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PANE Non di solo
Sussidio di preghiera per la famiglia
Anno XV - n° 716
Domenica 28 Giugno 2015
XIII del Tempo Ordinario
Itinerario quotidiano di preghiera
Fanciulla, io ti dico: Alzati!
Non di solo pane Numero 716 Tempo Ordinario pagina 2
Giugno - Luglio 2015
“Pregare, forse il
discorso più urgente”
Sussidio di preghiera
per la famiglia
Offerta della giornata
Cuore divino di Gesù,
io ti offro per mezzo
del Cuore Immacolato di Maria,
Madre della Chiesa,
in unione al Sacrificio eucaristico,
le preghiere, le azioni,
le gioie e le sofferenze
di questo giorno,
in riparazione dei peccati,
per la salvezza di tutti gli uomini,
nella grazia dello Spirito Santo,
a gloria del divin Padre.
Dio, nostro Padre, io ti offro tutta la mia giorna-
ta. Ti offro le mie preghiere, i pensieri, le paro-
le, le azioni, le gioie e le sofferenze in unione
con il Cuore del tuo Figlio Gesù Cristo che conti-
nua ad offrirsi a te nell’Eucaristia per la salvez-
za del mondo. Lo Spirito Santo che ha guidato
Gesù sia la mia guida e la mia forza oggi affin-
ché io possa essere testimone del tuo amore.
Con Maria, la madre del Signore e della Chiesa,
prego specialmente per le intenzioni che il Santo
Padre raccomanda alla preghiera di tutti i fedeli
in questo mese
Intenzione del Santo Padre
Perché la responsabilità politica sia vissuta come for-
ma di alta carità
Intenzione missionaria
Perché i cristiani in America latina, di fronte alle disu-
guaglianze sociali, possano dare testimonianza
d’amore per i poveri e contribuire ad una società più
fraterna,
Intenzione dei vescovi
Perché adempiamo il dovere di annunciare il Vangelo
a coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno
sempre rifiutato.
Intenzione del Vescovo di Brescia
Mons. Luciano Monari
Perché i credenti crescano nella fede, nella speranza e
nell'amore e siano veri testimoni di Cristo nel mondo.
Offerta quotidiana
Sito di Non di Solo Pane:
www.nondisolopane.it
Non di solo pane Numero 716 pagina 3
Domenica 28
Giugno
I Settimana del Salterio
XIII Domenica del Tempo Ordinario
Il coraggio apostolico è seminare. Seminare la Parola. Renderla a quel lui e a quella lei per i quali è data. Dare loro la bellezza del Vangelo, lo stupore dell’incontro con Gesù e lasciare che sia lo Spirito Santo a fare il resto.
Sant'Attilio è forse
identificabile con
un martire, presun-
to soldato della mi-
tica Legione Tebea,
venerato presso
Trino Vercellese. Il
suo culto non è pe-
rò mai stato suffra-
gato dall'inserimen-
to nei martirologi
ufficiali della Chie-
sa.
Etimologia:
Attilio = forse atti-
vo o avo, nonno,
dal latino
Emblema: Bandie-
ra, Elmo, Palma
Il santo del Giorno: Sant’Attilio martire
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attor
no molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome
Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia
figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con
lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Dalla casa del capo della sinagoga
vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito
quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non
permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giaco
mo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che pian
geva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è
morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e
la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la
mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlza
ti!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono
presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo
e disse di darle da mangiare
Brano Evangelico: Mc 5,2143
Contemplo: Signore, abbi pietà di me (dal Salmo responsoriale)
Una donna, affetta da grave malattia, crede che se toccherà un lembo della veste di Gesù, sarà guarita dal suo male. Tanti nella calca toccano Gesù, ma nessuno ne tocca la veste con la stessa fede di quella donna che, nel suo cuore, con fede, avrà senz'altro detto questa preghiera: «Signore, abbi pietà di me». Sia questa la nostra preghiera quando siamo afflitti o malati, o anche solo preoccupati per qualcosa, sapendo che il Signore non abbandona quanti confidano in lui.
Non di solo pane Numero 716 Tempo Ordinario pagina 4
P a g i n e b i b l i c h e
I grandi miracoli non avven-
gono mai alla luce dei riflet-
tori ma nelle penombra del-
la discrezione. Sono un do-
no, un bacio d’amore, un
segreto da consumare
nell’intimità.
“Ma egli, cacciati tutti fuo-
ri, prese con sé il padre e la
madre della bambina …”.
Solo nella penombra di una
stanza, davanti agli occhi di
un ristretto numero di ami-
ci, Gesù pronuncia le arcane
parole di una nuova creazio-
ne: “Fanciulla, io ti dico:
àlzati!». E subito la fanciulla
si alzò e camminava; aveva
infatti dodici anni”. In quelle
parole pronunciate con amore
i genitori della bambina pos-
sono riconoscere la presenza
di Dio che si rivela con tutta
la sua potenza, un gesto per-
sonalissimo da sigillare
nell’esclusività di un’intima
relazione d’amore. I miracoli
sono sempre esclusivi, non si
possono moltiplicare: ogni
gesto che desta stupore, che
sprigiona la fragranza del pro-
digio, è sempre unico, irripe-
tibile, diverso da un altro.
Come il calore di un bacio è
sempre particolare, suscita
emozioni insostituibili e
ineguagliabili così il miracolo:
ha sfumature che lo caratteriz-
zano e lo differenziano. Tutti i
miracoli di Gesù sono unici,
sono diversi gli uni dagli altri,
portano il sigillo di un amore
che è personale, mai generico
ne tanto meno banale.
