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Udienza 18 novembre 1879, Pres. Durando, Est. De Pasquali, P. M. Lo Gatto —Ric. PoliSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.461/462-463/464Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084883 .
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461 GIURISPRUDENZA PENALE 462
colo 657 e rilevare l'applicazione del principio enunciato
dall' art. 208 dello stesso cod. proc. pen., anche leggen
dolo nei termini anteriori alla riforma apportatavi dalla
legge del 30 giugno 1876. Essi erano questi: « Se si
tratti di crimini punibili con la interdizione dai pubblici
uffici, sola, o aggiunta con pena correzionale, o di cri
mini rinviati dalla Sezione d'accusa al giudizio del Tri
bunale correzionale, ai termini dell'art. 440, e se si
tratti di delitti, si fa luogo alla libertà provvisoria,
in qualunque stato della causa ». E la riforma pro
nunciata dettò più larga la medesima regola; l'unica
eccezione compresa in esso articolo riformato si rife
risce al quarto alinea dell'art. 205, cioè, ai procedimenti
per crimini, punibili con pene temporanee; ma, in quanto
ai delitti, nessuna eccezione fu fatta, tranne per ta
lune persone, fra le quali non è il Mangiavillano, che
nominò nell' art. 206.
Ond' è che non si comprende come in ordine all' arti
colo 657 possa farsi differenza tra il caso ordinario in esso
previsto, cioè di trovarsi il condannato per delitto a
piè libero, e l'altro del già detenuto, per dire, come
disse la Corte d'assise di Girgenti, che la legge accordi
al primo il beneficio della libertà provvisoria e la neghi
al secondo ; il che significherebbe metter la legge me
desima in contraddizione coi principi direttivi del be
neficio, e, specialmente, con l'art. 208, in cui, giova
ripeterlo, è detto che, trattandosi di delitti, si fa luogo
alla libertà provvisoria, senza distinzione tra l'uno e
l'altro stato della causa, vai quanto dire: che sin quando
la condanna non sia diventata irrevocabile, il detenuto
possa domandare il beneficio.
Se così non fosse, si andrebbe all' assurdo di ammet
tere una odiosa ineguaglianza tra gli imputati di delitti,
aventi tutti indistintamente, detenuti o non detenuti,
il diritto alla libertà provvisoria, ed il condannato a
pena correzionale, non ancora irrevocabilmente, i quali
vogliano giovarsi del ricorso in Cassazione, accordando
la libertà provvisoria al condannato che non si trovi
detenuto, e negandola all' altro, che, trovandosi in tale
stato, voglia mutarlo in quello della custodia esteriore.
Nulla mette in essere che la imputazione originaria
sia stata di crimine, imperciocché la legge si riferisce
al criterio della pena: « Il reato, che la legge punisce
con pene correzionali, è un delitto » (art. 2 cod. pen.)
e quella, di cui trattasi, essendo stata del carcere, per
altro comando di legge non potrà essere diversa, quale
che sia l'evento del ricorso in Cassazione e del giudizio
di rinvio.
E, da ultimo, col rinvio dell'accusato a piè libero
avanti altra Corte d'assise, non si inventa un sistema
fuori vita; imperciocché la legge detta, per espresso,
le forme, con le quali debbono comparire avanti le Corti
di assise gli accusati non punibili con le pene indicate
nei primi cinque numeri dell' art. 13 cod. pen.
Adunque l'annullamento della sentenza impugnata
ed il rinvio ad altra Corte d'assise sono necessità legali.
TRIBUNALE SUPREMO DI GUERRA E MARINA.
Udienza 18 novembre 1879, Pres. Durando, Est. De
Pasquali, P. M. Lo Gatto — Ric. Poli.
Insubordinazione — limacce pw lettera non a liran
eata — Tentativo — Competenza. (Cod. pen. milit.,
art. 133).
Testimone dato in lista e rinunziato — Facoltà ilei
presidente di richiamarlo (Cod. pen. milit., art. 442).
Quando la lettera con cui un militare minaccia al
suo superiore un determinato male in dipendenza
dì un atto del suo ufficio è pervenuta al suo indi
rizzo, non può addarsi, per escludere il reato di
insubordinazione di cui all'art. 133 cod. pen. mi
litare, la mancanza di francobollo.
Nel caso suddetto il reato è consumato, non soltanto
tentato ; ed è competente a conoscerne l'autorità del
luogo ove risiede il destinatario. (1)
Per l'art. 442 cod. pen. militare, il presidente può, in virtù del suo potere discrezionale, chiamare ad
esame qualsiasi persona, anche se si tratti di te
stimone dato in lista ed al quale siasi poi rinunciato.
