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sezione tributaria; sentenza 3 agosto 2001, n. 10653; Pres. Cantillo, Est. Di Palma, P.M. Cafiero(concl. conf.); Cassa di risparmio delle province lombarde (Avv. Guidi, Zanetti, Pontiroli) c.Direzione regionale entrate Lombardia. Conferma Comm. trib. reg. Lombardia 3 febbraio 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 10 (OTTOBRE 2001), pp. 2769/2770-2773/2774Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196304 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
bene ..il contribuente ha esattamente operato rinunciando al
residuo credito di lire 27.186.000 dopo aver detratto dal credito
1990 l'importo totale da versare (lire 3.104.000) per la defini
zione del condono. L'ufficio, peraltro, ha giustamente rettificato
l'anno 1992, richiedendo al contribuente il credito rinunciato
(lire 30.290.000) relativo all'anno 1990. Ciò posto, l'ufficio ha
però errato nel richiedere anche l'importo di lire 3.104.000 do
vuto per la definizione del condono ed esattamente non versato
per effetto della rinuncia al residuo credito dell'anno 1990, co
me sopra specificato. Pertanto, alla luce di quanto sopra, gli im
porti di cui alla cartella di pagamento n. 3582001 vengono così
modificati: lire 30.290.000 per imposta; lire 30.290.000 per so prattassa, con interessi da calcolare nuovamente sugli importi così determinati, fatti salvi ovviamente gli oneri accessori di
cartella esattoriale».
1.3. - Avverso tale sentenza Rosa Morelli ha proposto ricorso
per cassazione, deducendo quattro motivi di censura, illustrati
con memoria.
Il ministro delle finanze, benché ritualmente intimato, non si
è costituito, né ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione. — 2.1.- Ancorché «in via meramente
subordinata», la ricorrente — nella memoria ex art. 378 c.p.c. —
eccepisce, preliminarmente, l'invalidità dell'appello principale
proposto dall'ufficio (cfr., supra, n. 1.2), in quanto l'appello medesimo, redatto in data 10 settembre 1999, è stato autorizza
to, ai sensi dell'art. 52 d.leg. n. 546 del 1992, solo successiva
mente alla sua redazione, e cioè in data 27 settembre 1999; sic
ché, i giudici a quibus avrebbero dovuto dichiararne l'improce dibilità anche d'ufficio.
L'eccezione è infondata.
È noto che l'art. 52, 2° comma, d.leg. n. 546 del 1992 — il
quale ha un chiarissimo intento deflattivo del contenzioso tri
butario, come già osservato da questa corte, sia pure in diverse
fattispecie (cfr. sent. n. 4213 del 2000, Foro it.. Rep. 2000, voce
Tributi in genere, n. 1711) — statuisce che gli uffici periferici del dipartimento delle entrate e gli uffici del territorio del mini
stero delle finanze debbono essere previamente autorizzati «alla
proposizione dell'appello principale», rispettivamente, dal re
sponsabile del servizio contenzioso della competente direzione
regionale delle entrate e dal responsabile del servizio con
tenzioso della competente direzione compartimentale del territo
rio.
Ciò posto, nella specie, l'appello principale dell'ufficio Iva di Roma, come già rilevato (cfr., supra, n. 1.2), reca la data del 10
settembre 1999 ed il n. prot. 3070/9 rep., è stato autorizzato
dalla direzione regionale delle entrate per il Lazio in data 27
settembre 1999 e notificato il successivo 29 settembre dello
stesso anno.
Orbene — dal momento che l'art. 52, 2° comma, cit., richiede
la predetta autorizzazione per la «proposizione» dell'appello
principale; che l'art. 53, 2° comma, stabilisce, tra l'altro, che «il
ricorso in appello è proposto nelle forme di cui all'art. 20, 1° e
2° comma, nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado»; e che, a sua volta, l'art. 20, 1°
comma, prescrive che «il ricorso è proposto mediante notifica a
norma del 2° e 3° comma del precedente art. 16» — è del tutto
evidente che l'autorizzazione alla proposizione dell'appello
principale di cui all'art. 52, 2° comma, deve intervenire ante
riormente alla notificazione del gravame alle altre parti del giu dizio di primo grado, restando del tutto irrilevante la data della
sua materiale redazione da parte dell'ufficio tributario, che in
tenda impugnare la sentenza di primo grado. Il che — come risulta dalle circostanze processuali dianzi e
videnziate — è puntualmente avvenuto nel caso di specie.
