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Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale
Corso di Internet Studies
Anno accademico 2015/16
Francesca Comunello
Relazioni sociali e identità
La riflessione sulle relazioni sociali è inscindibile da quella
sull'identità
“Il termine identità contiene almeno tre elementi: la nozione di
permanenza di un soggetto nel tempo, che permette di
sfuggire alle variazioni dell’ambiente situate al di sotto di una
certa soglia; la nozione di unità e unicità, che stabilisce i
limiti di un soggetto e che permette di distinguerlo da ogni
altro; infine l’identità è anche una relazione tra soggetti che
permette loro di riconoscersi” (Melucci, 2000)
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Introducing identity
• Un paradosso: identità deriva da idem; ma il termine implica sia similarità che differenza: – Da un lato è qualcosa di unico per ciascuno di noi, cui tendiamo ad
attribuire una certa coerenza (si pensi al dibattito sul “furto di identità”); struggle to “be myself”
– Dall’altro essa implica anche una relazione con un più ampio gruppo sociale (identità culturale, etnica, di genere, ecc.): in parte riguarda dunque ciò che condividiamo con altri; “multiple identifications with others”
• “On one level, I am the product of my unique personal biography. Yet who I am (or who I think I am) varies according to who I am with, the social situations in which I find myself, and the motivations I may have at the time
(D. Buckingham, Introducing identity, in Youth, Identity and digital media, MIT Press, 2008)
• L’identità è qualcosa che facciamo, più che qualcosa che siamo (D. Buckingham, Introducing identity, in Youth, Identity and digital media, MIT Press, 2008)
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Il dissequestro dell’esperienza
• “ciò che la crescente disponibilità di materiali mediati ha fatto è consentire al
sé, inteso come progetto simbolico organizzato in modo riflessivo, di
affrancarsi progressivamente dai suoi legami con i contesti pratici della vita
quotidiana. Per quanto siano ancora situati in tali contesti e organizzino buona
parte della loro esistenza in funzione delle richieste che da questi
provengono, gli individui possono ora sperimentare eventi remoti, interagire
con altri lontani, spostarsi temporaneamente in microcosmi mediati e, a
seconda dei propri interessi e priorità, lasciarsene coinvolgere in misura più o
meno profonda.” (Thompson, 1995, p. 322)
• “Il sé non è considerato né il prodotto di un sistema simbolico esterno, né
un’entità fissa che l’individuo può afferrare in modo immediato e diretto; il sé è
piuttosto un progetto simbolico che l’individuo costruisce attivamente sulla
base dei materiali simbolici a sua disposizione, materiali che l’individuo ordina
in un racconto coerente a proposito di chi egli sia – un racconto sulla sua
identità” (Thompson, 1995, p. 293).
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Il “secondo sé”: prime riflessioni
sull'identità online
• La riflessione sull'identità online ha preso le mosse da contesti tecnologici (“web 1.0”) e teorici (“prima età” degli internet studies) molto differenti da quelli attuali
• Turkle: Second Self (1984), La vita sullo schermo (1995) • Ponendo una netta separazione tra pratiche identitarie online e
offline, alcuni autori hanno enfatizzato la dimensione di libera sperimentazione (priva da vincoli sociali, ma anche dai condizionamenti derivanti dalla storia individuale) correlata all’esperienza online
• “Al soggetto è così riconosciuta la possibilità di auto costruirsi in modo del tutto autonomo, ossia affrancato da qualsivoglia forma di potere biopolitico attivo nei contesti quotidiani. Gli ambienti di rete sono definiti veri e propri ‘identity playground’, parchi-gioco dell’identità” (Tosoni, 2004, p. 68)
•
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Orientalismo digitale e postmodernismo
radicale
Mentre da una parte si ipotizzano gli effetti della cancellazione di
indizi simbolici legati al corpo, dall’altra si dipinge un ambiente di
fantasiosa seduzione (…) praticata attraverso la proiezione
simulacrale dei corpi in rete. Allo stesso tempo, la rete è descritta
come luogo di pericolo (…) I luoghi di cui si racconta sono luoghi
di meraviglia e di stupore continuamente rinnovati…” (S.Tosoni
2004)
“In passato le analisi si sono soffermate maggiormente sulla
presentazione del sé online visto come qualcosa che si separava
dall’identità personale per inserirsi in una serie di pratiche come
l’abbellimento virtuale” (Stella et al, p. 90)
Si favoleggiava di identità “disembodied”
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Oltre il “secondo sé”
Anche riferendosi criticamente ad alcuni suoi precedenti lavori, oggi Turkle afferma «la nostra nuova intimità con le macchine ci costringe a parlare di un vero e proprio nuovo stato del sé» (Turkle, 2006, p. 121).
