Post on 30-Jan-2017
transcript
sezione distaccata di Pisticci; sentenza 4 novembre 1998; Giud. Federici; Amoroso (Avv.Labriola, Lovito) c. Agatiello (Avv. S. e P. Sellitri), Simeone (Avv. Cipriano)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 10 (OTTOBRE 1999), pp. 3107/3108-3109/3110Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194940 .
Accessed: 25/06/2014 07:27
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact support@jstor.org.
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 07:27:48 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
3107 PARTE PRIMA 3108
PRETURA DI MATERA; sezione distaccata di Pisticci; sen
tenza 4 novembre 1998; Giud. Federici; Amoroso (Avv. La
briola, Lovito) c. Agatiello (Avv. S. e P. Sellitri), Simeone
(Avv. Cipriano).
PRETURA DI MATERA;
Ingiunzione (procedimento per) — Opposizione — Chiamata
di terzo senza autorizzazione del giudice — Ammissibilità (Cod.
proc. civ., art. 106, 269, 645).
L'opponente a decreto ingiuntivo può chiamare in causa un ter
zo con l'atto di opposizione e citandolo per la prima udienza,
senza dover chiedere l'autorizzazione al giudice. (1)
Svolgimento del processo. — Con citazione del 6 novembre
1997, notificata il 14 novembre, Amoroso Patrizia conveniva
in giudizio Agatiello Gennaro e Simeone Annunziata Olga, pro
ponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso 1*8
luglio 1997 dal Pretore di Matera, sezione distaccata di Pisticci,
con il quale le si ingiungeva il pagamento della somma di lire
10.859.239, oltre interessi e spese della procedura monitoria,
in favore dell'Agatiello. Preliminarmente si chiedeva la riunione per ragioni di con
nessione al presente giudizio di quello incardinato dinanzi al
Giudice di pace di Pisticci, avente ad oggetto, tra le stesse
parti, l'opposizione a decreto ingiuntivo 240/97. Nel merito
rappresentava che il preteso credito era relativo a delle cam
biali emesse a sua firma. Senonché tali cambiali erano state
da lei effettivamente rilasciate alla Simeone, ma solo a titolo
di favore e cortesia. Questa, unitamente al proprio coniuge
Perrone Claudio, aveva poi ceduto i titoli all'Agatiello, per
l'acquisto di mobilio. Inoltre, già nel 1994 l'acquirente ed il
venditore avevano regolato i loro rapporti, con il completo soddisfacimento del credito del secondo. Questi essendo i fatti,
avendo semplicemente rilasciato i suddetti titoli per favore e
cortesia alla Simeone e non essendovi mai stato alcun rappor to contrattuale tra lei e l'opposto, che aveva temerariamente
azionato le cambiali, si chiedeva l'annullamento del decreto
opposto e la condanna delle parti citate al pagamento delle
spese processuali. Si costituiva la Simeone, la quale eccepiva l'irritualità della
sua chiamata in causa, eseguita senza l'autorizzazione del giudi
ce, così come previsto dall'art. 269 c.p.c., chiedendo pertanto l'estromissione dal giudizio per la nullità della chiamata. Tale
estromissione era anche giustificata dall'estraneità ai fatti del
presente giudizio, non avendo rapporti pendenti né con la Amo
roso, né con l'Agatiello, nulla dovendo, pertanto, ad alcuna
delle altre parti in causa.
Si costituiva anche l'opposto, il quale rigettava ogni assunto
di controparte, sostenendo che le cambiali relative al provvedi mento monitorio riguardavano non già i rapporti commerciali
denunciati dalla opponente, ma l'acquisto di mobilio fatto da
questa presso l'attività commerciale dell'opposto. Affermava an
che che la Simeone era estranea a tale giudizio, chiedendone
pertanto l'estromissione, anche in considerazione della irrituale
chiamata in causa. Ci si opponeva alla richiesta riunione al pre sente del giudizio pendente dinanzi al giudice di pace, perché inesistente ogni connessione. Si chiedeva nel merito il rigetto
dell'opposizione.
(1) Nello stesso senso, ma precisando che l'opponente, se vuole chia mare un terzo, deve farlo, a pena di decadenza, con l'atto di opposizio ne, Pret. Torino 18 e 31 luglio 1996, Foro it., Rep. 1997, voce Ingiun zione (procedimento per), nn. 58-60, e, per esteso, Giur. it., 1997, I, 2, 378.
