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sezione III civile; sentenza 19 dicembre 1989, n. 5684; Pres. Bile, Est. Schermi, P.M. Lo Cascio(concl. conf.); Quintini (Avv. V. Greco, Ranieri) c. Crivelli (Avv. Moscarini, Dittrich).Conferma App. Milano 23 dicembre 1983Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE(1991), pp. 241/242-249/250Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185239 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Motivi della decisione. — L'istituto ricorrente deduce viola
zione e falsa applicazione degli art. 2697 c.c., 115 c.p.c., 10
r.d.l. 14 aprile 1939 n. 630, nel testo risultante dall'art. 8 d.l.
12 settembre 1983 n. 463, conv. con mod. in 1. 11 novembre
1983 n. 638, nonché carenza di motivazione, assumendo che
il tribunale ha completamente omesso di accertare, come, inve
ce, richiesto dall'Inps e come pure previsto dalla normativa so
pramenzionata, la sussistenza, in capo all'assicurato Malinver
ni, del requisito del limite di reddito utile alla concessione della
richiesta pensione di invalidità anche per il periodo successivo
al 26 novembre 1983.
Il motivo, per quanto di seguito precisato, deve essere accolto.
Risulta dagli atti che i giudici di merito, con le sentenze del
5 giugno 1984 e 9 gennaio 1987, rispettivamente di primo e se
condo grado, accertato lo stato di invalidità del Malinverni, ma
non anche il reddito del medesimo, non si sono, poi, limitati
a dichiarare il diritto dell'assicurato alla pensione di invalidità,
ma hanno anche condannato l'Inps a corrispondere la pensione
predetta a far epoca dalla domanda amministrativa, in tal mo
do incorrendo, però, nella denunciata violazione della nuova
normativa introdotta col d.l. 463/83, conv. in 1. 638/83.
Con riguardo alla pensione di invalidità, la situazione reddi
tuale dell'assicurato, secondo la nuova normativa sopramenzio
nata, entrata in vigore il 26 novembre 1983, condiziona l'attri
buzione della prestazione previdenziale rappresentando, però,
un elemento esterno alla fattispecie costitutiva del diritto a pen
sione ed incidendo, quindi, unicamente sul diritto ai singoli ra
tei, la cui erogazione resta impedita nei periodi in cui è superata
la soglia reddituale di legge (cfr., tra le altre, Cass. 5 dicembre
1987, n. 9070, 20 ottobre 1987, n. 7749, 17 luglio 1987, n. 6310,
9 luglio 1987, n. 6002, 14 aprile 1987, n. 3720, 30 marzo 1987,
n. 3080, 21 febbraio 1987, n. 1890, 19 febbraio 1987, n. 1809,
28 gennaio 1987, n. 817 e 24 gennaio 1987, n. 863, Foro it.,
Rep. 1987, voce Previdenza sociale, nn. 946, 941, 949, 951, 956,
893, 952, 957, 960, 963). Da ciò consegue che la detta normati
va sul limite reddituale per l'esigibilità dei ratei della pensione
di invalidità, applicabile anche alle cause in corso riguardanti
prestazioni pensionistiche successive alla data sopramenzionata
del 26 novembre 1983 o, comunque, da liquidare con decorren
za o con effetto posteriore a tale data, non priva l'assicurato
dell'interesse all'accertamento e alla declaratoria del suo diritto
al pensionamento per invalidità, alla stregua del regime di cui
al r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, e succ. mod. ed int., pur in
assenza del requisito reddittuale, perché è sempre possibile che
sopravvenga una riduzione di reddito tale da rendere esigibile
la prestazione pensionistica; ma preclude al giudice di emettere
sentenza di condanna al pagamento della pensione di invalidità,
con riferimento al tempo sopraindicato, senza previo accerta
mento del necessario requisito reddituale poiché il giudicato di
condanna, che implicitamente si estende anche alla circostanza
della sussistenza del predetto requisito, non consente più all'Inps
di disporre in sede amministrativa la sospensione dei pagamenti
dei ratei di pensione per il periodo anteriore al giudicato stesso,
pur in concreto difetto della condizione reddituale dell'assicura
to prevista, invece, dalla legge (cfr. tra altre, oltre ai precedenti
giurisprudenziali già citati, anche, Cass. 17 febbraio 1988, n.
1696, id., Rep. 1988, voce cit., n. 1120; 16 luglio 1987, n. 6289,
17 aprile 1987, n. 3390, 24 gennaio 1987, n. 697 e 9 gennaio
1987, n. 80, id., Rep. 1987, voce cit., nn. 950, 1146, 961, 930).
L'impugnata sentenza deve, pertanto, essere cassata con rin
vio della causa per nuovo esame secondo i principi di diritto
sopraenunciati, davanti ad altro giudice, che si designa nel Tri
bunale di Novara.
Il Foro Italiano — 1991.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 19 di
cembre 1989, n. 5684; Pres. Bile, Est. Schermi, P.M. Lo
Cascio (conci, conf.); Quintini (Avv. V. Greco, Ranieri) c.
Crivelli (Avv. Moscarini, Dittrich). Conferma App. Mila
no 23 dicembre 1983.
Procedimento civile — Iscrizione a ruolo — Disposizioni — Am
bito di applicazione (Cod. proc. civ., art. 168, 171, 307, 512,
548, 615, 617, 619, 630). Esecuzione forzata in genere
— Estinzione del processo — Ven
dita del bene pignorato — Debitore esecutato — Legittima zione ad eccepire l'estinzione (Cod. proc. civ., art. Ili, 630).
Procedimento civile — Causa penale pregiudiziale — Sospen sione del processo — Termine perentorio per la riassunzione — Decorrenza dalla pubblicazione della sentenza della Cassa
zione (Cod. proc. civ., art. 295, 297; cod. proc. pen. del 1930,
art. 537).
