesso del Palazzo
dei Diamanti. Migliaia furono i visitatori delle mostre, particolarmente interessati alle insolite sculture in legno.
Come “padrino” venne scelto il trentino Renato Ischia, formatosi in tredici anni di studio e lavoro a Parigi, con
al suo attivo opere pubbliche e private in Italia e all’estero, che nel legno ci ha regalato alcune delle sue opere
più eccezionali.
La Settima edizione (2008) si è quindi proposta con delle belle carte da giocare: 27 gli artisti selezionati, di
varie nazioni, dislocati nei quattro centri dell’altopiano, sempre seguiti da un pubblico molto interessato,
che nei sei giorni di realizzazione delle sculture dialogava con l’artista. A riprova che il Simposio di scultura
in legno del Tesino si è imposto come la maggior attrattiva culturale dell’altopiano ed è molto attesa da
residenti e ospiti.
Il vicentino Luciano De Marchi, vincitore della prima edizione, a sette anni di distanza ritorna ad aggiudicarsi
il primo premio con l’opera “Vita”, definita nella motivazione del verbale della Giuria “ un’opera elegante e
rigorosa”. Al secondo posto un bellunese, Paolo Schenal, con l’opera “Timidezza”. Al terzo posto un altro
bellunese, di Mel, Giovanni Mezzomo con l’opera “42° tiro Dolomiti. Mezzomo aveva già vinto il secondo
premio nella quinta edizione.
Il Trentino questa volta si dovette accontentare con il premio del pubblico aggiudicato a Romedio Leonardi,
di Preore in Val Giudicarie.
Questa settima edizione registrò un fatto nuovo, mai prima accaduto: vale a dire la partecipazione fuori
concorso di Matthias Sieff, già vincitore di un primo e di un secondo posto nelle due precedenti edizioni.
Qualcuno se n’era “lamentato”. Ma a norma di regolamento Sieff non poteva essere escluso dal Simposio:
così fu invitato a parteciparvi fuori concorso. Giusto però che avesse in qualche modo un compenso. Si pensò
ad un esposizione di sue opere a fianco di quelle dei tre vincitori e del “padrino”, riducendo (per ragioni
logistiche) a quattro per ciascuno degli scultori le opere esposte (sempre quindi complessivamente 20).
Altra novità: poiché non si è ritenuto che esistessero in Trentino - dopo Conta e Ischia - altri maestri di
scultura in legno di alta caratura (in attesa che se ne affermi qualcun altro) gli organizzatori hanno pensato
(rimanendo in regione) di attingere alla confinante provincia di Bolzano. La scelta del “padrino” è caduta sul
gardenese Adolf Vallazza, famoso scultore che ,utilizzando legni trovati carichi di storie e memorie, elabora
le sue sculture di simboli e archetipi alpini.
Nel 2009 quindi sono viaggiate per l’Italia, a Dozza, Ferrara (Palazzo, dei Diamanti), Bologna (Ospedale
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Malpighi), Cervia, Borgo Valsugana e Castello Tesino le opere di cinque scultori: Vallazza, Sieff, De Marchi,
Schenal e Mezzomo.
Il Simposio “Luci ed ombre del legno” è dunque una delle uniche manifestazioni artistiche trentine che, invece
di importare cultura, la esportano.
L’Ottava Edizione (2009) registrò una partecipazione record con artisti di ben otto nazioni. Tutti e tre i premiati
furono nomi nuovi: un trentino, un bellunese, un gardenese. Vincitrice (per la seconda volta nella storia del
Simposio) una donna, Lara Steffe nata a Cavalese e residente a Moena, in Val di Fassa, con l’opera “Nell’aria
libera”. Al secondo posto Mario Iral di Belluno con “Lo scultore e la sua opera”. Al terzo Vinzenz Senoner di
Santa Cristina in Val Gardena con l’opera “Il primo amore”. E’ da sottolinea il fatto, del tutto nuovo, che Senoner
vinse anche, alla grande, il premio del pubblico - uscito da ben 600 schede - a dimostrazione che il gusto del
pubblico con gli anni è maturato, venendo ad accostarsi a quello della giuria. I premiati, ognuno con cinque opere
sono girati per l’Italia, avendo come padrino un prestigioso scultore gardenese, Hermann Josef Runggaldier.
