Post on 29-Jan-2017
transcript
Sezione III; sentenza 22 ottobre 1981 (in causa 27/81); Pres. Touffait, Avv. gen. Capotorti(concl. conf.); Soc. Rohr c. OssbergerSource: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE QUARTA: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA ESTRANIERA (1982), pp. 215/216-231/232Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174423 .
Accessed: 28/06/2014 07:46
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact support@jstor.org.
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 07:46:41 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE QUARTA
originale. Il retro della scatola reca la seguente dicitura: « Anti
biotico a largo spettro — produttore: Pfizer Ltd., Sandwich,
Kent, G.B. — importatore: Eurim-Phorm GmbH, grossista in
medicinali, 8229 Piding; confezionato dall'importatore: Eurim
Pharm GmbH 8229 Piding ». Nella scatola l'importatore ha mes
so un volantino con le indicazioni concernenti il prodotto, come
prescrive la legge tedesca.
5. - Nell'ordinanza di rinvio, il Landgericht ha affermato che
l'operazione praticata dall'Eurim-Pharm costituisce lesione dei di
ritti della Pfizer, in base alla legge tedesca sul diritto dei marchi.
Dato però che, in una precedente fase processuale relativa alla
stessa controversia, il giudice di grado superiore aveva ritenuto
che nella fattispecie l'esercizio del diritto al marchio era vietato
dagli art. 30 e 36 del trattato, il Landgericht ha sottoposto alla
corte le seguenti questioni pregiudiziali: « 1. Se, a norma dell'art. 36 del trattato CBE, il titolare di un
marchio depositato nello Stato membro A possa, invocando que
sto diritto, impedire che un importatore compri da un'affiliata del
titolare del marchio un medicinale regolarmente e col consenso
del titolare munito del marchio nello Stato membro B ed ivi
posto in commercio con tale marchio, lo riconfezioni in con
formità alle diverse abitudini di prescrizione dei medici esistenti
nello Stato membro A e lo ponga in commercio nello Stato mem
bro A in una confezione esterna predisposta dall'importatore, la quale reca sul lato anteriore un'apertura attraverso la quale
è visibile il marchio che si trova a tergo della confezione a schiac
ciamento (« blister ») che è a contatto immediato col medicinale.
2. Se, perché sussista una restrizione del commercio vietata ai
sensi dell'art. 36, 2° inciso, del trattato CEE, sia sufficiente che
l'esercizio del diritto nazionale al marchio in relazione col siste
ma di distribuzione usato dal titolare del marchio porti obietti
vamente all'isolamento dei mercati fra gli Stati membri, ovvero
sia necessaria la prova che il titolare del marchio si vale del
suo diritto al marchio in relazione al sistema di distribuzione
da lui usato con lo scopo finale di isolare artificialmente i mer
cati ».
Sulla prima questione. — 6. - Si deve ricordare anzitutto che,
secondo la giurisprudenza della corte, ed in particolare in base
a quanto si desume dalla sentenza 23 maggio 1978 (Hoffmann-La
Roche c/ Centrafarm, causa 102/77, Racc. pag. 1139; Foro it.,
1978, IV, 437), se pure il trattato non influisce sull'esistenza
dei diritti attribuiti dalle leggi di uno Stato membro in fatto di
proprietà industriale e commerciale, è possibile, in determinate
circostanze, che i divieti sanciti dal trattato limitino l'esercizio
dei suddetti diritti; in quanto norma eccezionale rispetto al prin
cipio fondamentale della libera circolazione delle merci nel mer
cato comune, l'art. 36 ammette in effetti deroghe a tale princi
pio solo nella misura in cui tali deroghe siano giustificate dalla
tutela dei diritti che costituiscono oggetto specifico di detta pro
prietà.
7. - L'oggetto specifico del diritto al marchio è, fra l'altro, il
garantire al titolare il diritto esclusivo di servirsi del marchio
per la prima messa di un prodotto sul mercato, tutelandolo, in
tal modo, contro eventuali concorrenti che intendessero sfruttare
la posizione e la reputazione del marchio smerciando prodotti indebitamente muniti del marchio stesso.
8. - Per stabilire se detto diritto esclusivo implichi la facoltà
di opporsi a che un terzo, dopo aver riconfezionato il prodotto, usi il marchio, occorre tenere conto della funzione essenziale
del marchio, che consiste nel garantire al consumatore o all'uti
lizzatore finale l'identità d'origine del prodotto consentendogli di distinguere senza alcuna possibilità di confusione tale pro
dotto da quelli di diversa provenienza. Tale garanzia di prove nienza implica per il consumatore o l'utilizzatore finale la cer
tezza che il prodotto marchiato che gli viene offerto non ha
subito, in una precedente fase della distribuzione, alcun inter
vento da parte di un terzo, senza autorizzazione del titolare dei
marchio, che ne abbia alterato lo stato originario.
9. - Ne consegue che il diritto riconosciuto al titolare del mar
chio di opporsi a qualsiasi uso di detto marchio che possa falsare
la garanzia di provenienza, intesa nel senso sopra descritto, rien
tra pertanto nell'oggetto specifico del diritto al marchio.
10. - Un siffatto uso del marchio atto ad alterare la garanzia di provenienza non sussiste però in un'ipotesi come quella in esame in cui, secondo gli accertamenti del giudice nazionale e il tenore della questione che esso formula, un importatore paralle lo ha riconfezionato un prodotto farmaceutico, limitandosi a sostituire l'imballo esterno senza toccare quello interno e ren
dendo visibile, attraverso il nuovo imballo esterno, il marchio
apposto dal produttore all'imballaggio interno.
11. - Stando cosi le cose, infatti, la riconfezione non implica alcun rischio di esporre il prodotto a manipolazioni o ad inter
venti che incidano sul suo stato originale ed il consumatore o
l'utilizzatore finale del prodotto non può venir indotto in errore
sulla provenienza dello stesso, soprattutto quando, come nella
fattispecie, l'importatore parallelo ha chiaramente indicato sul
l'imballo esterno che il prodotto è stato fabbricato da un'affi
liata del titolare del marchio e che l'importatore lo ha riconfe
zionato.
12. - La circostanza che l'importatore parallelo abbia incluso
nell'imballo esterno un volantino contenente indicazioni relative
al prodotto — circostanza di cui peraltro non si fa cenno nella
questione sottoposta alla corte — non è atta a modificare questa conclusione.
13. - Si deve dunque risolvere la prima- questione dichiarando
che l'art. 36 del trattato va interpretato nel senso che il titolare
di un diritto al marchio non può far valere questo diritto per
impedire ad un importatore di vendere un prodotto farmaceu
tico fabbricato in un altro Stato membro dall'affiliata del tito
lare e munito del marchio di questo col suo consenso, qualora detto importatore abbia riconfezionato il prodotto limitandosi
a sostituire l'imballo esterno senza toccare quello interno e ren
dendo visibile, attraverso il nuovo imballo esterno, il marchio
apposto dal fabbricante all'imballo interno, non omettendo di
indicare chiaramente sull'imballo esterno che il prodotto è stato
fabbricato dall'affiliata del titolare e riconfezionato dall'importa tore.
Sulla seconda questione. — 14. - Dalla soluzione data alla pri ma questione si desume che la soluzione della seconda questio ne non è più necessaria per consentire al giudice nazionale di
pronunciarsi nella lite dinanzi ad esso pendente. (Omissis) Per questi motivi, pronunciandosi sulle questioni ad essa sot
toposte dal Landgericht di Amburgo con ordinanza 5 novembre
1980, dichiara:
L'art. 36 del trattato va interpretato nel senso che il titolare
di un diritto al marchio non può far valere questo diritto per
impedire ad un importatore di vendere un prodotto farmaceuti
co fabbricato in un altro Stato membro dell'affiliata del titolare
e munito del marchio di questo col suo consenso, qualora detto
importatore abbia riconfezionato il prodotto limitandosi a sosti tuire l'imballo esterno, senza toccare quello interno e rendendo
visibile, attraverso il nuovo imballo esterno, il marchio apposto dal fabbricante all'imballo interno, non omettendo di indicare
.chiaramente sull'imballo esterno che il prodotto è stato fabbri
cato dall'affiliata del titolare e riconfezionato dall'importatore.
I
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se zione III; sentenza 22 ottobre 1981 (in causa 27/81); Pres.
Touffait, Avv. gen. Capotorti (conci, conf.); Soc. Rohr c.
Ossberger.
Giurisdizione civile — Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 — Accettazione tacita di competenza — Requisiti (Con venzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, concernente la
competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle sentenze in ma teria civile e commerciale, art. 18).
L'art. 18 della convenzione di Bruxelles 21 settembre 1968 deve essere interpretato nel senso che esso consente al convenuto non solo di eccepire l'incompetenza, ma anche di presentare
congiuntamente, in via subordinala, difese nel merito, senza tuttavia perdere il diritto di sollevare l'eccezione di incompe tenza. (1)
(1-3) Nulla in termini. Sono da segnalare, in particolare, le mas sime 1 e 3, dato che — com'è stato sottolineato in corso di cau sa — nella prassi processuale degli Stati membri è del tutto fre quente che il convenuto sollevi l'eccezione di incompetenza e svolga altresì' difese nel merito, mentre la divergenza di formulazione tra il testo francese dell'art. 18, seconda frase (« cette règie n'est pas applicable si la comparition a pour objet de contester la compe tence . .. ») e gli altri testi della disposizione (« tale norma non è applicabile se la comparizione avviene solo per eccepire la incompe tenza ... ») comportava che la proposizione di difese nel merito do
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 07:46:41 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
II
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 24 giugno 1981 (in causa 150/80); Pres. Mertens De
Wilmars, Avv. gen. Slynn (conci, conf.); Elefanten Schuh
GmbH c. Jacqmain.
Giurisdizione civile — Convenzione di Bruxelles 27 settembre
1968 — Accettazione tacita di competenza — Esclusione — Re
quisiti — Clausola attributiva di competenza — Compatibilità
(Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, art. 17, 18).
Giurisdizione civile — Convenzione di Bruxelles 27 settembre
1968 — Norma sulla connessione di cause — Natura — Clau
sola attributiva di competenza — Requisiti di forma stabiliti
da norme nazionali — Illegittimità — Irrilevanza (Convenzio
ne di Bruxelles del 27 settembre 1968, art. 17, 22).
