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sentenza 10 gennaio 1983; Pres. Buono, Est. I. Pugliese; Convento di San Marco di Firenze ealtro (Avv. A. Ricci, Bausi, Brunori, Fortini, Santoro) c. Comune di Firenze (Avv. De' PaoliMori, Ribolzi) e La Pira (Avv. Cusumano, Manetti, Galanti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 9 (SETTEMBRE 1983), pp. 2295/2296-2297/2298Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177026 .
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2295 PARTE PRIMA 2296
l'esame di quanto poteva essere prospettato in stretto collegamen to funzionale con il thema decidendum del giudizio irrevocabil
mente deciso (v. specificamente Cass. 19 marzo 1980, n. 1836,
id., Rep. 1980, voce Cosa giudicata civile, n. 61).
L'appello, pertanto, dev'essere accolto parzialmente, dichiarando
l'insussistenza del diritto dell'appellato alla pensione d'invalidità, dal 1° luglio 1974. (Omissis)
TRIBUNALE DI MILANO; sentenza 10 gennaio 1983; Pres.
Buono, Est. I. Pugliese; Convento di San Marco di Firenze e
altro (Avv. A. Ricci, Bausi, Brunori, Fortini, Santoro) c. Co mune di Firenze (Aw. De' Paoli Mori, Ribolzi) e La Pira
(Avv. Cusumano, Manetti, Galanti).
TRIBUNALE DI MILANO:
Sepolcro (diritto di) — « Ius eligendi sepulchrum » — Volontà
del defunto — Legittimazione degli eredi — Sussistenza.
L'erede è legittimato ad agire in giudizio per far valere lo ius
eligendi sepulchrum del defunto anche se la scelta da questo compiuta riguardo al luogo della propria sepoltura non coincide con la volontà dei prossimi congiunti. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso presentato al Pretore di Firenze in data 8 novembre 1977 il convento dei padri domenicani di S. Marco di Firenze, in persona del suo superiore padre Cipriano, al secolo Adimiro Ricotti e il provinciale dei
domenicani della provincia di San Marco e Sardegna, padre Leonardo, al secolo Magrini Renato, esponevano quanto segue: il 5 novembre precedente era deceduto il prof. Giorgio La Pira il
quale sin dal 1926 aveva risieduto in Firenze, ivi tenendo una cattedra universitaria e svolgendo per molti anni la funzione di
sindaco; che aveva lasciato erede, con testamento olografo 4
agosto 1977, il convento di San Marco di Firenze, nella cui
comunità era vissuto fino alla morte; che il defunto aveva
espresso più volte in vita la volontà di essere tumulato a Firenze nel cimitero di Rifredi accanto alla tomba di don Giulio Facibe
ni; che dopo le esequie i familiari del defunto avevano dichiarato al sindaco di 'Firenze di voler seppellire il loro congiunto nella tomba di famiglia di Pozzallo, in provincia di Ragusa, tanto
premesso i ricorrenti chiedevano al pretore un provvedimento di
urgenza che impedisse la traslazione della salma da Firenze. Instaurato il contraddittorio con i familiari del defunto, il pretore, con ordinanza 29 novembre 1977 (Foro it., 1978, I, 775) confer mava il decreto adottato 1*8 novembre precedente, con il quale stabiliva che la salma del prof. Giorgio La Pira rimanesse custodita nel cimitero di Rifredi di Firenze (dove già si trovava) fino all'esito della causa di merito, e assegnava un termine alle
parti per l'instaurazione di tale giudizio.
(1) Volendo ripercorrere velocemente le varie tappe relative alla vicenda giudiziale della sepoltura di Giorgio La Pira, v. innanzitutto Pret. Firenze, ord. 29 novembre 1977, Foro it., 1978, I, 775, con cui il pretore accordava al convento di San Marco il provvedimento d'urgen za ex art. 700 c.p.c. inibendo ai congiunti che, sino alla pronuncia di merito (attuale decisione del Tribunale di Milano), le spoglie dell'illustre personaggio della vita pubblica fiorentina venissero allontanate da Firenze ove si trovavano; ciò per evitare che, in caso di esito, favorevole ai ricorrenti, della causa di merito, esse dovessero essere estumulate e ritraslate da Pozzallo (luogo del sepolcro familiare) a Firenze, pregiudizio che, sebbene di natura morale, rilevava — a dire del pretore — dal punto di vista etico e sociale. Quindi interveniva Trib. Firenze 11 marzo 1980, id., Rep. 1980, voce Sepolcro (diritto di), n. 3, che decideva la questione della legittimazione attiva nello stesso senso della sentenza qui riportata (la motivazione si legge in Foro pad., 1980, I, 261, con breve annotazione critica di A. Varsallona, Note critiche in tema di « ius eligendi sepulchrum »). Con la stessa pronun cia il tribunale affermava la propria competenza nel presupposto che l'art. 33 c.p.c. sia applicabile anche al caso del foro convenzionale ovvero del domicilio eletto (Foro it., Rep. 1980, voce Competenza civile, n. 129). In sede di regolamento di competenza, tuttavia, Cass. 9 marzo 1981, n. 1318, id., 1981, I, 633, assegnava la causa al Tribunale di Milano, in base alla constatazione che le residenze « effettive » dei convenuti erano fissate a Milano e a Modica (la sentenza è annotata da G. Fici, Cumulo soggettivo, foro convenzionale e foro elettivo in margine al caso La Pira, in Giust. civ., 1981, I, 2284).
Sulla titolirità dello ius eligendi sepulchrum, v. Cass. 4 aprile 1978, n. 1527, Foro it., 1978, 1, 2524; nonché Cass. 24 gennaio 1979, n. 532, id., 1979, I, 2681, entrambe con note di richiami.
Sul consolidato principio della superfluità di particolari requisiti formali relativamente ali'electio sepulchri, potendo essere provata la volontà del defunto con qualunque mezzo, cfr. Cass. 1527/78, cit., ma spec. Cass. 21 novembre 1970, n. 2475, id., 1971, I, 117, con nota di richiami, alla quale fa riferimento la decisione riprodotta.
I ricorrenti quindi riassumevano la causa davanti al Tribunale
di Firenze, convenendo in giudizio tutti i familiari di Giorgo La
Pira (fratelli e nipoti), nonché il comune di Firenze, affinché, accertata la volontà del defunto di essere sepolto a Firenze, la
salma fosse consegnata ' dal comune all'erede testamentario al fine
di darne sepoltura presso il cimitero di Rifredi, secondo la
volontà espressa in vita del de cuius.
Poiché i convenuti, La Pira Ernesto, La Pira Giovanni, La Pira
Giuseppina e La Pira Maria Cristina eccepivano preliminarmente
l'incompetenza del Tribunale di Firenze, nonché la carenza di
legittimazione attiva degli attori, il Tribunale di Firenze, con
sentenza del 15 dicembre 1979 (id., Rep. 1980, voce Competenza
civile, n. 129 e voce Sepolcro, n. 3), dichiarava la propria
competenza a giudicare, nonché la legittimazione attiva degli attori al presente giudizio; estrometteva inoltre dal giudizio i
nipoti del defunto, La Pira Giorgio, La Pira Gaetano, La Pira
Roberto, La Pira Gabriella e La Pira Angela. Contro questa decisione i convenuti La Pira Ernesto, Giovanni, Giuseppina e
Maria Cristina proponevano ricorso ai sensi dell'art. 47 c.p.c., assumendo la competenza del Tribunale di Milano o di Modica.
La Corte di cassazione con sentenza del 2 dicembre 1980 (id.,
1981, I, 633) accoglieva il predetto ricorso. (Omissis) Motivi della decisione. — Va innanzitutto dichiarata l'estro
missione dal presente giudizio di La Pira Giorgio, La Pira
Gaetano, La Pira Roberto, La Pira Gabriella e La Pira Angela, cosi come già statuito dal Tribunale di Firenze, dal momento che
i predetti hanno espressamente dichiarato di fare acquiescenza a
tale decisione, attesa la loro carenza di interesse nella presente causa (essendo soltanto nipoti del defunto prof. Giorgio La Pira) e tenuto conto che gli attori non si sono opposti a tale richiesta
anzi si sono mostrati d'accordo con una simile conclusione.
Per quanto riguarda poi la controversia fra gli attori e gli altri
familiari del prof. La Pira (convenuti nel presente processo), ritiene il collegio che i primi abbiano la legittimazione attiva a
proporre l'azione — per cui si discute — nei confronti dei
secondi.
Va in primo luogo dato atto che, secondo la giurisprudenza assolutamente concorde (v. da ultimo Cass. 21 ottobre 1970, n.