La Nona edizione (2010) ha registrato la partecipazione di artisti di sette nazioni con la novità di nove artisti
turchi dell’Università di Mimar Sinam Art di Istambul, ospiti del Simposio. Il pubblico premiò Lara Steffe, già
vincitrice del primo premio attribuito dalla Giuria l’anno precedente; una menzione speciale andò alle opere
di Alessandro Pagnoni di Gussago (BS) e Luciano De Marchi di Campiglia dei Berici (VI), Segnalati in ordine
di graduatoria Mario Iral di Padova con l’opera “Questione nodale”, Lara Steffe di Moena (TN) con “Ricùcimi
l’anima” e Gianluigi Zeni di Mezzano di Primiero (TN)con la scultura “Si sta come in primavera sugli alberi le
foglie”. Il primo posto venne aggiudicato al nome nuovo di Enrico Challier di Frossasco (TO) con “Volevo volare”.
Il secondo posto fu guadagnato da Vinzenz Senoner (già vincitore del terzo premio e di quello del pubblico
l’anno precedente), con la scultura “Ricordo del passato”. Il terzo premio venne vinto dal ceco Pavel Špelda
con la scultura “La primavera”. Anche quello di Špelda è un nome nuovo, così come è nuova e significativa la
partecipazione della Repubblica Ceca. Anche questi artisti vedranno nel 2011 le loro opere esposte nella mostra
itinerante per alcune regioni dell’Italia Settentrionale. Tornerà ad essere “padrino” l’artista trentino Livio Conta,
dopo che lo era già stato nella quinta edizione.
La decima edizione (2011) ha visto la partecipazione di 27 artisti su una ottantina di iscritti di otto nazioni: per
la prima volta sono arrivati dal Canada due concorrenti (donne) e un partecipante dalla Repubblica di Taiwan.
Il primo premio assegnato dalla Giuria è andato (per la terza volta) a una donna Isabella Corni di Strambino
(Torino), esordiente al Simposio, con l’opera “Tuffo nella poesia”. Il secondo premio se lo è aggiudicato Paolo
Moro di Trichiana (Belluno) con l’opera “L’attesa”; il terzo è andato a Fulvio Borgogno di San Germano Chisone
(Torino), (anche lui un nome nuovo) con l’opera “Fukushima”. Segnalati Enrico Challier di Frossasco (Torino),
31
vincitore del’edizione precedente, per l’opera “Il mare bello è quello che non navigammo”; Marco Martello di
Velo d’Astico (Vicenza) con “Etnico abbraccio” e Gianluigi Zeni di Mezzano (Trento) con l’opera “Generazione
futura”. Il premio del pubblico è stato assegnato a Pavel Spelda,della Repubblica Ceca, già vincitore del terzo
premio nell’edizione precedente.
I tre artisti premiati, tenuti “sotto le ali” dal “padrino”, lo scultore trentino Simone Turra - ognuno con cinque
sculture - saranno esposti nel corso del 2012 in una mostra itinerante che toccherà varie città dell’Italia
settentrionale e centrale.
Un bilancio dopo dieci edizioni.
Quando abbiamo chiesto ai partecipanti di “Luci e ombre del legno” del Tesino una loro impressione, un loro
giudizio sulla manifestazione (e in molti casi non abbiamo avuto nemmeno avuto bisogno di chiedere), in molti
che avevano partecipato ad analoghi Simposi n Italia e all’estero ci hanno risposto: “È il più bel Simposio di
scultura in legno d’Italia!”
Impressioni e giudizi che sono supportati da concreti dati di fatto, che fanno del Concorso del Tesino quello che
è divenuto nell’arco di pochi anni, per quattro fondamentali caratteristiche, che solo esso - quanto meno in Italia
- possiede :
- dedica agli artisti ben due cataloghi. Se è già è eccezionale che i Simposi di scultura in legno siano supportati
da un catalogo in cui tutti i concorrenti selezionati siano illustrati da una scheda con i loro curriculum, una
foto dell’artista e un’immagine delle loro opere più rappresentative, la manifestazione del Tesino prevede
un secondo catalogo dedicato agli artisti vincitori e al loro “padrino”, catalogo che contiene scritti critici e
storici, oltre alle immagini delle opere più esemplari dei tre artisti premiati e del loro “padrino”;
- si disloca in ben quattro Comuni, ognuno con la presenza degli artisti che realizzano le loro opere a contatto
del pubblico;
- può vantare la partecipazione-record di quasi trenta artisti italiani e stranieri;
- si proietta fuori dei confini provinciali e regionali con un serie di mostre che fanno conoscere gli scultori in
legno sul territorio nazionale, anche in luoghi in cui la scultura in legno è poco nota o sconosciuta.
A tutto questo si è arrivati nell’arco di pochi anni, superando manifestazioni che hanno avuto a disposizione
decenni per crescere. È una bella soddisfazione per gli organizzatori, chiamati a consolidare i risultati, cercando
sempre di dare il meglio.