Le norme dettate per l'iscrizione della causa a ruolo (art. 168-171
c.p.c.) non trovano applicazione né nelle ipotesi di opposizio
ne all'esecuzione o agli atti esecutivi proposta dopo l'inizio
dell'esecuzione e negli altri casi di processi di cognizione ordi
naria che insorgono incidentalmente in un processo esecutivo
già in corso, né nel caso in cui sia proposta eccezione di estin
zione del processo esecutivo per inattività delle parti (art. 630
c.p.c.); peraltro, mentre con riguardo ai primi tipi di proces
so l'iscrizione a ruolo si pone come adempimento ammini
strativo cui provvede di ufficio il cancelliere senza necessità
della relativa nota di parte, per contro, con riguardo all'ipo
tesi dell'eccezione di estinzione, in cui non insorge un proces so strutturalmente autonomo rispetto al processo esecutivo,
è insussistente la stessa necessità di un 'iscrizione a ruolo, an
corché di ufficio. (1)
(1) Nel caso di specie il debitore aveva eccepito l'estinzione del pro cesso esecutivo per tardività della riassunzione; il giudice dell'esecuzio
ne, rilevato «che l'eccezione di estinzione della procedura esecutiva può essere intesa anche come opposizione formale all'esecuzione», aveva fis
sato con ordinanza l'udienza per la precisazione delle conclusioni; il
debitore, allora, aveva proposto reclamo al collegio sul presupposto che
tale ordinanza avesse rigettato l'eccezione di estinzione (profilo, per la
verità, dubbio, ma non affrontato nelle fasi successive del giudizio). Accolto il reclamo da parte del tribunale, il creditore, in sede d'appello, sosteneva che l'«opposizione» del debitore era improcedibile per non
essere stata iscritta a ruolo la relativa causa. La corte d'appello rigetta va l'appello escludendo l'equivalenza in senso tecnico-giuridico tra il
rimedio previsto dall'art. 615 c.p.c. e quello disciplinato dal successivo
art. 630, cosi che non vi era «onere di iscrizione della causa a ruolo
perché la sentenza sarebbe intervenuta in una fase incidentale del pro cesso esecutivo». La Corte di cassazione conferma, escludendo che il
giudizio di cognizione introdotto dall'eccezione di estinzione dovesse
essere dichiarato improcedibile per non essere stata la causa iscritta a
ruolo. La corte premette che nel procedimento ordinario di cognizione non
sussiste l'improcedibilità per mancata iscrizione della causa a ruolo cui
consegue un mero stato di quiescenza del processo; distingue, poi, tra
parentesi cognitive nel corso del processo esecutivo (art. 512, 548, 615, 2° comma, 617, 2° comma, 619 c.p.c.) ed eccezione di estinzione del
processo esecutivo (art. 630 c.p.c.). Nelle prime, con il deposito in can
celleria del ricorso in opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi o
di terzo, ovvero con l'istanza di accertamento giudiziale dell'obbligo del terzo, ovvero, infine, con la contestazione dei crediti all'udienza
per la discussione del progetto di distribuzione, si costituisce immedia
tamente, senza necessità di altri adempimenti, il rapporto processuale
cognitivo ed il giudice dell'esecuzione assume la veste di giudice istrut
tore, se competente, nel processo di cognizione insorto. Le disposizioni
sopra ricordate prevedono, infatti, che il giudice provvede, se compe tente all'istruzione della causa, rinviando agli art. 170 ss., con esclusio
ne, quindi, della disciplina di introduzione della causa, nel processo ordinario di cognizione, di cui agli art. 163-171 c.p.c. e in particolare della norma dell'art. 168, che dispone l'iscrizione della causa a ruolo
ed il modo della sua effettuazione.
In giurisprudenza, in senso conforme, Cass. 9 luglio 1957, n. 2716,
Foro it., Rep. 1957, voce Procedimento civile, n. 235, che con riguardo ad un giudizio di opposizione agli atti esecutivi ha ritenuto che la costi
tuzione avviene con il deposito del ricorso e non è necessaria l'istanza
di iscrizione a ruolo onde, in caso di mancata comparizione di tutte
le parti alla prima udienza, trova applicazione la disposizione dell'art.
181 c.p.c., che fa obbligo al giudice di fissare un'udienza successiva,
di cui il cancelliere deve dare comunicazione alle parti costituite; Cass.
8 ottobre 1970, n. 1897, id., Rep. 1971, voce cit., n. 257, che, sempre
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PARTE PRIMA
Il debitore esecutato è legittimato ad eccepire la sopravvenuta
estinzione del processo esecutivo anche nel caso in cui egli
abbia venduto il bene dopo il pignoramento. (2)
con riguardo ad un procedimento di opposizione agli atti esecutivi, ha
ritenuto che la costituzione del ricorrente avviene con il deposito del
ricorso e non è necessaria all'uopo l'istanza di iscrizione a ruolo; con
riferimento in genere ai processi iniziati con ricorso, Cass. 9 luglio 1979, n. 3927, id., Rep. 1979, voce cit., n. 72, ha affermato che la costituzio ne dell'istante avviene con il deposito del ricorso nella cancelleria del
giudice adito, senza che sia necessaria, a tal fine, l'iscrizione a ruolo; con riferimento ai procedimenti di separazione personale, Cass. 24 giu
gno 1989, n. 3095, id., Rep. 1989, voce Separazione di coniugi, n. 35, ha ritenuto che la costituzione dell'attore si perfeziona al momento e
per effetto del deposito del ricorso introduttivo, che deve essere sotto
scritto dal difensore munito di procura, instaurandosi attraverso tale
deposito il rapporto cittadino-giudice e dovendo ex art. 36 disp. att.
c.p.c. la cancelleria provvedere siila formazione del fascicolo di ufficio
ed all'iscrizione della causa a ruolo generale, nonché a ricevere gli adem
pimenti di cui all'art. 38 disp. att. c.p.c. In senso conforme alla senten za che si riporta anche Trib. Trani 31 luglio 1962, id., Rep. 1962, voce
Esecuzione forzata in genere, n. 53, secondo cui nei procedimenti di
opposizione all'esecuzione, regolati dal codice di rito civile in una ma
niera del tutto speciale in considerazione della specialità della pretesa e della peculiarità del processo esecutivo nel quale va ad inserirsi l'op
posizione, l'iscrizione a ruolo della causa di opposizione non è necessa ria per gli effetti e come valore di costituzione dell'attore perché questa avviene con la deposizione del ricorso, ma ha un valore puramente am
ministrativo, interno d'ufficio; per Trib. Savona 24 maggio 1976, id.,
Rep. 1976, voce cit., n. 32, nel caso in cui, iniziata l'esecuzione, sia
proposta opposizione al giudice della stessa, e l'ufficio cui questi appar tiene sia competente per la causa, non si fa luogo ad iscrizione a ruolo, essendo il giudice stesso già investito, quale istruttore, della controver
sia; il fatto che per esigenze di cancelleria si usi parlare di iscrizione a ruolo dopo la prima udienza avanti al giudice dell'esecuzione, per
gli atti di deposito delle carte bollate ed altri analoghi o similari adem
pimenti, non può in nessun caso dare rilievo processuale a tali atti di natura amministrativa e non giurisdizionale. Con la conseguenza che il mancato adempimento di tali atti non può produrre le conseguenze di cui all'art. 307 c.p.c. in ordine all'estinzione del processo.
Vedasi anche Trib. Cassino 14 maggio 1965, id., Rep. 1966, voce
cit., n. 71, secondo cui in caso di opposizione ad espropriazione immo biliare la parte ricorrente, nel costituirsi nel giudizio da essa instaurato, non è tenuta all'osservanza del termine di cui all'art. 165 c.p.c., ma
può invece iscrivere a ruolo la procedura fino al giorno dell'udienza di comparizione fissata dal giudice.
In senso apparentemente difforme, Cass. 31 luglio 1954, n. 2807, id., Rep. 1954, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, nn. 64, 65, che ha ritenuto applicabili ad un processo di opposizione all'esecuzione le norme ordinarie «tra le quali è anche quella dell'iscri zione a ruolo». Cass. 25 agosto 1977, n. 3854, la cui massima generica si legge, id., Rep. 1977, voce Esecuzione forzata in genere, n. 67, e
che, secondo Oriani, L'opposizione agli atti esecutivi, Napoli, 1987,
380, nota 61, ha ritenuto, in un caso in cui il giudice aveva dato un termine per l'iscrizione a ruolo della causa di opposizione, che il termi
ne, in mancanza di un'esplicita diversa statuizione da parte del giudice, valesse solo per l'attore e non per il convenuto, in presenza di termini ex lege diversi per la costituzione dell'attore e del convenuto, di modo che era possibile l'iscrizione a ruolo da parte del convenuto fino a cin
que giorni prima dell'udienza di comparizione. In senso nettamente contrario a quanto ritenuto dalla sentenza ripor
tata Trib. Piacenza 23 dicembre 1982, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 48, secondo cui, essendo necessario che la causa sia portata davanti al giudice nei modi prescritti dal codice di rito e dalle relative norme di attuazione mediante il compimento degli atti ivi stabiliti, dei quali primo e fondamentale è l'iscrizione a ruolo, consegue che, in mancanza di questa, non è procedibile l'opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c.
In dottrina, Satta, Commentario, 1966, Milano, III, 284, ritiene che
per l'opposizione agli atti esecutivi è necessaria l'iscrizione a ruolo, traen done conseguenze in ordine alla forma dell'opposizione stessa; Cipria
ni, Iscrizione a ruolo, voce dell'Enciclopedia del diritto, Milano, 1972, XXII, 926 ss., il quale distingue nettamente l'iscrizione a ruolo dalla relativa nota, la prima atto del cancelliere, adempimento amministrati vo cui egli deve provvedere per ogni affare non appena questo è porta to a conoscenza dell'ufficio, la seconda atto di parte, che sarebbe obbli
gatorio solo nei casi in cui la legge lo prevede espressamente: procedi menti contenziosi di competenza del tribunale e della corte d'appello; Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 1980, 657, per il quale nell'opposizione agli atti esecutivi la costituzione
dell'opponente avviene con il deposito del ricorso, come in ogni proce dimento che inizia con ricorso; per Oriani, L'opposizione agli atti, cit., 379-80, «che la causa vada iscritta a ruolo è certo; verificandosi la co stituzione dell'opponente con il deposito del ricorso in cancelleria, in tale momento avrà luogo l'iscrizione. Ma proprio la commistione di
Il Foro Italiano — 1991.
Nell'ipotesi di sospensione del processo civile disposta sino al
passaggio in giudicato di un'emanando sentenza penale, la
sospensione cessa nel momento della lettura in udienza del
dispositivo, deliberato e in quel momento pubblicato, della
sentenza della Corte di cassazione che rigetta il ricorso pro
posto avverso la sentenza impugnata e ne determina imme
diatamente l'irrevocabilità, con la conseguenza che da quella data inizia a decorrere, per le parti del processo civile che
elementi cognitivi ed esecutivi, innanzi posta in rilievo, fa comprendere
perché sovente nella prassi l'iscrizione è ordinata dal giudice dell'esecu
zione dopo l'espletamento dell'udienza di comparizione. Niente di gra ve. La funzione dell'iscrizione a ruolo è quella di documentare ad ogni effetto l'avvenuta presa di contatto tra l'affare e l'ufficio; la carenza
di attività del cancelliere, che deve provvedere di ufficio all'iscrizione, da una parte non elimina il dato, che quel contatto si è verificato e
dall'altra parte non è sanzionata a pena di nullità, che neppure sussiste
ex art. 156, 2° comma. Oltre tutto, sovente è dubbio se il ricorso rientri nello schema dell'istanza ex art. 486 c.p.c. o dell'opposizione ex art.
617, onde sarebbe iniquo far gravare ex post con l'invalidazione dell'in
tero processo un errore di qualificazione da parte del cancelliere e dello
stesso giudice dell'esecuzione». Relativamente all'eccezione di estinzione del processo esecutivo, la
Suprema corte, con la sentenza che si riporta, ha ritenuto che «in tale
ipotesi non insorge, incidente nel processo esecutivo, un processo di
cognizione autonomo e perciò separato da quel processo», pertanto, «non è prospettabile un'iscrizione della causa a ruolo, dietro presenta zione di nota di parte o d'ufficio».
Non constano precedenti in terminis. Va, peraltro, ricordato che in
giurisprudenza vi è contrasto sulla natura dell'eccezione di estinzione, se essa introduca un procedimento di opposizione all'esecuzione (per riferimenti Oriani, L'opposizione agli atti, cit., 51 ss.). In ogni caso, come fa osservare Oriani, op. cit., 38, nota 96, «la proposizione del
l'eccezione di estinzione ex art. 630, 2° comma, c.p.c. non dà luogo, di per sé, all'instaurazione di un giudizio di cognizione, dal momento
che provoca un incidente di carattere esecutivo, destinato a concludersi
con un ordinanza emessa dal giudice dell'esecuzione, in quanto tale.
Natura cognitiva ha invece la fase aperta con la proposizione del recla
mo; esso conduce sempre all'emanazione di una sentenza, sia che venga accolto sia che venga respinto».
