Sac. Adolfo Barberis si guarda la... · quella di Arte sacra, che venne solennizzata ed in qualche...

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Sac. Adolfo Barberis

Come si guarda la SS. Sindone

Introduzione e note

di Gian Maria

Zaccone

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PRESENTAZIONE

Renzo Savarino

Due primati rendono grandela fama di Torino nel mondo: laSindone e don Bosco, ilpersonaggio italiano più noto,la cui fama oscura il già

collaudato mito di GiuseppeGaribaldi. L’ostensionesindonica prevista per il 2015 inoccasione del duecentesimoanniversario della nascita didon Bosco congiunge i due datisopra ricordati, riapre glientusiasmi e le discussioni neiconfronti di questa misteriosaimmagine.

Nelle precedenti ostensionil’afflusso dei pellegrini fumosso dalle più diversemotivazioni che andavano dalladevozione della maggioranzaconvinta della certezzadell’autenticità dell’icona; alla

curiosità suscitata dal senso dimistero che emana, agliinterrogativi sulle originituttora inesplicatedell’immagine. Tracommozione sincera,entusiasmo manifesto,pregiudizi favorevoli o contrari,dubbi, negazioni e curiosità piùo meno motivate, rimane ilfatto del lenzuolo sindonico conl’opportunità e la necessitàmorale di capire che cosarealmente sia ed indichi.

Una singolare ed esemplarefigura di un prete torinese, donAdolfo Barberis, artista,

architetto, apostolo, avviatoverso la glorificazione deglialtari, dichiarato venerabile dapapa Francesco il 3 aprile 2014a coronamento di un lungoprocesso di beatificazione,compose per l’ostensione del1933 un opuscoletto, Come siguarda la SS Sindone,strutturato in tre parti: I Comeguarderò la Sindone; II Storiadella Sindone; III Autenticitàdella Sindone.

Le sue figlie spirituali, lesuore del Famulato Cristiano,hanno pensato di mettere adisposizione dei visitatori della

Sindone questo libretto che,oltre ad essere un documentodell’intelligenza e del cuoredell’autore, è un prezioso aiutoper porsi in relazione conl’immagine in modo razionale ecorretto dal punto di vistareligioso. Dalla suapubblicazione sono passati 83anni; il linguaggio, anche quellodevoto, è variato. Il tempo chetutti corrode ha lasciato letracce del suo passaresoprattutto sulla seconda esulla terza parte; inoltre, glistudi e le indagini delle piùdiverse discipline scientifiche

(biologia, fisica, chimica,archeologia, antropologia,storia) che si sono cimentateattorno agli interrogativisuscitati da questo repertomisterioso hanno conseguitorisultati affascinanti alloraneppure immaginabili, senzaperaltro poter giungere per oraa una risposta certa sull’originedell’immagine.

Tuttavia la prima partedell’opuscolo (Come guarderòla Sindone) ha la freschezza diuna sorgente d’acqua neldeserto e procede seguendo ilmetodo proprio di una ricerca

scientifica, conserva unsorprendente valore, unainalterata attualità, unaesemplare utilità pedagogicaper decifrare l’immagine; partedal dato così come si presenta,non dalle ideologie devote omiscredenti, lo analizza conminuta capacità analitica.

L’autore che a quattordicianni era rimasto folgorato dallainattesa scoperta del caratterenegativo dell’immagine inseguito alla fotografiadell’avvocato Pia avevaattentamente osservato estudiato la Sindone, né

giammai depose questapassione, razionale e religiosaallo stesso tempo, cheaccompagnò tutta la suapersonale vicenda.

Per l’ostensione del 1933mise a disposizione del comunevisitatore le sue competenze;ancora oggi può guidare illettore a vedere, poiché segnalale difficoltà di un approccio sologenerico o superficiale rivoltoad aspetti non meritevoli diattenzione (alcuni dei qualifurono successivamente eopportunamente rimossi),indirizza la capacità di

osservare, segnala i particolarianche minuti e la loroimportanza. Le osservazionianalitiche fondate sull’esamedella figura aiutano il lettore aformarsi un personale giudiziosintetico di quanto visto; aquesto punto i dati raccolti e lanecessità di collegarli e ditrovare un senso spingono ariflettere sulle atroci sofferenzedell’uomo delineato sullaSindone, paradigmatiche deldolore degli uomini in generalee collegato con quanto daiVangeli sappiamo dellaPassione di Cristo. Alla fine

questa minuta analisi diventauna introduzione allaspiritualità del Sabato Santoche, come disse Benedetto XVInella sua visita a Torino perl’ostensione del 2010, è“solitudine estrema e assolutadella morte nel buio e nelsilenzio che la accompagna,nell’abbandono totale senzaalcuna parola di conforto ...mistero più oscuro della fede enello stesso tempo segno piùluminoso di una speranza chenon ha confini”.

In conclusione, il Barberis ciha lasciato un saggio in cui, per

dirla con Blaise Pascal, l’espritde geometrie sfocia nell’espritde fìnesse.

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ADOLFO BARBERISE LA SINDONE1

Gian Maria Zaccone

Lo studio della figura delvenerabile Adolfo Barberis cirestituisce l’immagine di un

uomo poliedrico, dai moltissimiinteressi e dalla grande attività.Credo che la sua vita sialeggibile unitariamente soloseguendo quell’unico filo chetiene insieme le sue tantissimeesperienze: l’amore verso Dio eil suo prossimo. Un amore checome tutti gli amori bruciantiha portato con sé anche tantidolori, ora ripagati dalla gioiasenza fine.

Nell’ambito dei cultori dicose sindoniche l’immaginetramandata di Adolfo Barberis èquello di un grande studiosodella Sindone, cofondatore

della rivista “Sindon”, unafigura proiettata quindi sulversante scientifico.

Penso si debba inveceinvertire la prospettiva. Ritengoinfatti che il suo contributo inambito sindonico sia stato nellostesso tempo sopravvalutato esottostimato. Sopravvalutatomi pare possa dirsi il contributodi carattere scientifico. Pochisono i suoi articoli di ricerca, etutto sommato non cosìincisivi, anche secoscienziosamente ecorrettamente impostati.

Di enorme importanza sideve invece considerare il suocontributo di caratterepastorale, pratico edorganizzativo a tutta una seriedi attività legate alla Sindone.

Innanzitutto il suo per moltiversi determinante impegnodivulgativo. Nessuno come luiha contribuito a diffondere inmaniera così capillarenell’Italia degli anni ’30 laconoscenza della Sindone e delsuo messaggio.

Poi la sua attività a fiancodella Confraternita del SantoSudario nei tempi difficili

dell’impostazione delle attivitàscientifiche e dellaricostruzione del dopoguerra.

Non ultimo il carisma che hasaputo infondere alla suacomunità, ancora oggiprofondamente intriso dispiritualità sindonica.

Sarà dunque interessantepercorrere le strade battute dalVenerabile in campo sindonico,anche perché il suo arco di vitaabbraccia un periodo di storiadella Sindone determinante ericchissimo.

Nasce infatti in tempo perpartecipare all’ostensione del

1898, occasione dellafondamentale rivelazione dellafotografia di Pia, viveattivamente le due grandiostensioni del 1931 e 1933 emuore alla vigilia della riunionedella prima commissionescientifica costituita dallaDiocesi per studiare la Sindone.

Per queste ragioni intendoorganizzare questaintroduzione in modo daripercorrere alcune tappesalienti della storia dellaSindone nell’arco della vita delBarberis, per contestualizzarvile sue attività in campo

sindonico. Infine cercherò diriassumere, alla luce delle sueattività, quelle che mi parepossano essere state emotivazioni spirituali eprofonde che fecero dellaSindone un compagnoinseparabile del suo lungo efruttuoso cammino.

Quando il Barberis nasce perla Sindone non sono tempiparticolarmente brillanti. Lareliquia sabauda conosce inquegli anni il compimento diquel progressivo distacco dallavita pubblica iniziato nellaseconda metà del Settecento2.

Dopo un fugace ritorno agliantichi fasti durante laRestaurazione, mercé icontributi sostanziali di VittorioEmanuele I e di Carlo Felice, iltradizionale palladio delladinastia e delle sue genti nonsventola più a protezione diuno Stato in netta crisi con lareligione. Il clima politico masoprattutto ideologico non è piùaccogliente verso questo segnotroppo religioso, troppoemotivo, troppo coinvolgente.Carlo Alberto manifesta ancoraun particolare attaccamentoalla Sindone, ma anche per lui è

un fatto sostanzialmenteprivato e personale, anche seancora spiritualmente – o forsemeglio emotivamente –motivato: non altrettanto si puòdire dei suoi successori, inparticolare di VittorioEmanuele III, per il quale essaè e rimane un mero, per quantoprezioso, bene dinastico.

La Chiesa torinese, cometutta la Chiesa, attraversa graviproblemi e nella fattispecie èquasi inibita dal gestire il benesabaudo3. La cura dellaCappella e del suo contenuto èaffidata ai Cappellani palatini.

Anche la letteratura tace.L’ultimo importante testo erauscito nel 1833, ad opera delpadre Lazzaro Giuseppe Piano,dell’ordine dei Minimi4, testo atorto misconosciuto in seguito,pubblicato sull’onda del revivaldella restaurazione.

Si sta però avvicinando ilmomento in cui la Sindonetorna a balzare in primo piano,ma, forse per la prima volta,non più come bandieradinastica. Sarà invece bandieradella riscossa del mondocattolico alla ricerca di una suavisibilità e ricollocazione dopo

il 1870, nel difficile clima dellafine secolo, in cui l’attacco delmovimento anticlericale si èormai radicalizzato. Altrovescrissi della complessa operamessa in piedi dal movimentocattolico piemontese perrivendicare un ruolo nellecelebrazione del cinquantesimodello Statuto Albertino nel1898. Opera che sfociò nellaEsposizione di Arte sacra, che siaffiancò alla intenzionalmentelaicissima Esposizione generaleItaliana, divenendone alla fineparte integrante, non soloidealmente ma anche

fisicamente5. Esposizione,quella di Arte sacra, che vennesolennizzata ed in qualchemodo anche lanciatadall’ostensione della Sindone.Una ostensione, e il fatto èrimarchevole, la cui naturaoriginale era dinastica – dovevacelebrare secondo tradizione ilmatrimonio del Principe diPiemonte Vittorio Emanale conElena di Montenegro – ma chevenne senza difficoltàrimandata per corrisponderealle richieste della Chiesatorinese.

È dunque questal’ostensione in epoca modernanella quale la Chiesa siappropria concretamente dellagestione pastorale dellaSindone, dopo la “rottura” del1868. La Sindone è ostesa per ilpopolo dei fedeli, che vengonoattivamente organizzati dallevarie diocesi per partecipareall’evento. Si fanno trenispeciali, si pianifica un sistemadi prenotazione che consenteuna fruizione ordinata. Ipellegrini sono inquadrati,giungono con stendardi ebandiere, “occupano” Torino

per gli otto giorni di duratadell’ostensione, la più lunga amemoria d’uomo. Prelati evescovi giungono numerosi aTorino. È una prova di vitalitàdel movimento cattolico, chenon lascia indifferente ilmondo.

Anche perché un evento chein questo contesto non si puòche definire provvidenzialeamplifica in maniera impensatae impensabile il già rilevanteavvenimento: la fotografia diSecondo Pia, che in pochi giornifa il giro del mondo e trasformala Sindone da oggetto di

devozione limitata a fenomenoanche mediatico universale, cheda allora non ha più cessato diessere.

Dunque il 1898 rappresentauno spartiacque nella qualità equantità della presenza dellaSindone nella storia, non solodella Chiesa.

Sono testimonianza delnuovo interesse anche criticonei confronti del Lenzuolo lenumerosissime pubblicazioniche vedono la luce nello spaziodi pochi anni, addirittura pochimesi, favorevoli, contrarie,distruttive, apologetiche, che

formano un insieme il cuivalore, al di là di quello moltovario dei singoli contributi,consiste nella testimonianzadel ruolo che poteva ancorarivestire una reliquia venuta daun tempo liquidato comeoscuro e inaccettabile anche dauna parte del movimentocattolico, un oggetto relegatodalla stessa moderna emodernista coscienza religiosaad emblema di un cattolicesimoda riformare.

Questa ostensione e il climache si creò intorno alla Sindonea seguito di essa segnarono in

modo determinate l’approcciodel nostro Barberis allaSindone, che la vide semprequale strumento pastoraleinopinatamente eopportunamente scaturito dallamoderna tecnologia e da quellacritica scientifica che siopponeva alla fede

Il risultato della fotografiaapre infatti per la Sindone ilperiodo della ricerca e deldibattito.

Non è necessario stare qui aricordare i termini della“questione Sindone” che videschierati tutti contro tutti, in

una polemica trasversale che èla più genuinarappresentazione del significatodirompente della presenza dellaSindone tra gli uomini.

Troviamo infatti sia dallaparte dei difensori dellaSindone sia dall’altra, sacerdotie scienziati, credenti, atei eagnostici.

Credo interessante ricordarele due figure in qualche modoestreme dei due schieramenti –non per posizioni ma per status–: il dotto Canonico UlyssesChevalier e l’agnosticoscienziato biologo Yves Delage.

Come tutti sanno il primo,benché membro della Chiesa,fu l’alfiere di una feroceopposizione alla Sindone,ritenendola, esclusivamentesulla base di documenti erifiutandosi di prenderne inconsiderazione la realtàmateriale, un manufattomedievale. Non immune dainfluenze moderniste,perseguiva con caparbietà eostinazione il suo fine dipurificare il credo cattolico daquelle che riteneva antichesuperstizioni e inaccettabiliidolatrie. In questo senso il

testo di Pierre d’Arcis era il suofaro intellettuale sullaquestione Sindone.

Dall’altra parte il celebrescienziato Delage, membrodell’Accademia delle Scienze diParigi, direttore e fondatoredella rivista “L’annéebiologique”, Premio Darwin,Presidente della SocietàZoologica di Francia, che,primo, studiò le caratteristicheoggettive della Sindone,traendone le conclusionidell’impossibilità di unafalsificazione. La sua ricercanon ebbe implicazioni di

carattere spirituale, e larigorosità del suo metodorimane oggi modello insuperatodi approccio scientifico allaSindone. Le conclusioni glicostarono la disapprovazione el’ostracismo da parte dellacomunità scientifica parigina –venne impedita lapubblicazione sugli Attidell’Academia della suarelazione all’Accademia dellaScienze in argomento,provocando una sua nobilereazione stampata sulla “RevueScientifique” del 31 maggio1902 – e dall’altre spinsero il

suo giovane collaboratore, PaulVignon, a proseguire gli studi ea divenire veramente il padredella sindonolgia.

Tra questi due personaggi eal loro seguito una pletora distudiosi, più o meno seri, uncorteo di apologisti e detrattori,più o meno preparati,riempirono migliaia e migliaiadi pagine di articoli, opuscoli,libri che si diffusero nel mondo,in particolare nel primoquindicennio del nuovo secolo.Proprio quello in cui il Barberissi viene formando nella sua

personalità di uomo esacerdote.

Credo che molteplici sianostati i fattori che portarono ilgiovane Adolfo ad accostarsialla Sindone. Certamente latradizionale devozione che letributarono i sacerdotipiemontesi, modelli che ilBarberis ben conosce.

Scorrendo la sua lunga ericca biografia, mi ha moltocolpito ad esempio la contiguitàdi pensiero, spiritualità e azionetra il Barberis ed un altroesponente della santitàpiemontese, il beato Sebastiano

Valfré, la cui vicenda ho spessofrequentato. Entrambiprovenienti da una realtàcomplessa, entrambi apostolidella carità, entrambi impegnatia fianco dei militari, entrambiricchi di una spiritualitàprofonda e di una teneradevozione al Cristo sofferente.Molte espressioni di pietà deidue sono sovrapponibili. Unariprova di questa continuità miviene da un inatteso einconsapevole particolare.Nell’Archivio dellaConfraternita del SS. Sudario siconserva la richiesta degli

ultimi anni della sua vita dipoter consultare un testo sullaSindone del seicento, il nonparticolarmente famoso“Sindone Evangelica, Historicae teologica” di monsignorAgassino Solaro di Moretta6.Un testo che amò molto. Èforse un caso che fosse proprioquesto il testo sulla Sindonepreferito dal Valfré, cheaddirittura ne fece un riassuntoper le piccole figlie di VittorioAmedeo II7?

Un’altra spinta fucertamente anche il suointeresse verso l’arte e

l’archeologia, che furono utili efondamentali strumenti per ilsuo accostarsi al misterosindonico.

Sicuramente però il motivopiù profondo è da ricercarenella rispondenza chel’immagine della Sindone hacon le caratteristiche spiritualidel giovane sacerdote. Credoche la meditazione sulla eattraverso la Sindone al Cristodei Dolori abbia avuto su di luiun rilievo fondamentale, le cuitracce si ritrovano in ognunadelle sue molteplici attivitàpastorali, e il cui conforto non

si può non individuare neimomenti più bui della sua vitaspirituale e sociale. Ma suquesto ritorneremo più avanti.

Da un altro punto di vistadobbiamo sottolinearel’enorme importanzadell’influenza che su di lui ebbeil rapporto con il cardinaleRichelmy, illuminato pastoreprofondamente convinto delsignificato della presenza dellaSindone nella Chiesa locale euniversale. Non credo di direcosa nuova nel vedere inRichelmy un padre per ilBarberis, quel padre che tanto

gli mancò per il difficilerapporto con quello naturale, inogni caso il vero padrespirituale, sul quale modella ecompleta la propria formazionedi uomo e sacerdote. Ricordanotutti i biografi del Barberiscome fu proprio il Cardinaleche gli dette da leggere quantoera stato pubblicato sullaSindone. Fu così che il Barberispoté leggere anche i testi criticisulla Sindone, cheprobabilmente in Seminarionon avevano cittadinanza. Fudunque allora che si costruì la

sua coscienza critica neiconfronti della Sindone.

È facile pensare che inqualche modo, considerataanche la propensione del nostroverso l’argomento, Richelmyavesse delegato a lui tuttoquanto riguardava la Sindonedurante il suo servizio sullaCattedra di San Massimo.

Il Barberis tra le tanteincombenze affidategli dal suoCardinale, econtemporaneamente alleinnumeri attività immaginate,promosse, curate, ebbe semprepresente la Sindone. Una

presenza che in qualche modofu ancora di salvezza anchespirituale durante il lungo edifficile periodo della crisidurante il ministero deicardinali Gamba e Fossati.

Se infatti molte furono lecensure e le incomprensioni sulsuo operato, dobbiamo rilevarecome invece mai gli vennechiesto di fare un passoindietro rispetto all’attivitàsindonica. Anzi, anche sesecondo la testimonianza dellateste suor Camilla Avezzaro ilcardinal Gamba gli avrebbetolto la responsabilità della

Sindone8, il periodo del Fossatilo vede in prima linea nelleattività sindoniche, instancabilepredicatore e attivo nel gruppodei Cultores che, non sidimentichi, nasce conl’approvazione del Cardinale.

Negli anni immediatamentesuccessivi alla morte delRichelmy non si registracomunque una sua particolareattività sindonica.Evidentemente oberato etravolto da questioni piùimpellenti, il tempo e i modiper occuparsene furono assairidotti. Questo dal lato

pubblico, ma certamente nellasfera privata in questi anni ditribolazione il Barberis cercòconforto e sostegno inquell’Uomo dei dolori alla cuipassione si andava sempre piùconformando non solo dalpunto di vista fisico masoprattutto spirituale.

D’altra parte in quegli anni laSindone conosce uno di queiperiodi in cui l’interesse, anchea causa della assenza diostensioni, stagnava.L’annuncio dell’ostensione del1931 segna dunque, come diconsueto, un rinnovato

interesse, anche perché questavolta ad essa viene collegata laquestione della ricercascientifica. Era la primaoccasione per rivedere laSindone dopo le fotografie diPia e dopo che, ma solo sullabase delle fotografie in bianco enero, molte ipotesi e studi sierano fatti sull’impronta, la suagenesi, le sue caratteristiche.Gli studiosi di tutto il mondo simobilitano, eccitati dallapossibilità di poter controllarede visu la sostenibilità delleproprie affermazioni e con la –non troppo – segreta speranza

di poter magari compierequalche ricerca diretta. IlBarberis evidentementepartecipò di questa eccitazione,e conserviamo interessantitracce della sua attività inquell’occasione, anche se nonebbe alcun ruolo ufficialenell’ostensione. Non lotroviamo in alcuna delle purnumerose commissioni che siorganizzarono9. Fu presente adalcuni avvenimenti, tra cuisegnatamente alle operazioni diripresa fotografica ad opera diGiuseppe Enrie. In questaoccasione ebbe agio di poter

rimanere in manieraprivilegiata per lungo tempo difronte alla Sindone, e farealcune interessantiosservazioni che gli servirannoin seguito per completare i suoiconsigli per avvicinarsi allaSindone. È uno dei testi alsuccessivo “rogito Turbil”, l’attopubblico redatto di fronte alnotaio Turbil con il quale siufficializzava il procedimentoseguito da Enrie perl’esecuzione delle fotografie,evidentemente per nonincorrere più nelle questionisollevate dalla fotografia Pia10.

Anche il Barberis pensò chequella potesse esserel’occasione per compiere studisulla Sindone, e segnatamenteper esaminare il retro dellaSindone, coperto dal telod’Olanda. Ne viene anche fattarichiesta – senza seguito – alCardinale Fossati. Questainteressante lettera è scrittainsieme al salesiano e studiosodella Sindone don AntonioTonelli, primo firmatario chesembra in qualche modo farsimallevadore tra il Barberis e ilsuo vescovo11.

Una negletta fontebiografica, tralasciatageneralmente dagli studiosi, èun breve “curriculum” delBarberis, apparso sulla rivista“Sindon” in occasione della suanomina a ConsulenteEcclesiastico del CentroInternazionale di Sindonologianel 196212. Trovo invece questotesto interessante – pur se devosegnalare alcune perplessità –perché comunque risultal’unico a trattare dell’impegnosindonico che sia comparso luivivente, e contieneevidentemente informazioni di

prima mano e soprattuttoquelle informazioni che a luistavano più a cuore. Direi che èl’unica testimonianza sfuggitaalla sua proverbiale modestia.In essa leggiamo che “Nellaostensione (1931) in occasionedelle nozze del Principe diPiemonte, fu quasiautomaticamente introdottonel piccolo gruppo di studiosidella Sindone che ebbero laventura di averla tra le manidurante la notte13. Fu l’unico apensare di rilevare le misuredelle Divine impronte. Prestòassistenza particolare alla

fotografia a colori fatta dalCantagalli e misteriosamentescomparsa dal commercio14. Diquella ostensione scrisse laguida popolare per i visitatori etenne trenta conferenze a variceti di uditori, numerosemeditazioni e spiegazioni inCattedrale, notevole l’ultimanotte di adorazione e l’ultimosaluto alla S. Sindone primadella sua reposizione. Disingolare interesse l’averconvinto della autenticità dellaS. Sindone o almeno dellaserietà degli argomenti infavore, un inviato “in incognito”

della S. Congregazione dei Riti,fino ad allora quasi ostile15.Altra conferenza di rilievo fuquella tenuta nel teatro degliArtigianelli contro il libello del“Signorelli”16. Una bella attivitàdunque. Anche se lascia un po’perplessi la citazione della“guida popolare”, oggetto dellapresente pubblicazione, checome noto venne pubblicatasolo per l’ostensione seguente.Forse si riferisce al testo piùbreve pubblicato sulla rivista “ilFamulato”, o più probabilmenteci troviamo di fronte ad unaconfusione di date. Nonostante

le difficoltà attraversate dunquesi conferma che il suocontributo alla Sindone nonpoteva essere misconosciuto.

In ogni caso questa suaattività per così dire collateralelo ricolloca anche ufficialmentenel circuito sindonico. Nel 1933infatti lo vedremo più attivo,non soltanto attraversoconferenze, ma con laredazione dell’ottimo librettodal titolo Come si guarda la SS.Sindone17, pubblicato conl’imprimatur della Diocesi.

A seguito del rinnovatointeresse per la Sindone il

mondo torinese si muove. LaConfraternita del SS. Sudariocerca di riorganizzarsi, dandovita nel suo interno allaCommissione dei CultoresSacrae Sindonis. Lapartecipazione di Barberis a taleattività è oggi ricostruibilegrazie ai verbali ritrovati eriordinati da Enzo Ferraro,attento archivista ebibliotecario dellaConfraternita del SS. Sudario diTorino18. La prima riunione,quella costitutiva, ebbe luogo il3 giugno 1935, In realtà allora ilgruppo non si nominava ancora

“Cultores Sacrae Sindonis” masi qualificava comeCommissione Speciale sorta inseno alla Confraternita con loscopo di avviare “unaparticolare attività diretta a farmeglio conoscere la R.Confraternita; ad intensificarela vita confraternale ed avivificare la conoscenza el’adorazione della SS. Sindone”.Il nome di “Cultores” verràassunto solo nella riunione del28 aprile 1936. All’iniziodunque si trattò di una attivitàinterna alla Confraternita,tant’è che i sei fondatori della

Commissione sono tuttimembri del Consiglio diamministrazione della stessa.Le caratteristiche che assumeràin seguito, soprattutto con ilnuovo statuto approvato nonsenza discussioni e contrastinella seduta del 7 aprile 1937, lafaranno divenire tuttavia a pocoa poco una entità autonoma,che ad un certo punto finiràinesorabilmente per entrare inrotta di collisione con laConfraternita, trovandosi i dueenti a perseguire identici fininella medesima area. Sarà,come vedremo più avanti,

proprio il Barberis a suggerireuna soluzione per porrerimedio alle divergenze eriportare la pace all’internodella istituzione.

Il Barberis non fece parte –né all’inizio, né in seguito – delConsiglio Direttivo di taleorganismo, presieduto dalteologo Cesario Borla. Né pareesserne stato l’ispiratore. Forsenon erano tempi favorevoli perun suo inserimento in formaufficiale in organismicomunque legati alle attivitàdella Diocesi. Il suo nometuttavia compare

immediatamente, precisamentenel corso della secondariunione della Commissione, il10 giugno, in cui si approva ilregolamento e si inizia apensare alle prime iniziative daorganizzare. Si decide subito diaffrontare il tema delladiffusione e conoscenza dellaSindone. A tal fine si delibera diconvocare per il 25 giugno“quelle personalità che sianoparticolarmente dedite a questistudi”. Ecco i nomi: mons. LuigiBenna, can. Adolfo Barberis,don Alberto Caviglia, DonAntonio Tonelli, don Antonio

Cojazzi, don GiuseppeAngrisani, l’avv. Felice Maserae il Conte Carlo Lovera diCastiglione. Non sfugge lapredominanza di personaggi delmondo salesiano (Caviglia,Tonelli, Cojazzi e Masera,presidente generale degli ex-allievi di don Bosco), maneanche il fatto che tra irestanti sia ritenutafondamentale la presenza delBarberis. Il quale tuttavia restain ombra. Non lo troviamoinfatti tra i relatori delleconferenze organizzate daiCultores, mentre sappiamo che

in quel periodo la sua attività diconferenziere della Sindone inItalia era instancabile.

Il suo ruolo diviene inveceattivo e palese nel 1938. Il 12maggio di quell’anno, a seguitodi una discussione sollecitatada una articolata lettera dellostudioso ungherese RudolphHyneck, il canonico Borlapropone di organizzare uncongresso nazionale sullaSindone per fare il punto sullasituazione degli studi. A tal finechiede di convocare unariunione con gli studiosiresidenti a Torino. Il 2 giugno

alla riunione è presente ancheBarberis. Da questo momentola sua presenza è costante e,come di consueto, moltoconcreta. Il 24 gennaio del1939, mentre fervono ipreparativi per il Convegno, ilteologo Borla rassegna, permotivi personali, le suedimissioni da presidente dellaCommissione. Poiché la suarinuncia avrebbe potuto creareproblemi all’organizzazione,mons. Borla accettò di restarenominalmente presidente,mentre in sua vece unacommissione di tre persone

avrebbe svolto le mansionieffettive. Tra di essi il nostroBarberis, che si vide cosìcaricato di un impegno assaigravoso ma certamente dirilievo. Non dimentichiamo chein questo momento il cardinaleFossati segue personalmentel’iter di preparazionedell’incontro, e quindi in questanuova mansione il Barberis sidovette trovare più volte aconfrontarsi con il pensiero delFossati.

Finalmente gli vienerichiesto di intervenire con unarelazione al Convegno, anche se

il tema assegnatogli muta piùvolte nel corso dellapreparazione.

In prima battuta gli sipropone di intervenire sullaliturgia della Sindone. Il suonome successivamentecompare e scompare dalle liste.In sede definitiva il temaliturgico venne affidato alsalesiano Eusebio M. Vismara,docente preso il PontificioAteneo Salesiano di Torino. Inun appunto successivo trovoche l’argomento affidatogliviene dirottato sul titolo“L’archeologia e scienze affini

possono spiegare un testosacro?”. Anche questo temavenne poi invece trattato dalcelebre padre Alberto Vaccari,gesuita, consultore dellaPontificia Commissione Biblicadi Roma.

Alla fine, come sappiamo,interverrà su un tema a lui caroe congeniale: “Le altreSindoni”19.

Mi piace credere che questaattività e il felicissimo esito delConvegno, al quale fu semprepresente il cardinale Fossati,abbiano collaborato allo“sdoganamento” del Barberis,

che finalmente venne invitato atenere una conferenza nellaChiesa della Confraternita.

Ma intanto la guerraincombe e anche l’attività siridimensiona.

Ritroviamo tracce – e questavolta molto ufficiali – della suaattiva presenza nell’ormainotissimo evento del ritornodella Sindone a Torino dopo ilperiodo “segreto” diMontevergine20. Fu il Barberistra coloro che a nome dellaDiocesi accolsero, in via deltutto riservata, il ritorno dellaSindone alla stazione di Porta

Nuova a Torino. Il breve“curriculum” già citato ci dàanche l’informazione che fu lui,in qualità di assistente dellaSezione torinese degli operaidel Getsemani – fondati daLuigi Gedda – ad offrire alcardinal Fossati la disponibilitàdella Associazione di farsicarico degli oneri organizzativie finanziari dell’operazione21

Nel dopoguerra a poco apoco si cerca di tornare allanormalità. Il Barberis è semprepiù vicino alle attività dellaConfraternita del SS. Sudario,che faticosamente tenta di

riannodare le fila della suaattività. Tra difficoltà di ognigenere. La casa confraternale,forzatamente negletta, èfatiscente e male frequentata.La chiesa ha subito danni nonindifferenti per l’incuria e ibombardamenti: ricordo chebombe caddero a pochi metridalla chiesa, distruggendo granparte della vicina Chiesa delCarmine. Un gruppo diindomiti confratelli, tra cuispiccano i nomi di GiovanniDonna d’Oldenico e di donPiero Coero Borga, mettonomano con caparbietà alla

difficile situazione. La casavenne ricostruita e la chiesarestaurata.