L'utilizzo delle tecnologie digitali non porta alla costituzione di un sé separato, ma abilita nuove forme di costruzione identitaria
Turkle 2006: tethered self (letteralmente, «sé legato, attaccato»); tecnologie mobili alwayas on, differenti assunzioni di ruolo
Non portiamo mai a termine il «percorso di studi» rappresentato dal lavoro sull’identità: «ciascuno, semplicemente, ci lavora utilizzando il materiale che ha a portata di mano in un particolare momento della sua vita» (Turkle 2006) Il mondo sociale online, in questo quadro, offre materiale aggiuntivo per un processo che attinge da numerose fonti
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Media (digitali) e identità
Ricapitolando: “le risorse alle quali ciascuno accede per costruire la propria identità sono in larga misura presenti anche nella realtà culturale e mediale, attraverso le quali l’individuo riesce ad attingere risorse simboliche utili a costruire le identità nelle relazioni con gli altri” (Stella et al, p. 88)
Goffman: la rappresentazione del sé è una performance; metafora drammatugica (scena e retroscena)
Ciascuno di noi ricopre ruoli differenti in base alle situazioni sociali nelle quali è coinvolto. La necessità di self multipli e compositi oggi è incrementata dal momento in cui semplicemente la comunicazione pubblica si sposta negli spazi digitali
Es. profilo LinkedIn vs profilo FB
Identità e media digitali
Oggi siamo sempre più consapevoli che la vita online non è mai
decontestualizzata o disincarnata: numerosi studi hanno
ormai mostrato che “lo spazio digitale è materialmente reale,
socialmente regolato e discorsivamente costruito” (Stella et
al., p. 91)
“Gli spazi fisici e quelli digitali vanno pertanto a fondersi in un
continuum che perde l’accezione reale/virtuale, online/offline
per definirsi in toto semplicemente come esperienza e
interazione, che sia essa mediata o meno”.
Messa alla prova piuttosto che mistificazione dell’identità o
presentazione di personalità differenti da quella “reale”.
Social media e identità
Muta l’accezione di anonimato, che diventa rilevante in porzioni sempre più delimitate della nostra esperienza online
“Attraverso i continui feedback che riceviamo sui social media, l’identità è messa alla prova al fine di operare continui aggiustamenti che puntano nella direzione dell’accettazione sociale” (Stella et al., p. 92)
Dimensione narrativa dell’identità (raccontarsi)
Quando creiamo o aggiorniamo il nostro profilo sui social media, “ciò che vogliamo mostrare è il frutto di un continuo gioco di riflessioni su come ci potrebbero vedere gli altri, come vediamo noi stessi, come vorremmo che gli altri ci vedessero e su cosa vorremmo che gli altri vedessero (o non vedessero) di noi” (p.93)… Il processo è molto simile a quello che attuiamo offline!
Social media e identità
“L’identità diventa un canovaccio a cui il soggetto
lavora costantemente attraverso l’integrazione delle
auto-narrazioni e delle narrazioni altrui, dei sistemi
di relazioni, delle appartenenze, dei prodotti mediali
che l’individuo crea e consuma” (Stella et al.,p.93)
Peculiarità rispetto agli ambienti offline: tale
performatività può lasciare tracce durature,
possiamo ripercorrere gli atti comunicativi (nostri e
altrui)
Comunità virtuali (?)
• Le comunità virtuali sono aggregazioni sociali che emergono dalla Rete quando un
certo numero di persone porta avanti delle discussioni pubbliche sufficientemente a
lungo, con un certo livello di emozioni umane, tanto da formare reticoli di relazioni
sociali nel cyberspazio (Rheingold)
• Lo sviluppo di comunità virtuali conferma della definitiva «separazione», nella
società contemporanea,
– tra locality – le appartenenze strutturalmente
dipendenti dal luogo in cui si vive – e
– sociability – le forme in cui si strutturano le relazioni
sociali.
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Random sociability nella CMC
• Si sostiene anche che
• la diffusione delle pratiche di rete comporta la rottura della comunicazione
convenzionale e l’isolamento sociale, poiché ai contesti reali di interazione faccia a
faccia si sostituisce la pratica di random sociability (strutturazione casuale della
capacità di relazione sociale) da parte di individui «senza volto».
• Ne consegue:
– Sviluppo di forme di relazione sociale basate sulle
identità falsificate e i giochi di ruolo;
– Sviluppo di contesti di Identity playground in cui si dà
libero sfogo alle proprie fantasie personali, in forma
assolutamente lontana e scollegata rispetto alla vita
quotidiana nel mondo reale.
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Tecnologie dello stare assieme
Alla base delle visioni più pessimistiche c’è la convinzione (già evocata a proposito dell’identità) che ambienti online e offline siano del tutto contrapposti e separati (cfr. nozioni di “ciberspazio” o “mondo virtuale”).
Oggi gli individui in rete si connettono attraverso i social media condividendo emozioni, esperienze e avvenimenti che, nella maggior parte dei casi, provengono dalla loro vita quotidiana
“La distinzione tra online e offline torna quindi utile solo per descrivere analiticamente l’interazione, allo scopo di definire se essa è mediata dal computer o si riferisce a situazioni di compresenza fisica” (p. 97)
Le piattaforme digitali possono essere analizzate come ambienti che, come quelli fisici, offrono specifiche affordances e constraints, che si combinano con norme sociali e pratiche d’uso più o meno condivise
Oltre la random sociability
Non appena le tecnologie di rete assumono la posizione e
l’influenza sociale di un mainstream medium, si contrae
radicalmente la possibilità (teorica) e la necessità (pratica) di
«drammatizzare» le esperienze che si conducono negli ambienti
virtuali.
“In contrasto con le affermazioni che considerano Internet sia come
una fonte di una comunità rinnovata sia come una causa di
alienazione dal mondo reale, l’interazione sociale offerta da questo
mezzo non pare avere un effetto diretto sulla costruzione di modelli
della vita quotidiana, genericamente parlando, se non per il fatto che
aggiunge l’interazione on line ai rapporti sociali esistenti”(Castells)
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“Virtual togetherness”
Bakardjieva: superare le accezioni normative che sorreggono l’idea di comunità; la socialità online può assumere anche forme diverse da quella comunitaria
La vera distinzione non è tra socialità on- e offline, ma tra un uso del web che prevede l’interazione con gli altri e il consumo in modo isolato di beni messi a disposizione dalla rete
Nella virtual togetherness Bakardjieva distingue diversi tipi di relazione sociale, all’interno del continuum tra modo del consumo e modo della comunità:
• Infosumer: ricerca di informazioni (analogo a lettura di una rivista); lurker
• Instrumental relations: internet rimane fonte di informazione, ma c’è più interesse a interagire con gli altri per raccogliere informazioni rilevanti
• People and ideas in virtual public sphere: esplorare le idee nelle spere pubbliche virtuali (oltre a raccolta di informazioni , anche scambio e confronto con gli altri, stabiliscono relazioni)
• Chatter: stile interazionale in cui la socievolezza non ha confini, si usa la rete per condividere qualcosa con gli altri utenti
• Communitarian: rete come fonte di sostegno sociale; sentimento di appartenenza
Le comunità
“Le comunità, almeno nella tradizione della ricerca sociologica, erano basate sulla
condivisione di valori e di organizzazione sociale. I network sono costruiti
attraverso scelte e strategie degli attori sociali, siano essi individui, famiglie o
gruppi. Di conseguenza, la principale trasformazione delle società complesse si è
verificata attraverso la sostituzione delle comunità spaziali con i network come
forme prime di socialità”. (Castells)
“La parola ‘comunità’ ha un suono dolcissimo; evoca tutto ciò di cui sentiamo il
bisogno e che ci manca per sentirci fiduciosi, tranquilli e sicuri di noi. In breve, la
‘comunità’ incarna il tipo di mondo che purtroppo non possiamo avere, ma nel
quale desidereremmo tanto vivere e speriamo di poter un giorno riconquistare […]
Paradiso perduto o paradiso anelato: in un modo o nell’altro, di certo non si tratta
del mondo che abitiamo né di quello che conosciamo per esperienza diretta”
(Bauman, 2001, p. 5).
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Comunità vs. networked
individualism
Le comunità divengono :
“network di legami interpersonali che assicurano le condizioni di
socialità, sostegno, accesso all’informazione oltre a senso di
appartenenza e identità sociale” (Wellman)
Questa forma di connettività estesa e flessibile, caratterizzata da
barriere sufficientemente permeabili e dalla possibilità di passare quasi
senza soluzione di continuità da un network a un altro,
contraddistingue la società contemporanea e segnala la prevalenza
dell’appropriazione personale delle dinamiche di relazione sociale.
“Piuttosto che essere organizzati in gruppi chiusi e discreti – a casa,
nella comunità, al lavoro, all’interno delle organizzazioni – le persone
sono in perenne movimento come singole individualità tra diversi
network separati da confini sfumati (fuzzily-bounded networks)”
(Wellman)
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Uscire dai little boxes
“I membri delle società organizzate in little boxes
interagiscono (di volta in volta) solo con i membri dei
pochi gruppi cui appartengono: normalmente, le nostre
case, il vicinato, i gruppi di lavoro, le organizzazioni. Ci
stiamo allontanando da modelli di società organizzati
intorno ai gruppi, spostandoci verso modelli nei quali i
confini tra i gruppi sono più permeabili, le interazioni
avvengono con interlocutori differenziati, i legami si
collocano all’interconnessione di network multipli e le
gerarchie (quando esistono) sono meno pronunciate e
talvolta ricorsive” (Wellman, 1999)
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Networked individualism
Le nuove forme di costruzione delle relazioni sociali tecnologicamente mediate richiede il ricorso a nuove metafore come:
Networked individualism/Privatization of sociability (Castells),
Personalized communities embodied in me-centered networks (Wellman)
“Ogni persona è simile ad un «quadro comandi» che gestisce legami e network. Le persone rimangono connesse ma in quanto individualità autonome, non sulla base del fatto che hanno i piedi ben piantati nella ‘casa base’ del contesto familiare e di lavoro. Ogni persona attiva in modo selettivo i propri network per ottenere informazione, collaborazione, direttive, supporto, senso di socialità e di appartenenza” (Wellman)
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Sta diventando chiaro che Internet non sta distruggendo la comunità, ma fa i conti con le tipologie di comunità networked che sono già diventate prevalenti nel mondo occidentale, e contribuisce ad estenderle. Molte relazioni interpersonali sono basate sui ruoli specializzati interpretati dalle persone. Queste relazioni specializzate abbondano nelle situazioni lavorative o di comunità, dove le persone si trovano a operare intorno a network sociali multipli. Talvolta, le persone preferiscono relazioni specializzate. Ad esempio, in ambito accademico, spesso gli studiosi preferiscono l’autonomia della comunicazione via mail alle relazioni in presenza, più impegnative e meno specializzate. Si ha così un bilanciamento tra il desiderio di regolarsi sui propri ritmi autonomi e quello di ottenere i vantaggi intellettuali, materiali e sociali dell’appartenenza a comunità scientifiche. (Wellman, 2002)
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“Se la comunicazione di tipo place to place supporta la dispersione e la frammentazione delle organizzazioni e della comunità, la comunicazione person to person supporta la dispersione e la frammentazione di ruoli rilevabili nei gruppi di lavoro e nei nuclei familiari. Il passaggio a un mondo personalizzato e wireless fornisce le basi per il networked individualism, che vede ogni persona spostarsi tra legami e network […] Gli individui si muovono rapidamente attraverso i loro network sociali. Ogni persona agisce separatamente nei suoi network per ottenere informazione, collaborazione, ordini, supporto, sociabilità e senso di appartenenza” (Wellman, 2002)
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Per un superamento della contrapposizione
online/offline
Tecnologie e vita quotidiana
Non possiamo realmente separare la nostra presenza online e offline, poiché
online e offline non sono entità discrete. (Gajjala, 2009)
Rybas e Gajjala: la «mitologia popolare di un sé disincarnato (disembodied)»
(2007, p. 7)
la generica dicotomia online/offline è svuotata di validità euristica, poiché ciascuna
specifica piattaforma offre un set determinato di affordances ai suoi utenti, con
riferimento ai vincoli espressivi (il supporto di comunicazioni vocali, scritte,
ecc.; comunicazione uno a uno/pochi a pochi/molti a molti e relative
combinazioni); alle specifiche modalità di attualizzazione del legame sociale;
alle norme e alle consuetudini di comportamento intersoggettivamente definite
(e solo provvisoriamente stabilizzate) in relazione a ciascun singolo ambiente
(e all’intersezione tra i diversi ambienti comunicativi e il peculiare contesto
sociale in cui ogni specifica relazione si inserisce)
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La Network Society (Castells)
(è) “una struttura sociale composta di network informazionale
alimentati da tecnologie dell’informazione caratteristiche del
paradigma informazionalista. (…) I network sociali sono
vecchi quanto l’umanità. Ma con l’informazionalismo hanno
acquisito una nuova vita, perché le recenti tecnologie
aumentano la flessibilità inerente ai network e allo stesso
tempo risolvono i problemi di coordinamento e guida che
hanno ostacolato i network nel corso della storia” (Castells
2001)
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L’uso di Internet fa male alle relazioni sociali?
L'idea che internet sia un medium separato e immersivo è ricca di trappole concettuali:
parte dal presupposto che le persone conducano vite differenti, separate dalle loro vite quotidiane nel mondo reale. E invece, con la parziale eccezione dei videogiocatori molto assidui, studiati da Turkle, le interazioni - e le vite – online e in presenza sono strettamente intrecciate tra loro.
parte dal presupposto che gli incontri in presenza siano l'unica forma significativa di connessione sociale e non riconosce che le email, gli sms, i post su Facebook, i tweet ecc. sono strumenti quotidiani che le persone usano in modo abituale per rimanere in contatto tra loro.
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Bowling alone?
R. Putnam: “Bowling alone” (1995 e 2000)
“Il testo sostiene che le ragioni principali per cui è diminuito il coinvolgimento nelle
organizzazioni comunitarie, come le leghe di bowling, risiedano nel fatto che le
persone stanno a casa a guardare la televisione, mentre un numero crescente di
donne ha iniziato a lavorare fuori casa. Ma lo stesso resoconto di Putnam mostra
che le persone non giocano a bowling da sole - malgrado il titolo del libro – ma lo
fanno in modo networked, con un mutevole insieme di altri giocatori che si
trovano a essere liberi quella settimana” (Rainie e Wellman, 2012)
“La frase “appartengo alla lega di Bowling di Putnam” è più facile da dire – e da
ricordare – rispetto alla frase “appartengo a un mutevole network di persone che
giocano a bowling di tanto in tanto, sebbene alcune di loro amino andare a ballare
– insieme ad altre - un sabato al mese”. In breve, un gruppo è spesso uno
stereotipo – una scorciatoia nel modo in cui pensiamo alle nostre relazioni”.
(Rainie e Wellman, 2012)
slide 27
Dai network place-to-place ai network person-to-
person
La connettività mobile e personalizzata intensificata dalla Tripla Rivoluzione e l'indebolimento dei confini dei gruppi hanno contribuito allo spostamento delle relazioni dai network place-to-place ai network individualizzati person-to-person (da persona a persona).
Più che coltivare legami tra nuclei familiari, le persone si connettono come individui ad altri individui, in network person-to-person. Operano attraverso set multipli di legami la cui importanza e la cui frequenza di contatto varia di giorno in giorno.
Mentre i network place-to-place mostrano come la dimensione comunitaria abbia travalicato i confini locali, i network person-to-person mostrano come abbia superato anche i legami di gruppo.
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L’individuo al centro del network
L'unità primaria della connettività è l'individuo, non il nucleo familiare, il gruppo di parenti o di lavoro. Questo cambiamento mette le persone al centro di network personali che, in forma aggregata, possono garantire loro supporto, socialità, informazione e senso di appartenenza.
Le persone si connettono in presenza e attraverso l'ICT. Le loro attività di networking cambiano di pari passo con i loro bisogni.
Benché i membri del network si relazionino tra loro in quanto persone, spesso enfatizzano determinati ruoli. Sono capi per i loro dipendenti, mariti per le loro mogli, amici per i loro amici, e così via – con norme in parte differenti per ciascun network.
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Relazioni online e offline
Con il passaggio ai network person-to person, la frattura tra lo spazio fisico e il cyberspazio – o, anche, tra scrittura e comunicazione orale – sta diminuendo.
L'interazione abilitata dalle tecnologie si inserisce senza soluzione di continuità nella vita quotidiana e funge da complemento ad altre pratiche.
I dati smentiscono chi temeva che internet avrebbe ridotto altre forme di contatto, mostrando che è avvenuto il contrario: al crescere dei contatti internet crescono anche i contatti in presenza e telefonici.
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Il vantaggio dei network estesi (con molti legami
deboli)
Network più estesi e diversificati connettono le persone a molti ambienti sociali differenziati, offrendo una grande varietà di informazione e di contatti sociali.
Al crescere dell'uso di internet aumenta la facilità di connessione con un elevato numero di persone.
Le dimensioni contano. Benché alcuni possano pensare che network più piccoli offrano relazioni di maggiore qualità – qualità che compensa la mancanza di quantità – in realtà la qualità va di pari passo con la quantità.
Network più estesi garantiscono maggiore supporto e, al contempo, ogni individuo al loro interno si mostra più propenso a offrire supporto: si crea un circolo virtuoso nel quale il capitale sociale alimenta ulteriore capitale sociale
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Facebook dà corpo all’individuo networked
Facebook promuove sia i collegamenti di lunga distanza (bridging) che i collegamenti interni ai cluster (bonding): passando di amico in amico su Facebook, le persone si connettono ad altri network personali, che sono in grado di offrire un potenziale accesso ad ambienti sociali differenti.
I legami condivisi – entrambe le persone sono amiche della stessa terza parte – sono particolarmente rilevanti per la formazione di nuove connessioni, in quanto un amico funge da garanzia per l'altro.
FB è un portale personale: non ci sono solo link a persone, ma a gusti e a espressioni come “like” destinate a una quantità ancora maggiore di libri, musica, prodotti, organizzazioni ecc..
