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Filosofia del linguaggio
2016-17Unità didattica n. 3 (prof. Stefano Gensini)
Messa a punto sul concetto di ‘struttura
fonematica’
Ha carattere differenziale e oppositivo
Ogni fonema si distingue da ogni altro (della stessa lingua) al fine di differenziare significati
La prova di commutazione ci permette di capire se abbiamo davanti un fonema o un allofono (cioè una variante di realizzazione dello stesso)
Il fonema è…
Non una singola occorrenza
fonica, ma la classe delle
occorrenze foniche che hanno
lo stesso valore linguistico: non
[b1], [b2] … [bn],
ma /b/ inteso come occlusiva
bilabiale sonora (in italiano)
Le singole occorrenze sono
‘foni’ di uno stesso fonema.
Appartengono alla variazione
individuale, non al sistema.
Il fonema è un’unità del
sistema (langue, nei
termini di Saussure)
Il fono è un componente
dell’atto linguistico
individuale (parole, nei
termini di Saussure)
Il sistema fonematico è ‘arbitrario’
Esso ritaglia il materiale fonico che
gli umani possono percepire in
base a dei ‘tratti distintivi’ i quali
sono – appunto – arbitrari: non
dipendono, cioè, da motivazioni
logiche o naturali ….
… salvo i vincoli fisici tipici della
specie: l'insieme delle frequenze
udibili dall'orecchio umano si
estende dai 20Hz ai 20KHz. La voce
oscilla fra 500 e 8000 Hz.
Da Saussure, CLG: il
sistema fonematico
ritaglia arbitrariamente la
massa indistinta del suono
e del senso
I tratti distintivi (ingl. design features)
Sono i parametri in base ai quali le
lingue formano i loro fonemi e
dunque ritagliano il materiale
fonico.
Essi in parte coincidono, in parte
mutano da lingua a lingua: ad es.
l’ital. non conosce più la quantità
vocalica (es. rosă # rosā), che era
tipica del latino e si ritrova in
lingue moderne come inglese e
tedesco
Definiamo pertanto il fonema come
un fascio di tratti distintivi,
necessari e sufficienti a formare
un’unità pertinente a livello del
significante.
Il fonema è la più piccola possibile
articolazione del significante (# ad
es. dalla sillaba) che serve a
differenziare i significati. Secondo
la terminologia di Martinet, esso
forma la ‘seconda articolazione’ del
linguaggio verbale.
Fonemi e variazioni del parlato: come li
riconosciamo?
Casi tipici
1. Fior. «la ‘xasa» anziché ‘kasa
2. Nap. «ʃ’kusa» anziché s’kusa
Foneticamente percepiamo in (1) un
fonema non italiano e in (2) un altro
fonema ital. ( ʃ come in scena)
In questo caso la percezione
uditiva è «guidata» dal
riconoscimento non del singolo
fono, ma del co-testo verbale, che
si impone al materiale concreto.
E’ un riconoscimento di tipo
gestaltico, olistico, nel quale
intervengono anche il significato
verbale e il contesto di
enunciazione
[la ‘xasa] Sistema fonematico
Contesto comunicativo in cui i parlanti
sono immersi (di cosa parlano? In quale
Situazione?)
Conoscenza del repertorio lessicale
della lingua condivisa
La comprensione del significante implica
pertanto anche il ricorso a…
1. variabili semantiche
- riconoscimento di parole
- conoscenza del loro significato
- identificazione dell’accezione
pertinente nel co-testo frasale
determinato
2. variabili pragmatiche
- intenzione del parlante
- contesto comunicativo nel quale
agiscono
- circostanze sociali convenzionate
- circostanze contingenti
- conoscenze presupposte
Un esempio classico: le frasi
monorematiche
L’enunciato «Un bianco!» per
essere inteso come «Richiesta
(socialmente legittima) di vedersi
sevire un bicchiere di vino bianco»
presuppone…
- La conoscenza dell’italiano
- Conoscenze di sfondo sui vini e
sulle abitudini culturali che ne
regolano l’uso
Conoscenza di una speciale
accezione dell’agg. sostantivato
‘bianco’
Condivisione di regole relative ai
ruoli sociali (bar, cliente, barista)
Il secondo componente del lv: il
significato
Un celeberrimo passo di Aristotele
e i suoi equivoci:
Ἔστι μὲν οὖν τὰ ἐν τῇ φωνῇ τῶν ἐν
τῇ ψυχῇ παθημάτων σύμβολα, καὶ
τὰ γραφόμενα τῶν ἐν τῇ φωνῇ. καὶ
ὥσπερ οὐδὲ γράμματα πᾶσι τὰ
αὐτά, οὐδὲ φωναὶ αἱ αὐταί· ὧν
μέντοι ταῦτα σημεῖα πρώτων,
ταὐτὰ πᾶσι παθήματα τῆς ψυχῆς,
καὶ ὧν ταῦτα ὁμοιώματα πράγματα
ἤδη ταὐτά.
