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sezione di Brescia; ordinanza 6 novembre 1991, n. 581; Pres. Ingrassia, Rel. Guardia; Soc. Ipas(Avv. Mina, Durazzo) c. Comune di Bagnolo Mella (Avv. Onofri) e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE TERZA: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (1992),pp. 317/318-319/320Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187471 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
Nella specie, pertanto, la convalida tende ad assimilarsi al
l'integrazione, che è, in effetti, di tipo di atto adottato (con deliberazione di g.m. 16 giugno 1980, n. 1276) dal comune di Portici ora appellante.
Ma, se la sanatoria dell'atto è affidata all'integrazione ex nunc, a nulla rileva che non sia stato compiuto medio tempore alcun altro atto tipico del procedimento espropriativo, giacché l'inte resse protetto leso dalla mancata contestuale fissazione dei ter mini non è, come già detto, di natura procedimentale bensì so stanziale.
Contrariamente a quanto ritenuto dalle decisioni citate, l'in
tegrazione postuma ex nunc non elimina che il primo atto della
procedura espropriativa sia stato adottato senza quella coessen ziale delimitazione di tempi che ne garantisce la preordinazione a motivi d'interesse generale sufficientemente attuali e concreti e che si sia cosi determinata quell'incertezza e quella precarietà che la legge ha voluto evitare ab origine.
A ben guardare, quindi, con l'integrazione della dichiarazio ne di pubblica utilità, l'interesse degli espropriandi non è, nella
sostanza, né tutelato né soddisfatto, e la finalità della norma da applicare è sostanzialmente elusa.
L'integrazione del provvedimento di approvazione del pro getto esecutivo mediante fissazione di termini adottata dal co mune di Portici è, pertanto, inidonea ad eliderne l'intrinseca
illegittimità, a nulla rilevando che i tremini siano stati contenuti entro il triennio dall'approvazione, del progetto, alla cui sca
denza cessano gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità
se le opere non hanno avuto inizio, ai sensi dell'art. 35, 2°
comma, 1. reg. Campania 31 ottobre 1978 n. 51.
Per le suesposte considerazioni, l'appello principale proposto dal comune di Portici va respinto.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione di Brescia; ordinanza 6 novembre 1991,
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA; sezione di Brescia; ordinanza 6 novembre 1991, n. 581; Pres. Ingrassia, Rei. Guardia; Soc. Ipas (Avv. Mi
na, Durazzo) c. Comune di Bagnolo Mella (Avv. Onofri) e altri.
Giustizia amministrativa — Provvedimento impugnato — Ordi nanza di sospensione — Revoca — Esclusione — Fattispecie
(Cod. proc. civ., art. 395, 669 decies\ 1. 6 dicembre 1971 n.
1034, istituzione dei tribunali amministrativi regionali, art. 34; 1. 26 novembre 1990 n. 353, provvedimenti urgenti per il pro cesso civile, art. 74).
Il tribunale amministrativo regionale, che abbia emesso ordi
nanza di sospensione del provvedimento impugnato, a segui to di ricorso notificato non al vero controinteressato, a causa
di una parziale omonimia rilevata su eccezione dell'ammini
strazione resistente, per la quale ha concesso al ricorrente la
rimessione in termini riconoscendo la scusabilità del suo erro
re, non può revocare l'ordinanza, in difetto di circostanze
sopravvenute, ma può (e deve) renderla provvisoria, fino alla
camera di consiglio nella quale sarà ascoltato il reale con
trointeressato, con riserva di modificarla o revocarla, ove in
quella sede emergessero fatti nuovi. (1).
(1) L'ordinanza risolve, la complicata e insolita vicenda incorsa in un giudizio cautelare, ricostruita puntualmente in motivazione e riflessa nei suoi tratti salienti in massima.
Non si rinvengono precedenti specifici, o almeno cui poter fare pre ciso riferimento, soprattutto per la scarsezza di informazioni sulle pro nunce dei giudizi amministrativi in materia cautelare, desumibili dalle tradizionali riviste giuridiche. Comunque, per un caso particolare di
sospensione cautelare, ma pronunciata dall'amministrazione, in favore di suoi dipendenti diversi da quelli che l'avevano ottenuta dal giudice amministrativo, nei confronti del medesimo atto generale, e, quindi, di revoca, dopo la sopravvenienza della decisione nel merito, Tar Cala bria 22 luglio 1987, n. 340, Foro it., Rep. 1988, voce Giustizia ammi
nistrativa, n. 596; e per un caso di cessazione di efficacia (sia pure limitatamente all'efficacia esterna al processo), di una sospensione cau telare concessa dal giudice amministrativo, in seguito alla sopravve nienza di una disposizione legislativa di soppressione dell'istituto
Il Foro Italiano — 1992.
Diritto. — Il caso di specie propone all'attenzione del colle
gio una serie di stimolanti questioni gravitanti sui rimedi nei
riguardi delle ordinanze cautelari di sospensiva dell'atto im
pugnato. In questa sede solo una succinta motivazione appare appro
priata ed essa potrà articolarsi nei seguenti passaggi: a) l'istanza, prospettata quale principale, in sede almeno di
discussione orale, è quella di revoca delle ordinanze di sospen siva, che, secondo l'insegnamento di Cons. Stato, ad. plen., 20 gennaio 1978 n. 1 (Foro it., 1978, III, 1) e 24 febbraio 1978, n. 6 (id., Rep. 1978, voce Giustizia amministrativa, nn.
946, 951, 1158), può essere pronunciata nel caso si verifichi una modifica della situazione di fatto presa in considerazione
originariamente (similmente dispone oggi, per i provvedimenti cautelari civili, l'art. 669 decies c.p.c., frutto della 1. 353/99).
Orbene, nella specie, difettano sopravvenienze di fatto relati ve vuoi al fumus boni iuris vuoi al periculum in mora, ossia ai fondamenti della pronuncia cautelare. Né tali sopravvenien ze di fatto sono invero allegate dall'istante; il quale deduce solo il fatto che si sia, in sostanza, palesata la non presenza, allo stato in giudizio, dell'effettivo controinteressato risultante dall'atto impugnato, ma con univocità — si da evitare confu sioni per parziale omonimia — soltanto dai documenti versati in atti dal comune alla vigilia della discussione della sospensi va; senza che nel corso della medesima l'amministrazione resi stente sollevasse la questione della mancata notificazione al
controinteressato, anziché alla società che, dall'atto impugna to, non riusciva a distinguersi da esso per la suddetta parziale omonimia.
Orbene, l'odierna censura non integra sopravvenienze di nuove circostanze relative alla valutazione del periculum in mora-, né, a ben vedere, incrina l'ammissibilità dell'azione del ricorrente in quanto la mancata notifica entro i sessanta giorni al vero controinteressato è dovuta a confondibilità fra diverse persone o enti giuridici dovuta all'imprecisione dell'atto impugnato; né, infine, un'inammissibilità del ricorso giurisdizionale potrà age volmente risultare dall'inattività notificatoria del ricorrente en tro i sessanta giorni successivi al deposito dei documenti da cui soltanto emerge per intero il nome della società controinte
ressata, perché l'ammissibilità dell'iniziale ricorso toglie fonda mento all'affermazione di una sorta di onere di ulteriore od
integrativo ricorso. Ogni avvicinamento alla problematica dei motivi aggiunti appare, in un caso del genere, fuori di posto.
Su questo fondamento la richiesta di revoca non può essere
disposta (salvo quanto si dirà oltre). Per altro verso, la rilevata imprecisione del provvedimento
impugnato nel menzionare il soggetto aggiudicatario e l'obietti
va confondibilità tra l'ente intimato e la società controinteres sata integrano il presupposto per concedere alla ricorrente, in virtù del principio generale di cui è espressione l'art. 34 1.
1034/71, la rimessione in termini, per errore scusabile, ai fini
della notificazione del ricorso all'effettiva controinteressata.
b) In alternativa subordinata, si richiede la revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c. (applicabile nel processo amministrativo in forza dell'art. 28, 1° comma, 1. 1034/71) nei riguardi del l'ordinanza cautelare di sospensiva.
È noto l'orientamento del Consiglio di Stato che equipara alla sentenza, agli effetti almeno della soggezione alle impugna zioni dell'appello ed appunto della revocazione, le ordinanze cautelari e in questa sede non sarebbe proficuo interrogarsi al
riguardo pur se l'istituto della revocazione, come connotato an che da alcuni suoi particolarmente significativi motivi (n. 5 del l'art. 395 c.p.c.), forse male si presta a venire applicato a dec sioni meramente cautelari inidonee alla cosa giudicata sostanziale.
giuridico i cui effetti tale ordinanza, aveva inteso preservare, Cons. Sta
to, sez. VI, 13 maggio 1989, n. 615, id., Rep. 1990, voce cit., n. 670. E sull'annoso problema dell'appellabilità delle ordinanze cautelari emesse dai tribunali amministrativi regionali, v., da ultimo, ma in casi molto
particolari, Cons. Stato, sez. IV, ord. 9 aprile 1991, nonché sez. VI, ord. 1° giugno 1990, n. 718, id., 1992, III, 122 e 163, ambedue con nota di richiami.
Nella dottrina del processo amministrativo, sui rimedi esperibili nei confronti dell'ordinanza cautelare, e, in particolare, oltre che sulla ap pellabilità, sulla revocabilità da parte del giudice che l'ha concessa, e sulla assoggettabilità al giudizio di revocazione, v. da ultimo, esaurien
temente, Travi, in Commentario breve alle leggi sulla giustizia ammini
strativa, a cura di A. Romano, Padova, 1992, 648 ss. Gli orientamenti in proposito in detto processo, peraltro, non potranno non essere in fluenzati dalla nuova disciplina della materia nel processo civile, sulla
quale v., per tutti, A. Proto Pisani, La nuova disciplina del processo civile, 1991, 357 ss.
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PARTE TERZA
È invero per altre, più immediate, ragioni che l'impugnazione revocatoria non può trovare accoglimento in questa ipotesi.
Innanzitutto, non appare subito verificabile il requisito della
proposizione entro il termine, per vero di non agevole fissazio
ne sia nella durata sia nel dies a quo per effetto dello scoordi
nato intreccio degli art. 326 e 327 c.p.c., 82 r.d. proc. amm.
del 1907, 28 e 36 1. Tar 1034/71. Ma più notevole, ed assorbente, è il profilo relativo al con
corso, contro decisioni di primo grado, fra appello e revocazio
ne ordinaria (ex art. 395, nn. 4 e 5, c.p.c.): a fronte di un
asserito vizio revocatorio palese il concorso di impugnazioni non
è dato, poiché deve prevalere la via dell'appello, ossia del gra vame a critica illimitata che cosi ricomprende anche le censure
revocatorie.
Per quanto non manchino opinioni anche autorevoli in ordi
ne alla sottrazione del processo amministrativo alla regola sud
detta, questo collegio reputa che le decisioni dei Tar non siano
impugnabili con la revocazione ordinaria per eventuali vizi che
sarebbero deducibili con l'appello (cfr. Tar Liguria 19 giugno
1980, n. 354 e Tar Lazio, sez. I, 10 marzo 1982, n. 250), secon
do l'impostazione generale del codice di rito.
Ad ogni modo, per completezza, occorre dire che nella specie
non appare pertinentemente invocato il motivo revocatorio («or
dinario») di cui al n. 4 dell'art. 395. Ed infatti, se pure l'errore di fatto documentale ivi stretta
mente delineato possa forse ritenersi rilevante per la revocazio
ne anche se riguardante profili processuali anziché di merito
(il punto è controverso, ma per la tesi più liberale v. Cass.,
ord. 101/83, Foro it., 1983, I, 1931), rimane invalicabile l'esi
genza che il riscontro dell'errore di fatto documentale valga a
sottrarre fondamento di per sé solo alla decisione impugnata, sia appunto essa di merito o appunto, fors'anche, di mero rito.
Ebbene, nella specie, la rivelatasi assenza del controinteressato
a cagione della mancata notificazione ad esso del ricorso (in
seguito alle dette ragioni), non basta di per sé sola a sottrarre
il fondamento di fatto su cui riposa la decisione di sospendere cautelarmente l'esecutorietà dell'atto amministrativo impugnato in base al riscontro del pericolo nel ritardo e del fumus boni
iuris (e al riguardo si ribadise che il ricorso appare ammissibil
mente proposto e con ogni verosimiglianza destinato ad arriva
re alla decisione sul merito).
L'assenza, al momento di codesta decisione cautelare, del con
trointeressato non rimane perciò priva di rilevanza all'interno
del processo pendente (benché, di per sé sola, non sorregga né
una revoca, né un'impugnazione per revocazione). Occorre in
fatti salvaguardare appieno il principio del contraddittorio e con
sentire a quel soggetto — di cui finora non si sono potute udire
le ragioni — di prendere posizione sul tema della decisione cau
telare.
All'uopo si dispone dunque che il ricorrente, entro il termine
del 25 novembre 1991, provveda a notificare il ricorso e la pre sente ordinanza alla «Pubblicità B.M.C, s.r.l.» con sede in Pon
tevico (BS), via Marconi 6, e si fissa la camera di consiglio
del 6 dicembre 1991 per l'audizione del controinteressato sull'i
stanza di sospensiva in precedenza accolta e allo stato non su
scettibile di revoca. In relazione alle ragioni difensive che po tranno emergere in tale udienza — e che costituiranno quindi
sopravvenienze rilevanti —, un'istanza di revoca proveniente dal
controinteressato potrà ricevere ulteriore considerazione ove emer
gesse l'inammissibilità o la infondatezza della domanda cautela
re del ricorrente.
La sospensiva accordata con ordinanza 10 maggio 1991, n. 250, deve intendersi pertanto come disposta interinalmente fino alla
camera di consiglio del 6 dicembre, ove verrà confermata, modi
ficata o revocata in relazione alle difese del controinteressato.
I
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 31 ottobre 1991, n. 1910; Pres. Sera
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LA ZIO; sezione I; sentenza 31 ottobre 1991, n. 1910; Pres. Scm
naia, Est. Tavarnelli; Min. grazia e giustizia c. Cisl (Avv.
Frascaroli).
Sindacati — Condotta antisindacale della pubblica amministra
zione — Trasferimento di dirigente sindacale — Mancanza
del nulla osta — Configurabilità (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della li
1l Foro Italiano — 1992.
bertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro
e norme sul collocamento, art. 22, 28; d.p.r. 8 maggio 1987
n. 266, norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo
del 26 marzo 1987 concernente il comparto del personale di
pendente dai ministeri, art. 40). Sindacati — Condotta antisindacale della pubblica amministra
zione — Trasferimento di dirigente sindacale — Comunica
zione della nomina — Modalità — Fattispecie (L. 20 maggio 1970 n. 300, art. 28; d.p.r. 8 maggio 1987 n. 266, art. 40).
Costituisce condotta antisindacale il trasferimento del dirigente sin
dacale attuato, in difetto del nulla osta dell'organizzazione di
appartenenza, da una sede all'altra nell'ambito dello stesso ter
ritorio comunale, da identificare con la struttura nella quale il
dirigente esercita le sue funzioni di rappresentante sindacale. (1) La comunicazione della qualifica di dirigente sindacale, in di
fetto di norme che prescrivono una specifica procedura, è util
mente effettuata — anche ai fini del procedimento di repres sione di condotta antisindacale —- nei confronti dell'ufficio dell'amministrazione presso il quale il dipendente svolge la
sua funzione di dirigente sindacale, ancorché diverso dall'uf
ficio che ha disposto il trasferimento (nella specie, la comuni
cazione era stata data al Tribunale per i minorenni di Roma
anziché al ministero di grazia e giustizia), ritenuto antisinda
cale in quanto attuato in difetto del nulla osta dell'organizza zione sindacale di appartenenza. (2)
II
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA; sezione III; decreto 26 febbraio 1991, n. 38 bis; Pres. Ciccio, Rei. Giambartolomei; Cisas (Avv. Pisillo, Ia
ria) c. Usi n. 31 Valdichiana, Pacini ed altri.
Sindacati — Condotta antisindacale della pubblica amministra
zione — Ente pubblico non economico — Ammissibilità del
ricorso (L. 20 maggio 1970 n. 300, art. 28; 1. 12 giugno 1990
n. 146, norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi
pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della perso na costituzionalmente tutelati. Istituzione della commissione
di garanzia dell'attuazione della legge, art. 6). Sindacati — Condotta antisindacale della pubblica amministra
zione — Trasferimento di dirigente sindacale — Mancanza
del nulla osta — Configurabilità (L. 20 maggio 1970 n. 300, art. 22, 28; d.p.r. 20 dicembre 1979 n. 761, stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali, art. 62; 1. 12 giugno 1990 n. 146, art. 6).
È ammissibile dinanzi al giudice amministrativo il ricorso pro
posto ai sensi dell'art. 28 l. 30 maggio 1970 n. 300, come
integrato dall'art. 6 I. 12 giugno 1990 n. 146, contro il com
portamento antisindacale di un ente pubblico non economico
per la tutela di situazioni soggettive inerenti al rapporto di
pubblico impiego. (3) Costituisce condotta antisindacale il trasferimento del dirigente
sindacale attuato, in difetto del nulla osta dell'organizzazione di appartenenza, da una sede all'altra nell'ambito dello stesso
territorio comunale, da individuare in ciascuna autonoma unità
operativa dell'amministrazione interessata. (4)
(1, 4) Le due sentenze in epigrafe si pronunciano, con identiche con clusioni ma con diversi argomenti, sul trasferimento del dirigente sinda cale disposto, in mancanza del nulla osta dell'organizzazione di appar tenenza, nell'ambito dello stesso territorio comunale.
Mentre la prima decisione (e la conforme Tar Lazio, sez. I, 24 giu gno 1991, n. 1150, Foro it., Rep. 1991, voce Impiegato dello Stato, n. 912), disattesa la nozione c.d. geografica o territoriale del trasferi mento che, valida per la mobilità della generalità dei dipendenti pubbli ci, frustrerebbe la ratio della tutela dell'attività sindacale, privilegia a fini definitori le scelte organizzative del sindacato, in relazione ai com
piti e poteri statutariamente assegnati ai delegati (nella sede di destina
zione, la Pretura di Roma, il dirigente trasferito non ricopriva alcuna carica sindacale), la seconda pronuncia sembra invece seguire il diverso criterio costruttivo dell'autonomia tecnico-organizzativa delle sedi inte
ressate, considerando ciascun presidio della Usi autonoma unità opera tiva anziché mera articolazione interna dell'amministrazione sanitaria.
Sugli orientamenti della giurisprudenza in merito all'identificazione del l'unità produttiva da cui il dipendente non può essere allontanato senza nulla osta ai sensi dell'art. 22 statuto lavoratori, cfr. i richiami in nota a Cass. 4 luglio 1991, n. 7386, Trib. Sassari 18 settembre 1991 e Pret. Cosenza 13 maggio 1992, in questo fascicolo, parte prima.
In materia di trasferimento di pubblici dipendenti, v. inoltre Tar To
scana, sez. Il, 12 marzo 1991, n. 94, Foro it., 1992, IH, 33, che ha
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