Facebook è diventato per tutti il luogo “in cui andare”: la loro casa base.
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Il nuovo sistema operativo sociale e il
networked Individualism
“L'insieme di queste tre rivoluzioni ha reso possibile il nuovo sistema operativo sociale che definiamo “networked individualism”. (Rainie e Wellman)
Ciò che contraddistingue il networked individualism è che le persone funzionano più come individui connessi che come membri integrati di un gruppo. Per esempio, oggi i componenti di un nucleo familiare possono talvolta agire più come individui all'interno di network che come membri di una famiglia. Le abitazioni non sono più il loro castello, ma rappresentano basi operative per il networking con il mondo esterno: ogni membro della famiglia ha il proprio personal computer, la propria rubrica, la propria agenda e il proprio telefono”.
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Gli individui networked
Piuttosto che affidarsi a legami solidi con un numero relativamente ridotto di contatti intimi, molti soddisfano i propri bisogni sociali, emotivi ed economici collegandosi a network debolmente interconnessi e composti da contatti diversificati
Gli individui networked sono caratterizzati da forme di appartenenza parziale a molteplici network e fanno meno affidamento su forme di appartenenza permanente a gruppi stabili.
Un motivo fondamentale per cui questo tipo di network funziona bene è che, grazie al modo in cui le persone usano le tecnologie, le reti sociali sono ampie e diversificate
Gli individui networked hanno più potere di creare contenuti
mediali e di far sentire la propria voce a audience più estese,
che diventano parte dei loro mondi sociali.
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Quanto sono estesi i network personali?
Numero di Dunbar: il “cervello sociale” pone un limite a 150
(stima basata sull'osservazione di primati, abitanti di villaggi in
paesi non occidentali, gruppi militari).
Tuttavia, “Il 150, per come lo concepiamo, è semplicemente uno
di una serie di livelli di relazioni integrate, e questo sembra
potersi riferire sia al mondo contemporaneo che al mondo
etnografico” (Dunbar)
I network più estesi garantiscono maggiore supporto e, al
contempo, ogni individuo al loro interno si mostra più
propenso a offrire supportoli . Per la maggior parte degli
abitanti del mondo sviluppato, il numero di Dunbar è
decisamente sottostimato, perché i loro network sono
composti da un numero di membri decisamente superiore a
150 (alcune ricerche: tra 250 e 1700, la metà tra 400 e 800)
La virtualizzazione del legame sociale
Come in tutti i sistemi sociali costituiti da eventi
comunicativi orientati in base al senso, la
relazione connettiva impostata introduce una
differenza tra l’orizzonte delle possibilità
comunicative e la selezione contingente che
momentaneamente ne attualizza solo una. Ogni
attualizzazione, a sua volta, opera una
corrispondente virtualizzazione delle possibilità
non ancora attualizzate, che rimangono a
disposizione per ri-attivare (e rinnovare) il legame
sociale (Marinelli, 2009)
Al soggetto è attribuito l’onere «della decisione di
attivare legame – o di non sottrarsi all’apertura di
connessioni che pone i presupposti per la
strutturazione del legame» (Marinelli, 2009).
Elementi di distinzione relazioni online/offline
Pur mantenendo salda la convinzione di una continuità tra esperienza
online e offline, si possono individuare elementi che distinguono le
modalità di gestione delle relazioni sociali online (per la specifica
quota di relazionalità che affidiamo alla mediazione delle tecnologie)
1. maggiore rapidità e flessibilità garantita dalle tecnologie ai processi di
gestione dei network relazionali:
“la tecnologia consente anche rapidi cambiamenti del network, poiché si
possono aggiungere (adding) o cancellare (deleting) individui dal
network, in relazione all’evoluzione dei progetti e degli stati d’animo
di ciascun individuo che ne fa parte. In questo modo i network si
espandono, si sovrappongono e vengono modificati per effetto di una
struttura di comunicazione decentralizzata che gestisce
entrate/uscite multiple” (Castells, 2006, pp. 264-265).
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2. Funzione autoriflessiva
Alcune delle piattaforme tecnologiche (mail, SNS) contribuiscono a rendere visibili, di tenere traccia delle successive attualizzazioni messe in campo dai soggetti
“Le pratiche comunicative che si sperimentano nei social network sites abilitano solo una funzione auto-riflessiva più difficile da mettere in atto nel contesto delle relazioni face to face: quando siamo ‘connessi’, nello stesso momento in cui gestiamo le potenzialità dei nostri network, possiamo infatti godere di un punto di vista privilegiato da cui osservare noi stessi e il listato (la memoria) delle nostre interazioni sociali” (Marinelli 2009)
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3. Moltiplicazione delle virtualizzazioni
“ (…) non c’è alcuna differenza tra eventi comunicativi mediati da tecnologie e eventi comunicativi in presenza ad eccezione del fatto che la pervasività degli ambienti tecnologici fluidifica e espande a dismisura l’orizzonte delle possibilità e, dunque, alimenta e rafforza i processi di virtualizzazione. L’unica discontinuità, sul piano evolutivo, rispetto alle precedente forme sociali e a contesti pre-tecnologici, riposa su questo accresciuto ‘potere di accesso’ alle possibilità future e sul fatto che il soggetto possa – e debba – appropriarsene in modo diretto, personale” (Marinelli, 2008, pp. 145-146).