(Omissis)
Il Foro Italiano — 2001.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza 3 a
gosto 2001, n. 10653; Pres. Cantillo, Est. Di Palma, P.M.
Cafiero (conci, conf.); Cassa di risparmio delle province lombarde (Avv. Guidi, Zanetti, Pontiroli) c. Direzione re
gionale entrate Lombardia. Conferma Comm. trib. reg. Lom
bardia 3 febbraio 1997.
Riscossione delle imposte e delle entrate dello Stato e degli enti pubblici — Rimborso frazionato di imposte — Impu tazione (Cod. civ., art. 1194; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602,
disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, art.
44).
Al rimborso del credito di imposta (nella specie, dell'Irpeg) ef
fettuato dall'amministrazione in due tranches successive — la
prima per un importo pari al capitale e la seconda per un im
porto corrispondente agli interessi maturati — non si applica l'art. 1194 c.c. in tema di imputazione del pagamento. (1)
Svolgimento del processo. — 1.1. - Con istanza del 15 ottobre
1985 all'intendente di finanza di Milano, la Cariplo (Cassa di
risparmio delle province lombarde) chiese il rimborso della
somma di lire 1.641.247.033, oltre gli interessi maturati dal 10
luglio 1983, esponendo: a) che aveva ricevuto, in data 11 di
cembre 1981, il rimborso di lire 10.361.408.017, pari al credito
di imposta Irpeg 1974, per cui era stato emesso avviso di sgra vio in data 4 dicembre 1981; b) che aveva, altresì, ricevuto, in
data 4 ottobre 1983, la somma di lire 6.838.529.290, relativa
agli interessi di mora, liquidati in forza di avviso di pagamento del 26 settembre 1983 ai sensi dell'art. 44 d.p.r. n. 602 del
1973; c) che l'ulteriore somma chiesta in rimborso risultava dal
calcolo determinato secondo i criteri fissati dell'art. 1194, 2°
comma, c.c., che doveva ritenersi applicabile alla fattispecie. In assenza di risposta dell'intendente di finanza di Milano, la
Cariplo impugnò il silenzio-rifiuto, formatosi su tale istanza,
con ricorso del 29 novembre 1990 alla Commissione tributaria
di primo grado di Milano, insistendo nella domanda di rimborso
della predetta somma.
In contraddittorio con l'ufficio — che instò per la reiezione
del ricorso — la commissione adita, con decisione n. 483/1/91
del 10 febbraio 1992, accolse il ricorso, disponendo il rimborso
della somma richiesta, oltre interessi dal 10 luglio 1983.
1.2. - A seguito di appello dell'ufficio, la Commissione tri
butaria regionale di Milano, con sentenza n. 242/11/96 del 3
febbraio 1997, accolse il gravame, respingendo il ricorso intro
duttivo della Cariplo, osservando, in particolare, che «l'art. 44
d.p.r. n. 602 del 1973 disciplina non solo la misura degli inte
ressi, ma anche il periodo della loro maturazione, la quale de
corre dalla data del versamento della maggior imposta alla data
dell'ordinativo emesso dall'Intendenza o dell'elenco di rimbor
so»; che «se si applicasse letteralmente l'art. 1194 c.c. si otter
rebbe un periodo diverso di maturazione ed una diversa misura
degli interessi e pertanto è da ritenere che l'art. 44 deroghi in
questa materia all'art. 1194 c.c.»; e che «nel merito, il silenzio
rifiuto e l'appello della sentenza contestano l'ammontare del
credito richiesto dalla contribuente nel suo stesso fondamento».