(2) La Suprema corte preferisce non prendere posizione rispetto al
dibattuto problema della posizione processuale dell'acquirente del bene
pignorato, limitandosi a rilevare come, sia accogliendo la tesi per la
quale il debitore, nonostante l'alienazione del bene pignorato, rimane
legittimato passivo rispetto all'esecuzione in corso, sia accogliendo la
tesi secondo cui il terzo acquirente del bene staggito può sostituirsi al debitore esecutato nella legittimazione passiva, nel caso di specie l'ese
cutato conservasse la legittimazione ad eccepire l'estinzione del proces so esecutivo, «legittimazione esistente in ogni caso, per il primo princi
pio di diritto; e che deve ritenersi esistente anche in applicazione del
secondo principio di diritto, non avendo il ricorrente dedotto, e non risultando dagli atti, che l'acquirente o gli acquirenti degli immobili
pignorati si siano sostituiti di loro iniziativa, con il compimento di uno
degli atti suddetti, al debitore esecutato nella legittimazione passiva». I precedenti dottrinali e giurisprudenziali sono ricordati nella nota
di Oriani a Cass. 23 marzo 1978, n. 1408, Foro it., 1979, I, 1855 (a cui avviso l'acquirente del bene pignorato non può proporre opposizio ne agli atti esecutivi per ottenere la dichiarazione di nullità del pignora mento, ma deve proporre opposizione di terzo all'esecuzione, con la
quale, facendosi valere «in via strumentale» la nullità del pignoramento tende ad ottenere l'accertamento giurisprudenziale dell'efficacia del suo
acquisto nei confronti del creditore pignorante e dei creditori intervenu
ti) e nella nota redazionale a Cass. 4 settembre 1985, n. 4612, id., 1986, I, 494 («l'acquirente dell'immobile pignorato è abilitato a proporre op posizione sia all'esecuzione che agli atti esecutivi, e si sostituisce, una
volta proposta opposizione, al debitore nella posizione di legittimato passivo all'esercizio dell'azione esecutiva»).
In relazione a tale sentenza la dottrina ha espresso pareri discordanti. In senso favorevole, Luiso, L'acquirente del bene pignorato nel proces so esecutivo, in Giusi, civ., 1986, I, 450; Merlin, Principio del con traddittorio e terzo proprietario in due recenti pronunce, in Giur. it., 1986, IV, 327; Donati, Riflessioni in materia di poteri processuali del
terzo acquirente del bene pignorato, in Dir. e giur., 1986, 973 (i quali, però, si pongono in posizione critica rispetto all'automatica estromis sione del debitore in seguito al solo «intervento» del terzo proprieta rio); Miccolis, Sulla legittimazione del terzo acquirente del bene pigno rato, in Riv. dir. proc., 1987, 467; Montesano, Garanzie di difesa ed
esecuzione ordinaria contro terzi e successori particolari dell'obbligato, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1987, 925.
In senso contrario, G. Costantino, Il terzo proprietario nei processi di espropriazione - Le figure di terzo proprietario, in Riv. dir. civ., 1987, II, 387; Vaccarella, Il terzo proprietario nei processi di espro
priazione - La tutela, ibid., 407; Oriani, L'opposizione agli atti, cit., 297 ss.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
hanno partecipato al processo penale, il termine perentorio
per la riassunzione del processo civile sospeso. (3)
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 12 otto
bre 1972, su richiesta di Giacomo Quintini, veniva eseguito pi
gnoramento in danno di Vittorio Crivelli Visconti.
Con ordinanza 21 giugno 1976 il giudice dell'esecuzione del
Tribunale di Como cosi disponeva ex art. 295 c.p.c. con riferi
mento all'art. 3 c.p.p.: «rilevato che pende procedura penale dalla quale può scaturire la natura illecita dei crediti vantati,
sospende la procedura esecutiva fino al passaggio in giudicato della sentenza penale».
Il Pretore di Como, con sentenza 29 luglio 1977, dichirava
Giacomo Quintini colpevole del delitto di cui all'art. 644 c.p. in danno di Vittorio Crivelli Visconti. In grado d'appello, nel
dicembre 1978, il Tribunale di Como, escluso l'estremo del «bi
sogno», assolveva l'imputato con formula piena. La Corte di
cassazione, con sentenza il cui dispositivo veniva pubblicato al
l'udienza del 28 maggio 1979, respingeva il ricorso proposto
dal procuratore generale.
(3) La Suprema corte torna nuovamente sul problema della tempesti va riassunzione del processo civile sospeso in seguito all'insorgere di
una pregiudiziale penale, allorquando il processo penale si concluda con
la sentenza della Corte di cassazione.
Cass. 24 luglio 1976, n. 2965, Foro it., Rep. 1976, voce Giudizio
(rapporto), n. 83, contraddicendo quanto in precedenza affermato da
Trib. Milano 27 giugno 1974, id., Rep. 1975, voce Termini processuali
civili, n. 15, aveva ritenuto che «il termine di sei mesi . . . decorre dalla
pubblicazione secondo il rito penale della sentenza con la quale la Corte
di cassazione abbia annullato i soli capi della sentenza che riguardano l'azione civile, ossia dalla lettura in udienza, poiché, nel caso di rigetto del ricorso l'accertamento dei fatti — rilevante per il giudizio sospeso — è contenuto esclusivamente nella sentenza di merito che è stata im
pugnata, senza che abbiano rilievo su questo accertamento — e quindi sul decorso del termine per la riassunzione — la stesura della motiva
zione, il deposito e gli ulteriori adempimenti prescritti per documentare
la decisione».
Successivamente, Cass. 15 maggio 1986, n. 3215, id., Rep. 1987, vo
ce Procedimento civile, n, 204 e Giust. civ., 1987, I, 2063, richiamando
Corte cost. 4 marzo 1970, n. 34, Foro it., 1970, I, 681, con nota di
Andrioli (che ha ancorato il termine di cui all'art. 297 c.p.c., non
più alla cessazione della causa di sospensione, bensì alla conoscenza
che le parti ne abbiano avuto) e attesa la presunzione assoluta di cono
scenza posta per tutte le parti che sono state o che debbano considerarsi
presenti al dibattimento dal disposto combinato degli art. 537, 2° com
ma, e 472, 3° comma, c.p.p. del 1930 (norma quest'ultima dettata per il giudizio di primo grado, ma che sarebbe applicabile, anche in assenza
di un espresso richiamo, al giudizio di cassazione), ritenne che per la
parte civile costituita il termine semestrale de quo decorresse dal mo
mento in cui viene letto in udienza il dispositivo della sentenza penale che definisce il giudizio.
Cass. 18 dicembre 1986, n. 7692, id., Rep. 1986, voce Giudizio (rap
porto), n. 6 e 20 gennaio 1987, n. 472, id.. Rep. 1987, voce Procedi
mento civile, n. 203 e Giust. civ., 1987, I, 1471, con nota di Ferroni, Il concetto di sentenza penale ai fini della riassunzione del giudizio civi
le sospeso, precisano che, solo per le sentenze di rigetto ex art. 576, 2° comma, c.p.p. del 1930 il termine semestrale di cui all'art. 297 c.p.c. decorre dalla data di pronuncia della sentenza di cassazione, mentre
per quelle sentenze di annullamento senza rinvio che definiscono il giu dizio (nella fattispecie si trattava di annullamento per intervenuta estin
zione del reato) esso decorre dal deposito della sentenza completa dei
suoi requisiti formali, in quanto solo in questo momento «sarà possibi le alla parte interessata acquisire formale e approfondita conoscenza
dei fatti che il giudice di legittimità abbia ritenuto validamente acquisiti al processo penale nella loro entità e qualificazione», consentendole un'a
deguata riflessione sull'eventuale riassunzione in sede civile. Orienta
mento, questo, sostanzialmente confermato dalla sentenza che si ripor
ta, la quale, distinte le sentenze di rigetto del ricorso da quelle di cassa
zione della sentenza impugnata, sancisce che «la sospensione cessa al
momento della lettura in udienza del dispositivo deliberato e pubblica
to, in quel momento, dalla Corte di cassazione che rigetta il ricorso
proposto avverso la sentenza impugnata, la quale, immediatamente di
venta irrevocabile; ed in quel momento inizia a decorrere, per le parti del processo civile che hanno partecipato al processo penale, il termine
perentorio per la riassunzione del processo civile sospeso». In caso di sentenza di rigetto, del resto, attendere il deposito della
sentenza di cassazione non sarebbe di alcuna utilità ai fini della riassun
zione, in quanto i fatti e le circostanze rilevanti per la formulazione
dell'atto riassuntivo sono già tutti contenuti nella motivazione della sen
tenza passata in giudicato. [G. Sangiovanni]
Il Foro Italiano — 1991.
Il processo esecutivo veniva riassunto dal Quintini con ricor
so depositato I'll aprile 1980.
Con ricorso in data 23 giugno 1980 il Crivelli Visconti eccepi
va l'estinzione del processo esecutivo per tardività della rias
sunzione.
Il giudice dell'esecuzione ordinava la comparizione delle parti e successivamente, con ordinanza 22 maggio 1981, rilevato che
l'eccezione di estinzione della procedura esecutiva può essere
intesa anche come opposizione formale all'esecuzione, fissava
l'udienza per la precisazione delle conclusioni.
Il Crivelli Visconti proponeva reclamo al collegio ex art. 630,
3° comma, c.p.c. Il Tribunale di Como, con sentenza 12 luglio 1982, dichiara
va estinto il processo esecutivo ed interamente compensate fra
le parti le spese del giudizio. Su gravame del Quintini, la Corte d'appello di Milano, con
sentenza 23 dicembre 1983, confermava l'impugnata procedura e condannava l'appellante a rimborsare all'appellato le spese
del giudizio di secondo grado. La corte di Milano disattendeva l'assunto del Quintini secon
do cui 1'«opposizione» del Crivelli Visconti sarebbe stata im
procedibile per non essere stata iscritta a ruolo la relativa cau
sa. Esclusa l'equivalenza, in senso tecnico giuridico, tra il rime
dio previsto dall'art. 615 c.p.c. e quello disciplinato dal successivo
art. 630, considerava che, parificandosi l'ordinanza 22 maggio
1981 del giudice dell'esecuzione al diniego della sollecita pro
nuncia e, quindi, al rigetto dell'istanza, rettamente il Crivelli
Visconti aveva proposto reclamo al collegio ai sensi del 3° com
ma dell'art. 630 c.p.c., senza onere di iscrizione della causa a
ruolo perché la sentenza sarebbe intervenuta in una fase inci
dentale del processo esecutivo.
La corte, poi, escludeva che — come sosteneva il Quintini — il Crivelli Visconti fosse carente di legittimazione e di inte
resse ad agire per avere alienato sin dal 1975 gli immobili pi
gnorati nell'ottobre 1972.
Infine la corte rilevava che il termine per la riassunzione del
processo esecutivo era cominciato a decorrere il giorno della
lettura in udienza del dispositivo della sentenza della Corte di
cassazione, che aveva rigettato il ricorso del procuratore gene
rale, e non il giorno del deposito della motivazione, come, inve
ce, sosteneva il Quintini. Avverso questa sentenza il Quintini ha proposto ricorso per
cassazione deducendo quattro motivi. Il Crivelli Visconti resiste
con controricorso e successiva memoria.
Motivi della decisione. — Con il terzo motivo il ricorrente,
denunciando violazione degli art. 168 e 630 c.p.c., sostiene che,
contrariamente a quanto ritenuto dalla corte di Milano, avendo
il Tribunale di Como qualificato l'istanza di declaratoria di estin
zione del processo esecutivo come opposizione all'esecuzione,
questa, dando luogo ad un giudizio di cognizione, doveva esse
re dichiarata improcedibile per non essere stata la causa iscritta
a ruolo.
Il motivo è infondato. Nel procedimento ordinario di cogni
zione, l'iscrizione della causa a ruolo è un adempimento ammi
nistrativo che il cancelliere deve compiere su richiesta, con pre
sentazione della relativa nota, della parte che si costituisce per
prima, attore o convenuto (art. 168 c.p.c.). La presentazione
della nota di iscrizione a ruolo è uno degli atti integranti la
complessiva operazione di costituzione della parte che per pri
ma si costituisce in giudizio, la cui attività principale, a tal fine,
è il deposito in cancelleria del proprio fascicolo contenente, se
per primo si costituisce l'attore, l'originale della citazione, la
procura e i documenti offerti in comunicazione, e, se per primo
si costituisce il convenuto, la comparsa di risposta, la copia del
la citazione notificata, la procura e i documenti offerti in co
municazione. In mancanza di costituzione sia dell'attore sia del
convenuto nel termine per ciascuno di essi stabilito, con il com
pimento della complessiva operazione ora descritta, la sanzione
è quella comminata dall'art. 171, 1° comma, c.p.c., in relazio
ne all'art. 307, 1° comma, dello stesso codice: il processo resta
quiescente, non essendo completata la costituzione del rapporto
processuale nei confronti del giudice, per il periodo di un anno
decorrente dalla scadenza del termine per la costituzione del
convenuto, e, se non riassunto, con rituale costituzione di alme
no una delle parti, entro l'anno, si estingue. Non sussiste quin
di, nel vigente ordinamento, la «improcedibilità» della doman
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PARTE PRIMA
da per mancata iscrizione della causa a ruolo ipotizzata dal ri
corrente.
La richiamata normativa — art. 168, 171, 1° comma, e 307, 1° comma, c.p.c. — non trova applicazione in tutte le ipotesi in cui, in un processo esecutivo in corso, insorga una contesta
zione, a seguito di una opposizione o richiesta od eccezione di uno dei soggetti che vi partecipano o di un terzo, da risolversi dal giudice con attività cognitiva. Si tratta delle ipotesi di oppo sizione all'esecuzione o agli atti esecutivi proposta dopo l'inizio
dell'esecuzione (art. 615, 2° comma, e 616 c.p.c.; art. 617, 2°
comma, e 618 c.p.c.), di opposizione di un terzo che pretende di avere la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati (art. 619 c.p.c.), di controversia insorta in sede di distribuzione della somma ricavata dalla vendita o dall'assegnazione dei beni pi gnorati fra creditori concorrenti o fra creditore e debitore o
terzo assoggettato all'esecuzione circa la sussistenza o l'ammon tare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prela zione (art. 512 c.p.c.) e, nell'espropriazione presso terzi, di man cata dichiarazione del terzo o di contestazione della dichiarazio ne resta (art. 548 c.p.c.). E si tratta anche dell'ipotesi di estinzione del processo esecutivo per inattività delle parti, di cui all'art. 630 c.p.c.; la si equipari all'opposizione all'esecuzione (Cass. 15 giugno 1978, n. 2983, Foro it., Rep. 1978, voce Esecuzione
forzata in genere, n. 93; 22 giugno 1977, n. 2639, id., Rep. 1977, voce cit., n. 64) o la si ravvisi come un'azione a sé stante
(Cass. 15 marzo 1974, n. 747, id., 1974, I, 3395). Iniziata l'esecuzione forzata (nell'espropriazione forzata, con
il pignoramento), l'opposizione all'esecuzione e l'opposizione agli atti esecutivi, nonché l'opposizione di terzo, si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione, il quale, convocate le parti davanti a sé con decreto, provvede all'istruzione della causa a norma degli art. 175 ss. c.c., se competente a conoscere dell'op posizione all'esecuzione o di terzo è l'ufficio giudiziario al qua le appartiene, ché, altrimenti, rimette le parti davanti al giudice competente (per l'opposizione agli atti esecutivi, la competenza funzionale spetta al giudice dell'esecuzione, o all'ufficio al qua le appartiene). Insorta controversia in sede di distribuzione del la somma ricavata ex art. 512 c.p.c., il giudice dell'esecuzione
provvede all'istruzione della causa, se è competente, o, altri
menti, rimette le parti davanti al giudice competente. Nell'e
spropriazione presso terzi, mancata la dichiarazione del terzo od insorta contestazione sulla dichiarazione resa, il pretore, su istanza di parte, provvede all'istruzione della causa, se compe tente, o, altrimenti, rimette le parti davanti al giudice competente.
In tutte queste ipotesi, esiste ed è in corso un processo esecu
tivo, nel quale sono presenti i soggetti (anche se inattivi) che vi partecipano. Proposta opposizione, all'esecuzione o agli atti
esecutivi, o sollevata una delle contestazioni suddette da un sog getto partecipante al processo esecutivo o proposta opposizione ex art. 619 c.p.c. da un terzo, per ciò stesso, automaticamente, insorge, incidente in tale processo, un processo di cognizione ordinaria, con contraddittorio tra soggetti già partecipanti al
processo esecutivo o fra il terzo opponente e costoro. Con il
deposito in cancelleria del ricorso in opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi o di terzo, si costituisce immediatamente, senza necessità di altri adempimenti, il rapporto processuale co
gnitivo fra la parte opponente ed il giudice, assumendo auto
maticamente, nell'ambito del processo esecutivo, il soggetto che ha proposto l'opposizione la veste di parte attrice ed il giudice dell'esecuzione la veste di giudice istruttore (se competente) nel
processo di cognizione insorto; e la costituzione del rapporto processuale verrà completata con la notificazione del ricorso e del decreto di convocazione delle parti all'altro o agli altri sog getti del processo esecutivo nei cui confronti l'opposizione è
proposta. Nell'espropriazione presso terzi, mancata la dichiara zione del terzo od insorta contestazione sulla dichiarazione re
sa, la proposizione dell'istanza di parte (implicita nella sollevata
contestazione), che è domanda giudiziale di accertamento del
l'obbligo del terzo, avendo luogo nell'udienza fissata per la di chiarazione del terzo od in altra successiva, ed essendo quindi recepita o recepibile dagli altri soggetti del processo esecutivo
presenti o anche avrebbero dovuto esserlo, costituisce immedia tamente ed in modo completo il rapporto processuale cognitivo fra tutte le parti interessate, che assumono la veste di istruttore.
Situazione, questa, che si verifica anche quando sorge contesta zione ex art. 512 c.p.c. all'udienza fissata per la discussione del progetto di distribuzione della somma ricavata dalla vendita
li Foro Italiano — 1991.
o dall'assegnazione dei beni pignorati. In tutte queste ipotesi, infatti, le varie norme ricordate sopra dispongono che il giudice dell'esecuzione provvede (se competente) all'istruzione della cau
sa, rinviando agli art. 175 ss.; con esclusione, quindi, della di
sciplina di introduzione della causa, nel processo ordinario di
cognizione, di cui agli art. 163-171 c.p.c., ed in particolare della
norma dell'art. 168, che dispone l'iscrizione della causa a ruolo ed il modo della sua effettuazione, e di quella dell'art. 171, 1° comma, in relazione all'art. 307, 1° comma, che, per l'ipote si di mancata costituzione sia dell'attore sia del convenuto nel
termine per ciascuno di essi stabilito, dispone la quiescenza del
processo per un anno e la sua estinzione se non viene riassunto entro tale periodo. Sicché, esclusa l'applicazione dell'art. 168
c.p.c., l'iscrizione della causa a ruolo è adempimento ammini strativo che il cancelliere deve compiere d'ufficio, sensa necessi tà di presentazione della relativa nota ad opera di una delle parti.
Più semplificato è l'iter procedurale stabilito nel codice di
rito per la dichiarazione di estinzione del processo esecutivo ai sensi dell'art. 630 c.p.c. L'estinzione, che «opera di diritto», deve essere eccepita dalla parte interessata (normalmente, il de
bitore esecutato): onere, questo, che consiste in una richiesta
processuale, appunto la dichiarazione di estinzione del processo
esecutivo, sulla quale si costituisce il contraddittorio tra chi ha
effettuato la richiesta e gli altri soggetti, controinteressati, del
processo esecutivo. Il giudice dell'esecuzione decide con ordi
nanza, dichiarando estinto il processo esecutivo o rigettando l'ec cezione. Avverso l'ordinanza, la parte che, nell'instauratosi con
traddittorio, è rimasta soccombente, può proporre reclamo al
collegio (se trattasi di espropriazione forzata immobiliare, di
competenza del tribunale; ché, negli altri casi di esecuzione for
zata, essendo competente il pretore, il reclamo è rivolto allo stesso giudice dell'esecuzione); il quale decide in camera di con
siglio con sentenza, rigettando il reclamo oppure, se l'accoglie, a seconda del contenuto dell'ordinanza impugnata, rigettando l'eccezione, con ordine di prosecuzione dell'esecuzione, o di chiarando estinto il processo esecutivo.
In tale ipotesi, non insorge, incidente nel processo esecutivo, un processo di cognizione ordinaria, strutturalmente autonomo e perciò separato da quel processo; ma nel processo esecutivo nasce e si sviluppa un contraddittorio sulla sollevata eccezione, cioè sulla richiesta di declaratoria di estinzione del processo ese
cutivo, implicante, nell'ambito dello stesso processo esecutivo, una (eventuale) contrapposizione dialettica difensiva delle parti ed un'attività decisoria del giudice. Esclusa, quindi, l'applicabi lità della normativa, contenuta nel codice di procedura civile, che disciplina il processo ordinario di cognizione, non è pro spettabile un'iscrizione di causa a ruolo, dietro presentazione di nota di parte o d'ufficio, né é prospettabile una mancata costituzione di tutte le parti con la conseguente sanzione di cui
agli art. 171, 1° comma, e 307, 1° comma, c.p.c. Con il quarto motivo il ricorrente, denunciando violazione
dell'art. 100 c.p.c., sostiene che i giudici del merito avrebbero dovuto dichiarare inammissibile l'eccezione di estinzione del pro cesso esecutivo per carenza di legittimazione attiva e di interesse ad agire nel debitore esecutato Crivelli Visconti, avendo questi, con rogito notarile in data 31 luglio 1975, venduto tutti gli im mobili pignorati il 12 ottobre 1972.
Il motivo è infondato. Questa Suprema corte aveva ritenuto, in un primo tempo, che, alienato il bene pignorato dal debitore esecutato ad un terzo, legittimato passivo all'esecuzione forzata sia il debitore, proseguendo il processo esecutivo nei suoi con
fronti, e non già il terzo, il quale neppure potrebbe proporre opposizione ad atti esecutivi (sent. 10 novembre 1979, n. 5805, id., Rep. 1979, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecu niarie., n. 48; 24 ottobre 1975, n. 3532, id., Rep. 1975, voce Esecuzione forzata in genere, n. 80). Successivamente, però, ri tenendo applicabile nella detta ipotesi la norma di cui all'art. Ili c.p.c. adattata al processo esecutivo, mutando il precedente indirizzo giurisprudenziale, ha enunciato il principio di diritto che il processo esecutivo prosegue tra i soggetti originari, e quindi nei confronti del debitore esecutato, ma il terzo, successore a titolo particolare nel diritto sul bene assoggettato all'esecuzio
ne, può sostituirsi al debitore esecutato nella legittimazione pas siva, di sua iniziativa, compiendo atti di partecipazione allo svol
gimento di attività processuali o proponendo contestazioni circa la legittimità dell'esecuzione (sent. 4 settembre 1985, n. 4612, id., 1986, I, 494).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Nella specie, applicandosi l'uno o l'altro principio di diritto,
il debitore esecutato Crivelli Visconti era legittimato ad eccepire
l'estinzione del processò esecutivo: «legittimazione esistente in
ogni caso, per il primo principio di diritto; e che deve ritenersi
esistente anche in applicazione del secondo principio di diritto,
non avendo il ricorrente dedotto, e non risultando dagli atti,
che l'acquirente o gli acquirenti degli immobili pignorati si sia
no costituiti di loro iniziativa, con il compimento di uno degli
atti suddetti, al debitore esecutato nella legittimazione passiva». Con il primo ed il secondo motivo il ricorrente, denunciando
violazione dell'art. 297, 1° comma, c.p.c. e degli art. 537, 473
e 474 c.p.p., sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla
corte di Milano, il termine per la riassunzione del processo ese
cutivo, sospeso dal giudice dell'esecuzione fino al passaggio in
giudicato della sentenza penale nel processo iniziato contro esso
Quintini per il delitto di cui all'art. 644 c.p.c., era cominciato
a decorrere il giorno del deposito in cancelleria della sentenza
della Corte di cassazione che rigettò il ricorso del procuratore
generale, e non già il giorno della lettura del dispositivo in udien
za, perché tale lettura si limitò a determinare il passaggio in
giudicato della sentenza impugnata, mentre la sentenza della Cas
sazione acquistò giuridica esistenza solo con il deposito in can
celleria.
I due motivi sono infondati per il rilievo fatto dallo stesso
ricorrente: nel procedimento di cassazione, la lettura del dispo
sitivo in udienza, che rigetta il ricorso proposto avverso la sen
tenza di merito, determina il passaggio in giudicato, o l'irrevo
cabilità, di tale sentenza, dichiarativa della responsabilità del
l'imputato per il reato contestatogli, con irrogazione della relativa
pena, o assolutoria dell'imputato; essendo invece errata l'ulte
riore considerazione del ricorrente secondo la quale, al fine del
la cessazione della sospensione del processo civile disposta fino
al passaggio in giudicato di una emananda sentenza penale, oc
corre che la sentenza della Corte di cassazione, pronunciata nel
procedimento penale, si perfezioni, integra in tutti i suoi ele
menti strutturali, con il deposito in cancelleria.
La lettura del dispositivo in udienza è pubblicazione del co
mando giurisdizionale deliberato dalla Corte di cassazione: co
mando giurisdizionale che, reso pubblico, incide nella realtà giu
ridica, producendo, quindi, l'effetto giuridico che gli è proprio.
Se il dispositivo pubblicato è di cassazione della sentenza impu
gnata, con o sensa rinvio, si produce l'effetto giuridico rescin
dente (di regola proprio della sentenza di cassazione nel proces
so penale), eliminandosi dalla realtà giuridica la sentenza impu
gnata, di condanna o di assoluzione, con gli effetti conseguenziaii.
Se, invece, il dispositivo è di rigetto del ricorso, si produce,
immediatamente, l'effetto giuridico dell'irrevocabilità della sen
tenza impugnata, di condanna o di assoluzione, che passa in
giudicato. Pertanto, nell'ipotesi di sospensione di un processo civile di
sposta fino al passaggio in giudicato di una emananda sentenza
penale, la sospensione cessa nel momento della lettura in udien
za del dispositivo deliberato e pubblicato, in quel momento,
dalla Corte di cassazione che rigetta il ricorso proposto avverso
la sentenza impugnata, la quale, immediatamente, diventa irre
vocabile; ed in quel momento inizia a decorrere, per le parti
del processo civile che hanno partecipato al processo penale,
il termine perentorio per la riassunzione del processo civile so
speso (vedi Cass. 24 luglio 1976, n. 2965, id., Rep. 1976, voce
Giudizio (rapporto), n. 83).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 novem
bre 1989, n. 4814; Pres. Pontrandolfi, Est. Trezza, P.M.
Gazzara (conci, conf.); Branca (Avv. Della Lunga, Casta
gnetti, Maranesi) c. Consorzio agrario provinciale di Co
senza (Avv. Leonardi, La Pera, Vitale) e Enasarco (Avv.
Spallina). Conferma Trib. Rossano 25 febbraio 1983.
Previdenza sociale — Agenti di commercio — Omissione con
tributiva anteriore ai d.m. 10 settembre 1962 — Prevedibilità
Il Foro Italiano — 1991.
del danno — Esclusione (Cod. civ., art. 1225, 1751; d.m.
10 settembre 1962, approvazione del regolamento del fondo
di previdenza Enasarco, art. 10; d.p.r. 30 aprile 1968 n. 758,
trattamento integrativo di previdenza per gli agenti e rappre
sentanti di commercio, art. 9).
Qualora l'omissione contributiva Enasarco comportante la per
dita o la riduzione del trattamento pensionistico riguardi pe
riodi anteriori al d.m. 10 settembre 1962 e successive modifi
che, il giudizio sulla prevedibilità del danno ex art. 1225 c.c.
(che integra un profilo di diritto e non una mera valutazione
di fatto) va risolto negativamente alla stregua dell'interpreta
zione della normativa previgente (accordi collettivi 30 giugno
1938, 20 giugno 1956 e 13 ottobre 1958, aventi vigore erga
omnes^ la quale attribuiva all'agente un trattamento ex art.
1751 c.c. non avente natura pensionistica (di tal che il succes
sivo sistema pensionistico non può essere qualificato come
una semplice e prevedibile evoluzione del pregresso trat
tamento). (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso in data 29 maggio
1979 al Pretore di Rossano, giudice del lavoro, Branca Antonio
assumeva di avere dal 12 settembre 1942 al 31 dicembre 1977
svolto in Cariati le mansioni di agente nell'interesse del Consor
zio agrario provinciale di Cosenza, con iscrizione al fondo di
previdenza Enasarco non dall'inizio dell'attività lavorativa, ma
solo successivamente.
11 Branca aggiungeva che il consorzio gli aveva comunicato
che l'Enasarco si era rifiutato di riconoscere ed accreditare i
contributi relativi al periodo dal 12 settembre 1942 al 31 dicem
bre 1962, con conseguente diniego della pensione di vecchiaia.
Il ricorrente chiedeva, pertanto, la condanna dell'Enasarco a
corrispondergli tale pensione e, in via subordinata e nel caso
di rigetto di tale sua principale richiesta, la condanna del pre
detto consorzio agrario al risarcimento del danno per omessa
contribuzione previdenziale. Con memoria depositata in cancelleria il 2 novembre 1979
si costituiva in giudizio il convenuto Enasarco, chiedendo il ri
getto della domanda avanzata nei suoi confronti, eccependone
l'inammissibilità e sostenendo che il consorzio aveva omesso il
versamento dei contributi per il periodo dal 1942 al 1962, nono
stante i reiterati inviti e che il consorzio stesso solo nel 1967
si era deciso a versare i contributi per il periodo antecedente
al 1962, i quali erano stati rifiutati dall'Enasarco perché ormai
tardivi. Con comparsa di risposta depositata in cancelleria il 3 no
vembre 1979 anche il consorzio agrario si costituiva in giudizio,
chiedendo il rigetto della domanda avanzata in via subordinata
nei suoi confronti, essendo inammissibile ed infondata; dichia
randosi sempre disposto a versare i contributi per gli anni
1942/1962, che l'Enasarco illegittimamente aveva rifiutato; ec
cependo, comunque, la prescrizione del diritto al risarcimento.
Il pretore, con sentenza del 25 marzo 1980, dichiarava inam
missibile la domanda proposta dal Branca nei confronti dell'E
nasarco ed accoglieva la domanda subordinata proposta nei con
formi del consorzio, che condannava al risarcimento dei danni
in favore del Branca per omessa contribuzione relativa al perio
do 1942/1962, disponendo la prosecuzione del giudizio davanti
a lui per la liquidazione dei danni, con nomina di consulente
tecnico d'ufficio.
Avverso tale sentenza il consorzio proponeva riserva di ap
pello differito. Espletata la consulenza tecnica d'ufficio, il pretore, con sen
(1) In termini, v. Cass. 9 giugno 1988, n. 3908, Foro it., Rep. 1988,
voce Previdenza sociale, n. 558; 14 gennaio 1986, n. 164, id., Rep.
1987, voce cit., n. 186; 23 ottobre 1986, n. 6216, ibid., n. 184; 23 otto
bre 1986, nn. 6217, 6218, 6219, id., Rep. 1986, voce cit., nn. 477-479;
19 luglio 1982, n. 4236, id., Rep. 1983, voce cit., n. 385.
V. anche, per l'ammissibilità del risarcimento del danno pensionisti
co, Cass. 8 luglio 1982, n. 4059, id., Rep. 1982, voce Agenzia, n. 28.
In argomento, v., infine, Corte cost. 23 aprile 1987, n. 145, id., 1989,
I, 941. In dottrina, M. Cinelli, La previdenza degli agenti di commercio,
in Riv. it. dir. lav., 1988, I, 451; P. Sandulli, Considerazioni sul fon
damento del doppio regime pensionistico per gli agenti di commercio,
in Lavoro e prev. oggi, 1988, 1395.
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