Oltre che riabbracciare la loro
bambina, i genitori del brano
evangelico possono cogliere il
fiore delicato della presenza di
Dio: un fiore da mettere sul
davanzale della loro vita per
non dimenticare mai il profumo
del Signore che allieta la vita
degli uomini.
don Luciano
“Fanciulla, io ti dico: alzati!».
Meditazione di don Luciano Vitton Mea
Non di solo pane Numero 716 Tempo Ordinario pagina 5
P a g i n e b i b l i c h e
Contemplazio:
Dovessi vivere sessanta, settanta, novant'anni al
massimo, che mi gioverebbe? Quando la vita è du-
ra, è già fin troppo lunga. Quando è dolce, è trop-
po corta. Non sono fatto per questo. Sono fatto
per la Vita, la Vita senza un più o un meno. E la
vita non è la Vita se deve essere troncata un gior-
no. No, la Vita dura per sempre, altrimenti non è
la Vita. Proprio perché la morte s'è infiltrata nel
mio corpo e continuamente tende tranelli alla mia
vita, Dio ha deciso di venire lui stesso in mezzo a
noi, per mettere fine a questa intollerabile inge-
renza nella sua opera, per affrontare l'assassino ed
eliminarlo, una volta per tutte, in un implacabile
corpo a corpo [...]. Da quel giorno la morte non è
più la morte. Un cane può morire, un albero pure,
perfino una stella. Ma il cuore dell'uomo non può
morire. Impossibile [...].
L'embrione cresce nutrito continuamente dalla ma-
dre. Il sangue di Gesù nutre in te la Vita eterna,
come afferma il sacerdote mentre immette nel ca-
lice un frammento d'ostia. Allora essa cresce in te
da sola, come il seme, senza nemmeno che tu te
ne accorga, alla sola condizione di essere conti-
nuamente alimentata. Che dice Gesù dopo avere
risvegliato la piccola di dodici anni e averla posta
nelle braccia della madre che la credeva morta?
«Datele da mangiare un pezzo di pane!». Ce lo dà
lui stesso questo pane perché morire sia solo un
addormentarsi. Ne rida pure il mondo! Un bambino
ha forse paura d'addormentarsi? È triste addormen-
tarsi? (D. ANGE, Le nozze di Dio dove il povero è re, Milano
1985, 251s.).
Giorno per giorno
Signore, tu non ti compiaci di
slanci generosi, ma vani...
di propositi buoni, ma ingenui.
Tu ci chiedi un sano realismo,
la verità del cuore
e una vita abbracciata
giorno per giorno
e portata con austerità, ma
anche con leggerezza.
Signore della vita,tu desideri
che la nostra esistenza non
affondi sotto pesi insopportabili,
ma si proietti in avanti e
cresca e si ampli e si
approfondisca come un
albero, esile o maestoso.
Amen
Preghiamo la Parola
Non di solo pane Numero 716 pagina 6
Lunedì 29
Giugno
I Settimana del Salterio
XIII Tempo Ordinario
Il Santo del giorno: San Pietro e Paolo
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi di
scepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono
Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il
Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, per
ché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te
dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi
non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che leghe
rai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei
cieli».
Brano Evangelico: Mt 16,1319
Martirologio Romano: Solennità dei santi Pietro e Paolo Apostoli. Simone, figlio di Giona e fratello di Andrea, primo tra i discepoli professò che Gesù era il Cristo, Figlio del Dio vivente, dal quale fu chiamato Pietro. Paolo, Apostolo delle genti, predicò ai Giudei e ai Greci Cristo crocifisso. Entrambi nella fede e nell’amore di Gesù Cristo annuncia
rono il Vangelo nella città di Roma e morirono mart ir i sotto l’imperatore Nerone: il primo, come dice la tradizione, crocifisso a testa in giù e sepolto in Vaticano presso la via Trionfale, il secondo trafitto con la spada e sepolto sulla via Ostiense. In questo giorno tutto il mondo con uguale onore e venera
zione celebra il loro trionfo. Patronato: Vescovi, Missionari, Rover e Scolte
Contemplo: A te darò le chiavi del Regno (Mt 16,19)
San Paolo ci ha insegnato che la Chiesa è un Corpo vivo perché ha Cristo per Capo e non perché possiede uomini intelligenti o potenti. La Chiesa non è di Pietro, ma di Cristo Gesù, di Dio; però Pietro ha le chiavi della “porta” e senza il suo aiuto, come “presidente nella carità”, non si può arrivare a Cristo. Per questo “dalla Chiesa sale incessantemente a Dio una preghiera per Pietro” (cf At 12,5). La Chiesa è una istituzione di Gesù, e Lui ha affidato a Pietro e agli Apostoli la sua eredità.
Il restare, il rimanere fedeli implica un’uscita. Proprio se si rimane nel Signore si esce da sé stessi. Paradossalmente proprio perché si rimane, proprio se si è fedeli si cambia. Non si rimane fedeli, come i tradizionalisti o i fondamentalisti, alla lettera. La fedeltà è sempre un cambiamento, un fiorire, una crescita.
Non di solo pane Numero 716 Tempo Ordinario pagina 7
E per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi
dice la gente che io sia?».
