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Corso diGEOLOGIA STRUTTURALE
Docente: Antonio Funedda
Proprietà meccaniche delle rocce:REOLOGIA e
MECCANISMI DEFORMATIVI
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE GEOLOGICHE
Geologia Strutturale
RAPPORTI STRESS-STRAINComportamento delle rocce sottoposte a stress
Relazioni che intercorrono tra una roccia deformata e lo stress (sforzo) che causa tale
deformazione e che descrivono il comportamento della roccia alla scala macroscopica
Non esiste una teoria generale che consideri la deformazione delle rocce in base alle diverse
variabili:
•Tipo di roccia
•Pressione idrostatica
•Temperatura
•Presenza di fluidi
•Quantità di deformazione accumulata in un intervallo di tempo (tasso di deformazione o
strain rate)
= e/t = l/(l0t) [s]-1
n.b.: spesso nei testi lo strain rate è indicato con "e" o con un punto sopra => ė
es: se il 30% di e è raggiunto in 1 ora (3600 s) => ė = 0,3/3600 = 8,3x10‐5/s,
in 1 giorno => ė = 0,3/86400 = 3,47x10‐6/s.
Lo strain rate dello spostamento durante il Quaternario della faglia di San Andreas è dell'ordine di 10‐14/s
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1t
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Geologia Strutturale
Modello di comportamento di materiali ideali
Comportamenti che per determinati intervalli di condizioni fisiche sono assimilabili a quelli
delle rocce:
Deformazioni reversibili ed irreversibili:
•Comportamento elastico
•Comportamento viscoso
•Comportamento plastico
Possiamo rappresentare il comportamento di un materiale sottoposto a stress con dei
diagrammi:
•strain / stress,
•tempo / stress,
•tempo / strain
Reologia: relazioni che descrivono il comportamento di una roccia ideale a
scala macroscopica, supponendo che la roccia sia un materiale continuo,
cioè senza discontinuità o vuoti all’interno, e omogeneo, cioè le proprietà fisi‐
che sono costanti in ogni punto della roccia.
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Geologia Strutturale
Il materiale si deforma istantaneamente in modo proporzionale allo stress applicato. Se si toglie
lo stress, il corpo ritorna nel suo stato iniziale indeformato, quindi la deformazione è
reversibile. La relazione stress‐strain è lineare e l’estensione (e) è direttamente proporzionale
allo stress applicato
Comportamento elastico
In genere hanno un comportamento elastico campioni di roccia caricati assialmente in condizioni di bassa P. idrostatica, bassa Temperatura e alti Tassi di strain (10‐3, 10‐4 s‐1)
Un analogo meccanico è rappresentato da una molla
e
• Relazione lineare tra stress e strain
• Risposta istantanea allo stress• Deformazione non permanente
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Somma delle 2 curve
lunghezza del legame al valore minimo di energia potenziale (U)
Geologia Strutturale
Comportamento elastico
Questa energia potenziale torna ad un valore minimo quando gli atomi ritornano
nella loro posizione iniziale o quando alcuni legami vengono rotti e viene ristabilita una
situazione di equilibrio. Nel primo caso si ha un comportamento elastico, nel secondo si
produce una deformazione permanente.
La deformazione è reversibile quando non si ha
rottura di legami atomici, ma solo un loro
allungamento, raccorciamento o piegamento.
In una situazione stabile, la distanza tra due ioni
di carica opposta (lunghezza del legame r) è tale
per cui l’energia potenziale è minima. L’energia
potenziale (U) è la somma delle forze di
attrazione (i due ioni hanno cariche opposte) e
di repulsione (degli elettroni). Se a seguito di
una deformazione la lunghezza r del legame tra i
due ioni cambia, si ha un aumento in energia
potenziale, chiamata energia elastica.
N.B. La repulsione dovuta agli elettroni agisce solo su distanze molto piccole, ma è molto forte. L'attrazione è più debole, ma agisce su distanze maggiori. Quindi è più difficile avvicinare due ioni piuttosto che allontanarli, infatti anche in natura si osserva che: le rocce sono più resistenti alla compressione che alla trazione
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Geologia Strutturale
Comportamento elastico
2) Nel caso di estensione e raccorciamento contemporanei si definisce il
Si definisce come il rapporto tra
l'estensione ortogonale ad uno
sforzo compressivo applicato e
l’estensione parallela allo stesso
sforzo, in altre parole, il
rapporto tra l’estensione
laterale e l’estensione assiale.