L'art. 18 della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 si
applica anche quando le parti abbiano designato di comune ac
cordo il giudice competente, ai sensi dell'art. 17 della stessa
convenzione. (2)
L'art. 18 della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 va
interpretato nel senso che la norma di competenza contenuta
in detta disposizione non si applica quando il convenuto non
solo contesta la competenza, ma conclude inoltre nel merito,
purché l'eccezione d'incompetenza, qualora non preceda qual siasi difesa nel merito, non sia posteriore all'atto considerato,
dal diritto processuale nazionale, come la prima difesa rivol
ta al giudice adito. (3)
L'art. 22 della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 si ap
plica solo quando azioni connesse siano esperite dinanzi ai
giudici di due o più Stati contraenti. (4)
L'art. 17 della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 va in
terpretato nel senso che una normativa di uno Stato contraen
te non può ostare alla validità di una clausola attributiva di
competenza per il solo motivo che la lingua usata non è quella
prescritta dalla normativa stessa. (5)
III
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 16 giugno 1981 (in causa 166/80); Pres. Mertens De
Wilmars, Avv. gen. Reischl (conci, conf.); Klomps c. Mi
chel.
Giurisdizione civile — Convenzione di Bruxelles 27 settembre
1968 — Riconoscimento ed esecuzione di sentenza straniera in
vesse ritenersi consentita nell'una versione e negata nelle altre.
Nella giurisprudenza italiana, per una precedente analoga interpre tazione della norma, v. Trib. Pinerolo 31 marzo 1976, Foro it., Rep.
1977, voce Giurisdizione civile, n. 69, che riconosce l'esigenza di tu
telare i diritti della difesa, cosi come appunto affermato dalla Corte
comunitaria (cpv. 14). V. anche Cass., Sez. un., 10 novembre 1977,
n. 4836, id., 1978, I, 387; App. Torino 17 giugno 1978, id., Rep. 1980,
voce cit., n. 80). In dottrina v. specificamente Rottola, L'accetta
zione tacita della giurisdizione nella convenzione di Bruxelles del 27
settembre 1068. in Riv. dir. internaz., 1978, 525.
(4) Nulla in termini. In generale nella giurisprudenza italiana relativa all'art. 22 v.
Trib. Bassano del Grappa 1976, Foro it., Rep. 1978, voce Giurisdi-'
zione civile, n. 75; Cass., Sez. un., 11 ottobre 1979, n. 5274, id., 1979,
I, 2565; nonché recentemente Pret. Parma 17 giugno 1980, id., 1981,
I, 1455, con nota di richiami.
(5) Non constano precedenti editi.
Sull'interpretazione « comunitaria » dei requisiti di forma ex art.
17, con esclusione pertanto di valutazione alla stregua delle norme
nazionali, « leading case » è Corte giust. 14 dicembre 1976, in causa
24/76, Foro it.. 1977, IV, 133, cui adde recentemente Corte giust. 6
maggio 1980, in causa 784/79, id., 1980, IV, 365, ambedue con nota
di richiami. Sul punto v. anche la relazione di Jenard alla convenzio
ne, in G.U.C.E. 5 marzo 1979, C/59, 37, dove si legge che «... per
garantire la certezza del diritto bisognava prevedere espressamente la
forma che deve rivestire l'accordo attributivo di competenza... ».
Nella giurisprudenza italiana, in linea con l'orientamento della cor
te in materia, v. Cass. 13 gennaio 1978, n. 152, Foro it., 1978, I, 2240,
con nota di Pierucci e Cass. 14 giugno 1980, n. 3799, id., 1980, I, 1861,
con nota di richiami; da ultimo, ma in tema di controversie di la
voro, v. Cass. 3 novembre 1981, n. 5776, id., 1981, I, 2648, con
nota di richiami, cui adde, per ulteriori e meno recenti indicazioni
di dottrina e giurisprudenza, Pocar, Codice delle convenzioni sulla
giurisdizione e l'esecuzione delle sentenze straniere nella CEE, 1980,
180.
contumacia — Nozione di «domanda giudiziale» — Tutela
dei diritti della difesa — Notifica tempestiva al convenuto —
Condizioni —. Accertamento — Criteri (Convenzione di Bru
xelles del 27 settembre 1968, art. 27, 52).
L'art. 27 punto 2° della convenzione di Bruxelles 27 settembre
1968 va interpretato come segue:
a) la nozione di « domanda giudiziale » comprende l'atto, come
il decreto ingiuntivo (Zahlungsbefehl) del diritto tedesco, la
cui notifica consente all'attore, secondo il diritto del giudice
di origine, di ottenere, in caso di contumacia del convenuto,
un provvedimento atto ad essere riconosciuto ed eseguito se
condo le disposizioni della convenzione;
b) un provvedimento, come l'autorizzazione dell'esecuzione (Voll
streckungsbefehl) del diritto tedesco, emesso in seguito alla
notifica del decreto ingiuntivo e che sia esecutivo a norma del
la convenzione, non rientra nella nozione di « domanda giu
diziale »;
c) per accertare se il convenuto abbia potuto presentare le pro
prie difese ai sensi dell'art. 27 punto T, il giudice richiesto
deve unicamente tener conto del termine, come quello per fa
re opposizione (Widerspruch) al decreto ingiuntivo nel diritto
tedesco, di cui il convenuto dispone per evitare che sia pro
nunziato in contumacia un provvedimento esecutivo secondo
la convenzione;
d) l'art. 27 punto 2° va del pari applicato qualora il convenuto
abbia fatto opposizione al provvedimento emesso in contuma
cia e un giudice dello Stato di origine abbia dichiarato l'op
posizione irricevibile per scadenza del termine;
e) anche quando il giudice dello Stato di origine ha deciso, in
esito ad un procedimento contraddittorio separato, che la no
tifica o comunicazione era regolare, l'art. 27 punto ? esige
che il giudice richiesto esamini, ciò non di meno, la questione
se tale notifica o comunicazione sia stata effettuata in tempo
utile perché il convenuto abbia potuto presentare le proprie
difese;
f) il giudice richiesto, in via generale, può limitarsi ad accertare
se il termine, a partire dalla data in cui la notifica o comuni
cazione è stata regolarmente effettuata, abbia lasciato al con
venuto abbastanza tempo per difendersi; tuttavia egli deve ac
certare se, nel caso concreto, sussistano circostanze eccezio
nali tali che la notifica o comunicazione, benché regolare, non
sia stata tuttavia sufficiente per far decorrere detto termine;
g) l'art. 52 della convenzione e il fatto che il giudice dello Sta
to richiesto, giunga alla conclusione che, secondo il diritto di
questo Stato, il convenuto era domiciliato nel territorio di que
sto alla data della notifica o comunicazione della domanda
giudiziale, non influiscono sulle soluzioni di cui sopra (6)
IV
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 26 maggio 1981 (in causa 157/80); Pres. Mertens De
Wilmars, Avv. gen. Reischl (conci, conf.); Rinkau.
Giurisdizione civile — Convenzione di Bruxelles 27 settembre
1968 — Protocollo allegato alla convenzione — Cause penali
con effetti civili — Nozione di « infrazione non volontaria » —
Diritto dell'imputato alla difesa senza comparizione — Condi
zioni (Protocollo allegato alla convenzione di Bruxelles del
27 settembre 1968, art. II).
Per infrazione non volontaria ai sensi dell'art. II del protocollo
allegato alla convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, si de
ve intendere qualsiasi reato la cui definizione legale non richie
de, espressamente o data la natura stessa del reato che essa de
(6) Non constano precedenti in termini.
In generale, per un'interpretazione dell'art. 27 ispirata al criterio
della stretta tutela dei diritti della difesa: v. Corte giust. 21 maggio
1980, in causa 125/79, Foro it., 1980, IV, 365, con nota di richiami.
Sul potere discrezionale del giudice del riconoscimento nell'accer
tamento della tempestività del termine di cui all'art. 27, n. 2 (massi
me 9-10) cfr. la relazione di Jenard, cit., 44. La giurisprudenza ita
liana non sembra registrare incertezze sul punto: v. recentemente
App. Milano 4 dicembre 1979, Foro it., 1980, I, 2009, con nota di
richiami; Cass. 23 novembre 1979, n. 6112, id., 1980, I, 2249, con
ampia nota di richiami di Di Virgilio, cui adde Pocar, op. cit., 273.
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 07:46:41 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE QUARTA
finisce, l'intenzione dell'imputato di commettere l'azione o l'omis
x sione penalmente punita. (7)
Il diritto di farsi difendere senza comparire, attribuito all'impu tato dall'art. II del protocollo allegato alla convenzione di
Bruxelles 27 settembre 1968, sussiste in tutte le cause penali relative ad un reato involontario purché la responsabilità civile
dell'imputato, derivante dai fatti costitutivi del reato per il qua le egli è processato, sia stata fatta valere o possa esserlo in
seguito. (8)
I
Diritto. — 1. - Con sentenza 26 novembre 1980, pervenuta in cancelleria il 16 febbraio 1981, la Cour d'appel di Versailles ha
sottoposto a questa corte, ai sensi del protocollo 3 giugno 1971 relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia del la convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giu risdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e com
merciale, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazio ne dell'art. 18 di detta convenzione.
2. - Tale questione è stata sollevata nell'ambito di un pro cedimento d'appello instaurato dagli Etablissements Rohr S.A. (in prosieguo la Rohr) con sede in Sarcelles, Francia, contro un'or dinanza emessa dal presidente del Tribunal de grande instance di Pontoise il 5 giugno 1979. Con detta ordinanza questo giu dice, su istanza dell'impresa Ossberger Turbinenfabrik (in pro sieguo la Ossberger) con sede a Weissenburg, repubblica fede rale di Germania, aveva dichiarato esecutiva una sentenza prov visoriamente esecutiva del 15 dicembre 1979 del Landgericht Ansbach, nonché un'ordinanza di liquidazione delle spese emes sa dallo stesso giudice il 5 febbraio 1979.