Nella società contemporanea «si fa esperienza dei processi di virtualizzazione sotto la chiave di una riserva pressoché infinita di possibilità di scelta che – apparentemente – sono a portata di mano dei singoli individui: dipendono solo dalle loro attualizzazioni» (ibidem).
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I SNS: una definizione
• danah boyd e Nicole Ellison, tra le più accreditate studiose del
fenomeno, affermano che un SNS “è un servizio web based che
consente all’utente di:
– costruire un profilo pubblico o semi pubblico
– creare una lista di utenti con cui condividono connessione
– vedere e attraversare le liste di connessione”
(JCMC, ottobre 2007)
• Le studiose non utilizzano l’etichetta social “networking”, perché
allude alla conoscenza di persone nuove, soprattutto in contesti di
dating, mentre l’attività principale condotta nei SNS è coltivare contatti
con persone che fanno già parte dei propri extended social networks.
Cosa sono i SNS?
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Studiare i network sociali?
• “For most of the past fifty years, the collection of network data has
been confined to the field of social network analysis, in which data
have to be collected through survey instruments that not only are
onerous to administer, but also suffer from the inaccurate or
subjective responses of subjects. People, it turns out, are not good
at remembering who their friends are, and the definition of a “firend”
is often quite ambiguous in the first place” (M. Newman, A-L.
Barabasi, D. Watts, The Structure and Dynamics of Networks,
Princeton Studies in Complexity, Princeton University Press, 2006,
p. 5)
42
Quali social network studiamo?
- Sociological “personal” networks. Sociologists have been working hard to measure people’s personal networks and much of the theory of social networks stems from analysis done on these networks. Different scholars have taken different approaches to measuring personal networks, but, most stereotypically, this takes the form of a clipboard and pencil as a young grad student queries an individual to recall who they talked to yesterday and indicate who they would lend money to or call when they are having an emotional breakdown. Most sociological theory stems from analyses of these personal networks. Social capital, weak ties, homophily, … all of those theories you’ve heard about are based on personal networks.
- Behavioral social networks. Behavioral social networks are the networks derived from encounters between individuals. In their efforts to measure personal networks, sociologists have often tried to get people to manually document encounters with others through diary studies. With new technologies in place, folks have gone on to generate behavioral social networks through the traces people leave behind
- Publicly articulated social networks. Articulated social networks are the social networks that you intentionally list. In some senses, this is what sociologists are eliciting, but people also articulate their social networks for other purposes. Address books and buddy lists are articulated social networks. So too are invitation lists. Most recently, this practice took a twist with the rise of social network sites that invite you to PUBLICLY articulate your social network
(d. boyd, 2009)
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Studiare i SNS
• Networked Individualism, privatization of sociability, ego-centered networks
• Le tecnologie della comunicazione rendono maggiormente visibili dinamiche che vedono i soggetti muoversi senza soluzione di continuità tra ambienti off- e ambienti online, non si tratta di spazi separati, ma di ambienti sempre più embedded nella vita quotidiana.
• Fenomeno più ampio rispetto ai Social Network Sites, che però sono ambienti particolarmente efficaci nel rendere visibili simili dimensioni e che consentono di tenere traccia delle successive attualizzazioni, evidenziando la competenza e la consapevolezza con cui gli utenti mettono in atto tali dinamiche e i correlati processi di self presentation.
• Inoltre, i SNS rappresentano potenti aggregatori, che incorporano alcune forme di comunicazione (online: IM, Blog, ecc.) e ne rimediano molte altre (a partire dalla stessa interazione face-to-face, Livingstone 2008, p. 395; Bolter e Grusin, 1999).