Sulla chiamata in causa secondo la novella del 1990 al codice di pro cedura civile, v., anche per ampi riferimenti di dottrina, Balena, La
riforma del processo di cognizione, 1994, 243 ss., nonché, da ultimo, Dalmotto, Relativamente al meccanismo di chiamata de! terzo ad ope ra del convenuto, in Giur. it., 1997, I, 2, 306.
Sul diritto di proporre domande riconvenzionali nel giudizio di op posizione a decreto ingiuntivo, v. E. Fabiani, in Foro it., 1998, 1, 279 ss.
Il Foro Italiano — 1999.
Sulla questione relativa alla nullità della chiamata in causa
della Simeone all'udienza del 30 settembre 1998 le parti preci
savano le conclusioni e la causa era assunta a sentenza.
Motivi della decisione. — Va preliminarmente rigettata la
richiesta di riunione per connessione al presente giudizio di
quello pendente dinanzi al giudice di pace. Al riguardo è appe na il caso di evidenziare che la competenza in materia di op
posizione a decreto ingiuntivo è funzionale. Ne discende che
il giudizio 240/97, pendente dinanzi al Giudice di pace di Pi sticci, non può essere riunito al presente perché vi osta la
competenza funzionale di quell'organo giudicante.
Mancano anche i presupposti per la sospensione del presente
giudizio, ex art. 295 c.p.c., perché la risoluzione della contro
versia pendente dinanzi all'altro giudice non è pregiudiziale alla decisione di questo.
Venendo ora ad esaminare la ritualità della chiamata del
terzo in causa e la conseguente richiesta di estromissione, va
detto che nelle opposizioni a decreto ingiuntivo l'opponente, solo formalmente attore, assume sostanzialmente le vesti del
convenuto. Ne discende che allo stesso va applicata la discipli na normativa relativa al convenuto anche in ordine alle moda
lità della chiamata del terzo, di cui trattano gli art. 167 e
269 c.p.c.
Occorre allora esaminare tale disciplina, al fine di valutare
la ritualità della chiamata in causa nel presente della Simeone.
Per la chiamata in causa del terzo il convenuto deve far
ciò, a pena di decadenza, nella comparsa di costituzione e
contestualmente deve chiedere al g.i. lo spostamento della pri ma udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel
rispetto dei termini dell'art. 163 bis c.p.c. (art. 167, 3° com
ma, e 269, 2° comma, c.p.c.). Tale disciplina necessita di
un'attenta lettura per comprendere se la comminazione della
decadenza dalla chiamata del terzo sia relazionabile solo alla
mancata richiesta nella comparsa di costituzione — o comun
que nel primo atto difensivo del convenuto, qual è la citazione
per opposizione a decreto ingiuntivo —, oppure anche all'o
missione della contestuale richiesta al giudice di fissazione di
una ulteriore udienza. La risposta non può prescindere da
una sia pur breve analisi della finalità della disciplina positiva. Va innanzitutto evidenziato che la necessità di chiamare in
causa il terzo sin dal primo atto difensivo è imposta al conve
nuto tanto dall'art. 167, 3° comma, quanto dall'art. 269, 2°
comma, e non vi è dubbio che dalla lettura delle due norme, nonché dall'ordine sintattico dell'art. 269, la decadenza segue alla mancata chiamata nella comparsa (o nel primo atto). È
meno certo che la decadenza sia comminata ogni qual volta
sia omessa la richiesta di fissazione d'una nuova udienza. Se
si raffronta la formulazione della norma previgente alla novel
la del 1990 con l'attuale, la risposta sembrerebbe positiva,
poiché rispetto alla disciplina antecedente — nella quale era
solo previsto che il convenuto dovesse chiamare il terzo con
citazione a comparire alla prima udienza nell'osservanza dei
termini stabiliti nell'art. 163 bis c.p.c. — la nuova fa riferi
mento ad una esplicita richiesta al giudice. Cioè prima il terzo
era convenuto direttamente dalla parte processuale, mentre at
tualmente la chiamata sembra subordinata ad un atto (decreto) del giudice. Senonché, ad una più attenta lettura della norma
ora in vigore, le conclusioni da raggiungere sono diverse. L'art.