3. - Le suddette decisioni erano state emesse dal Landgericht Ansbach su domanda della Ossberger contro la Rohr per il pa gamento di alcune fatture relative* a forniture effettuate dalla
Ossberger. Poiché la Rohr, dinanzi al Landgericht, si era limi tata ad eccepire l'incompetenza territoriale del giudice adito, senza difendersi nel merito, ed essendosi il Landgericht rite nuto competente, ai sensi dell'art. 17 della convenzione, in for za di una clausola di proroga della competenza convenuta nelle condizioni generali di vendita della Ossberger, la Rohr veniva condannata al pagamento di dette fatture ed a quello delle
spese. La Rohr interponeva appello dinanzi all'Oberlandesgericht di Norimberga, sollevando di nuovo l'eccezione di incompetenza senza difendersi nel merito; questo appello veniva rigettato con sentenza 13 giugno 1979, in quanto l'Oberlandesgericht di Norim
berga riteneva che il Landgericht era competente in forza del le disposizioni della convenzione e che la Rohr non aveva, in
appello, dedotto difese nel merito. Il ricorso per cassazione
(« Révision ») proposto dalla Rohr al Bundesgerichtshof veniva dichiarato irricevibile con ordinanza 19 marzo 1980, non essen do stati depositati nei termini i relativi motivi.
4. - Dinanzi alla Cour d'appel di Versailles, la Rohr sosteneva che l'ordine pubblico, ai sensi dell'art. 27, n. 1, della conven zione, si opponeva al riconoscimento e all'esecuzione delle de cisioni del Landgericht di Ansbach: poiché l'art. 18 della con venzione vietava alla Rohr di proporre difese nel merito di nanzi al giudice tedesco se non avesse voluto perdere il diritto di sollevare l'eccezione di incompetenza, il fatto che detto giu dice non si era limitato a statuire sulla competenza, ma aveva anche deciso nel merito, costituiva una violazione manifesta del diritto alla difesa e, quindi, dell'ordine pubblico in Francia. La
Ossberger sosteneva che l'art. 18 della convenzione, come d'al tra parte il diritto processuale civile tedesco, non impedivano alla Rohr di difendersi nel merito, ma che quest'ultima se ne era volutamente astenuta.
5. - Ritenuto che la controversia sollevava una questione di
interpretazione della convenzione, la Cour d'appel di Versailles ha sottoposto a questa corte una questione pregiudiziale vertente sostanzialmente sul se l'art. 18 della convenzione consenta al convenuto che eccepisce l'incompetenza del giudice adito di pre sentare congiuntamente, ma in via subordinata, difese nel me
(7-8) Nulla in termini. Per analoghe affermazioni circa la necessità di un'interpretazione
autonoma della convenzione, ribadite nell'occasione dalla corte, v. specificamente Corte giust. 21 giugno 1978, in causa 150/77, Foro it., 1978, IV, 449; 22 febbraio 1979, in causa 133/78, id., 1979, IV, 245, e, da ultimo, Corte giust. 16 dicembre 1980, in causa 814/79, id., 1981, IV, 410, tutte con nota di richiami.
rito, senza peraltro perdere il diritto all'eccezione di incom
petenza.
6. - Il governo italiano e la Commissione delle Comunità euro
pee hanno sostenuto che la questione deve essere risolta affer
mativamente.
7. - La corte si è già pronunciata su una questione pregiudiziale simile con sentenza 24 giugno 1981 (causa 150/80, Elefanten
Schuh GmbH c/ Jacqmain, Foro it., 1982, IV, 217), nella quale ha affermato quanto segue: « Invero, fra le varie versioni lin
guistiche dell'art. 18 della convenzione esistono divergenze quan to al se il convenuto, per negare la competenza del giudice adito, debba limitarsi ad eccepire l'incompetenza di questo, oppure, al contrario, possa pervenire allo stesso risultato contestando sia
la competenza del giudice adito sia la fondatezza della do
manda attrice; tuttavia, quest'ultima soluzione è più conforme
agli scopi ed allo spirito della convenzione. Infatti, a norma del diritto processuale civile di taluni Stati contraenti il con
venuto che si limita a sollevare il problema della competenza
potrebbe vedersi precludere la possibilità di dedurre i mezzi at
tinenti al merito qualora il giudice respingesse l'eccezione d'in
competenza. Una interpretazione dell'art. 18 che consentisse di
pervenire ad un risultato del genere sarebbe incompatibile con
la tutela dei diritti della difesa nel procedimento di origine, che
costituisce una delle finalità della convenzione».
8. - Nella presente causa non è emerso alcun elemento tale
da modificare questi argomenti. La questione sottoposta alla cor
te deve quindi essere risolta dichiarando che l'art. 18 della con
venzione 27 settembre 1968 va interpretato nel senso che esso
consente al convenuto non solo di eccepire l'incompetenza, ma
anche di presentare congiuntamente, in via subordinata, difese
nel merito, senza tuttavia perdere il diritto di sollevare l'ecce
zione di incompetenza. (Omissis) Per questi mptivi, pronunciandosi sulla questione sottopostale
dalla Cour d'appel di Versailles con sentenza 26 novembre 1980, dichiara:
L'art. 18 della convenzione 27 settembre 1968 deve essere in
terpretato nel senso che esso consente al convenuto non solo
di eccepire l'incompetenza, ma anche di presentare congiunta
mente, in via subordinata, difese nel merito, senza tuttavia per dere il diritto di sollevare l'eccezione di incompetenza.
II
Diritto. — 1. - Con sentenza 9 giugno 1980, pervenuta in can
celleria il 24 giugno successivo, la Corte di cassazione del Bel
gio ha sottoposto a questa corte, a norma dell'art. 3 del proto collo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione, da parte della
Corte di giustizia, della convenzione 27 settembre 1968 concer
nente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle deci
sioni in materia civile e commerciale, varie questioni pregiudi ziali relative all'interpretazione degli art. 17, 18 e 22 di detta
convenzione.
2. - Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di un ri
corso in Cassazione avverso una sentenza con cui la Corte del la
voro di Anversa ha condannato in solido la società di diritto
tedesco Elefanten Schuh GmbH e la società di diritto belga N.V. Elefant a pagare l'importo di FB 3.120.597, più gli inte
ressi, al sig. Pierre Jacqmain, fra l'altro per averlo licenziato sen za preavviso.
3. - Dal fascicolo risulta che nel 1970, il sig. Jacqmain era stato assunto in qualità di rappresentante di commercio dalla società tedesca Hoffmann GmbH — poi divenuta Elefanten
Schuh GmbH — ma, in pratica, ha esercitato la sua attività at
tenendosi alle istruzioni impartitegli dall'affiliata belga di tale
impresa, la N.V. Elefant in territorio belga, in particolare nelle
province di Anversa, del Brabante e del Limburgo. La causa
principale è stata originata dalle difficoltà insorte nel 1975 fra il sig. Jacqmain e le due società circa le modalità della ces sione del contratto di lavoro alla società belga da parte della società tedesca.
4. - Poiché il sig. Jacqmain aveva esperito avanti il Tribunale del lavoro di Anversa una azione contro le due società, le con venute comparivano avanti detto giudice e, nelle loro prime comparse, contestavano la fondatezza delle domande dell'attore. Nelle successive memorie, depositate nove mesi più tardi, la società tedesca eccepiva l'incompetenza del giudice adito, in
quanto il contratto di lavoro conteneva una clausola secondo cui
qualsiasi contestazione relativa a tale contratto sarebbe rientrata
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 07:46:41 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
nella competenza esclusiva del Tribunale di Kleve, nella repub blica federale di Germania. Il tribunale del lavoro respingeva
questa eccezione, con la motivazione che una siffatta clausola
non consente di derogare all'art. 627 del code judiciaire belga, che contempla, per controversie del genere, la competenza del
giudice del luogo in cui viene esercitata l'attività lavorativa.
5. - La Corte del lavoro di Anversa dinanzi alla quale veniva
impugnata la sentenza del tribunale del lavoro, considerava che, a norma dell'art. 17 della convenzione di Bruxelles 27 settembre
1968, le parti del contratto di lavoro potevano attribuire la
competenza territoriale al Tribunale di Kleve, derogando con
una clausola contrattuale scritta alle norme del code judiciaire
belga in materia di competenza territoriale. Cionondimeno, la
corte del lavoro riteneva che la società tedesca non potesse in
vocare la clausola di proroga, in quanto il contratto di lavoro
avrebbe dovuto esser redatto in olandese in forza dell'art. 10 del
decreto che disciplina l'uso delle lingue nei rapporti fra i datori
di lavoro e i lavoratori, emanato il 19 luglio 1973 dal Consiglio culturale della Comunità culturale olandese (Moniteur belge, pag.
10089). La corte del lavoro considerava infatti che detto art. 10, che contempla la nullità di qualsiasi atto o documento non re
datto in olandese, si applica ai documenti redatti prima dell'en
trata in vigore del decreto. Di conseguenza, .il contratto di la
voro, redatto in tedesco, era nullo, e la clausola attributiva di
competenza che ne fa parte era invalida.
6. - Il ricorso in Cassazione proposto avverso la sentenza della
corte del lavoro della società belga veniva dichiarato irricevi
bile dalla Corte di cassazione del Belgio. Dato che il ricorso
in Cassazione proposto dalla società tedesca ha in particolare ad oggetto la validità della clausola di proroga di competenza alla luce dell'art. 17 della convenzione di Bruxelles, la Corte di
cassazione ha deciso di sottoporre alla Corte di giustizia tre
questioni. Sulla prima questione. ■— 7. - La prima questione è cosi
formulata:
« 1. a) Se l'art. 18 della convenzione 27 settembre 1968 con
cernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle deci
sioni in materia civile e commerciale si applichi qualora le parti abbiano designato di comune accordo il giudice competente, ai
sensi dell'art. 17.
b) Se la disciplina della competenza di cui all'art. 18 si appli chi qualora il convenuto non solo abbia sollevato l'eccezione
d'incompetenza, ma abbia inoltre svolto argomenti di merito.
c) In caso affermativo, se in tale ipotesi l'incompetenza debba
essere eccepita in limine litis».
8. - Gli art. 17 e 18 costituiscono la sezione 6 del titolo II
della convenzione, che riguarda la proroga di competenza; l'art.
17 concerne la proroga convenzionale, l'art. 18 la proroga taci
ta, che risulta-dalla comparizione del convenuto. La prima par te della question^ mira ad accertare quale sia il rapporto fra
queste due forme di proroga.
9. - L'art. 18 della convenzione stabilisce, nel primo inciso, la
norma secondo cui il giudice di uno Stato contraente davanti
al quale il convenuto è comparso è competente e dispone, nel
secondo inciso, che tale norma non si applica se la comparizione
avvenga solo per eccepire la incompetenza o se esista un altro
giudice esclusivamente competente ai sensi dell'art. 16 della con
venzione.