1.3. - Avverso tale sentenza la Cariplo - Cassa di risparmio
delle province lombarde s.p.a. ha proposto ricorso per cassazio
ne, deducendo un unico, articolato motivo di censura.
Resiste, con controricorso, il ministro delle finanze.
Motivi della decisione. — 2.1. - Con l'unico motivo (con cui
deduce: «Violazione e falsa applicazione degli art. 12 e 14 disp.
(1) La Cassazione, pur prendendo atto dell'assenza nelle leggi tribu
tarie di regole espresse sull'imputazione, al capitale o agli interessi, del
rimborso parziale, esclude la possibilità di applicazione analogica dei
l'art. 1194 c.c. attesa «l'incompatibilità delle due discipline, civilistica
e tributaria». Non si rinvengono nella giurisprudenza della Suprema corte prece
denti editi in tali esatti termini.
In argomento, cfr. E. Di Giacomo, Anche per il rimborso parziale dei
crediti d'imposta si deroga all'art. 1194 c.c., in Fisco, 1997, 7926.
Sugli interessi in materia di rimborso di imposta, v., per altri profili, Cass. 30 marzo 2001, n. 4760, Foro it., 2001,1, 1853, per la quale l'art.
44 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602 — a tenore del quale non competono interessi per ritardato rimborso di imposte pagate successivamente alla
data dell'ordinativo di pagamento — presuppone la rituale e tempestiva notifica di questo.
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PARTE PRIMA 2772
sulla legge in generale, 1194 c.c., e 44 d.p.r. 29 settembre 1973
n. 602, in relazione all'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.; insuffi
cienza e contraddittorietà di motivazione su punto decisivo della
controversia»), la società ricorrente critica la sentenza impu gnata, sostenendo che: a) le domande volte al rimborso di impo ste sarebbero riconducibili all'azione di cui all'art. 2033 c.c. in
assenza di norme di legge che, introducendo deroghe, consenta
no di concludere in senso difforme; b) conseguentemente, in
tema di imputazione di pagamenti, dovrebbe applicarsi l'art.
1194 c.c., la cui disciplina non sarebbe derogata da quella det
tata dall'art. 44 d.p.r. n. 602 del 1973; c) la motivazione della
sentenza sarebbe gravemente carente sia in sé considerata, sia
con riferimento alla normativa ritenuta applicabile. 2.2. - Il ricorso deve essere respinto, previa correzione della
motivazione della sentenza impugnata, ai sensi del combinato
disposto degli art. 62, 2° comma, d.leg. n. 546 del 1992 e 384, 2° comma, c.p.c., essendo il suo dispositivo conforme al diritto.
Tenuto conto della fattispecie sottostante alla pronuncia im
pugnata — costituita dalla domanda di corresponsione di ulte
riori interessi per ritardato rimborso di (eccedenza di) imposta (Irpeg), eseguito dall'amministrazione finanziaria in due tran ches ed in tempi diversi: la prima, a titolo di restituzione d'im
posta, eseguito nel 1981; la seconda, a titolo di corresponsione degli interessi per ritardato rimborso dell'imposta stessa, ese
guito nel 1983, ai sensi dell'art. 44 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602 (disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) —
la questione, sottoposta per la prima volta all'esame di questa corte, consiste nello stabilire se la fattispecie medesima debba essere disciplinata esclusivamente dalla «speciale» disciplina di cui all'art. 44 d.p.r. n. 602 del 1973, ovvero da quella prefigu rata dall'art. 1194 c.c.; e se. in particolare, il pagamento «par ziale» dell'amministrazione finanziaria (nella specie, prima tranche) debba essere imputata prima agli interessi, ai sensi del l'art. 1194, 2° comma, c.c.
Ad avviso del collegio, tale questione trova la sua corretta e
giusta soluzione nel primo senso dell'alternativa — applicazio
ne della disciplina «speciale» — secondo le considerazioni che
seguono.