Ci sono, come dovunque, ulteriori margini di miglioramento. Per quanto riguarda la formula non pensiamo
che sia migliorabile più di tanto: è ormai una formula collaudata felicemente. Piuttosto, i pericoli vengono da
altre direzioni: quando il giocattolo è troppo bello, c’è sempre qualcuno che vuol rubartelo, magari solo per
spaccarlo…
32
SIMONE TURRA
Nato 43 anni fa nel Primiero a Transcaqua (a un tiro di
schioppo da Mezzano, il villaggio del grande Riccardo
Schweizer), Simone Turra è un ancor giovane ma già
affermato scultore. Ha studiato all’Istituto d’Arte di Pozza
di Fassa, completato i suoi studi a Milano, all’Accademia
di Brera che ha laureato tanti artisti trentini. Dalle sue
Dolomiti, dalle foreste della sua terra Turra non si è mai
voluto staccare (il suo laboratorio ricavato da una vecchia
falegnameria è a Tonadico, confinate col suo paese
natale). Così anche se si serve di altri materiali come
gli antichissimi bronzo, ceramica, marmo, o il moderno
litocemento, sono i materiali del suo territorio - il legno e
la pietra - quelli che più lo “intrigano”.
È attorno ai trent’anni, nel 2000, che con la sua scultura
“San Sebastiano” (alta solo 58 cm) questo artista varca
la soglia di una conquistata maturità. L’opera è in legno
policromo (Simone ama patinare i materiali di cui si
serve, sia il legno che la pietra), sotto l’insegna di certe
suggestioni martiniane, di stilizzazioni primitivistiche,
che sono la cifra del suo stile. Turra si è specializzato
come scultore più che di statue singole di gruppi
scultorei in cui le figure, gli elementi, recitano come
in tragedie greche la loro parte, sospese in un tempo
mitico, metastorico. Di litocemento è il gruppo plastico
“Melusina” (2006). In marmo è il gruppo scultoreo “Il
mercato” (2004), in cui un torso umano in orizzontale
ricorda i torsi classici marmorei (ma anche quelli lignei
di Augusto Murer, pure lui scultore dolomitico); mentre
i busti femminili maschili e femminili sembrano aver
la stessa carica realistica della ritrattistica romana. In
bronzo è il gruppo scultoreo, del 2001-2002, “Adamo ed
Eva” (un tema caro a Simone), in cui si alzano ad altezza
di poco meno di due metri tre figure plastiche misteriose
e potenti: un uomo, una donna, un tronco d’albero.
Infine, in marmo verdello, la sua opera più impegnativa
(2006-2008) , “Piazza San Marco”, nell’omonima piazza di
Transacqua, sulla riva sinistra del Cismon. Quattro statue
(due umane e due vegetali) recitano la loro parte su una
platea lunga sette metri: un uomo e una donna (Adamo
ed Eva?), un tronco e un ceppo. È un gruppo plastico che
esprime una forza serena, una vitalità composta, una
quotidianità che diventa mito.
37
A sinistra:
“NATURALE-INNATURALE” (particolare)Legno policromo
cm 50x55x38
Anno 2005
“PICCOLA FIGURA”Legno policromo
cm 65x35x14
Anno 1995
38
ISABELLA CORNI
Vincitrice alla sua prima partecipazione del Simposio
“luci ed ombre del legno” questa trentacinquenne artista
piemontese (nata a Rivoli e residente a Strambino in
quel di Torino) ha un bagaglio da professionista, eclettico
e completo. Se è eccezionale per un artista avere delle
lauree che non siano quelle dell’Accademia d’Arte, di
lauree non artistiche la nostra Isabella (dopo essersi
diplomata al Liceo Classico di Ivrea) ne ha addirittura
due: quella di Architettura (2003) presso il prestigioso
Politecnico di Torino (2003) e quella in Ingegneria Edile/
Architettura (2006) presso l’Accademia di Pavia. La sua
polivalenza è abbastanza impressionante: ha realizzato
progetti archittettonici e strutturali; ha decorato teatri,
eseguito affreschi soprattutto nelle scuole; creato opere
scultoree pubbliche come il monumento ai caduti in
bronzo del comune di San Benigno Canavese, vinto premi
di scultura. Essendo lei architetto e ingegnere c’era da
aspettarsi che anche le sue sculture fossero fortemente
progettate, strutturate; insomma che peccassero di
fantasia. Invece, sorprendentemente, non è così: la nostra
Isabella Corni si rivela straordinariamente fantasiosa, sia
nella rappresentazione delle sue immagini, che nell’uso
dei materiali. Inoltre si rivela una perfezionista, lavorando
a lungo sulle sue sculture (come la doppia data ci rivela).