10. - Il caso contemplato dall'art. 17 non figura quindi fra le
eccezioni che l'art. 18 ammette alla regola ch'esso stabilisce.
D'altra parte, non sussistono motivi attinenti alla struttura ge nerale o agli scopi della convenzione per ritenere che alle parti
che abbiano stipulato una clausola attributiva di competenza ai
sensi dell'art. 17 sia impedito di sottoporre volontariamente la
loro controversia ad un giudice diverso da quello contemplato dalla suddetta clausola.
11. - Ne deriva che l'art. 18 della convenzione si applica anche
quando le parti abbiano designato di comune accordo il giudice
competente, ai sensi dell'art. 17.
12. - La seconda e la terza parte della questione contemplano
il caso in cui il convenuto sia comparso avanti un giudice ai sensi
dell'art. 18, ma ne eccepisca la incompetenza.
13. - La Corte di cassazione chiede in primo luogo se l'art. 18
si applichi qualora il convenuto concluda sia sulla competenza
del giudice adito sia sul merito della controversia.
14. - Invero, fra le varie versioni linguistiche dell'art. 18 della
convenzione esistono divergenze quanto al se il convenuto, per
negare la competenza del giudice adito, debba limitarsi ad ecce
pire l'incompetenza di questo, oppure, al contrario, possa perve
nire allo stesso risultato contestando sia la competenza del giu
dice adito sia la fondatezza della domanda attrice; tuttavia, que
st'ultima soluzione è più conforme agli scopi ed allo spirito della
convenzione. Infatti, a norma del diritto processuale civile di
taluni Stati contraenti il convenuto che si limita a sollevare il
problema della competenza potrebbe vedersi precludere la pos
sibilità di dedurre i mezzi attinenti al merito qualora il giudice
respingesse l'eccezione d'incompetenza. Una interpretazione del
l'art. 18 che consentisse di pervenire ad un risultato del genere
sarebbe incompatibile con la tutela dei diritti della difesa nel
procedimento di origine, che costituisce una delle finalità della
convenzione.
15. - Tuttavia, la contestazione della competenza può avere
l'effetto attribuitole dall'art. 18 solo se l'attore ed il giudice siano
messi in grado di capire, sin dal primo atto difensivo del conve
nuto, che tale atto è inteso a negare la competenza.
16. - La Corte di cassazione chiede, in proposito, se l'incompe
tenza debba essere eccepita in limine litis. Per l'interpretazione
della convenzione, quest'ultima nozione è di difficile applicazio
ne, date le notevoli differenze esistenti fra le leggi degli Stati
contraenti per quanto riguarda l'adizione del giudice, la compari
zione del convenuto, ed il modo in cui le parti della causa devono
formulare le loro conclusioni. Risulta, tuttavia, dallo scopo per
seguito dall'art. 18 che l'eccezione d'incompetenza, qualora non
preceda qualsiasi difesa nel merito, non può comunque esser po
steriore all'atto considerato, dal diritto procéssuale nazionale, co
me la prima difesa rivolta al giudice adito.
17. - La seconda e la terza parte della prima questione vanno
pertanto risolte come segue: l'art. 18 della convenzione va inter
pretato nel senso che la norma di competenza contenuta in detta
disposizione non si applica quando il convenuto non solo contesta
la competenza, ma conclude inoltre nel merito, purché l'eccezione
d'incompetenza, qualora non preceda qualsiasi difesa nel merito,
non sia posteriore all'atto considerato, dal diritto processuale
nazionale, come la prima difesa rivolta al giudice adito.
Sulla seconda questione. — 18. - La seconda questione è la
seguente: « 2. a) Se, in forza dell'art. 22 della convenzione, cause con
nesse che, promosse separatamente, avrebbero dovuto essere por
tate dinanzi a giudici di diversi Stati contraenti possano essere
contemporaneamente promosse dinanzi ad uno solo di tali giu
dici, qualora la sua legge nazionale consenta la riunione dei
procedimenti e detto giudice sia competente a conoscere delle
due domande. .
b) Se la soluzione affermativa valga anche qualora, per una
delle controversie da cui hanno avuto origine le domande con
siderate, le parti abbiano convenuto, ai sensi dell'art. 17 della
convenzione, che nella fattispecie è competente un giudice di
un altro Stato contraente».
19. - L'art. 22 della convenzione contempla l'ipotesi in cui
cause connesse siano promosse dinanzi a giudici di diversi Stati
contraenti. Esso non attribuisce competenza; in particolare, esso
non determina la competenza d'un giudice di uno Stato con
traente a statuire su una domanda connessa a un'altra domanda
dinanzi ad esso proposta a norma della convenzione.
20. - La seconda questione va quindi risolta nel senso che
l'art. 22 della convenzione si applica solo quando azioni con
nesse siano esperite dinanzi ai giudici di due o più Stati con
traenti.
Sulla terza questione. — 21. - L'ultima questione è cosi for
mulata:
« Se, in contrasto con l'art. 17 della convenzione, una clau
sola relativa alla competenza debba essere dichiarata nulla, qua
lora l'atto in cui essa è compresa non sia redatto nella lingua
prescritta, a pena di nullità, dalla legislazione di uno Stato
contraente e il giudice di tale Stato, dinanzi al quale sia fatta
valere detta clausola,, sia tenuto in forza della legislazione na
zionale a rilevare d'ufficio la nullità del documento ».
22. - Risulta da questa formulazione che la Corte di cassazio
ne ha limitato la sua questione alla validità d'una clausola di
proroga di competenza che, in base al diritto nazionale del giu
dice adito, sia nulla perché redatta in una lingua diversa da
quella prescritta dallo stesso diritto.
23. - L'art. 17 precisa che la clausola attributiva di competen
za deve avere la forma di un accordo scritto o di un accordo
verbale confermato per iscritto.
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 07:46:41 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE QUARTA
24. - Secondo la relazione sulla convenzione, presentata ai
governi degli Stati contraenti contemporaneamente al progetto della convenzione, tali requisiti di forma rispondono all'intento
di non porre ostacoli agli usi commerciali pur neutralizzando
gli effetti delle clausole che rischiano di passare inosservate nei
contratti, come le clausole che figurano sugli stampati che ser
vono per la corrispondenza o per le fatture, e che non siano
state accettate dalla parte cui sono opposte. Per questi motivi,
le clausole relative alla competenza vanno prese in considera
zione solo qualora costituiscano oggetto di un accordo, il che
presuppone il mutuo consenso delle parti, "inoltre, gli autori del
l'art. 17 hanno ritenuto che, per garantire la certezza del di
ritto, si dovessé prescrivere espressamente la forma delle clau
sole relative alla competenza.
25. - Pertanto, l'art. 17 stabilisce esso stesso, per garantire la
certezza del diritto ed assicurare il consenso delle parti, i re
quisiti di forma che le clausole attributive di competenza de
vono possedere.
26. - Gli Stati contraenti non hanno quindi la facoltà di pre scrivere requisiti di forma diversi da quelli stabiliti dalla con
venzione. Ciò è confermato dal fatto che l'art. 1, Y comma, del
protocollo allegato alla convenzione contempla espressamente par ticolari requisiti di forma per quanto riguarda le persone domi
ciliate nel Lussemburgo.
27. - Per quel che concerne la lingua da usare nella clausola
attributiva di competenza, tale disciplina implica che una nor
mativa di uno Stato contraente non può ostare alla validità di
una clausola del genere per il solo motivo che la lingua usata
non è quella prescritta da detta normativa.
28. - Una diversa interpretazione comprometterebbe d'altra
parte, la realizzazione dello scopo dell'art. 17 della convenzione
che è inteso, per l'appunto, a consentire la scelta, di comune
accordo, di un giudice di uno Stato contraente che, senza que sta scelta, non sarebbe di regola competente. Il rispetto di que sta scelta si impone, quindi, ai giudici di tutti gli Stati con
traenti.
29. - Di conseguenza, la terza questione dev'essere risolta co
me segue: l'art. 17 della convenzione va .interpretato nel senso
che una normativa di uno Stato contraente non può ostare alla
validità di una clausola attributiva di competenza per il solo
motivo che la lingua usata non è quella prescritta dalla norma
tiva stessa. (Omissis) Per questi motivi, pronunziandosi sulle questioni sottoposte
le dalla Corte di cassazione del Belgio con sentenza 9 giugno 1980, dichiara:
1. L'art. 18 della convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale si applica anche quando le parti abbiano designato di comune accordo il giudice competente, ai sensi dell'art. 17 della stessa convenzione.
2. L'art. 18 della convenzione 27 settembre 1968 va interpre tato nel senso che la norma di competenza contenuta in detta
disposizione non si applica quando il convenuto non solo con testa la competenza, ma conclude inoltre nel merito, purché l'eccezione d'incompetenza, qualora non preceda qualsiasi di fesa nel merito, non sia posteriore all'atto considerato, dal di ritto processuale nazionale, come la prima difesa rivolta al giu dice adito.
3. L'art. 22 della convenzione 27 settembre 1968 si applica solo quando, azioni connesse siano esperite dinanzi ai giudici di due o più Stati contraenti.
4. L'art. 17 della convenzione 27 settembre 1968 va interpre tato nel senso che una normativa di uno Stato contraente non
può ostare alla validità di una clausola attributiva di compe tenza per il solo motivo che la lingua usata non è quella pre scritta dalla normativa stessa.
Ili
Diritto. — 1. - Con sentenza 8 luglio 1980, pervenuta alla corte il 15 luglio 1980, lo Hoge Raad dei Paesi Bassi, a norma del pro tocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della convenzione 27 settembre 1968, concer nente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, ha sollevato cinque questioni pre giudiziali, di cui le prime quattro riguardano l'interpretazione del l'art. 27 punto 2° di detta convenzione, mentre la quinta si riferi sce all'art. 52.
2. - Dette questioni sono state sollevate nell'ambito di un ricorso
in Cassazione diretto contro una sentenza dell'Arrondissements
rechtbank (tribunale) di Roermond in data 20 settembre 1979,
che respingeva l'opposizione ad un'ordinanza del 27 giugno 1978
con cui il presidente di detto tribunale dichiarava esecutive nei
Paesi Bassi, in forza della convenzione, un'ingiunzione di pa
gamento e il provvedimento che ne autorizzava l'esecuzione, ema
nati da giudici tedeschi nell'ambito di un procedimento ingiuntivo.