Gesù parla di sé, del suo mistero, delle “cose” che
riguardano Dio non da una cattedra o da un pulpito
ma lungo la via, mentre cammina, attraverso un
dialogo che aiuta i discepoli, partendo
dall’esperienza concreta, a giungere alla verità. Co-
sì, cammin facendo, mettendo in comune i pareri
discordanti della gente, Pietro arriva a riconoscere
in Gesù, il Cristo, il Figlio del Dio Vivente. Gesù è la
“pazzia di Dio”, Colui che verrà messo in croce,
l’innocente condannato al patibolo. Scelta assurda,
così come è assurdo il cristianesimo secondo una
logica puramente umana. In L'avventura d'un povero
cristiano Pier Celestino rivolge a Bonifacio VIII que-
ste parole: "Se però il cristianesimo viene spogliato
delle sue cosiddette assurdità per renderlo gra-
d20ito al mondo, così com'è, è adatto all'esercizio
del potere, cosa ne rimane? Voi sapete che la ragio-
nevolezza, il buonsenso, le virtù naturali esistevano
già prima di Cristo, e si trovano anche ora presso
molti non cristiani. Che cosa Cristo ci ha portato in
più? Appunto alcune apparenti assurdità. Ci ha det-
to: amate la povertà, amate gli umiliati ed offesi,
amate i vostri nemici, non preoccupatevi del pote-
re, della carriera, degli onori, sono cose effimere,
indegne di anime immortali...» (p. 244).
«Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi sé
stesso, prenda la sua croce e mi segua.» Questa
“assurdità”, questa novità che Gesù ha testimoniato
nella sua vita terrena, questa proposta che ci appa-
re tanto “paradossale” diventa croce, la nostra pic-
cola grande croce. Cosi, cammin facendo, lontano
dalle cattedre, narriamo con la nostra vita la
“pazzia di Dio” che affida a delle povere creature i
misteri del suo Regno.
meditazione
La pazzia di Dio Meditazione di don Luciano Vitton Mea
Tesoro prezioso
Signore, grande è il dono
dei santi Pietro e Paolo,
di cui oggi facciamo memoria.
Dalla loro umanità ricca,
forte ma intrisa
di contraddizioni,
tu hai saputo trarre
l'armonia impareggiabile,
il tesoro prezioso
per la Chiesa di ogni tempo e
luogo. Per questi due apostoli
coraggiosi, forgiati e resi degni
dal crogiuolo della sofferenza
per la fede, del servizio
ai fratelli, della testimonianza
sino al martirio,
ti rendiamo grazie,
Signore Gesù!
Amen
Agisci
Gesù, la sua parola, mi indica la
via della vita. Oggi, Egli mi ri-
corda quel grande dono di cui ha
colmato la sua Chiesa: la comu-
nione dei santi. Forse sono giun-
to alla fede grazie alla preghiera della mia
mamma, della mia nonna o di qualcun altro.
Ringrazierò il Signore con la preghiera del
Magnificat.
Preghiamo la Parola
Non di solo pane Numero 716 pagina 8
Martedì 30
Giugno
I Settimana del Salterio
XIII Tempo Ordinario
I sacramenti sono gesti del Signore.
Non sono prestazioni o territori di conquista di preti o vescovi.
Santi protomartiri
della Santa Chiesa di
Roma, che accusati
dell’incendio della
Città furono per ordi-
ne dell’imperatore
Nerone crudelmente
uccisi con supplizi
diversi: alcuni, infat-
ti, furono esposti ai
cani coperti da pelli
di animali e ne ven-
nero dilaniati; altri
furono crocifissi e
altri ancora dati al
rogo, perché, venu-
ta meno la luce del
giorno, servissero
da lampade nottur-
ne. Tutti questi e-
rano discepoli degli
Apostoli e primizie
dei martiri che la
Chiesa di Roma pre-
sentò al Signore.
Il Santo del giorno: Protomartiri della Santa Chiesa di Roma
In quel tempo, salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono.
Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la
barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. Allora si accostarono
a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed
egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si al-
zò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia. Tutti, pieni di
stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli
obbediscono?».
Brano Evangelico: Mt 8, 2327
Contemplo: I venti e il mare gli obbediscono (Mt 8,27)
Gesù dorme sulla barca dei discepoli. Ma essi sanno che “non si addormenterà, non prenderà sonno il Custode d'Israele” (Sal 121,4). Ascoltiamo il dolore del Signore che vede tutte le creature obbedienti al suo cenno, mentre l'uomo è ribelle: “Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Ti bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende” (Is 1,23).
Non di solo pane Numero 716 Tempo Ordinario pagina 9
lo presero con sé, così com'era, nella barca.
Dio va sempre preso così com’è, con le sue vesti,
come si presenta. Non lo possiamo piegare, mani-
polare, rivestire con gli abiti che più ci aggradano.
Dio è Dio e tale deve rimanere. Scomodo, ingom-
brante, spesso così lontano dai nostri gusti, incom-
patibile con le nostre voglie, irremovibile sul pro-
porci la via stretta che porta ad orizzonti che non ci
appartengono. Come gli apostoli dobbiamo pren-
derlo sulla nostra barca come il Diverso, così com’
è, senza porre condizioni. Il peccato più grave è
minare la verità, narcotizzare il crogiuolo, Colui che
separa la paglia dal grano, il bene dal male. Non
temo le mie fragilità, il mio peccato, i piccoli o gran-
di compromessi. Una sola cosa mi spaventa: met-
tere sulle labbra di Dio le mie opinioni, nel suo cuo-
re i miei sentimenti, sedare con vani ragionamenti
la potenza della Parola che salva. Sulla mia barca
Lui è l’unico che ha il coraggio della Verità: guai
scaricarlo, guai mettergli il bavaglio dell’umana ra-
gionevolezza.
