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Sezione VI; decisione 3 luglio 1963, n. 395; Pres. Stumpo P., Est. Anelli; Malaguti (Avv. DegliEsposti) c. Min. ind. (Avv. dello Stato Gentile) e Ditta Gazzoli (Avv. Dallari)Source: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 2 (1964), pp. 77/78-81/82Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23156083 .
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Giurisprudenza amministrativa
più gravi, quelle clie hanno dato luogo alla denuncia pe nale, erano sfuggite al controllo interno « sicché le prove di esame si sono ultimate senza che nei verbali potesse essere fatto alcun cenno alle irregolarità consumate » :
in particolare, proprio i candidati incorsi in ipotesi di
reato erano rimasti immuni dalla sanzione amministrativa.
Vanno perciò respinti il primo ed il secondo motivo, comuni ad entrambi i ricorsi.
Va esaminato infine il terzo motivo dedotto, in via
subordinata, nel solo ricorso dei dottori Panichi ed altri.
La tesi ivi sostenuta è che il ministro avrebbe il potere di annullare i concorsi, e non le prove d'esame ; e che tale
potere potrebbe essere esercitato solo dopo che la commis
sione, espletati i lavori, li sottopone al ministro. Questa
interpretazione, che si sostiene prevalentemente su argo menti letterari, non può essere condivisa. Il potere d'an
nullamento spetta, in via generale, all'amministrazione, su tutti i propri atti, quando vi riscontri un vizio di le
gittimità, e sussista un interesse pubblico all'annulla
mento. Ora, una volta constatato che le prove scritte
erano viziate per molteplici e gravi irregolarità, sarebbe
stato decisamente contrario, sia al pubblico interesse, sia a quello personale dei concorrenti, compiere tutti
gli ulteriori atti della procedura (revisione degli elaborati,
espletamento delle prove orali, formazione della gradua
toria) quando era certo, posto che in occasione delle prove scritte si erano verificati perfino reati, che l'approva zione della graduatoria non sarebbe stata possibile. E
non vale nemmeno affermare che l'annullamento par ziale delle sole prove non garantisce l'interesse pubblico ove siano avvenute irregolarità che inficiano il concorso
stesso, e non soltanto le prove. L'annullamento d'ufficio
presuppone una illegittimità certa, e non un'illegittimità
ipotetica : e nessun vizio i ricorrenti hanno potuto se
gnalare, che, investendo atti ed operazioni anteriori al
l'inizio delle prove scritte (per esempio, il bando di con
corso o le ammissioni dei concorrenti), potesse imporre l'annullamento totale del concorso.
I due ricorsi debbono pertanto essere respinti. La no
vità delle questioni trattate induce a dichiarare compen sate le spese.
Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Sezione VI ; decisione 3 luglio 1963, n. 395 ; Pres. Stumpo P., Est. Anelli ; Malaguti (Avv. Degli Esposti) c. Min.
ind. (Avv. dello Stato Gentile) e Ditta (razzoli (Avv.
Dallari).
Commercio di vendita al pubblico — Magazzini a
prezzo unico — Licenza prefettizia — Ricorso
giurisdizionale non preceduto da ricorso gerar chico — Inammissibilità (R. d. 1. 21 luglio 1938 n. 1468, disciplina dei magazzini di vendita a prezzo unico, art. 5).
Commercio di vendita al pubblico — Magazzini a
prezzo unico —- Licenza prefettizia — Requisiti della merce — Motivi del rilascio — Fattispecie
(R. d. 1. 16 dicembre 1926 n. 2174, disciplina del com
mercio di vendita al pubblico, art. 3 ; r. d. 1. 21 luglio 1938 n. 1468, art. 2).
Commercio di vendita al pubblico — Magazzini a
prezzo unico — Precedente diniego di licenza di
commercio da parte del sindaco e della giunta
prov. amm. per esercizio ordinario — Licenza
prefettizia — Legittimità (R. d. 1. 16 dicembre 1926
n. 2174 ; r. d. 1. 21 luglio 1938 n. 1468, art. 1). Commercio di vendita al pubblico — Magazzini a
prezzo unico — Licenza prefettizia — Indicazione
generica della merce — Legittimità — Fattispe cie (R. d. 1. 21 luglio 1938 n. 1468, art. 2).
È inammissibile il ricorso giurisdizionale contro la licenza
del 'prefetto per l'impianto e l'esercizio di magazzini di
vendita di merci a 'prezzo unico, proposto senza U preven tivo esperimento del ricorso gerarchico al ministro del
l'industria. (1) La licenza prefettizia per Vesercizio di magazzini a prezzo
unico può essere legittimamente rilasciata per tutte le
merci alimentari e non alimentari che rispondano ai
requisiti prescritti dall'art. 2 del r. decreto legge 21 luglio 1938 n. 1468 (nella specie trattavasi di vendita a prezzo fisso di carni). (2)
La licenza prefettizia per l'esercizio dei magazzini a prezzo unico è legittimamente rilasciata sulla motivazione della
accertata utilità derivante alle numerose categorie di
consumatori ed al mercato in genere. (3)
Ijegittimo è it rilascio della licenza per l'esercizio di magazzini a prezzo unico da parte del prefetto anche se in precedenza sia stata negata ado stesso titolare, dal sindaco e dalla
giunta prov. amm., la licenza ordinaria di commercio per la medesima merce. (4)
È legittimo il rilascio della licenza per magazzini a prezzo unico per una merce indicata nel genere, senza specifica indicazione del tipo e della preparazione (nella specie è
stata ritenuta sufficiente specificazione merceologica la
dizione « vendita delle carni a prezzo unico »). (5)
La Sezione ecc. — 11 ricorso è diretto avverso :
a) il provvedimento in data 18 novembre 1958 con il
quale il prefetto di Bologna ha autorizzato la ditta « Figli di Egisto Cazzoli » all'apertura e all'esercizio di un magaz zino per la vendita delle carni a prezzo unico in Bologna, via Murri, n. 6 ai sensi del r. decreto legge 21 luglio 1938 n. 1468 ;
ft) il provvedimento in data 3 luglio 1959 con il quale il ministro dell'industria e del commercio ha respinto il ricorso gerarchico proposto dall'attuale ricorrente, Bruno
Malaguti, avverso il provvedimeto sub a).
L'impugnativa del primo atto è inammissibile, perchè diretta contro provvedimento non definitivo. Tale è, in
fatti, il provvedimento prefettizio di autorizzazione all'im
pianto ed all'esercizio di magazzini di vendita a prezzo unico, essendo contro di esso ammesso ricorso gerarchico al ministro per l'industria e il commercio ai sensi dell'art. 5 r. decreto legge 21 luglio 1938 n. 1468. La predetta impu gnativa è, inoltre, irricevibile, dato che almeno al 15 di cembre 1958, data di notifica del ricorso gerarchico, il
Malaguti aveva acquisito piena conoscenza del provve dimento prefettizio e, rispetto a tale data, è tardivo il ricorso giurisdizionale, notificato il 18 settembre 1959.
Deve, quindi, passarsi all'esame della impugnativa del
provvedimento ministeriale di decisione del ricorso ge rarchico.
(1) Nulla in termini.
(2) Sull'argomento portato nella motivazione a sostegno di questo principio, v. il parere, citato nella presente, Oons. Stato, Ad. gen., 26 luglio 1958, n. 251, Foro it., Rep. 1959, voce Commercio di vendita al pubblico, n. 14.
(3) Giurisprudenza costante : Cons. Stato, Sez. V, 9 luglio 1962, n. 561 (citata in motivazione), Foro it., Rep. 1962, voce Commercio di vendita al pubblico, n. 61 ; 27 agosto 1962, n. 666, ibid., n. 67 ; 11 febbraio 1961, n. 54, id., Rep. 1961, voce cit., nn. 20-22 ; a contrario, 12 dicembre 1959, n. 1022, id., 1960, III, 68, con nota di Abbamonte relativa al coordinamento dell'art. 3 del r. decreto n. 2174 del 1926 e gli art. 41 e 113 della Costituzione. Confronta, altresì, in senso non letteralmente conforme, Sez. V 9 novembre 1957, n. 907, id., 1958, III, 34, con nota di richiami.
(4) Sul principio, pacificamente affermato per gli atti amministrativi in genere, secondo cui la contraddittorietà tra
provvedimenti che integra gli estremi dell'eccesso di potere, non è configurabile quando i due o più provvedimenti non siano stati emanati dalla stessa autorità, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 28 settembre 1962, n. 698, Foro it., Rep. 1962, voce Atto ammi
nistrativo, n. 157. Per qualche riferimento sulle interferenze fra i provvedimenti prefettizi ed i provvedimenti del comune relativi al medesimo esercizio commerciale, v. il parere dell'Ad
gen. del Cons, di Stato, citato alla nota 2, id., Rep. 1959, voce. Commercio di vendita al pubblico, n. 13.
(5) Non si rinvengono precedenti in termini.
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PARTE TERZA
Con un profilo del primo motivo e con il quinto motivo, il ricorrente ha sostenuto che i magazzini di vendita a prezzo
unico, regolati dal r. decreto legge 21 luglio 1938 n. 1468, non possono riguardare che il settore dt 11'abbigliamento ;
illegittima sarebbe, pertanto, l'autorizzazione rilasciata, in applicazione del predetto decreto, all'esercizio di un
magazzino per la vendita delle carni a prezzo unico.
La censura è infondata.
L'art. 2 del citato r. decreto n. 1468 del 1938 definisce
i magazzini di vendita di merci a prezzo unico, cui il de
creto stesso è applicabile, come « esercizi che effettuano la
vendita al consumatore di merci di generale consumo e di
valore esiguo, già pronte per essere consegnate ad unità, a pezzi o a capi, senza bisogno di operazioni di misurazione
0 pesatura, ed a prezzi preventivamente fissati ed in genere in numeri interi, riferiti con criteri uniformi a tutti i pezzi,
capi od unità di ogni singola specie di merce, la cui consegna
venga praticata direttamente al cliente dietro pagamento del prezzo già stabilito da effettuarsi al banco stesso di
vendita ».
La richiamata norma, come ha rilevato con parere del
22 ottobre 1958, n. 757, la II Sezione di questo Consiglio, accenna solo a merce, senza alcuna distinzione tra merce
alimentare e non alimentare ; ogni limitazione nel senso della
esclusione delle merci alimentari, e in particolare, delle
carni non può, adunque, non rivelarsi arbitraria. Anche
le merci alimentari, e le carni, in particolare, rispondono ai
requisiti prescritti dalla legge : sono di generale consumo, essendo dirette a soddisfare uno dei bisogni essenziali della
vita, sono di valore esiguo rispetto a tante merci non com
mestibili, sono preparate a pezzi preconfezionati e ven
gono così ritirate al banco del supermercato con contem
poraneo pagamento del prezzo. Nè ha rilievo la circostanza che l'art. 5 dello stesso r.
decreto legge n. 1468 prevedesse la decisione del ricorso
gerarchico da parte del ministro delle corporazioni, sentita
la corporazione dell'abbigliamento. Come ha osservato l'Adunanza generale di questo
Consiglio con parere 26 luglio 1958, n. 251 (Foro it., Rep.
1959, voce Commercio di vendita al pubblico, n. 14) il pa rere della corporazione dell'abbigliamento fu, dal legisla tore del tempo, ritenuto opportuno, dato il preminente interesse di quel ramo dell'industria in relazione alla situa
zione del mercato ; ma la disposizione non era affatto
intesa a delimitare la sfera di attività entro cui possono muoversi i magazzini a prezzo unico, alla cui esatta
definizione ha provveduto, invece, come già si è visto, l'art. 2 r. decreto legge n. 1468, attraverso l'indicazione di
precisi requisiti. E ciò anche a prescindere dal rilevare che
la norma, invocata dal ricorrente, a seguito della soppres sione dell'ordinamento corporativo, non è più in vigore, sì che il ministro dell'industria e commercio non è oggi tenuto a sentire alcun organo consultivo in sede di deci
sione del ricorso gerarchico. Con altro profilo del primo mezzo, il ricorrente ha de
nunciato l'omesso accertamento dei requisiti voluti dal
decreto 16 dicembre 1926 n. 2174, per il rilascio delle li
cenze di commercio.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questo Con
siglio (v. da ultimo V Sezione 9 luglio 1962, n. 561, Foro it.,
Rep. 1962, voce Commercio di vendita al pubblico, n. 61), 1 provvedimenti di rilascio di licenze di commercio costi
tuiscono la regola e proprio per ciò non hanno bisogno di
ampia e diffusa motivazione ; per contro, i provvedimenti di diniego rappresentano l'eccezione e possono essere giu stificati soltanto da ragioni di pubblico interesse, attinenti
all'interesse dei consumatori, essendo ininfluente la con
siderazione dell'eventuale pregiudizio che l'apertura di un
nuovo esercizio possa arrecare agli interessi privati degli altri esercenti.
Orbene, nella specie, il decreto prefettizio, non solo ha,
escluso che potesse prodursi siffatto pregiudizio dell'inte
resse dei consumatori, ma ha accertato l'utilità, in rela
zione alla situazione locale, della richiesta istituzione del
nuovo magazzino, riconoscendo questo « vantaggioso per le numerose categorie di consumatori e per il mercato in
genere ». La denunciata violazione degli art. 1 e segg. del
decreto 16 dicembre 1926 n. 2174, pertanto, non sussiste.
Con il secondo mezzo il ricorrente lamenta la contrad dittorietà del decreto prefettizio con il precedente diniego del comune di Bologna ad autorizzare la ditta « Figli di
Egisto Cazzoli » ad aprire un esercizio di macelleria e con il successivo rigetto, da parte della giunta prov. amm., del ricorso gerarchico improprio dalla ditta stessa proposto.
Al riguardo deve rilevarsi clie il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà è configurabile fra atti adottati da una medesima autorità, non, com'è nella specie, fra atti emanati da autorità diverse, nell'esercizio di poteri diversi.
11 diniego di autorizzazione all'apertura della macelleria
promanava dal comune di Bologna ; il rigetto del ricorso
gerarchico dalla giunta prov. amm. ; il provvedimento che ha autorizzato la ditta « Figli di Egisto Cazzoli » ad aprire ed esercitare un magazzino a prezzo unico proviene, in
vece, dal prefetto, su conforme parere della giunta della
camera di commercio, industria e agricoltura. L'autorità che ha discrezionalmente provveduto in ordine alla se conda richiesta della ditta è stata la camera di commercio
(al cui parere si è uniformato, come prescritto dalla legge, il prefetto) : cioè un ente diverso dal comune e che alle di screzionali determinazioni di questo (in ordine alla prima richiesta) non era in alcun modo vincolato.
D'altronde, i due atti amministrativi non sono neppure in assoluto contrasto logico fra di loro. Invero, gli effetti sul mercato dell'apertura di una comune macelleria e della
apertura di un magazzino a prezzo unico per la vendita delle carni possono essere diversi, tendendo l'istituzione del magazzino a prezzo unico a produrre effetti a più vasto
raggio, che non si risentono, in modo esclusivo e determi
nante, nella ristretta zona o quartiere in cui esso ha sede ma si ripercuotono anche sulle zone finitime e talvolta anche su zone abbastanza lontane.
Non è necessariamente assurdo ritenere poco rispon dente agli interessi dei consumatori l'istituzione in una de terminata zona di una nuova macelleria e, tuttavia, op portuna l'istituzione del magazzino a prezzo unico.
Con il terzo mezzo si sostiene che, quanto meno, la
giunta della camera di commercio avrebbe dovuto riesa minare quelle esigenze che erano già state apprezzate dalla
giunta prov. amm. in sede di decisione del ricorso. La censura è infondata in linea di fatto. Invero, la giunta
camerale tenne presente la circostanza che il comune aveva
negato alla ditta « Figli di Egisto Cazzoli » l'autorizzazione ad aprire una macelleria ; essa tuttavia, dopo ampia di
scussione, ritenne a maggioranza che ricorressero tutti gli estremi per l'autorizzazione all'impianto di un magazzino a prezzo unico, considerati i vantaggi che ne avrebbero tratto i consumatori. In particolare venne sottolineato come la zona circostante a via Murri presentasse un notevole
sviluppo edilizio ed una forte densità di popolazione (ele menti di fatto, questi, in ordine ai quali nessuna specifica censura è stata mossa dal ricorrente) e furono posti in evidenza i molteplici vantaggi che dall'istituzione del ma
gazzino a prezzo unico sarebbero derivati al pubblico in teresse inerente al regolare andamento del mercato, sia sotto il profilo della funzione calmieratrice dei prezzi di vendita al consumo, sia sotto quello della rapidità nell'ope razione di scelta o di vendita, sia, infine, sotto l'aspetto della migliore tutela igienica del consumatore.
Del pari privo di fondamento è il quarto motivo, de nunciante difetto di motivazione.
Come già si è detto, il provvedimento di diniego della
autorizzazione, costituendo l'eccezione, ha bisogno di ampia e diffusa motivazione che dia specifica ragione dei motivi di pubblico interesse che ostano all'apertura del nuovo eser cizio ; per contro il provvedimento autorizzativo costi tuendo la regola, non abbisogna di ulteriore motivazione oltre quella, nella specie esistente, che attesti la riconosciuta utilità dell'istituzione del magazzino a prezzo unico. Nè
giova sostenere che, anche in relazione alla circostanza che in passato il comune aveva alla stessa ditta negato l'autorizzazione all'apertura di una comune macelleria, sarebbe stato necessario spiegare più diffusamente le ra
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 82
gioni per le quali si riconosceva utile l'apertura del nuovo
magazzino. Invero, come si è visto, nel parere della giunta camerale, che, essendo richiamato nel decreto prefettizio, ne integra la motivazione, non si è mancato di indicare
quali concretamente fossero le accennate ragioni. Privo di pregio è, infine, il sesto ed ultimo motivo, de
nunciante la mancata indicazione dell'oggetto dell'autoriz zazione. Tale oggetto è stato in realtà indicato : « vendita delle carni a prezzo unico ». Tale indicazione è pienamente idonea a far conoscere quali merci possono e quali non pos sono essere vendute nel nuovo magazzino.
Nè vale rilevare che le carni sono regolate da norme sanitarie diverse sia in relazione al tipo (bovino, equino, ovino, e suino, eoe.) sia in relazione alla preparazione (fresche, insaccate, ecc.).
È evidente, infatti, che l'autorizzazione prefettizia non
esime dall'obbligo del rispetto delle norme igienico-sani tarie che regolano il commercio delle carni e vietano di
vendere come carne di una certa specie (ad esempio suina) carne di altra specie (ad esempio equina). Ma tutto ciò è
del tutto irrilevante ai fini della specificazione merceologica dell'autorizzazione di cui trattasi, che, in assenza di una
qualche particolare limitazione, non può non includere tutti i tipi di carne dei quali le predette norme sanitarie con
sentono la vendita in pubblici esercizi.
Per le esposte ragioni il ricorso va respinto. Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA.
Decisione 18 gennaio 1964, n. 65 ; Pres. Barba Carac
ciolo P., Est. Santoni Rugiu ; Azzia (Avv. Dedin, GL Guarino, Restivo) c. Pres. Regione siciliana (Avv. dello Stato De Fina) e Russo (Avv. Yirga).
Sicilia — Assemblea regionale — Decreto di convo
cazione dei comizi elettorali — Inammissibilità
del ricorso giurisdizionale amministrativo (Legge
reg. 22 marzo 1963 n. 25, norme per l'elezione dei de
putati all'Assemblea regionale, art. 1). Sicilia Assemblea regionale — Proclamazione
dei deputati — Reclamo all'Assemblea — Que stione d'incostituzionalità manifestamente infon
data — Ricorso al Consiglio di giustizia — Inam
missibilità (Costituzione, art. 102; legge reg. 20 marzo
1951 n. 29, elezione dei deputati all'Assemblea regio nale siciliana, art. 61).
È inammissibile il ricorso giurisdizionale amministrativo
di un candidato avverso il decreto, con il quale il Presi
dente della Regione siciliana, sulla base di una determi
nata ripartizione dei seggi, -procede alla convocazione
dei comizi per la elezione all' Assemblea regionale. (1) È manifestamente infondata la questione d'incostituzionalità
dell'art. 61 della legge siciliana 20 marzo 1951 n. 29, che attribuisce all'Assemblea regionale il potere giuris dizionale di decidere sui reclami contro la proclama zione dei deputati all'Assemblea, in riferimento all'art. 102
della Costituzione. (2) Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione sici
liana difetta di giurisdizione a conoscere dei reclami
avverso la proclamazione dei deputati all'Assemblea
regionale. (3)
(1-3) Le questioni, relative all'attualità dell'interesse ad
impugnare il decreto di convocazione dei comizi elettorali
per l'Assemblea regionale siciliana e alla competenza a cono scere dei reclami avverso la proclamazione dei deputati alla
medesima, sono nuove. Per risolvere negativamente la prima, il Consiglio si richiama
alla giurisprudenza, relativa al carattere preparatorio (e, quindi, alla non impugnabilità immediata) dell'atto formulato in modo da escludere un concorrente da una determinata prova : v., da ultimo, a proposito della non impugnabilità della commis
II Foro Italiano — Volume LXXXV11 — Parte 7/7-6.
Il Consiglio, ecc. — Pregiudiziale ad ogni questione
sollevata è, nel caso in esame, quella concernente la giu risdizione.
Se il decreto, che bandisce la convocazione dei comizi
in base ad una determinata ripartizione dei seggi, fosse
direttamente lesivo dell'interesse dei candidati, cosicché
questi, una volta accettata la candidatura, fossero legitti mati ad una immediata impugnazione, dovrebbe pas sarsi all'esame delle altre questioni preliminari, non es
sendovi dubbio clie tale diretta impugnazione, ove ad essa
potesse concedersi ingresso, dovrebbe proporsi a questo
Consiglio. Ma una lesione diretta ed immediata deve escludersi.
Secondo la costante giurisprudenza, soltanto quando l'atto
preparatorio è formulato in modo da escludere la parteci
pazione del ricorrente ad una prova di qualsiasi natura, e
da dare la certezza aprioristica del suo insuccesso, esso
deve considerarsi autonomamente lesivo, e non anche
quando l'atto medesimo non esclude ogni possibilità di
successo del ricorrente. Tale giurisprudenza ha avuto
particolarmente modo di estrinsecarsi in ordine ai bandi
dei pubblici concorsi, anche in riferimento al numero
dei posti messi a concorso ; ma essa è evidentemente
ispirata al suddetto principio di natura generale, che deve
essere applicato anche nel caso in esame.
In base ad esse, non è dubbio che l'elezione dell'Azzia
non poteva essere esclusa a priori, soltanto perchè a Ca
tania erano stati riservati sedici seggi anziché diciassette.
La lesione del suo interesse si concretò nel momento
della proclamazione degli altri candidati ; ed è evidente
mente la proclamazione che può essere impugnata dai can
didati non eletti.
È bensì vero che, secondo la tesi del ricorrente, la pro clamazione sarebbe affetta da una illegittimità riflessa, e che pertanto con la proclamazione deve indirettamente
impugnarsi anche l'atto da cui tale illegittimità derive
rebbe ; ma ciò sul presupposto che sia stato impugnato l'atto lesivo davanti al giudice investito del potere di sin
dacarlo.
Se infatti, come non è dubbio, l'impugnazione è giu stificata dalla lesione dell'interesse e tende alla rimozione
dell'atto che tale lesione ha prodotto, la giurisdizione deve
determinarsi con riferimento all'atto stesso (nel caso in
esame con riferimento alla proclamazione). D'altronde, deve tenersi per fermo che la giurisdizione
in ordine all'atto di proclamazione spetta all'Assemblea
regionale, ai sensi dell'art. 61 legge reg. 20 marzo 1951 n. 29.
Il ricorrente solleva dubbi circa la natura giurisdizio nale del potere di decidere i reclami contro la proclamazione, attribuito da tale articolo all'Assemblea.
Deve peraltro osservarsi che la relativa disciplina è
ricalcata su quella dettata per le elezioni politiche nazionali, in ordine alle quali la natura giurisdizionale dell'analogo
potere spettante alle Camere legislative è stata costante
mente e pacificamente ritenuta. 11 ricorrente, per l'ipotesi in cui sia ritenuto trattarsi
di giurisdizione, solleva altresì la questione di legittimità costituzionale della norma contenuta nell'art. 61 suc
citato, per contrasto col divieto di istituzione di giudizi
sione elettorale mandamentale, concernente la presentazione e l'accettazione delle liste dei candidati alle elezioni comunali, Cons. Stato, Sez. V, 29 novembre 1963, n. 998, Foro it., 1963, III, 441, con nota di richiami ; in dottrina, sull'attualità dello interesse attuale, che si assume leso dall'atto che s'intende
impugnare, Sandulli, II giudizio (lavanti al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, 1963, n. 97 (in Trattato del processo civile, diretto da P. Carnelutti).
Sul carattere giurisdizionale della decisione della Camera sui reclami avverso la proclamazione degli eletti, cui il Consiglio si riferisce vuoi per risolvere la seconda questione vuoi per dire infondata la questione d'incostituzionalità, riassunta nella seconda massima, cons., in dottrina, Mortati, Istituzioni dir.
pubblico", 1962, pag. 408. Sul contenzioso delle elezioni al Consiglio della Valle d'Aosta,
v. App. Torino 20 dicembre 1963, in questo volume, I, 161, con nota di richiami.
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