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Parecchie volte 𝜋2/6
Prof. Luigi Verolino
Università Federico II di Napoli
Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione
Via Claudio, 21 [80125] Napoli
verolino@unina.it
Risolvere il problema di Basilea vuol dire riuscire a determinare il valore della
serie dei reciproci dei quadrati, precisamente a dimostrare che
∑1
𝑘2
∞
𝑘=1
=𝜋2
6 .
Esso fu posto per la prima volta da Pietro Mengoli e divenne famoso quando Jakob
Bernoulli ne scrisse nel 1689. Jakob era il fratello di Johann Bernoulli, insegnante
di Eulero, che probabilmente lo mostrò ad Eulero stesso. Fu così che il problema
divenne conosciutissimo tra i matematici ed è dunque comprensibile che Eulero
divenne famoso quando lo risolse a soli ventotto anni.
La differenza tra il poeta ed il matematico è che il poeta cerca di infilare la testa nel
cielo, mentre il matematico cerca di infilare il cielo nella sua testa.
Gilbert Keith Chesterton
Londra, 29 maggio 1874 – Beaconsfield, 14 giugno 1936
2
Introduzione
Basilea è una città situata nella Svizzera nord-occidentale, lungo un’ansa del fiume
Reno al confine con Francia e Germania. È un importante centro industriale del
settore chimico e farmaceutico e costituisce l’ultimo porto fluviale accessibile ai
natanti da trasporto di grandi dimensioni provenienti dal Mare del Nord. Ospita
la più vecchia università svizzera, fondata nel 1459, in cui hanno lavorato ed
insegnato, seppure in tempi diversi, Erasmo da Rotterdam, Paracelso, diversi
membri della famiglia Bernoulli, Leonardo Eulero e Friedrich Nietzsche. Più
recentemente, Basilea ha acquisito un certo rilievo per il lavoro sviluppato sulla
medicina tropicale. La città è rinomata per il suo carnevale, per la manifestazione
di arte contemporanea denominata Art Basel e per la più importante fiera di
orologi e preziosi a livello mondiale.
Basilea, con oltre centosettantamila abitanti, rappresenta la terza città svizzera
per popolazione, dopo Zurigo e Ginevra.
Risolvere il problema di Basilea vuol dire determinare il valore a cui tende la
somma degli inversi di tutti i quadrati dei numeri naturali, cioè la somma della
serie
𝑆 = ∑1
𝑘2
∞
𝑘=1
= 1 +1
22+
1
32+ ⋯ .
3
Si osservi che le prime tre somme parziali valgono
𝑆1 = 1 , 𝑆2 = 1 +1
4=
5
4= 1.25 , 𝑆3 = 1 +
1
4+
1
9=
49
36= 1.361
e tanto basta per dimostrare che il valore numerico a cui tende la serie supera
l’unità, per cui
𝑆 > 1 .
Pietro Mengoli
Bologna, 1626 – Bologna, 7 giugno 1686
Il problema di Basilea è un problema ben conosciuto dagli analisti: fu proposto
per la prima volta da Pietro Mengoli, un matematico universitario bolognese
piuttosto conservatore, solo da poco riscoperto ed apprezzato. Studiò Matematica
all'Università di Bologna, sotto la guida di Bonaventura Cavalieri, cui subentrò nel
ruolo di docente a partire dal 1648. Due anni più tardi, nel 1650, ottenne il
4
dottorato in filosofia, sempre presso l'Università di Bologna, e nel 1653 riuscì a
conseguirne uno in legge civile e canonica. Alcune sue importanti scoperte ebbero
una certa qual risonanza europea, sebbene venissero esposte in un latino
piuttosto astruso ed incomprensibile. A fianco degli studi matematici, perseguì
anche la carriera ecclesiastica, venendo ordinato sacerdote: a partire dal 1660, fu
il parroco di Santa Maria Maddalena a Bologna.
Leonardo Eulero
Basilea, 15 aprile 1707 – San Pietroburgo, 18 settembre 1783
Eulero, che era nato a Basilea, iniziò molto giovane a meditare su questo
problema, con il quale si confrontò da vari punti di vista. In un primo lavoro,
pubblicato nel 1731, egli ottenne un’approssimazione numerica di 𝑆, migliore di
quelle ottenute per calcoli diretti, sommando un gran numero di termini. Qualche
anno dopo, precisamente nel 1735, all’età di ventotto anni, riuscì ad ottenere la
somma. Si trattava di un risultato sorprendente, dato che il problema aveva
resistito agli attacchi dei più grandi matematici dell’epoca.
5
Tuttavia, le considerazioni proposte da Eulero erano basate su passaggi non
completamente chiari, poiché talvolta l’estro dei matematici geniali, sottoposto al
severo vaglio della comunità degli studiosi, è fonte di polemiche ed
incomprensioni. Pur avendo fornito quattro dimostrazioni nel corso degli anni,
probabilmente nessuna di esse, tranne forse l’ultima, oggi sarebbe accettata come
completamente rigorosa: tuttavia, lo slancio intellettuale di Eulero nella
risoluzione di questo problema è davvero mirabile e merita di essere ripercorso.
Bisognerà nondimeno attendere fino al 1741 per una dimostrazione rigorosa.
Oggi è ben noto che la somma della serie proposta è un numero irrazionale e,
parafrasando lo stesso Eulero, si può affermare che sei volte la somma di questa
serie è uguale al quadrato della lunghezza della circonferenza di un cerchio di
diametro unitario, vale a scrivere
6𝑆 = 𝜋2 → 𝑆 =𝜋2
6≅ 1.6449340668 .
Eulero è una figura chiave della Matematica del Settecento: è con molta
probabilità il più grande fisico teorico del secolo e dovrebbe essere accostato ad
Archimede, Newton e Gauss. Quando Johann Bernoulli venne a conoscenza del
successo di Eulero, commentò: «E così viene soddisfatto l’ardente desiderio di mio
fratello che, rendendosi conto che la ricerca di tale somma era più difficile di
quanto si sarebbe potuto pensare, confessava apertamente che tutti i suoi ferventi
sforzi erano stati vani».
È interessante notare che la serie di Basilea non è poi molto diversa dalla serie
armonica; ogni termine è il quadrato del termine corrispondente nella serie
armonica e, se si calcola il quadrato di un numero positivo inferiore all’unità, si
ottiene un numero ancora più piccolo: ad esempio, il quadrato di un mezzo è un
quarto, che è più piccolo di un mezzo. Minore è il numero di partenza, più evidente
è l’effetto: un quarto è solo di poco più piccolo di un mezzo, ma il quadrato di un
decimo è un centesimo, che è molto più piccolo di un decimo. Comunque, come
6
per ogni serie numerica che si rispetti, è necessario iniziare a studiarne la
convergenza, un compito che può essere assolto in modi assai diversi, come verrà
diffusamente mostrato in quel che segue.
La convergenza
All’epoca di Eulero era ben noto, grazie ad una dimostrazione elaborata nel tardo
Medioevo, verso il 1350, dal monaco francese Nicolas Oresme, matematico, fisico,
astronomo ed economista, poi vescovo di Lisieux, che la serie armonica era
divergente.
Nicolas Oresme
Fleury-sur-Orne, 1323 – Lisieux, 11 luglio 1382
Si sapeva, dunque, che la serie
∑1
𝑘
∞
𝑘=1
= 1 +1
2+
1
3+ ⋯ = ∞
7
era divergente. Si tratta di un risultato che per essere ottenuto richiese un grosso
sforzo intellettuale, dato che non è facile convincersi della divergenza di questa
serie solo con esperimenti numerici. La serie è detta armonica, dato che ogni suo
termine è la media armonica del termine che lo precede e di quello che lo segue,
essendo il suo inverso pari alla media aritmetica degli inversi dei due numeri
considerati.
L’idea di base, per dimostrar la divergenza della serie armonica, è raggruppare, in
maniera opportuna, gli addendi, in modo che
∑1
𝑘
∞
𝑘=1
= 1 +1
2+ (
1
3+
1
4) + (
1
5+
1
6+
1
7+
1
8) + ⋯ = 1 +
1
2+
7
12+
533
840+ ⋯ .
Si nota che, dopo il terzo, ogni nuovo addendo, così raggruppato, è sempre
maggiore di 1/2, sicché
∑1
𝑘
∞
𝑘=1
> 1 +1
2+
1
2+
1
2+ ⋯ .
Dalla divergenza dell’ultima serie scritta a destra, segue altresì la divergenza della
serie armonica. La somma parziale 𝑛 −esima di questa serie è il cosiddetto
numero armonico di ordine 𝑛
𝐻(𝑛) = ∑1
𝑘
𝑛
𝑘=1
= 1 +1
2+ ⋯ +
1
𝑛 − 1+
1
𝑛 .
Nonostante ciascuna di tali somme si ottenga dalla precedente addizionando un
termine via via più piccolo e convergente a zero, la successione delle somme
stesse, cioè la serie armonica, come si è mostrato, diverge positivamente.
8
Anche Mengoli produsse una dimostrazione della divergenza della serie armonica
e si tenga presente che, se si alternano secondo una data legge i segni dei diversi
addendi, la serie armonica può convergere. Ad esempio, una serie convergente,
basata sulla serie armonica, con correzione dei segni, fu trovata da Eulero nel
1748 e fornisce una rappresentazione di 𝜋
𝜋 = 1 +1
2+
1
3+
1
4−
1
5+
1
6+
1
7+
1
8+
1
9−
1
10+
1
11+
1
12−
1
13+ ⋯ ,
laddove i segni si determinano con il criterio che segue:
il numero 2 ha segno positivo;
i numeri primi della forma 4𝑚 − 1 hanno segno positivo;
i numeri primi della forma 4𝑚 + 1 hanno segno negativo;
per i numeri composti il segno è il prodotto dei segni dei singoli fattori.
Tuttavia, non è troppo sperare che la serie di Basilea, composta di termini sempre
più piccoli, se confrontati con quelli dell’armonica, converga. Il calcolo suggerisce
che è effettivamente così ed i primi ricercatori iniziarono a determinare a mano
alcune somme parziali
𝑆𝑛 = ∑1
𝑘2
𝑛
𝑘=1
con 𝑛 ≥ 1 .
La successione di queste somme parziali, come già detto, parte da 𝑆1 = 1 e cresce
in maniera monotona, dato che
𝑆𝑛+1 = 𝑆𝑛 +1
(𝑛 + 1)2> 𝑆𝑛 per 𝑛 ≥ 1 .
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Le somme parziali dei primi dieci, cento, mille, diecimila termini, troncate a
cinque decimali, sono riportate nella tabella precedente, allo scopo di mostrare
quanto sia lenta la convergenza, se risulta verificata, della serie. Sembra proprio
che la serie converga a un qualche numero compreso tra 1.644 e 1.645.