(don Luciano)
meditazione
Sulla mia barca Meditazione di don Luciano Vitton Mea
Ti chiediamo di imparare
Signore Gesù,
alla tua misericordia
donata in pienezza e per
sempre, affidiamo la furia
di questo mondo
e i demoni che ci lusingano
e ci circondano.
Ti chiediamo di imparare
da te l'arte di un discernimento
senza «se» e senza «ma»,
che salva, guarisce
e che accetta persino,
con libertà, di essere
allontanato, non avendo
fatto che bene.
Per il perenne esempio
della tua vita, che diviene
linfa della nostra,
ti ringraziamo, Signore!
Amen
Agisci
... Spesso nel proprio benes
sere ci si dimentica dei disa
gi altrui. Sulla realtà degli
immigrati forse mi sono la
sciato guidare dal giudizio,
dal risentimento. E se io fossi al posto
loro, come mi comporterei? Oltre ad un
gesto concreto, li affiderò a san Giusep
pe, recitando una preghiera a lui dedica
ta.
Preghiamo la Parola
Non di solo pane Numero 716 Tempo Ordinario pagina 10
La nostalgia di Giobbe si infran-
ge, come le onde del mare sulla
scogliera, contro la dura realtà
di un presente privo di luce e in
compagnia di un morbo che
mangia la carne e lo spirito.
Sul letamaio di Giobbe lo spasi-
mo delle piaghe cede il passo al
tormento dell’indifferenza e
del disprezzo degli adulatori,
dei ruffiani di un tempo: “Ora
invece ridono di me i più giova-
ni in età, i cui padri non avrei
degnato di mettere tra i cani
del mio gregge.
Ora io sono la loro canzone,
sono diventato la loro favola!
Hanno orrore di me e mi schiva-
no e non si astengono dallo spu-
tarmi in faccia!”.
Quando la prosperità e la salute
ti voltano le spalle scende la
freddezza e l’insensibilità
dell’umano consorzio, rimani
solo con l’amara radice della
solitudine e del distacco. Tra i
letamai non c’è spazio per la
pietà e i deserti dell’aridità
umana diventano devastanti:
“Cacciati via dal consorzio u-
mano, a loro si grida dietro co-
me al ladro; sì che dimorano in
valli orrende, nelle caverne
della terra e nelle rupi. In mez-
zo alle macchie urlano e sotto i
roveti si adunano; razza ignobi-
le, anzi razza senza nome, sono
calpestati più della terra”.
E’ facile levarsi il capello
quando passa chi gode di consi-
derazione, chi si lava i “piedi
nel latte”; una posizione, il
prestigio, un “titolo” richiedo-
no l’ossequio e la benevolenza.
Bisogna pur sopravvive, certe
amicizie possono tornare utili;
ma coloro che giacciono ai
margini, che vivono “nelle ca-
verne della terra e nelle rupi”,
beh, quelli possono tranquilla-
mente diventare pubblico ludi-
brio, oggetto di scherno e di
facili ironie.
Così, per Giobbe, oltre al pruri-
to e al lezzo della cancrena, la
gogna di coloro che ai tempi
della prosperità “si alzavano in
piedi” mentre sedeva alle porte
della città.
Gli immondezzai della sofferen-
za diventano i dimenticatoi di
tutti, la storia non ha pagine da
sciupare né inchiostro da versa-
re per coloro che non hanno
voce, per chi non produce, per
gli accattoni che vagano in lan-
de solitarie.
Il Dio che Giobbe aveva cono-
sciuto, quello della sua giovi-
nezza, dorme, non interviene, è
sordo al grido Giobbe.
Ma diciamolo francamente e
senza paura di diventare blasfe-
mi: il Dio che Giobbe conosce-
va, o meglio, che pensava di
conoscere, è meglio che conti-
nui a dormire; se è un Dio che si
siede tra i notabili, tra coloro
che godono di considerazione,
che hanno una posizione alle
porte della città che si assopi-
sca pure tra i fumi degli olocau-
sti e degli incensi. Quello che
l’umanità attende è il Dio dello
stupore, che irrompe nella sto-
ria, che da sempre ci parla di
Giobbe, delle vedove, dei clau-
dicanti e degli orfani. Quello
che sta per irrompere nel leta-
maio di Giobbe sarà un turbine
impetuoso che farà cadere ogni
umana ipocrisia.
di don Luciano Vitton Mea
Pagine bibliche: il libro di Giobbe/6 Gli approfondimenti di Non di Solo Pane
Razza senza nome
di don Luciano Vitton Mea
Non di solo pane Numero 716 pagina 11
XIII Tempo Ordinario
Il criterio della vita diventa fatalmente il piacere,
la comodità, l'egoismo, la passione, l'istinto..., ed
il livello della dignità personale fin dove discende?
In quel tempo, giunto Gesù all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemo
niati, uscendo dai sepolcri, gli andarono incontro; erano tanto furiosi che nes
suno poteva passare per quella strada. Ed ecco, si misero a gridare: «Che vuoi
da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?».
A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci al pascolo; e
i demòni lo scongiuravano dicendo: «Se ci scacci, mandaci nella mandria dei
porci». Egli disse loro: «Andate!». Ed essi uscirono, ed entrarono nei porci:
ed ecco, tutta la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare e morirono nelle
acque. I mandriani allora fuggirono e, entrati in città, raccontarono ogni cosa
e anche il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù:
quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio.
Brano Evangelico: Mt 8,2834 Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?