Il Tribunale, ecc. — Sul ricorso di Poli Leopoldo, ca
rabiniere nella Legione di Bologna, contro la sentenza
del Tribunale militare di Roma del 19 settembre 1879,
colla quale fu condannato alla pena di anni due di re
clusione militare, come colpevole di reato d'insubor
dinazione
Premesso che la denunciata sentenza ha posto che
venuto a cognizione del procuratore del re in Ferrara,
come negli uffìzi postali esistesse una lettera all' indi
rizzo del presidente del Comitato dell'arma dei reali
carabinieri, che non aveva avuto corso per difetto di
bollo, o francobollo ne fece egli richiesta, ed avutala,
la trasmise al suo destinatario.
Quella lettera era una lettera anonima stata impo
stata dal Poli nel 23 aprile in Ferrara, e portava in
margine: Infamità che si trova nell'arma dei reali
carabinieri, e tra le altre, cose conteneva la seguente
intimazione : « che se non si mandava via chi scriveva,
o non si davano ordini a vantaggio dei poveri cara
(1) Confessiamo che la sentenza del Tribunale ci ha lasciati alquanto
perplessi su questo punto. La massima, che in genere ci pare giustis
sima, non sembra perfettamente applicabile nella specie, in cui la per sona minacciata era il capitano residente a Ferrara, ove appunto la
lettera fu impostata, quantunque il destinatario risiedesse a Roma.
Riguardo poi al momento consumativo del reato di minaccia od in
giuria per via di lettera, e quindi alla competenza a conoscerne, ri
tennero che il reato fosse consumato al momento della impostazione, o
almeno al momento in cui il corriere che deve ricapitar la lettera è par
tito, in modo da non potersi dar più luogo ad utile pentimento, la Cass.
di Palermo con la sentenza 9 novembre 1874, ric. Auria (Betlini, 1875,
985; Legge, 1875, I. 259; Riv.pen., IV, 335; Annali, 1875, 189) e la Cas
sazione di Torino con la sentenza 10 luglio 1867, ric. Massardo (Gazz.
trib., Genova, XIX, 381). Ma in senso opposto, e cioè per la compe tenza del luogo ove la lettera perviene al destinatario, o dove lo scritto
ingiurioso vien letto, troviamo la sentenza della stessa Cass. di To
rino del 23 luglio 1866 (Bellini, 1876, 747; Legge, 1866, I, 962; Annali ì 1866-67, 44) ; la sentenza dell'Appello Firenze 6 luglio 1876 (Riv. pen.,
V, 206) ed altre; e questa opinione ci sembra meglio fondata suglj stessi elementi costitutivi di quei reati.
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463 PARTE SECONDA 464
binieri della Provincia, i quali non potevano più cam
pare, ed erano costretti ad ammazzarsi per causa dei
superiori, che non sapevano quel che si facevano, sa
rebbe presto arrivata la notizia che il capitano di Per-,
rara era stato fucilato per mano dello scrivente, es
sendo desso troppo imbecille »; Ritenuto che i motivi contenuti nella dichiarazione
di ricorso, intesi a mostrare l'innocenza del ricorrente,
si riferiscono al merito della causa, che non è discuti
bile in questa sede di giudizio; Ritenuto che i tre motivi aggiunti dalla difesa pos
sono cosi riassumersi:
1° Il fatto compiuto dal Poli non costituisce reato, in quanto il mezzo da lui adoperato era un mezzo di
esecuzione impossibile, e ciò perchè l'art. 8 del reg. 5 novembre 1876 per la trasmissione del carteggio uf
ficiale impediva che la lettera da lui impostata avesse
corso.
2° In ogni caso non si tratterebbe nella specie che
di semplice tentativo, che sarebbe stato commesso in
Ferrara, per cui era incompetente a giudicarne il Tri
bunale militare di Roma. (Omissis); Ritenuto che un quarto mezzo di nullità è stato svolto
oralmente all'udienza dal difensore del Poli, e consi
stente in ciò che non poteva essere udito nel pubblico
dibattimento, come lo fu in forza del potere discrezio
nale del presidente, un testimonio già udito nell' istrut
toria e posto in lista, ed al quale poi si era rinunciato; Considerando sul primo motivo, che come mezzo di
esecuzione impossibile si allega la mancanza del bollo
o francobollo nella lettera incriminata, per cui non si
poteva esser raggiunto lo scopo prefissosi dal suo au
tore di farla pervenire al suo destinatario; Che a prescindere che un tale argomento non ha
alcun valore sul riflesso che il fatto ha dimostrato il
contrario, essendo la detta lettera pervenuta a chi era
diretta, è da por mente che il testo dell'art. 133 cod.