𝑛 10 100 1000 10000
𝑆𝑛 1.54977 1.63498 1.64393 1.64483
Ma verso quale numero tende la serie?
In situazioni del genere, i matematici non si accontentano di ottenere solo
un’approssimazione, soprattutto quando la serie in esame converge piuttosto
lentamente, come in questo caso: la somma dei primi diecimila termini differisce
solo dello 0.006% dalla somma infinita. La risposta è forse una frazione o qualcosa
di più complicato, magari con una radice quadrata oppure una radice quinta. Un
profano potrebbe pensare che sia sufficiente conoscere una mezza dozzina di
decimali, ma i matematici vogliono conoscere esattamente il numero a cui
converge la serie. Fanno così non solo perché sono bizzarri fino all’ossessione, ma
perché sanno per esperienza che ottenere quel valore esatto può aprire porte
inaspettate, gettando nuova luce sulla Matematica sottostante. Il termine tecnico
matematico, usato per indicare questa rappresentazione esatta di un numero, è
forma chiusa. Una semplice approssimazione decimale, per quanto buona, è
comunque una forma aperta, come è il numero
1.6449340668 ⋯ .
Si osservino con attenzione i tre puntini finali: essi dicono che il numero è aperto
all’estremità destra e, volendo, si può sempre pensare di calcolare qualche cifra in
più. Questo era dunque il problema di Basilea: trovare una forma chiusa per la
serie dei quadrati reciproci, un problema che, come si è già avuto modo di
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osservare, venne risolto nel 1735, quarantasei anni dopo il suo enunciato, dal
giovane Eulero, che lavorava duramente a San Pietroburgo.
Prima però di esaminare come Eulero lo risolse, è opportuno discutere la
convergenza delle somme parziali, dimostrando, come richiesto ad esempio nel
secondo quesito alla Scuola Normale Superiore di Pisa nel 1992 per l’ammissione
alle classi di Chimica e Biologia, che la somma
𝑆𝑛 = 1 +1
22+
1
32+ ⋯ +
1
𝑛2
è minore di 2, quale che sia l’intero positivo 𝑛. Per provare questa affermazione,
si può procedere almeno lungo tre direttrici parallele.
𝑎 Una prima strada parte dalla considerazione che
𝑘(𝑘 − 1) < 𝑘2 < 𝑘(𝑘 + 1) per 𝑘 ≥ 2 ,
che consente di scrivere
1 + ∑1
𝑘(𝑘 + 1)
𝑛
𝑘=2
< 𝑆𝑛 = ∑1
𝑘2
𝑛
𝑘=1
< 1 + ∑1
𝑘(𝑘 − 1)
𝑛
𝑘=2
per 𝑛 > 1 .
Ora, le due sommatorie limitanti, superiormente ed inferiormente, si possono
facilmente calcolare, essendo somme telescopiche di Mengoli
∑1
𝑘(𝑘 + 1)
𝑛
𝑘=2
= ∑ (1
𝑘−
1
𝑘 + 1)
𝑛
𝑘=2
=1
2−
1
𝑛 + 1 ,
∑1
𝑘(𝑘 − 1)
𝑛
𝑘=2
= ∑ (1
𝑘 − 1−
1
𝑘)
𝑛
𝑘=2
= 1 −1
𝑛 .
11
Si conclude allora che
3
2−
1
𝑛 + 1< 𝑆𝑛 < 2 −
1
𝑛< 2 per 𝑛 ≥ 2 ,
cioè esistono un maggiorante ed un minorante per la successione delle somme
parziali e che, pertanto, la serie converge.
Vale la pena notare che le due disuguaglianze appena scritte possono essere
facilmente ottenute ed interpretate anche per mezzo del calcolo integrale.
Precisamente, utilizzando il cosiddetto criterio dell’integrale, si possono scrivere
le limitazioni per le somme parziali
1 + ∫𝑑𝑥
(𝑥 + 1)2
𝑛
1
𝑑𝑥 =3
2−
1
𝑛 + 1< 𝑆𝑛 < 1 + ∫
𝑑𝑥
𝑥2
𝑛
1
= 2 −1
𝑛< 2 ,
come è possibile convincersi osservando la figura che segue, in cui sono state
rappresentate le funzioni
𝑦 =1
𝑥2 [linea blu] , 𝑦 =
1
(𝑥 + 1)2 [linea rossa] .
I rettangoli colorati riproducono i primi termini della serie: essi hanno sempre
una base di lunghezza unitaria ed un’altezza variabile, che si ottiene campionando
le due funzioni, rispettivamente nell’estremo inferiore e nell’estremo superiore di
ciascun intervallo. In particolare, per il primo intervallo risulta 𝐴1 = 1, mentre per
il secondo si ha che a 𝐴2 = 1/4. Ripetendo più volte questo ragionamento, è
evidente che si ottiene il risultato riportato, cioè che la somma risulta sempre
confinata tra le aree rappresentate dalle aree sottese dalle due funzioni.
12
𝑏 La seconda maniera di provare la convergenza della serie di Basilea si basa
sull’osservazione che una frazione contenente una potenza di due può essere
sostituita a ciascuna frazione non contenente una potenza di due. Si può, ad
esempio, scrivere
1
32<
1
22 ,
1
52<
1
42 .
In tal modo, si ottiene una serie che ha somme parziali sempre superiori alla serie
data, vale a scrivere
𝑆 = ∑1
𝑘2
∞
𝑘=1
< 1 +1
22+
1
22+
1
42+
1
42+
1
42+
1
42+
1
82+
1
82+ ⋯ .
Sommando i termini simili, si ottiene
𝑆 < 1 +2
22+
4
42+
8
82+
16
162+ ⋯ ,
cioè una serie geometrica di ragione ℎ = 1/2, per cui risulta
13
𝑆 < 1 +1
2+
1
22+
1
23+
1
24+
1
25+ ⋯ = ∑
1
2𝑘
∞
𝑘=0
=1
1 −12
= 2 .
𝑐 Essendo inefficaci, per la serie in esame sia il criterio del rapporto che quello
della radice, si può pensare si utilizzare il criterio dovuto al matematico svizzero
Raabe, il quale, nato da genitori abbastanza poveri, fu costretto a guadagnarsi da
vivere sin da molto piccolo dando lezioni private. Portò diversi contributi al
calcolo infinitesimale e studiò anche alcune questioni di Astronomia. È anche
conosciuto per l’integrale della funzione gamma
∫ log Γ(𝑡)𝑎+1
𝑎
𝑑𝑡 =1
2log(2𝜋) + 𝑎 log 𝑎 − 𝑎 , 𝑎 ≥ 0 .
Joseph Ludwig Raabe
Brody (Galizia), 15 maggio 1801 – Zurigo, 22 gennaio 1859
Per la generica serie a termini positivi
14
𝐴 = ∑ 𝑎𝑘
∞
𝑘=1
,
introdotto il limite
𝐿 = lim𝑘→∞
[𝑘 (𝑎𝑘
𝑎𝑘+1− 1)] ,
il criterio di Raabe stabilisce che si possono presentare le tre situazioni:
1) se 𝐿 > 1, allora la serie converge,
2) se 𝐿 < 1, allora la serie diverge,
3) se 𝐿 = 1, nulla si può concludere sul comportamento della serie.
Per la serie di Basilea, essendo il generico addendo positivo ed pari a 𝑎𝑘 = 1/𝑘2,
si può scrivere che
𝐿 = lim𝑘→∞
[𝑘 (𝑎𝑘
𝑎𝑘+1− 1)] = lim
𝑘→∞[𝑘
(𝑘 + 1)2
𝑘2− 𝑘] = lim
𝑘→∞(
2𝑘 + 1
𝑘) = 2 > 1
e concludere che la serie converge.
In definitiva, si può die che si è pervenuti, in diverse maniere, alla conclusione che
la serie di Basilea converge e che il suo valore numerico è compreso tra i due
estremi
3
2< 𝑆 < 2 .
Con gli estremi così trovati si può determinare una stima piuttosto grossolana del
valore della serie e soltanto considerazioni più raffinate, che stanno per essere
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sviluppate, consentiranno di ottenere una migliore approssimazione e poi il
valore esatto.
La velocità di convergenza
Dopo aver dimostrato in diverse maniere che la serie di Basilea è convergente,
sorge spontanea la domanda successiva: quanto velocemente la successione delle
somme parziali tende al valore limite?
Se si riporta in un grafico, come quello della figura che segue, l’andamento delle
prime duecento somme parziali, ad esempio, ci si rende immediatamente conto di
essere ancora piuttosto lontani dal valore asintotico previsto: ciò indica una certa
lentezza nella convergenza della serie. Per comprendere appieno quanto appena
detto, è necessario stimare la differenza
𝑆 − 𝑆𝑚 =𝜋2
6− 𝑆𝑚 = ∑
1
𝑘2
∞
𝑘=𝑚+1
= 𝑅𝑚 𝑚 ∈ ℕ ,
ovverosia determinare la successione dei resti 𝑅𝑚.
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Ottenere questa stima è molto semplice, se si utilizza la tecnica del confronto con
l’integrale, peraltro già usata in precedenza. Si può arrivare ai due limiti, superiore
ed inferiore, per il resto, scrivendo che
∫𝑑𝑥
𝑥2
∞
𝑚+1
=1
𝑚 + 1< 𝑅𝑚 < ∫
𝑑𝑥
𝑥2
∞
𝑚
=1
𝑚 .
Da ciò discende che la serie in esame non converge troppo rapidamente: se si
sommano mille termini, si ottiene un errore sulla terza cifra decimale, mentre la
somma del primo milione di termini addendi produce un errore sulla sesta cifra
decimale. Tuttavia, sommando un milione di termini, si assiste, con gran sorpresa,
ad un evento veramente strano. Si confrontino i due risultati, quello esatto e
quello approssimato al primo milione di addendi, limitatamente alle prime 45
cifre:
𝜋2
6= 1.644934066848226436472415166646025189218949901 ,
∑1
𝑘2
106
𝑘=1
= 1.644933066848726436305748499979391855885616544 .
La sesta cifra dopo la virgola è errata, come era prevedibile, ma le sei cifre
successive sono giuste. Poi, si trova ancora una cifra sbagliata ed altre cinque cifre
corrette. Questa sorprendente scoperta è stata fatta nel 1988 e rappresenta
qualcosa di troppo strano per essere una pura coincidenza. Uno sguardo al
termine di errore, sempre limitatamente alle prime 45 cifre,
𝑅106 = 0.000000999999500000166666666666633333333333357
rivela l’esistenza di una trama curiosa e ben nascosta.
17
La dimostrazione di Eulero
La dimostrazione proposta da Eulero è tanto ingegnosa quanto originale.
Tuttavia, essa utilizza le regole dei polinomi finiti, come se fossero valide anche
per le serie infinite, un’argomentazione che avrebbe richiesto una dimostrazione.
Anche senza questa giustificazione, semplicemente ottenendo un valore prossimo
a quello fornito dal calcolo numerico, egli poteva essere piuttosto sicuro della
correttezza del suo risultato.
Per seguire la dimostrazione di Eulero, bisogna ricordare lo sviluppo in serie di
Maclaurin della funzione seno
sin 𝑥 = ∑(−1)𝑘𝑥2𝑘+1
(2𝑘 + 1)!
∞
𝑘=0
= 𝑥 −𝑥3
3!+
𝑥5
5!−
𝑥7
7!+ ⋯ ,
da cui, dividendo membro a membro per 𝑥, si ricava
sin 𝑥
𝑥= ∑(−1)𝑘
𝑥2𝑘
(2𝑘 + 1)!
∞
𝑘=0
= 1 −𝑥2
3!+
𝑥4
5!−
𝑥6
7!+ ⋯ .
Si assuma poi, proprio qui sta lo slancio geniale ed imprevedibile di Eulero, che
sia possibile esprimere questa funzione come un prodotto infinito di fattori
lineari, uno per ogni radice, creando un polinomio di grado infinito, come si
farebbe per un numero finito di radici. Si scrive allora il polinomio
sin 𝑥
𝑥= (1 −
𝑥
𝜋) ∙ (1 +
𝑥
𝜋) ∙ (1 −
𝑥
2𝜋) ∙ (1 +
𝑥
2𝜋) ∙ ⋯ ,
ovvero la forma equivalente
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sin 𝑥
𝑥= (1 −
𝑥2
𝜋2) ∙ (1 −
𝑥2
4𝜋2) ∙ ⋯ .
Effettuando il prodotto di tutti questi fattori e concentrandosi sul solo temine di
secondo grado, che nello sviluppo in serie vale −1/6, si ottiene il risultato
desiderato
−1
𝜋2(1 +
1
22+
1
32+ ⋯ ) = −
1
6 → 𝑆 =
𝜋2
6 .
Che bella dimostrazione: un volo meraviglioso ed altissimo che però si scontra
con il rigore matematico! Eulero afferma in effetti l’equivalenza tra lo sviluppo in
serie ed il prodotto di infinite radici, ma si trova di fronte ad un imbarazzante
dilemma: anche la funzione
ℎ(𝑥) = e𝑥sin 𝑥
𝑥
presenta le stesse radici e lo stesso valore in 𝑥 = 0, ma non ne è certamente
equivalente a quella in esame. Benché ai suoi tempi non sembra siano state
sollevate obiezioni così precise, pare certo che Eulero si rendesse conto che c’era
qualcosa di misterioso e di incompiuto in alcuni passaggi cruciali. Lo prova il fatto
che ritornò più volte sull’argomento, tentando, invero senza molto successo, di
trovare una giustificazione rigorosa della tecnica del prodotto infinito. Ben coscio
della debolezza del metodo, Eulero confidava nella correttezza del risultato cui
era pervenuto: la sua convinzione si poggiava su un’accurata stima numerica che
aveva intrapreso qualche anno prima, mentre lavorava al problema
dell’interpolazione della serie, la cui esposizione si trova nel De summatione
innumerabilium progressionum del 1730. L’elegante soluzione rappresenta
dunque una testimonianza della genialità del suo autore, ma fu anche il frutto di
19
un duro ed oscuro lavoro di calcolo numerico, condotto nel corso di alcuni anni in
modo paziente e meticoloso. Le sorprendenti concordanze che via via
emergevano dai calcoli furono di grande incoraggiamento per Eulero,
inducendolo ad impiegare gli strumenti dell’indagine analitica nella ricerca di
dipendenze, prima di allora insospettate, tra la somma infinita dei reciproci dei
quadrati degli interi positivi e le funzioni circolari.
Ma allora in che modo è possibile rendere rigoroso questo ragionamento? Vi sono
altri modi di risolvere il problema di Basilea?
Eulero non risolse il dilemma, ma fornì come sottoprodotto, sempre utilizzando
le medesime argomentazioni, altre due somme
∑1
𝑘4
∞
𝑘=1
=𝜋4
90 , ∑
1
𝑘6
∞
𝑘=1
=𝜋6
945 .
Le argomentazioni di Eulero forniscono una risposta per ogni somma di potenze
inverse pari; egli stesso, in una pubblicazione successiva, esplicitò i calcoli fino
alla potenza inversa ventiseiesima
∑1
𝑘26
∞
𝑘=1
=1 315 8627 𝜋26
11 094 481 976 030 578 125 .
Più in generale, Eulero stesso provò che
∑1
𝑘2𝑛
∞
𝑘=1
= (−1)𝑛+1(2𝜋)2𝑛
2 (2𝑛)!𝐵2𝑛 ,
dove 𝐵2𝑛 sono i numeri oggi detti di Bernoulli, che possono anche essere definiti,
usando una funzione generatrice esponenziale, per mezzo della formula
20
𝑥
e𝑥 − 1= ∑ 𝐵𝑘
∞
𝑘=0
𝑥𝑘
𝑘! ,
vale a dire una uguaglianza fra serie formali di potenze, che hanno un raggio di
convergenza minore di 2𝜋. Nella tabella che segue sono riportati, quale esempio,
i primi sette numeri di Bernoulli.
𝑛 0 1 2 3 4 5 6
𝐵𝑛 1 −1/2 1/6 0 −1/30 0 1/42
Dalla formula riportata si evince che, una volta provato che una qualsiasi potenza
intera di 𝜋 è irrazionale, segue che anche tutte le somme lo sono. Non è stato
invece compiuto alcun passo nella determinazione di una forma chiusa della
somma degli inversi dei quadrati degli interi dispari
∑1
𝑘2𝑛+1
∞
𝑘=1
→ ancora sconosciuta in forma chiusa ,
che rappresenta un problema aperto. Nel caso particolare 𝑛 = 1, la precedente
somma viene detta costante di Apéry e si tratta di un numero irrazionale che
rappresenta una quantità che si incontra in una grande varietà di situazioni
1 +1
23+
1
33+
1
43+ ⋯ = 1.20205690315959428539 ⋯ .
Si conoscono rappresentazioni di questa costante in grado di fornire molti milioni
di cifre significative. La dimostrazione originale di Apéry, tuttavia, è piuttosto
complessa ed è difficile coglierne le linee essenziali; negli anni successivi, sono
state trovate dimostrazioni più brevi che si servono dei polinomi di Legendre.
21
Nato a Rouen da madre francese e padre greco, Roger Apéry studiò presso l'École
Normale Supérieure, con un anno d'interruzione degli studi in quanto prigioniero
di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1949 diventò professore
presso l'Università di Caen, dove rimase fino alla pensione. Morì dopo lunga
malattia nel 1994.
Roger Apéry
Rouen, 14 novembre 1916 – Caen, 18 dicembre 1994
La costante prende il nome da questo matematico ed attivista politico francese,
che nel 1977 ha dimostrato che essa è un numero irrazionale. La sola cosa che
certamente si può dire è che
0 < ∑1
𝑘3
∞
𝑘=1
< ∑1
𝑘2
∞
𝑘=1
=𝜋2
6 .
Il reciproco della costante, pari a circa 0.8319073726, è la probabilità che tre
interi minori di 𝑛 scelti a caso non abbiano divisori comuni, per 𝑛 tendente a
22
infinito. Eulero stesso non riuscì a risolvere in forma chiusa questo problema: il
meglio che riuscì a fare fu dimostrare che
∑(−1)𝑘
(2𝑘 + 1)3
∞
𝑘=0
= 1 −1
27+
1
125− ⋯ =
𝜋3
32 .
Una curiosità prima di terminare questo paragrafo. La tomba di Roger Apéry si
trova nel monumentale cimitero parigino di Père Lachaise e sulla lapide, oltre alle
date di nascita e di morte, è riportato anche il risultato più importante da lui
ottenuto
1 +1
8+
1
27+
1
64+ ⋯ ≠
𝑝
𝑞 ,
vale a dire l’irrazionalità della somma dei reciproci dei cubi degli interi positivi.
23
Una approssimazione di questa costante, che fornisce otto cifre decimali esatte, è
stata trovata da M. Hudson nel 2004
∑1
𝑘3
∞
𝑘=1
≅ (𝜋2 + 𝜋)69
962 = 1.202056945493 ⋯ .
Un’interpretazione geometrica
Quando Eulero risolse il problema di Basilea era la prima volta che il valore di 𝜋
appariva in una circostanza che non fosse collegata ad un problema geometrico e
la soluzione 𝜋2/6 emanava un fortissimo profumo geometrico. Persino la prova
più elementare del problema di Basilea comporta, come si avrà modo di discutere
ampiamente, diversi passaggi, non proprio elementari e poco geometrici. Inoltre,
il problema generale non è ancora stato compreso appieno, come è evidente dalla
considerazione che una formula per la somma dei reciproci delle potenze dispari
è sconosciuta e rappresenta un tema tuttora caldo. Non è nemmeno detto che una
soluzione puramente geometrica del problema di Basilea sia banale oppure
elementare; tuttavia, essa potrebbe fornire approfondimenti che non appaiono
evidenti in dimostrazioni non geometriche. Le considerazioni che seguono sono
un tentativo di gettare una luce sull’interpretazione geometrica della soluzione,
un ponte di collegamento tra due diverse sponde della Matematica.
Si consideri, per questo scopo, la funzione reale
𝑦 =1
√2(1 + 𝑥6)= 𝑓(𝑥) .
Si tratta di una funzione pari, priva di discontinuità, che ha, come asintoto
orizzontale, proprio l’asse delle ascisse. Essa è sempre positiva ed assume il suo
24
valore massimo nell’origine, dove vale 𝑓(0) = 1/√2 ed il grafico è mostrato nella
figura che segue.
Si supponga poi di far ruotare completamente attorno all’asse 𝑥 la parte di grafico
relativa ai valori positivi dell’ascissa e di voler calcolare il volume del solido così
generato. Si domanda anzitutto: cosa rappresenta questo solido?