Le “età” dei Social media studies? (un tentativo di
sistematizzazione)
- “Preistoria”: fino al 2004 (primi studi embrionali di un fenomeno
ancora marginale sul piano quantitativo; guidati dalla teoria e
dall’interesse per un fenomeno nuovo; cfr. primi lavori boyd)
- Prima fase: (2005-2008/9) studio delle piattaforme e delle pratiche
d’uso; SNS come powerful playground per il ricercatore, per
osservare pratiche relazionali e identitarie (identity performances,
impression management, pattern relazionali; privacy)
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Le età dei social media
- Seconda fase: crescente integrazione dei SNS nella vita quotidiana dei soggetti (diventano “mainstream sites of relational maintenance” Baym, 2010, p. 134); parallelamente, la ricerca si fa più “specializzata” (branding e comunicazione aziendale; comunicazione politica; civic engagement; comunicazione d’emergenza; ecc.)
- Terza fase (il presente/futuro): big data (vincoli/opportunità? Quale ruolo per la ricerca sociale?); approccio ecologico
- Fare ricerca sui SNS: alcuni esempi:
- Identity performances and new patterns of sociability in a networked world
- Approccio ecologico: No more birthday greetings on my FB wall, please;
- Approccio ecologico e civic engagement: Take connected action
- Disaster communication su Twitter: Il caso #allertameteoSAR
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16/10/10 RadioMAster
Ada Byron Lovelace
(1815-1852)
Tra le altre cose, crea
il primo algoritmo
espressamente volto
a essere usato
da una macchina
(la macchina di
Babbage), è ritenuta
da molti la prima
programmatrice della
storia
16/10/10 RadioMAster
Elena Lucrezio
Cornaro Piscopia: la
prima donna laureata
al mondo era italiana
(laurea nel 1678 a
Padova)
“Quando il padre
chiese che Elena
potesse laurearsi in
teologia, il cardinale
Gregorio Barbarigo si
oppose duramente in
quanto riteneva “uno
sproposito” che una
donna potesse
diventare dottore”
(da Wikipedia.it)
Donne e professioni ICT
In Europa secondo i dati (aprile 2015) dell’ITU solo il 19% dei manager ICT sono
donne, rispetto al 45% degli altri settori. Solo il 9% degli sviluppatori di App
sono donne (http://www.chefuturo.it/2016/03/digital-skills-startup-gender-gap-
womans-day/)
Fra le 500 aziende della classifica Fortune, ci sono solo 22 donne CEO cioè il
4.4%.
Il settore STEM è quello destinato a creare maggiore occupazione vede una
minore presenza femminile e ciò porterà ad una ulteriore penalizzazione in
futuro: ci sarà un nuovo posto di lavoro per 4 posti persi per gli uomini e un
nuovo posto di lavoro per 20 posti persi per le donne (dati OCSE Global
Gender Gap Index, da http://www.techeconomy.it/2016/03/08/digital-divide-
genere-mito-realta/)
Le startup femminili in Italia sono solo il 13%
(https://icpressroom.wordpress.com/2016/03/08/le-startup-per-donne-sono-
solo-il-13-in-italia/)
16/10/10 RadioMAster
Non solo STEM: donne nel giornalismo italiano
16/10/10 RadioMAster
https://www.facebook.com/problemidellinformazione/
Il 52 per cento degli iscritti alle scuole di
giornalismo tra il 2006 e il 2012 è stato di
sesso femminile. E nel 2013 i praticanti
erano equamente distribuiti tra maschi (53
per cento) e femmine (46 per cento). Il
problema sta nei gradini più alti della
carriera: solo il 35 per cento dei
caporedattori è donna; e al livello dei direttori
e dei loro vice la percentuale scende al 23
per cento (dati INPGI sul 2013).
“pay gap” e riguarda anche la
professione giornalistica: stando ai dati del
2013, una redattrice in media guadagna il 13
per cento in meno di un suo collega, una
caporedattrice il 20 per cento in meno di un
caporedattore e una direttrice di testata
addirittura il 23 per cento in meno di un
uomo con la stessa qualifica.
(Monia Azzalini, Osservatorio di Pavia, su
lastampa.it)
“Glass ceiling”
“Newsroom culture”
Rappresentazione delle donne sui
media (anche online)
GMMP: “persone nelle notizie”: in Italia
donne 7% nel 1995, oggi 21% (media
globale 24%)
Donne e ICT: il ruolo degli stereotipi
16/10/10 RadioMAster
REPRESENTATION OF THE MOBILE PHONE
Sophistication Simplicity
STEREOTYPES
Age Skills / Competencies Proper behaviour
Gender Skills Social roles
Dalla ricerca mobile media e over 60 (Comunello, Fernandez-Ardevol, Mulargia, Belotti)
Rappresentazione sociale: ‘a socially elaborated and shared form of knowledge that has a practical goal and
builds a reality that is common to a social set’ (Jodelet, 1991)
Stereotypes influence normative behaviours and create norms and roles (Stangor and Schaller, 2000), which
can explain ICT adoption (Buccoliero and Belli, 2014) and usage practices.