Nacque ad Ahuetita de
Abajo, appartenente alla
parrocchia di Teocaltiche,
Jalisco (Diocesi de Agua
scalientes) il 5 ottobre
1901. Venne ordinato sa
cerdote quando esserlo era
il maggior delitto che pote
va commettere un messica
no. Ma lui, con una allegri
a che sprizzava da tutti i
pori, stese le sue mani af
finchè fossero consacrate
sotto il cielo azzurro dello
stato di Jalisco vicino al
quale si nascondevano
sia l`Arcivescovo che il
Seminario. Undici mesi
dopo il tranquillo ed
allegro sacerdote, men
tre esercitava, come
poteva, il suo ministero,
venne chiamato dal suo
parroco il Signor Curato
Justino Orona. Obbe
diente si avvió verso il
"Rancho de las Cruces"
luogo che sarebbe stato
il suo calvario. Mentre
dormiva giunsero le forze
militari e le autorita civili.
II padre Atilano udendo la
scarica che troncò la vita
al suo superiore, si ingi
nocchiò sul letto ed attese
il monento del suo sacrifi
cio. Lui venne fucilato,
dando prova della sua
fedelta a Cristo Sacerdote,
all'alba del 1° luglio 1928.
Contemplo: Mio Signore e mio Dio !
Grande e meraviglioso è sostenere non quello che sta dritto, ma quello
che cade. Così anche Cristo volle salvare quello che si perdeva e salvò
molti venendo e chiamando noi che eravamo già perduti.
Il Santo del giorno: Natività di San Giovanni Battista
Mercoledì 1
Luglio
I Settimana del Salterio
Non di solo pane Numero 716 Tempo Ordinario pagina 12
Quando il male si impadronisce dell’uomo la vita
diventa come un sepolcro e le pietre impedisco-
no ogni sorta di comunicazione. “Nessuno pote-
va più passare per quella strada”.
La cattiveria allontana, l’egoismo inaridisce il
cuore, la passione brucia qualsiasi primavera,
qualsiasi capacità d’amare in maniera autentica
e disinteressata. Solo un branco di porci dista
poco distante dai sepolcri, dal deserto di un cuo-
re indurito dal male. I sentieri della lontananza e
dell’isolamento sono bagnati dalle lacrime di una
solitudine struggente, non conoscono i colori di
una “presenza”. Recita un’antica omelia: “Povera
quella strada che non è percorsa da alcuno e
non è rallegrata da alcuna voce d’uomo! Essa
finisce per essere il luogo preferito di ogni gene-
re di bestie”. Tetra immagine di ciò che il pecca-
to genera nell’anima priva della grazia divina. Ma
vi è sempre il giorno in cui Gesù passa all’altra
riva, percorre la strada che conduce ai sepolcri
dell’umana miseria. “Uscendo …. gli vennero
incontro.” Beato l’uomo che sa cogliere questa
opportunità, che non manca all’incontro che sal-
va. Sui nostri sepolcri Dio può edificare la sal-
vezza, ridare vita a ciò che sembrava perduto.
don Luciano
meditazione
La cattiveria allontana di don Luciano Vitton Mea
Tu solo conosci le vie!
Signore Gesù,
quando nel nostro
cuore infuriano il dubbio,
la paura,
l'incredulità...
siamo strade sbarrate,
sordi a qualunque richiamo
eppure siamo tuoi.
Tu solo conosci vie,
per noi impensabili,
che ci riportano a noi
stessi con una sollecitudine
divina che risponde
con sovrabbondanza
di amore a tutto
il nostro male.
Grazie, Signore!
Amen
Agisci
Come il Signore a-
scolta il grido di chi
lo invoca, anche io
oggi mi metto in a-
scolto del grido, a volte silenzio-
so, di chi ha bisogno di me, del
mio aiuto, della mia vicinanza.
Preghiamo la Parola
Non di solo pane Numero 716 pagina 13
Giovedì 2
Luglio
I Settimana del Salterio
XIII Tempo Ordinario
L’amicizia si nutre di tante sorgenti, ma più
di tutto del rispetto reciproco.
(Daniel Defoe)
Diventa patrono di una città mentre era ancora in vita. Lecce, estate del 1616: il padre gesuita Bernardino Realino sta morendo, 42 anni dopo esservi arrivato. I reggitori del Municipio lo vanno allora a visitare in forma ufficiale. E gli fanno richiesta di voler essere il protettore della città. Lui, che tanto aveva fatto del bene a Lecce, acconsente. Nato in
una famiglia illustre di Carpi, che per i suoi primi studi gli faceva venire i maestri a casa, fu poi mandato all'Accademia modenese. A 26 anni, si laurea in diritto civile e canonico. Sotto la protezione di Cristoforo Madruzzo, Bernardino si avvia sulla strada dei «pubblici uffici». A un certo punto, però,
la sua carriera s'interrompe. Bernardino Realino frequenta i Gesuiti ed entra nella Compagnia. Nel 1567 è ordinato sacerdote e diventa il maestro dei novizi gesuiti. Sette anni dopo, a Lecce, crea un collegio al quale si dedicherà fino alla morte. Papa Pio XII lo proclamerà santo nel 1947.
Il Santo del giorno: San Bernardino Realino
In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed
ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse
al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Allora alcuni scribi disse
ro fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché
pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono
perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Fi
glio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al
paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le
folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un
tale potere agli uomini.
Brano Evangelico: Mt 9,18
Contemplo: Ti sono perdonati i peccati (Mt 9,2)
Il perdono di Dio è dato quando ci si pente per i peccati commessi contro Dio. I peccati commessi contro il prossimo sono perdonati solo se ci si riconcilia con le persone che si sono offese. «Perdona a noi le nostre offese, come noi perdoniamo» ci ha insegnato Gesù. Dio, quando giudica il popolo, lo considera nella sua interezza, e il profumo degli uni si comunica agli altri. Abbiamo bisogno degli altri, e soprattutto del «profumo di Cristo, del profumo della sua conoscenza» (2Cor 2,1415).
Non di solo pane Numero 716 Tempo Ordinario pagina 14
Agisci
Oggi mi prendo
cura di ciò che è pic-
colo e fragile, ini-
ziando a provare tenerezza per
le fragilità e i "difetti" che vedo
in me stesso
e negli altri.
Lo stupore della folla e lo scandalo degli scribi non nascono
tanto dalla guarigione del paralitico, quanto dall'affermazione
di Gesù: «Coraggio, figliolo, ti sono perdonati i tuoi peccati».
Egli compie questo miracolo per annunciare che un nuovo po
tere ha fatto irruzione nel mondo: quello di rimettere in piedi
l'uomo non solo nel corpo, ma anche nello spirito, perché ab
bia una vita totalmente nuova. Gesù non è un semplice guarito
re dei mali dell'uomo e della società, non guarisce per far fun
zionare tutto meglio di prima: apre orizzonti di vita nuova,
riconciliando l'uomo con Dio. Ed è stupefacente il fatto che
questo potere sia stato trasferito alla chiesa. Riflettendo sul
comportamento di questo paralitico che si alza e va a casa,
possiamo immaginare la guarigione interiore che avviene in
una persona quando esce dal confessionale. Se il peccatore è
un uomo fallito nel suo fine di vivere in comunione con Dio,
questo brano del vangelo ci fa toccare con mano che, con l'av
vento di Gesù nella storia, si realizza la profezia di Ezechiele:
«Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purifi
cherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli; vi darò
un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, to
glierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Por
rò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie
leggi» (Ez 36,2527).
Non è solo per essere stato guarito alle gambe che il paralitico
si alza e se ne va: è per il fatto che ora ha un cammino nuovo
da intraprendere e un progetto da realizzare. I veri paralitici del
brano di oggi sono quegli scribi che pensano: «Costui bestem
mia». Essi tornano a casa come sono venuti, ancora schiavi del
loro peccato, delle loro presunzioni e del loro piccolo mondo.
La vera bestemmia, lo scandalo del vangelo, è che Dio si è
fatto solidale con noi nel nostro peccato perché noi fossimo
solidali con lui nella risurrezione. Per quanto lo si mediti, non
penetreremo mai abbastanza questo mistero dell'amore di Dio;
e per quanto ce ne possiamo rendere conto, non coglieremo
mai nella pienezza il miracolo che avviene tutte le volte che
entriamo in un confessionale per riconciliarci con Dio.
Meditiamo la Parola
Solidale con il nostro peccato Meditazione Pierluigi Castaldi e Anna Maria Rossi
Folle tentazione
Signore, da sempre
la nostra grande
e folle tentazione
è metterti alla prova.
Signore, Padre buono,
perdona la nostra
Incredulità e ripeti
ancora e sempre per noi,
con pazienza divina,
le parole che ci
rimettono in movimento,
nel dinamismo
del dono generoso di sé,
le nostre vite, le nostre
relazioni mentre ripeti
al nostro cuore:
«Alzati, alzati e cammina!».
Grazie, Signore!
Amen
Preghiamo la Parola
Non di solo pane Numero 716 Tempo Ordinario pagina 15
Venerdì 3
Luglio
I Settimana del Salterio
XIII Tempo Ordinario
Il progetto non è cambiare quello che e diverso, il progetto è di piena accettazione delle diversità noi
siamo tutte le diversità umane, riconosciamole come nostre grandi ricchezze.
Festa di san Tom-
maso, Apostolo, il
quale non credette
agli altri discepoli
che gli annunciava-
no la resurrezione
di Gesù, ma, quan-
do lui stesso gli
mostrò il costato
trafitto, esclamò:
«Mio Signore e mio
Dio». E con questa
stessa fede si ritie-
ne abbia portato la
parola del Vangelo
t ra i popol i
dell’India
Patronato: Archi-
tetti
Etimologia: Tom-
maso = gemello,
dall'ebraico
Emblema: Lancia
Il Santo del giorno: San Tommaso apostolo
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne
Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli
disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio
dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non cre
do”. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro an
che Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: “Pace a
voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi
la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”.
Gli rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi
hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”.
Brano Evangelico: Gv 20,2429
Contemplo: Che vuoi da noi, Figlio di Dio? (MI 8,29)
Esistono diversi modi di leggere il Vangelo. Nessuno esaurisce il suo significato, perché la Scrittura, secondo gli antichi, ha settanta significati. L'esorcismo di Gàdara segue l'episodio della tempesta sedata. La tradizione patristica vede Gesù che si risveglia dal sonno della morte e incatena il diavolo, il «leone ruggente» (1Pt 5,8). Cristo innalzato sulla croce ha gettato fuori il principe di questo mondo, «omicida fin da principio», per liberare tutti gli uomini.
Non di solo pane Numero 716 pagina 16
Agisci
Come il Signore a-
scolta il grido di chi
lo invoca, anche io
oggi mi metto in a-
scolto del grido, a volte silen-
zioso, di chi ha bisogno di me,
del mio aiuto, della mia vici-
nanza.
Lo ricordiamo tutti come l'Apostolo incredulo, co-
me colui che volle mettere la mano al posto della
ferita della lancia e il dito al posto dei chiodi. Egli
volle così attingere la fede piena alla fonte stessa
dell'amore. È importante credere alla altrui testi-
monianza, ma non possiamo assolutamente con-
dannare chi vuole comprendere il prezzo dell'a-
more e toccare i segni della grazia. Molto proba-
bilmente Tommaso più degli altri era rimasto sa-
lutarmene scosso dalle parole che il suo Gesù ave-
va pronunciato non molti giorni prima, nella sera
dell'ultima cena: "questo è il mio corpo, questo è
il mio sangue sparso per voi". Ora Tommaso vuole
comprendere fino in fondo, per quanto è possibile
alla fragilità umana, il significato pieno di quel
dono. Volendo toccare il corpo di Cristo con i se-
gni della sua passione egli vuole stabilire una in-
tensa ed indefettibile comunione con Cristo. Egli
vuole riconoscere quel corpo, che non aveva visto
inchiodato alla croce, ma che desidera legare e
fondere con il suo, per essergli poi fedele fino alla
morte. I segni dei chiodi e le ferite del costato
che egli tocca gli consentono di salire con il suo
maestro fino al Calvario, fino alla croce per poi
godere nel vederlo vivo e risorto, lì presente di-
nanzi a lui, ancora pronto a fugare ogni dubbio.
L'intensità dell'amore talvolta supplisce alla debo-
lezza della fede. Vediamo infatti nella storia di
Tommaso l'esplosione simultanea della fede e
dell'amore quando dichiara che Cristo è il suo Si-
gnore e il suo Dio: «Mio Signore e mio Dio!». E',
tutto considerato, un bel percorso quello che
Tommaso compie; egli volge lo sguardo e poi toc-
ca Colui che hanno trafitto. Ci porge un invito che
tutti possiamo raccogliere: guardare il crocifisso
per immergerci in Cristo, per imprimere nel no-
stro cuore i germi fecondi della gratitudine della
fede e dell'amore.
Meditiamo la Parola
L’apostolo credente
Meditazione a cura della Redazione
«Mio Signore, mio Dio!».
Signore,
oggi ricordiamo
l'apostolo Tommaso,
così vicino a noi,
al nostro bisogno
di segni, che non
sappiamo leggere,
vicino alla cultura
di questi tempi increduli
e inconsapevoli insieme.
Fa' che riusciamo
a credere, non per la
fiducia in noi stessi,
ma per la fiducia
negli altri: soltanto
insieme potremo dire
«Mio Signore, mio Dio!».
Amen
Preghiamo la Parola
Non di solo pane Numero 715 Tempo Ordinario pagina 17
Dal matrimonio di Osea, il profe-
ta, il più vicino a Dio, e Gomer,
la prostituta, la più lontana da
Dio, nascono tre figli che porta-
no un marchio infamante: figli di
prostituzione. I tre nomi che O-
sea da a questi figli indicano il
mistero del male, le conseguen-
ze nefaste del peccato. Quando
l’uomo rinnega la propria elezio-
ne, l’amore di Dio e si prostitui-
sce a degli dei che si è costruito
con le proprie mani diventa uno
schiavo, perde la propria digni-
tà, scava un solco difficile da
colmare. Gomer, le alture dei
culti cananei e i tre nomi dei
figli di Osea non sono reperti
archeologici, dettagli insignifi-
canti di una storia che non ci
appartiene; sono impressi dentro
di noi, sono un retaggio con cui
dobbiamo confrontarci ogni gior-
no.
L’ uomo, ciascuno di noi, è un
mistero di vicinanza e di lonta-
nanza; c’è in noi un’innata incli-
nazione al bene ma nello
stesso tempo sentiamo il
fascino delle alture, le
lusinghe di una facile e
falsa libertà. Nasciamo
fidanzati con l’amore,
sentiamo il bisogno di
consumare un rapporto
vero e trasparente con
Colui che ci ha voluti,
pensati, creati; ma su-
biamo anche il fascino di una
prostituzione sacra che ci al-
lontana da Dio, dai fratelli, dal
“meglio” che giace custodito
nel sacrario della coscienza.
Quando l’uomo giace con un
surrogato dell’amore, quando
sale tra i cespugli dove lo a-
spettano le prostitute di turno
genera i tre figli di Gomer. E’
necessario conoscere e sentire
il peso di questi tre nomi terri-
bili.
«Egli andò a prendere Gomer,
figlia di Diblàim: essa concepì
e gli partorì un figlio. E il Si-
gnore disse a Osea: «Chiamalo
Izreèl, …..».
Izreèl è un nome maledetto
perché in quel luogo si è con-
sumato uno dei delitti più ter-
ribili della Storia di Israele, il
massacro della famiglia reale.
Al di la del fatto storico il no-
me evoca non solo quel bagno
di sangue ma tutti i crimini che
hanno segnato e segneranno la
storia degli uomini. Quando ci
si allontana da Dio si apre un
baratro tenebroso di cui non si
riesce a vedere il fondo; per
costruire le varie Auschwitz che
hanno segnato la storia umana
non ci vuole molto: basta de-
porre Dio e innalzare l’uomo, i
suoi interessi, le sue ideologie.
«La donna concepì di nuovo e
partorì una figlia e il Signore
disse a Osea: «Chiamala Non-
amata ….»
Dio non può amare il male, le
alture, la concorrenza di idoli
che non vedono e non sentono.
Dio perdona i peccati ma dete-
sta il male, le alture dove la
sua effige viene fregiata e rovi-
nata.