1) Tra Sforzo e deformazione esiste una relazione lineare detta Legge di Hooke
= E·e [Pa=kg/m · s-2]dove E = Modulo di Young nel caso di una compressione uniassiale.
Nel caso di una compressione per taglio avrò:
= 2·e (in alcuni casi indicato con G∙)
dove =Modulo di taglio.
oppure come variazione di volume = K∙[(V‐V0)/V0] per cui
1/K indica la compressibilità.
e = tg-1E
= 1 / 3 (sempre < 0,5 nelle rocce ; 0,5 = materiali completamente non comprimibili)
Coefficiente (o Rapporto) di Poisson
1 = ‐(2+ 3) ‐> 1 = ‐23 ‐> 0,5 1 = ‐3
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Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche - CagliariGeologia Strutturale
Comportamento elastico
Una roccia con un modulo di Young E basso èuna roccia meccanicamente debole, che si deforma più facilmente.
da Fossen, 2010
Tre tipi diversi di comportamento elastico
Geologia Strutturale
Comportamento viscoso
l’inclinazione della curva è la viscosità ed è la resistenza di un materiale a fluire
•Deformazione irreversibile
•Quantità di deformazione proporzionale allo stress applicato
Se un corpo sottoposto a stress si deforma e non riacquista la sua forma originaria quando lo stress è rimosso, si tratta di una deformazione irreversibile. Un comportamento viscoso ideale èun comportamento “newtoniano”, tipico di materiali con struttura interna semplice.
dove = coeff. di viscosità. Unità di misura: Pa∙s
e
t
ee
Mantello 1021
Acqua 10-3
• Relazione lineare tra stress e tasso di strain
• Risposta non istantanea allo stress• Deformazione permanente
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11 tml
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Geologia Strutturale
F
e
Un analogo meccanico è un pistone poroso o con fori che si muove in un cilindro riempito con fluido.
•L’elongazione e è un numero puro, essendo un rapporto tra lunghezze.
•La costante è il coefficiente di viscosità e intuitivamente può essere considerato una
misura della resistenza del materiale a deformarsi.
•Un materiale con un’alta viscosità si deforma molto lentamente, uno con bassa viscosità più
velocemente.
•La differenza fondamentale tra comportamento elastico e comportamento viscoso è che il
primo è indipendente rispetto al tempo, al contrario del secondo nel quale lo strain non è
istantaneo ma si accumula nel tempo.
Comportamento viscoso
Molti autori hanno assunto un comportamento viscoso per il materiale della parte superiore del mantello, deformato ad alta temperatura (1000 ‐ 1500°C) e a basso tasso di strain (10‐12, 10‐14 s‐1)
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Geologia Strutturale
Comportamento viscosoDipartimento di Scienze chimiche e geologiche - Cagliari
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Geologia Strutturale
Comportamento plasticoUn corpo che si deforma in modo plastico non acquista alcuna deformazione permanente fino
a che lo stress applicato non raggiunge una soglia (), detta limite di plasticità (yield stress).
Raggiunta questa soglia lo stress non può aumentare, mentre cresce la velocità di
deformazione (caso di un corpo perfettamente plastico o modello di Saint Venant).
L’analogo meccanico di questo comportamento è un corpo sopra una
superficie piana orizzontale scabra con un coefficiente di attrito relativo.
A scala microscopica implica scivolamento su piano reticolari raggiunto
un certo stress.
• Deformazione a stress costante oltre la soglia
• Stress costante rispetto al tasso di strain• Deformazione permanente
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Geologia Strutturale Comportamento elastico-plastico
Applicando lo stress il corpo si deforma inizialmente in modo elastico, superato il limite di plasticità si deforma in modo plastico.Cessato lo stress scompare la deformazione elastica mentre rimane permanentemente quella plastica.
Un analogo meccanico è un corpo sopra una superficie piana orizzontale scabra a cui è applicata in serie una molla.
• Elastico, quindi plastico, relazione stress–strain• Risposta istantanea allo stress• Deformazione permanente + non permanente
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Geologia Strutturale Comportamento elastico-plastico
da Fossen, 2010
Curve per deformazione elasto‐plastica
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Geologia Strutturale
Comportamento visco-plastico (o "Bingham")
Applicando lo stress il corpo assume un comportamento "viscoso", cioè si deforma in maniera irreversibile, solo dopo aver superato una soglia di stress critico.
