Post on 22-Feb-2019
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PRODUZIONI- ; , M E R C A T O , GENERE
U n recente contributo di Didier Bodart (1986) ha sottolineato la distanza che p u ò esistere tra mentali tà italiana e cultura olandese e fiamminga: e questo a dispetto dei contatti e delle relazioni scambievoli che le due culture hanno conosciuto nelle epoche che sono oggetto dell'interesse critico attuale.
Una evidente diversità di organizzazione sociale e della cultura fra i l Mediterraneo e i Paesi del N o r d porta anche a appiattire intenzioni e atteggiamenti fra i due insediamenti dell'area dello Schelda che risultano, anche per mot iv i ideologici, sostanzialmente divaricanti fra loro, ma resi comuni nell'ottica deformata della distanza del punto di osservazione.
D'altra parte la produzione pittorica e le sue condizioni di mercato i n Fiandra e in Olanda si presentano, agli occhi del sociologo dell'arte, particolarmente sensibili al rapporto fra espressione artistica e realtà dei rapporti materiali, sostanzialmente opposte: nella r i costruzione della figura e della funzione dell'artista nelle diverse epoche, Arno ld Hauser così sintetizza la situazione: «Nei paesi cattolico-monarchici vengono posti altri compiti che per esempio nell'Olanda protestante-
repubblicana. Ora egli è al servizio di uno sfoggio di pompa ecclesiastico e di corte, della propaganda antiriformistica e antidemocratica, ora diventa portavoce del realismo e del razionalismo borghesi, patrocinatore dell ' immediatezza e interiorità di una vita non pretenziosa che si svolge in ambiti modesti» (1977,1, p. 317). I n entrambi i casi pittura come esplicitazione di una «visione del mondo» , arte di propaganda, anche se per i l polo borghese i l termine può sembrare fin troppo forte, e per questo sostanzialmente divaricante: In Olanda «le storie bibliche hanno un posto relativamente modesto accanto ai soggetti profani, e di solito vengono trattate come scene di genere. I tempi preferiti sono invece quelli tratti dalla vita quotidiana: i l quadro di costume, i l ritratto, i l paesaggio, la natura morta, la scena d'interno, lo studio d'architettura. Mentre nelle monarchie cattoliche i l genere prevalente è ancora i l quadro di storia, sacra e profana, in Olanda si sviluppano in piena autonomia i mot iv i sinora accessori» (1956, I I , p. 497).
E la diversa fisionomia del committente (una borghesia diffusa da una parte, i l clero e l'istituzione monarchica dall'altra) a determinare la diversa sorte della pittura dal punto di
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vista tematico come della stessa condizione sociale dell'artista. Da questo punto di vista Pietro Paolo Rubens e la sua azienda risultano traumaticamente opposti a Frans Hals, come, spostando il parallelo cronologico, a Rembrandt. Ma che l'arte di commessa possa avere mutamenti e diversità sostanziali è argomento fin troppo evidente perché possa essere messo in discussione. Se ci si limitasse a essa i due universi così geograficamente vicini conoscerebbero una complementar ie tà nella espressione estetica ol treché in quellla pol i t i ca o ideologica.
Ma un secondo elemento, che ci interessa più strettamente, e sarà i l mondo della natura morta, conosce nei due ambiti or ora distinti e contrapposti, una relazione molto meno traumatica, fatta all'opposto di continui contr ibuti , di spostamenti pendolari fra una sponda e l'altra dello Schelda. I l contatto e lo scambio, fisico ma anche di influenze e di debit i contratti, percorrono l'intero arco del secolo che stiamo prendendo in esame: sarà i l caso, proprio agli esordi del X V I I secolo, di Jan van Essen e di Clara Peeters, che dall 'originario insediamento fiammingo si spingono in Olanda innervando una scuola di natura morta già presente con i l contributo dell'esperienza originaria ma allo stesso tempo contraendo una «maniera» pittorica caratteristica del nuovo ambiente. E forse ancora più singolare p u ò essere considerato i l caso di Jan Davidsz. de Heem che nei ripetuti viaggi al di qua e al di là dello Schelda costituisce un elemento catalizzatore in entrambi g l i insediamenti fino a proporre, nell 'età matura, un suo originale magistero nell'ambito della storia della natura morta.
Ma a ben vedere gli spostamenti degli artisti, per mot iv i di studio o spesso anche per
sfuggire a persecuzioni religiose nel paese natale o d'elezione, è fenomeno che impegna regioni ben più ampie di quelle toccate in questa occasione: Germania, Francia, Spagna e Italia conoscono a tutt i gl i effetti un contatto con i l resto dell'Europa significativo proprio per l'ampiezza delle tracce lasciate dal singolo forestiero.