«Ordunque i suoni della voce sono
simboli delle affezioni che hanno
luogo nell’anima, e le lettere
scritte sono simboli dei suoni della
voce. Allo stesso modo poi che le
lettere non sono le medesime per
tutti, così neppure i suoni sono i
medesimi; tuttavia, suoni e lettere
risultano segni, anzitutto, delle
affezioni dell’anima, che sono le
medesime per tutti e costituiscono
le immagini di oggetti, già identici
per tutti» (trad. Giorgio Colli)
Da questa lettura tradizionale,
postboeziana, risulta che:
1. Suoni (e quindi grafemi) sono
diversi da comunità a comunità,
mentre
2. Le affezioni dell’anima (o
concetti) sono uguali per tutti,
cioè universali in quanto
3. correlate a fatti
(extralinguistici) anch’essi
universali. Quindi
Il segno si riduce all’etichetta fonico-
acustica, mentre l’elemento mentale
coincide con il dato extralinguistico
/albero/ vs /tree/ vs /Baum/
etc.
Il segno avrebbe dunque in
sostanza un carattere monoplanare
Ma c’è un’altra lettura possibile
«Ta en tei phonei» può non riferirsi
alle singole unità foniche, bensì in
genere alle articolazioni della
voce;
«Ta en tei psychei» non si vede
perché debba riferirsi ai singoli
contenuti mentali e non invece alle
operazioni che l’anima umana fa:
queste ultime sono certamente
«le stesse per tutti»
«Semeia» vuol di certo dire «segno
naturale», medico o fisiognomico,
dunque:
Le operazioni dell’anima si
esprimono naturalmente nelle
articolazioni della voce, ovvero
Le articolazioni della voce sono i
segni (naturali) delle operazioni
dell’anima. Ciò fa sistema con la
visione naturalistica del linguaggio
propria di Arst. (cardiocentrismo).
E inoltre: che vuol dire «symbolon»?
Lettura tradizionale
Elementi vocali
Simbolizzano, sono simboli di
Contenuti mentali
Sono cioè entità eterogenee che si
collegano «per convenzione» (katà
syntheken tradotto ad placitum)
Ma in greco symbolon vuol dire in
primo luogo (cfr. Rocci s.v.)
Dunque il passo potrebbe essere inteso
così
Le articolazioni della voce umana (ta en tei phonei) e le operazioni
dell’anima umana (ta en tei psychei) sono tra loro differenti e complementari
(symbola) così come lo sono le articolazioni scritte e quelle della voce.
Come le unità minime della scrittura (graphomena) non sono le stesse per
tutti, non lo sono nemmeno le unità minime della voce (phonai). Sono inece
le stesse per tutti le operazioni [dell’anima] di cui le unità vocali e grafiche
sono i segni naturali (semeia = sintomi) e sono anche gli stessi per tutti i fatti
con cui le operazioni (dell’anima) sono in relazione di similarità (omoiomata)
(da Lo Piparo 1993, con adattamenti)
‘Aristotelismo linguistico’: in base alla lettura tradizionale di questo
passo, legata al magistero di Severino Boezio (477-524/6), sarebbe
possibile dedurre il famoso ‘triangolo semantico (o semiotico)’
Cos’è una semantica referenzialista?
E’ una dottrina per cui il significato
risiede nel rapporto fra le parole e
gli oggetti reali, che si suppongono
«indipendenti» da mediazioni di
ordine culturale.
Una lista di parole in rapporto
biunivoco con una lista di oggetti o
di stati di cose
Critiche portate a questo modello
da F. de Saussure (m. 1913) e L.
Wittgenstein (m. 1951)
Gottlob Frege (1892) senso # riferimento
Tramite espressioni che hanno
senso diverso: il pianeta
dell’amore, la stella del mattino,
la stella della sera ecc.
Il ‘senso’ (Sinn) è il modo in cui un
certo ‘riferimento’ (Bedeutung) si
dà a diverse prospettive e punti di
vista.
Il pianeta Venere è il corpo celeste
cui possiamo riferirci ….
Frege ci propone dunque una doppia
distinzione
1. Il momento individuale,
psicologico della conoscenza viene
distinto dalla sua dimensione
pubblica e intersoggettiva;
2. Il Sinn (significato) è dunque un
dato intersoggettivo, inerente al
linguaggio in quanto patrimonio
comune.
3. Il Sinn ( significato linguistico
intersoggettivo) va ulteriormente
distinto da ciò cui la frase si
riferisce;
4. La Bedeutung (o riferimento) è
dunque la realtà extralinguistica
cui il segno si riferisce.
Da questo punto di vista il Sinn
fregeano tende a coincidere con il
signifié di Saussure: entità linguistica
distinta dalla dimensione psicologica.
Ricordiamo ancora una volta lo schema saussuriano
dell’arbitrarietà: ora è in gioco il piano B, quello relativo al modo in
cui la lingua organizza il pensiero. Anche i significati linguistici sono
dunque ‘arbitrari’.
Saussure: La lingua è ‘forma’, non
‘sostanza’
‘Forma’ è l’insieme dei tratti distintivi che organizzano il materiale fonico-
acustico e il materiale semantico (che S. chiama appunto ‘sostanza’)
‘Forma’ esprime dunque il carattere attivo, «formativo» nel senso che «dà
forma», dello schema linguistico.
L’uso saussuriano del termine può essere paragonato (per il suo elemento
finalistico) alla forma aristotelica; per il suo elemento costruttivo, al
concetto psicologico di Gestalt
La semantica linguistica sviluppa il
punto di vista saussuriano
Ritiene che i significati siano
schemi, classificatorie che le
lingue impongono alla realtà,
organizzandola secondo
prospettive culturalmente
determinate (arbitrarie).
Esempi classici: asimmetrie tra
famiglie lessicali, nomi di
parentela, nomi dei colori,
strutturazione del tempo e dello
spazio…
Altri esempi curiosi
Italiano Tedesco
Andare (a piedi) gehen
Andare (in auto o
in bici o in moto) fahren
Andare (in aereo) fliegen
Italiano Tedesco
Caffè (espresso) Expresso
Caffè americano Café
Buongiorno! Guten Morgen
Guten Tag
Una medesima «materia» semantica
viene diversamente formata nelle lingue
LatIno Italiano Tedesco Inglese
Tempo CAELUM WETTER WEATHER
Atmosf.
TEMPO
Tempo TEMPUS ZEIT TIME
Cronol.
La «materia» del numero
Italiano, francese greco antico lingue melanesiane
Inglese, tedesco lituano
SINGOLARE SINGOLARE SINGOLARE
PLURALE PLURALE PLURALE
DUALE DUALE
TRIALE
Hjelmslev (1943): materia, forma e
sostanza
Materia FONAZIONE .
fonica
Sostanza dell’espressione
ne
Sostanza del contenuto
Materia
semantica SIGNIFICAZIONE
• Forma
• (pertinenze) espressione
• Forma
• (pertinenze)contenuto
Le lingue condividono una parte
Importante della materia del
contenuto, mentre altri
contenuti sono «dicibili» solo
all’interno di una determinata
cultura. Nessuna lingua è
pienamente sovrapponibile a
un’altra; di qui la necessità (e
la più o meno grande difficoltà)
della traduzione. La traduzione
non è dunque mai solo
linguistica, ma (inter-)culturale.
Le lingue come «visioni del mondo» secondo
Wilhelm von Humboldt (m. 1835)
«L’uomo si circonda di un mondo di suoni per accogliere in sé e elaborare il
mondo degli oggetti. (…) egli vive con gli oggetti percepiti esclusivamente nel
modo in cui glieli porge la sua lingua. Con lo stesso atto, in forza del quale
ordisce dal suo interno la rete della propria lingua, egli vi si inviluppa, e ogni
lingua traccia intorno al popolo cui appartiene un cerchio da cui è possibile
uscire solo passando, nel medesimo istante, nel cerchio di un’altra lingua.
L’apprendimento di una lingua straniera dovrebbe essere pertanto
l’acquisizione di una nuova prospettiva nella visione del mondo fino allora
vigente e lo è in effetti in certo grado, dato che ogni lingua contiene l’intera
trama dei concetti e la maniera di rappresentazione di una parte
dell’umanità» (da La diversità delle lingue [ed. post. 1836], § 9, trad. D. Di
Cesare, Laterza, Bari 1991, p. 47).