Nella rotazione si otterrà, in buona sostanza, una coppa di champagne, almeno la
coppa vera e propria, dato che la base è stata, nella figura in precedenza riportata,
25
aggiunta solo per completezza. Se lo stelo è esteso fino a diventare infinitamente
lungo, il volume della coppa vale
𝑉 = 𝜋 ∫ 𝑓2(𝑥)∞
0
𝑑𝑥 = 𝜋 ∫𝑑𝑥
2(1 + 𝑥6)
∞
0
,
da cui, scomponendo in fratti semplici l’integrale, si perviene al risultato
𝑉 =𝜋
24[√3 ln
𝑥2 + 𝑥√3 + 1
𝑥2 − 𝑥√3 + 1+ 2 tan−1(2𝑥 − √3) + 2 tan−1(2𝑥 + √3)
+ 4 tan−1 𝑥]0
∞
=𝜋
24(𝜋 + 𝜋 + 2𝜋) =
𝜋2
6 ,
cioè si ottiene ancora una volta il valore della serie di Basilea.
In pratica, una coppa di champagne commerciale ha un volume che vale circa
150 𝑚𝑙 ed un peso di circa 170 𝑔. Da oggi in poi, bere in una coppa di champagne
non avrà più lo stesso sapore!
L’irrazionalità del risultato
Si è già avuto modo di dimostrare che il valore della serie di Basilea è un numero
irrazionale. Ma come si prova l’irrazionalità di 𝜋2?
La domanda non è affatto banale, dato che, se è vero che √2 è irrazionale, è pur
vero che il suo quadrato non lo è. Pertanto, non è affatto detto che il quadrato di
un numero irrazionale sia anch’esso irrazionale ed il dubbio potrebbe
giustamente assalire il lettore.
Tra le dimostrazioni dell’irrazionalità di 𝜋2 spicca, per semplicità, quella proposta
dal matematico canadese ed americano Ivan Niven alla fine degli anni Quaranta
del secolo scorso, che qui viene riproposta con la semplice aggiunta di qualche
26
dettaglio. Per la verità, Niven in un articolo magistrale lungo appena una pagina,
che andrebbe studiato da tutti coloro che veramente amano la Matematica,
dimostra l’irrazionalità di 𝜋. Nella convinzione che la Matematica, come l’Amore,
non si apprende dai libri, ma con la pratica, di seguito, seguendo la stessa linea di
pensiero, si dimostrerà l’irrazionalità di 𝜋2.
Ivan Morton Niven
25 ottobre 1915, Vancouver, Canada – 9 maggio 1999, Eugene, Oregon, USA
Si supponga, per assurdo, che esistano due interi positivi coprimi, che si
indicheranno con 𝑎 e 𝑏, per cui risulti
𝜋2 =𝑎
𝑏 .
Si introducano inoltre un intero positivo 𝑛, il cui valore verrà specificato nel
prosieguo, e la funzione polinomiale così definita
27
𝑓(𝑥) =𝑥𝑛(1 − 𝑥)𝑛
𝑛!=
1
𝑛!∑ (
𝑛𝑘
)
𝑛
𝑘=0
(−1)𝑘 𝑥𝑛+𝑘 .
Ad essa è collegata anche una seconda funzione
𝐹(𝑥) = 𝑏𝑛 ∑(−1)𝑘
𝑛
𝑘=0
𝜋2(𝑛−𝑘)𝑓(2𝑘)(𝑥) ,
che si ottiene come una combinazione lineare delle derivate della prima. Poiché
𝑓(𝑥) è un polinomio di 2𝑛 −esimo grado nella variabile 𝑥, la sua derivata
𝑚 −esima è identicamente nulla per ogni intero 𝑚 > 2𝑛. Ancora, per ogni 𝑚 < 𝑛,
risulta 𝑓(𝑚)(0) = 0, dato che 𝑛 il minimo esponente con cui compare 𝑥 nella
funzione. Allora, si può facilmente ottenere la derivata
𝑓(𝑚)(𝑥) =1
𝑛!∑ (
𝑛𝑘
)
𝑛
𝑘=𝑚−𝑛
(𝑛 + 𝑘)!
(𝑛 + 𝑘 − 𝑚)! (−1)𝑘 𝑥𝑛+𝑘−𝑚 (𝑛 ≤ 𝑚 ≤ 2𝑛)
e valutarla in 𝑥 = 0
𝑓(𝑚)(0) =(−1)𝑚−𝑛
𝑛!(
𝑛𝑚 − 𝑛
) 𝑚! ∈ ℤ per 𝑛 ≤ 𝑚 ≤ 2𝑛 ,
stabilendo che essa è rappresentata da un numero intero. In ogni caso, si può
concludere sinteticamente che
𝑓(𝑚)(0) ∈ ℤ per 𝑚 ∈ ℕ .
Dopodiché, dato che sussiste la relazione di simmetria
28
𝑓(1 − 𝑥) = 𝑓(𝑥) ,
si conclude che deve anche essere
𝑓(𝑚)(1) ∈ ℤ per 𝑚 ∈ ℕ .
Sono altresì interi relativi 𝐹(0) e 𝐹(1), dato che, per l’ipotesi di assurdo, si può
scrivere
𝐹(0) = ∑(−1)𝑘
𝑛
𝑘=0
𝑎𝑛−𝑘𝑏𝑘𝑓(2𝑘)(0) ,
𝐹(1) = ∑(−1)𝑘
𝑛
𝑘=0
𝑎𝑛−𝑘𝑏𝑘𝑓(2𝑘)(1) .
Oltre a ciò, ricordando che
𝑓(2𝑛+2)(𝑥) = 0 ,
si può scrivere la relazione differenziale
𝑑
𝑑𝑥[𝑑𝐹(𝑥)
𝑑𝑥sin(𝜋𝑥) − 𝜋𝐹(𝑥) cos(𝜋𝑥)] = 𝜋2𝑎𝑛𝑓(𝑥) sin(𝜋𝑥) ,
da cui discendono ovviamente gli integrali
𝜋𝑎𝑛 ∫ 𝑓(𝑥) sin(𝜋𝑥)1
0
𝑑𝑥 = 𝐹(0) + 𝐹(1) ∈ ℤ .
Ebbene, sussistendo la maggiorazione
29
0 < 𝑓(𝑥) <1
𝑛! per 0 ≤ 𝑥 ≤ 1 ,
si ricava che gli integrali precedenti sono dei numeri interi ed appartengono
all’intervallo
𝜋𝑎𝑛 ∫ 𝑓(𝑥) sin(𝜋𝑥)1
0
𝑑𝑥 ∈ (0,𝑎𝑛
𝑛!) ∩ ℤ .
D’altra parte, in forza del limite notevole
lim𝑛→∞
𝑎𝑛
𝑛!= 0 ,
si può affermare che, a partire da un valore di 𝑁, grande quanto si vuole, si deve
verificare che
0 <𝑎𝑁
𝑁!< 1 .
Si è, pertanto, pervenuti alla conclusione
𝜋𝑎𝑛 ∫ 𝑓(𝑥) sin(𝜋𝑥)1
0
𝑑𝑥 ∈ (0,1) ∩ ℤ per 𝑛 ≥ 𝑁 ,
palesemente assurda, non esistendo interi nell’intervallo (0, 1). Questo dimostra
che non possono esistere i due interi 𝑎 e 𝑏 e quindi che il valore di 𝜋2, ma anche
quello di 𝜋, deve essere un numero irrazionale. Una dimostrazione veramente
semplice ed elegante, degna del genio di Eulero.
30
Le somme dei soli pari e dei soli dispari
Noto il valore della somma di Basilea 𝑆, non è difficile ottenere le somme dei
quadrati dei soli interi pari 𝑆𝑃 e dei soli interi dispari 𝑆𝐷, così definite
𝑆𝑃 = ∑1
(2𝑘)2
∞
𝑘=1
, 𝑆𝐷 = ∑1
(2𝑘 − 1)2
∞
𝑘=1
.
Si osserva anzitutto che deve essere
𝑆𝑃 + 𝑆𝐷 = 𝑆 =𝜋2
6 .
Inoltre, il valore della somma dei soli pari è
𝑆𝑃 = ∑1
(2𝑘)2
∞
𝑘=1
=1
4∑
1
𝑘2
∞
𝑘=1
=𝑆
4=
𝜋2
24 .
Segue che la somma dei dispari si ottiene per differenza, per cui
𝑆𝐷 = 𝑆 − 𝑆𝑃 = 𝑆 −𝑆
4=
3
4𝑆 =
𝜋2
8 .
Si può allora concludere che la somma degli inversi dei quadrati dei numeri pari
e dispari rappresentano, rispettivamente, un quarto e tre quarti della somma
totale 𝑆.
Con le somme a disposizione, è possibile anche determinare la somma dei
quadrati degli interi con segno alternante, vale a dire
31
𝑆𝐴 = ∑(−1)𝑘−1
𝑘2
∞
𝑘=1
= 1 −1
22+
1
32−
1
42+
1
52− ⋯ .
Basta osservare che
𝑆𝐴 = 𝑆𝐷 − 𝑆𝑃 =𝜋2
8−
𝜋2
24=
𝜋2
12 .
A questo punto, risulta veramente difficile resistere alla tentazione di presentare
un’altra dimostrazione elementare e rigorosa, che possa sanare le incongruenze
mostrate nella dimostrazione di Eulero: nel prossimo paragrafo, l’arcano verrà
finalmente svelato.
Una dimostrazione rigorosa
Prima di intraprendere dimostrazioni basate su concetti non proprio elementari,
è indispensabile presentare una dimostrazione elementare e rigorosa del
risultato
𝑆 = ∑1
𝑘2
∞
𝑘=1
= 1 +1
22+
1
32+ ⋯ =
𝜋2
6 .
Essa apparve per la prima in una serie di esercizi in un libro di problemi dei
gemelli Akiva e Isaak Yaglom, la cui edizione russa originale risale al 1954.
Versioni di questa splendida dimostrazione furono riscoperte e presentate a più
riprese negli anni Settanta ed Ottanta del secolo passato. Il nocciolo della
dimostrazione si basa su una relazione notevole, che sussiste tra i valori della
funzione cotangente al quadrato. Precisamente, si può dimostrare che, per ogni
intero 𝑚 ≥ 1, vale la relazione
32
∑ cot2𝑘𝜋
2𝑚 + 1
𝑚
𝑘=1
=𝑚(2𝑚 − 1)
3 .
Per valori non troppo elevati di 𝑚 questa somma può anche essere verificata, a
mano o con l’uso di un calcolatore, ed i primi tre valori sono riportati nella tabella
che segue.
𝑚 = 1 cot2𝜋
3=
1
3
𝑚 = 2 cot2𝜋
5+ cot2
2𝜋
5= 2
𝑚 = 3 cot2𝜋
7+ cot2
2𝜋
7+ cot2
3𝜋
7= 5
Il lettore che fosse interessato alla dimostrazione generale può studiare quella
dettagliatamente discussa in Appendice.
A partire da questa relazione, servendosi della identità goniometrica
cot2 𝑥 =cos2 𝑥
sin2 𝑥=
1 − sin2 𝑥
sin2 𝑥= csc2 𝑥 − 1 ,
se ne può ricavare un’altra che coinvolge i quadrati della funzione cosecante
∑ csc2𝑘𝜋
2𝑚 + 1
𝑚
𝑘=1
= ∑ 1
𝑚
𝑘=1
+ ∑ cot2𝑘𝜋
2𝑚 + 1
𝑚
𝑘=1
= 𝑚 +𝑚(2𝑚 − 1)
3 ,
da cui discende immediatamente la somma
33
∑ csc2𝑘𝜋
2𝑚 + 1
𝑚
𝑘=1
=2𝑚(𝑚 + 1)
3 .
Se si osserva poi che l’argomento delle funzioni goniometriche delle due
precedenti sommatorie è superiormente ed inferiormente limitato
0 < 𝑥𝑘 =𝑘𝜋
2𝑚 + 1<
𝜋
2 per 𝑘 = 1, 2, ⋯ , 𝑚 ,
si può affermare che si è sempre in presenza di angoli del primo quadrante.
Orbene, nel primo quadrante è verificata la catena di disuguaglianze
sin 𝑥 ≤ 𝑥 ≤ tan 𝑥 ,
come è ben noto e come prova la figura di seguito riportata, in cui la funzione seno
è riportata in blu, la bisettrice è in rosso, la tangente è in verde.
34
Essendo nel primo quadrante, tutte le funzioni goniometriche sono positive e si
può anche scrivere
sin2 𝑥 ≤ 𝑥2 ≤ tan2 𝑥 ,
da cui, prendendo gli inversi, si ottiene una nuova catena di disuguaglianze
cot2 𝑥 ≤1
𝑥2≤ csc2 𝑥 .
Quest’ultima catena di disuguaglianze, applicata al generico addendo delle due
somme riportate, consente di acquisire i due estremi
cot2𝑘𝜋
2𝑚 + 1≤
(2𝑚 + 1)2
(𝑘𝜋)2≤ csc2
𝑘𝜋
2𝑚 + 1 per 𝑘 = 1, 2, ⋯ , 𝑚 .
Sommando allora membro a membro, si ricava che
𝑚(2𝑚 − 1)
3≤ ∑
(2𝑚 + 1)2
(𝑘𝜋)2
𝑚
𝑘=1
≤2𝑚(𝑚 + 1)
3 ,
cioè una relazione che, dopo qualche elementare manipolazione algebrica,
diventa
𝜋2
3
𝑚(2𝑚 − 1)
(2𝑚 + 1)2≤ ∑
1
𝑘2
𝑚
𝑘=1
≤𝜋2
3
2𝑚(𝑚 + 1)
(2𝑚 + 1)2 .
La somma parziale 𝑆𝑚 risulta, in tal modo, limitata tra due estremi che, al tendere
all’infinito di 𝑚, convergono verso lo stesso limite
35
𝑆 =𝜋2
6 .
Si è, in definitiva, ottenuto il valore della somma di Basilea, seguendo
ragionamenti elementari e rigorosi. È giusto, a questo punto, domandarsi se esiste
una diversa dimostrazione che non faccia uso soltanto di concetti elementari: ve
ne sono diverse e verranno proposte nei paragrafi che seguono.
Usando una somma telescopica
Una somma telescopica è un’espressione informale, già adoperata per lo studio
della convergenza, per indicare una somma del tipo
∑(𝑎𝑘+1 − 𝑎𝑘)
𝑛
𝑘=1
= 𝑎𝑛+1 − 𝑎1 .
Ad esempio, si può dire che la somma di Mengoli vale
∑1
𝑘(𝑘 + 1)
𝑛
𝑘=1
= ∑ (1
𝑘−
1
𝑘 + 1)
𝑛
𝑘=1
= 1 −1
𝑛 + 1 .
In questo paragrafo verrà elaborata una nuova dimostrazione della serie di
Basilea, che adopera le somme telescopiche. Allo scopo, si introducono gli
integrali
𝐴𝑘 = ∫ cos2𝑘 𝑥𝜋/2
0
𝑑𝑥 , 𝐵𝑘 = ∫ 𝑥2 cos2𝑘 𝑥𝜋/2
0
𝑑𝑥 per 𝑘 ∈ ℤ ≥ 0 ,
36
che definiscono due successioni di numeri reali positivi. Ad esempio, è facile
verificare che esse cominciano dai valori
𝐴0 = ∫ 𝑑𝑥𝜋/2
0
=𝜋
2 , 𝐵0 = ∫ 𝑥2
𝜋/2
0
𝑑𝑥 =𝜋3
24 .
Ebbene, adoperando la tecnica di integrazione per parti e l’identità pitagorica, è
possibile scrivere le formule di ricorrenza
𝐴𝑘 =2𝑘 − 1
2𝑘𝐴𝑘−1 , 𝐴𝑘 = (2𝑘 − 1)𝑘𝐵𝑘−1 − 2𝑘2𝐵𝑘 .
Isolando il termine in 𝑘2 dalla seconda e sostituendo la prima, si ottiene
1
𝑘2=
(2𝑘 − 1)𝐵𝑘−1
𝑘𝐴𝑘−
2𝐵𝑘
𝐴𝑘=
2𝐵𝑘−1
𝐴𝑘−1−
2𝐵𝑘
𝐴𝑘 .
Sommando membro a membro, si può scrivere una somma telescopica
∑1
𝑘2
𝑛
𝑘=1
= ∑ (2𝐵𝑘−1
𝐴𝑘−1−
2𝐵𝑘
𝐴𝑘)
𝑛
𝑘=1
=2𝐵0
𝐴0−
2𝐵𝑛
𝐴𝑛 ,
valida per tutti i valori interi 𝑛 ≥ 1. Risulta allora
∑1
𝑘2
𝑛
𝑘=1
=𝜋2
6−
2𝐵𝑛
𝐴𝑛 →
𝜋2
6− ∑
1
𝑘2
𝑛
𝑘=1
=2𝐵𝑛
𝐴𝑛≥ 0 .
Infine, dal momento che sussiste la disuguaglianza
37
sin 𝑥 ≥2
𝜋𝑥 per 0 ≤ 𝑥 ≤
𝜋
2 ,
vale il limite superiore
𝐵𝑛 = ∫ 𝑥2 cos2𝑛 𝑥𝜋/2
0
𝑑𝑥 ≤𝜋2
4∫ sin2 𝑥 cos2𝑛 𝑥
𝜋2
0
=𝜋2
4(𝐴𝑛 − 𝐴𝑛+1) .
Ricordando la relazione ricorsiva che collega gli integrali 𝐴𝑛, risulta ancora
𝐵𝑛 ≤𝜋2
4(𝐴𝑛 − 𝐴𝑛+1) =
𝜋2
4𝐴𝑛 (1 −
2𝑛 + 1
2𝑛 + 2) =
𝜋2
4
𝐴𝑛
2(𝑛 + 1) ,
dalla quale discende che la stima del termine del resto
38
0 ≤𝜋2
6− ∑
1
𝑘2
𝑛
𝑘=1
≤𝜋2
4(𝑛 + 1) .
Il valore della serie di Basilea segue immediatamente nel limite 𝑛 → ∞.
Nel paragrafo successivo si mostrerà come anche il calcolo integrale possa aiutare
a risolvere il problema di Basilea.
Un integrale reale con valore immaginario
La dimostrazione che viene ora proposta si basa sullo studio delle proprietà
dell’integrale
𝐼 = ∫ ln(2 cos 𝑥)𝜋/2
0
𝑑𝑥
e porterà al calcolo della serie degli inversi dei quadrati degli interi dispari. Per
spiegare chiaramente il metodo che si vuole seguire, nella figura che segue la
funzione integranda è stata rappresentata: si noti che l’integrale
𝐼1 = ∫ ln(2 cos 𝑥)𝜋/3
0
𝑑𝑥 > 0
è sicuramente positivo, mentre la rimanente parte
𝐼2 = 𝐼 − 𝐼1 = ∫ ln(2 cos 𝑥)
𝜋2
𝜋3
𝑑𝑥 < 0
39
assume valore negativo. In realtà come si avrà modo di discutere in dettaglio,
questi due integrali sono uguali ed opposti e, pertanto, l’integrale complessivo
assumerà valore nullo.
Questa dimostrazione fu proposta agli inizi degli anni Novanta dal matematico
canadese Dennis C. Russel e si basa su alcune manipolazioni che non avrebbero
affatto disturbato Eulero, che avrebbe utilizzato sicuramente la sua famosa
formula
e𝑗𝑥 = cos 𝑥 + 𝑗 sin 𝑥 .
La serie di potenze complesse, detta serie di Mercator,
40
∑(−1)𝑘+1
𝑘𝑧𝑘
∞
𝑘=1
= 𝑧 −𝑧2
2+
𝑧3
3− ⋯ = ln(1 + 𝑧)
converge uniformemente in tutti i punti del cerchio unitario centrato nell’origine,
tranne il punto 𝑧 = −1.
Nicolaus Mercator, in tedesco Nikolaus Kauffmann
Eutin, 1620 – Versailles, 14 gennaio 1687
Per dimostrare questa proprietà legata alla convergenza puntuale, si
moltiplichino per 1 + 𝑧 entrambi i membri dell’espansione riportata: si osservi
che la serie risultante converge uniformemente per tutti i punti del cerchio
unitario chiuso. In particolare, posto 𝑧 = exp(−𝑗𝑥), si deduce che
ln(1 + e−𝑗𝑥) = ∑(−1)𝑘+1
𝑘e−𝑗𝑥𝑘
∞
𝑘=1
.
41
Ebbene, l’integrale preso in esame, utilizzando la definizione della funzione
coseno
cos 𝑥 =e𝑗𝑥 + e−𝑗𝑥
2 ,
diventa pari a
𝐼 = ∫ ln(e𝑗𝑥 + e−𝑗𝑥)𝜋/2
0
𝑑𝑥 = ∫ ln[e𝑗𝑥(1 + e−𝑗𝑥)]𝜋/2
0
𝑑𝑥 ,
vale a dire la somma di due termini
𝐼 = 𝑗𝜋2
8+ ∫ ln(1 + e−2𝑗𝑥)
𝜋/2
0
𝑑𝑥 .
Utilizzando la serie di Mercator, si ha che
𝐼 = 𝑗𝜋2
8+ ∑
(−1)𝑘+1
𝑘
∞
𝑘=1
∫ e−2𝑗𝑘𝑥𝜋/2
0
𝑑𝑥 = 𝑗 [𝜋2
8− ∑
(−1)𝑘
2𝑘2(e−𝑗𝑘𝜋 − 1)
∞
𝑘=1
] .
Se poi si osserva che vale la relazione
e−𝑗𝑘𝜋 = cos(𝑘𝜋) + 𝑗 sin(𝑘𝜋) = (−1)𝑘 ,
si conclude che l’integrale è pari a
𝐼 = 𝑗 [𝜋2
8− ∑
1 − (−1)𝑘
2𝑘2
∞
𝑘=1
] = 𝑗 [𝜋2
8− ∑
1
(2𝑚 − 1)2
∞
𝑚=1
] .
42
Poiché 𝐼 deve essere reale, occorre che il termine in parentesi quadra, che è la
somma di due quantità reali, sia nullo e quindi si ricava che
∑1
(2𝑚 − 1)2
∞
𝑚=1
=𝜋2
8= 𝑆𝐷 → 𝑆 =
4
3𝑆𝐷 =
𝜋2
6
ed il problema di Basilea è risolto. Una bella dimostrazione, semplice, originale ed
elegante, degna di Eulero.
Da quanto in precedenza detto, discende anche che l’integrale è nullo, cioè
∫ ln(2 cos 𝑥)𝜋/2
0
𝑑𝑥 = 0 → ∫ ln cos 𝑥𝜋/2
0
𝑑𝑥 = −𝜋
2ln 2 .
Nel paragrafo seguente verrà discussa una nuova dimostrazione che fa uso degli
integrali multipli.
Una dimostrazione con gli integrali multipli
Al fine di mostrare una nuova tecnica per il calcolo della serie di Basilea, si
supponga di voler determinare l’integrale doppio
𝐼 = ∬𝑥 𝑑𝑥 𝑑𝑦
(1 + 𝑥2)(1 + 𝑥2𝑦2)𝐷
,
in cui il dominio di integrazione 𝐷, mostrato nella figura che segue, rappresenta
una zona del piano cartesiano: precisamente, si tratta di una striscia illimitata,
tutta contenuta nel primo quadrante, che è un dominio normale rispetto ad
entrambe le coordinate. Per determinare la serie di Basilea, si svilupperà questo
43
integrale due volte, sfruttando proprio l’idea che il dominio di integrazione è
normale rispetto ad entrambi gli assi.
Si immagini innanzitutto il dominio normale rispetto all’asse 𝑦. L’integrale 𝐼 può
essere allora calcolato applicando il Teorema di Fubini, che consente di scrivere
l’integrale doppio come due integrali elementari innestati
𝐼 = ∫𝑥
1 + 𝑥2(∫
𝑑𝑦
1 + 𝑥2𝑦2
1
0
)∞
0
𝑑𝑥 ,
in cui l’integrale rispetto alla variabile 𝑦 può essere determinato, dal momento
che sussiste la primitiva
∫𝑑𝑦
1 + 𝑥2𝑦2=
tan−1(𝑥𝑦)
𝑥+ 𝐶
con 𝐶 costante di integrazione. Si può conseguentemente scrivere che
44
𝐼 = ∫𝑥
1 + 𝑥2[tan−1(𝑥𝑦)
𝑥]
𝑦=0
𝑦=1∞
0
𝑑𝑥 = ∫tan−1 𝑥
1 + 𝑥2
∞
0
𝑑𝑦 .
Guido Fubini Ghiron
Venezia, 19 gennaio 1879 – New York, 6 giugno 1943
Anche questo integrale rispetto ad 𝑥 è elementare, per cui si conclude che
𝐼 = ∫tan−1 𝑥
1 + 𝑥2
∞
0
𝑑𝑦 = [1
2(tan−1 𝑥)2]
𝑥=0
𝑥=∞
=𝜋2
8 .
Si consideri poi il dominio normale rispetto all’asse 𝑥, sicché
𝐼 = ∫ [∫𝑥 𝑑𝑥
(1 + 𝑥2)(1 + 𝑥2𝑦2)
∞
0
]1
0
𝑑𝑦 ,
che, in forza della scomposizione in fratti semplici
45
1
(1 + 𝑥2)(1 + 𝑥2𝑦2)=
1
1 − 𝑦2(
1
1 + 𝑥2−
𝑦2
1 + 𝑥2𝑦2) ,
si può facilmente riscrivere nella forma equivalente
𝐼 = ∫ [ln1 + 𝑥2
1 + 𝑥2𝑦2]
𝑥=0
𝑥=∞𝑑𝑦
2 − 2𝑦2
1
0
= ∫ln 𝑦
𝑦2 − 1
1
0
𝑑𝑦 .
Ebbene, quest’ultimo integrale si può calcolare per serie, sfruttando la serie
geometrica
1
1 − 𝑦2= ∑ 𝑦2𝑘
∞
𝑘=0
con 0 ≤ 𝑦 < 1 ,
che lo trasforma nella serie di integrali
𝐼 = − ∑ ∫ 𝑦2𝑘 ln 𝑦1
0
∞
𝑘=0
𝑑𝑦 .
Dato che questi integrali si possono determinare per parti, per cui
∫ 𝑦2𝑘 ln 𝑦 𝑑𝑦 =𝑦2𝑘+1
(2𝑘 + 1)2(ln 𝑦2𝑘+1 − 1) + 𝐶
con 𝐶 costante di integrazione, si ricava che
𝐼 = ∑ [𝑦2𝑘+1(1 − ln 𝑦2𝑘+1)
(2𝑘 + 1)2]
𝑦=0
𝑦=1∞
𝑘=0
= ∑1
(2𝑘 + 1)2
∞
𝑘=0
.
46
Si riconosce immediatamente nella serie trovata che la serie dei quadrati degli
inversi dei dispari positivi, per cui
𝐼 = 𝑆𝐷 =3
4𝑆 =
𝜋2
8 → 𝑆 =
𝜋2
6 ,
cioè ancora una volta il calcolo della serie di Basilea.
Una diversa rappresentazione si ottiene per mezzo dell’integrale doppio
𝐼 = ∬𝑑𝑥 𝑑𝑦
1 − 𝑥2𝑦2𝐷
,
dove questa volta il dominio di integrazione 𝐷 è il quadrato di lato unitario,
mostrato nella figura che segue.
Come è collegato questo integrale alla serie di Basilea? La risposta è semplice, se
si sviluppa in serie la funzione da integrare, per cui
47
1
1 − 𝑥2𝑦2= ∑ 𝑥2𝑘𝑦2𝑘
∞
𝑘=0
, essendo |𝑥𝑦| < 1 .
Sostituendo nell’integrale ed integrando per serie, si ottiene la seguente
rappresentazione
𝐼 = ∑ ∫ 𝑥2𝑘 𝑑𝑥1
0
∫ 𝑦2𝑘 𝑑𝑦1
0
∞
𝑘=0
= ∑1
(2𝑘 + 1)2
∞
𝑘=0
,
vale a dire la somma sui quadrati dei dispari. Segue ancora una volta che il valore
della serie di Basilea discende dall’integrale in esame, essendo
𝐼 = 𝑆𝐷 → 𝑆 =4
3𝐼 .
Ebbene, al fine di ottenere rapidamente ed in maniera elementare il valore di 𝐼,
Beukers, Calabi e Kolk proposero l’introduzione di due nuove coordinate, 𝑢 e 𝑣,
così collegate alle cartesiane originarie
𝑥 =sin 𝑢
cos 𝑣 , 𝑦 =
sin 𝑣
cos 𝑢 .
Non è affatto una trasformazione banale, anzi è quasi una magia, specialmente se
si ricava il determinante Jacobiano
𝜕(𝑥, 𝑦)
𝜕(𝑢, 𝑣)= |
cos 𝑢
cos 𝑣
sin 𝑢 sin 𝑣
cos2 𝑢sin 𝑢 sin 𝑣
cos2 𝑣
cos 𝑣
cos 𝑢
| = 1 −sin2 𝑢 sin2 𝑣
cos2 𝑣 cos2 𝑢= 1 − 𝑥2𝑦2 .
48
Non è dato sapere come abbiano potuto concepire una tale trasformazione;
tuttavia, si tratta di un vero prodigio, dato che il determinante Jacobiano coincide
proprio con l’inverso dell’integrando, per cui
𝐼 = ∬ 𝑑𝑢 𝑑𝑣𝑇
= Area(𝑇) .
Non resta che determinare come nella trasformazione si trasforma il dominio 𝐷 e
come è definito il dominio trasformato 𝑇. È agevole mostrare che 𝑇 è un triangolo
rettangolo isoscele, definito dalle relazioni
𝑇 = {(𝑢, 𝑣): 𝑢 ≥ 0, 𝑣 ≥ 0, 𝑢 + 𝑣 ≤ 𝜋/2} .
Pertanto, si conclude che
𝐼 = Area(𝑇) =1
2∙
𝜋
2∙
𝜋
2=
𝜋2
8 → 𝑆 =
4
3𝐼 =
𝜋2
6 .
49
È superfluo dire che si ottenuto ancora una volta lo stesso valore per 𝑆 e che
questa seconda dimostrazione proposta è veramente splendida, tanto più che lo
stesso metodo di dimostrazione si estende al calcolo di una somma di potenze
inverse pari (2𝑛), come un integrale 2𝑛 −dimensionale, per ogni 𝑛 ≥ 1.
Ora però è giunto il momento di mostrare una diversa tecnica di soluzione, basata
su concetti più complicati: nel paragrafo che segue, si determinerà il valore della
somma di Basilea adoperando, nella maniera più semplice possibile, la serie di
Fourier.
Una dimostrazione con la serie di Fourier
Si consideri la funzione periodica (𝑇 = 2𝜋) e lineare a tratti
𝑓(𝑡) = |𝑡| con − 𝜋 ≤ 𝑡 ≤ 𝜋 ,
mostrata nella figura che segue.
50
Risulta immediato stabilire che la pulsazione fondamentale vale
𝜔0 =2𝜋
𝑇= 1
e, trattandosi poi di una funzione periodica, essa può essere sviluppata mediante
una combinazione lineare di funzioni goniometriche, come scoprì, studiando la
propagazione del calore intorno al 1800, il matematico e fisico francese Joseph
Fourier, il cui nome è scritto persino sulla Torre Eiffel a Parigi. Per la evidente
parità della funzione, i termini in seno sono assenti e, pertanto, si può scrivere
un’espansione in serie di Fourier contenente solamente i termini in coseno
𝑓(𝑡) =𝑎0
2+ ∑ 𝑎𝑘
∞
𝑘=1
cos(𝑘𝑡) per − 𝜋 ≤ 𝑡 ≤ 𝜋 ,
laddove il generico coefficiente di espansione si può ottenere mediante la ben
nota formula
𝑎𝑘 =2
𝑇∫ 𝑓(𝑡)
𝑇/2
−𝑇/2
cos(𝑘𝜔0𝑡) 𝑑𝑡 =1
𝜋∫ |𝑡|
𝜋
−𝜋
cos(𝑘𝑡) 𝑑𝑡 =2
𝜋∫ 𝑡
𝜋
0
cos(𝑘𝑡) 𝑑𝑡 ,
una relazione che può essere scritta per tutti gli interi 𝑘 non negativi. In
particolare, il primo coefficiente di quest’espansione, proporzionale al valor
medio, è pari a
𝑎0 =1
𝜋∫ |𝑡|
𝜋
−𝜋
𝑑𝑡 =2
𝜋∫ 𝑡
𝜋
0
𝑑𝑡 = 𝜋 ,
mentre, eseguendo un’integrazione per parti, si ottengono tutti gli altri
51
𝑎𝑘 =2
𝜋∫ 𝑡
𝜋
0
cos(𝑘𝑡) 𝑑𝑡 =2[cos(𝑘𝜋) − 1]
𝜋𝑘2=
2
𝜋𝑘2[(−1)𝑘 − 1] .
Jean Baptiste Joseph Fourier
Auxerre, 21 marzo 1768 – Parigi, 16 maggio 1830
Si deduce allora che vale la seguente espansione
|𝑡| =𝜋
2+
2
𝜋∑
(−1)𝑘 − 1
𝑘2
∞
𝑘=1
cos(𝑘𝑡) per − 𝜋 ≤ 𝑡 ≤ 𝜋 ,
che, valutata in 𝑡 = 0, fornisce la somma dei quadrati degli interi positivi dispari
∑1
(2𝑛 − 1)2
∞
𝑛=1
= 𝑆𝐷 =𝜋2
8 → 𝑆 =
4
3𝑆𝐷 =
𝜋2
6 ,
da cui è facile riottenere il valore della serie di Basilea.
52
Dunque, anche la serie di Fourier può essere utilmente impiegata per risolvere il
problema della serie degli inversi dei quadrati e, nel prossimo paragrafo si
illustrerà una diversa procedura per il calcolo di 𝑆, basata sugli sviluppi delle
funzioni meromorfe, cioè funzioni complesse che sono olomorfe in tutto il piano
complesso, eccezion fatta per alcuni punti in cui presentano singolarità polari
isolate.
Una dimostrazione mediante lo sviluppo di Mittag-Leffler
Lo sviluppo di Mittag-Leffler è uno sviluppo in serie che consente di ricostruire
l’intera funzione, conoscendo il comportamento in tutti i poli: dimmi le tue
singolarità e ti dirò chi sei, ripeteva Francesco Tricomi, grande matematico di
origine napoletana.
Francesco Giacomo Tricomi
Napoli, 5 maggio 1897 – Torino, 21 novembre 1978
53
Gösta Mittag-Leffler, all’anagrafe Magnus Gustaf Mittag-Leffler (Stoccolma, 16
marzo 1846 – Djursholm, 7 luglio 1927), fu uno specialista di Analisi Complessa
ed un matematico di prim’ordine, in competizione con il chimico Alfred Nobel per
il primato nel mondo scientifico svedese della sua epoca. Il teorema che porta il
suo nome rispose in modo positivo ad una questione ben correlata con le ricerche
che svolgeva nell’ultimo quarto del diciannovesimo secolo la scuola di Karl
Weierstrass a Berlino. Qui verrà enunciato solo per il caso in cui la funzione in
esame abbia solo poli semplici, però esistono simili sviluppi anche per funzioni
con poli di ordine arbitrario.
Sia 𝑓(𝑧) una funzione meromorfa con (infiniti) poli semplici nei punti 𝑧 = 𝑧𝑘 e con
residui pari rispettivamente a
𝛼𝑘 = Res(𝑧𝑘) = lim𝑧→𝑧𝑘
[(𝑧 − 𝑧𝑘)𝑓(𝑧)] .
Sia 𝐶𝑁 una circonferenza di raggio 𝑅𝑁 contenente 𝑁 di questi poli. Se risulta
verificata la condizione
lim𝑁→∞
max|𝑧|=𝑅𝑁
|𝑓(𝑧)|
𝑅𝑁= 0 ,
allora vale lo sviluppo in serie di Mittag-Leffler
𝑓(𝑧) = ∑𝛼𝑘
𝑧 − 𝑧𝑘
∞
𝑘=−∞
.
Si consideri, ad esempio, la funzione complessa
𝑓(𝑧) =1 − 𝑧 cot 𝑧
2𝑧2 ,
54
che è discontinua negli infiniti punti
𝑧𝑘 = 𝑘𝜋 con 𝑘 ∈ ℤ .
Tuttavia, è immediato verificare che essa è prolungabile per continuità in 𝑧 = 0 e
che si può scrivere
𝑓(0) = lim𝑧→0
1 − 𝑧 cot 𝑧
2𝑧2= lim
𝑧→0
sin 𝑧 − 𝑧
2𝑧2 sin 𝑧+ lim
𝑧→0
1 − cos 𝑧
2𝑧2= −
1
12+
1
4=
1
6 .
Dunque, in zero non presenta alcuna discontinuità, ma negli altri infiniti punti di
discontinuità, per cui 𝑘 ≠ 0, presenta poli semplici con residui pari a
𝛼𝑘 = Res(𝑘𝜋) = lim𝑧→𝑘𝜋
[(𝑧 − 𝑘𝜋)1 − 𝑧 cot 𝑧
2𝑧2] = lim
𝑧→𝑘𝜋
sin 𝑧 − 𝑧 cos 𝑧
2𝑧2∙ lim
𝑧→𝑘𝜋
𝑧 − 𝑘𝜋
sin 𝑧 ,
vale a dire
𝛼𝑘 = −cos(𝑘𝜋)
2𝑘𝜋∙
1
cos(𝑘𝜋)= −
1
2𝑘𝜋= −
1
2𝑧𝑘 .
Pertanto, in forza del Teorema di Mittag-Leffler, si può scrivere
1 − 𝑧 cot 𝑧
2𝑧2= ∑ 𝛼𝑘 (
1
𝑧 − 𝑧𝑘−
1
𝑧 + 𝑧𝑘)
∞
𝑘=1
= ∑1
𝑘2𝜋2 − 𝑧2
∞
𝑘=1
,
che, nel limite per 𝑧 → 0, consente di conseguire di nuovo il valore della serie di
Basilea
55
𝑓(0) =1
𝜋2∑
1
𝑘2
∞
𝑘=1
=1
6 → 𝑆 =
𝜋2
6 .
In maniera simile, ma forse più elegante, lo svedese Johan Wästlund della
Chalmers University of Technology, partendo dallo sviluppo
∑1
(𝑘 − 𝑧)2
∞
𝑘=−∞
= [ 𝜋
sin(𝜋𝑧) ]
2
,
valido per tutti i valori di 𝑧 non interi, ha potuto determinare la somma degli interi
dispari, riportando anche un’interpretazione geometrica del risultato.
Precisamente, valutando la relazione riportata per 𝑧 = 1/2, si ottiene
∑1
(𝑘 − 1/2)2
∞
𝑘=−∞
= 𝜋2 → ∑1
(2𝑘 − 1)2
∞
𝑘=−∞
=𝜋2
4 ,
da cui discende la somma degli inversi dei quadrati degli interi positivi dispari
𝑆𝐷 = ∑1
(2𝑘 − 1)2
∞
𝑘=1
=𝜋2
8 .
Generalizzazione
Una prima funzione speciale, legata al problema di Basilea, è la funzione
dilogaritmo, così definita
Li2(𝑧) = − ∫ln(1 − 𝑡)
𝑡
𝑧
0
𝑑𝑡 ,
56
già conosciuta da Eulero nella forma di una rappresentazione in serie
Li2(𝑧) = ∑𝑧𝑘
𝑘2
∞
𝑘=1
.
Essa si incontra frequentemente negli ordini superiori degli sviluppi in serie che
intervengono nei calcoli perturbativi dell’Elettrodinamica Quantistica e del
Modello Standard delle particelle elementari. Alcuni valori caratteristici sono
Li2(0) = 0 , Li2(1) =𝜋2
6 , Li2(−1) = −
𝜋2
12
e proprio il valore Li2(1) rappresenta la soluzione del problema. L’integrale,
determinato per serie in un precedente paragrafo, può essere agevolmente
calcolato grazie a questa funzione, essendo
∫ln 𝑦
𝑦2 − 1𝑑𝑦 = −
1
2[Li2(1 − 𝑦) + Li2(−𝑦) + ln 𝑦 ln(1 + 𝑦)] + 𝐶 ,
essendo 𝐶 una costante arbitraria di integrazione. Segue allora che
𝐼 = ∫ln 𝑦
1 − 𝑦2
1
0
𝑑𝑦 =𝜋2
24+
𝜋2
12=
𝜋2
8 .
Questo integrale ha anche una interpretazione probabilistica, ritrovandosi nella
determinazione della densità di probabilità del rapporto di due variabili aleatorie
di Cauchy, come ha dimostrato Luigi Pace dell’Università di Udine.
Comunque, un tratto di questa curva, che presenta un andamento monotono
decrescente, almeno per valori positivi dell’argomento, è riportato nella figura
che segue, in cui il rettangolo ombreggiato evidenzia proprio che
57
Li2(1) =𝜋2
6= 𝜁(2) ,
essendo 𝜁(2) un particolare valore della funzione zeta di Riemann, la funzione più
interessante e maggiormente foriera di applicazioni e che si sta per introdurre.
Prima però si deve definire cosa si intende per serie di Dirichlet, vale a dire una
qualunque serie della forma
𝑓(𝑠) = ∑𝑎𝑘
𝑘𝑠
∞
𝑘=1
,
dove 𝑠 ed i coefficienti 𝑎𝑘 sono numeri complessi. Questo tipo di serie riveste un
ruolo importante nella Teoria dei Numeri: la funzione zeta di Riemann 𝜁(𝑠) può
essere scritta proprio come serie di Dirichlet
58
𝜁(𝑠) = ∑1
𝑘𝑠
∞
𝑘=1
nel semipiano Re(𝑠) > 1 .
La restrizione è necessaria, affinché la serie risulti convergente; tuttavia, la
funzione si può prolungare analiticamente ad una funzione olomorfa su tutto il
piano complesso ad eccezione di 𝑠 = 1, laddove presenta un polo semplice.
I primi risultati riguardanti questa funzione furono ottenuti da Leonardo Eulero
nel diciottesimo secolo e la serie di Basilea rappresenta un particolare valore di
questa funzione, precisamente si può scrivere che
𝑆 = 𝜁(2) = ∑1
𝑘2
∞
𝑘=1
=𝜋2
6 .
Tuttavia, il suo nome è legato a Bernhard Riemann (Breselenz, 17 settembre 1826
– Selasca, 20 luglio 1866), che nel testo
Über die Anzahl der Primzahlen unter einer gegebenen Grösse,
pubblicato nel 1859, avanzò l'ipotesi che sussiste una relazione tra gli zeri e la
distribuzione dei numeri primi, oggi conosciuta come congettura di Riemann. Non
è ancora noto se la distribuzione dei numeri primi segue o meno una tale legge:
essa, tuttavia, rappresenta uno dei sette enigmi matematici irrisolti del nostro
tempo, per cui il Clay Mathematics Institute ha messo in palio, per ciascun
problema, un milione di dollari.
Più in generale, come già avuto modo di sottolineare, si ottiene
𝜁(2𝑛) = ∑1
𝑘2𝑛
∞
𝑘=1
= (−1)𝑛+122𝑛−1 𝜋2𝑛
(2𝑛)!𝐵2𝑛 .
59
Nel grafico che segue si riporta la funzione di Riemann per valori reali
dell’argomento 𝑠 = 𝑥 ∈ ℝ e si osserva che essa decresce in maniera monotona,
fino a raggiungere, per valori elevati dell’argomento, l’asintoto orizzontale
lim𝑥→∞
𝜁(𝑥) = 1 .
Vale la pena notare anche la presenza dell’asintoto verticale in 𝑥 = 1.
Conclusioni e ringraziamenti
Si è raccolto in questo scritto un po’ di storia e le più interessanti soluzioni
proposte nel corso dei secoli del problema di Basilea, un problema classico
dell’Analisi Matematica, risolto per la prima volta in maniera brillante dal giovane
Eulero. Alcune delle soluzioni riportate sono state liberamente riadattate dallo
scrivente e rese, in certa misura, originali. Il celebre matematico britannico Sir
60
Michael Francis Atiyad, noto per i suoi numerosi contributi alla Geometria, ha
dichiarato in un’intervista:
Any good theorem should have several proofs, the more the better. For two reasons:
usually, different proofs have different strengths and weaknesses, and they
generalize in different directions – they are not just repetitions of each other.
Questo problema è molto interessante anche dal punto di vista didattico, dato che
rafforza la preparazione dello studente universitario, essendo risolubile con
metodi assai diversi tra loro e, quindi, consente di passarli in rassegna, tenendoli
ben desti nella memoria. Dei metodi descritti si ha continuamente bisogno nelle
diverse applicazioni matematiche e soprattutto devono essere ben chiare a coloro
che volessero cimentarsi con il calcolo della costante di Apery.
Desidero fare un ringraziamento ad Emilio Ambrisi, caro amico e presidente
nazionale della Mathesis, il quale, durante il convegno Mathesis tenutosi a Serra
San Bruno nel mese di gennaio del 2016, ha, da par suo, riacceso nella mia
memoria questo problema, tanto che, come dice molto bene Dante, raunai le
fronde sparte (Inferno, Canto XIV) e decisi di raccogliere in questo scritto quanto,
in momenti diversi della mia esistenza, avevo appreso sul problema di Basilea.
Riferimento bibliografico
Si consiglia di leggere, e non soltanto per il problema di Basilea, l’interessante
libro dei due accademici, l’austriaco Martin Aigner ed il tedesco Günter Matthias
Ziegler, dal titolo
Proofs from THE BOOK
61
cioè Dimostrazioni dal Libro, edito da Springer-Verlag Italia a Milano nel 2006,
nell’edizione italiana curata da Alfio Quarteroni. La serie di Basilea è trattata nel
capitolo settimo, intitolato Tre volte 𝜋2/6 ed alla fine del capitolo il lettore troverà
un’ampia bibliografia su questo problema.
Si tratta del Libro nel quale, a detta del grande Paul Erdős, Dio conserva le
dimostrazioni matematiche, aggiungendo che non è necessario credere in Dio,
tuttavia, in quanto matematici, si deve credere nel Libro. Si tratta di un manuale
di eleganti dimostrazioni di celebri teoremi, corredato da simpatiche illustrazioni
e tradotto in almeno tredici lingue diverse; alcuni teoremi sono presenti con
diverse dimostrazioni e con parecchi risultati collegati.
Paul Erdős
Budapest, 26 marzo 1913 – Varsavia, 20 settembre 1996
Il testo è suddiviso in cinque sezioni, secondo lo schema di seguito riportato.
1) Teoria dei numeri: i teoremi dimostrati sono l’infinità dei numeri primi, il
postulato di Bertrand, la reciprocità quadratica, il Teorema di Fermat sulle
62
somme di due quadrati, il teorema di Wedderburn sui corpi finiti,
l’irrazionalità del numero di Nepero ed il calcolo di 𝜁(2).
2) Geometria: presenta la soluzione del terzo problema di Hilbert, alcune
conseguenza della formula di Eulero, una discussione della congettura di
Borsuk e la dimostrazione del Teorema di rigidità di Cauchy.
3) Analisi Matematica: vi sono diverse dimostrazioni legate all'ipotesi del
continuo e alla numerabilità dei numeri razionali, un elogio delle
disuguaglianze, il problema dell’ago di Buffon e la dimostrazione del
Teorema Fondamentale dell’Algebra.
4) Combinatoria: presenta il principio dei cassetti, alcuni teoremi sugli insiemi
finiti e sui quadrati latini.
5) Teoria dei Grafi: vi è, tra le altre cose, la dimostrazione del Teorema dei
cinque colori.
Il principio ispiratore nella scelta dei teoremi da dimostrare e delle dimostrazioni
proposte è che non vi è posto perenne per la Matematica brutta.
63
Appendice: dimostrazione della somma adoperata
Si comincia ad osservare che la funzione ℎ(𝑥) = cot2 𝑥 definisce una
corrispondenza biunivoca nell’intervallo
𝐽 = {𝑥: 0 < 𝑥 < 𝜋/2} .
Questa affermazione è evidente, se si considera il grafico della funzione
cotangente al quadrato per 𝑥 ∈ 𝐽, riportato nella figura che segue, in cui si mostra
il suo andamento strettamente monotono.
Un dimostrazione più formale è ora sviluppata. Si supponga che esistano due
valori, detti 𝑥, 𝑦 ∈ 𝐽, per cui cot2 𝑥 = cot2 𝑦. Dato che la funzione cotangente non
è mai negativa in 𝐽, si ha pure che
cot 𝑥 = cot 𝑦 con 𝑥, 𝑦 ∈ 𝐽 .
64
Ora, sempre nell’intervallo considerato, la funzione cotangente è strettamente
crescente, per cui si può affermare che 𝑥 = 𝑦.
Detto ciò, una maniera per dimostrare che
∑ cot2𝑘𝜋
2𝑚 + 1
𝑚
𝑘=1
=𝑚(2𝑚 − 1)
3 ,
è quella di partire dalla ben nota formula per il calcolo della potenza nel campo
complesso, dovuta al matematico francese Abraham de Moivre, per cui
cos(𝑛𝑥) + 𝑗 sin(𝑛𝑥)
sin𝑛 𝑥=
(cos 𝑥 + 𝑗 sin 𝑥)𝑛
sin𝑛 𝑥= (cot 𝑥 + 𝑗)𝑛 ∀𝑥 ∈ ℝ ,
in cui 𝑗 rappresenta l’unità immaginaria e 𝑛 è un intero positivo.
Abraham de Moivre
Vitry-le-François, 26 maggio 1667 – Londra, 27 novembre 1754
65
La potenza 𝑛 −esima può essere sviluppata secondo la formula del binomio di
Newton, per cui
cos(𝑛𝑥) + 𝑗 sin(𝑛𝑥)
sin𝑛 𝑥=
(cos 𝑥 + 𝑗 sin 𝑥)𝑛
sin𝑛 𝑥= ∑ (
𝑛𝑠
) 𝑗𝑠 cot𝑛−𝑠 𝑥
𝑛
𝑠=0
.
Ora, considerandone la sola parte immaginaria, si può scrivere la seguente
espansione
sin(𝑛𝑥)
sin𝑛 𝑥= (
𝑛1
) cot𝑛−1 𝑥 − (𝑛3
) cot𝑛−3 𝑥 + ⋯ .
Si supponga poi che 𝑛 sia un intero dispari, cioè si immagini che 𝑛 = 2𝑚 + 1 , in
modo che l’ultima relazione si possa scrivere nella forma equivalente
sin[(2𝑚 + 1)𝑥]
sin2𝑚+1 𝑥= ∑ (
2𝑚 + 12𝑘 − 1
) (−1)𝑘−1 cot2𝑚+2−2𝑘 𝑥
𝑚+1
𝑘=1
.
Valutando questa espressione in corrispondenza di uno zero non nullo 𝑥𝑘 ≠ 0
della funzione seno al primo membro, essa diventa
0 = ∑ (2𝑚 + 12𝑘 − 1
) (−1)𝑘−1 cot2𝑚+2−2𝑘 𝑥𝑘
𝑚+1
𝑘=1
.
Se poi si scelgano soltanto gli zeri appartenenti nel primo quadrante, sicché
0 < 𝑥𝑘 =𝑘𝜋
2𝑚 + 1<
𝜋
2 con 𝑘 = 1, 2, ⋯ , 𝑚 ,
66
si può affermare che, essendo il quadrato della cotangente una funzione
invertibile nell’intervallo 𝐽, la sequenza
𝑡𝑘 = cot2𝑘𝜋
2𝑚 + 1
assume un valore diverso per ogni valore di 𝑘 = 1, 2, ⋯ , 𝑚. Si introduce allora un
polinomio di grado 𝑚, definito come
𝑝(𝑡) = ∑ (2𝑚 + 12𝑘 − 1
) (−1)𝑘−1 𝑡𝑚−𝑘+1 ,
𝑚+1
𝑘=1
le cui 𝑚 radici sono tutte reali e distinte e coincidono proprio con le precedenti
𝑡𝑘 . Siccome è ben noto che, per un generico polinomio di grado 𝑚(≥ 1)
𝑝(𝑡) = 𝑎𝑚𝑡𝑚 + 𝑎𝑚−1𝑡𝑚−1 + ⋯ + 𝑎1𝑡 + 𝑎0 con 𝑎𝑚 ≠ 0 ,
la somma delle sue radici, contando le molteplicità, è pari a
somma delle radici = −𝑎𝑚−1
𝑎𝑚 ,
nel caso in esame, si ottiene
∑ 𝑡𝑘
𝑚
𝑘=1
= ∑ cot2𝑘𝜋
2𝑚 + 1
𝑚
𝑘=1
=(
2𝑚 + 13
)
(2𝑚 + 1
1)
=𝑚(2𝑚 − 1)
3 ,
che era precisamente quanto si desiderava dimostrare.