Tornando comunque all'ipotesi inaugurale, quella cioè della paradossalmente fragile barriera fra Province del N o r d e Fiandre, non si vuole affermare puntualizzando contatti e scambi, una improbabile koiné fra i due insediamenti oltretutto perché per ogni centro delle due zone (Haarlem, Leida, Amsterdam, Anversa, Delft, ecc.) occorre parlare di corporazioni e di scuole locali, in quanto una «maniera fiamminga» sarà immediatamente distinguibile da una «olandese», ma parleremo di distinzione nell'ordine della tavolozza pittorica, della resa fredda o calda dell'atmosfera, mai di inconciliabilità.
E questo sostanzialmente perché ci si trova, nel mondo della natura morta, davanti a una pittura senza committenza specifica, a una produzione che trova la sua collocazione in un mercato più ampio e diffuso della pit tura «ufficiale» con cui si è inaugurato i l discorso. Pittura da cavalletto, quindi di dimensioni ridotte rispetto alle commesse ufficiali, della Chiesa o della Corporazione o del Municipio, e soprattutto moltiplicata per un pubblico potenzialmente molto più vasto, specifica come soggetto, dovendosi accostare, come accennato prima, a diversi e immediatamente riconoscibili generi. E oltretutto la parcellizzazione dei soggetti, la loro netta definizione e la loro assunzione come stereotipi e modelli da replicare costantemente, risultano funzionali a questo fenomeno della pittura per i l
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mercato che si pone, nel panorama dell'esperienza pittorica dell'occidente come situazione sociale e artistica assolutamente nuova. Già nel secolo precedente Anversa all'epoca del suo massimo splendore, era stato un centro di esportazione di grande importanza, ma come nota giustamente Hauser in Olanda la produzione si basa sostanzialmente sul consumo interno, su una richiesta da parte di un nuovo e particolare collezionista borghese e piccolo borghese fino a allora confinato alla periferia della produzione artistica, che diventa collezionista e mercante, che raccoglie in altri termini per un desiderio di investimento a breve o lunga durata, oltre evidentemente per decoro, per desiderio di imitazione dell'arredo delle abitazioni delle classi superiori , tenendo oltretutto conto che dal punto di vista architettonico in Olanda non assistiamo alla forbice schizofrenica fra domicil io aristocratico e abitazione borghese come p u ò avvenire altrove.
La fisionomia del nuovo destinatario della produzione pittorica è allora prima di tut to dominata dal suo numero esteso, secondariamente dalla preferenza accordata a soggetti fisicamente o psicologicamente vicini , che attengano al possesso di un bene materiale vicino o lontano che sia, all'arredo della stanza come alla proprietà della terra, quindi al paesaggio. E stato recentemente notato come i due soggetti, della natura morta e della veduta naturale, nella loro divaricante «distanza» rispetto al tema che dal finito della parete e del tavolo, giunge all ' infinito dell'orizzonte terrestre e del cielo, siano concettualmente opposti realizzando la prima l ' immobi l i tà delle cose.
«In questa proprietà la natura morta si contrappone al paesaggio, che rappresenta
anch'esso i l mondo esteriore, ma i l mondo della natura viva, della realtà.
A differenza della natura morta i l paesaggio raffigura ciò che si muove e che muta. Soggetti immobi l i nel paesaggio vengono assunti solo per mettere i n rilievo la instabilità della materia vivente e per sottolineare il contrasto» (I.J. Danilowa, Das Stilleben, p. 42).
E i l ragionamento differenziale sui soggetti delia pittura che assumono fisionomia consolidata nella contingenza merceologica dell'Olanda del pr imo Seicento, p u ò continuare, sempre seguendo le indicazioni della Danilowa, anche con la pittura di ambiente, per certi versi contigua rispetto a quella di natura morta, ma che inclina evidentemente a una concezione «corretta» dei singoli oggetti presenti sulla scena a vantaggio dell'architettura generale, protagonista e determinatrice delle evidenze e delle pregnanze degli oggetti ritrattati. Quando invece la natura morta, almeno quella degli esordi, o risulta del tu t to indifferente, dal punto di vista dell ' impianto e della stessa atmosfera, allo spazio circostante, o attribuisce a esso un valore puramente accessorio, di puro contenitore la cui fisionomia e i l cui carattere devono essere desunti dalla collezione degli oggetti naturali o artificiali disposti sul piano. Si vuol dire in altri termini che usare i l t i to lo «cucina», come spesso capita nella letteratura sul genere, per una natura morta risulta essere, almeno nell'ottica merceologica di cui stiamo discutendo, sostanzialmente errata i n quanto segnala un ambiente significato esclusivamente dalla presenza di una determinata merce, alt r iment i indeterminato.