pen. per l'esercito stabilisce la colpabilità dell'agente nell'invio che il militare fa di lettera anonima o sot
toscritta ad un superiore, imponendogli con minaccie
di un male determinato o indefinito di fare o non fare
un qualche atto dipendente dalle attribuzioni di lui; Che essendo adunque posto in fatto dalla denunciata
sentenza che la lettera incriminata fu inviata dal Poli
per mezzo della posta al presidente del Comitato del
l'arma dei reali carabinieri, non giova soffermarsi sulla
circostanza che dessa non era munita di bollo o fran
cobollo, dappoiché non vi è alcuna disposizione rego lamentare la quale vieti ad un funzionario qualsiasi di ritirare dalla posta una lettera al suo indirizzo, sol
perchè vi manchi il bollo o francobollo; Considerando che per quanto sopra si è detto cade
il secondo motivo, quello cioè che non si sarebbe trat
tato che di semplice tentativo, mentre si è in tema di
reato consumato, essendosi avverato precisamente il
caso previsto e punito dal suddetto art. 133, e quindi è indubitato che competente a giudicare era il Tribu
nale militare di Roma, innanzi al quale non fu solle
vata in proposito alcuna eccezione. (Omissis);
Considerando sull'ultimo mezzo di nullità proposto
in udienza, che nessuna violazione di legge è stata
commessa, essendo testualmente detto all'art. 442 del
ripetuto codice che il presidente può, nel corso del di
battimento, chiamare ad esame qualsiasi persona, trat
tasi pure di persona posta in lista come testimonio, e
a cui siasi rinunciato, giacché la legge si affida in questo alla coscienza del presidente, al quale consente di va
lersi, durante il dibattimento, di tutti i mezzi che cre
derà opportuni per lo scoprimento della verità; Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE D'APPELLO DI ANCONA. Udienza 18 novembre 1879, Pres. ed Est. Massari. —
Fondo del culto, parte civile, appellante c. fratelli
Branchini ed avv. N. N., imputati.
Ikanni-intercssi — Appello — l'ili parli — domina
In complesso eccedente 1500 lire (Cod. proc. pen., art. 399, n. 3).
Danni-interessi — Imputato assoluto — Quando
abbia diritto a risarcimento (Cod. proc. pen., art.
570). Per determinare se l'appello per gl'interessi civili sia
ammessibile, occorre tener presente non la somma
singolarmente domandata da ciascuno degli impu tati o da ciascuna delle parti lese, ma la somma
complessiva chiesta dagli uni o dalle altre.
Pel solo fatto che un procedimento penale ebbe ter
mine con l'assoluzione dell' imputato, non può ri
tenersi concorrere senz'altro nel medesimo il diritto
al risarcimento del danno contro la parte civile
Per ritenere la parte civile tenuta ai danni occorre
che si possa rimproverarle la colpa di una impru denza o leggerezza.
Laonde non può condannarsi ai danni la parte ci
vile quando consti che la medesima fu mossa da
plausibili ragioni, benché queste non siano state
tali da convincere il magistrato della reità dell'im
putato.
La Corte, ecc. — Ritenuto che il Tribunal^ di Pe
saro, con sentenza 2 aprile 1879, dichiarò non farsi
luogo a procedimento contro gli imputati, e condannò
nei danni l'amministrazione del Fondo pel culto (che si era costituita parte civile), determinandoli in lire 100
per ciascuno dei fratelli, Giacomo, Giuseppe ed Angelo
Branchini, ed in lire 5000 per l'avv. N. N.
Contro questa sentenza la parte civile interpose ap
pello, pel fine di esser rilevata dalla condanna nella
rifazione dei danni verso gli imputati. Sulla questione pregiudiziale — Attesoché contro
l'ora detto appello viene dagli appellati fratelli Bran
chini opposta l'eccezione di irrecivibilità dedotta dalla
disposizione contenuta nel n. 3 dell'art. 399 cod. proc.
pen., in quanto che la somma da essi domandata per titolo di danni fu in complesso di sole lire 600, mentre
per rendere appellabili le sentenze è necessario che la
somma domandata ecceda le lire 1500;
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