In “La donna sul filo” (2010-2011) usa il legno di cirmolo
assieme alla foglia di rame e alla gommalacca (un
componente quest’ultima trasparente, leggera, colorata,
molto “femminile, che Isabella predilige). È la scultura
di un nudo femminile, serpeggiante, sensuale, d’un
eleganza perfino barocca. “Oltre” (2008-2011) è in rame,
plexiglass specchiante, gommalacca. In “L’uomo nuovo”
(2010-2011) usa il legno di tiglio, la foglia d’argento e,
addirittura, componenti elettroniche; scolpisce una figura
umana che si sta liberando da un guscio. Ma Isabella ci
sorprende ancora una volta in “Fame” (2010-2011), in cui
abbandona la sua consueta eleganza per scoprire (in legno
di tiglio, foglia di rame, gommalacca) una figura umana
drammaticamente espressionistica.
39
“TUFFO NELLA POESIA”Legno di larice
cm 184x53x34
Anno 2011“Opera vincitrice
del primo premio al simposio
luci ed ombredel legno”
44
PAOLO MORO
Ha iniziato a scolpire come autodidatta nel 1993 Paolo
Moro, nato a Belluno nel 1964 . Nel 1997 ha partecipato
al suo primo simposio e da allora non si è più fermato,
partecipando a mostre, concorsi, simposi di scultura
in Italia e all’estero, conseguendo molti premi. Nel
2003 realizza diverse e sculture per Trichiana (centro
abitato in cui risiede). Esegue opere pubbliche in
Italia e Spagna. È anche attivo nell’organizzazione di
simposi, concorsi di scultura, laboratori artistici per
bambini. Dal 2004 tiene regolarmente corsi di scultura
in legno a Santa Giustina di Belluno, in collaborazione
con l’Amministrazione comunale. Nel suo laboratorio
di Trichiana esegue su commissione sculture a tutto
tondo, a basso, medio e alto rilievo, in vari materiali:
creta, gesso, pietra,bronzo, legno. Paolo Moro
scolpisce forme all’insegna della stilizzazione, della
semplicizzazione, di un candore che va alla riscoperta
della fanciullezza: fiabesche figurette femminili, angeli,
umani che ricordano uccelli. Ha scritto Gabriella Niero:
“Le figure in legno sono evocate con luminosa dolcezza,
che si dipana nell’aspetto plastico fino a trasfigurare
in poesia viva e pulsante, un’immagine materiale nello
spazio e tuttavia unitaria, tenera e enigmatica…”.
Prediligendo il legno di cirmolo (che a detta di tutti gli
scultori è il legno è il più gratificante da scolpire), quasi
sempre colorato, in cromie gialle, blu, rosso pompeiane.
Moro inscena il suo immaginario: una figura femminile
in giallo di cui non appaiono le braccia; un’altra in
un mantello color granata; una terza senza nessun
colore, con un mantello che non nasconde i minuscoli
seni; un angelo azzurro con le ali che compongono
una diagonale e pare una rondine sul punto si spiccare
il volo. Il massimo dell’economia del colore e della
materia per persguire un effetto poetico.
45
“L’ATTESA”Legno di larice
cm 184x53x34
Anno 2011“Opera vincitrice del secondo premio al simposio luci ed ombredel legno”
50
FULVIO BORGOGNO
Piemontese come Isabella Corni ed Enrico Challier -
vincitori delle due ultime edizioni del nostro Simposio (i
piemontesi, latitanti nelle edizioni precedenti, una volta
sbarcati hanno occupato il campo) - Fulvio Borgogno vive
ad Abbadia Alpina, in provincia di Torino. Ha appreso i
suoi primi rudimenti di scultura all’Istituto d’Arte Bertone
di Saluzzo, proseguendola sua formazione presso maestri
artigiani. Ha frequentato corsi di disegno, ornato e
scultura; ha partecipato a concorsi e simposi nazionali.
Attualmente affianca il suo lavoro in studio
all’insegnamento in corsi professionali di decoro artistico
e scultoreo e in corsi di design per un reinterpretazione
moderna ed espressiva del mobile. La sua tecnica
spazia dalla realizzazione di sculture figurative sacre e
profane, all’intaglio decorativo di mobili d’arte in stile
gotico e barocco, con progettazione e realizzazione di
mobili artistici personalizzati, nel rispetto delle più
nobili tradizioni, sino alla produzione di moderne opere
di design. Anche se la sua predilezione va al legno
ama confrontarsi con altri materiali, pregiati e poveri.
Sussisteva il pericolo che la sua attività artigianale-
artistica rivolta soprattutto alla realizzazione di mobili
in stile (legittima quanto necessaria a garantire la
sopravvivenza economica dell’operatore) potesse
fagocitare la vena più creativa; ma Borgogno ha saputo
reagire alla ricerca di una creatività più libera, più
originale. Sculture in legno come “Prometeo”, “La
profezia” , “Eleganza”, “Eva” sono lì a testimoniarlo. Le
prime due sculture (nudi maschili), oltre a una buona
conoscenza dell’anatomia rivelano una pregevole resa
dell’espressività. Nella prima la scultura maschile ha un
braccio innalzato; nella seconda le braccia alzate sono
due, con le mani riunite a coppia sopra la testa. Nelle
due figure femminili “Eleganza” scolpisce una raffinata
figura di profilo che volge la testa verso di noi; in “Eva”
ci mostra una donna nel “look”moderno di una corta
tunichetta color zafferano, le gambe calzate da stivali. In
questo caso c’è il parco uso di una velatura cromatica, di
un gusto verso la scultura policroma che sembra ormai
definitivamente essersi imposto tra i giovani scultori.
51
“FUKUSHIMA”Legno di larice
cm 180x37x41
Anno 2011“Opera vincitrice del terzo premio
al simposio luci ed ombre
del legno”
SIMONE TURRA Via Rivetta al Pra,18
38054 Tonadico di Primiero (Trento)
cell. 348 3632697
simoneturra@gmail.com
ISABELLA CORNI Via Torino, 42
10019 STRAMBINO (TO)
cell. 340-3879015
isabella.corni@gmail.com
PAOLO MORO Via Luigi Bernara, 7
32028 TRICHIANA (BL)
cell. 339-2515702
scultorepaolomoro@alice.it
FULVIO BORGOGNOB.ta Combina, 6
10065 SAN GERMANO CHIOSONE (TO)
cell. 339-2968385
fulvioborgogno1977@libero.it
59
LA CERTIFICAZIONE DEL LEGNO IN TRENTINO
Arte e legno, un connubio bello e sostenibile!
Il legno è il materiale più ecologico che si possa pensare: nasce dalla Natura con la fotosintesi degli alberi, è
un materiale composto esclusivamente da sostanza organica e una volta a fine ciclo di vita ritorna alla Natura.
Contemporaneamente è anche uno dei materiali più duttile e versatile a disposizione dell’uomo, che infatti
lo adopera per costruirci le proprie case, per fabbricarsi attrezzi e mobilio, giochi e estrarci la cellulosa per
produrre la carta e il cartone; ma anche per fare musica e arte, come pittori, scultori ed ebanisti sanno da
centinaia d’anni!
Facciamo l’esempio dei tronchi di larice e pino cembro che sono stati utilizzati per realizzare le statue e le opere
di questa mostra: sono il frutto di centinaia d’anni di crescita di alberi cresciuti nei boschi alpini del Trentino.
Per arrivare a noi sono stati accuratamente scelti da esperti dottori forestali, che li hanno fatti abbattere
ed esboscare da ditte di taglio boschivo, per far spazio alla crescita di piante più giovani, seguendo precise
indicazioni di pianificazione forestale. Questa buona gestione delle risorse forestali sono addirittura certificate,
secondo gli standard di gestione forestale sostenibile individuate dal PEFC.
Quindi possiamo avere la certezza che questo legno è ottenuto attraverso una corretta gestione dell’ambiente,
generando una economia di filiera per il territorio, dando quindi lavoro a professionisti e a ditte che lavorano
il legno. Questa riflessione è importante, perché spesso il legname che usiamo in Italia viene dall’estero, con
molti dubbi sulla provenienza e su come sia stato tagliato il bosco d’origine (il Parlamento Europeo stima che
nel 2010 il 25% del legname importato in Europa provenga da fonti illegali, cioè senza permessi di taglio del
bosco d’origine).
Ecco perché è importante scegliere il legname giusto ed ecco perché questa mostra oltre ad essere bella e
portatrice di emozioni si può considerare sostenibile: il legname proviene da boschi trentini certificati PEFC,
è tracciato e garantisce che le statue siano realizzate con materiale proveniente da foreste gestite in maniera
sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico.
Il sistema di certificazione forestale PEFC è il più diffuso al mondo e in Italia.
Per maggiori informazioni: www.pefc.it
Antonio Brunori
Segretario Generale PEFC Italia