Un analogo meccanico è un corpo che scorre sopra una superficie piana orizzontale scabra e un pistone poroso applicati in parallelo.
Comportamento tipico delle pitture per parete o, da un punto di vista propriamente geologico, di un duomo lavico.
• Comportamento viscoso lineare oltre la soglia di plasticità• Nessuna risposta allo stress fino alla soglia, quindi dipende dal tempo di applicazione dello stress• Deformazione permanente
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Geologia Strutturale
Comportamento elastico-viscoso (Maxwell)In caso di viscosità bassa il materiale si comporta come un corpo viscoso e la deformazione viene acquisita appena si applica lo stress.Nel caso di viscosità alta il materiale si comporta in modo elastico se vengono applicate delle forze istantanee mentre ha un comportamento viscoso se vengono applicate forze per un periodo lungo.Con sforzo costante la def. elastica è gradualmente convertita in def. viscosa.E' utile è per "modellizzare" il comportamento della crosta terrestre sottoposta a onde sismiche e poi a carico litosferico.
Un analogo meccanico è
un pistone poroso in un
cilindro a cui è applicata in
serie una molla
• Elastico e quindi viscoso sopra la soglia• Risposta elastica istantanea allo stress, quindi dipendente dal tempo• Strain rate controllato dalla viscosità• Deformazione permanente + non permanente
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ė = /E + /. .
Geologia Strutturale
Comportamento firmo-viscoso (visco-elastico) (o di "Kelvin")
Applicando lo stress le componenti elastica e viscosa
agiscono insieme.
La velocità di deformazione diminuisce gradualmente nel
tempo anche se lo stress è costante.
Quando lo stress viene rimosso la deformazione diminuisce
gradualmente fino ad essere completamente annullata.
Un analogo meccanico è l'ammortizzatore di un'automobile.In pratica la molla ed il pistone reagiscono immediatamente alla forza, ma il pistone ritarda l'allungamento della molla
• Elastico e viscoso allo stesso tempo• Risposta istantanea allo stress• Strain rate controllato dalla viscosità• Deformazione non permanente
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= E·e + · ė
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Geologia Strutturale
Comportamento lineare
Comportamento non lineare
da Fossen, 2010
• Elastico, viscoso oltre la soglia di plasticità• Risposta istantanea allo stress• Strain rate controllato dalla viscosità• Deformazione non permanente
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• La viscosità cambia al cambiare dello strain rate
da Van del Pluijm & Marschak
e˙ = A σn exp(–E*/RT)
Geologia Strutturale
L’insieme dei processi materiali attivi in una roccia che si deforma definiscono un meccanismo
deformativo e producono microstrutture caratteristiche nella roccia.
Il modo in cui una roccia sottoposta a stress si deforma è funzione di numerosi fattori:
parametri esterni ‐ pressione, temperatura, stress applicato, presenza e natura dei fluidi, ecc.;
parametri propri della roccia ‐ composizione mineralogica, dimensioni dei granuli, porosità,
permeabilità, ecc.
L’identificazione del meccanismo deformativo operante durante una defomazione si basa
perciò sul riconoscimento delle microstrutture che questo produce.
(N.B. studio che non rientra negli obiettivi di questo corso breve)
Meccanismi deformativi Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche - Cagliari
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Geologia Strutturale
I meccanismi deformativi che possono operare in rocce sono:
1. cataclasi, in cui si ha fratturazione, perdita di coesione e scivolamento tra i granuli;
2. plasticità, con deformazione intracristallina per movimento di dislocazioni o per
geminazione;
3. scivolamento viscoso, in cui lo strain è accomodato da diffusione di materia;
4. dissoluzione e riprecipitazione (pressure solution), con diffusione e trasporto di materia
assistito dalla presenza di fluidi intergranulari.
Meccanismi deformativi
Il meccanismo deformativo di cataclasi porta ad un flusso con scivolamento relativo dei grani
(frictional flow) fortemente dipendente dalla pressione;
i meccanismi deformativi di plasticità, scivolamento viscoso e dissoluzione e riprecipitazione
portano ad un flusso viscoso (viscous flow) attivato soprattutto dalla temperatura.
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Geologia Strutturale Cataclasi
•La deformazione avviene per fratturazione della roccia
•Influenza dalle condizioni di pressione presente (come evidente negli esperimenti di
deformazione con Pressione di confinamento variabile).