269, nel testo novellato, espressamente prevede la richiesta al
giudice di spostamento della prima udienza «allo scopo di
consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini del
l'art. 163 bis». È allora facile relazionare tale esigenza alla
garanzia che il terzo chiamato, nuovo convenuto, venga a co
noscenza degli atti nei termini garantiti ad ogni convenuto,
potendo costituirsi nel rispetto dei termini applicativi in via
ordinaria. Che la necessità della espressa richiesta al giudice trovi la sua ragione solo nell'esigenza appena illustrata è con
fermato dal fatto che alcuna discrezionalità è riconosciuta al
l'organo giudicante nell'ammettere la chiamata del terzo, quando richiesta dal convenuto. Infatti, a differenza di quanto previ sto al 3P comma dell'art. 269, nel quale la chiamata del terzo
da parte dell'attore è subordinata ad un preventivo esame del
giudice, che, solo «se concede l'autorizzazione», fissa una nuova
This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 07:27:48 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
udienza, nel 2° comma della richiesta segue direttamente, nel
termine di cinque giorni, il decreto di fissazione della nuova
udienza. La differenza, allora, tra la vecchia e la nuova disci
plina non sta nella necessità in ogni caso della richiesta all'au
torità giudiziaria, ma nella considerazione che rispetto ai ter
mini perentori fissati con la novella ed al sistema di preclusio ni predisposto, sussiste, per il convenuto che pur si costituisca
ritualmente nel termine dei venti giorni prima dell'udienza,
la necessità di richiedere lo spostamento della prima udienza
per consentire di citare il terzo con le garanzie temporali di
sposte dal legislatore. Rafforza le conclusioni appena raggiun
te la considerazione che nella normativa antecedente la novella
il convenuto potesse richiedere la chiamata del terzo anche
alla prima udienza, senza che peraltro alcuna norma indivi
duasse in tale momento il termine sanzionato con la decadenza
(con la sola possibilità in questa ipotesi, però, che il giudice
potesse discrezionalmente valutare l'ammissibilità della chia
mata), mentre oggi è espressamente prevista la comminatoria
della decadenza se la chiamata venga eseguita anche nella com
parsa di costituzione, senza che la costituzione avvenga nel
termine prescritto dall'art. 166 c.p.c. A queste conclusioni non
può opporsi neppure la presenza, nel testo dell'art. 269, della
congiunzione «e» successivamente al prescritto obbligo di chia
mata del terzo nella comparsa di costituzione, che potrebbe
far pensare alla comminatoria della decadenza in ogni ipotesi
di omessa contestuale richiesta al giudice di spostamento del
l'udienza. Infatti, la particella di congiunzione ha solo il signi
ficato di individuare due distinti oneri del convenuto, ciascuno
nei limiti e termini indicati nella norma: quello, in ogni caso,
di formulare la chiamata nel primo atto difensivo, quello,
subordinato allo spazio temporale esistente tra la costituzione — e dunque tra la vocatio del terzo — e la prima udienza
indicata dall'attore, di richiedere il decreto di spostamento d'u
dienza. Solo ove tale intervallo sia inferiore ai sessanta giorni
è necessario chiedere al giudice lo spostamento della data.
Diversamente, è sufficiente chiamare direttamente in causa il
terzo, perché comunque tutelato, come una qualunque parte
convenuta — secondo le finalità dell'art. 269 c.p.c. —. Le
conclusioni appena esposte rappresentano l'orientamento di au
torevole dottrina.
Venendo ora al caso che ci occupa, l'opposizione al decreto
ingiuntivo è stata notificata anche alla terza chiamata Simeone
sin dal 14 novembre 1997. Poiché la prima udienza di compa
rizione era stata fissata al 3 febbraio 1998, ne discende che
il terzo, come d'altronde lo stesso opposto, ha avuto un perio
do ben superiore ai sessanta giorni per apprestare la propria
difesa, secondo quanto prevede l'art. 163 bis c.p.c. Pertanto
alcuna violazione dei principi della difesa è stata commessa
nella chiamata del terzo, la cui legittimazione passiva nell'o
dierno giudizio va pienamente riconosciuta. La richiesta di estro
missione per l'irritualità e la nullità della vocatio va pertanto
rigettata, mentre nel merito non sono stati raccolti ancora
elementi sufficienti per reputare la Simeone del tutto estranea
al presente giudizio. Il processo deve dunque proseguire per valutare la fondatez
za dell'opposizione nel merito, all'esito del quale verranno li
quidate le spese complessive del giudizio.
Il Foro Italiano — 1999.
Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile
Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato — Par
lamentare — Immunità per voti dati e opinioni espresse —
Ammissibilità (Cost., art. 68; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme
sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzio
nale, art. 37).