A) È evidente che — allorquando (come nella specie) l'am
ministrazione finanziaria, nei casi previsti dalla legge, sia
astretta, nei confronti del contribuente, dai distinti obblighi di restituzione dell'imposta e di corresponsione degli interessi per il suo ritardato rimborso, ed il loro adempimento non sia inte
grale e contestuale — parrebbe porsi, analogamente a quanto
previsto nella disciplina codicistica, il problema dell'individua zione dell'obbligo cui si riferisce il «rimborso parziale», ovvero della sua imputazione al capitale e/o agli interessi, tenuto conto
che, in tal caso, l'amministrazione stessa avrebbe «più debiti della medesima specie [debiti pecuniari] verso la stessa persona [contribuente-creditore]» (art. 1193, 1° comma, c.c.).
Nella disciplina codicistica dell'imputazione del pagamento la regola generale
— che attribuisce al debitore, conformemente all'antico principio del favor debitoris, la facoltà di «dichiarare,
quando paga, quale debito intende soddisfare» (art. 1193, 1°
comma, cit. ; in mancanza di tale dichiarazione, e, ancor prima, di imputazione «convenzionale», si applica la disciplina supple tiva contenuta nel 2° comma del medesimo articolo) — è dero
gata, quando i distinti obblighi hanno ad oggetto capitale ed in
teressi, dal criterio legale di imputazione, esclusiva o prioritaria, del relativo pagamento agli interessi, a meno che il creditore non abbia previamente consentito all'imputazione del paga mento parziale al capitale. E noto, infatti, che «il debitore non
può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interes si e alle spese, senza il consenso del creditore» (art. 1194, 1°
comma, c.c.): consenso, questo, ritenuto indispensabile, perché, con la sua manifestazione, il creditore stesso rinuncia sia al l'esercizio del potere di rifiutare l'offerta del debitore che non
comprenda «la totalità della somma dovuta, degli interessi e delle spese» (cfr. art. 1181 e 1208, 1° comma, n. 3, c.c.), sia al beneficio della «naturale» fecondità del denaro (cfr. art. 1282, 1° comma, c.c.). Ed è, altresì noto che, comunque, «il paga mento fatto in conto di capitale e di interessi ['pagamento par ziale'] deve essere imputato prima agli interessi» (art. 1194. 2°
comma, c.c.): criterio, questo, stabilito ad evidente tutela della
posizione del creditore, garantita dal predetto beneficio (cfr.. in tal senso, Cass. n. 8063 del 1993, Foro it., Rep. 1993, voce Ob
bligazioni in genere, n. 30). Si può, dunque, concludere, con la
Il Foro Italiano — 2001.
prevalente dottrina, che. in presenza di distinti debiti per capi tale ed interessi, l'«ordine delle imputazioni», stabilito dalla di
sciplina codicistica, prevede, al vertice, l'imputazione «conven
zionale» (art. 1194, 1° comma) e, in difetto, nell'ipotesi di pa
gamento parziale, l'applicazione del criterio legale dettato dal
2° comma dello stesso art. 1194. Ed è anche opportuno precisa re — conformemente al consolidato orientamento di questa corte (cfr. sent. n. 2850 del 1966, id., Rep. 1966. voce Paga mento delle obbligazioni, n. 21; n. 2352 del 1988, id., Rep. 1988, voce Obbligazioni in genere, n. 46; nn. 10149 e 11014 del
1991, id., Rep. 1991, voce cit., nn. 30 e 28) — che, in tanto sif
fatto criterio legale è applicabile, in quanto entrambi i crediti,
per capitale ed interessi, siano liquidi ed esigibili; sicché, ad es., sino a quando sia incerto od illiquido il credito accessorio, il
debitore non è soggetto al divieto di imputare il pagamento al
capitale. B) A differenza della disciplina codicistica, le leggi tributarie
— in tema di rimborso delle imposte non dovute (sia dirette che
indirette) e di corresponsione degli interessi relativi in ragione della ritardata restituzione del capitale
— non contengono re