Alle spalle di tutta questafervente attività c’è sempre lapaterna figura del Barberis, chedispensa consigli, operaattivamente, disegna bozzettiper la nuova balaustra dellaChiesa22, colloca nella nuovacasa alcune attività delFamulato.

Partecipa ovviamenteall’organizzazione del PrimoConvegno Internazionale distudio sulla Sindone, tenuto nel1950 a Roma e Torino in

occasione dell’Anno santo, inqualità sia membro delComitato Generale, sia direlatore23.

Un altro importanteintervento del Barberis lotroviamo nell’ambito delrinnovamento del Museo dellaSindone.

La Confraternita delSantissimo Sudario avevaraccolto nel tempo cimeli eoggetti inerenti la Sindone,gran parte dei quali, nonostantele vicissitudini storiche delsodalizio, erano staticonservati.

Fino agli anni trenta delsecolo scorso tuttavia non vi fuun utilizzo pubblico di talimateriali, se si eccettuano iprestiti fatti per la mostra aPalazzo Madama in occasionedell’ostensione del 1931.

Proprio il rinnovatointeresse sulla Sindone aseguito di questa ostensione edi quella ravvicinata del 1933,oltre forse alla felice esperienzadella mostra di PalazzoMadama, fece si che siprendesse la decisone diorganizzare i materiali in unamostra permanente, battezzata

la “Mostra documentariadell’insigne reliquia”. Sitrattava di una esposizionedistribuita in due locali ricavatia fianco della Chiesa del SS.Sudario con ingresso da viaPiave, inaugurata il 4 giugno1936 alla presenzadell’arcivescovo di Torino, ilcardinale Maurilio Fossati.

Con la ripresa delle attivitàdegli anni Cinquanta, laConfraternita e il gruppo deiCultores Sanctae Sindonis siadoperarono per renderesempre più funzionale ilMuseo, ed il 2 maggio 1959

inaugurarono un nuovoallestimento.

Solo due anni dopoimportanti opere di restaurodella Chiesa e della adiacentecasa della Confraternitaobbligarono alla chiusura delMuseo, che poté riaprire ibattenti nel 1963, con sede neilocali ristrutturati della casadella Confraternita in via SanDomenico 28.

Il più ampio spaziodisponibile concesse alcuninetti miglioramentidell’allestimento, tra i quali lapossibilità di esporre una copia

in grandezza naturale delnegativo della Sindonestampata su pellicola esuggestivamente illuminata pertrasparenza.

Tuttavia non si ritenneancora la soluzionecompletamente soddisfacente,e il Centro Internazionale diSindonologia, da pococostituito, da una partecontinuò ad aggiornare ilMuseo, e dall’altra, incollaborazione con laConfraternita, cercò unasoluzione alternativa, che fuindividuata in un basso

fabbricato annesso alla casa diproprietà della Confraternita. Illocale era disponibile, ma ilavori di adeguamento furononotevoli, anche a fronte delleridotte disponibilitàeconomiche dellaConfraternita. Si protrasseroinfatti per ben 8 anni, dal 1965al 1973, quando finalmentepoté avere luogol’inaugurazione della sala. Sicercò di organizzare all’internodella pur sacrificata sede unpercorso tematico.

Due documenti ritrovati, unopresso l’Archivio del Famulato

Cristiano, l’altro nell’archiviodella Confraternita24,testimonianoinequivocabilmente comel’assetto del nuovo allestimentosia stato studiato e proposto dalBarberis. I due dattiloscritti,non datati, si direbberoriferibili al rinnovatoallestimento del 1959, anche seritengo siano stati la guida pergli allestimenti successivi del’63 e anche di quello del ’73, lecui caratteristiche, conservatefino al 1998, conservaronoevidente l’impronta data inquesti schemi del Barberis. A

ben vedere si potrebbe ancheazzardare che il primo, quellopiù schematico, a causa deltitolo che parla di Mostra,potesse anche essere riferibileall’allestimento del 1936.

Lo schema è molto bensviluppato, e come strutturaricalca la sua esperienza diconferenziere. Il primo testo è,come accennato, schematicoper punti, mentre il secondoriprende i punti uno per unosviluppandoli con attenzione,indicando gli oggetti da esporre.Lui stesso partecipò allacreazione di oggetti da inserire

nel percorso espositivo: ancorasi conserva in archivio unagrossa tavola con le indicazionidelle “Peregrinazioni varie daChambery, a Vercelli, Milano,Torino, Cherasco, Genova,Nizza, Torino, Montevergine”.

Il passo seguente è lacreazione dei quaderni“Sindon”. Anche qui il suocontributo è determinante, siain qualità di studioso sia dimembro del Consiglio diamministrazione dellaConfraternita. Come noto il suonome comparirà sul

frontespizio della rivista tra ipromotori della stessa.

Nel marzo del 1960 gli vennefatta la proposta di diveniremembro del Consiglio Direttivodel nuovo Centro. La risposta ècome di consueto improntataad una grande umiltà: glisarebbe sufficiente esserlo atitolo onorario25. Nel 1962 nediventa il consulenteecclesiastico. Intanto continuaa scrivere articoli per “Sindon”ma soprattutto ad esortare alladevozione verso la Sindone.

Nel 1961 ad esempio,approfittando di una tregua di

relativo benessere concessaglidalle sempre più precariecondizioni di salute, propone adon Coero Borga: “Il mese disettembre è tradizionalmente ilmese dell’Addolorata, anche seè ingemmato di altre tre festedella Madonna. Mi pare che sipotrebbe prendere questacircostanza per iniziareregolarmente un “giornomensile della Sindone”. Mioffro a venire per la funzionepomeridiana che lei volessefissare (credo convenga siaferiale), se, beninteso, ilSignore mi continua il presente

stato di salute collaudato daqualche tempo”26.

Già ho detto all’inizio comealcuni aspetti dell’attività delBarberis siano statisopravvalutati. Così ad esempioè accaduto per quanto riguardagli scritti del Venerabile,piuttosto limitati sia dal puntodi vista del numero sia deicontenuti. Sicuramente i testipiù interessanti sono il librettoCome si guarda la SS. Sindone”e il saggio per il Convegno del’39.

Importantissimo invece, eforse senza pari, il suo

contributo alla divulgazione,attraverso l’indefessa opera diconferenziere. Inutile ricordareil numero straordinario dei suoiinterventi attraverso l’Italia.Più opportuno invece studiarelo schema delle sue conferenze,che fortunatamente ci è statoconservato27.

Ne emerge una esposizionepiana, lineare, essenziale maaccattivante. Inizia entrandosubito nel vivo del significatodella Sindone, come richiamoalla passione. E poi argomenta,illustra come la Sindonetestimoni l’agonia del Signore.

Per passare poi ad affrontarel’interrogativo della formazionedell’immagine. Non insistesull’autenticità. Lascia che aparlare siano i raffronti tra leopere pittoriche e l’immaginesulla Sindone. Per concluderepoi ancora sul significato diquell’immagine. Il tuttoampiamente illustrato dadiapositive proiettate dallalanterna magica che portavacon sé, oggi gelosamenteconservata dalle suore delfamulato cristiano, mentre lediapositive di grosso formato

vennero depositate dal Barberispresso il centro di sindonologia.

Anche il pensiero delBarberis sulla Sindone è comeconsueto per la sua mentalitàmolto lineare e pacato.

Esistono molti passi da cui èpossibile evincere il suoprocesso mentale e i suoiconvincimenti, ma mi pare cheil più interessante siano dueappunti inediti conservatipresso l’Archivio delFamulato28, nel quale sviluppain modo ancora più preciso ilsuo pensiero di quanto avesse

fatto nel suo volumetto sullaSindone.

Si tratta di una articolatariflessione stimolata da unaargomentazione teologicapervenuta al Barberis da unsacerdote salesiano, che suonacosì:

“Se la Sindone di Torino nonriproducesse la vera effige diGesù Nazareno, saremmo quasispinti a credere che Dio stessosi faccia complice delle falseconclusioni di scienziatiscrutanti l’assillante mistero epermetta, per le invincibiliparvenze di verità che

l’impronta di uno sconosciutodivenga appassionato oggetto diculto idolatrico”.

Si tratta di unaargomentazione debole ecriticabile, che però intrigamolto il Barberis, in quantocoinvolge temi che sono a luimolto cari, il rapporto trascienza e fede e il rapporto traarte e Sindone.

Di getto appunta alcuneriflessioni, che poi sviluppa inmodo assai più ampio earticolato in una memoria del 5maggio 1942, che quiparticolarmente interessa in

quanto affronta alcuni temiancora oggi crucialirelativamente alla Sindone: ilsuo significatoindipendentementedall’autenticità, il significatostesso di autenticità dellaSindone, i punti essenziali deglistudi.

Per quanto riguarda il primotema la sua posizione èestremamente equilibrata epertinente: anche in caso diinautenticità la Sindone restauna immagine di Cristoassimilabile a qualsiasi altra, edil culto che le si presta è

relativo diretto a Gesùsofferente. Il compiantocardinale Ballestrerosicuramente non potevaconoscere questo passo, ma lariflessione che fece nelcomunicare i risultatidell’esame con il radiocarbonio,quando utilizzo la splendidalocuzione “veneranda icona”,criticata e misconosciutafondamentalmente perignoranza, è esattamente lastessa.

D’altra parte il Barberis nonsi sente di rigettare nemmenola posizione di chi, in buona

fede, continua a ritenerlaautentica e come tale desideravenerarla.

Questo discorso implicadunque il discorso delriconoscimento dell’autenticitàdella Sindone – in cui distinguesempre chiaramente il lenzuolodall’impronta –, della qualepropone tre diverse accezioni,o, se si preferisce, gradi.

Un primo passo può essere ilriconoscimento che si tratti delvero lenzuolo usato per lasepoltura di Cristo, tralasciandoil valore dell’immagine, che

potrebbe anche essere statasuccessivamente dipinta.

Un secondo passo che sitratti di una vera reliquia, inquanto contenente restibiologici del corpo di Cristo(sangue, sudore ecc.).

Un terzo passo è che nonsolo sia il lenzuolo che avvolseil corpo di Cristo e ne conservòil sangue, ma che tuttal’impronta del corpo sia vera;in questo caso abbiamo nonsolo una vera reliquia ma ancheuna vera immagine.

A chi spetta dunquedimostrare tale autenticità? Qui

intervengono gli scienziati, iquali però, secondo il Barberisnon possono che fare delleipotesi in quanto la vera tesi èche “le impronte della Sindonedi Torino non sono di fatturaumana”. E conclude: “Il Signoresimile compito negativo suolelasciare agli uomini (forseperché abbiano ad occuparsi dicose Sue29) senza per questofarsi complice di loro eventualierrori, perché questi noncompromettono la veritàparenetica, la quale davverorichiede autorità divina”.

Troviamo un Barberispiuttosto drastico, che rivelaprobabilmente il proprio intimocoinvolgimento in unariflessione non destinata allapubblicazione: ci saremmo piùaspettati una frase del tipo “nonsono umanamente spiegabili”.In effetti in pubblico la suaposizione è più articolata: “èpossibile che le impronte dellaSindone siano opera divina. Èprobabile siano un processonaturale. È parimentiammissibile sia il frutto delconcorso di cause naturalidirette dalla volontà divina”30.

Ed ancora nel volumetto Comesi guarda la SS. Sindone. “. Dioha fatto un’opera meravigliosaservendosi delle cause seconde... si può dire che le improntedel corpo di Gesù siano rimastesulla SS. Sindone in manieranaturale, soltanto che le leggidella natura furono guidate dalSignore a darci proprioquell’opera così”.

Questa formula spiegachiaramente il pensierocentrale del Barberis: laSindone è un lenzuolo ma èpure una impronta/immagine.Questo lo interessa molto,

anche per la sua competenzaartistica. Il mezzo perassicurarci che quell’improntasia proprio quella di Gesù èdimostrare come non si possatrattare di opera fatta da manoumana. Ecco dunque che tuttele ipotesi degli scienziatipossono condurre ad affermareche un’impronta sarebbeteoricamente spiegabile dalpunto di vista fisico-chimico,ma non potrebbe dare unrisultato come quello visibilesulla Sindone senza l’interventodivino. Teniamo anche presenteche oggi esistono possibilità di

studio di elementi presentisulla Sindone – ad esempiopollini e altre sostanzecontaminanti – al di fuori dellecaratteristiche dell’impronta,che rimane pur semprefondamentale, ma che allorarappresentava l’unico oggetto distudio diretto, se si escludonole marginali indagini sullecaratteristiche del tessuto adopera sostanzialmente delTimossi e del Savio.

In questo modo comunquevengono dimostrati tutti e tre ipunti che abbiamo visto più inalto: la Sindone è il lenzuolo di

Cristo perché ne contienel’impronta che non solorimanda ai Vangeli, ma che èfatta in parte di sangue ed inparte per un concorso di causenon spiegabili se nonammettendo un interventosuperiore. L’inspiegabilità èdunque sempre per il Barberisil sigillo dell’autenticità. Ne ètestimonianza ulteriorel’articolo su “Sindon” relativoalle impronte delle regionelombare, dove, dopo averripercorso criticamente leipotesi dei vari studiosi perspiegarne la genesi, conclude

che ancora una volta non c’èspiegazione e che “Le cosedivine sono sempre misteriose;la bontà sua ce ne faintravedere quanto basta primaalla nostra salvezza, poi perincatenare la nostra attenzionesu ciò che è suo onde meritareun giorno di vedere come egliè”31.

Abbiamo dunque visto comeil Barberis sia stato un grandeconoscitore della Sindone, unnotevolissimo divulgatore manon ci ha purtroppo lasciatostudi particolari. Probabilmentegliene mancò il tempo, ma

anche perché il suo approccioalle cose mi pare si riveli nonparticolarmente sistematico,ma piuttosto intuitivo edentusiasta, caratteristica di unaintelligenza aperta e di uncuore grandissimo.

D’altra parte emergeevidente da quanto sino ad oraho letto e studiato di questaluminosa figura, che il suointeresse per la Sindone nonparte da una curiositàscientifica di ricercatore. Partedal suo cuore di innamorato diCristo e degli uomini. Partedalla necessità che sente

profonda di evangelizzare, diportare Cristo al mondoattraverso tutti i mezzipossibili, cercando di mediaretra le esigenze spirituali equelle umane, tra le ragione delcuore e quelle della mente chea volte sembrano divergereirreparabilmente in camporeligioso.

Sappiamo che il Barberis fusempre logorato – come tutti igrandi santi – dal senso dellapropria inadeguatezza e dellapropria debolezza a fronte delgrande amore che lo bruciavaper Dio e per gli uomini. Gli

errori, se così possiamodefinirli, che commise nellapropria vita e che lo portaronoalla sofferenza spirituale piùprofonda, vennero sempre dalsuo agire spinto dall’intuizioneamorosa. Mi pare altamenterivelatore un passo di una sualettera a madre Maria degliAngeli: “Leggo su un giornale:due creature, perché l’unainferma, piuttosto chesepararsi, commisero unapazzia: legatisi insieme siprecipitarono nel vuoto...èorribile...ma è una pazzia diamore. Dimentichiamo la

materialità del fatto...maumiliamoci e annodiamoci aGesù e gettiamoci nella suasanta volontà”32. Uno squarcioautobiografico che riassume inmaniera superba il verocarisma del Barberis.

I suoi oggetti di amorespirituale più alti sonol’Eucarestia, Maria e laSindone. Sembra esserci unosquilibrio tra i primi due, lapresenza reale e completa diCristo il Salvatore, in “corpo,sangue anima e divinità”, ladevozione alla sua SantaMadre, consolatrice

dell’umanità ed un oggetto cosìmateriale come la Sindone.

Ma non c’è nessunosquilibrio: per Adolfo Barberisla Sindone altro non è che lareale immagine della sofferenzadi Cristo, quella sofferenza chelo fa veramente uomo tra gliuomini, quella sofferenza che ilBarberis ha sperimentato su séstesso, procurata e inviatagli,quella sofferenza che accettaproprio nel nome del Cristosofferente per gli uomini, alquale cerca di uniformarsi e chegli dà – a lui che dichiara dipreferire la contemplazione alla

meditazione33 – la possibilità dientrare ancora di più nelmistero dell’Eucarestia, e lacertezza di essere ancora capacedi amare. Certamente ilBarberis è erede di unatradizione spirituale tuttapiemontese, alla quale nonrinuncia pur interpretandolacon straordinaria modernità.

Il Barberis rimase moltocolpito dalle parole di ThereseNeumann34: la Sindone esistecon tutti suoi misteri perché gliuomini continuino ad occuparsidi Gesù. Ne troviamo la

citazione e l’eco spessissimonei suoi scritti.

È questo che spinge ilBarberis ad occuparsi dellaSindone: attraverso di essaarrivare a Cristo. Anche loschema delle sue conferenzesegue esattamente questopercorso. Come abbiamo vistoil percorso per giungere adichiarare autentica la Sindoneè lineare. Ma la dichiarazione diautenticità gli serve solo perpoter meglio insegnare a fruiredei frutti spirituali dellacontemplazione della passionee risurrezione di Cristo.

Il Barberis, pur convintoassertore dell’autenticità, nonne fa un dogma, non vuoletrascinare la scienza in territorinon suoi. Anche se la Sindonenon fosse autentica, per lui eper chi lo vuole seguire essarimane una venerabile icona.

D’altra parte è innegabile chenella Sindone egli trova ilparadigma di tutta la propriavita spirituale e dei suoi piùintimi e profondiconvincimenti. Segnalo soloalcuni punti che mi sembranoesemplificativi in questo senso.

Ho già detto all’inizio che unpunto saldo dell’etica delBarberis è il primatodell’amore. Nella sua visione lastessa scienza deve essere postaal servizio della carità. C’è unsuo scritto in questo sensodegli ultimi anni della sua vitamolto esplicativo35.

Non è quindi difficile capirecome l’approccio alla Sindoneper lui possa esattamenteesprimere la dialettica correttatra scienza e fede. È questa unaposizione che richiama davicino il senso dell’intervento dipapa Giovanni Paolo II innanzi

alla Sindone del 24 maggio1998.

Egualmente la Sindone per ilBarberis diventa paradigmadella carità. La carità, l’amoredi Cristo che ha sofferto perl’umanità nel modo cosìtragicamente impresso sullaSindone. La carità, l’amore delPadre che ha voluto lasciarequesta testimonianzaall’umanità perché piùfacilmente potessero trovare lavia di Dio.

Infatti la Sindone, comerealtà da guardare econtemplare, diviene

strumento eletto di ascesi,immediato e fruibile dachiunque. Il Barberis infattiriconosce la difficoltà dellameditazione, mentre comeabbiamo visto esalta il ruolodella contemplazione, piùdiretta e “naturale”. Per questola sua grande preoccupazione èche le persone imparino aguardare la Sindone, perpoterne cogliere appieno ifrutti.

Ed attraverso lacontemplazione di quellaimmagine, della inenarrabilesofferenza di cui è icona si è

stimolati anche allaconversione ed alla penitenza.“Adunque quando io scusavo lemie libertà, i miei vizi, le miecolpe dicendo: non è poi grancosa, io riducevo il mio Dio inquesto stato? Perché coltivavopensieri cattivi, il mio Dio eraincoronato di spine; perchéabusavo degli occhi, Gesù lidovette riempire di lacrime, diribrezzo e poi chiuderli collamorte; perché usavo le mani afar male, il Signore le ebbeinchiodate; perché coi piediandavo là dove trovavooccasione di peccare, a Gesù

furono confitti; perché del miocuore facevo strapazzo, il mioSignore ne spremeva finoall’ultima goccia il sangue.

Signore, come sono statocattivo. Perdono! Non più! Eccocome va guardata la SS.Sindone36.

Il dolore, la sofferenza sonouna costante della vita e dellamissione del Barberis.Sopportare e volgere in bene lapropria, lenire quella degli altrisono i principi sottesi alla suamultiforme attività. Qualemigliore lezione di quella che

viene dal Christus patiens dellaSindone?

Anche il senso estetico delBarberis viene soddisfattodall’incontro conquell’immagine, che per lui,uomo d’arte di valore, èmodello irraggiungibile perqualsiasi artista di bellezza everità.

Non ultimo la Sindone sirivela per l’instancabilepredicatore Barberis unostrumento privilegiato dipastorale e apostolato.

Ho appositamenteevidenziato i termini chiave di

questa interpretazione dellaSindone, perché credo chequanti conoscono anchesuperficialmente il Barberis, ilsuo essere sacerdote, artista eapostolo, vi troverannopuntualmente le fonti della suaricchezza interiore. Avevo dettoall’inizio che la Sindone è stataper il Barberis un compagnoinseparabile del suo cammino.Mi ricredo. È stata molto di più:è stata parte di sé stesso, dellasua profondità spirituale e delsuo grande cuore. Anche inquesto senso credo e ho dettoche il rapporto tra il Barberis e

la Sindone è statosottovalutato.

Al termine alcune brevi noteche si aggiungonoall’autorevole commento chemons. Renzo Savarino haproposto in apertura di questovolume sul volumetto che quisi ripubblica.

L’opera originale conta 43pagine, stampata a Torino dallaCasa editrice L.I.C.E.-R. Berruti& C. nel 1933, alla vigiliadell’apertura dell’ostensione diquell’anno, voluta nell’ambitodelle iniziative per solennizzarei 1900 anni della Redenzione.

Evidentemente si trattò di unfrutto dell’ultima ora,considerato il fatto che il nullaosta canonico è del 21settembre e l’ostensione iniziòil 24.

Inserita all’interno unafotografia ripiegata dellaSindone in bianco e nero,ovviamente, eseguita daGiuseppe Enrie nel 1931, a cui ilVenerabile ha sovrapposto unagriglia e delle legende peragevolarne la lettura.

Lo scopo del testo èdichiaratamente quello diconsentire una consapevole e

accurata fruizionedell’immagine impressa sulLenzuolo da parte deipellegrini.

Nella bisogna si coglie la suaformazione anche tecnica epratica: suggestivo il suoconsiglio di ritagliare unafessura in un cartoncino al finedi isolare il telo dal restodell’apparato dell’ostensione.Altrettanto sorprendente, intermini positivi, la decisione dinon pubblicare immagini delnegativo del Lenzuolo, in mododa abituare il fedele alla letturadi ciò che realmente si trova di

fronte innanzi la Sindone.Scopo finale è di uscire dallaCattedrale “illuminati,soddisfatti e “Dio voglia,santificati”.

Il testo si divide in tre parti.Come già ha rilevato Savarino,la parte storica e quellascientifica risentono del tempotrascorso e dell’avanzamentodella ricerca in entrambi i casi.È utile tuttavia qualetestimonianza dello statoancora embrionale ma vivodelle indagini sul Lenzuolo,iniziate da non molto tempo e

destinate a ben più ampisviluppi e dibattiti.

Abbiamo tuttavia deciso dilasciare il volumetto nella suaintegrità, perché l’intero corpuscostituisce un testointeressante nel suo insieme,uno dei primi tentativiveramente seri di fare operadivulgativa nella prospettiva diuna utilità pastorale. Il testo èstato trascritto cercando dilasciare il più possibilel’impostazione originaria dellastampa, peraltro moltosemplice e non particolarmentecurata, cosa che potrebbe

confermare la rapiditàdell’esecuzione. Laddovenecessario si sono aggiuntealcune note per segnalare ipassi più datati.

Note

1 Questo testo è tratto, con minimemodifiche, da: G.M. Zaccone,Adolfo Barberis e la Sindone, in L.Casto et AA.VV. Adolfo Barberisnella Chiesa torinese, Cantalupa(To) 2008, che contiene anche unainteressante appendicedocumentaria sul tema curata da E.Ferraro.

2 Su questo periodo si veda A.M.Dordoni, Aspetti della devozionesindonica dall’aufklärung cattolicaalla crisi modernista, in G.M.Zaccone-G. Ghiberti (edd.)

Guardare la Sindone. Cinquecentoanni di liturgia sindonica,Cantalupa (To) 2007, p. 161 ss.

3 Cfr. G. Tuninetti, Pastoralesindonica nell’azione degliarcivescovi torinesi, ibid., p. 187.

4 L.G. Piano, Comentarii critico-archeologici sopra la S.S. Sindone,Torino, 1833.

5 G.M. Zaccone, L’Esposizioned’Arte Sacra del 1898 a Torino trareligione e politica, in “StudiPiemontesi”, vol. XXV, f. 1 (marzo1996).

6 A. Solaro Di Moretta, Sindonevangelica, historica e theologica,Torino 1627.

7 G.M. Zaccone, Una composizioneinedita del Beato Sebastiano Valfrésulla Sindone, in "StudiPiemontesi", v. XIII, f.2 (novembre1984).

8 Congregatio de causis Sanctorum,Beatificationis et CanonizationisServi Dei Adolfi Barberis, Positiosuper vita, virtutibus et famasanctitatis..., Roma 2001, vol. II p.260.

9 Si veda l’elenco dei Comitati e

Commissioni con i relativipartecipanti in: L’Ostensione dellaSanta Sindone. Torino 1931.

10 Ibid, p. 45.

11 Torino, Archivio del Famulato,EC, 38.

12 “Sindon”, 8 (aprile 1962) p. 43.

13 In realtà il gruppo che partecipòalla notte delle riprese fotografichetra il 3 e il 4 maggio non era poi cosìpiccolo: Enrie parla di un centinaiodi persone, compreso il Cardinale.(G. Enrie, La Santa Sindonerivelata dalla fotografia, Torino

1933, p. 82).

14 Si trattava di stampe in tricromiaa partire da fotografie dell’Enrie, Ilrisultato fu molto suggestivo per lafedeltà della resa dei colori.

15 Sulle vicende della questioneSindone agitata presso laCongregazione dei Riti molto si èdetto e scritto. Un pronunciamentoufficiale non ci fu mai. Come risultada documenti già in possesso delBarberis, che fu molto attento aquesto tema, vi furono dellediscussioni all’inizio del secolo sullabase dell’opposizione delloChevalier, che però non condusseroa nulla.

16 Anche qui mi sembra diriscontrare un anacronismo.L’edizione che io conosco delvolume del Signorelli (T. Signorelli,La Santa Sindone) è stampata aTorino nel 1933.

17 A. Barberis, Come si guarda laSS. Sindone, Torino 1933, oggettodi questa pubblicazione.

18 Archivio della Confraternita delSS. Sudario, Fondo Cultores,Verbali.

19 Gli atti vennero pubblicati aTorino nel 1941 e in secondaedizione nel 1950 con il titolo La

santa Sindone nelle ricerchemoderne. Rappresentano il primocontributo congressuale nella storiadella Sindone.

20 Anche in questo caso fu luistesso a scrivere sull’argomento: A.Barberis, Nuovo “capitolo ineditonella storia della Sindone” in“Sindon”, 9 (maggio 1965) .pp. 8-11.Il trasferimento avvenuto nelsettembre del 1939 fu fatto nel piùtotale segreto, tant’è che l’annodopo troviamo nei già citati verbalidei Cultores un appello del Barberis– evidentemente sulla basedell’esperienza precedente –affinché si facciano pressioni permettere al sicuro la Sindone in caso

di bombardamenti.

21 “Sindon”, 8 (aprile 1962) p. 43.

22 Cfr. E. Ferraro, App.documentaria, doc. 7 in AA.VV.,Adolfo Barberis cit.

23 La santa Sindone nelle ricerchemoderne, Primo ConvegnoInternazionale di Studio, Torino1951. Il volume contiene purtropposolo dei riassunti delle relazioni. Iltesto completo della relazione diBarberis è stato pubblicato inseguito: A Barberis, La devozione alVolto santo nella storia, in“Sindon” N.S., 7 (giugno 1994), pp.15-22.

24 App. documentaria cit., docc. 4-5.

25 Archivio della Confraternita delSS. Sudario, Fondo Cultores,Corrispondenza.

26 App. documentaria cit., doc. 6.

27 App. documentaria cit., doc. 1.

28 App. documentaria cit., docc. 2,3.

29 Qui il Barberis si riferisce ad unepisodio che narra in un suo altroscritto “Un sacerdote (biellese) mioamico interrogò Therese Neumann

su questo: perché tante difficoltà edoscurità attorno a Gesù, sia nelVangelo, sia nelle reliquie come laSindone? Dopo il primo venerdìseguente ebbe e trasmise la rispostasemplice e sublime: “Perché sioccupino ancora di me” A. Barberis,Studio per una conferenza sullasanta Sindone, in “Sindon” N.S., n.7 (giugno 1994), p. 13.

30 Ibid, p. 10.

31 A. Barberis, Sulle impronte dellaregione lombare, in “Sindon” n. 6(settembre 1961), pp. 33-36.

32 Lettera del 6 aprile 1919,pubblicata in: don Adolfo Barberis.

Carteggio con suor Teresa Agostinae madre Maria degli AngeliCarmelitane Scalze, Torino 1992, p.71.

33 Nel decennale della morte delCan. Adolfo Barberis, a cura delleSuore del Famulato Cristiano, 1977,p. 4.

34 cfr. n. 28.

35 Nel decennale cit., pp. 7-8.

36 A. Barberis, Come si guarda cit.,pp. 42-43.

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NOTA BIOGRAFICA

Adolfo Barberis fu un uomoversatile e squisito, di grande eprofonda spiritualità, nato aTorino il 1 giugno 1884.Frequenta i seminari diGiaveno, Chieri e Torino. Vieneordinato presbitero il 29 giugno1907 dal card. AgostinoRichelmy di cui diviene

segretario (1906-1923). Svolgetale incarico con granderesponsabilità, devozione evenerazione filiale. Di raffinatavena artistica, esperto in artesacra, pittore, scultore, editoree giornalista. Realizza edorganizza mille e una attivitàapostolica: s’interessa deipellegrinaggi diocesani aLourdes, si occupa dei giovani,degli operai, degli sfollati, delclero militarizzato. Predica intutta Italia ai laici, al clero, aireligiosi. Nel 1921 fonda ilFamulato Cristiano allo scopodi formare umanamente,

cristianamente eprofessionalmente ledomestiche; addita loro didiventare, attraverso il servizio,“apostole” nelle famiglie.Successivamente, con questoscopo, fonda la Congregazionedelle Suore del famulatoCristiano. Dopo la morte delcard. Richelmy, vengono glianni della “kenosi”; anni didolorosa purificazione in cui sidedica senza risparmio adedificare la Congregazione. Unodei suoi grandi amori: la SacraSindone, di cui diviene non solofervido devoto ma appassionato

studioso e difensore dellecontinue discussioni sulla suaautenticità; venne nominatoConsulente ecclesiastico delCentro Internazionale diSindonologia. Autoredell’opuscolo “Come guardarela Sindone”. Visitato dallamalattia, muore nella Casageneralizia di via Lomellina inTorino il 24 settembre 1967,all’età di 83 anni. È sepoltonella stessa casa, nella chiesadedicata a “Gesù”, da lui volutae progettata. Nella basilica diMaria Ausiliatrice l’8 febbraio1995 il card. Giovanni Saldarini

apre la causa di canonizzazione.E il 3 aprile 2014 si emette aRoma il Decreto diVenerabilità.

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ALLA VENERATA MEMORIA

DI S. E. IL CARD. AGOSTINORICHELMY

SOTTO IL CUI EPISCOPATO LA SS.SINDONE

RIVELÒ LA PRIMA VOLTA

IL SUO AMMIRABILE SEGRETO

Il Pellegrino che si avvia allaCattedrale di Torino per visitar

la SS. Sindone, ha udito direche essa è il lenzuolo in cui fuavvolto il Corpo morto delDivin Redentore, nellasepoltura provvisoria data a Luida Nicodemo e dal D’Arimatea;che in quel lenzuolo il Salvatoreha lasciato l’impronta del SuoCorpo con tutti i segni dellaPassione; ha udito che intornoa quella immagine si discorre,discute, misura; perciò pensa diandare a vedere una chiarafigura di Nostro Signore, che locommuova, che gli lasci unavivissima impressione delprezzo della Redenzione.

Così si prepara ad avere una

penosa delusione, che lì per lìnon oserà nemmenoconfessare, si sforzeràinutilmente di dissipare e nonvi riuscirà, nemmeno se aiutatodalle volenterose e diligentispiegazioni che gli accadesse diudire mentre guarda la S.Reliquia. Gli occhi nonvedranno che una grossacornice che racchiude unalunga tela di colore bigiogiallognolo biancastro, percorsasu tutta la lunghezza da duestrisce di macchie brune

rilevate da sedici pezzetti ditessuto quasi bianco di formaall’incirca triangolare e da ottopiccole striscioline anch’essebianche; La potente luce deiproiettori concorresingolarmente a rendere menovisibili alcune altre macchie chepure sono le più importanti maappena visibili per il loro coloreleggermente rossiccio.

Gli è che la Ss. Sindone è una

immagine che non si riesce adecifrare se non vi si èpreparati. Non si tratta disuggestionarsi fino a vedere ciò

che non esiste (come taluni conimperdonabile leggerezzahanno detto). L’immagineesiste realissima, ma occorreun certo addestramentodell’occhio e un indirizzopreciso alla attenzione.

È un po’ la stessa cosa che

accade per l’impressionespirituale. Molte migliaia dipersone vedranno la Sindone:non tutti si commuoveranno.Migliaia di cuori sicommuoveranno: non tuttiriporteranno stabilmente fruttidi conversione o di maggior

santificazione. S. Paolo spiegada pari suo con quattro parole ilfenomeno: «non volentis nequecurrentis sed miserentis estDei» che si può tradurre qui:non perché si correrà a Torino avedere... ma per la MisericordiaDivina si «sentirà» la Sindone.E alla Misericordia si prepara lavia colla purificazione dellacoscienza e colla preghiera.Rimane adunque vera laSindone, ma per averne fruttispirituali occorre unapreparazione spirituale, perriuscire a capirla occorre unapreparazione degli occhi.

D’altra parte non è poi un

lavoro tanto difficile, ed ilpresente libretto vi condurràcome per mano. Leggetelo unavolta prima di entrare inCattedrale; tenetelo in mano làdov’è l’illustrazione durante lavisita e ne uscirete illuminati,soddisfatti e, Dio voglia,santificati.

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AVVERTENZE

I. Il libretto è diviso in treparti.

Nella 1a parte si conduce per

mano il pellegrino a vedere laSs. Sindone. È evidentemente laparte più importante e piùdiffusa di questo libretto.

La 2a parte contiene unsunto della storia della Sindoneattraverso ai secoli.

La 3a parte da un cenno alle

osservazioni che servono adassicurarci che la Sindone èdavvero il lenzuolo che hatoccato il Corpo di Gesù nellasua sepoltura.

Naturalmente questa terza

parte è ridotta a poco più di unindice, perché lo studioallargato ed approfondito nonrisponde allo scopo delpresente manualino.

II. Delle cose che si diranno

molte sono frutto diosservazioni dirette edassolutamente personali; altresono ricavate dalla lettura dimolto di ciò che sulla Ss.Sindone è stato stampato finoad oggi; una parte minoreinfine ma non menoimportante è conseguenza diconversazioni amichevoli avutecon eminenti studiosi e criticiitaliani, francesi e belgi. Lanatura popolare del librettovieta di fare continue citazioni;la coscienza vieta di farsi bello

delle proverbiali penne delpavone; la più elementarecorrettezza proibisce tuttavia diattribuire come definitive leosservazioni fatte nelle citateconversazioni e che ognuno hapotuto poi rivedere e forsemodificare.

Senza fare il nome di alcuno,

per non ometterne nessuno, atutti si dà pubblicoringraziamento ed a tutti sichiede scusa se ci accadràd’aver mal compreso, malricordato o male espressoqualche pensiero.

III. Intendiamo poi

sottometterci pienamente allesante e sagge norme da S.Chiesa dettate a chi si occupa dicose sacre.

L’AUTORE

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PARTE PRIMA

COME GUARDERÒLA SS. SINDONE

I. COSE DA NON

GUARDARE NELLA

SANTISSIMA SINDONE

Per non ingenerare

confusioni e dispersioni diattenzione, e riuscire a capirebene le immagini piùimportanti della Sindone,occorre riuscire a togliere dagliocchi alcune cose:

1°) Tutto l’apparato

dell’Altare e della Cornice. 2°) Tutta la parte del sacro

lenzuolo che porta i segni deidue incendi da esso sofferti aBesançon1 ed a Chambery.

Per eliminare facilmentequeste due cose prendete uncartoncino della grandezza diuna cartolina (se l’avete sottomano anche una cartolinausata), praticate in esso unafessura larga circa uncentimetro e mezzo e lungaquanto sta nella larghezza dellacartolina. Provando un mezzominuto riuscirete a tenerladavanti agli occhi in maniera davedere la Sindone attraversoalla fessura, senza vedere

quelle due lunghe strisce nerecon macchie bianchetriangolari. Tanto meno vedretela cornice ed il resto.

3°) L’uso della stessacartolina toglie in gran partel’eccesso di illuminazione chenuoce alla vista.

4°) Vi sono alcune righenerissime e sottili cheattraversano in alcuni punti laSindone o piccole parti di essa.Non se ne deve tener conto,perché sono pieghe della telache non si sono potute stirare, eche, per la luce potente fanno laloro ombra scura così.

5°) Lungo tutta la parte

centrale del lenzuolo vi sonopoi sei figure geometricheromboidali, che non sono altroancora che le macchie lasciatedall’acqua abbondante che siera versata quando si dovette

spegnere l’incendio. Parallele aquelle macchie verso i due orlidei lenzuolo ve ne sonoaltrettante a figura di mezzirombi. Hanno la stessa originee quindi non vannoconsiderate.

II. SEZIONARE

MENTALMENTE LA

SINDONE

La Tavola che è unita al

presente libretto è il verosegreto per comprendere lafigura della Sindone. Voi ladovete guardare, capirne ilfacile organismo e giuntidavanti alla Reliquia aiutarvicon essa tavola a cercare levarie parti della figura.

Chi ha l’abitudine di servirsi

nei viaggi delle piante delleCittà sa che per far trovarefacilmente vie, corsi, piazze,palazzi si tirano sulla piantadella città tante righeorizzontali e tante verticali.Citata una via si indicano unnumero ed una letteradell’alfabeto. Vuoi dire che sidevono cercare quel numero equella lettera sui margini dellacarta, poi si scorre col dito eanche solo coll’occhio lungo lelinee corrispondenti e verso il

loro incrocio si troverà la viacercata.

La stessa cosa si fa qui.

Vedete tutta l’immagine dellenzuolo attraversata nel sensodella lunghezza da due righerosse segnate coi numeri I e II.Attraverso a quelle passanotredici altre righe rosse che apartire dal centro sononumerate verso sinistra coinumeri contraddistinti da uno "(1° 2° 3° 4° 5° 6° 7°) e dal centroverso destra sono segnati dalsegno (I’ 2’ 3’ 4’ 5’ 6’).

Le linee punteggiateconducono l’occhio conprecisione dai punti piùinteressanti della figura versogli orli della tavola dove sitrovano scritte chiaramente leparti o le cose che in quel puntosono da osservare.

Chi guarda la Ss. Sindone

deve trasportare mentalmentele stesse righe sul lenzuolo edallora troverà colla massimafacilità ciò che verremodescrivendo.

III. DESTRA E

SINISTRA – ALTO E

BASSO

Quando leggete e sentite

parlare della Sindone, per forzaudrete dirvi spesso le parole«destra e sinistra». Occorreintendersi bene sul loro senso.Così come è esposta la Sindonea Torino il lenzuolo viene stesoorizzontalmente nel senso dellalunghezza; cosicché la figurache vi si cerca rimane coricata

per piatto; sarebbe come vedereun uomo coricato ma vederloda un lucernario messo sopra ilsuo letto, e poi da sotto ad unalastra di vetro che fosse al postodel materasso.

Allora chi spiega chiama

destra o sinistra della Sindonela parte che si trova a destra oda sinistra di chi guardaall’altare. Chiamerà parte altaquella parte che è verso la volta,e parte bassa quella che poggiasull’Altare della Ostensione.

Quando invece diranno partedestra della figuraintenderanno la parte bassa equando diranno sinistraintenderanno la parte che sivede in alto. Questo per unaragione che ora non è utilespiegare. È invece importanteassicurare che parlando così sirimane sicuri che quando sidice destra o sinistra dellaimmagine si intende già ancheproprio la destra o la sinistradel Divin Salvatore.

Non tutti terranno forse lo

stesso criterio; a noi è parso il

più ragionevole esemplificatore e ci serviremocostantemente di esso.

IV. DESCRIZIONE

DELLE IMPRONTE

DELLA SINDONE

Per non generare sazietà

varieremo qualche volta leespressioni, ma siamod’accordo che tutto ciò che sivede nella Sindone è formato

da due generi di macchie(sempre escluse quelle dellebruciature):

1° genere di macchie. Sono

come ombre leggerissimegiallo-grigie di varie forme, masempre scure verso il centro esfumate verso i contorni.Queste rappresentano sempreparti del Corpo del Salvatore.

2° genere di macchie. Sono

chiazze di colore alquanto piùrossiccio, che al contrario dellealtre, sono più chiare verso ilcentro e più scure verso gli orli;

gli orli poi invece che sfumatisono disegnati con contornimolto netti. Quelle sonosempre segno di impronte disangue. Il lenzuolo haavviluppato tutto il Corpo delSignore; partendo dai piedi èpassato sotto a tutto il corpo, hagirato attorno alla testa ed èstato riportato davanti fino aipiedi. Ora che è disteso, cosìcom’è esposto, il sacro lenzuoloha dalla parte destra laimmagine del dorso del Signoree la parte sinistra la faccia.

METÀ SINISTRA DEL

LENZUOLO FACCIA. Nel rettangolo

compreso fra le linee 1° 2° ed I-II si vede abbastanzachiaramente il contorno di unatesta nella quale la faccia èincorniciata dalla massa deicapelli raccolti attorno comeuna sciarpa che le restiaderente.

1°) Entro la cornice dei

capelli e sempre partendo dalcentro e andando verso sinistra

voi vedete una macchia rosso-scura dalla forma di un trerovesciato. Quella macchia è laprima macchia di sangue cheincontriamo, prodottaprobabilissimamente da unaspina. Molti forse ricordano checon una spina della Sua corona,il giorno 13 aprile 1419, Gesùferì con una ferita simile e sulsopracciglio sinistro S. Rita daCascia, precisamente comesull’occhio sinistro del Voltodella Sindone è la ferita chestudiarne.

2°) Subito sotto la linea dellaferita vi sono due globi oscuricircondati da due mezzi cerchipiù scuri ancora. Sono i globidegli occhi cerchiati a destradall’osso delle sopracciglia e asinistra di chi guarda dall’ossodello zìgomo. Se riguarderetebene uno dei due globi è menorotondo, pare fiaccato, e lo èdavvero, ed è quello basso (ildestro). La cavità delle occhiaiefigura in chiaro.

3°) Dal mezzo delle

sopracciglia parte una impronta

scura, quasi diritta e stretta. Èl’impronta del naso.

4°) Alla fine del naso si

distinguono due macchietrasversali molto marcate, diqua e di là della punta del naso;sono i due baffi, sotto i qualiuna linea chiara segna il tagliodella bocca, ed un’altra piùcorta e nera indica la sporgenzapropria del labbro inferiore.

5°) Viene infine la barba,

indicata da una massa oscura,divisa in due parti, di cui quellainferiore è un po’ piegata

all’indentro; evidentemente illenzuolo è stato smosso ed hadato col peso quella piega allabarba. N. B. La barba terminaproprio al punto dove passa unadi quelle righe che abbiamodetto essere piccole pieghe dellenzuolo. Notate che tutte leparti che abbiamo indicate sonotutte contornate da una lineachiara che serve a farle risaltareancor meglio. Ne spiegheremoa suo tempo il perché.

6°) Dopo al posto del collo

(che dovrebbe quasi nonvedersi per nulla) si vede

un’ombra un po’ larga e piùchiara della barba. È l’improntadi un batufolo di erbe speciali,che facevano l’ufficio dellanostra garza da medicazione(idrofila) e che si metteva sottoil mento e in quelle parti ovel’umido del sudore cadavericopoteva più facilmente guastarela pelle.

Torace (Nel rettangolo

compreso fra le linee, 2°, 3° e I-II). Subito dopo il collo vi sonodue larghe ombre seminate dipiccoli segni più scuri eoblunghi. È la parte del corpo

tra una spalla e l’altra, sullaquale sono caduti alcuni colpidei flagelli.

Le spalle con la parte

superiore delle braccia sonostate cancellate dall’incendio.

La macchia grossa e

romboidale che sta su laregione dello stomaco è una diquelle prodotte dall’acqua usataa spegnere l’incendio (gli passasopra la linea 3°).

Costato (Tra la linea 2° e 3° e

sulla II). Dalla parte destra

(bassa) proprio appoggiata altriangolo bianco del rattoppo, viè una grossa macchia rossiccia;è la più grande di tutte. Essa èfatta dal Sangue colato dallaferita del Costato. Fateattenzione alla sua forma: versodestra è un taglio netto,leggermente arcuato ed obliquoda sinistra (alto) a destra(basso), è la ferita della lancia.Poi l’impronta del sanguecolato non, è come un rigagnoloche scorre ma come una nubeche va un po’ ondulando e siferma con due o tre slabbratureverso sinistra.

Braccia (Tra le linee 3° e 4°).

– Dalla base dei rattoppi atriangolo2 partono due ombreallungate’ che vanno una versol’altra fino a incrociarsi sullalinea di mezzo del lenzuolo, ladestra sotto la sinistra.

Esse sono le braccia cheterminano nelle mani di cui sivede bene l’ombra delle quattrodita distese. La mano sinistrasembra che tenga ferma ladestra. Lungo il braccio,specialmente quello in basso (ildestro) corre una macchia diquelle caratteristiche del

sangue, ondulata ma continua,stretta e lunga. È il sangue, cheavendo le braccia alzate, hacolato dalla ferita dei chiodifino al gomito, ove la puntadell’osso lo ha poi fattogocciolare per terra.

Mani (Linea 4°). – Sul

braccio sinistro le impronte delsangue sono state interrotte ecancellate forse dalle mani dichi ha fatto la sepoltura. Incompenso al termine delbraccio (al pugnetto) qui sivede la grossa macchia disangue corrispondente alla

trafittura del chiodo. Quisembra che il sangue abbiacolato all’insù il che non ènaturale; ma se si riflette che lamano era tirata in alto allora sicapisce proprio, che il sanguedoveva scendere verso la partedel dito mignolo.

Ha molta utilità il rimarcarecome tanto il sangue visto sullafronte, quanto quello sullebraccia e sul pugnetto dimostradi aver «colato» mentre quellodel costato come abbiamoosservato poco fa è «uscito» ma«non è colato» pure

essendocene molto di più. Nellaterza parte diremo il perché.

Gambe (Tra la linea 4° e 7°).

Dall’incrocio delle mani in poisi vedono abbastanza bene ledue lunghe ombre delle gambe,più grosse lungo il femore (4° e5°) più marcate al punto deidue ginocchi (linea 5°) e poi ledue tibie (5° e 6°). Fateosservazione che quella sinistraha lasciato il segno più forte diquella destra. I piedi di questaparte si vedono quasi nulla(verso la linea 7°).

META’ DESTRA DEL

LENZUOLO (1’ e 2’) Riprendiamo dal

centro del lenzuolo e andiamoverso la nostra destra, sempredella zona centrale. Nellasezione 1’2’ vedrete di nuovo ilcontorno di una testa, ma senzapiù segno di occhi, di naso o dibocca. È la parte di dietro dellatesta di Nostro Signore, perchéè la parte del lenzuolo su di cuirimase coricato i tre giorni.

La distanza che si vede tra lalinea 1’ e la linea 1° corrisponde

alla parte superiore della testa(occipitale) attorno cui illenzuolo girava, ha ricevuteimpronte vaghe coperte ancoradi una delle macchie di acquagià nominate. Su quella parte sivedono bene due macchie disangue; segno che la corona dispine aveva dei rami trasversaliche facevano come coppa di uncappello.

Corona di spine. In questa

stessa parte è facile einteressante vedere una mezzaghirlanda di macchioline piùscure allungate; esse sono le

impronte del sangue colatodalle punture della corona dispine e rappreso poi sui capelli.

Spalle e dorso (fra le linee 2’

e 3’). È una regione ampia cheoffre abbastanza chiaramente laforma della schiena del DivinSalvatore. Le punte delle spalleanche qui son state guastatedall’incendio. Per la stessacausa sono scomparsi i segnidella parte superiore dellebraccia. Ora che l’occhio si è unpo’ adattato, riusciretecertamente ad osservare chetutta la superficie della schiena,

dalle spalle alle reni, è segnatada tante macchie oscure dallaforma di tanti bastoncinileggermente più grossi alle dueestremità e disposti quasi tuttinello stesso senso: essi sono isegni manifesti della punta deiflagelli usati nella flagellazionedi Gesù. Quelle punte sonopenetrate nella carne e nehanno fatto uscire il sangue,oppure hanno prodotto tantirigonfiamenti della forma delflagello e questi han lasciato laimpronta? Simili colpi abbiamovisto sulle parti superiori deltorace (tra il 2° e 3°).

Reni (a metà spazio fra 2’ e

3’). Sulla linea della cintolacorre una serie di macchie che,si vede, è stata prodotta da unliquido di cui non si riescefacilmente a capire la natura el’origine, perché proprio a quelpunto vi sono le due toppe piùgrosse di tutto il lenzuolo. Sivede che nella piegatura dellenzuolo prima dell’incendio,questa era rimasta la parte piùin fuori e quindi la più bruciatadi tutte. Quella macchia puòessere probabilmente prodottadal segno di corde o di catene

colle quali era stato legato Gesùnella passione, e forse ancorasulla Croce per aiutare atenervelo attaccato3.

Gambe (fra le linee 3’ e 5’). –

Nel resto del lenzuolo si ritornaa riconoscere chiaramente ilprolungarsi della impronta didue gambe, delle quali ancorala sinistra sembra più cortadell’altra. Come abbiamoosservato, sui polpacci, sivedono i segni di alcuni colpi diflagello.

Piedi (fra le linee 5’ e 6’). –Le piante dei piedi hannolasciato una impronta moltovisibile, perché essa ha insiemele ombre del resto del corpo edil colore del sangue moltodiffuso. Il piede destro daltallone fino alla punta, e poi,dopo un leggero solco chiaro, dinuovo al punto dei polpastrellidelle dita, sembra la pedatalasciata da un piede scalzo nellapolvere. Però sul tallone si vedela macchia del sangue uscitodalla ferita del chiodo. Anzi iltallone deve aver appoggiato inpiù posti sul lenzuolo (ed è

naturale perché la gamba restòrigida e il lenzuolo ha dovutoessere tirato per raccoglierlo suipiedi). Ecco perché la macchiadel sangue di questo piede halasciato altre impronte più inbasso. Notate ancora chel’impronta del piede destro giraall’insù, come fosseincrocicchiato sotto il sinistro.

Il piede sinistro (5’ I) hafatto viva l’impronta del tallonee del sangue della trafittura epoi sfuma fino a scompariresotto il segno del piede destro4.Segno che hanno dovuto essere

i due piedi incrocicchiati econfitti da un chiodo solo.

CONCLUSIONE Ridate adesso una occhiata

generale a tutto ciò che aveteveduto, e voi riuscirete aricomporre facilmente tutta lafigura del Salvatore.Naturalmente, sempre con ladifficoltà creata dal vederescuro ciò che in una personaviva si vede chiaro, e chiaro ciòche in noi si vede in ombra.

Più di quello che vi hoaiutato a vedere, non si riescese non con un esame lungo epreparazione speciali. Ma voiavete veduto a sufficienza. Ivostri occhi hanno scoperto itratti essenziali del corpo diNostro Signore e la improntadel suo Preziosissimo Sangue.Quando a casa rivedrete leimmagini della SS. Sindone, lesaprete comprendere e spiegarebene.

Non abbandonate però laChiesa senza aver prima chiusoun momento gli occhi a tutto,entrare nel vostro cuore e

rispondere ad alcune domande:Chi è stato ridotto in quellostato? Perché? Da chi? Checosa posso fare per compensaretanto patire?

Note

1 Come si vedrà meglio oltre, nellaparte descrittiva, il Barberisaderisce alla teoria molto seguitaall’epoca che identificava la Sindonedi Torino con quella venerata aBesançon, comparsa nel 1523 edistrutta durante la Rivoluzionefrancese perché riconosciuta unaevidente riproduzione pittoricadella sola immagine anteriore dellaSindone di Torino. Secondo taleteoria la Sindone di Besançonsarebbe stata sottratta durantel’incendio della Cattedrale dellacittà nel 1349e sostituita con unacopia. L’originale sarebbe poi

ricomparso a Lirey pochi anni doponelle mani della famiglia Charny.Oggi pochi storici sostengonoancora questa ipotesi, che nontrova riscontri documentali. Si vedain proposito: ZACCONE G.M., Lemanuscrit 826 de la Bibliothèquemunicipale de Besançon, in Nonfait de main d’homme, 1998 e A.NICOLOTTI, Le Saint Suaire deBesançon et Othon de la Roche,2015.

2 Oggi questi rattoppi non esistonopiù, essendo stati asportati nel2002 per ragioni di conservazionedel Telo.

3 Oggi si ritiene meglio che si tratti

di sangue proveniente dalla ferita alcostato per svuotamento dellacavità toracica quando il corpovenne deposto in posizioneorizzontale.

4 Da studi successivi appare che ilforo di uscita del chiodo sia dacollocare al centro del piede destroe che probabilmente il piede destroad essere stato sovrapposto alsinistro.

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PARTE SECONDA

STORIA DELLA SS.SINDONE

La importanza che la SS.Sindone ha agli occhi ed alcuore dei fedeli, porta a due

conseguenze opposte. Prima daparte dei buoni: un grandedesiderio di conoscere tutto ciòche riguarda la preziosissimaReliquia. La seconda è da partedei cattivi: cercare ogni pretestoper screditare una cosa che fatroppo bene alle anime. Tramezzo esiste, poi, una turba digente che ha sempre paura checrolli tutto l’edificio della Fedese non si risponde subito ecome piace a loro a tutti i criticidi professione.

Per sbarazzare il terreno,

dobbiamo mettere in chiaro

alcune verità: 1° Quando si parla di

autenticità della SS. Sindone siintende che essa sia davvero illenzuolo che ha servito a daresepoltura a nostro Signore.

2° L’autenticità si può

assicurare in due maniere: laprima è quando si trovasserodei documenti scritti cheseguano senza interruzionetutta la storia della Reliquia dalsepolcro fino a Torino nel 1933;la seconda maniera è arrivaread essere sicuri che la Reliquia

non ha potuto essere preparatada nessuno artificialmente. Laprima maniera si chiamastorica, la seconda si dicescientifica.

Certamente il Signore puòaggiungere del suo la prova deiMiracoli. Ma questa nondipende da noi; d’altra partesappiamo che coloro, ai qualinon fa comodo credere, simetterebbero a dire non veri imiracoli: storia vecchia!

3° La SS. Sindone ha la

fortuna di essere una Reliquiache si dimostra proprio vera da

sé, come vedremo nella terzaparte.

4° Quanto a scritti, ce n’è

abbastanza per seguire la SS.Sindone in molti periodi dellasua storia. Ci sono invece deimomenti della Sua esistenzadei quali gli scritti sono statiperduti per incendi, per guerre,per malizia di interessati o dicattivi. D’altronde bisognapensare che è facile perdere lecarte scritte anche importanti.È accaduto nel tempo dellaprossima passata guerra chealcuni uomini sono stati

condannati «in contumacia»come disertori e si trovavanoinvece al fronte, oppure eranomorti da molti anni. Come hapotuto accadere ciò, se appenanati siamo segnati in tantiregistri? È la sorte della carta!Adunque, il mancare di qualchepagina della storia della SS.Sindone non vuoi dire che se nedebba dubitare; quando poi ècosì sicura, per altra maniera,allora, si è assolutamentetranquilli.

Dette queste cose, noi

faremo la storia della SS.

Sindone senza discussioni.Assicuriamo, però, che abbiamoseguito tutto ciò che di piùchiaro e più ragionato è statoscritto e detto sull’argomento.

RIEPILOGO DELLA

STORIA DELLA

SINDONE

Gerusalemme. Giuseppe

d’Arimatea essendo ricco,buono, nobile e Decurione,

approfitta della sua posizioneper chiedere ed ottenere ilcadavere di Gesù, a condizioneche almeno lasci in piedi laCroce.

Mentre si svolgono le

«pratiche» per il permesso,compra una «Sindone», cioè unlungo lenzuolo, e piùesattamente parecchi metri dilino, aromi e tutto il necessarioper la sepoltura.

Si stacca il Corpo di Gesù

dalla Croce, lo si porta alSepolcro, che è poco lontano, lo

si mette sulla «tavola delleunzioni». Si dovrebbe farne lalavatura, la profumatura e lasemi-imbalsamazione delcadavere. Ma la sera sta percalare e la legge ebraicaproibisce di toccare i morti daivespri della vigilia delle feste, el’indomani è appunto festivo.Allora si stende un capo dellatela (sindone) sulla pietra, vi siadagia il Sacro Corpo, si fagirare la tela attorno alla Testae si tira giù davanti fino aipiedi, ove viene rimboccatasotto i piedi stessi.

Attorno si lasciano tutte lealtre tele e bende e sacchetti diprofumi aromatici chedovevano poi servire a finirebene la sepoltura. Tanto è veroche le donne prima di partiredanno ancora una occhiata pervedere se mancherà niente; eparve davvero ne mancasse,perché Maria Maddalena, laMadre di Giacomo e Salomecomprarono poi degli altriprofumi.

Passata la festa, all’alba del

primo giorno della settimana(allora non si chiamava ancora

lunedì) succede la visita delleMarie, la Resurrezione di Gesù,la corsa al Sepolcro di Pietro eGiovanni e il resto chesappiamo. Nel Sepolcro non c’èpiù il Corpo: ma ci sono ancora,piegati, i Sudarii, i lenzuoli e lebende.

Non è scritto nei Vangeli che

siano stati presi, ma si puòanche sol pensare che almenodopo che furono assicurati dellaResurrezione non se ne sianointeressati? Il D’Arimateastesso avrà radunato quelle telee gli aromi (mirra ed aloè) che

aveva portato in tanta quantità(100 libre).

Che quella tela che aveva

direttamente toccato il cadaveredi Gesù fosse rimasta sporca disangue, di sudore cadaverico,della terra di cui si eraimpolverato nelle cadute, ènaturale. Ma aveva già laimpronta del Salvatore? Se nesono accorti? Ne hanno lasciatomemoria scritta? Non nesappiamo niente. A voler darsiqualche spiegazione occorrepensare così: presso gli ebreiera una contaminazione toccare

roba di cadaveri. Ma Gesù erarisorto, dunque non era più uncadavere. Però non sapevano onon credevano tutti allarisurrezione del Nazzareno, eallora forse si è creduto piùprudente tacere, tenere quelleReliquie nascoste.

E dei tempi Apostolici non

ne sappiamo di più. Secolo VII. Nel 620 un

Vescovo spagnolo, Braulione,così stimato da divenire ilconsigliere di tutto l’episcopatospagnolo, scrive a S. Isidoro di

Siviglia che «si deve credereche ci siano Reliquie delSangue di N. Signore perchéEgli nella resurrezione non haavuto bisogno di riprenderequello sparso». Per provarequesta asserzione, il Vescovoricorda che S. Gerolamo e altrihanno veduta la Colonna dellaFlagellazione ancora macchiatadi Sangue... «altri scrittiparlano delle tele e del lenzuoloin cui fu avvolto Gesù nelSepolcro». E di questo è cosìsicuro il Vescovo che lo prendecome motivo che bisognacredere alla verità di molte altre

Reliquie. E poi egli stesso mettein guardia, per riguardo adalcune che non sono altrettantosicure. Adunque nel 600 la SS.Sindone è ancora aGerusalemme ed è conosciuta.

Alla fine del 600 un altro

Vescovo, ma francese, Arcolfo,ha fatto il pellegrinaggio inTerra Santa e ne racconta i fattiad un prete di Jona, chiamatoAdamnano, il quale ne prendememoria. Questa voltasentiamo detto chiaro: che ha«visto delle tele del Sepolcro unlenzuolo sul quale si vedeva

una rappresentazione del Corpodel Signore...».

Costantinopoli. Verso la fine

del sec. XI, cioè tra la fine deglianni 1000 e 1 100, tutte leReliquie riguardanti la vita e lapassione di N. S. e quelle dicoloro che Gli vissero vicinoerano state radunate aCostantinopoli e di là qualcunaregalata ai Papi di Roma, per es.le catene di S. Pietro, un Chiodosacro ed un pezzo della veraCroce.

Le Reliquie erano raccolte indue Chiese: una più grandechiamala Bucolléon e l’altra piùpiccola ma più ricca ancora,chiamata Blachérne. In questasi conservavano le Reliquie piùpreziose. Che vi fosse anche laSS. Sindone è assicurato da unfatto: quando l’Imperatore diCostantinopoli, Alessio, chiamadi essere aiutato nella lottacontro i Turchi, fra i motiviscritti per smuovere i signori diEuropa a partire mette anche, efra i più importanti, la difesadelle preziosissime Reliquieraccolte nella città imperiale, e

fra esse nomina pure la SS.Sindone.

Nel 1171 l’Imperatore

Manuel riceve la visita del Re diGerusalemme e gli fa vedere frai tesori la SS. Sindone.

Nel 1203 un Cavaliere

francese vede ancora la SS.Sindone nella cappella detta diBlachérne.

Francia. II 13 aprile 1204

Costantinopoli è finalmentepresa dalle armi Francesi, dopoun lungo assedio, seguito da un

saccheggio terribile durato tregiorni. Però le reliquie in buonaparte sono salvate, perché alterzo giorno del saccheggio èfatto comando di portarle tutteal Vescovo di Troyes che avevaseguito la Crociata. Il Vescovomuore nell’anno seguente 1205e affida il prezioso deposito alsuo Cappellano perché lo portisicuro in Francia1.

Besançon. L’ordine di

restituire le Reliquie era statodato con molta severità; fuanche eseguito da tutti? E iCapitani che hanno dato

l’ordine si son tenuti obbligatiad osservarlo per i primi?Bisogna non capir niente diquelle faccende per credere chesi siano fatti quello scrupolo, diportare al bravo e vecchioVescovo ciò che essi avevanopreso. E naturalmente,servendosi i primi, avevanoscelto il meglio.

Sta di fatto che nel 1206 un

Conte Ottone della Rochemanda la SS. Sindone a suopadre e questi la cedeall’Arcivescovo di Besançon ilquale la fa custodire nella

chiesa di S. Stefano, e spesso lafa portare in processione.

1 ° Incendio. Nel marzo 1349

la folgore, durante un furiosotemporale, cade sulla chiesa diS. Stefano, ne accende unviolento incendio che insiemeal resto attacca anche ildeposito delle Reliquie. La SS.Sindone scompare e tutti larimpiangono come consumatadal fuoco.

Lirey. Dopo quell’anno

disastroso ecco un altrosignore, Goffredo de Charny, fa

costruire una cappella assaidecorosa, sebbene tutta dilegno, in un piccolo centroabitato da appena un centinaiodi persone, tutte a suo servizio.Quel borgo si chiama Lirey. Inquella chiesetta crea una«Collegiata», cioè un gruppo disacerdoti che hanno il dovere diufficiar la Chiesa a beneficio delConte e dei suoi, sia vivi chedefunti. Allora usava moltofarsi di simili fondazioni. Maquei Sacerdoti qui ricevono unaltro incarico, ed è di fare laguardia religiosa della SS.Sindone, promuoverne la

devozione, ma assolutamentenon dire da dove essa siaVenuta. Intanto a Besançonricompare una Sindonecoll’immagine del Signore; peròessa è manifestamente undipinto mediocre, che riproducesoltanto una parte del SacroCorpo e molto malamente. Eallora si indovina che il Contedi Charny per deviarel’attenzione abbia giuocato diastuzia: lui ha sottratto e tienela vera SS. Sindone; vuole ilsegreto dai Canonici e fa saltarefuori l’altro lenzuolo aBesançon perché la gente

mentre discute di quello nonfaccia ricerche di questo.

Notiamo che un tal genere di

furti, che oggi pare impossibileanzi assurdo, allora e per moltotempo dopo era assai frequente.

Naturalmente questo

sotterfugio, se anche non ècompletamente svelato, nonpuò non creare discussioni; equando il culto alla SS. Sindonedi Lirey si fa più rumoroso,nasce una complicazione.

Fra il 1378 e il 1390 siaccende una grossa discussionea proposito della Reliquia. Vientrano il Papa per mezzo di unNunzio, Vescovi, Re, Canonici emolti avvocati e per un bruttoquarto d’ora non si capisce piùniente. Prudenti, i Canonici diLirey stanno zitti... e la SS.Sindone resta nelle loro mani.

Nel 1418 molte catastrofi si

abbattono sulla Francia efiniscono colla guerra civile el’invasione Inglese. I Canonicinon si sentono al sicuro e il 6luglio di quell’anno

riconsegnano la preziosaReliquia al Conte Umbertodella Roche, genero esuccessore del Conte diCharny2 nella signoria di Lirey.Alla morte del Conte Umberto,tutti i tesori passano allavedova Margherita de Charny.Su di essa si fanno millepressioni per riavere la SS.Sindone, ma la Contessa tieneduro, un po’ con l’astuzia, unpo’ con la resistenza aperta, e laSS. Sindone rimane nelle suemani fino al 1449 in Lirey e finoal 1452 in Hainout, altropossedimento della Contessa.

Chambery. Nel 1452 la SS.

Sindone passa dalle mani dellaContessa della Roche e di Lireya quelle dei Duchi di Savoia aChambery. Per quali ragioni lafiera donna che non ha ceduto anessun tribunale, dona lapreziosa Reliquia ai Savoia? Glistudiosi hanno studiato giàmolto e studieranno ancoraparecchio. A noi qui bastasapere il fatto e ringraziaretanto il Signore che daquell’epoca e per mezzo deinostri futuri Sovrani abbiapreparato la fortuna di cui oggi

godiamo di possedere noi la SS.Sindone.

Il primo dei Savoia che è

venuto in possesso dellaReliquia fu Luigi I, figlio diAmedeo VIII. Il pio Duca fececustodire da principio il nuovotesoro nella chiesa deiFrancescani; poi diede mano acostruire una Cappella appositachiamata Sainte Chapelle3,servita da una Collegiata di 12Sacerdoti dipendentidirettamente dalla S. Sede. Inquesta Cappella fecetrasportare la SS. Sindone.

2° Incendio. La Reliquia eraconservata in una cassettad’argento rinchiusa in altra dilegno, e riposta in un solido ericco armadio della Sacrestia.Nella notte fra il 3 e il 4dicembre del I 532 un incendioscoppia nella Sainte Chapelle;in poco tempo divora il coro e ilpresbitero, calcina i marmidell’Altare maggiore, penetranella sacrestia, intacca gliarmadi. Dato l’allarme ungentiluomo del Duca, che eraallora Carlo III, certamente perordine di questi (alcuni diconoperfino che il Duca in persona

sia accorso) corre alla Cappella,fa forzare una inferriata, entranella sacrestia e vede l’armadioin fiamme; ne sfonda la porta.Il fuoco ha intaccatofortemente la cassa di legno efuso in qualche parte l’argentodella seconda. Calata lacassetta, con alcuni secchi diacqua se ne raffredda le pareti epoi viene subito portata alpalazzo. Qui, con trepidazione,la Reliquia è tirata fuori. È tuttaimbevuta di acqua, ha unangolo caldo e fumante, ma,spiegata con cura, presenta

ancora tutta la impronta delSalvatore.

Dopo una ricognizione

ordinata dal Sommo PonteficeClemente VII; il 28 aprile 1533,giusto 400 anni fa, allo scopo diaccertare che la SS. Sindone eracertamente quella di prima (siricordava il trucco diBesançon), d’ordine del Papa ilSacro Lino venne portatosolennemente nel conventodelle Clarisse il 15 aprile 1534perché facessero le riparazionialle parti state bruciate;riparazioni che esse fecero

usando tela di vecchi Corporalida Messa. Sono i famositriangoli chiari che abbiamo piùvolte nominato nella primaparte. Il lavoro fu finito il 1°maggio e la SS. Sindone vennesolennemente portata nelcastello Ducale.

Pellegrinaggi della SS.

Sindone. Le guerre continue econ varia fortuna sostenute daiSavoia, alleati di Carlo V,costrinsero il nostro Duca CarloIII a emigrare e fuggire aTorino, a Vercelli, a Nizza. Nellafuga molte cose furono

abbandonate, molte distrutte,ma il Duca non volle distaccarsimai dalla SS. Sindone.Finalmente la può far riportarenel 1560 a Chambery dove èrinchiusa nella torre delCastello ove è l’Oratorio privatodel Duca.

Torino. Nel 1562 Torino, che

era stata perduta ericonquistata e riperduta, è resaalla Casa Savoia e viendichiarata capitale del Ducato,regnando Emanuele Filiberto.

Fra il 1575 e il 1577 infierivala peste in tutta l’Italiasettentrionale e singolarmentein Lombardia. S. CarloBorromeo, tra le molteiniziative per lenire leconseguenze di quel terribileflagello, fa voto di andare aChambery a piedi a venerarvi laSS. Sindone, se cessa il flagello.Nessun riguardo, nessunamichevole consiglio valse asmuovere il Santo dal suoproposito, e si mise in viaggio apiedi il 6 ottobre 1578 dopointese prese col Duca.

Il Duca Emanuele Filiberto,commosso da tanta pietà, pensòdi abbreviare al Santo i disagidel lungo viaggio, facendoportare la SS. Sindone daChambery a Torino, dove arrivòil 14 settembre e fu depostaprovvisoriamente nellaCappella Ducale di S. Lorenzo.S. Carlo dopo cinque giorni diviaggio la venerò primaprivatamente l’11 ottobre, e duegiorni dopo prese parte allaOstensione pubblica che fufatta dal Palazzo Ducale. Poi laSS. Sindone fu portata nelDuomo e rimase esposta

quattro giorni durante i quali S.Carlo per due volte tenne undiscorso ai fedeli.

Dopo il pellegrinaggio di S.

Carlo, ogni anno all’indomanidella festa della Invenzionedella S. Croce (3 maggio) sidovette fare la Ostensione dellaSS. Sindone per soddisfare ilgran numero dei pellegrini, tra iquali si ebbero in una sola volta1000 protestanti di Luserna. Inquegli anni (1613) la SS.Sindone fu visitata da S.Francesco di Sales e nel 1639dalla Chantal.

La soverchia frequenza delle

Ostensioni fece giustamentetemere che le impronteavessero a soffrirne e perciòfurono rese sempre più rare.Fra il 1656 e il I694 la pietà deinostri Principi volle dare allaSS. Sindone una cappellaapposita e diede incaricoall’architetto allora in granfama, Guarino Guarini Teatino,autore del Palazzo Carignano,dell’Accademia delle Scienze(ora R. Pinacoteca e MuseoEgizio) e di S. Lorenzo. LaCappella della SS. Sindone per

il gusto moderno è più curiosache bella ed ha guastato persempre la Cattedrale,all’esterno col contrasto dellecupole e più ancora all’internoove la grande vetrata dicomunicazione tra il Duomo ela Cappella ha distrutto l’Absidedi quello che è divenuto uncorridoio, troppo bianco, perarrivare alla Cappella della SS.Sindone, troppo nera.

Ma la pietà non ha di queste

preoccupazioni, sa che là èchiusa una Reliquiapreziosissima e ne ha

abbastanza per apprezzare quelSantuario, che è contenta diintravvedere anche dallaCattedrale.

Nel 1804 la SS. Sindone fu

visitata e vista dal SommoPontefice Pio VII. Nel 1815 lostesso Papa volle fosse fattauna Ostensione inringraziamento della sualiberazione.

Si ha ancora una Ostensione

solenne nel 1868 e poi si vienealla storica Ostensione del 1898dal 25 maggio al 2 giugno,

durante la quale fu controllatoil passaggio di 800 milapellegrini. Fu allora che per laprima volta la fotografia, fattadal Cav. Pia, rivelò che la SS.Sindone non solamente portavale traccia delle ferite e icontorni del Corpo di N. S., mache era il negativo fotograficodella persona di Gesù.

La cosa parve tanto

sbalorditiva che vi si acceseroattorno vivissime discussioni eperfino polemiche non sempreserene.

L’ultima Ostensione del 1931venne a confermarepienamente la rivelazione del1898, a distruggere molte delleinsinuazioni e delle critichemosse allora, a confermaremolte dichiarazioni, e adassicurare che la SS. Sindone,mancassero anche tutti iDocumenti storici, è una rara eforse unica Reliquia chedimostra la sua autenticità dase stessa.

Note

1 Questo passo come i due seguentied in parte anche il seguente siriferiscono all’ipotesi diidentificazione con la sindone diBesançon (cfr. nota precedente).

2 In realtà si tratta del genero diGeoffroy II de Charny, figlioomonimo del primo possessoredella Sindone in Europa, citatoprima.

3 La cappella del castello diChambéry era già edificata. LaSindone vi venne collocata

ufficialmente nel 1502, anche sedefinitivamente solo nel 1506.

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PARTE TERZA

AUTENTICITÀDELLA SS. SINDONE

Abbiamo dichiarato nellaseconda parte del presentelavoro che la SS. Sindone è una

Reliquia che ha la fortunasingolare di mostrarsi sicura dasé, anche se mancassero tuttele indicazioni storiche, che pureabbiamo veduto non sonoindifferenti.

Che cosa si intende quando

si dice che la SS. Sindone siprova da sé?

Si intende questo: la

immagine che si ammira nelsacro lenzuolo non ha potutoessere fatta a mano, dunquenon è opera di un falsario, cioèdi uno che abbia voluto

ingannare, sia a scopo diguadagno, sia a scopo didevozione.

In secondo luogo, la

impronta della SS. Sindone puòessere soltanto della Personadel Divin Salvatore.

La curiosità, anche legittima,

vorrebbe sapere anche come sisia prodotta quella impronta.Ma su questo punto si possonofare molte supposizioni, senzaarrivare ad avere delle cosesicure. Esporremo qualchenostra riflessione, senza

entrare in discussionicomplicate.

A voi, come a noi e ad ogni

fedele basta la verità che la SS.Sindone è il Lenzuolo dellasepoltura di Gesù, e che per dipiù ha ricevuto l’impronta delSuo Corpo martirizzato e inmolte parti anche del SuoSangue prezioso.

Al nostro scopo occorre

stabilire: 1° Che le immagini della SS.

Sindone non possono essere dei

dipinti fatti da mano umana. 2° Che perciò o sono effetto

di cause naturali che hannoagito da sole; o sono l’operadiretta di Dio; o sono effetto delconcorso di cause naturali, e diDio che ne ha diretta l’azione.

3° Che in ogni caso, esclusa

l’opera dell’uomo, la personache ha lasciato l’impronta nellaSindone non può essere se nonquella di N. S. Gesù Cristo.

I Le impressioni della SS.

Sindone non possono

essere dei dipinti fatti da

mano di uomo.

Stando al nostro programma,

metteremo in serie le ragioni diquesta osservazione,rimandandone lo sviluppo adaltra opera.

1° – Perché è una immagine

negativa.

a) Senza essere grandifotografi, oramai tutti sappiamoche quando si prende unafotografia, dalla macchina esceuna lastra od una pellicola che,dopo bagni opportuni, è quasitutta nera con delle macchietrasparenti e precisamente sontrasparenti quelle parti chenella cosa o persona fotografataerano scure o nell’ombra; sononere invece quelle che eranochiare o bene illuminate.Siccome ciò porta a dire che leluci e le ombre sono nella lastratutto al contrario della realtà,allora la lastra si chiama

«negativa», cioè che nega ciòche è nel vero. Se avete unamico o conoscente che facciadella fotografia, anche molloalla buona, vi farà vedere subitole stranezze di un negativo.

Orbene, se ottenere un

negativo colla macchinafotografica è un giuoco danulla, è invece quasiimpossibile farlo a mano, tantoè vero che la SS. Sindone è statariprodotta da pittori eminiaturisti. Prima del 1898 nehanno fatto degli sgorbi; dopo,anche avendo a modello il

negativo della fotografia,nessuno è riuscito ad imitarebene l’immagine della SS.Sindone.

Come avrebbero potuto

inventarla nel 1300 o giù di lì,se non si conobbe la fotografiae quindi il negativo delleimmagini se non nel 1838 conDaguerre?

b) Qualcuno ha detto che il

dipinto fu normale, ma poi coltempo ha cambiato colore, gliscuri son divenuti chiari ed ichiari sono divenuti oscuri. Se

ciò fosse vero, allora avrebbedovuto cambiare dappertutto.Invece nella SS. Sindone visono delle parti (le ferite) chenon sono negative, e delle altre(il corpo) che sono negative.

2° – Le immagini della SS.

Sindone sono profonde. Su una tela a righe grosse,

come è la SS. Sindone (sembratela di tovaglieria da campagna)se si fosse dipinto il coloresarebbe abbondante sullasporgenza delle righe deltessuto, e nullo o quasi nel

fondo delle righe. Invece èproprio il contrario; cioè nellaparte sporgente della rigatura aspina di pesce del lenzuolo nonc’è nulla, salvo al punto delleferite; nella parte fonda, invece,è la impronta della immagine1.

3° – Perché la immagine

della SS. Sindone non ha luci eombre.

Noi vediamo la forma delle

cose grazie alle ombre e mezzeombre, e chi riproduce unoggetto non può a meno disupporta illuminato in maniera

che si vedano delle partiilluminate da un lato e facentiombra dalla parte opposta. Dinotte, mancando la luce edessendo tutta ombra, non sidistingue nulla; ma anche digiorno un oggetto che fossefortemente illuminato da tuttele parti, sarebbe tutta luce, enon si distinguerebbe più benee sembrerebbe una macchia dicolore piatto.

Invece la immagine della SS.

Sindone mostra bene tutte lesue parti eppure non hailluminazione né da destra, né

da sinistra, né dall’alto, né dalbasso... Sono solamente piùmarcate tutte quelle parti chedovettero essere più vicine allasuperficie del lenzuolo, meno lemeno vicine e niente le piùlontane. Guardate infatti lafronte, il naso, i baffi, la barba,le braccia, i ginocchi; e dallaparte posteriore le spalle e nellegambe i polpacci ed i talloni.

4° – Perché mancano alcune

proporzioni. Per ammettere che sia

dipinta a mano la SS. Sindone,

occorrerebbe ammetterealmeno che sia stata fatta da unpittore di abilità prodigiosa. Oraun tale pittore avrebbesbagliate molte delleproporzioni della figura umana;molte parti della figura sonoinfatti troppo strette inproporzione della lunghezzatanto nel volto quanto neifianchi. Le dita poi della manodestra sarebbero addiritturamostruose in lunghezza.

5° – Perché alcune cose

difficilmente si immaginavano

così come sono nella SS.Sindone.

È difatti tanto comune fare

ai Crocefissi la ferita dei chiodinel palmo della mano e quelladel costato dalla parte delcuore, cioè a sinistra. Perfino leimmagini che il DucaEmanuele Filiberto ha fattodipingere sulle chiese lungo lavia tenuta dal corteo che portòla SS. Sindone a Torino nel1578, lungo la strada dal colled’Arnas per Ceres e Lanzo2,sebbene siano state fatte suindicazioni certamente date da

pittori del Principe, tuttaviaportano anch’esse le ferite inquella maniera. Invece nella SS.Sindone si vede la ferita dellamano sinistra messa fra ilpalmo e l’iniziodell’avambraccio (piùprecisamente al pugnetto), e laferita del costato è dalla partedestra.

II Quali cause diverse

dall’artificio umano hanno

potuto dare le immagini

della SS. Sindone.

1° – Nemmeno da dire che se

Dio l’avesse voluto poteva collaSua opera direttamenteprocurarci la impronta dellesembianze del Corpo di Gesùmartirizzato per noi.

Ma ci dovremmo permetteredi dire che dall’arte di Dio cisaremmo aspettato qualchecosa di più perfetto e inoltrenon sapremmo perché ciavrebbe dato un negativo, percui si sarebbe dovuto tardare

1860 anni a capire la meravigliadel regalo.

Nota bene che quando

diciamo che la figura delSalvatore nella SS. Sindone nonè esatta, vogliamo accennare adalcune particolarità che sonoammissibili soltanto se siritiene che la immagine siastata prodotta dal contatto delcorpo col lenzuolo, e non sisaprebbero mai spiegare seinvece si vogliono dire dipintesia da un uomo, sia dall’operaprodigiosa di Dio.

D’altra parte nessun dubbioche il Signore nel farci il donodella SS. Sindone abbia avutointenzioni di bontàmisericordiosa. In nessun altrodocumento infatti noi possiamofarci una idea così esatta e vivadelle sofferenze di Gesù comedavanti alla SS. Sindone. E,notiamo, questo aspetto di essafu subito e sempre visto.Soltanto non si intuì che vi sipotesse scoprire anche la figuracosì distinta del Salvatore.

2° – È ragionevole pensare

che per il dono della SS.

Sindone il Signore abbia tenutoil metodo che Gli è solito e chesi esprime dicendo che qui Dioha fatto un’opera meravigliosaservendosi delle cause seconde.Il che significa questo: nessundubbio che Gesù fu crocifissoperché lo ha voluto, se nopoteva farne a meno e nessunlo avrebbe toccato. Ma peressere crocifisso si è servitodell’invidia del Sinedrio, dellainiquità di Giuda Iscariota,della paura degli Apostoli, dellafalsa politica di Pilato e dellacrudeltà indifferente deiSoldati. Alla stessa maniera si

può dire che le impronte delCorpo di Gesù siano rimastesulla SS. Sindone in manieranaturale, soltanto che le leggidella natura furono guidate dalSignore a darci proprioquell’opera così.

Ma come ha lavorato la

natura? Qui c’è campo a fare tutte le

supposizioni che si vogliono;naturalmente occorre lasciarequesto lavoro agli uomini discienza seri.

Tutti gli studi fatti finoraconcordano in una persuasionefondamentale, ed è questa:

a) La impronta della figura

umana è prodotta dallavicinanza o dal contatto delcorpo col lenzuolo durante lapermanenza nel sepolcro;mentre da una parte il Corpoera in condizioni di emanare(cioè di lasciar uscire)esalazioni prima acide e poibasiche (esalazioni proprie deicadaveri); d’altra parte illenzuolo era impregnato dipolveri speciali aromatiche,

capaci forse di far funzionare illenzuolo all’incirca come unalastra fotografica3.

Se voi appoggiate fortemente

la punta di un dito, che abbiatoccato un acido, su un pezzo dicarta o di tela bianca, dopo pococompare sulla carta o sulla telala impronta del vostro dito conun colore giallognolo.Figuratevi che tutto il Corpo delSignore fosse nelle condizionidel vostro dito e vi potrete fareuna idea della impronta lasciatasul lenzuolo.

b) Una seconda cosa èimportante. Là dove nel Corpofurono aperte delle ferite piùgrosse, sulle quali si è rappresoil sangue, il sangue stesso halasciato la sua decalca sullenzuolo, grazie alla leggeraumidità che ha rammollito lacrosta di sangue.

Ora che i cadaveri lascino un

po’ di impronta sul lenzuolo sucui appoggiano, se non hannodei vestiti di mezzo, è facilevederlo e infatti lo si vedesovente. Quello che non si vedefacilmente è che lascino una

impronta così fedele come ènella SS. Sindone; sebbene peresempio si riesca a distinguerela forma speciale delle rughedella pelle della schienariprodotte sul lenzuolo su cui ilcadavere sia rimasto qualcheora.

c) Una ultima osservazione

su questo punto. Tutte le provefatte per spiegare il come sipossano naturalmente essereprodotte le impronte della SS.Sindone, danno sempre dellefigure deformate e mostruose.Qui invece abbiamo una figura

regolare, bella, abbastanzaproporzionata e con deiparticolari mirabilmentedisegnati.

Ecco perché diciamo che la

natura ha lavorato ma Dio l’hadovuta guidare.

III La impronta della SS.

Sindone è quella del Corpo

di N. S. Gesù Cristo.

Se l’impronta che si vedenella SS. Sindone non è dipintae d’altra parte può essereprodotta da cause naturali,allora non sarà la impronta diun uomo qualunque?

Riguardiamo bene la

impronta e noi vediamo che sitratta di un uomo, che coloro iquali hanno viaggiato e vedutosanno dire che è di schietto tipoebreo. Un uomo poi che ha tuttii segni di aver patito sofferenzee martirii che si leggono conprecisione soltanto di NostroSignore.

Anche S. Pietro fu crocifisso,

ma non flagellato; S. Paolo fuflagellato, ma non crocifisso;anche i due ladroni furonocrocifissi accanto al Signore, manon fu loro trafitto il costato;invece a loro furono rotte legambe con bastoni; altri furonotrafitti da spada, ma noncoronati di spine.

Di Gesù solo si sa che fu

legato fin dall’Orto diGetsemani, e sulla SS. Sindonesono segni di tormentisanguinosi causati da qualche

cosa che girò attorno alla vitadella vittima. (Vedi tavola fra lelinee 2’ e 3’).

Gesù fu coronato di spine, e

sulla SS. Sindone si vede dietroalla testa delle ferite che hannodato sangue attraverso aicapelli proprio in forma dicerchio, e sulla fronte il sangueha colato lungo i capelli e dallaferita più grossa sulsopracciglio sinistro (veditavole I-II e 1° e 2°). Gesù fucolpito da uno schiaffo violentoda un servo di Caifas. Ora, laguancia destra della figura sulla

SS. Sindone appare più gonfiadella sinistra. Gesù è statocrudelmente flagellato. Ilflagello romano è «piombato»,cioè termina con pezzetti diferro a forma di due pallineattaccate ad un manico comeun piccolo manubrio. Ora nellaparte della schiena sulla SS.Sindone si osservano tanteferite che hanno precisamentequella forma. Ce n’è anche sualtre parti, ma qui è dove sivedono meglio, perché laschiena ha appoggiato più fortecontro la tela. (Vedi tavola linee2’ e 3’). Gesù fu inchiodato alla

Croce, mentre altri vi furonosoltanto legati. E per poterrimanere inchiodato, le manidovettero essere trafitte alpugnetto non nelle palme, dadove i chiodi sarebbero uscitifacilmente. Nella SS. Sindone sivedono bene i punti dove futraforata la mano sinistra (ladestra resta sotto) e i due piedi.Siccome le mani erano alzate, ilsangue ha camminato lungo ilbraccio; e sulla SS. Sindone sivede specialmente lungo ilbraccio destro il segno anche diquesto sangue colato (linee 3° e4°). Gesù dopo morto fu trafitto

da una lanciata per assicurarsiche fosse morto e ne uscì acquae sangue. Siccome era mortodavvero, sebbene la lancia abbiafatto una ferita molto grossa,non poteva più venire fuoritanto sangue, perché nei mortiil sangue si raccoglie nellecavità e nelle vene più grosse esubito incomincia arapprendersi. E nella SS.Sindone, l’abbiamo fatto notareapposta nella prima parte, dov’èla ferita del costato (a destra)appare che è uscito un liquidochiaro (il siero che sembraacqua) e col siero alcuni

globetti di sangue che non hanpiù potuto camminare giù comeil sangue delle mani, appuntoperché quello del costato nonera più sangue vivo.

Infine Gesù spirando da

crocifisso, cioè da diritto, hachinato il capo in avanti, edavendo invece le braccia alteaveva il petto molto rilevato.Allora la mandibola inferiore èstata spinta avanti. Ed eccoproprio nella SS. Sindone che illabbro inferiore (nella faccia)figura molto sporgente.

Dove trovare adunque unuomo che abbia avuto cosìprecise le sofferenze di Gesù? Evorreste pensare che per ilgusto di ingannare i devotiqualcuno si sia lasciatoinfliggere tutti quei martirii deiquali lasciare poi l’impronta nellenzuolo?

Adunque la figura impressa

sulla SS. Sindone, anche se ètutto effetto di cause naturali,non può essere che quella diGesù e quel sangue che halasciato il suo stampo è stato ilSangue di Gesù.

Note

1 Le ricerche effettuate dallo STRPnel 1978 hanno dimostrato chel’immagine è dovuta ad unfenomeno di ossidazionedisidratante delle fibrille superficialidei fili di lino.

2 Oggi si ritiene più probabile unpassaggio attraverso il Piccolo SanBernardo e la Valle d’Aosta.

3 Quella qui esposta è la classicateoria vaporigrafica elaborata daPaul Vignon (Le linceul du Christ,Paris 1902; Le Saint-Suaire de

Turin devant la science,l’archéologie, l’histoire,l’iconografie la logique, Paris 1939),oggi non più ritenuta percorribile.

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CONCLUSIONE

Ancora una volta, basta diguardare, basta discutere; è oradi riflettere un poco.

Adunque quando io scusavo

le mie libertà, i miei vizi, le miecolpe dicendo: non è poi grancosa, io riducevo il mio Dio inquesto stato?

Perché coltivavo pensieri

cattivi, il mio Dio eraincoronato di spine; perchéabusavo degli occhi, Gesù lidovette riempire di lacrime, diribrezzo e poi chiuderli collamorte; perché usavo le mani afar male, il Signore le ebbeinchiodate; perché coi piediandavo là dove trovavooccasione di peccare, a Gesùfurono confitti; perché delcuore facevo strapazzo, il mioSignore ne spremeva finoall’ultima goccia il sangue.

Signore, come sono statocattivo! Perdono! Non più!

Ecco come va guardata la SS.

Sindone.

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Indice

Presentazione

Adolfo Barberis e laSindone

Nota biografica

Come si guarda la SS.Sindone

Avvertenze

Parte prima - Comeguarderò la SS. Sindone

Cose da non guardare nellaSantissima SindoneSezionare mentalmente laSindoneDestra e sinistra – Alto ebassoDescrizione delle improntedella Sindone

Parte seconda - Storiadella SS. Sindone

Riepilogo della storia dellaSindone

Parte terza - Autenticitàdella SS. Sindone

Le impressioni della SS.Sindone non possonoessere dei dipinti fatti damano di uomoQuali cause diversedall’artificio umano hannopotuto dare le immaginidella SS. SindoneLa impronta della SS.Sindone è quella del Corpodi N. S. Gesù Cristo

Conclusione

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