2475, id., 1971, I, 117; 12 maggio 1975, n. 1834, id., Rep. 1975, voce Sepolcro, nn. 5-7; 4 aprile 1978, n. 1527, id., 1978, I, 2524), la scelta del luogo di sepoltura può essere esercitata dai familiari del defunto, soltanto qualora tale scelta non sia stata manifestata
dal defunto durante la sua esistenza; e più precisamente è stato riconosciuto che « le spoglie mortali, anche se sono da classificare fra le cose extra commercium, in virtù della cautela che la legge accorda al sentimento etico sociale della pietà per i defunti,
possono tuttavia costituire oggetto di diritti e in particolare del diritto di disposizione del de cuius per ciò che attiene alla destinazione della salma» (v. Cass. n. 1527/78). E si è aggiunto che soltanto quando la electio sepulchri non sia stata esercitata dal defunto durante il corso della sua vita, una simile scelta può essere esercitata da altri « con prevalenza dello ius coniugii sullo ius sanguinis e di quest'ultimo sullo ius successions » (v. Cass. n. 1834/75).
Si può quindi dedurre da tale orientamento giurisprudenziale che viene accordata una tutela piena e assoluta alla volontà del defunto (circa la destinazione della propria salma), volontà che
prevale su qualsiasi altra scelta operata da altri, benché legati da strettissimi rapporti di parentela con il de cuius.
Nel momento perciò in cui viene affermata l'assoluta preminen za della scelta operata dal defunto, si deve conseguentemente ammettere che altri soggetti siano legittimati a far valere la volontà di una persona, che evidentemente non ha più alcun
potere di far rispettare la propria scelta, altrimenti il principio sopra enunciato sarebbe privo di ogni consistenza. Ma, se nor malmente sono i congiunti del defunto a far rispettare la sua
volontà, occorre anche tenere presente il caso in cui questi esercitino una scelta in contrasto con tale volontà; in questa ipotesi si deve pertanto riconoscere che un altro soggetto giuridico possa far valere la scelta operata dal de cuius e abbia quindi il
potere di agire in giudizio per ottenere questa tutela anche contro la volontà dei prossimi congiunti: se ciò non fosse, si giungereb be a togliere ogni efficacia al riconoscimento giuridico della
preminenza della electio sepulchri da parte del defunto rispetto a
quella esercitata dai congiunti, conseguenza che non può eviden temente essere accettata, secondo l'interpretazione giurisprudenzia le in precedenza enunciata.
In base a tale interpretazione si deve quindi ritenere che la facoltà di stare in giudizio per far rispettare la volontà del defunto spetti quantomeno all'erede, quando, come nel caso in
esame, tale sua qualità sia disgiunta da vincoli di parentela con il defunto ed egli voglia far valere contro i prossimi congiunti, non
già un proprio diritto di scelta del luogo di sepoltura, bensì
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
unicamente la scelta operata in vita dal de cuius in contrasto con
la volontà di tali prossimi congiunti.
All'erede, infatti, che subentra non solo in tutti i rapporti attivi e passivi di carattere patrimoniale del defunto, ma al quale inoltre
competono diritti e obblighi strettamente connessi con il trapasso di colui al quale succede, come ad esempio l'obbligo di provvede re alle spese funerarie, nonché lo ius eligendi sepulchrum, sia pure in via gradata rispetto al defunto e ai prossimi congiunti (come si
argomenta da Cass. 21 novembre 1970, n. 2475, cit.), non si può disconoscere l'interesse a far rispettare la volontà del defunto. E
ciò è tanto più vero, allorché, come nel caso in esame, il de
cuius abbia scelto come erede la comunità, nella quale era vissuto
per diversi decenni fino alla morte, con la quale aveva una
comunanza di interessi e aveva instaurato rapporti e vincali non
certamente diversi e meno intensi di quelli che usualmente si
hanno con i propri familiari. All'erede quindi, che subentra in
locum et ius al defunto, va riconosciuta la legittimazione ad
agire nel presente processo.
Tanto premesso circa l'eccezione preliminare proposta dai con
venuti, ritiene il collegio, per quanto attiene al merito della
causa, che in base alle risultanze processuali sia stata raggiunta una prova sicura e certa della volontà manifestata in vita dal
prof. Giorgio La Pira circa il luogo della sua sepoltura. Preso atto che la electio sepulchri non richiede alcun rigore di
forma, onde la prova può essere fornita con qualunque mezzo
(sia con testimoni sia con presunzioni — v. da ultimi Cass. 21
novembre 1970, n. 2475, cit., Pret. Roma 10 dicembre 1972, id.,
Rep. 1973, voce cit., n. 3), e considerato che le diverse prove assunte non possono essere esaminate « l'una isolatamente dall'altra, ma tutte insieme organicamente collegandole secondo la loro
concordanza nel quadro unitario dell'indagine di fatto » (v. la
citata decisione del Supremo collegio n. 2475/70), si deve conse
guentemente ritenere che l'insieme dei dati raccolti nel presente
giudizio dimostri inequivocabilmente la volontà del defunto prof. La Pira di essere sepolto a Firenze.
Ne fanno innanzi tutto fede la figura di uomo pubblico del prof. La Pira (che a Firenze, oltre a tenere un insegnamento universitario
aveva svolto per anni la funzione di sindaco), la sua scelta di
vivere in tale città fin dal 1926, il suo inserimento nella comunità
del convento di San Marco, tanto da sceglierlo quale proprio erede. Ne sono poi conferma ì suoi discorsi, dai quali traspariva il suo sentirsi cittadino di Firenze, nonché il tributo di affetto
dato dalla cittadinanza, in occasione dei solenni funerali avvenuti
in Firenze, tale da attestare il dolore generale per la perdita di un
grande e amato concittadino, e infine le onoranze tributatigli dagli uomini politici locali, a cominciare dal sindaco Elio Gabbugiani, che ne ha fatto una sentita e commossa commemorazione.
Queste circostanze, che sono di comune conoscenza (oltre a
risultare dalla documentazione prodotta dagli attori), rappresenta no quindi presunzioni, se non univoche, tuttavia molto significati
ve, di quale fosse la volontà del prof. Giorgio La Pira in ordine
al luogo della propria sepoltura.
Ma tale equivocità viene del tutto meno e la volontà del
defunto appare completamente chiara, ove si tenga conto che
il prof. La Pira l'ha manifestata pubblicamente attraverso i suoi
scritti. Si legge infatti testualmente nella sua « testimonianza » su
don Giulio Facibeni, data da pubblicare dallo stesso prof. La Pira
nel 1968 (circostanza non contestata dai convenuti): « Ho detto
anche a don Corso: quando muoio, tu mi devi seppellire li, nel
cimitero di Rifredi ». Del resto questa affermazione del defunto,
contenuta in una sua pubblicazione, è stata confermata dallo
stesso don Corso, come risulta dalla sua dichiarazione giurata
allegata al procedimento d'urgenza proposta davanti al Pretore di
Firenze. Anche gli altri testi escussi — sia pure sommariamente — in tale procedimento hanno affermato che il prof. Giorgio La Pira aveva ripetutamente manifestato la sua volontà di essere
sepolto nel cimitero di Rifredi. Due dei predetti testi (e più
precisamente la dottoressa Mazzei e la signora Rabissi) hanno
altresì messo in evidenza di aver saputo dal prof. La Pira che gli era stato chiesto dai familiari di contribuire alle spese per la
costruzione della tomba di famiglia a Pozzallo, ma che egli non
intendeva comunque farsi seppellire li. Va quindi ritenuta irrile
vante (ai fini di stabilire la volontà del defunto) la circostanza
che lo stesso abbia dato un contributo finanziario per l'erezione
della tomba di famiglia; questo fatto, anche dandolo per ammes
so, non è infatti di per sé significativo di una precisa intenzione
del prof. La Pira di farsi seppellire nella tomba di famiglia né è
certamente tale da inficiare tutti i concordi e univoci elementi,
che si sono messi in precedenza in rilievo circa la volontà del
defunto di essere sepolto a Rifredi, ben potendo il contributo
finanziario corrisposto ai familiari rappresentare unicamente una
manifestazione di riguardo nei confronti di questi ultimi (che
avevano pur sempre legami di parentela con lui) e non già di
volontà in ordine al luogo della sua sepoltura (come dal resto hanno chiarito le due testi). Di conseguenza, stabilito senza ombra di dubbio che il prof. Giorgio La Pira aveva esercitato in
vita la scelta di essere sepolto a Firenze nel cimitero di Rifredi, va conseguentemente disposto, in conformità della sua volontà, che la sua salma rimanga ivi sepolta. (Omissis)
PRETURA DI TRANI; sentenza 22 luglio 1983; Giud. Sfreccila; Sassi (Avv. Volpe, Ruberto) c. I.n.p.s. (Avv. Rapisardi).
PRETURA DI TRAN!;
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Pensione
di vecchiaia — Liquidazione — Errori di calcolo — Domanda
giudiziale — Provvedimento amministrativo — Condizione di
procedibilità — Esclusione (Cod. proc. civ., art. 443).
Ai fini della procedibilità della domanda con la quale si deduco
no errori di calcolo dell'I.n.p.s. nella determinazione e quan
tificazione della pensione di vecchiaia non è necessario né il
previo esperimento del procedimento amministrativo né il pre ventivo decorso dei termini di cui all'art. 443, ì 1° comma,
c.p.c. (1)
Svolgimento del processo. — Sassi Savino con ricorso 15 febbraio 1983 conveniva in giudizio, dinanzi questo pretore, in
funzione di giudice del lavoro, l'I.n.p.s. con sede in Roma, in
persona del legale rappresentante per sentirlo condannare alla
corresponsione, in favore di esso ricorrente, della pensione di
vecchiaia nella misura spettante per legge e sulla base della
contribuzione accreditata fino alla data di pensionamento, consi
derando gli ultimi 36 mesi più favorevoli di contribuzione prece denti la data di decorrenza della pensione, oltre le differenze per
gli arretrati maturati, e gli interessi di legge: il tutto con vittoria
di spese e competenze, da distrarsi in favore dei procuratori attorei, antistatari.
Assumeva il ricorrente di essere titolare della pensione n.
50103404 ctg.VO con decorrenza 1° maggio 1982; che l'I.n.p.s. nelle operazioni di calcolo aveva omesso di considerare gli ultimi
36 mesi più favorevoli di contribuzione; che, pertanto, l'importo
corrisposto era inferiore a quello previsto ex lege (art. 26 1. 3
giugno 1975 n. 160). (Omissis) Motivi della decisione. — In via preliminare si ritiene opportu
no precisare che le controversie in materia di previdenza ed
assistenza obbligatoria prima di essere sottoposte all'esame del
magistrato ordinario competente (pretore) devono essere oggetto di composizione in sede amministrativa attraverso i prescritti
procedimenti. E solo dopo che questi siano esauriti o dopo che
siano trascorsi sei mesi dalla data in cui fu proposto il ricorso
amministrativo può essere adita l'a.g.o. Ditalché perché sorga
l'obbligazione dell'istituto all'erogazione della pensione è necessa
rio incoare un procedimento amministrativo inteso ad accertare
l'esistenza di fatti e presupposti idonei ad attribuire all'assicurato
il diritto al conseguimento della pensione. Quindi, una volta
qualificata giuridicamente una situazione non altrimenti identifica
bile, sorge nell'istituto una precisa e ben individuata obbligazione. Il conseguenziale successivo provvedimento col quale l'Ln.p.s.
fissa decorrenza, misura ed altre modalità della erogazione della
pensione, è il risultato non di un procedimento amministrativo in
senso stretto, come quello di cui sopra, bensì di una mera attività
esecutiva non munita, come tale, della salvaguardia limitatrice dei
poteri del giudice ordinario ai sensi dell'art. 4 1. 20 marzo 1865, ali. E.
Così suddivise e precisate le due fasi, facenti capo, l'una, al
procedimento amministrativo, l'altra, all'attività esecutiva, conside
rato che il ricorrente lamenta errori di calcolo nella determinazio
ne e quantificazione della pensione, già in precedenza riconosciuta
dall'istituto all'esito del procedimento amministrativo imposto ex
lege, è agevole concludere che, riguardando la richiesta soltanto la
(1) A proposito di altra fattispecie di ritenuta inutilità del previo
esperimento del procedimento amministrativo ai fini della procedibilità di domanda in materia previdenziale, Pret. Parma 20 giugno 1981, Foro it., 1982, I, 307, con nota di richiami.
Sul potere del giudice ordinario di procedere alla liquidazione della
pensione di invalidità o vecchiaia e di pronunciare condanna del
l'I.n.p.s. al pagamento delle somme dovute, cons., fra le altre, Cass. 6
luglio 1982, n. 4038, id., Rep. 1982, voce Previdenza sociale, n. 550; 14
luglio 1981, n. 4584, id., Rep. 1981, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 568; 18 maggio 1978, n. 2395, id., Rep. 1978, voce Previdenza sociale, n. 704; 8 aprile 1975, n. 1261, id., 1975, I, 1368, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 1985 — Parte /-147.
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