gole espresse sulla imputazione, al capitale o agli interessi, del
«rimborso parziale» (è prevista, invece, una speciale disciplina
sull'imputazione dei pagamenti, dettata dall'art. 31 d.p.r. n. 602
del 1973 per l'ipotesi inversa — che qui non rileva — in cui il
contribuente sia debitore, a vari titoli da imposizione diretta, nei confronti dell'amministrazione: disposizione che, al 5° comma,
per quanto da essa non previsto, rinvia materialmente alle nor
me degli art. 1193 e 1194 c.c.). Costituisce communis opinio che la disciplina tributaria nella
materia de qua deve ritenersi «speciale» rispetto a quella civili
stica. In proposito, conta sottolineare che, anche recentemente, la Corte costituzionale (sent. n. 157 del 1996, id., 1997,1, 3716) — nel dichiarare non fondata (in conformità con la precedente
giurisprudenza in analoghe fattispecie; cfr. ord. n. 288 del 1988,
id., 1988, I, 2455, e n. 93 del 1989, id., Rep. 1989, voce Tributi in genere, n. 1113), con riferimento agli art. 3, 23, 42 e 53
Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, 1°
comma, d.p.r. n. 602 del 1973, sulla misura e sul computo degli interessi da rimborso di imposte dirette — ha ribadito «la spe ciale natura del credito cui si riferiscono i suddetti interessi [di ritto, questo, che nasce con 'una specifica configurazione che ne limita l'oggetto e ne disciplina, fin dall'origine, contenuto e
modalità'], nonché le particolarità dei soggetti aventi diritto, tali da costituire congrua giustificazione della diversità della disci
plina fiscale approvata dal legislatore nella sua discrezionalità»; ed ha precisato che «si tratta di una peculiare disciplina della materia tributaria apprestata dal legislatore, nella sua discrezio
nalità, in considerazione delle esigenze connesse alle opera zioni di liquidazione dell'imposta e di formazione dei ruoli, nonché di quelle degli uffici preposti allo svolgimento dei com
plessi procedimenti restitutori». Siffatta «specialità» si manifesta, appunto, nella materia de
qua — in ragione della natura pubblica del rapporto obbligato
rio d'imposta e del principio della riserva (relativa) di legge (art. 23 Cost.) che ne «copre» la disciplina
— in una minuziosa
regolamentazione legislativa (contenuta, in tema di imposte di rette, negli art. 37-44 bis d.p.r. n. 602 del 1973) e di normazione
secondaria, la quale prefigura complessi moduli procedimentali, con partecipazione di organi ed uffici diversi dell'amministra zione finanziaria, il cui normale iter è scandito dalla domanda del contribuente, dall'accertamento della sussistenza di presup posti e condizioni del diritto al rimborso, dalla liquidazione della somma da restituire e dei relativi interessi e dall'emissione dell'ordinativo di pagamento, che rappresenta l'atto finale del
procedimento restitutorio e costituisce, altresì, il momento in cui il corrispondente credito del contribuente diviene liquido ed
esigibile. Tanto premesso, sul piano generale, deve ricordarsi, in parti
colare, che l'art. 44 d.p.r. n. 602 del 1973 — il quale detta la di
sciplina degli interessi dovuti al contribuente dall'amministra zione finanziaria per ritardato rimborso di imposte pagate
—
stabilisce, tra l'altro, che il contribuente stesso, titolare del di ritto al rimborso d'imposta, ha, altresì, «diritto per la maggior somma effettivamente pagata, all'interesse del 4,5 per cento
[dal 1° gennaio 1997, del 2,5 per cento, ai sensi dell'art. 3, comma 141, 1. n. 662 del 1996] per ognuno dei semestri interi, escluso il primo, compresi tra la data del versamento ... e la da
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ta dell'ordinativo emesso dall'intendente di finanza o dell'elen
co di rimborso» (1° comma); e che «l'interesse è calcolato dal
l'ufficio delle imposte che lo indica nello stesso elenco di sgra vio».