3. - Il decreto ingiuntivo (Zahlungsbefehl) non veniva notifi
cato al convenuto in persona, ma, in sua assenza, veniva depo sitato presso l'ufficio postale e notizia del deposito veniva data
per posta all'indirizzo nella Repubblica federale di Germania in
dicato dall'attore, il che, secondo le norme tedesche, valeva come
notificazione a tale indirizzo. Secondo le norme in vigore a quel
l'epoca, il convenuto disponeva, per fare opposizione (Wider
spruch), di un termine non inferiore a tre giorni, ma che era~pro
rogato fino al momento in cui non fosse stato emesso il provvedi mento che autorizzava l'esecuzione (Vollstreckungsbefehl). Nel
caso in esame il termine era di sei giorni. Dopo la notifica del
Vollstreckungsbefehl, effettuata nello stesso modo, il convenuto
aveva a sua disposizione un secondo termine di una settimana per fare formalmente opposizione. Ciò non di meno, egli lasciava tra
scorrere quattro mesi prima di fare opposizione sostenendo che, al momento del procedimento ingiuntivo, il suo domicilio era nei
Paesi Bassi. L'opposizione veniva respinta per scadenza del ter
mine, dopo un procedimento contraddittorio durante il quale il
giudice tedesco esaminava la questione del domicilio, onde ac
certare la regolarità della notifica, e concludeva che l'interessato, secondo il diritto tedesco, era domiciliato all'indirizzo al quale erano state effettuate le notifiche.
4. - Dal fascicolo si desume del pari che, secondo le norme tede
sche, l'opposizione al decreto ingiuntivo poteva essere fatta in
qualsiasi forma, senza motivazione, e anche per interposta perso na, senza che l'agente fosse tenuto a provare di aver ricevuto un
regolare mandato. Tanto l'opposizione formale all'autorizzazione
dell'esecuzione, quanto l'opposizione al decreto ingiuntivo ave
vano l'effetto di trasformare il procedimento ingiuntivo in un
procedimento ordinario, ma il provvedimento che autorizzava
l'esecuzione rimaneva provvisoriamente esecutivo, malgrado l'op
posizione, ed equivaleva quindi ad una sentenza in contumacia.
5. - Dinanzi ai giudici olandesi il convenuto, che è il ricorrente
in Cassazione, sosteneva che il riconoscimento e, quindi, l'esecu
zione nei Paesi Bassi dei provvedimenti adottati nei suoi con
fronti dai giudici tedeschi erano in contrasto con l'art. 27 punto 2° della convenzione, il quale dispone:
« Le decisioni non sono riconosciute:
2° - se la domanda giudiziale . . . non è stata notificata o comu nicala al convenuto contumace regolarmente ed in tempo utile
perché questi possa presentare le proprie difese; .... »
6. - Sono queste le circostanze in cui lo Hoge Raad ha deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla corte di risol vere le seguenti questioni:
1. Se lo « Zahlungsbefehl » e, rispettivamente, il « Vollstreckungs befehl » emessi in conformità alla legislazione tedesca vigente nel 1976 debbano considerarsi come « domanda giudiziale » ai sensi
dell'art. 27, prima parte e punto 2°, della convenzione CEE sul
l'esecuzione.
2. Qualora si debba ritenere che in un caso come la fattispe cie lo « Zahlungsbefehl » costituisca la domanda giudiziale ai
sensi'dell'art. 27, prima parte e punto 2°, se, per quanto concer
ne la questione se la notifica della domanda al convenuto sia
stata effettuata in tempo utile perché questi possa presentare le
proprie difese, si debba tener conto solo del termine fissato per fa
re opposizione (« Widerspruch ») allo « Zahlungsbefehl » oppure si debba prendere in considerazione anche il fatto che il conve
nuto, trascorso detto termine, dispone ancora di un termine per fare opposizione (« Einspruch ») al «Vollstreckungsbefehl».
3. Se l'art. 27, prima parte e punto 2°, debba applicarsi qualo ra il convenuto abbia fatto opposizione alla decisióne contuma
ciale nello Stato del giudice che ha emesso la decisione di cui
si chiede il riconoscimento o l'esecuzione (primo giudice) e que sti abbia dichiarato l'opposizione irricevibile per scadenza del
termine.
4. Qualora il primo giudice abbia stabilito che il convenuto, al
momento della notifica della domanda giudiziale, era domiciliato
nello Stato dello stesso giudice, cosicché la notifica sotto questo
aspetto è stata effettuata regolarmente, se l'art. 27, prima parte e
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 07:46:41 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
punto 2°, esiga che venga effettuata un'indagine particolare per stabilire se la notifica sia avvenuta in tempo utile perché il con
venuto potesse presentare le sue difese. In caso affermativo, se
detta indagine debba limitarsi alla questione se l'atto sia giunto
tempestivamente al domicilio del convenuto, oppure si debba
inoltre accertare, ad esempio, se la notifica a tale domicilio of
frisse sufficienti garanzie che l'atto pervenisse al convenuto per sonalmente e tempestivamente.
5. Se, in relazione all'art. 52, per quanto riguarda la questione sub 4, abbia rilevanza il fatto che il giudice dello Stato in cui è
stato chiesto il riconoscimento o l'esecuzione stabilisca che il con
venuto, in base al diritto di detto Stato, era quivi domiciliato al
momento della notifica della domanda giudiziale.
7. - Prima di risolvere le questioni va ricordato che la conven
zione di Bruxelles contiene, nel titolo II, delle disposizioni le
quali disciplinano, in modo diretto e particolareggiato, la compe tenza dei giudici dello Stato di origine, nonché delle disposizioni circa la verifica di tale competenza e della ricevibilità. Queste di
sposizioni, che sono vincolanti per il giudice di origine, sono atte
a salvaguardare gli interessi dei convenuti. Questa circostanza ha
consentito, allo stadio del riconoscimento e dell'esecuzione, che
è disciplinato nel titolo III della convenzione, di facilitare la li
bera circolazione delle sentenze nell'ambito della Comunità, me
diante la semplificazione del procedimento di exequatur nonché la
riduzione del numero dei motivi che possono ostare al riconosci
mento ed all'esecuzione delle sentenze stesse. Fra questi motivi
va annoverato quello di cui all'art. 27 punto 2° il quale, al solo
scopo di tutelare i diritti della difesa, contempla il rifiuto del
riconoscimento e, a norma dell'art. 34, il rifiuto dell'esecuzione,
nel caso eccezionale in cui le garanzie offerte dalla normativa
dello Stato di origine e dalla stessa convenzione non siano suf
ficienti per dare al convenuto la possibilità di difendersi dinanzi
al giudice di origine. La disposizione invocata dal ricorrente in
Cassazione nella causa principale va interpretata alla luce di que ste considerazioni.
8. - Sulle due prime questioni. - Con la prima questione lo
Hoge Raad chiede se, in un sistema come quello che era in vi
gore nella Repubblica federale di Germania nel 1976 e secondo
il quale la notifica al convenuto dell'ingiunzione di pagamento consente all'attore — qualora il convenuto non faccia opposi zione entro il termine prescritto — di ottenere un provvedimento
che rimane provvisoriamente esecutivo, anche dopo che sia stata
fatta opposizione, ma secondo il quale tanto l'opposizione alla
esecuzione quanto l'opposizione al decreto ingiuntivo trasformano
il procedimento in un procedimento ordinario, la nozione di « do
manda giudiziale » riguardi il decreto ingiuntivo (Zahlungsbefehl) o il provvedimento che autorizza l'esecuzione (Vollstreckungs
befehl).
9. - Come detto sopra, l'art. 27 punto 2° ha lo scopo di ga rantire che un provvedimento non sia riconosciuto né eseguito a
norma della convenzione, qualora il convenuto non abbia avuto
la possibilità di difendersi dinanzi al giudice di origine. Ne con
segue che un atto, quale il decreto (Zahlungsbefehl) del diritto
tedesco, la cui notifica al convenuto consente all'attore, qualora non sia stata fatta opposizione, di ottenere un provvedimento esecutivo a norma della convenzione, va notificato regolarmente ed in tempo utile perché il convenuto possa presentare le proprie difese e, quindi, che tale atto si deve ritenere compreso nella no
zione di « domanda giudiziale » di cui all'art. 27 punto 2°. Vi
ceversa, un provvedimento come l'autorizzazione dell'esecuzione
(Vollstreckungsbefehl) del diritto tedesco, che sia emesso in se
guito alla notifica del decreto ingiuntivo e che sia, di per sé, esecutivo a norma della convenzione, non rientra in detta no
zione, nemmeno se l'opposizione contro di esso proposta trasfor
ma il procedimento, esattamente come l'opposizione al decreto
ingiuntivo, in un procedimento ordinario.
10. - Per quanto riguarda la seconda questione, le stesse consi
derazioni mostrano che, per accertare se il convenuto abbia po tuto presentare le proprie difese ai sensi dell'art. 27 punto 2°, il
giudice richiesto deve unicamente tener conto del termine, come
quello per fare opposizione (Widerspruch) al decreto ingiuntivo nel diritto tedesco, di cui il convenuto dispone per evitare che
venga pronunziato in contumacia un provvedimento esecutivo
secondo la convenzione.
11. - Le due questioni vanno quindi risolte dichiarando che
l'art. 27 punto 2° va interpretato nel senso: — che la nozione di « domanda giudiziale » comprende l'atto,
come il decreto ingiuntivo (Zahlungsbefehl) del diritto tedesco,
la cui notifica consente all'attore, secondo il diritto del giudice
Il Foro Italiano — 1982 — Parte IV-18.
di origine, di ottenere, in caso di contumacia del convenuto, un
provvedimento atto ad essere riconosciuto ed eseguito secondo le
disposizioni della convenzione; — che un provvedimento, come l'autorizzazione dell'esecuzione
(Vollstreckungsbefehl) del diritto tedesco, emesso in eseguito alla
notifica del decreto ingiuntivo e che sia esecutivo a norma della
convenzione, non rientra nella nozione di « domanda giudi ziale » e
— che, per accertare se il convenuto abbia potuto presentare le proprie difese ai sensi dell'art. 27 punto 2°, il giudice richiesto
deve unicamente tener conto del termine, come quello per fare
opposizione (Widerspruch) al decreto ingiuntivo del diritto te
desco, di cui il convenuto dispone per evitare che sia pronun ziato in contumacia un provvedimento esecutivo secondo la con
venzione.
Sulla terza questione. — 12. - La questione riguarda in sostanza
la competenza rispettiva dei giudici dello Stato di origine e del
giudice di un altro Stato contraente, dinanzi al quale penda una
lite relativa al riconoscimento o all'esecuzione di un provvedi mento emesso nel primo Stato. In proposito va rilevato che l'art.
27 punto 2° non si rivolge ai giudici dello Stato di origine, ma
solo al giudice dinanzi al quale è stato promosso il procedimento di riconoscimento o di esecuzione di un altro Stato contraente.
Nel caso cui si riferisce la questione, il convenuto non si è di
feso nel merito dinanzi al giudice di origine. La dichiarazione di
irricevibilità dell'opposizione significa che il provvedimento pro
nunziato in contumacia rimane intatto. Per questo motivo, lo sco
po dell'art. 27 punto 2° esige che, nel caso cui la questione si ri
ferisce, il giudice richiesto proceda all'accertamento prescritto da
detta disposizione.
13. - La terza questione va quindi risolta nel senso che 4'art.
27 punto 2° va del pari applicato qualora il convenuto abbia
fatto opposizione al provvedimento emesso in contumacia e un
giudice dello Stato di origine abbia dichiarato l'opposizione irri
cevibile per scadenza del termine.
Sulla quarta questione. — 14. - Con tale questione lo Hoge
Raad chiede in primo luogo se, qualora un giudice dello Stato
di origine abbia già accertato la regolarità della notifica, il giu
dice richiesto dell'altro Stato contraente debba ancora accertare se
detta notifica sia stata effettuata in tempo utile perché il conve
nuto abbia potuto presentare le proprie difese.
15. - Per risolvere questa prima parte della questione si deve
osservare anzitutto che l'art. 27 punto 2° pone due condizioni, di
cui l'una, riguardante la regolarità della notifica, implica una de
cisione basata sulla normativa dello Stato di origine e sulle con
venzioni che lo vincolano in fatto di notifica e di comunicazio
ne, mentre l'altra, riguardante il necessario perché il convenuto
possa presentare le proprie difese, implica valutazioni di fatto.
11 provvedimento riguardante la prima di queste condizioni, emes
so nello Stato di origine, non può quindi dispensare il giudice ri
chiesto dall'obbligo di procedere all'esame della seconda condi
zione, nemmeno se detto provvedimento è stato emesso in se
guito ad un distinto procedimento contraddittorio.
16. - Questa parte della questione va quindi risolta nel senso
che, anche quando un giudice dello Stato di origine ha deciso,
in esito ad un procedimento contraddittorio separato, che la
notifica o comunicazione era regolare, l'art. 27 punto 2° esige che
il giudice richiesto esamini, ciò non di meno, la questione se tale
notifica o comunicazione sia stata effettuata in tempo utile per
ché il convenuto abbia potuto presentare le proprie difese.
17. - Per il caso di soluzione affermativa della prima parte
della questione, lo Hoge Raad chiede inoltre se l'esame di cui
trattasi debba limitarsi ad accertare se l'atto sia giunto al domicilio
del convenuto in tempo utile, ovvero occorra inoltre, ad esempio,
che la notifica di cui trattasi offra un'adeguata garanzia che l'atto
sia pervenuto in tempo utile al convenuto in persona.
18. - La seconda condizione dell'art. 27 punto 2° tende a ga
rantire al convenuto un termine adeguato per preparare le pro
prie difese o fare quanto occorre per evitare una pronunzia in
contumacia. La questione sollevata non riguarda la durata di que
sto termine, ma piuttosto il dies a quo. Lo Hoge Raad chiede in
fatti se il giudice richiesto debba partire dal principio che il con
venuto può preparare le sue difese dal momento in cui la do
manda giudiziale è pervenuta al suo domicilio.
19. - In proposito va detto anzitutto che l'art. 27 punto 2° non
esige la prova che il convenuto abbia effettivamente avuto co
noscenza della domanda giudiziale. Dato il carattere eccezio
nale dei motivi di rifiuto e tenuto conto del fatto che le norme
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 07:46:41 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE QUARTA
degli Stati contraenti relative alla notifica ed alla comunicazione
degli atti giudiziari, al pari delle convenzioni internazionali in
materia, hanno pure lo scopo di salvaguardare gli interessi dei
convenuti, il giudice richiesto può in generale ritenere che, in esito alla notifica o comunicazione regolare, il convenuto possa cominciare ad agire per la difesa dei propri interessi dal momento
in cui l'atto è stato notificato o comunicato, al suo domicilio
o altrove. In via generale il giudice richiesto può quindi limi tarsi ad accertare se il termine che decorre dalla data in cui la
notifica o comunicazione è stata regolarmente effettuata abbia la
sciato al convenuto abbastanza tempo per presentare le proprie difese. Ciò non di meno egli deve accertare se, nel caso concreto, sussistono circostanze eccezionali che portino a concludere che
la notifica o comunicazione, benché regolare, non è stata tutta
via sufficiente per mettere il convenuto in grado di cominciare
a difendersi, né, quindi, per far decorrere il termine prescritto dall'art. 27 punto 2°.
20. - A tale scopo il giudice richiesto può tener conto di tutte
le circostanze concrete, ivi compreso il modo di notifica o di co
municazione usato, dei rapporti fra l'attore e il convenuto, o del
carattere dell'azione che si è dovuta intraprendere per evitare la
pronunzia in contumacia. Se ad esempio la lite verte su relazioni
commerciali, e se la domanda giudiziale è stata notificata o co
municata ad un indirizzo al quale il convenuto esercita attività
del genere, la semplice assenza del convenuto al momento della
notifica non dovrebbe normalmente metterlo nell'impossibilità di
difendersi, soprattutto se l'azione necessaria per evitare la pro nunzia in contumacia può essere condotta in qualsiasi forma, anche per interposta persona.
21. - Questa parte della quarta questione va quindi risolta nel
senso che il giudice richiesto, in via generale, può limitarsi ad
accertare se il termine, a partire dalla data in cui la notifica o
comunicazione è stata regolarmente effettuata, abbia lasciato al
convenuto abbastanza tempo per difendersi; tuttavia egli deve
accertare se, nel caso concreto, sussistano circostanze eccezionali
tali che la notifica o comunicazione, benché regolare, non sia sta
ta tuttavia sufficiente per far decorrere detto termine.
Sulla quinta questione. — 22. - La questione riguarda l'art. 52
della convenzione, i cui comma che qui ci interessano dispongono: « Per determinare se una parte ha il domicilio sul territorio
dello Stato contraente in cui è pendente il procedimento, il giu dice applica la legge interna.
Qualora una parte non sia domiciliata nello Stato i cui giudici sono adi'ti, il giudice, per stabilire se essa ha un domicilio in un
altro Stato contraente, applica la legge di tale Stato ... ».
23. - Questo articolo precisa il diritto da applicarsi qualora, secondo le altre disposizioni della convenzione, e in particolare
quelle riguardanti la competenza, si debba determinare il domi
cilio (o uno dei domicili) di una parte. Nell'ambito dell'art. 27
punto 2° il domicilio del convenuto può essere decisivo ai fini della regolarità della notifica o comunicazione, ma tale questio ne va comunque risolta a norma del diritto interno dello Stato di origine e delle afferenti convenzioni. La questione se la no tifica sia stata effettuata tempestivamente implica, come detto so
pra, valutazioni di fatto, per le quali la nozione di domicilio è irrilevante.
24. - La quinta questione va quindi risolta nel senso che l'art. 52 della convenzione e il fatto che il giudice dello Stato richiesto
giunga alla conclusione che, secondo il diritto di questo Stato, il convenuto era domiciliato nel territorio di questo alla data della notifica o comunicazione della domanda giudiziale, non in fluiscono sulle soluzioni di cui sopra. (Omissis)
Per questi motivi, statuendo sulle questioni sottopostele dallo
Hoge Raad dei Paesi Bassi, con sentenza 8 luglio 1980, dichiara: L'art. 27 punto 2° della convenzione di Bruxelles 27 settembre
1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, va interpretato come segue:
1) La nozione di « domanda giudiziale » comprende l'atto, co me il decreto ingiuntivo (Zahlungsbefehl) del diritto tedesco, la cui notifica consente all'attore, secondo il diritto del giudice di
origine, di ottenere, in caso di contumacia del convenuto, un
provvedimento atto ad essere riconosciuto ed eseguito secondo le disposizioni della convenzione.
2) Un provvedimento, come l'autorizzazione dell'esecuzione
(Vollstreckungsbefehl) del diritto tedesco, emesso in seguito al la notifica del decreto ingiuntivo e che sia esecutivo a norma della convenzione, non rientra nella nozione di « domanda giu diziale ».
3) Per accertare se il convenuto abbia potuto presentare le
proprie difese ai sensi dell'art. 27 punto 2°, il giudice richiesto
deve unicamente tener conto del termine, come quello per fare
opposizione (Widerspruch) al decreto ingiuntivo nel diritto tede
sco, di cui il convenuto dispone per evitare che sia pronunziato in contumacia un provvedimento esecutivo secondo la conven
zione. ! rV
4) L'art. 27 punto 2° va del pari applicato qualora il conve
nuto abbia fatto opposizione al provvedimento emesso in contu
macia e un giudice dello Stato di origine abbia dichiarato l'oppo sizione irricevibile per scadenza del termine.
5) Anche quando un giudice dello Stato di origine ha deciso, in esito ad un procedimento contraddittorio separato, che la no
tifica o comunicazione era regolare, l'art. 27 punto 2° esige che
il giudice richiesto esamini, ciò non di meno, la questione se tale
notifica o comunicazione sia stata effettuata in tempo utile perché il convenuto abbia potuto presentare le proprie difese.
6) 11 giudice richiesto, in via generaie, può limitarsi ad accer
tare se il termine, a partire dalla data in cui la notifica o comu
nicazione è stata regolarmente effettuata, abbia lasciato al con
venuto abbastanza tempo per difendersi; tuttavia egli deve ac
certare se, nel caso concreto, sussistano circostanze eccezionali
tali che la notifica o comunicazione, benché regolare, non sia
stata tuttavia sufficiente per far decorrere detto termine.
7) L'art. 52 della convenzione e il fatto che il giudice dello
Stato richiesto giunga alla conclusione che, secondo il diritto di
questo Stato, il convenuto era domiciliato nel territorio di que sto alla data della notifica o comunicazione della domanda giudi
ziale, non influiscono sulle soluzioni di cui sopra.
IV
Diritto. — 1. - Con sentenza 17 giugno 1980, pervenuta alla
corte il 3 luglio 1980, lo Hoge Raad dei Paesi Bassi ha solle
vato, a norma del protocollo 3 giugno 1971 relativo all'interpre
tazione da parte della Corte di giustizia della convenzione 27
settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'ese
cuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in pro
sieguo: la convenzione), due questioni pregiudiziali relative al
l'interpretazione dell'art. II del protocollo allegato alla conven
zione (in prosieguo: il protocollo).
2. - Citato dinanzi al giudice di polizia dell'Arrondissements
rechtbank (Tribunale) di Zutphen (Paesi Bassi) per aver circo
lato nei Paesi Bassi con un veicolo munito di un impianto ra
dioelettrico trasmittente senza essere in possesso della prescritta
autorizzazione, il sig. S. Rinkau, domiciliato nella Repubblica federale di Germania, non compariva all'udienza. Il suo avvo
cato chiedeva di essere autorizzato a difenderlo. Il giudice di
polizia, su parere contrario del pubblico ministero, riteneva che
si dovesse far fruire l'imputato del diritto di cui all'art. II, 1°
comma, del protocollo e autorizzava l'avvocato alla difesa. Il
Rinkau veniva condannato in contumacia all'ammenda o, in
subordine, a un giorno di arresto in caso di mancato pagamen to, nonché alla confisca dell'impianto radioelettrico.
3. - Su appello del pubblico ministero, il Gerechtshof (Corte
d'appello) di Arnhem affermava, con sentenza interlocutoria 28
agosto 1979, che l'art. II del protocollo si applicava a tutte le
cause penali relative a reati involontari, ma che il reato di cui
trattasi non era involontario. Essa decideva quindi di non auto
rizzare l'avvocato dell'imputato a difenderlo in sua assenza e
confermava, nel merito, I'll settembre 1979, la sentenza di pri mo grado.
4. - Il Rinkau ricorreva in Cassazione contro queste due sen tenze. Egli invocava la violazione dell'art. II del protocollo. Prima di procedere oltre, lo Hoge Raad ha deciso di sotto
porre alla corte le seguenti questioni interpretative: «1. Se per 'infrazione non volontaria', ai sensi dell'art. II,
1° comma, del suddetto protocollo, debba intendersi qualsiasi reato per la cui sussistenza non sia richiesta, secondo la defini zione datane dalla legge, alcuna determinata intenzione rivolta a determinati elementi costitutivi dello stesso ovvero detta espres sione vada intesa in senso restrittivo, e cioè come riferentesi unicamente a reati nella cui definizione abbia in qualche modo rilevanza la colpa (culpa) dell'autore degli stessi.
2. Se, qualora siano soddisfatte le condizioni stabilite dall'art. II del suddetto protocollo, la facoltà attribuita all''imputato
'
da questo articolo valga illimitatamente ovvero spetti all'impu tato solo in quanto questi debba difendersi contro un'azione
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 07:46:41 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
civile promossa nell'ambito del processo penale <a suo carico,
o almeno nel caso in cui la decisione in sede penale influisca
sugli interessi civili dell'imputato». Considerazioni generali. — 5. - A norma dell'art. 65 della
convenzione, il protocollo fa parte integrante di questa. Il cam
po d'applicazione di detta convenzione, definito all'art. 1, è li
mitato alle materie civili e commerciali. Ci si deve quindi chie
dere, in primo luogo, quale sia la ragione dell'inserimento dn
una convenzione in materia civile e commerciale di una norma
di procedura penale, del genere dell'art. II del protocollo a
norma del quale: « Salvo disposizioni nazionali più favorevoli, le persone do
miciliate in uno Stato contraente cui venga contestata un'infra
zione non volontaria davanti alle giurisdizioni penali di un altro
Stato contraente di cui non sono cittadini possono, anche se
non compaiono personalmente, farsi difendere dalle persone a
tal fine abilitate.
Tuttavia, la giurisdizione adita può ordinare la comparizione
personale; se la comparizione non ha luogo, la decisione resa
nell'azione civile senza che la persona in causa abbia avuto la
possibilità di farsi difendere potrà non essere riconosciuta né
eseguita negli altri Stati contraenti».
6. - Nella relazione sottoposta ai governi contemporaneamente al progetto di convenzione (G. U. 1979, C 59, pag. 1), questa estensione al campo penale viene giustificata con le conseguen ze in materia civile o commerciale che possono derivare dalla
sentenza di un giudice penale, conseguenze le quali rientrano
nel campo d'applicazione della convenzione.
7. - Il 1° comma dell'art. II del protocollo non è che la trasposi zione nella convenzione dell'art. II del protocollo allegato al trattato
fra il Belgio, i Paesi Bassi e il Lussemburgo sulla competenza
giurisdizionale, sul fallimento, sull'autorità e sull'esecuzione del
le decisioni giudiziarie, dei lodi arbitrali e degli atti pubblici. Questa disposizione stabilisce infatti che:
« Salve restando le disposizioni nazionali più favorevoli, i cit
tadini di uno dei tre paesi, domiciliati nel paese rispettivo, pos sono stare in giudizio dinanzi ai giudici dei due altri paesi per mezzo di un procuratore speciale qualora siano imputati di un
reato non doloso ».
Nella relazione, la commissione incaricata di elaborare il pro
getto di trattato Benelux dichiara che era a suo parere « essen
ziale » che l'imputato «potesse difendersi già in sede penale», senza dover comparire personalmente.
8. - La stessa giustificazione si trova nella relazione relativa
alla convenzione di Bruxelles per quanto riguarda l'art. II del
protocollo allegato alla convenzione stessa. Questa attribuisce
cionondimeno il diritto solo agli imputati di una « infrazione
non volontaria». Questo concetto non è altrimenti definito né
precisato nella convenzione. Detta relazione rileva tuttavia che
tale nozione « si riferisce agli incidenti stradali » i quali figu rano quindi come un campo d'applicazione particolarmente im
portante dell'art. II del protocollo.
9. - Occorre osservare ancora che il diritto, attribuito all'im
putato, di farsi difendere senza comparire lascia intatto, come
dichiara espressamente la disposizione di cui trattasi, il potere del giudice di ordinare la comparizione personale. Se, malgrado tale ordine, l'imputato non compare, il giudice può pronunziare la sentenza senza autorizzare l'avvocato dell'imputato a difen
derlo. La conseguenza di questa mancata difesa sarà che, a
norma del 2° comma dell'art. II del protocollo, la pronunzia sull'azione civile potrà non essere riconosciuta né eseguita negli altri Stati contraenti.
10. - Le questioni formulate dallo Hoge Raad dei Paesi Bassi
vanno risolte alla luce di queste varie considerazioni.
Sulla nozione di «infrazione non volontaria». — 11. - An
che se la nozione d'infrazione non volontaria non è stata defi
nita nell'ambito della convenzione, occorre tuttavia, onde ga rantire nei limiti del possibile l'uguaglianza e l'uniformità dei
diritti e degli obblighi che derivano dalla convenzione per gli Stati contraenti e per gli interessati, considerarla come una no
zione autonoma che va precisata richiamandosi anzitutto agli
scopi ed alla struttura della convenzione e, in secondo luogo, ai principi generali del complesso degli ordinamenti giuridici nazionali. Ciò è tanto più necessario qualora, come nel presente
caso, vi siano differenze terminologiche fra le versioni lingui stiche della convenzione.
12. - È già stato ricordato, per quanto riguarda gli scopi per
seguiti dalla convenzione, l'intento di riferirsi, mediante la no
zione d'infrazione non volontaria, ai reati che provocano infor
tuni stradali. A questo dato si aggiunge, su un piano più ge
nerale, il fatto che, col limitare il diritto di farsi difendere at
tribuito agli autori di determinati reati, la convenzione si pro
pone manifestamente di escludere dalla possibilità di farsi di
fendere senza comparire personalmente le persone imputate di
reati gravi.
13. - È quindi necessario accertare se vi sia nel complesso dei
diritti nazionali degli Stati contraenti un criterio di classifica
zione che consenta di distinguere i reati (infrazioni) a seconda
della loro gravità e la cui applicazione si risolve in particolare nel classificare nella categoria dei reati meno gravi, se non la
totalità, quantomeno la maggior parte dei reati che provocano incidenti stradali.
14. - I diritti nazionali della maggior parte degli Stati con
traenti conoscono, sotto forme diverse, la distinzione fra reato
intenzionale e reato non intenzionale. Questa distinzione, an
che se si risolve nell'elaborazione di categorie di reati il cui
contenuto può variare sostanzialmente da un ordinamento giu ridico all'altro, consente tuttavia di raggiungere gli scopi so
praindicati.
15. - Mentre infatti i reati detti intenzionali presuppongono,
per essere punibili, l'intenzione dell'autore di commettere l'at
to vietato, i reati non intenzionali possono esser dovuti ad im
prudenza, a negligenza, o alla semplice trasgressione obiettiva
di una norma giuridica. Ne consegue che, anzitutto, per la loro
stessa natura i reati non intenzionali sono, in generale, meno
gravi e, in secondo luogo, comprendono la maggior parte dei
reati che provocano incidenti stradali, reati dovuti nella mag
gior parte dei casi da imprudenza, a negligenza, o alla trasgres sione puramente materiale di una norma giuridica.
16. - La prima questione dello Hoge Raad va quindi risolta
nel senso che, per « infrazione non volontaria » ai sensi del
l'art. II del protocollo allegato alla convenzione 27 settembre
1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione
delle decisioni in materia civile e commerciale, si deve inten
dere qualsiasi reato la cui definizione legale non richiede, espres samente o data la natura stessa del reato che essa definisce, l'in tenzione dell'imputato di commettere l'azione o l'omissione pe nalmente punita.