«Dopo aver divezzato Non-
amata, Gomer concepì e partorì
un figlio. E il Signore disse a
Osea: «Chiamalo Non-mio-
popolo, perché voi non siete
mio popolo e io non esisto per
voi».
Dio non c’è, non esiste in mez-
zo agli idoli; chi si inginocchia e
brucia l’incesso davanti
all’effimero diventa non popo-
lo, segna una lontananza che
solo la misericordia di Dio potrà
colmare.
Il libro di Osea
Il peso di un nome di don Luciano Vitton Mea
Pagine bibliche: il Libro di Osea/2 Gli approfondimenti di Non di Solo Pane
Non di solo pane Numero 716 pagina 18
Sabato 4
Luglio
I Settimana del Salterio
XIII Tempo Ordinario
Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! Per questo mi chiamo Francesco: come Francesco da Assisi, uomo di povertà, uomo di pace. L’uomo che ama e custodisce il Creato; e noi oggi abbiamo una relazione non tanto buona col Creato.
Nel 1789, durante la Ri
voluzione Francese aiutò
molti sacerdoti che non
avevano aderito alla co
stituzione civile del clero,
provvedendo loro con un
rifugio, viveri, ma soprat
tutto trovando il pane e il
vino necessari per la cele
brazione del sacrificio
eucaristico. Li prelevava
di notte, nascosti nelle
foreste della valle
d’Auze, e li accompa
gnava nelle famiglie do
v e s i r i ch i ed ev a
l’amministrazione dei
Sacramenti. Nel 1794 fu
processata ed imprigio
nata. Fu liberata grazie
ad un insurrezione popo
lare. Del resto non teme
va di morire e affermava
che sulla ghigliottina
avrebbe ballato come
negli anni giovanili. Ac
colta nel Terz’Ordine dei
Predicatori, imitò Santa
Caterina da Siena, so
prattutto con un intenso
amore per l’Eucaristia e
la difesa dei suoi ministri
perseguitati, intrepida
nella confessione di fede
e di amore per la Chiesa.
Il Santo del giorno: Beata Caterina Jarrige Domenicana
Brano Evangelico: Mt 9, 1417
Contemplo: I tuoi discepoli non digiunano? (Mt 9,14)
Gesù insegna il modo giusto di digiunare. Gli invitati a nozze non digiunano, ma
partecipano alla gioia dello Sposo. Noi siamo invitati a nozze! Se il digiuno è solo
un rito per farci notare dagli altri, oppure lo consideriamo una pratica dietetica, sia
mo lontani dall'insegnamento del Signore. Siamo chiamati a essere sobri per amore
di Dio, delle sue creature e del prossimo, sobri nelle chiacchiere e nell'uso del tem
po per dedicarci alla lettura della Scrittura e alla preghiera.
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero:
«Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non
digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in
lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà
loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su
un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo
strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si
spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vi
no nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».
Non di solo pane Numero 716 Tempo Ordinario pagina 19
Agisci
Mi sforzerò oggi di
ricordare quanti be-
nefici ricevo da Dio e
tenterò di offrire a
Gesù il mio amore, rinunciando
con un po’ di sacrificio a delle
piccole cose
Accogliere il Messia è possibile solo se il
nostro cuore è predisposto ad accoglierlo.
I discepoli di Giovanni hanno digiunato
per essere pronti ad accogliere il Messia.
Volevano indossare "vestiti nuovi" per
prendere parte al banchetto del Messia. Il
Signore ci offre un vestito nuovo, un vino
nuovo, una vita nuova. È necessario però
fargli posto nella nostra vita, perché Gesù
non si impone a nessuno. Lo accolgono
veramente solo coloro che si sono prepa-
rati a questo incontro con un cuore in
condizione di ricevere umilmente la paro-
la del Messia. Le parole del Maestro in
questo vangelo ci fanno capire che, con
la sua venuta nel mondo, si apre per tutti
gli uomini una novità di vita che, prima
dell'arrivo di Gesù, non era neppure lon-
tanamente immaginabile. In lui, infatti,
ci viene aperta la porta del cuore di Dio,
ci viene spianata la strada che conduce
alla piena comunione del Padre con gli
uomini, rappresentata nel vangelo dal
banchetto di nozze.
Meditiamo la Parola
Vino nuovo, in otri nuove... Meditazione a cura di don Luciano
Tu ci ami così
Signore, ti ringraziamo,
perché parli ai nostri cuori
con un linguaggio
che possiamo intendere
poiché interpella
con delicatezza
commovente la nostra
esperienza umana.
Tu ci ami così come noi
«sentiamo» il profumo
dei nostri figli.
Tu ci ami dal profondo,
senza parole,
come una sposa trae forza,
fierezza e gioia
dalla sola presenza
dello sposo.
Amen
Preghiamo la Parola
333/3390059 don Luciano
Anno XV- n. 716
Domenica 28 Giugno 2015
Chiuso il 23 Giugno 2015
Numero copie 1400
Coordinatrice Fiorella Elmetti
Redazione
don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini,
don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti
Grafica e stampa
don Luciano Vitton Mea
Ideato da don Luciano Vitton Mea
Sussidio di preghiera per la famiglia
Per la tua vita spirituale visita il
Vi troverai:
Ogni giorno una meditazione dei più grandi maestri di spiritualità Il settimanale di preghiera Non di Solo pane (da scaricare) I Santi del Giorno Tutte le opere di San Agostino I racconti di un pellegrino russo L’Imitazione di Cristo
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