•Aumento di volume
•Riduzione di grana
•Non cambia la struttura cristallografica
Secondo il criterio di Coulomb la fratturazione avviene quando lo stress di taglio st raggiunge un
valore pari a:
t = c0 + ntg
Dove t = componente di taglio dello stress,
c0 = coesione del materiale (N/m3), se la roccia è già fratturata c0 = 0n = componente normale dello stress,
= angolo di attrito interno.
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Geologia Strutturale
Questa relazione può essere evidenziata utilizzando la costruzione del cerchio di Mohr (b) utilizzando le grandezze indicate in (a)
Cataclasi
hanno la stessa forma delle equazioni parametriche del cerchio:
x = e + cos;
y = r sene = 1+2 / 2 => coordinate del centro del cerchio
r = 1–2 / 2 => raggio del cerchio
N = 1+2 / 2 + 1-2 cos2
t = 1–2 / 2 sen2
Praticamente traccio un cerchio la cui distanza dall'origine del nostro sistema di riferimento, in cui sull'asse delle ascisse rappresento lo stress normale e su quello delle ordinate lo stress di taglio, sia e e la cui apertura sia r. L'intersezione della circonferenza con l'asse delle ascisse ci
indica il 1 ed il 2.
t = c0 + ntg
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Geologia Strutturale
• Diminuzione della grana e del grado di selezionamento della roccia, con un ampio spettro delle dimensioni dei granuli.
• Può avvenire solo con pressioni non elevate. Per questo motivo la deformazione fragile è molto comune in superficie, dove la pressione è minore e la roccia ha la possibilità di aumentare di volume.
• La Temperatura non è importante
Cataclasi• Aumento di volume (dilatanza ), scivolamento tra i grani lungo le fratture e rotazione
passiva tra i grani o i frammenti di grani.
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Il meccanismo deformativo per cataclasi può essere attivo in una deformazione localizzata in
fasce ristrette, ad esempio lungo faglie o in zone di taglio. In questo caso lo spessore della
cataclasite è molto inferiore rispetto alle dimensioni della faglia o della zona di taglio. La
cataclasi può operare anche in deformazioni non localizzate, con uno strain distribuito in
un’ampia fascia. In questo caso si parla di deformazione per flusso cataclastico.
Geologia Strutturale Cataclasi Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche - Cagliari
Geologia Strutturale Processi di tipo viscoso
Insieme di processi attivati dalla variazione della temperatura, durante i quali non avviene fratturazione
da Ramsay & Huber, 1983
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Geologia Strutturale Plasticità
E' un meccanismo deformativo durante il quale si ha rottura e formazione di nuovi legami
atomici secondo diverse modalità a causa della presenza all’interno di reticoli cristallini di
difetti.
La deformazione è intergranulare ed è legata a variazioni interne al cristallo.
Il procedere dei movimenti dei difetto porta alla ricristallizzazione dinamica con formazione
di cristalli allungati.
La rottura e la formazione dei legami atomici sono favoriti dall'elevata temperatura.
700OLIVINA
450-500FELDSPATI
270QUARZO
180CALCITE
70ANIDRITE
TEMPERATURA (°C)
MINERALE
Temperature di transizione tra cataclasi e plasticità per diversi minerali
Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale Plasticità
Difetti puntiformiSiti reticolari vacanti (a); atomi con posizioni non reticolari (b) impurità sostituzionali (c); ioni interstiziali nel reticolo (d).
In un cristallo con siti reticolari
vacanti (v), se si applica uno stress
s1, i siti vacanti si muovono nella
direzione di s1 modificando al
forma esterna del cristallo
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Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale Plasticità
Difetti unidimensionali o lineari
Dislocazioni (esempio del tappeto o del
bruco)
Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale
Difetti bidimensionali o planariDeformation band, deformation lamellae, rotazione di sub‐grani, migrazione dei margini dei grani, geminazioni
Plasticità
Particolare di cristalli geminati, le frecce rosse indicano le parti geminate, in blu la parte del cristallo non geminata. (Marmo di Carrara, sez. sottile, nicol incrociati)
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Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale Pressure solution (Dissoluzione)Questo meccanismo implica il trasporto di materia mediante una fase fluida intragranulare in cui del materiale può entrare in soluzione e da cui successivamente può ricristallizzare.
La dissoluzione avviene in quella parte della superficie dei grani su cui agisce 1. Gli atomi si diffondono nella fase fluida, vengono trasportati lungo i limiti tra i grani e quindi riprecipitano in zone a basso stress.
Dissoluzione e riprecipitazione sono:
• particolarmente efficienti se la grana della roccia è piccola;
• fortemente influenzati dalla presenza e composizione della fase fluida;
• dalla composizione e permeabilità della roccia.
da Allmendinger
Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale Pressure solution (Dissoluzione)
Meccanismo di deformazione molto
diffuso in rocce in condizioni di bassa
temperatura e bassa pressione, ma
generalmente non può accomodare
una grande quantità di strain
Dissoluzione e riprecipitazionesono:• particolarmente efficienti se la grana della roccia è piccola;• fortemente influenzati dalla presenza e composizione della fase fluida;• dalla composizione e permeabilità della roccia.
Superfici di dissoluzione (A) e vene di estensione (B) in un calcare. Le superfici di dissoluzione (stiloliti) sono orientate ortogonalmente al s1 applicato e contemporaneamente si sviluppano vene di estensione ortogonali, in cui si ha riprecipitazione del materiale dissolto.
da Allmendinger
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Questo meccanismo deformativo (assieme a quello di dissoluzione e riprecipitazione) diventa importante nella deformazione di una roccia se le dimensioni iniziali dei grani sono abbastanza piccole da permettere ai processi di trasferimento di materia di procedere, e perciò di accomodare strain, con una velocità maggiore rispetto al meccanismo di plasticità, legato quest’ultimo alla velocità di movimento delle dislocazioni nel cristallo.
Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale Scivolamento viscoso
Caratteri tipici di questo meccanismo deformativo, oltre alla grana ridotta della roccia, sono la debole orientazione preferenziale di forma e cristallografica dei cristalli (superplasticità).
Ad alte temperature e basso stress la diffusione avviene all’interno del cristallo (Nabarro‐Herring creep); a basse temperature la diffusione è invece limitata ad una zona in corrispondenza del limite del cristallo (Coblecreep).
•Campioni cilindrici di roccia, di dimensioni da 2 a 15 mm in diametro
e da 6 a 300 mm in altezza.
•Il carico è applicato alle facce del cilindro mediante un pistone,
mentre la pressione laterale è applicata mediante fluidi o solidi.
•Lo stress applicato dal pistone = stress assiale.
•Lo stress laterale = pressione di confinamento.
Deformazione sperimentale di rocceDipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale
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Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale Deformazione sperimentale di rocceStati di stress e deformazioni sperimentali:a) compressione assiale: lo stress assiale è maggiore della pressione confinante:
1 > 2 = (fig. a).b) estensione assiale: la pressione confinante è maggiore dello stress assiale,
1 = 2 > 3 > 0 (fig. b).c) torsione semplice: gli assi principali dello stress a 45° (fig. c). Stress e strain variano dal
centro all’esterno del campione.
d) torsione di un cilindro vuoto: ha il vantaggio di eliminare la variazione di stress e strain tra
centro ed esterno del campione, difficile da realizzare (fig. d).
e) torsione e compressione di un cilindro: rotazione e compressione assiale e una pressione di
confinamento che, nel caso di un cilindro vuoto, agisce anche all’interno del cilindro (fig. d)
f) taglio semplice: Bassi valori di strain (fig. e).
Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale Curve / nella deformazione sperimentaleDurante la deformazione di un campione di roccia in laboratorio le grandezze che si possono misurare sono: la temperatura (T), la pressione di confinamento (Pc ), la forza applicata al pistone (F) e lo spostamento del pistone (l). Stress, strain e velocità di deformazione devono invece essere calcolate:
La rappresentazione più comune dei dati è quella in un grafico stress/strain.
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(a)
(b)
(c)
(d) (e)
(f)
(g)
Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale
a) chiusura di tutte le microfratture non accade se si applica inizialmente un’alta P. di confinamento;
b) comportamento elastico reversibile;
c) carico di snervamento;
d) work hardening (o strain hardening), in cui cioè la roccia si deforma sempre più difficilmente. Se la
temperatura è sufficientemente alta, si raggiunge invece lo stato di equilibrio (steady state) in cui la roccia si
deforma a stress costante;
e) resistenza di picco, che è il massimo valore di stress raggiunto durante tutto l’esperimento;
f) carico di rottura (fracture strength), rottura improvvisa del campione, con forte emissione acustica. A
questo punto si ha un’improvvisa caduta dello stress;
g) resistenza allo scorrimento o residual strength, sforzo necessario per avere scivolamento lungo le
fratture appena formate.
Curve / nella deformazione sperimentale
Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale Curve / nella deformazione sperimentale
da Fossen, 2010
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Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale COMPORTAMENTO DELLE ROCCEal variare della Pressione di confinamento
5) Non appaiono fratture fino ad una estensione longitudinale del 10‐30% . La deformazione duttile (c. elastico‐plastico) è ripartita omogeneamente su tutto il provino.
Provino di roccia sottoposto a stress biassiale a bassa Temperatura
1) Comportamento elastico e frattura => Fratture di estensione (TensionGashes);2) Comportamento come in (1) ma a strain maggiore => Fratture di estensione e Fratture di taglio a 45°rispetto a 1;3) Deformazione duttile precedente alla fratturazione; scompaiono le fratture di estensione;4) Dopo il comportamento elastico e il comportamento elastico‐plastico come in (3) non si raggiunge il punto di rottura, ma si ha un comportamento plastico concentrato in zone ristrette;
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Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariElementi di Geologia Strutturale
•Le rocce assumono un
comportamento approssimativamente
elastico o plastico per determinati
intervalli di stress.
•La soglia di rottura e la soglia di
plasticità (y) variano al variare della P.
di confinamento
•Il comportamento non è idealmente
plastico,ma elastico‐plastico
•Per raggiungere un certo valore di
strain è richiesto uno stress sempre
maggiore se si aumenta la pressione
idrostatica (o di confinamento)
Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale COMPORTAMENTO DELLE ROCCEal variare della Pressione di confinamento
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Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale COMPORTAMENTO DELLE ROCCEal variare della Temperatura
In tutte le rocce, a qualsiasi P. di confinamento, l’aumento della temperatura abbassa la soglia
di plasticità (y) e aumenta la capacità del materiale a fluire senza fratturarsi, cioè aumenta la
sua duttilità.
Il comportamento elastico è
maggiormente sviluppato a basse
temperature.
La soglia di plasticità si abbassa
all’aumentare della temperatura (2kbar
a 330°C nel marmo di Yule).
Nel marmo a 800°C la tg alla curva è 0 e
quindi si deforma quasi come un corpo
plastico ideale. L’eccezione alla regola
che l’aumento di temperatura, come
anche della P. idrostatica, favoriscano
una deformazione di tipo duttile è
rappresentato dalla Dolomia, che anche
a 800°C ha un comportamento fragile.
Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariElementi di Geologia Strutturale Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale COMPORTAMENTO DELLE ROCCEal variare della Temperatura
Il gesso a 138°C comincia a disidratarsi e superata la soglia di plasticità si deforma senza che sia
necessario aumentare il carico => significato strutturale dei livelli evaporitici.
La serpentina oltre i 650°C si trasforma in forsterite + talco, che hanno caratteristiche
meccaniche completamente diverse. Fino a 650°C => comportamento duttile, oltre i 650°C =>
comportamento fragile, in questo caso dovuto ad un cambiamento di fase mineralogica.
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Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale COMPORTAMENTO DELLE ROCCEin presenza di FLUIDI
E’ una variabile che può influenzare il comportamento meccanico di una roccia in due modi differenti e opposti. Uno alla scala del reticolo cristallino ed uno alla scala della porosità della roccia.In genere si tratta di soluzioni saline o, a grandi profondità, di CO2, generati anche durante le variazioni di fase mineralogiche tipiche delle reazioni metamorfiche.
1) In un ambiente deformativo dove non vi sia ricristallizzazione cioè in dominio non metamorfico la presenza di fluidi favorisce un comportamento fragile, abbassa la soglia di plasticità ed innalza quella di rottura in quanto:
Peff = Pidrost ‐ Pfluidi0<<1 (dipende dalla permeabilità, caratteristiche dei fluidi, ecc.)
Nella crosta la Pressione dei fluidi è almeno uguale alla Pressione idrostatica, spesso vicino al valore della Pressione litostatica.Plit = gh ( densità della roccia; g accelerazione di gravità; h profondità)
Se esistono stress di taglio (alti livelli strutturali)
Pidrost = 2 = 3 = () ∙1 ( coeff. Poisson; 1 = gh) perciò => Plit > Pidrost
Se sono azzerati gli stress di taglio (bassi livelli strutturali) => Plit = Pidrost = gh
•La presenza di fluidi permette una tettonica fragile anche ad elevate profondità.•Il taglio può avvenire lungo livelli ricchi in fluidi.
•La presenza di fluidi permette una tettonica fragile anche ad elevate profondità.•Il taglio può avvenire lungo livelli ricchi in fluidi.
Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale COMPORTAMENTO DELLE ROCCEin presenza di FLUIDI
2) Al contrario in un dominio
metamorfico i fluidi
favoriscono la mobilità degli
ioni e quindi i processi di
ricristallizzazione.
I fluidi indeboliscono i legami
molecolari all’interno dei
cristalli inducendo un effetto
simile a quello della
temperatura.
A tassi di strain ė =5∙10‐4 s‐1 la
roccia ha un comportamento
duttile di almeno 5 volte
maggiore.
Comportamento di cristalli isolati di Quarzo in presenza di H2O
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Si realizzano:
•Prove a velocità di deformazione costante. Si applica uno stress assiale e si controlla che la
velocità di deformazione rimanga costante durante tutto l’ esperimento (è probabile che sia
necessario aumentare o diminuire il carico sul campione).
•Prove a stress costante (creep test). Si applica uno stress assiale costante al campione e si
misura il raccorciamento (strain) che subisce nel corso del tempo.
Creep: definisce la deformazione a basso tasso di deformazione interna (strain rate).
Creep plastico o duttile: deformazione plastica di un materiale che è sottoposto a uno sforzo
costante e persistente nel tempo quando il materiale è ad elevata temperatura elevata.
I tassi di deformazione a cui vengono condotti gli esperimenti sono generalmente compresi
tra 10 ‐4 e 10 ‐5 s ‐1, solo raramente si scende sotto i 10 ‐7 s ‐1.
Per raccorciare un campione di 1 cm di altezza fino a 9 mm :
strain rate di 10 ‐7 s ‐1 =>11 giorni
di 10 ‐8 s ‐1 => 4 mesi.
Processi geologici => strain rate 10 ‐14 s ‐1 .
Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale PROVE SPERIMENTALI
I comportamenti duttili di differenti materiali possono essere confrontati tra loro se sono stati
realizzati alla stessa temperatura omologa Tm, definita dal rapporto T/ Tf , dove T è la
temperatura del materiale e Tf la sua temperatura di fusione, entrambe espresse in gradi Kelvin
(°K). La temperatura di fusione ci fornisce approssimativamente un’indicazione sulla forza dei
legami all’interno del materiale, perciò materiali diversi mostrano comportamento simile
quando sono alla stessa temperatura omologa, anche se la temperatura di fusione è molto
diversa. Per esempio per una Tm = 0,95 olivina e ghiacciomostrano lo stesso comportamento,
(per il ghiaccio 259 °K [‐14 °C], per l’olivina circa 2017 °K [1744°C]).
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CONFRONTO NELLE PROVE SPERIMENTALI
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PROVE SPERIMENTALI A STRESS COSTANTE
Per esperimenti realizzati a basse temperature omologhe (T m< 0,5) (Fig. a) la curva mostra una
costante diminuzione della velocità di deformazione (work hardening, strain hardening), cioè
nel corso dell’esperimento diventa sempre più difficile deformare il materiale.
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PROVE SPERIMENTALI A STRESS COSTANTEPer elevate temperature omologhe (T m > 0,5) (Fig. b) si ha:1. inizialmente si ha uno strain elastico istantaneo appena si carica il campione (tratto “0”, comportamento elastico);
2. se il carico applicato è maggiore della soglia di plasticità il campione inizia a deformarsi in modo duttile. La velocità di deformazione è relativamente alta, e diminuisce progressivamente mentre l’esperimento procede. Questo tratto della curva (“1”) è detto flusso primario o primary creep e il fenomeno della diminuzione della velocità di deformazione a stress costante è chiamato work hardening o strain hardening.
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3. ad un certo istante la velocità di deformazione diventa costante e la curva una retta. Il tratto
“2“ è detto flusso secondario o steady‐state creep. E’ questa la parte più interessante, perché a
stress costante la deformazione può continuare indefinitamente e questo approssima i processi
naturali, in cui si ha deformazione per periodi di tempo molto lunghi.
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PROVE SPERIMENTALI A STRESS COSTANTE
4. in molti esperimenti si può infine
avere un’ultima fase (flusso terziario o
tertiary creep, “3“ in Figura b), in cui la
velocità di deformazione aumenta, e
che precede la rottura del campione.
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PROVE SPERIMENTALI A STRAIN COSTANTE
Per esperimenti realizzati a basse temperature omologhe (T m < 0,5 ) (Fig. c) la curva mostra un
costante aumento dello stress necessario per mantenere la velocità di deformazione costante
(work hardening, strain hardening), cioè nel corso dell’esperimento diventa sempre più
difficile deformare il materiale.
Per elevate temperature omologhe (T m > 0,5 ) (Fig. d) è possibile registrare una curva lungo la
quale sono individuabili le solite quattro parti caratteristiche.
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1. si ha una prima parte (“0” in Figura d) in cui si ha un comportamento elastico e in cui lo stress
aumenta molto velocemente;
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PROVE SPERIMENTALI A STRAIN COSTANTE
2. raggiunto il limite di plasticità (y ) il
campione inizia a deformarsi in modo
duttile, lo stress aumenta progressivamente
ma lo stress incrementale diminuisce fino a
zero. Questo è il flusso primario o primary
creep (“1” nella curva) ed esprime work
hardening;
3. quando lo stress ha raggiunto un valore costante si ha un flusso secondario o steady‐state‐
creep (“2” nella curva), la deformazione nel campione continua anche senza aumentare lo
stress;
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PROVE SPERIMENTALI A STRAIN COSTANTE
4. il tratto finale della curva (“3”) esprime il
flusso terziario o tertiary creep in cui lo
stress diminuisce e precede la rottura.
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Con steady state creep (flusso duttile in stato di equilibrio) si intende una deformazione duttile
(flusso) a stress e velocità di deformazione costante. Queste condizioni si hanno a
temperature omologhe T m > 0,5 e quindi nella realtà a profondità comprese tra i 15 ed i 20
km. Poiché questo tipo di deformazione può accomodare grandi quantità di strain, si suppone
che esso approssimi il comportamento duttile in natura. La velocità di deformazione in uno
stadio steady state è funzione dello stress applicato, temperatura, dimensioni dei cristalli che
costituiscono la roccia e composizione.
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PROVE SPERIMENTALI
Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale COMPORTAMENTO DELLE ROCCE
da Fossen, 2010
Comportamento di un campione di marmo di Yule esteso: (a) normalmente e (b) parallelamente alla foliazione. (c) Curve stress/strain per diversi tassi di strain.
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Dipartimento di Scienze della Terra - CagliariGeologia Strutturale COMPORTAMENTO DELLE ROCCEInfluenza dell'orientazione cristallografica
da Fossen, 2010
Diagramma Sforzo‐tasso di strain per un singolo cristallo anidro di olivina compresso secondo tre differenti direzioni cristallografiche. Per ogni tasso di strain la deformazione è più facile per cristalli raccorciati nella direzione [110], a causa della minore resistenza del sistema di scivolamento (010)[100].
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•Una deformazione può portare alla rottura della roccia, con la formazione di una o più fratture
che attraversano completamente la roccia. Questo tipo di comportamento è detto
comportamento fragile.
•Al contrario esistono altri eventi deformativi che producono una deformazione permanente
nella roccia (strain) senza lo sviluppo di fratture.
La roccia si deforma in modo diffuso e continuo, cioè senza lo sviluppo di discontinuità. Questo
tipo di comportamento è detto comportamento duttile.
PROBLEMA!!! La scala di osservazione.
Comportamento fragile e duttile
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Comportamento fragile e duttile
PROBLEMA!!! La scala di osservazione
da Fossen, 2010
Deformazione fragile
Il termine “fragile“ riferito ad una deformazione ha un preciso significato meccanico e definisce
un tipo di deformazione in cui si ha formazione di fratture e in cui lo strain viene accomodato da
scivolamento dei grani lungo esse.
E’ una deformazione di tipo non continuo, ed una roccia che ha un comportamento simile perde
coesione e si frammenta
Deformazione duttile
Non esiste una definizione altrettanto chiara
dal punto di vista meccanico per il termine
“duttile”.
Per “duttilità” si intende la capacità di un
materiale di deformarsi in modo diffuso e
uniforme. Una certa deformazione però può
essere uniforme ad una certa scala di
osservazione e non esserlo più ad un’altra
scala.
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Comportamento fragile e duttile
da Fossen, 2010
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Comportamento fragile e duttile
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Comportamento fragile e duttile