Sulla seconda questione. — 17. - Nella seconda questione lo
Hoge Raad chiede se il diritto attribuito all'imputato dall'art. II del protocollo si applichi in tutte le cause penali, in quelle che
riguardano gli interessi civili dell'imputato o unicamente in quel le in cui il giudice penale deve del pari statuire sull'azione
civile.
18. - Nelle sue osservazioni il governo olandese rileva che il
campo d'applicazione della convenzione è limitato alle materie
civili e commerciali. A suo parere, l'art. II del protocollo —
come si desume dal suo 2° comma — va interpretato tenendo
conto di questi limiti. Esso ne conclude che il diritto attribuito
all'imputato nel 1° comma si applica solo quando il giudice pe nale si pronunzia al tempo stesso sull'azione civile.
19. - La commissione non contesta che lo scopo dell'art. II
del protocollo sia quello di porre una norma di procedura pe nale per i casi in cui la causa penale possa avere conseguenze
per gli interessi civili dell'imputato. Dato che tuttavia una nor
ma di procedura penale favorevole all'imputato va interpretata estensivamente e tenuto conto delle difficoltà a suo parere insite
nel valutare se una causa penale possa o meno riguardare gli in
teressi civili dell'imputato, la commissione sostiene che il diritto
attribuito all'imputato dall'art. II del protocollo sussiste in tutte
le cause penali.
20. - Benché il 1° comma dell'art. II del protocollo non sta
bilisca espressamente che il diritto attribuito all'imputato sussi
ste unicamente nelle cause penali in cui la responsabilità civile
dell'imputato, derivante dai fatti costitutivi del reato per il quale viene processato, è stata fatta valere o può esserlo in seguito, non
si può cionondimeno ignorare che questo è lo scopo dell'inseri mento nel protocollo della disposizione di cui trattasi. Questo
scopo osta a che il diritto di difendersi senza comparire sia este
so alle cause penali in cui l'imputato non è esposto ad un'azione
civile nel modo sopraindicato.
21. - La seconda questione delle Hoge Raad va quindi ri
solta nel senso che il diritto di farsi difendere senza comparire, attribuito all'imputato dall'art. II del protocollo allegato alla con
venzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdi zionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e com
merciale, sussiste in tutte le cause penali relative ad un reato
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 07:46:41 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE QUARTA
involontario purché la responsabilità civile dell'imputato, deri
vante dai fatti costitutivi del reato per il quale egli è processato, sia stata fatta valere o possa esserlo in seguito. (Omissis)
Per questi motivi, pronunziandosi sulle questioni sottopostele dallo Hoge Raad con sentenza 17 giugno 1980, dichiara:
1. Per infrazione non volontaria ai sensi dell'art. II del proto
collo allegato alla convenzione 27 settembre 1968, concernente la
competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in mate
ria civile e commerciale, si deve intendere qualsiasi reato la cui
definizione legale non richiede, espressamente o data la natura
stessa del reato che essa definisce, l'intenzione dell'imputato di
commettere l'azione o l'omissione penalmente punita. 2. Il diritto di farsi difendere senza comparire, attribuito al
l'imputato dall'art. II del protocollo allegato alla convenzione 27
settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'ese
cuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, sussiste
in tutte le cause penali relative ad un reato involontario purché
la responsabilità civile dell'imputato, derivante dai fatti costituti
vi del reato per il quale egli è processato, sia stata fatta valere
o possa esserlo in seguito.
I
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se
zione II; sentenza 26 marzo 1981 (in causa 114/80); Pres.
Pescatore, Avv. gen. Reischl (conci, conf.); Ritter GmbH
& Co. c. Oberfinanzdirektion di Amburgo.
Comunità europee — CEE — Tariffa doganale comune — Voci
— Interpretazione (Trattato CEE. art. 177; reg. 28 giugno 1968
n. 950/CEE del Consiglio, che istituisce la tariffa doganale co
mune).
La nozione « altre bevande non alcoliche », di cui alla voce
22.02 della tariffa doganale comune, va interpretata nel senso
che essa comprende un prodotto composto di lievito di birra,
di acqua e di succo naturale di agrumi, in ragione del 3,9 %,
che si presenta allo stato liquido, è potabile ed è destinato a
essere bevuto più volte al giorno in piccole dosi, allo scopo
di ottenere un effetto benefico per la salute. (1)
II
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se
zione I; sentenza 11 luglio 1980 (in causa 798/79); Pres.
O'Keeffe, Avv. gen. Warner (conci, conf.); Hauptzollamt Koln
Rheinau c. Soc. Chem-Tec.
Comunità europee — CEE — Tariffa doganale comune — Voci — Interpretazione (Trattato CEE, art. 177; reg. 28 giugno 1968
n. 950/CEE del Consiglio).
Il concetto di « apparecchi per respirare di qualsiasi genere
(comprese le maschere antigas) » ai sensi della voce 90.18
della tariffa doganale comune va interpretato in modo da com
prendervi anche le semplici maschere filtranti, che coprono soltanto la bocca e il naso a scopo di protezione da prodotti chimici velenosi, polvere, fumo, nebbia e si gettano dopo
l'uso. (2)
III
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se
zione II; sentenza 19 giugno 1980 (in causa 803/79); Pres.
Touffait, Avv. gen. Mayras (conci, conf.); Roudolff.
Comunità europee — CEE — Tariffa doganale comune — Voci — Interpretazione (Trattato CEE, art. 177; reg. 28 giugno 1968
n. 950/CEE del Consiglio).
I termini della sottovoce ex 02.01 A II a) 2 dd ex 22 di cui al
l'allegato dei regolamenti della Commissione nn. 2010, 2243,
2538, 2645, 2943, 3084 e 3205 e nn. 180, 494, 735/75, che fis sano le restrizioni all'esportazione nel settore della carne bo
vina, non consentivano di considerare come rispondenti a det
ta definizione le esportazioni di pezzi di parti anteriori di car
(1-5) Non constano precedenti in termini. Costante è peraltro la giurisprudenza della corte in ordine ai criteri di interpretazione
ne bovina disossata, congelata, denominati noce di guancia,
pancia e tibia col muscolo aderente, né di farle fruire delle
restituzioni all'esportazione. (3)
IV
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; Se
zione III; sentenza 20 marzo 1980 (in cause 87/79, 112 e 113/
79); Pres. Kutscher, Avv. gen. Reischl (conci, conf.); Ba
gusat e altri.
Comunità europee — CEE — Tariffa doganale comune — Voci — Interpretazione (Trattato CEE, art. 177; reg. 28 giugno 1968
n. 950/CEE del Consiglio; reg. 2 luglio 1974 n. 1709/CEE
della Commissione, relativo alla classificazione di merci nella
sottovoce 20.06 B I della TDC).
Frutta presentate in una miscela di acqua e di alcool e che non
sono indotte al consumo nello stato in cui trovansi vanno
classificate nella sottovoce 20.06 BI della tariffa doganale co
mune; il presente procedimento non ha rivelato alcun elemen
to atto ad inficiare la validità del regolamento della Commis
sione n. 1709/74 il quale contempla una classificazione doga nale del genere per le ciliegie presentate in una miscela di ac
qua e di alcool etilico, in quanto frutta atte al consumo nello
stato in cui si trovano. (4)
V
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen
tenza 26 febbraio 1980 (in causa 54/79); Pres. O'Keeffe, Avv.
gen. Mayras (conci, conf.); Ditta Hako-Schuh Dietrich Bahner
c. Hauptzollamt Francoforte sul Meno.
Comunità europee — CEE — Tariffa doganale comune — Voci — Interpretazione (Trattato CEE, art. 177; reg. 28 giugno 1968
n. 950/CEE del Consiglio).
Le calzature con suole esterne di corda di canapa, la cui super
ficie sia ricoperta per il 57 % da rinforzi di gomma, sulla
punta, sui bordi e sotto il tacco, vanno classificate come cal
zature con suole esterne di gomma, della voce 64.02 della ta
riffa doganale comune e, per il materiale di cui è composta la tomaia, sotto la lettera B di questa voce doganale. (5)
I
Diritto. — 1. - Con ordinanza 1° aprile 1980, registrata in can
celleria il successivo 2 maggio, il Bundesfinanzhof ha sottoposto a questa corte, a norma dell'art. 177 del trattato CEE, due que stioni pregiudiziali circa l'interpretazione della voce doganale 22.02 e — in subordine — della voce 21.06 della tariffa doganale comune.
2. - Dal fascicolo emerge che l'attrice nella causa principale ha chiesto all'amministrazione finanziaria un « parere vincolan
te » in materia tariffaria circa un prodotto definito ' lievito in
tegrale ' e cosi descritto — nell'ordinanza di rinvio —: « com
posto di lievito di birra (non fermentante), di acqua e di succo
naturale di agrumi in ragione del 3,9 %. Può venir bevuto allo
stato in cui si trova. Secondo le indicazioni apposte sull'imbal
laggio, il prodotto rappresenta un complemento dell'alimenta
zione, funge da energetico e conferisce aspetto sano alla pelle. Come posologia si indicano uno-due cucchiai tre volte al giorno».
3. - L'amministrazione finanziaria ritiene che questo prodotto vada classificato fra le « bevande » di cui alla voce 22.02, dato
che si tratta di un prodotto potabile allo stato in cui si trova,
indipendentemente peraltro dalla sua composizione, dal modo
in cui viene ingerito e dallo scopo per cui viene impiegato. Per
contro l'attrice ritiene che il prodotto in questione, che ha come
elemento caratteristico il lievito di birra, debba venir classificato
come lievito, sotto la voce 21.06.
4. - Il Bundesfinanzhof ritiene che la soluzione dipenda dal
l'interpretazione del termine « bevande » di cui alla voce 22.02,
della TDC e al valore che assumono al riguardo le note esplica tive della nomenclatura della TDC, nonché i pareri del comitato
consultivo ad hoc: cfr. in particolare, da ultimo, Corte giust. 28
marzo 1979, in causa 158/78 e 28 giugno 1979, in causa 160/78, Foro it., 1979, IV, 394; 4 ottobre 1979, in causa 11/79, id., 1980, IV, 359; 16 ottobre 1980, in cause 824 e 825/79, id., 1981, IV, 113, tutte con nota di richiami.
La sentenza 15 febbraio 1977, in cause 69 e 70/76, cit. nella pro nuncia 798/79, leggesi in Foro it., 1977, IV, 269.
This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 07:46:41 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions