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2 // Comunicazione Pubblica // Comunicazione e innovazione nella Pubblica Amministrazione
2 n.
DOCENTE: EUGENIO IORIO STORIA ANNO ACCADEMICO
2013/2014
Breve storia della Comunicazione Pubblica in Italia.
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In Italia fu lo Stato pontificio il primo ad utilizzare la stampa per la propria comunicazione giuridica e di propaganda; nel 1626 giunge ad acquistare una stamperia.
Storia della comunicazione pubblica in Italia
La censura e il regime di esclusiva furono gli strumenti utilizzati dallo Stato per controllare lo sviluppo e la diffusione dell’informazione, che, veicolata soprattutto da interessi di tipo commerciale aveva, nelle Gazzette, lo strumento principale di trasmissione.
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Nel 1854, il Regno di Sardegna affidava alla “Gazzetta Ufficiale”, il compito di “avvisare i lettori dell’avvenuto riscontro ministeriale di conformità all’originale del foglio
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a stampa, successivamente e contemporaneamente inserito nella costituenda Raccolta Ufficiale delle Leggi e diffuso nei pubblici uffici tramite il sistema dei fogli sparsi.
Il 4 gennaio 1860, la testata cambiava denominazione in “Gazzetta ufficiale del Regno”, e l’anno successivo diventava “Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia” (17 marzo 1861, n. 67)35.
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Lo strumento principale della comunicazione sia normativa sia di altro tipo del potere pubblico rimane l’affissione che, dal 1865 (legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. A) affissa nell’albo pretorio – istituito in quello stesso anno – rappresenta anche lo strumento
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per la pubblicità normativa dell’ente locale.
Nel 1865, con la legge 2248 si delineavano anche i contenuti degli “albi impropri” – ossia le bacheche o vetrine che, di fatto, gli uffici sono soliti tenere nei propri locali per l’ostensione di atti per i quali è interessante una pubblicità notiziale diffusa – e la cosiddetta “affissione diffusa”.
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Negli anni della Destra storica su tu1 i giornali in cui, per limi5 logis5ci, l’autorità centrale non poteva intervenire, l’amministrazione prefe1zia, di livello provinciale, cos5tuitasi nel 1865, esercitava un controllo mirato e stre?o. I giornali provinciali divennero, in pra5ca, il manifesto della comunicazione pubblica prefe1zia.
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Con l’avvento al potere della Sinistra storica, il controllo dell’esecutivo sulla stampa finiva per essere sostituito dall’autorità giudiziaria.
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Nel 1883, scomparirono dalla “Gazzetta Ufficiale” le rubriche dedicate alla cronaca, alla cultura e alla politica e da allora la testata diventava mero organo di pubblicità della normativa. I compiti d’informazione attiva e passiva furono distribuiti tra due uffici, istituiti nel 1887: l’Ufficio stampa del Ministero dell’Interno e l’ufficio di Segreteria del Presidente, che agivano da filtro per la diffusione delle notizie. Il R.D. dell’8 giugno 1893, n. 377, stabiliva che anche la “Gazzetta Ufficiale” fosse pubblicata a cura del Ministero dell’Interno.
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Nel frattempo, con il Regolamento per l’esecuzione della legge comunale e provinciale 297/1897, l’affissione fu definita ulteriormente a livello locale.
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Negli anni del governo Giolitti (1906-1909), grazie alla diffusione della stampa socialista e cattolica e la nascita della cinematografia, diventava impresa ardua
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per il governo controllare l’opinione pubblica. L’ufficio di Presidenza (istituito nel 1887) finì per non svolgere più le funzioni cui era destinato. Un nuovo assetto della “Gazzetta Ufficiale” fu definito, invece, dal D.R. 7 giugno 1923, n. 1252. L’atto disponeva, infatti, che la “Gazzetta” avesse due sezioni: una prima parte “Gazzetta Ufficiale” e una seconda parte, foglio delle inserzioni, pubblicate separatamente.
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Il D.M. 9 agosto 1923, n. 2222, in pieno fascismo, trasferiva l’ufficio Stampa dal Ministero dell’Interno, direttamente in seno al Consiglio, e ne ampliava i poteri. L’obiettivo era duplice: cancellare o minimizzare tutto ciò che è nocivo al regime; esaltare il regime stesso.
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In merito invece all’affissione, essa fu inibita dalla funzione di pubblicità legale per le norme del soggetto pubblico centrale e fu riconosciuta come il medium per antonomasia del soggetto pubblico locale. Il soggetto pubblico centrale ricorreva in quegli anni, soprattutto a manifesti e poster, nelle vie, nelle piazze e altri luoghi molto frequentati.
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Durante il Congresso internazionale della pubblicità tenutosi a Roma e a Milano dal 17 al 21 settembre 1933, infatti, si concesse ampio spazio alla discussione sulle problematiche inerenti la comunicazione pubblica, mentre s’infittivano i rapporti tra il Fascismo e il Terzo Reich.
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Da quel momento, la macchina della propaganda fascista parE a pieno ritmo, verso la radicalizzazione dei controlli, la centralizzazione e gerarchizzazione del potere, fino alla repressione totale della libera espressione. Durante tale processo, nel se?embre 1934, l’Ufficio stampa del governo fu elevato a so?osegretariato e fu contestualmente posto alle dire?e dipendenze del capo del governo.
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La propaganda fu presto istituzionalizzata. Quattro successivi atti normativi (R.D. 18 settembre 1934, n. 1565; R.D.L. 28 settembre 1934, n. 1434; R.D.L. 21 novembre
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1934, n. 1851; R.D.L. 1 aprile 1935, n. 327), ne definirono ulteriormente le funzioni e le ampliarono. Il potenziamento fu tale che il sottosegretariato diventava Ministero della stampa nel 1935 (R.D. 24 giugno 1935, n. 1003). Il Ministero continuava a crescere a livello di competenze e la sua influenza sui media, soprattutto sulla radio, diveniva sempre più penetrante. In poco tempo tutte le forme di controllo preesistenti sulla vita culturale del paese, furono incentrate in un unico settore della P.A.. Il R.D. 27 maggio 1937, n. 752, trasformava infine il Ministero della Stampa in Ministero della Cultura popolare: la struttura interna non fu modificata, piuttosto le funzioni furono completate ed ulteriormente allargate.
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Con il R.D.L. 28 dicembre 1943, n. 283, le competenze del Ministero furono attribuite momentaneamente al sottosegretariato all’Interno.
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Il D. Lgt. 3 luglio 1994, n. 163 sopprimeva il Ministero e ne attribuiva le funzioni ad un sottosegretariato per la Stampa e le Informazioni, presso la presidenza del Consiglio. Il D. Lgt. 12 dicembre 1944, n. 607 cambiò la denominazione in Sottosegretariato per la Stampa, lo Spettacolo ed il Turismo.
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Solo il governo Parri, nel 1945, soppresse la struttura e trasferì funzioni e competenze dal Sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio.
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Dopo la soppressione del Sottosegretariato alla Stampa, lo Spettacolo e il Turismo, si susseguirono anni di transizione. Il timore del legislatore fu, nonostante l’esigenza di individuare un organismo che si occupasse della materia, quello di evitare la riproduzione di strumenti riconducibili all’esperienza fascista che limitassero, in altre parole, la libertà e mirassero a controllare l’opinione pubblica.
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La Costituzione Italiana
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DIFFERENZA DI TUTELA TRA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE (ART. 15 COST.) ED ESPRESSIONE DEL PENSIERO ATTRAVERSO OGNI MEZZO DI DIFFUSIONE (ART. 21 COST.) Il diritto alla comunicazione interpersonale viene compreso all’interno dell’articolo 15, ovvero quello della libertà, della segretezza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. Il diritto all’informazione viene compreso all’interno dell’articolo 21, quello della libertà di espressione e di pensiero
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La Costituzione italiana, all’art. 21 recita che: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.”
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Fu Alcide De Gasperi, allora presidente del Consiglio, che si adoperò personalmente per dare un nuovo slancio al settore della comunicazione istituzionale e nel 1948 recuperò gli organi del disciolto ministero della Cultura popolare e demandò a due organi preposti, appositamente costituiti (il servizio delle Informazioni e l’ufficio della Proprietà letteraria), le funzioni relative rispettivamente all’informazione pubblica e al diritto d’autore.
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Con legge 31 luglio 1959, n. 617, il legislatore lasciava gli apparati informativi pubblici alla presidenza del Consiglio.
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All’art. 7 si legge, infatti, che: “il Servizio delle informazioni e l’Ufficio della proprietà letteraria, artistica e scientifica sarebbero rimasti, mantenendo le loro attribuzioni presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri”. La legge 21 gennaio 1963 istituì un unico direttore generale per le due strutture.
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Prima degli anni novanta
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LEGGE N.93/1983 “ASSETTO DELLA DISCIPLINA DEL PUBBLICO IMPIEGO”
LEGGE N.816/1985 “STATO GIURIDICO DEGLI AMMINISTRATORI LOCALI” Proclamano il diritto del cittadino a prendere visione dei provvedimenti e nonché degli atti degli enti locali. Queste primissime disposizioni nascono da provvedimenti che avrebbero dovuto fornire un indirizzo per la contrattazione collettiva del settore, ma concretamente non sono state mai attuate.
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Prima degli anni novanta
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LEGGE N.349/1986 “NORMA ”IN MATERIA DI DANNO AMBIENTALE” Riconosce il diritto di accesso del cittadino a tutte le informazioni relative allo stato dell’ambiente. Il provvedimento è rivolto agli uffici della Pubblica Amministrazione.
LEGGE N.67/87 “RINNOVO DELLA LEGGE 5 AGOSTO 1981, N. 416, RECANTE DISCIPLINA DELLE IMPRESE EDITRICI E PROVVIDENZE PER L’EDITORIA” La prima regolamentazione della pubblicità per la P.A. si ha con la legge 416/81. Istituisce un capitolo specifico per le spese pubblicitarie.
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Nel corso degli anni successivi il ruolo della comunicazione pubblica continuò a consolidarsi i e i DPCM 19 settembre 1986 e 22 dicembre 1986, potenziarono ulteriormente le strutture addette alla comunicazione istituzionale.
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L’art. n. 67 della legge 25 febbraio 1987, aveva disposto l’istituzione di un apposito capitolo di spesa della presidenza del Consiglio dal 1986 al 1988, dotandolo di un miliardo l’anno per potenziare la struttura, anche attraverso l’aumento del 10% del ruolo del personale.
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LEGGE 8 GIUGNO 1990, N. 142, “ORDINAMENTO DELLE AUTONOMIE LOCALI”, IN G. U. N. 135 DEL 12 GIUGNO 1990
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La legge introduce, per la prima volta, una disciplina sulla trasparenza amministrativa, per la regolamentazione dell’attività delle istituzioni. Più precisamente, essa detta i principi dell’ordinamento dei comuni e delle province, determinandone le funzioni. Per la cultura amministrativa che si ha intenzione di avviare per le istituzioni dello Stato, in funzione del neo diritto d’accesso agli atti della pubblica amministrazione, che richiede appunto una disciplina giuridica che ne garantisca la tutela, la disposizione 142/90 rappresenta un fondamentale punto di riferimento, soprattutto attraverso la definizione dei contenuti degli “istituti di partecipazione” in ambito locale e attraverso la promozione e la valorizzazione della partecipazione del cittadino alla gestione
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della cosa pubblica e della costruzione dello Stato (viene favorita, per questo fine,
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la libera costituzione di forme associative e di organismi di partecipazione a livello locale). Tutti presupposti per una effettiva tutela del diritto d’accesso all’informazione, alla documentazione, ai servizi e alle strutture pubbliche, che assume una posizione fulcro intorno alla quale la legge si sviluppa.
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LEGGE 7 AGOSTO 1990, N. 241, “NUOVE NORME IN MATERIA DI PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E DI ACCESO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI”, IN G. U. N. 192 DEL 18 AGOSTO 1990*
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Nei fatti, essa si limita a specificare ed a estendere a tutti gli enti pubblici i contenuti relativi alla trasparenza amministrativa, che la 142/90 aveva già introdotto con riferimento all’attività delle autonomie locali. Nonostante la norma riprenda dei temi già argomentati, essa è considerata altamente innovativa, individuando nei criteri di economicità, efficacia e pubblicità quelli attraverso i quali l’attività amministrativa deve perseguire i fini definiti dalla legge; detta, inoltre, i principi generali per la disciplina del procedimento amministrativo.
* (Modificata da Legge n. 15/2005, dal D.L. 35/2005, dalla Legge 40/2007 e dalla Legge 69/2009)
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D.LGS. 3 FEBBRAIO 1993, N. 29, “RAZIONALIZZAZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE E REVISIONE DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI PUBBLICO IMPIEGO, A NORMA DELL’ART. 2 DELLA LEGGE 23 OTTOBRE 1992,
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N. 421”, IN G.U. 6 FEBBRAIO 1993, N. 30.
Il decreto ha come fine quello di perfezionare l’organizzazione degli uffici amministrativi e i rapporti interni di lavoro tra i dipendenti. Il decreto è la massima testimonianza dell’importanza che, nell’esercizio dell’attività dei pubblici uffici, viene odiernamente tributata dallo Stato alla comunicazione e alla trasparenza, principi che sono entrambi richiamati ed esaltati attraverso l’imposizione dell’obbligo, esteso a tutte le istituzioni, di costituire appositi Uffici per le relazioni con il pubblico (U.R.P.).
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UFFICIO RELAZIONI CON IL PUBBLICO L'introduzione degli Uffici per le Relazioni con il Pubblico (URP) avviene con l'art. 12 del dlgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (ora art.11, del dlgs. 30 marzo 2001, n. 165), quale
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risposta ad una duplice esigenza, già messa in luce dalle precedenti leggi 7 agosto 1990, n. 241, e 8 giugno 1990, n. 142: • da un lato, dare veste istituzionale alla emergente cultura della trasparenza amministrativa e della qualità dei servizi; • dall'altro, fornire uno strumento organizzativo adeguato alle esigenze di attuazione delle funzioni di comunicazione istituzionale e contatto con i cittadini.
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DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DEL 27 GENNAIO 1994, “PRINCIPI SULL’EROGAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI”, IN G.U. N. 43 DEL 22 FEBBRAIO 1994
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La Direttiva ha come obiettivo quello di favorire una sempre migliore qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche, attraverso tutta una serie di principi, strumenti e obblighi nuovi. Tra questi vi è la Carta dei Servizi pubblici: può essere pensata come una sorta di “contratto”, che fissa lo standard di qualità del servizio, dell’informazione, delle occasioni di incontro (comunicative), della tutela dei diritti del cittadino che l’ente si impegna a disporre. E’ una sorta di “patto”, di condizione a cui l’amministrazione, proprio per la volontà di venire incontro alla società, si subordina, anche se per coercizione legislativa, predefinendo già a priori la natura e il livello del servizio che si ripropone di erogare.
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LEGGE 7 GIUGNO 2000, N. 150, “DISCIPLINA DELLE ATTIVITÀ
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DI INFORMAZIONE E DI COMUNICAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI”, IN G.U. N. 136 DEL 13 GIUGNO 2000.
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IL LIBRO BIANCO SU UNA POLITICA EUROPEA DI COMUNICAZIONE, COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, BRUXELLES, 1 FEBBRAIO 2006.
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La Commissione della Comunità Europea nel “Libro Bianco su una politica europea di comunicazione”, pubblicato in data 1 febbraio 2006, pone con grande forza la necessità di caratterizzare i principi comuni e le norme che dovrebbero servire da orientamento per le attività di informazione e di comunicazione, non solo sulle tematiche e sulle attività dell’UE ma della pubblica amministrazione in generale.
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IL LIBRO BIANCO SU UNA POLITICA EUROPEA DI COMUNICAZIONE, COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, BRUXELLES, 1 FEBBRAIO 2006.
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Gli obiettivi della Comunità Europea nelle politiche di comunicazione dei suoi Stati membri, pertanto, sono: 1. mettere la comunicazione al servizio dei cittadini e considerarla come una politica a pieno titolo; 2. potenziare il dibattito e il dialogo; 3. potenziare il diritto all’informazione e la libertà di espressione; 4. migliorare l’educazione civica costruendo strategie di democrazia partecipata; 5. mettere i cittadini in comunicazione tra loro; 6. collegare i cittadini e le istituzioni pubbliche.