È sufficiente leggere tali disposizioni — in particolare con
nessione non solo con il successivo art. 44 bis (che regola gli interessi per rimborsi eseguiti mediante procedura automatizza
te), ma anche con tutte le precedenti norme (art. 37-44 bis) —
per cogliere immediatamente l'incomparabilità delle due di
scipline, civilistica e tributaria: la struttura di quest'ultima, in
fatti, preclude in radice l'applicazione (analogica) dell'art. 1194
c.c. per molteplici ragioni. Innanzitutto, perché il potere di accertare e liquidare la som
ma da restituire al contribuente, ai distinti titoli di capitale ed
interesse, è attribuito esclusivamente all'amministrazione finan
ziaria, senza possibilità alcuna di intervento del creditore (a par te, ovviamente, la domanda di rimborso ed il successivo eserci
zio del suo diritto alla tutela giurisdizionale avverso le determi
nazioni dell'amministrazione, come è avvenuto nel caso di spe
cie). In secondo luogo, perché, nella disciplina degli interessi
connessi al rimborso d'imposta si deroga, quantomeno parzial mente, al principio della «naturale fecondità del denaro» (cfr.,
supra, lett. A): infatti — mentre la disciplina civilistica, secondo
cui «i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto» (cfr. art. 1282, 1° comma, c.c.), impli ca che il debitore, anche senza previo accordo con il creditore, è
soggetto all'obbligo «accessorio» di pagare a quest'ultimo una
somma di denaro ulteriore, calcolata in misura percentuale ri
spetto a quella avente ad oggetto il «capitale» e con scadenza
periodica, che si estingue con l'estinzione di quello «principale» — nella disciplina tributaria, come emerge dalla lettura degli art. 44 e 44 bis d.p.r. n. 602, la legge stabilisce il dies a quo e
quello ad quem (data dell'ordinativo di pagamento ritualmente
notificato: v. sent. 4760/01, id., 2001,1, 1853) di decorrenza de
gli interessi. Ed infine — e soprattutto —
perché, nel procedi mento di rimborso d'imposta, quale disciplinato dalla legge tri
butaria, non è nemmeno ipotizzabile un «rimborso parziale»: in
fatti — a differenza del caso di «pagamento parziale», presup
posto dalla norma di cui si invoca l'applicazione analogica
(l'art. 1194, 2° comma, c.c., appunto) — la disciplina tributaria
prevede la liquidazione contestuale del capitale (imposta da re
stituire al contribuente) e dei relativi interessi per «titoli» di
stinti ed entro limiti quantitativi e temporali specificamente pre
fissati; sicché, al pari di quello di liquidazione, anche il potere di
«imputazione» del pagamento, al capitale ed agli interessi, è at
tribuito dalla legge esclusivamente all'amministrazione finan
ziaria. Può accadere — come è avvenuto nel caso di specie
— che la
restituzione dell'imposta e la corresponsione dei relativi interes
si siano disposte da quest'ultima con distinti ordinativi di pa
gamento ed a distanza di tempo l'uno dall'altro; ma — come ha
osservato la Corte costituzionale nella sentenza dianzi citata —
«si tratta di ... circostanze di fatto inerenti all'applicazione della disposizione» (l'art. 44 d.p.r. n. 602 del 1973), che non as
sumono «rilievo nel giudizio di costituzionalità»; e, può ag
giungersi, nemmeno nel giudizio ordinario, posto che, come già detto, il dies ad quem di decorrenza degli interessi è indis
solubilmente collegato alla data dell'ordinativo di pagamento «concernente il rimborso d'imposta» (così, più chiaramente che
nell'art. 44, l'art. 44 bis, 1° comma). Le considerazioni che precedono lasciano, ovviamente, im
pregiudicate le distinte ipotesi, in cui l'autorità giurisdizionale riconosca dovuti al contribuente, per qualsivoglia ragione, rim
borsi d'imposta maggiori di quelli liquidati dall'amministrazio ne finanziaria, relativamente ai quali, pertanto, dovrebbero esse
re ricalcolati gli interessi previsti dall'art. 44 nei limiti ivi stabi liti.
Il Foro Italiano — 2001.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 2 agosto 2001, n. 10576; Pres. Sciarelli, Est. Miani Canevari, P.M.
Frazzini (conci, diff.); Ruggiero (Avv. Matarazzo) c. Soc.
Fintel (Avv. Marotta). Cassa Trib. Avellino 29 aprile 1999.
Lavoro (rapporto di) — Licenziamento collettivo per ridu
zione di personale — Procedura di mobilità — Inosser
vanza — Licenziamenti — Inefficacia (L. 23 luglio 1991 n. 223, norme in materia di cassa integrazione, mobilità, tratta
menti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comu
nità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in
materia di mercato del lavoro, art. 4, 5).
Va dichiarata l'inefficacia dei licenziamenti collettivi intimati
in un momento antecedente all'esaurimento della procedura di mobilità prevista dal 6°, 7° e 8° comma dell'art. 4 l.
223/91 o al raggiungimento, in seno a detta procedura, di un
accordo sindacale. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 25 luglio 2001, n. 10171; Pres. Sciarelli, Est. Picone, P.M. Giacalone
(conci, conf.); Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. Maresca, Ca
rinci, Morrico, Tosi, Trifirò, Vesci) c. Pendolini (Avv. Ci
polla). Conferma Trib. Milano 8 aprile 2000.
Lavoro (rapporto di) — Licenziamento collettivo per ridu
zione di personale — Procedura di mobilità — Violazione — Accordo sindacale — Licenziamenti — Inefficacia (L. 23 luglio 1991 n. 223, art. 4,5).
In ipotesi di violazione della procedura di mobilità prevista dall'art. 4 l. 223/91, sono inefficaci i licenziamenti collettivi,
ancorché comminati in esecuzione di un accordo sindaca
le. (2)
I
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Avel
lino Ciro Ruggiero chiedeva la declaratoria d'inefficacia del li
cenziamento intimatogli dalla Fintel s.p.a. con lettera del 7 feb
braio 1996 nell'ambito di una procedura di licenziamento col
lettivo regolato dalla 1. 223/91, e la condanna della datrice di la
voro alla reintegrazione dell'attore nel posto di lavoro, con il
pagamento della retribuzione dovuta e il versamento dei contri
buti dell'assicurazione obbligatoria. Il Ruggiero deduceva che il
provvedimento era stato adottato in violazione delle regole pro cedimentali fissate dalla legge, perché la risoluzione del rap
porto era stata comunicata prima dell'esaurimento della proce
dura, conclusasi con l'accordo raggiunto presso il ministero del
lavoro in data 12 marzo 1996.
Il pretore adito rigettava le domande, con decisione che il
Tribunale di Avellino confermava con sentenza del 29 aprile
2000, sulla base dei seguenti rilievi: — la procedura di mobilità disciplinata dall'art. 4 1. 223/91 si
era conclusa con l'incontro presso il ministero del lavoro in data
28 febbraio 1996, aggiornato al 12 marzo successivo; — il licenziamento era stato intimato dalla Fintel a far data
dal 29 febbraio 1996, e subordinato alla condizione risolutiva
del mancato raggiungimento di un diverso accordo nell'incontro
(1-2) I. - Le sentenze in epigrafe ribadiscono l'inderogabilità della
procedura di mobilità prevista dall'art. 4 1. 223/91, le cui scansioni ga rantiscono, nel disegno de! legislatore, la tutela delle ragioni dei lavo
ratori. Per Cass. 10576/01, l'incompleto espletamento della procedura di
mobilità comporta l'inefficacia dei licenziamenti sancita dal 3° comma
dell'art. 5 1. 223/91; secondo Cass. 10171/01 la totale inosservanza
della procedura parimenti determina l'inefficacia dei recessi anche
qualora essi siano comminati in esecuzione di un accordo sindacale
comunque raggiunto. Conforme a Cass. 10171/01, v. Cass. 12 gennaio 1999, n. 265, Foro it., 1999, I, 476, con nota di richiami, e, da ultimo,
Cass. 5 aprile 2000, n. 4228, id., 2000, I, 2842, e 19 febbraio 2000, n.
1923, id., Rep. 2000, voce Lavoro (rapporto), n. 1949.
II. - In tema di licenziamenti collettivi, v., per altri aspetti, Cass. 15
febbraio 2001, n. 2188, id., 2001,1, 1566, con nota di richiami.
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