Legare comunque le condizioni di un mercato diffuso, che ol tretut to conoscerà una preoccupante crisi d i sovraproduzione negli
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anni venti, alla definizione netta dei soggetti della pittura nel mondo olandese, e conseguentemente anche la specializzazione che delinea, all'interno di una pratica artigianale, competenze settorialmente diversificate per soggetti, in un rapporto di causa-effetto, p u ò essere ragionamento forzato o comunque restrittivo. Certamente La precisa definizione t i pologica che si afferma a me tà secolo e che una letteratura sull'argomento ha più volte r i portato sembra corrispondere a una descrizione merceologica, quindi rispondere a un'esigenza legata al sistema richiesta-produzione-consumo che si afferma in ambito olandese con caratteristiche quantitative assolutamente eccezionali.
11 sistema di mercato che abbiamo brevemente riassunto coglie quindi un nuovo genere di consumatori distinto da un mercato «ufficiale», di rappresentanza che conosce, almeno in Olanda, espansioni e contrazioni altrettanto traumatiche secondo le regole di un mercato nascente e sfrenatamente libero, ma che, costituisce e questo si attesta anche se in misura minore nelle vicine Fiandre, centro di riferimento di una produzione pittorica sganciata dalla nobil tà e dal Clero: come tutte le dinamiche di mercato assisteremo a andamenti protezionistici e a repentine aperture all'esterno, una produzione ripetuta su modelli della bottega, della scuola o della Gilda cittadina, quindi un andamento conservativo, e un meccanismo altrettanto opposto, di acquisizione o di ricerca della novità, prontamente divulgata e fatta propria.
I n quanto tali si tratta di fenomeni già vissuti nel ristretto ambito della produzione dell'arte, ma che nel mondo del N o r d incidono profondamente sulla concezione stessa della pittura, sulla sua fortuna e durata, sul
ruolo stesso dell'artefice: la cocente parabola di un Rembrandt, dall'accettazione al rifiuto, è segnale affatto nuovo, comunque concepibile solo all'interno di una pluralità di estetiche in conflitto fra loro, ritagliate sulla fisionomia di classe di un pubblico altrettanto differenziato e diversificato come gusti e come esigenze. «li rifiuto del suo Claudio Civile, dipinto per i l Municipio di Amsterdam, fu i l pr imo segno della crisi artistica del tempo. Rembrandt ne fu la prima grande vittima. Nessun'epoca precedente l'avrebbe plasmato cosi com'era, ma neppure l'avrebbe lasciato precipitare così in basso» (Hauser, 1956, p. 508). Le traumatiche affermazioni di Hauser pongono Rembrandt come spartiacque fra l'artista funzionale alla società e l'artista come individuo in opposizione a essa, coscienza critica di quanti ne permettono paradossalmente l'esistenza: la svolta drammatica è allora interpretabile per quanto avverrà successivamente, antesignana di una seconda svolta, nella Parigi degli anni '30 del X I X secolo, quando la frattura diventerà insanabile, o meglio su essa si delineera l'artista contemporaneo. Senza implicazioni troppo lontane, senza cioè collegare in un unitario «prima-dopo» troppo omogeneizzante, la dilatazione di un pubblico, la diversificazione di una produzione in funzione di essa costituiscono svolte significative, omettendo le quali un discorso su un settore l imitato del tutto, nei meccanismi di conservazione e di novità cui abbiamo fatto riferimento, risulta necessariamente parziale, come tale carente per una intelligenza profonda.
All 'opposto di un circuito dell'arte «ufficiale», impegnata sul piano delle commmesse con le istituzioni, siano esse quelle borghesi d'Olanda o quelle ecclesiastiche o nobiliari
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delle Fiandre, i l sistema della natura morta, nella versatilità dei soggetti che p u ò affrontare e che coincide con l'ampiezza dei gusti e delle esigenze del pubblico, sembra conoscere un rapporto con i l pubblico ben più omogeneo e continuo, in un sistema dialettico fra ripetizione della "maniera» o del «soggetto» fortunato e necessità o richiesta di rinnovamento, dall'interno o dall'esterno del sistema del genere. Si pensino, come esempi contrapposti, alla produzione riferibile alla «dinastia» dei Bosschaert che, copre, spesso replicando i medesimi soggetti, un significativo arco di tempo, dalla fine del X V I secolo
con i l capostipite Ambrosius i l vecchio alla metà del secolo, con l'attività di Ambrosius i l giovane e di Abraham; nell'ordine della discont inui tà interna al genere la svolta fra la prima e la seconda «tavola imbandita» di Haarlem a cavallo degli anni venti o i l «ritorno» di Jan Davisdz. de Heem a Anversa dopo l'esperienza olandese, capace di creare un nuovo modo di concepire e di organizzare i l soggetto inanimato; e infine, nell'influenza fra esterno e interno alla natura morta, la «maniera» pittorica di un Rubens e la sua adozione a opera di un Frans Snyders o un Jan Fyt.
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