È ammissibile il conflitto di attribuzione fra poteri dello Sta
to proposto dal Tribunale di Roma nei confronti della delibera
del 30 settembre 1998 con cui la camera dei deputati ha dichia
rato l'insindacabilità, ai sensi dell'art. 68 Cost., delle opinioni
espresse dall'on. Sgarbi nei confronti del Pretore di Venezia,
dott. Abrami. (1)
Corte costituzionale; ordinanza 22 luglio 1999, n. 363 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 28 luglio 1999, n. 30); Pres.
Granata, Est. Santosuosso; Trib. Roma c. Camera dei deputati.
Conflitto di attribuzione.
(1) Continua la serie dei conflitti tra la magistratura e le camere
in ordine all'applicazione dell'immunità parlamentare di cui all'art.
68 Cost., i quali, per buona parte, hanno ad oggetto affermazioni
e giudizi, espressi in particolare nei confronti di magistrati, da parte dell'on. Vittorio Sgarbi.
Nel caso di specie, il deputato aveva espresso accuse nei confronti
del Pretore di Venezia in relazione ad una sentenza di condanna pro nunciata da quest'ultimo nei suoi confronti. Dato il carattere personale dell'accusa il parere della giunta per l'autorizzazione era stato contrario
alla concessione dell'immunità, ma la camera invece aveva ritenuto il
comportamento coperto dalla garanzia dell'art. 68 Cost.
Con decisione di pari data (ord. 22 luglio 1999, n. 362, G.U., la
s.s., n. 30 del 1999), la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile
analogo ricorso promosso dal Tribunale di Como nei confronti della
delibera del 16 dicembre 1998 della camera dei deputati che aveva rite
nuto coperte dall'immunità parlamentare (anche questa volta contro il
parere contrario espresso dalla giunta per le autorizzazioni a procedere) talune dichiarazioni dell'on. Sgarbi nei confronti di Stefania Ariosto
rese nel corso della trasmissione televisiva «Sgarbi quotidiani». In par
ticolare, il deputato aveva accusato la Ariosto «di avere vissuto in ma
niera parassitaria, per molti anni alla corte di uomini ricchi e potenti e di aver tratto in tal modo i mezzi per vivere senza lavorare; di aver
svolto la professione di antiquario con scarse competenze, scorretta
mente ed affermando il falso in relazione al valore di due inginocchia
toi, di una statua romana e di un libro d'ore; di essere piena di debiti
e di giocare in tutti i casinò del mondo avendo rapporti con gli usurai; di avere rapporti sconvenienti con la televisione avendo beneficiato di
una intervista definita marchetta del Tgl».
Altri, analoghi, ricorsi sono stati dichiarati ammissibili da Corte cost.,
ord. 16 luglio 1999, n. 319, G.U., la s.s., n. 29 del 1999, relativamente
all'insindacabilità delle opinioni espresse dall'on. Matacena jr. nei con
fronti del dott. Macrì; ord. 11 giugno 1999, n. 238, id., n. 24 del 1999, relativamente alla insindacabilità delle opinioni espresse dall'on. Sgarbi nei confronti del dott. Caselli; ord. 16 aprile 1999, n. 130, id., n. 16
del 1999, relativamente alle opinioni espresse dall'on. Sgarbi nei con
fronti della dott. Cotti Cornetti; ord. 16 aprile 1999, n. 129, id., n.
16 del 1999, relativamente alle opinioni espresse dall'on. Sgarbi nei con
fronti del dott. Di Pietro.
In merito ai conflitti vertenti sull'applicazione dell'art. 68 Cost., v.
Corte cost. 20 luglio 1999, n. 329, id., n. 30 del 1999, la quale ha
accolto il ricorso del giudice nei confronti della delibera parlamentare; ord. 16 luglio 1999, n. 318, id., n. 29 del 1999, che ha dichiarato inam
missibile il ricorso per mancanza di una compiuta esposizione dei fatti
e delle ragioni del conflitto; sent. 23 giugno 1999, n. 252, id., n. 26
del 1999, che ha dichiarato il ricorso inammissibile per mancanza della
materia del conflitto; 28 maggio 1999, n. 203, Foro it., 1999, I, 2427,
con nota di richiami e nota di Romboli, che ha dichiarato il ricorso
improcedibile per l'avvenuto deposito dello stesso e delle prove delle
notifiche oltre il termine perentorio di venti giorni dall'ultima notifica
zione; ord. 23 dicembre 1998, n. 446, e 12 dicembre 1998, n. 407, ibid.,
1085, con nota di richiami.
This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 07:27:48 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions