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Dottorato di Ricerca in
PSICOLOGIA DELL'ORIENTAMENTO
E DEI PROCESSI DI APPRENDIMENTO
XXIV Ciclo
A.A. 2010/2011
Dottoranda: Anita Giallongo
Tutor Co-tutor
Prof.ssa Lina Pezzuti Prof.ssa Valeria Schimmenti
Tesi di Dottorato:
Strategie di memoria e di metamemoria:
processi motivazionali e di autoefficacia negli adulti
e anziani studenti
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA
“La Sapienza”
Tesi Dottorato Strategie di memoria e di metamemoria: processi motivazionali e di autoefficacia negli adulti e
anziani studenti
Tutor: Prof.ssa Lina Pezzuti; Co-Tutor: Prof.ssa Valeria Schimmenti; Candidato: Dott. Anita Giallongo 3
Indice
Introduzione ........................................................................................................................................... 5
CAPITOLO 1. ............................................................................................................................................. 8
Lifelong Learning e apprendimento in età avanzata .............................................................................. 8
1.1 Definizione......................................................................................................................................... 8
1.2 L’anziano e la sua identità di studente ............................................................................................ 15
CAPITOLO 2. ........................................................................................................................................... 19
L’autoregolazione dell’apprendimento ................................................................................................ 19
2.1 La componente metacognitiva ........................................................................................................ 20
2.2 La componente motivazionale ........................................................................................................ 24
CAPITOLO 3. ........................................................................................................................................... 27
Processi metacognitivi e motivazionali nell’invecchiamento .............................................................. 27
3.1 La metacognizione: la metamemoria e le strategie di memoria in età avanzata ........................... 27
La Memory Self-Efficacy (MSE) ............................................................................................................. 33
3.2 La dimensione motivazionale negli studenti adulti e anziani ......................................................... 38
3.3 L’autoefficacia nel percorso educativo e formativo dell’adulto e dell’anziano .............................. 46
Autoefficacia accademica ...................................................................................................................... 47
Autoefficacia emotiva ........................................................................................................................... 54
3.4 L’influenza di altre variabili nell’apprendimento degli adulti e anziani .......................................... 55
CAPITOLO 4. ........................................................................................................................................... 60
L’invecchiamento e la memoria ............................................................................................................ 60
4.1 La desiderabilità sociale nell’invecchiamento ................................................................................. 69
CAPITOLO 5. ........................................................................................................................................... 73
La costruzione dello MNEMOTEST: uno strumento per la misurazione delle strategie di memoria. 73
5.1 Le strategie di memoria .................................................................................................................. 73
5.2 La costruzione dello MNEMOTEST .................................................................................................. 78
5.3 La verifica delle proprietà psicometriche dello Mnemotest ........................................................... 83
Obiettivi ed Ipotesi ................................................................................................................................ 83
Studio a- validità costrutto .................................................................................................................... 84
Studio b- validità di status ..................................................................................................................... 86
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studio c- attendibilità ............................................................................................................................ 91
CAPITOLO 6. ........................................................................................................................................... 95
Contributo di ricerca sulle Strategie di memoria e di metamemoria: processi motivazionali e di
autoefficacia negli adulti e anziani studenti ......................................................................................... 95
6.1 Studio 1: Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali ..................................................... 96
6.2 Studio 2: Confronto tra studenti non tradizionali (adulti e anziani) e non studenti (adulti e anziani)
............................................................................................................................................................. 134
Conclusioni generali della ricerca ....................................................................................................... 161
APPENDICE ........................................................................................................................................... 164
BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................................... 166
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Introduzione
L’attenzione agli adulti e agli anziani come un segmento del ciclo di vita per il quale si
possono sviluppare programmi educativi è stata in qualche modo sporadica fino ai primi anni
del 1970, fino a quando Howard McClusky ha istituito il primo programma di
specializzazione in gerontologia educativa presso l'Università del Michigan, e anche autore di
un importante documento di sfondo per la White House Conference on Aging. In questo
documento ha rivelato che l'istruzione è una delle aree più “produttive” della gerontologia "a
causa della fede nella capacità di apprendimento delle persone anziane e per la sua fiducia nel
miglioramento che deriva dall’apprendimento” (McClusky, 1973, p. 10).
Si aggiungono altri due eventi che hanno influito sullo sviluppo di questo tema:
l’individuazione degli studenti adulti e anziani come un settore specifico nella ricerca e nella
pratica grazie a Peterson (1978), e il lancio di una rivista nel 1976 dedicata a questo
argomento, l’Educational Gerontology.
Circa il 36% degli studenti universitari di oggi hanno più di 25 anni (National Center for
Education Statistics, 1997). Un aumento nell’iscrizione di adulti e anziani a corsi formativi
negli ultimi venti anni ha stimolato la ricerca e il confronto tra studenti tradizionali, in età
scolastica, e studenti non tradizionali in età avanzate (Kasworm, 1990).
Considerando che i primi studi sull’argomento hanno fornito informazioni descrittive
riguardanti le attitudini e le motivazioni (Kasworm, 1990), la ricerca più recente ha
cominciato a concentrarsi su come il processo di apprendimento può essere diverso per gli
studenti adulti e per quelli più anziani.
É stato indagato il rapporto tra le conoscenze e le abilità metacognitive, cercando di esplorare
le strategie di recupero dell’informazione appresa (Justice & Dornan, 2001), sono stati messi a
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punto programmi di formazione e training di memoria (Hastings & West, 2009), sono state
analizzate le dimensioni connesse all’apprendimento come l’autoefficacia, gli interessi, i
valori.
Il presente lavoro vuole focalizzare l’attenzione sui percorsi di educazione e formazione degli
adulti e degli anziani, guardando all’influenza dei processi metacognitivi, delle strategie di
memoria e di autoefficacia sull’apprendimento.
Partendo dalla definizione di Lifelong Learning e riflettendo sui percorsi educativi nella terza
età, si delineano i confini dell’apprendimento nell’ambito dell’educazione permanente con
uno spaccato sulla definizione di Studente in età avanzata. Successivamente, nel secondo
capitolo, si presenteranno i pilastri teorici dell’autoregolazione dell’apprendimento, con
riferimento alle dimensioni motivazionali e metacognitive che risultano fondamentali nel
processo di apprendimento. Nel terzo capitolo si passano in rassegna gli studi sulla
metacognizione, le motivazioni, l’autoefficacia e l’influenza dei costrutti psicosociali
sull’apprendimento che hanno avuto come campioni studenti adulti e anziani, messi a
confronto con gruppi di studenti tradizionali e gruppi di adulti e anziani non studenti.
Il quarto capitolo si focalizza sull’invecchiamento e la memoria, presentando gli studi e le
teorie connesse alla memoria nell’invecchiamento, alle strategie di memoria e agli elementi
che mediano l’apprendimento sia negli adulti che negli anziani.
Nel quinto capitolo sono illustrate le procedure concernenti la costruzione di un test, adattato
agli adulti e anziani, per la misurazione delle strategie di memoria e di metamemoria e le fasi
di validazione dello stesso. Il capitolo si concluderà con i risultati ottenuti allo studio pilota.
Infine, il capitolo sesto mostrerà il contributo di ricerca che ha come obiettivo l’indagine delle
componenti metacognitive e motivazionali alla base dell’autoregolazione dell’apprendimento,
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nell’ambito dell’educazione agli adulti e agli anziani. Ciò sarà possibile attraverso il confronto
di questa popolazione con quella degli studenti giovani (studenti tradizionali) e degli adulti e
anziani non studenti, grazie al quale si delineeranno le differenze realmente esistenti tra i tre
gruppi e le potenzialità di un programma formativo in età avanzata. Infatti, laddove
emergeranno differenze con il gruppo degli adulti e anziani non studenti, a favore di coloro
che frequentano corsi universitari, sarà possibile stabilire quali dimensioni, i percorsi
formativi in età avanzata, stimolano e potenziano; allo stesso modo il confronto con i giovani
studenti universitari sarà fonte d’importanti informazioni relative alle potenzialità dell’essere
studente in età avanzata per quanto concerne le dimensioni metacognitive e motivazionali.
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“The older adult, simply by virtue of time-spent-in-living,
is the most complex of all individuals.”
Mary Alice Wolf
CAPITOLO 1.
Lifelong Learning e apprendimento in età avanzata
1.1 Definizione
Molti paesi europei, negli ultimi decenni, hanno visto l'emergere di un fenomeno demografico
senza precedenti e di notevole impatto sociale: un invecchiamento generale della popolazione.
Il calo della natalità, da un lato, e un incremento nella longevità media, dall'altro, stanno
progressivamente modificando il profilo demografico della nostra società (Luppi, 2009). La
crescita della popolazione anziana ha portato ad un aumento di una specifica popolazione, i
cosiddetti “giovani anziani” (Minguzzi, 2003), individui che sono ancora attivi, che godono di
salute relativamente buona e che si definiscono anziani soprattutto perché sono pensionati o
nonni, due ruoli che sono stati tradizionalmente associati con la vecchiaia. In una società dove
l'aspettativa media di vita è in continuo aumento, l'apprendimento permanente è non è più
solo uno slogan, ma anche un modo di vivere (Chang & Lin, 2011).
Questo si riflette in un crescente numero di anziani che s’iscrivono a corsi di laurea, così
come di adulti che frequentano programmi di formazione continua (Romaniuk e Romaniuk,
1982). L'accesso all'istruzione permanente è sempre più accettato sia come diritto, che come
una necessità.
La ricerca indica che i soggetti più anziani vogliono e hanno bisogno di opportunità
educazionali e beneficiano della partecipazione a tali corsi. Ma l'importanza della formazione
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permanente è stata sottovalutata poiché si riteneva che gli anziani non fossero adatti per
l'apprendimento in quanto la loro intelligenza, la memoria e le abilità sensoriali peggiorassero
con la vecchiaia. Questo stereotipo ha impedito agli anziani di impegnarsi in attività di
apprendimento. Tuttavia, gli studi recenti in questo campo hanno mostrano ripetutamente che
gli anziani hanno ancora capacità adeguate per poter imparare (Chen, Kim, Moon, &
Merriam, 2008; Hori & Cusack, 2006; Moody, 2006; Stuart-Hamilton, 2006) e che la chiave
per lo sviluppo e la stimolazione cognitiva degli adulti e degli anziani capaci e sani risiede
nell’implementazione del processo di Lifelong Learning (Hori & Cusack, 2006).
La geragogia, la gerodinamica, la gerodidattica (Barucci, 1989; Schroots, 1995) dimostrano
che studiare mantiene vivi: la lettura, la documentazione, l’informazione, la conoscenza e il
sapere costituiscono la spinta vitale che “anima” il senior.
Inoltre, il fatto che tali processi di ri-acculturazione di solito si svolgono in contesti socio-
relazionali di tipo gruppale (Re, 1994) favoriscono, anche solo indirettamente, l’incontro e il
confronto, lo scambio comunicativo, l’auto-mutuo aiuto, il sostegno, e persino la “terapia”.
Educazione e socializzazione marciano di pari passo.
L’Unione Europea si trova, inoltre, ad affrontare nei prossimi anni una serie di problematiche
derivanti dai cambiamenti emergenti su vari versanti. Oltre alla differente struttura
demografica della popolazione, deve tener conto della globalizzazione dei mercati,
dell’innovazione scientifica e tecnologica e dei mutamenti intervenuti sulla natura del lavoro e
delle skill possedute: problematiche che impattano sugli obiettivi futuri dei sistemi di
istruzione e formazione.
Per tali motivi, gli orientamenti europei in tema di politiche del lavoro e della formazione
evidenziano l’importanza dell’apprendimento permanente nella costruzione di una "società
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della conoscenza" e di un’economia "basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del
mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di
lavoro e una maggiore coesione sociale" (Commissione Europea, Vertice di Lisbona, marzo
2000). In quest’ottica, l'apprendimento può essere considerato come un processo sociale e la
conoscenza come una costruzione sociale. Seguendo questa linea, imparare ad apprendere può
essere concepito come imparare a partecipare alla costruzione sociale e alla ricostruzione
della realtà. Questo punto di vista supporta due argomenti importanti a favore della
formazione permanente.
Il primo è il rapido sviluppo di nuove conoscenze e il secondo è la responsabilità individuale
in una società democratica a partecipare alla legittimazione della conoscenza.
Va aggiunto che la “globalizzazione delle conoscenze”, con una diversificata accessibilità
risultante dalle scelte culturali e morali che ha consentito una crescente autonomia
individuale, ha portato a quello che i sociologi chiamano “de-tradizionalizzazione” della vita
sociale (Hake, 1999). I periodi di apprendimento, lavoro, disoccupazione, riposo si sono
diffusi lungo il corso della vita, ricorrendo spesso insieme e risultando essere compiti
impegnativi (Glastra, Hake & Schedler, 2004; Hake, 1999). Tenere il passo durante ogni
transizione del corso di vita richiede un impegno attivo nella conoscenza e nella competenza
acquisita, tale per cui l’apprendimento permanente è stato definito come una condizione
necessaria per la sopravvivenza nel 21° secolo (Glastra et al., 2004). Il 21° secolo si configura
come l’età del “Lifelong Learning” (Chang & Lin, 2011).
"Lifelong Learning" indica un apprendimento senza confini e può essere considerato come
una condizione postmoderna dell'istruzione, che implica una diversità di pratiche e di percorsi
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formativi (Edwards R. & Usher R., 2001). Una definizione meno recente è quella del National
Advisory Council on Aging (NCOA) in Canada (1990) secondo cui Lifelong Learning è:
"Learning that occurs from infancy to old age, in settings including the workplace, classroom, community
centres and the home. It can be sparked by curiosity, life transitions or situational demands".
Il Lifelong Learning (LLL) ha come punto di partenza l’idea che ogni generazione è portatrice
di distinti saperi e abilità che, se comunicati e condivisi, portano ad una crescita delle
competenze individuali, dando valore aggiunto alle persone stesse, alle organizzazioni e in
termini più ampi, alla società. L’Unione europea, sta avviando iniziative per la diffusione e lo
sviluppo della LLL, come il progetto Cross Age (2007) per una partecipazione attiva delle
persone anziane attraverso la definizione di un modello integrato di apprendimento basato sul
sostegno e la valorizzazione dello scambio intergenerazionale. Si sposta l’attenzione dalla
prevalente dimensione istituzionale del percorso scolastico, al soggetto e ai suoi bisogni di
formazione. Obiettivo primario diviene la creazione, da parte delle politiche istituzionali,
delle condizioni per cui ciascun soggetto possa dare pieno sviluppo alle proprie potenzialità,
contribuendo in modo consapevole allo sviluppo della società nel suo complesso.
Le direzioni intraprese nell’ambito del Programma Lifelong Learning 2007-2013 (Decisione
n. 1720/2006/CE), coerentemente al rilancio della Strategia di Lisbona per la crescita e
l’occupazione, riguardano più specificatamente i temi della qualità, della partecipazione
sociale, delle risorse finanziarie e di nuove modalità formative ai fini dell’acquisizione dei
saperi e delle competenze.
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In questo modo la centralità del discente adulto, un approccio innovativo all'apprendimento e
un' analisi efficace dei bisogni favoriscono la lotta alla povertà e all' esclusione sociale, a
favore dell' integrazione di coloro che si trovano ai margini del mercato del lavoro.
Tre le premesse fondamentali alla base di una riflessione sulla didattica, al fine di delineare
gli approcci educativi per gli anziani (Luppi, 2009).
La prima premessa è che esiste una predisposizione di base ad imparare nell’essere umano. La
capacità di imparare è, quindi, una predisposizione comune a tutti gli esseri umani e risulta
essere necessaria per la nostra sopravvivenza. Nel dibattito natura vs cultura, la teoria di
Bruner (1996) è di particolare importanza1. Quest’ultima afferma che la cultura è molto
probabilmente l'ultima notevole strategia evolutiva che permette di adattarsi a circostanze
ambientali e di superare i limiti biologici.
La predisposizione all' apprendimento, in quanto si tratta di una caratteristica della specie
umana, non si esaurisce, ma perdura per tutto il corso della nostra vita.
La seconda premessa è legata alla teoria di Baltes, secondo cui lo sviluppo è un fenomeno che
si estende a tutta la vita di un individuo e non si ferma alla soglia dell'adolescenza (Baltes,
Reese & Lipsitt, 1980).
La terza premessa assegna un ruolo centrale alla persona anziana nel processo di
apprendimento. L'apprendimento è visto come un fenomeno che accompagna l'individuo in
tutte le fasi della vita, che comprende il continuo conflitto tra l'individualismo e
l’appartenenza a un gruppo o ad una collettività. Nel corso dell’apprendimento un individuo
elabora e crea soggettivamente le sue esperienze particolari e, allo stesso tempo, instaura
rapporti e interscambi importanti all'interno del suo ambiente di apprendimento. Secondo
1 Luppi E. (2009) p. 243;
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questo approccio non si può parlare di una teoria generale per coprire l'apprendimento
permanente, ma possiamo individuare alcuni modelli di apprendimento che sono
sufficientemente flessibili e tenere in considerazione le caratteristiche e il carattere distintivo
del singolo discente. Il processo di apprendimento nell’educazione permanente può essere
visto come un fenomeno costituito da tre elementi: il processo di apprendimento, il metodo o i
metodi attraverso cui si apprende e il risultato del processo di apprendimento stesso.
La prospettiva del “Lifelong Learning” non solo giustifica completamente il concetto di
istruzione in età avanzata, ma ci impone un imperativo: le iniziative formative per questa
fascia di età non devono essere casuali, intermittenti e/o basati sulla partecipazione volontaria,
ma dovrebbero essere viste come indispensabili opportunità di apprendimento, di cui tutte le
persone di qualsiasi età dovrebbero essere in grado di trarne vantaggio. Il concetto di
“Lifelong Learning” evidenzia, da un lato, il valore attribuito al soggetto e alla sua esperienza
e dall’altro, l’esigenza di promuovere l’acquisizione e lo sviluppo delle competenze
strategiche necessarie affinché le persone siano effettivamente in grado di poter apprendere
nelle diverse età.
In questo modo, anche in età avanzata, si è ancora esposti a un ricco panorama di opportunità
d’istruzione e di apprendimento.
Va aggiunto, infine, che l'istruzione è un fattore significativo per l'invecchiamento. È
collegato al reddito e al prestigio professionale, entrambi correlati ad una migliore cura di sé
negli anni successivi. L'istruzione è associata ad un aumento della partecipazione alla politica,
ad una maggiore attenzione allo stato di salute, a diversi stili di consumo, e al desiderio di
apprendere durante tutta la vita. L'istruzione è legata al mantenimento dell’autostima e allo
sviluppo di capacità di leadership. Helena Lopata (1979), famosa per i suoi studi su donne
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vedove, sostiene che l'educazione aiuta le persone a far fronte alle perdite, fornendo le
competenze per sviluppare amicizie e impegni all’interno di associazioni di volontariato. Lo
stato di salute e il livello di dipendenza economica sono associati al livello d’istruzione.
Jamieson (2012) affronta la questione dell’educazione individuando i benefici dell’istruzione
in età avanzata, all’interno di un quadro teorico che tiene conto delle “transizioni” durante
l’arco di vita. Lo studio, oltre a sottolineare che molte persone in età avanzata “abbracciano”
il percorso formativo in un momento di transizione della loro vita, ha permesso di concludere
che la natura dei benefici educativi varia secondo le strategie personali, le situazioni che
l’individuo si trova a vivere (ad es. pensionamento, lutto, revisioni parziali o totali dello stile
di vita) e le caratteristiche psicologiche, nonché del supporto ambientale ricevuto.
L’educazione, negli anziani, sembra anche influire sulla sfera emozionale, sociale, cognitiva e
fisica (Ginsberg, 2001).
Relativamente alla sfera emozionale, l’esperienza educativa stimola la conoscenza personale e
ristabilisce la fiducia in se stessi e l’autostima. Dal punto di vista sociale, l’educazione
provvede ad aumentare le opportunità di socializzazione del soggetto con altri studenti: la
frequenza ai corsi mette il soggetto adulto/anziano nelle condizioni di stabilire nuove relazioni
con individui di età differenti o differenti esperienze di vita. Cognitivamente, il senior, nei
programmi educativi stimola la creatività, mette in atto processi che permettono la flessibilità
cognitiva e acquista nuove abilità sulla base dei compiti richiesti. Grazie allo studio, il soggetto
anziano rafforza le competenze mnestiche e stimola i processi di memoria. Infine, a migliorare è
anche la sfera fisica: all’interno dei programmi educativi destinati a tale popolazione il soggetto in
età avanzata ha opportunità di migliorare la sua salute. L’esercizio fisico è una componente
fondamentale per avere una buona salute e molti miglioramenti possono essere ottenuti
dall’esercizio regolare durante tutto l’arco della vita.
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1.2 L’anziano e la sua identità di studente
Parlando di “discente adulto e/o anziano” si apre uno scenario temporale ampio che, partendo
dai giovani adulti include età intermedie, fino ad arrivare allo studente della terza età,
intendendo quella fase temporale che fa da “funzionale cerniera” tra giovinezza e maturità da
un lato, e vecchiaia dall’altro (Laicardi & Piperno, 1980; Peirone & Gerardi, 2006).
Anzianità e vecchiaia sono oggi fonti di ragionevoli aspettative positive: non sono più una
“rara fortuna” ma una “stabile norma statistica”.
S’identificano, infatti, sempre più con questa fase di vita i termini come corpo sano, cervello
efficiente e psiche attiva, grazie ai quali i processi di ri-acculturazione e ri-socializzazione
sono cavalli di battaglia psicologici (Gori, 1993; Grano & Lucidi, 2005).
Nella civiltà del terzo millennio, smessi i panni dell’anziano/vecchio, il senior può dare sfogo
a una rinnovata vitalità, che lo porta a essere un “soggetto protagonista”. L’anziano è colui
che invecchia al peggio; il senior è colui che invecchia (e sa invecchiare) al meglio.
Kasworm (1982) definisce lo studente adulto come lo studente di età pari o superiore ai 25
anni all’interno di un percorso accademico. Cross (1980) definisce lo studente non
tradizionale" un adulto che ritorna a scuola a tempo pieno o a part-time, pur mantenendo le
responsabilità, quali l'occupazione, la famiglia e altre responsabilità della vita adulta".
Lo studente Non tradizionale potrebbe essere considerato uno studente all’interno di una
popolazione eterogenea, che ha molteplici ruoli, che persegue la formazione per molteplici
ragioni come ad esempio la necessità di una formazione maggiore sul lavoro, il desiderio di
cambiare lavoro, o il desiderio di crescita personale (Kilgore & Rice, 2003).
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Ed è proprio questa eterogeneità che spinge Kasworm (2005) ad affermare che l’identità di
questa popolazione non è “monolitica” e che ogni studente mostra un’identità propria,
influenzata da specifiche credenze, azioni ed esperienze.
Nel 2008 un gruppo di autori pubblica un articolo il cui scopo è quello di dare “un’immagine”
all’educazione in età adulta e nell’invecchiamento attraverso i ritratti che ne hanno fatto i vari
studi dal 1980 al 2006 e valutare criticamente la rappresentazione degli studenti adulti (Chen
et al., 2008). Questi autori sottolineano che, visto il continuo aumento di questa popolazione e
il buono stato di salute, vista la correlazione tra il livello d’istruzione e le possibilità di
coinvolgimento in attività educative e di apprendimento, la popolazione degli adulti e degli
anziani è diventata centrale nell’ambito della programmazione educativa.
Dai 93 articoli di 5 riviste scientifiche (Adult Education Quarterly, Adult Learning, Adult
Education, Canadian Journal for the Study of Adult Education, International Journal of
Lifelong Education) che trattano l’educazione negli adulti e negli anziani, 44 sono stati
condotti tra il 1980 e il 1989, 32 sono stati condotti tra il 1990 e il 1999, e 17 articoli sono
stati condotti tra il 2000 e il 2006. Ventisei articoli sono di ricerca empirica, il resto, 67 sono
di natura "descrittiva". Da questi 93 lavori emergono principalmente tre grandi temi:
Il primo tema che emerge è che in quasi tutti gli studi il gruppo di adulti e anziani è descritto
come un gruppo omogeneo per età, genere, status socioeconomico, razza e origine etnica. La
diversità su una qualsiasi di queste dimensioni è solo occasionale, anche nella letteratura più
recente. È interessante notare, ad esempio, come la maggior parte degli articoli non specifica
l’età o le fascia d’età, facendo riferimento in modo molto generale a "anziani", o “grandi
adulti”, o “popolazione anziana” o come si faccia poca menzione del genere, o ancora
risultino poco eterogenee lo status socioeconomico, la razza e l’etnia;
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Il secondo tema che emerge è che gli adulti e gli anziani risultano essere discenti capaci e
motivati. Nella maggior parte dei casi, la letteratura rileva le capacità degli adulti e anziani di
partecipare a una molteplice varietà di corsi d’istruzione, non considerando tuttavia i
cambiamenti concernenti l’età, connesse con le abilità cognitive e fisiche, che alcuni anziani
possono avere. Inoltre, i soggetti più anziani sono ritratti come discenti che volontariamente e
attivamente partecipano a diverse attività di apprendimento.
Il terzo tema si riferisce alla tipologia dei programmi di apprendimento per adulti che
sembrano guidati e fondati su elementi descrittivi della loro fase di vita. Nello specifico, la
programmazione educativa trae spunto dal contesto di vita degli adulti e anziani. Inoltre, la
maggiore disponibilità di tempo e l’interesse verso argomenti connessi a questa fase di vita
sono fattori che segnano la direzione dei programmi educativi.
Possiamo, secondo Houle (1988), distinguere gli studenti anche in base al loro orientamento
nei confronti del programma di apprendimento: possono essere orientati all’obiettivo, orientati
all’apprendimento e orientati all’attività. I primi sono studenti motivati da un obiettivo o
scopo che può essere realizzato attraverso l’apprendimento o esperienza, gli studenti orientati
all’apprendimento sono studenti che imparano per il “puro piacere” di imparare, e infine,
quelli orientati all’attività, sono quelli il cui scopo è apprendere a “fare” e sono rivolti
all’interazione con gli altri.
Oltre alla definizione di studente, nell’ambito dell’apprendimento, occorre anche individuare i
vari contesti in cui questo si attua: esso può avvenire in un contesto formale e informale. La
maggior parte degli apprendimenti è tipo di formale, cioè avviene in ambienti
istituzionalizzati, mentre la restante parte avviene in un contesto “locale o comunitario”, come
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musei, biblioteche, o attraverso tv e altri mezzi di comunicazione (Merriam, Caffarella, &
Baumgartner, 2007).
L’apprendimento, inoltre, si può presentare sotto varie forme e aspetti. Si possono mettere a
punto programmi di apprendimento diretti all’autosufficienza, per il mantenimento di un
posto di lavoro o per avanzare nella carriera professionale, quindi mirati a mantenere
l’economia della famiglia o semplicemente di se stessi.
Si può fare un programma di apprendimento agli adulti per un’azione sociale, cioè un
percorso orientato alla salvaguardia o alla tutela della comunità.
Il terzo tipo di apprendimento è quello per tempo libero, cioè una conoscenza di contenuti e di
saperi che sono rivolti a un gruppo di soggetti il cui obiettivo è impiegare il tempo a loro
disposizione per allargare gli orizzonti del loro sapere (Mott, 2008).
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CAPITOLO 2.
L’autoregolazione dell’apprendimento
Negli ultimi due decenni lo studio psicologico delle variabili connesse all’apprendimento ha
fatto registrare un grande sviluppo, che ha interessato filoni diversi di ricerca. Uno di questi
filoni si focalizza sull’autoregolazione dell’apprendimento (Zimmerman, 1990) e in
particolare sui modi e sulle strategie con cui l’individuo controlla, verifica e modifica i propri
comportamenti per poter raggiungere gli obiettivi di apprendimento e di riuscita.
L’autoregolazione dell’apprendimento non coincide con la metacognizione, ma la ingloba:
autoregolarsi vuol dire usare strategie sia metacognitive sia motivazionali. L’allievo che si è
posto un determinato obiettivo utilizzerà strategie metacognitive per valutare il tempo a sua
disposizione, quali strategie di studio usare, la qualità dell’impegno in relazione alle difficoltà
dello studio e allo stesso tempo utilizzerà strategie motivazionali per controllare l’ansia e
focalizzarsi sullo studio (Boekaerts, Pintrich & Zeidner, 2000; Paris & Paris, 2001;
Zimmerman & Schunk, 2001). Zimmerman (2002) suggerisce, a tal proposito, che la
motivazione all’apprendimento, le strategie di apprendimento, l'auto-efficacia e l'attribuzione
del successo/fallimento sono tutte variabili psicologiche importanti.
In altre parole, l’apprendimento auto-regolato coinvolge specifici processi, differenti ma
comuni nel determinare l’apprendimento (Zimmerman, 1986): questi processi sono di tipo
metacognitivo, set di obiettivi, automonitoraggio e autovalutazione, ai quali si uniscono
processi motivazionali.
Secondo la teoria di Zimmerman le componenti alla base dell’autoregolazione
dell’apprendimento sono le strategie metacognitive (pianificazione, monitoraggio,
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regolazione), le strategie cognitive (utilizzate per apprendere, ricordare ed elaborare il
materiale) e la gestione e il controllo sugli sforzi messi in atto (Garcia & Pintrich, 1994;
Pintrich, 1988a, b; Pintrich, 1989; Pintrich & De Groot 1990; Pintrich & Garcia, 1991;
Pintrich, Smith, Garcia, & McKeachie, 1993).
A queste tre componenti legate alla metacognizione si legano tre componenti appartenenti alla
sfera motivazionale.
2.1 La componente metacognitiva
Le strategie metacognitive
Da più parti viene riconosciuta l’importanza che la competenza metacognitiva ha nel
migliorare le prestazioni in compiti cognitivi. Quanto più una persona è cosciente di ciò che fa
e di come la propria mente lavora e quanto più è in grado di operare un controllo sui propri
processi cognitivi, tanto più ottiene risultati positivi nelle attività che esegue. Tra le diverse
aree metacognitive, il settore inerente la metamemoria è stato oggetto di accurate indagini.
Il termine metamemoria, introdotto da Flavell (1971), si riferisce alla conoscenza e alla
consapevolezza che un individuo ha relativamente alla sua memoria, o a qualsiasi cosa
attinente l’immagazzinamento e il recupero delle informazioni. Wellman (1983)2 definisce la
metamemoria un dominio poliedrico che include i costrutti di funzionamento e utilizzo delle
strategie, la conoscenza sul funzionamento e l’autoefficacia di memoria.
È importante distinguere, all’interno di questo ambito due piani diversi, anche se dipendenti:
la conoscenza e le attività metacognitive di memoria. La conoscenza della memoria riguarda
la riflessione, da parte dell’individuo, sulle attività e sui processi della propria memoria ed è
2 Hertzog et all. (1990) p. 215
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in relazione alle caratteristiche della persona, del compito e delle strategie (Flavell &
Wellman, 1977).
Le attività metacognitive di memoria, invece, sono i meccanismi di autoregolazione che la
persona mette in atto quando apprende o risolve un problema. L’autoregolazione si manifesta
attraverso i processi di progettazione, controllo, verifica e revisione (Cornoldi & Orlando,
1988). Potremmo dire che la conoscenza ci serve per poter spiegare “cosa faremmo” se ci
trovassimo in una determinata situazione, mentre le attività cognitive di memoria ci servono
nella pratica, sono relative al “come” ci comporteremmo in quel contesto.
Pintrich, Wolters, & Baxter (1999) hanno suggerito che la conoscenza metacognitiva si limita
alla conoscenza che il soggetto ha su di sé, sulle proprie abilità e strategie. L'autoregolazione
invece fa riferimento al monitoraggio degli studenti, alla loro capacità di controllare e
regolare le proprie attività cognitive e il comportamento reale. La maggior parte dei modelli di
controllo o di autoregolazione comprende tre tipi generali di strategie: la pianificazione, il
monitoraggio e la regolazione (Corno & Snow, 1986; Zimmerman & Martinez-Pons, 1988).
L’attività di pianificazione include la capacità di fissare gli obiettivi di studio, la capacità di
scrematura di un testo prima di leggere, di produzione e di analisi dei compiti del problema. Il
Monitoraggio del proprio pensiero e il comportamento accademico è un aspetto essenziale di
apprendimento autoregolato. Le attività di monitoraggio comprendono il seguire con
attenzione la lettura di un testo o l’ascolto di una conferenza, l’auto test attraverso l'uso di
domande sul materiale per verificarne la comprensione, il controllo relativo alla comprensione
di una lezione. La regolazione ha lo scopo di regolare i processi di apprendimento allo scopo
di portare il comportamento in linea con l'obiettivo o per avvicinarsi al criterio.
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Le strategie cognitive
Influenzano il processo di autoregolazione, ed in particolare l’acquisizione, il ricordo e il
recupero del materiale mnestico le strategie di memoria.
Esse possono essere definite come delle operazioni eseguite sotto il controllo consapevole
della persona, non immediatamente disponibili nel bambino, che vengono apprese durante lo
sviluppo (Cottini & Meazzini, 2005).
In termini di memoria, le strategie sono tentativi consci o inconsci di organizzare le
informazioni provenienti da processi di recupero ambientale diretto (Hertzog, McGuire, &
Lineweaver, 1998; Moscovitch, 1992; Woods & Locke, 2005).
Le strategie permettono di compensare le perdite legate all'età (declino della velocità di
elaborazione e altri domini cognitivi) sfruttando quelle abilità che non diminuiscono con l'età,
poiché spostano le performance cognitive lontano da quei meccanismi cognitivi che declinano
con l'età (Hertzog, Kramer, Wilson & Lindenberger, 2008).
Le strategie vengono utilizzate per risolvere i problemi, in particolare, i problemi che una
persona consapevolmente sa di dover risolvere (Bjorklund & Miller, 1997). Per quanto
riguarda l’età di comparsa delle strategie di memoria nulla è rintracciabile prima dei 7/8 anni
e ogni generalizzazione sul corso dello sviluppo della strategia di acquisizione può oscurare i
singoli percorsi di sviluppo (Crowley, Shrager & Siegler, 1997; Schneider & Sodian, 1997).
In termini di strategie di apprendimento cognitivo, in seguito ai lavori di Weinstein e Mayer
(1986), ripetizione, elaborazione e strategie organizzative sono state identificate come
importanti strategie cognitive relative al rendimento scolastico in classe (McKeachie, Pintrich,
Lin & Smith, 1986; Pintrich 1989; Pintrich & De Groot, 1990). Queste strategie possono
essere applicate a semplici compiti di memoria (ad esempio, richiamo di informazioni, parole
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o liste) o per attività più complesse che richiedono la comprensione delle informazioni (ad
esempio, la comprensione di un testo o di una lezione) (Weinstein & Mayer, 1986). La
strategia di ripetizione è importante per focalizzare l’attenzione sulle informazioni importanti
di liste o di testi e/o mantenere questa informazione attiva nella memoria di lavoro, anche se
questa strategia non riflette un livello molto profondo di trasformazione. La strategia di
Elaborazione include parafrasi o riassunto del materiale da apprendere, crea analogie, aiuta lo
studente a riorganizzare il materiale e a connettere le idee tra loro. L'altro tipo di strategia,
definita organizzativa, è più profonda e consiste nell’apprendere e utilizzare una varietà di
tecniche specifiche per selezionare e organizzare le idee in una rete o mappa. Le strategie
organizzative hanno dimostrato di provocare una più profonda comprensione del materiale da
apprendere (Weinstein & Mayer, 1986).
La gestione delle risorse
L'ultima componente riguarda le strategie di gestione delle risorse. Ne fanno parte la gestione
e il controllo del loro tempo, lo sforzo messo in atto, l’ambiente di studio e le persone che ve
ne fanno parte, ad esempio insegnanti, familiari (Corno, 1986; Ryan & Pintrich, 1998;
Zimmerman & Martinez-Pons, 1988). Queste strategie di gestione delle risorse, si presume,
aiutino gli studenti ad adattarsi al loro ambiente, nonché a modificare l'ambiente per
soddisfare i loro obiettivi e le esigenze (Sternberg, 1985).
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2.2 La componente motivazionale
Le tre componenti di apprendimento autoregolato sono legate a differenze individuali nella
motivazione degli studenti. L e componenti motivazionali influenzano direttamente le
componenti metacognitive determinando il risultato finale.
Da qui la necessità di comprendere come tale dimensione sia correlata all’impegno e alle
performance accademiche (Corno & Snow, 1986; Snow, 1989; Weinert 1987).
Il quadro teorico che concettualizza la motivazione degli studenti è un adattamento del
modello generale Aspettativa-Valore (Eccles, 1983; Pintrich, 1989). Il modello prevede tre
componenti motivazionali: l’aspettativa circa le capacità, cioè le credenze degli studenti
relativamente alle loro capacità di svolgere un compito (credenze di autoefficacia); un
elemento di valore, che include gli obiettivi degli studenti e le convinzioni circa l'importanza
e l'interesse del compito (credenze sul valore del compito); la componente affettiva, cioè la
reazione emotiva del soggetto durante il compito.
Il ruolo delle credenze di autoefficacia
L’autoefficacia è stata definita come l’insieme delle credenze che gli individui hanno circa la
loro capacità di performance in un particolare dominio (Bandura, 1986; Schunk, 1985). Il
costrutto di “Self-Efficacy” comporta giudizi singoli circa la capacità di realizzare determinati
obiettivi o compiti con le loro azioni in specifiche situazioni (Schunk, 1985). Gli studi
effettuati su studenti di scuola media, e studenti universitari hanno mostrato relazioni molto
positive tra l’auto-efficacia e l’apprendimento auto-regolato (Pintrich, 1989; Pintrich & De
Groot, 1990; Pintrich & Garcia, 1991). Gli studenti che avevano un senso maggiore di
efficacia avevano più probabilità di utilizzare in misura maggiore le strategie cognitive, sono
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stati maggiormente coinvolti cognitivamente nel cercare di imparare il materiale e facevano
un maggior uso di strategie di auto-regolazione come la pianificazione, il monitoraggio e
regolazione. L'auto-efficacia è stata anche fortemente legata alle prestazioni accademiche.
L’aspettativa circa le capacità risponde una domanda specifica: “Sono in grado di svolgere
questo compito?”.
Le credenze sul valore del compito
La componente “Valore” permette al soggetto di chiedersi “Perchè sto facendo ciò?” e fa
riferimento all’interesse intrinseco, alla motivazione, all’orientamento (intrinseco vs
estrinseco).
Eccles (1983) ha proposto tre componenti di valore importanti nella dinamica di realizzazione
del compito: la percezione individuale dell’importanza del compito, l’interesse personale nei
confronti del compito e la percezione dell’utilità del compito nei confronti degli obiettivi
futuri. Dagli studi effettuati sugli studenti, le credenze relative al valore del compito sono
correlate positivamente con l'utilizzo di strategie cognitive. Inoltre è stato trovato che il valore
attribuito al compito è correlato al rendimento, anche se queste relazioni non sono così forti
come quelli per l'auto-efficacia (Pintrich, 1989; Pintrich et al., 1991; Pintrich et al, 1993).
La componente affettiva
Infine l’ultima componente, quella affettiva, monitora lo stato emotivo del soggetto che
svolge o sta per svolgere un compito. E’ quella componente che spinge il soggetto a chiedersi:
“Come mi sento?”. La componente affettiva fa riferimento alla capacità del soggetto di gestire
in modo adeguato le emozioni negative (paura, ansia) e sviluppare le emozioni positive
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rispetto al lavoro che sta svolgendo (Mega, Moè, Pazzaglia, Rizzato & De Beni, 2007;
Pekrun, Goetz, Titz & Perry, 2002).
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CAPITOLO 3.
Processi metacognitivi e motivazionali nell’invecchiamento
Alla luce della cornice teorica discussa precedentemente, quando ci focalizziamo
sull’apprendimento nella terza età occorre attenzionare le dimensioni metacognitive e
motivazionali che determinano i processi di autoregolazione.
3.1 La metacognizione: la metamemoria e le strategie di memoria in età avanzata
La ricerca sull’invecchiamento ha focalizzato l’attenzione sia sui processi di metamemoria,
che sulle differenze individuali legate all’uso delle strategie di memoria. La ricerca si è
focalizzata su tali argomenti, in primo luogo perché alcune forme di memoria, come ad
esempio la memoria semantica, non diminuiscono con l'età (Zacks & Hasher, 2006) e spesso
gli anziani raggiungono l'eccellenza in aree del funzionamento cognitivo di tutti i giorni
grazie all’adozione di strategie che minimizzano il ruolo di meccanismi cognitivi che tendono
a decadere con l’età (Hertzog et al., 2008).
Un secondo motivo è che le strategie di memoria offrono informazioni importanti circa i
processi cognitivi che sottendono alle prestazioni della memoria e di metamemoria (Schmitt,
Murphy & Sanders, 1981). La “scelta e l’uso delle strategie è in funzione della
metamemoria” (Cornoldi, 1995). Infatti, le prestazioni di memoria sottendono il controllo
esecutivo e riflettono i meccanismi alla base delle abilità cognitive (Hertzog et al., 2008). Di
conseguenza, studiare i cambiamenti nell’uso delle strategie, successivamente ad esempio ad
un training di memoria, può essere utile anche per valutare l’entità degli effetti del training.
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I moderni training di memoria hanno l’obiettivo di insegnare le strategie di memoria, con
l'obiettivo finale di attenuare il declino relativo all'età cognitiva e di conseguenza migliorare
la capacità di vivere in modo indipendente di tale popolazione (Hertzog et al, 2008; Rebok,
Carlson, & Langbaum, 2007; Unverzagt et al., 2009). È emerso che le strategie di
compensazione dei deficit cognitivi, che si sviluppano con l'età, possono essere selezionati,
appresi ed adeguatamente applicati in contesti rilevanti per il soggetto anziano (Bäckman &
Dixon, 1987; Cavanaugh, Grady, & Perlmutter, 1983; Sinnott, 1986). È confermato, infatti,
che usare la strategia corretta è associata ad una migliore prestazione di memoria e che gli
anziani e gli adulti possono essere addestrati per imparare ad applicare nuove strategie di
memoria (Ball et al., 2002; Carretti, Borella, & De Beni, 2007; Cavallini, Pagnin, & Vecchi,
2003; Floyd & Scogin, 1997; Verhaeghen, Marcoen, & Goossens, 1992).
Una meta-analisi sui miglioramenti della prestazione mnestica ottenuta da anziani, in seguito
a training mnemonici, condotta da Verhaeghen, Marcoen e Grossen (1992), ha messo in luce
come gli anziani, indipendentemente dalla tipologia dell’intervento mnestico, siano in grado
di migliorare le proprie prestazioni. Altri due studi recenti (Carretti, Borella & De Beni, 2007;
Cavallini, Pagnin & Vecchi, 2003), che mettono a confronto giovani e anziani, non
evidenziano differenze legate all’età: gli anziani mostrano una plasticità al pari dei giovani,
soprattutto se si tratta di training legati a compiti ecologici.
Questi risultati portano con sé due implicazioni: la prima è l’eliminazione dello stereotipo che
“condanna” l’anziano ad essere considerato incapace di apprendere, la seconda è la spinta a
studiare questa popolazione in aumento per un miglioramento della loro qualità di vita.
Justice et al. (2001) hanno effettuato uno studio su un campione di studenti tradizionali
(studenti giovani universitari) e non-tradizionali (studenti universitari in età avanzata), distinti
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per Età e Genere, attraverso il Motivated Strategies Learning Questionnaire, MSLQ (Pintrich
et al., 1990), confermando l’assenza di differenze per quanto riguarda l’uso di strategie
cognitive e processi di autoregolazione, anche se emerge che gli studenti non tradizionali
mettono in atto un’analisi più profonda del materiale perché fanno un maggiore uso di
strategie più complesse.
I risultati dello studio di Brigham e Pressley (1988) sono in parte in contrasto con lo studio
precedente. Gli autori avevano l’obiettivo di studiare la capacità di monitoraggio cognitivo e
la scelta delle strategie più opportune per apprendere una lista di parole in giovani e anziani.
La consapevolezza metacognitiva e l’uso delle conoscenze metacognitive nella scelta della
regolazione strategica, sono state più pronunciate nei giovani rispetto al campione composto
da adulti e anziani. Il gruppo dei giovani ha osservato che una strategia era più influente nella
promozione dell’apprendimento e ha saputo utilizzare tale conoscenza per poter decidere
quali strategie utilizzare.
Queste differenze nei risultati possono essere imputate a differenze nella strutturazione del
campione (in quest’ultimo studio il campione di anziani non era costituito da soggetti che
avevano intrapreso percorsi formativi), o forse è imputabile a variabili secondarie influenti. A
tal proposito, Jonker, Smits e Deeg (1997) allo scopo di esaminare il rapporto tra memoria e
metamemoria in un campione di adulti e anziani (55-89 anni) hanno sottolineato che, i
soggetti in età avanzata, percepiscono maggiori cambiamenti ed un minor controllo sulla loro
memoria rispetto ai più giovani. Questa percezione legata a stereotipi o a pregiudizi può aver
influito sui risultati. Inoltre, genere e livello d’istruzione influenzano le performance: le donne
anziane e i soggetti meno istruiti mostravano una maggiore ansia associato a povere
prestazioni.
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Un recentissimo lavoro (Gross & Rebok, 2011) conferma questo risultato. Gli autori hanno
studiato l’effetto di caratteristiche demografiche (età, genere, istruzione, etnia) sulle
performance mnestiche e verificato gli effetti a lungo termine che i training di memoria
avevano sull’uso delle strategie.
L’essere più giovane, soprattutto di genere femminile e con un buon livello d’istruzione è
associato ad una migliore performance strategica.
I risultati hanno confermato, inoltre, che i training di memoria possono “equipaggiare” gli
anziani a fare uso delle strategie, e che tali strategie sono usate in situazioni adeguate, fondate
sulla base della tipologia di informazioni da ricordare. I training hanno effetti durevoli per
circa cinque anni, e le strategie sono correlate positivamente con le prestazioni della memoria
e con il funzionamento di tutti i giorni.
Touron¸ Oransky, Meier e Hines (2009) affermano che le differenze cognitive correlate all’età
possono essere influenzate da fattori metacognitivi: nello specifico, la performance della
memoria di lavoro può essere influenzata dal comportamento strategico che, a sua volta,
potrebbe essere guidato dal livello di controllo metacognitivo. Gli autori hanno cercato di
esaminare le differenze di età nel monitoraggio e nell’uso delle strategie della memoria di
lavoro attraverso due esperimenti: nel primo i partecipanti, giovani e anziani, completavano
compiti tramite procedure computerizzate in condizioni in cui veniva richiesta una relazione
sul monitoraggio cognitivo e condizioni in cui non veniva richiesto; il secondo esperimento
chiedeva ai soggetti di riportare anche il livello di approccio strategico. I risultati mostrano
differenze, da imputare alla variabile età, relativamente all’accuratezza nel monitoraggio della
memoria di lavoro. Al contrario, non sono state trovate differenze di età nell’uso delle
strategie, anche se è emerso che utilizzando strategie efficaci ne hanno tratto maggiore
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beneficio le prestazioni degli anziani rispetto ai più giovani adulti. Ciò permette di concludere
che giovani e anziani non si differenziano per quanto riguarda l’uso di strategie, ma le
differenze legate all'età, nei compiti legati alla memoria di lavoro, sembrano essere mediate
dalla precisione nel controllo delle prestazioni.
Va aggiunto, inoltre, che altre ricerche che indagano altri domini (Hertzog & Dunlosky, 2005)
hanno confermato l’ipotesi secondo cui i deficit di controllo metacognitivo potrebbero avere
un’ influenza più profonda sull’invecchiamento cognitivo di quanto si credesse. Sembra che i
disavanzi nel monitoraggio metacognitivo sono in parte legati all'età, causando di
conseguenza un declino in termini di prestazioni WM.
Lo studio di Bailey, Dunlosky e Hetzog (2009), in contrasto con la teoria del deficit secondo
cui le prestazioni povere della memoria di lavoro sono da imputare a deficit età-correlate
nell’uso delle strategie di memoria, ha messo in rilievo come giovani e anziani riportano un
uso identico delle strategie efficaci. Ciò dimostra che le differenze nell’uso delle strategie di
memoria efficaci spiegano le sostanziali variazioni nelle performance di span di memoria, ma
non sono da imputare a deficit correlati all’età.
McDougall (1995), mettendo a confronto gruppi di studenti adulti e anziani (divisi per fasce
d’età), mostrava che il gruppo degli studenti di età intermedia faceva registrare punteggi
significativamente più alti nell’uso delle strategie ed in particolare, un uso più frequente di
strategie di tipo esterno (ad es. calendari, appunti, liste ecc…) rispetto alle strategie interne
(elaborazione, prova, ripetizione ecc..).
Oltre alla variabile età, la metacognizione è stata analizzata tenendo conto di una seconda
variabile: lo status di studente. Gli studi, seppur esigui, che confrontano anziani studenti con
anziani non studenti non hanno confermato medesimi risultati. Il primissimo studio è stato
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quello di Zivian e Darjes (1983) che ha esaminato le prestazioni di metamemoria e di
memoria in un campione di studenti di 20 anni, in un campione di studenti di 40 anni, in un
campione di adulti non studenti di 40 anni e anziani di 60 anni. Gli autori hanno trovato che le
prestazioni degli studenti di 20 anni erano comparabili con le prestazioni di studenti di 40
anni e che risultano essere migliori di quelle dei soggetti di 40 anni e 60 anni non studenti.
Tuttavia, ci sono una serie di limitazioni a queste conclusioni. La prima limitazione è che in
realtà manca un vero e proprio gruppo di studenti anziani, in quanto l’età massima era 40
anni, la seconda limitazione potrebbe essere legata all’esistenza di differenze potenzialmente
importanti legate al background dei soggetti di 40 anni studenti e non studenti. Successivo a
questo studio, anche se anch’esso datato, il lavoro di Parks, Mitchell e Perlmutter (1986) che,
attraverso il confronto tra tre gruppi di soggetti (studenti giovani, studenti anziani e anziani
non studenti), ha analizzato sia l’influenza dell’età che dello status di studente sul
funzionamento cognitivo e sociale. Emersero differenze di età nei livelli di salute mentale e
psicologica riportata, nell’identificazione di ruoli sociali e nelle prove di memoria e di
funzionamento cognitivo. Lo status di studente si è rivelato non produrre una differenza
significativa tra anziani studenti e anziani non studenti. Un limite di tale studio potrebbe
essere la mancata analisi dell’effetto d’interazione tra la variabile status studente e della
variabile genere.
Da qui l’interesse a chiarire l’entità delle differenze tra studenti e non studenti, focalizzando
inoltre l’attenzione sull’andamento delle performance mnestiche e osservando il possibile
effetto dello status di studente e dell’effetto d’interazione di quest’ultimo con la variabile
genere, al fine di avere un chiaro e completo quadro di riferimento.
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La Memory Self-Efficacy (MSE)
Lo studio dell’autoefficacia di memoria diventa centrale quando si esaminano le prestazioni
mnestiche.
Un utilizzo inefficiente delle strategie di memoria nei compiti di memoria potrebbe infatti
essere spiegato da bassi punteggi di autoefficacia di memoria (MSE) (Berry, 1999).
Ci sono due diversi filoni che interpretano il costrutto di MSE in modo sostanzialmente
differente. Un approccio, derivato dalla teoria di auto-efficacia di Bandura, considera la MSE
"un autonomo giudizio sulle capacità di svolgere un dato compito di memoria con
competenza e fiducia" (Berry, 1999, p. 70). Secondo questo approccio, la MSE è legata a
richieste del compito e alle caratteristiche della situazione, e corrisponde ad un giudizio di
auto-efficacia, nel contesto di un compito di memoria che si sta per effettuare (Berry & West,
1993; Hertzog, Dixon, & Hultsch, 1990). Un altro approccio, derivato dal quadro di
metamemoria, concettualizza la MSE su un piano più generale e disposizionale come "il
proprio senso di padronanza e la capacità di utilizzare la memoria in modo efficace in
situazioni impegnative" (Hertzog & Dixon, 1994, p. 229). Secondo quest’ultima
teorizzazione, la MSE può essere definita come la fiducia/convinzione che una persona ripone
in sé stessa relativamente alle funzioni in cui è previsto l’uso della memoria (Cavanaugh &
Poon, 1989).
Entrambi gli approcci considerano la MSE legata a più o meno specifiche situazioni in cui è
richiesto l’uso della memoria. Entrambi gli approcci, inoltre, sono d’accordo nel considerare
la MSE sia a livello di abilità specifiche e situazionali (cioè, concorrente MSE) sia su un
livello più generale e disposizionale (cioè, MSE globale).
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La letteratura che esamina la relazione tra autoefficacia di memoria e prestazioni relative ai
compiti di memoria, rivela correlazioni positive anche se modeste tra le due variabili
(McDonald-Miszczak, Gould & Tychynski, 1999; Seeman, McAvay, Merrill, Albert &
Rodin, 1996; Valentijn & Hill, 2006).
Per McDonald-Miszczak, Hertzog e Hultsch (1995) le differenze d’età tra giovani ed anziani,
in prove mnestiche, sono influenzate da una scarsa percezione di autoefficacia di memoria da
parte degli anziani.
Gli anziani che hanno concezioni fatalistiche e una visione pessimistica delle proprie capacità
mnestiche hanno di conseguenza una modesta o inadeguata attivazione delle strategie di
memoria, con ricadute sulle performance mnestiche (De Beni, 2009). Gli anziani,
convincendosi che non riusciranno in un dato compito di memoria, si pongono degli obiettivi
più bassi rispetto ai giovani, con conseguenze sul tipo di strategie e sul controllo
metacognitivo da attuare (Hertzog & Dixon, 1994). Lo studio di Hastings e West (2011)
esamina il ruolo dell’autoefficacia di memoria e dell’orientamento all’obiettivo (di
apprendimento e/o di performance) in due gruppi di studenti (giovani e anziani) in relazione
alle performance di memoria. Attraverso l’applicazione di un modello di equazione
strutturale, gli autori hanno mostrato che l’autoefficacia di memoria risulta essere il mediatore
tra le performance di memoria e l’orientamento all’obiettivo: i risultati mostrano un impatto
positivo dell’orientamento all’apprendimento sull’autoefficacia di memoria, mentre su
quest’ultima l’orientamento alle performance risulta avere un impatto negativo, determinando
l’entità delle prestazioni mnestiche.
Inoltre, lo stesso studio ha messo in luce che età e anni d’istruzione sono correlati
all’autoefficacia di memoria: la prima risulta correlare negativamente, cioè all’aumentare
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anziani studenti
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dell’età diminuisce la fiducia che i soggetti ripongono nella propria memoria, mentre la
seconda variabile è correlata positivamente, cioè maggiore è l’istruzione del soggetto più il
soggetto riporrà fiducia nella propria memoria. Wells e Esopenko (2008), per evincere il
rapporto tra autoefficacia di memoria e performance mnestica attraverso l’impegno e la
persistenza, hanno mostrato che esiste una correlazione inversa tra età e MSE: i più anziani
avevano punteggi più bassi di MSE, confermando i dati già presenti in letteratura (Hertzog &
Dixon, 1994; Jonker, Smits, & Deeg, 1997; Lineweaver & Hertzog, 1998). Negativa è la
relazione tra età e persistenza: i partecipanti più anziani sono stati meno persistenti nel
compito di richiamo libero.
Sembra, inoltre, che il declino età-correlato nella MSE non sia strettamente legato alle
capacità di memoria reali e alle modifiche connesse ad essa, bensì è stato ipotizzato che essa
riflette un’interiorizzazione di stereotipi negativi e credenze sulla maturazione cognitiva
(Hertzog & Dixon, 1994). In linea con la letteratura, le performance mnestiche sono mediate
non solo dal tipo e dall’uso delle strategie, ma è modulata anche dalle credenze e dagli
stereotipi legati all’età.
I decrementi nell’autoefficacia di memoria con l’età suggeriscono che gli anziani senza grandi
forme depressive e con alti livelli percepiti di salute credono maggiormente al fatto che la
propria memoria possa essere negativamente influenzata dal lento trascorrere dell’età. Lo
studio di Rebok e Balcerak (1989), partendo dall’ipotesi che un training di memoria si potesse
tradurre in una maggiore autoefficacia e una maggiore prestazione mnestica, ha mostrato che
il training, su entrambi i gruppi, non riesce ad aumentare la forza e il livello di autoefficacia, e
che le aspettative di autoefficacia e le attribuzioni sulla propria memoria influenzano i risultati
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ottenuti dal training mnestico. Inoltre, lo studio confermava una migliore performance dei
giovani rispetto agli adulti e agli anziani, nonché un migliore senso di autoefficacia.
Bieman-Copland e Ryan (1998) esplorano, attraverso uno studio condotto su 81 giovani adulti
e 84 anziani, in che modo la metamemoria e gli stereotipi legati all’età sulle prestazioni di
memoria influenzano la performance mnestica stessa. Dai risultati emerse l’attesa di un
minore controllo da parte degli anziani, rispetto ai giovani adulti, relativamente ai successi e
ai fallimenti mnestici e che le carenze della memoria erano percepite come mancanze più
preoccupanti rispetto alle identiche mancanze del gruppo dei giovani.
Conferma tale risultato anche lo studio di Hastings et al. (2009) secondo cui le convinzioni
negative, relative alla competenza mnestica, compromettono i risultati derivanti
dall’apprendimento.
Gli esiti di molte ricerche hanno indicato dunque con chiarezza che, al pari di una profezia
che si autoadempie, la sfiducia nelle proprie abilità mnestiche determina un impoverimento
delle performance di memoria (Cavanaugh & Poon, 1989; Hertzog, Dixon & Hultsch, 1990;
Luszcz, 1993).
Valentijn e Hill (2006) hanno analizzato il rapporto tra l’autoefficacia di memoria e studi di
follow-up in un campione costituito da soggetti di età compresa tra i 55 e gli 82 anni a 6 anni
di distanza, attraverso misure di memoria verbale e di metamemoria, riscontrando che a
punteggi elevati alla scala di autoefficacia di memoria (MSE) si associa una migliore
prestazione nell’apprendimento delle parole.
Hertzog, Dixon e Hultsch (1990) indagano il rapporto tra metamemoria, previsioni sulle
performance di memoria e performance di memoria su un campione di soggetti di età
compresa tra i 20 e i 79 anni. L’obiettivo degli autori era indagare la relazione tra la
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previsione delle prestazioni in compiti di richiamo libero di parole e testi e le performance
ottenute dal campione e con l’autoefficacia di memoria. I risultati dello studio mettevano in
rilievo una maggiore povertà sia delle prestazioni di memoria, sia della fiducia nella propria
memoria da parte degli anziani, rispetto al gruppo dei più giovani. Ciò sottolinea una
sottostima, da parte di questa popolazione, delle proprie performance, che forse, come una
profezia che si autoavvera induce a una performance più bassa.
Contrariamente alla letteratura citata, lo studio di Devolder, Brigham e Pressley (1990) non
rileva consistenti effetti dell’età sulla consapevolezza relativa alle performance di memoria: le
differenze nei gruppi d’età sottoposti a giudizio delle loro performance, prima e dopo lo
svolgimento della prova, si presentano solo nelle predizioni iniziali e solo per alcune abilità.
Lo studio di West, Thorn e Bagwall (2003) ha messo a confronto giovani (17-22 anni) e
anziani (60-80 anni) in due esperimenti in cui veniva chiesto loro di compilare questionari
sulle credenze di memoria e prove di richiamo. I risultati sottolineano come, sia gli anziani
che i giovani, mostrano un miglioramento delle prestazioni quando i soggetti venivano aiutati
a definire gli obiettivi per lo svolgimento della prova. I processi di autoregolazione,
relativamente alla definizione degli obiettivi, possono avere un impatto considerevole sulla
memoria e sulla fiducia che si ripone in essa in tutto l’arco di vita. West, Bagwell, e Dark-
Freudeman nel 2008, mettendo a confronto anziani inseriti in programmi volti ad
implementare l’autoefficacia di memoria e le performance mnestiche e un gruppo di controllo
di coetanei, hanno confermato che un training costruito sui principi teorici dell’autoefficacia
risulta essere un importante strumento per sviluppare e mantenere le abilità di memoria degli
anziani.
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Guardando gli studi appena descritti, la ricerca futura dovrebbe orientarsi verso una
chiarificazione del ruolo che le strategie di memoria e gli aspetti di metamemoria, con
particolare riferimento all’autoefficacia di memoria, hanno nell’influenzare le performance
mnestiche di adulti e anziani studenti, operando un confronto sia con gruppi di studenti
giovani, sia con gruppi di adulti e anziani non studenti. L’obiettivo è quello di osservare se
l’età e lo status di studente possano essere determinanti nel determinare il livello di fiducia
nella propria memoria, soprattutto alla luce dell’influenza esercitata dall’autoefficacia di
memoria sulle performance mnestiche.
3.2 La dimensione motivazionale negli studenti adulti e anziani
In generale il termine motivazione può essere inteso come “un processo di attivazione
dell’organismo finalizzato alla realizzazione di un determinato scopo in relazione alle
condizioni ambientali” (Anolli & Legrenzi, 2001).
Molte sono le prospettive teoriche che hanno cercato di interpretare i processi motivazionali.
Quell’area d’indagine che ha analizzato la percezione di autodeterminazione e competenza e
che è centrata sulla descrizione di come esse mediano gli effetti di eventi esterni e interni sulla
motivazione personale è stata chiamata Teoria della valutazione cognitiva (Deci & Ryan,
1985).
Secondo questi autori, la tendenza naturale ad essere coinvolti in attività interessanti per
cercare e ottenere situazioni di sfida ottimali, definita motivazione intrinseca, è parte
integrante di ogni situazione di apprendimento, specie quando si apprende per il piacere di
farlo e non per lodi. Questo comportamento è alimentato da rinforzi positivi che il soggetto
fornisce a se stesso mentre svolge un’attività.
Quattro i principi alla base di tale prospettiva teorica.
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Il primo principio si riferisce al bisogno intrinseco delle persone di essere autodeterminate e
suggerisce che gli eventi esterni possono intaccare la motivazione intrinseca, per poi
influenzare il locus di causalità percepito. Le situazioni che promuovono un locus di causalità
esterno (in cui i comportamenti sembrano controllati da fattori esterni), possono negare
l’autodeterminazione e minare la motivazione intrinseca, mentre gli eventi che promuovono
un locus di causalità interno (dove i comportamenti sono visti come determinati dalla libertà
di scelta), possono facilitare l’autodeterminazione e la motivazione intrinseca.
Il secondo principio si riferisce al bisogno delle persone di essere competenti, padroneggiando
le situazioni di sfida ottimale. Gli eventi esterni possono influenzare la motivazione intrinseca
di una persona fornendo informazioni riguardo la sua competenza in un compito o in
un’attività. Le situazioni interpersonali, che comunicano informazioni positive riguardo
all’abilità di una persona (lodi contingenti e appropriate per le performance di successo),
possono accrescere la loro percezione di competenza e la motivazione intrinseca. Al contrario,
eventi che “portano” informazioni negative riguardo alle abilità di una persona (ad esempio le
punizioni dovute agli errori compiuti), possono diminuire la percezione di competenza e la
motivazione intrinseca.
Il terzo principio afferma che gli aspetti informativi e controllanti, che coesistono nelle
situazioni esterne, possono avere un’importanza differente per gli individui. Quindi, lo stesso
evento può essere percepito come principalmente informativo o controllante. L’ultimo
principio base della teoria della valutazione cognitiva, afferma che gli eventi informativi
interni (ad es. l’auto-ricompensa, l’autoregolazione) incrementano la percezione di
competenza e, come risultato, mantengono o aumentano la motivazione intrinseca.
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Eccles et al. (1983) spiegano le spinte motivazionali attraverso il modello aspettative-valore.
L’interesse di Eccles per le variazioni del rendimento collegato a fattori motivazionali, venne
suscitato dalle variazioni del rendimento nei giovani che mostravano attitudini e talento simili
in un compito dato, specialmente in matematica. Tale modello considera la possibilità di
valori discreti e, soprattutto, illustra alcune importanti relazioni tra numerosi elementi
motivazionali e di prestazione, fra i quali un ruolo centrale è svolto dalle aspettative e dai
valori. Le aspettative possono essere definite come le attese nutrite circa la qualità delle
prestazioni, mentre per quanto riguarda i valori, per Eccles e colleghi, esse sono credenze
circa la desiderabilità di certi risultati o obiettivi. Le aspettative di rendimento sono
influenzate dalle aspettative di successo e dal valore soggettivo del compito. Queste sono
influenzate, a loro volta, dall’interpretazione, da parte dell’individuo, degli eventi passati e,
quindi, dalle attribuzioni formulate, dalle aspettative che altri nutrono nei suoi confronti e dei
suoi obiettivi, immediati e a lungo termine, incluse le percezioni di sé attuali e future.
Questo modello, dunque, intende la motivazione come il risultato di stime e valutazioni del
soggetto, derivanti dai processi di socializzazione mediati cognitivamente.
Pintrich e De Groot (1990), definiscono la componente “Valore” come gli obiettivi degli
studenti e le convinzioni circa l'importanza e l'interesse del compito. Questa componente ci
permette di rispondere a una domanda: “perché lo sto facendo?”, cioè “quale motivo mi
spinge a raggiungere un determinato obiettivo?”.
Studiare i processi motivazionali connessi all’apprendimento significa tener conto degli effetti
positivi che possono ripercuotersi sulle prestazioni (West & Thorn, 2001).
Vallerand e Bissonnette (1992) sostengono che lo stile motivazionale, intrinseco e/o
estrinseco, risulta essere predittore di persistenza comportamentale negli studenti di college.
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Qual è la motivazione che spinge gli adulti e gli anziani a partecipare a corsi per lo sviluppo
educativo e di competenze? La questione viene posta dalla continua richiesta di percorsi
educativi dedicati agli adulti e dal crescente utilizzo di termini come Lifelong Learning, che
sta sempre più guadagnando terreno nei paesi industrializzati.
Donaldson e Graham (1999), passando in rassegna la letteratura, hanno individuato che, tra le
6 componenti capaci di influenzare l’apprendimento e di stimolare la ricerca negli adulti e
anziani, la motivazione riveste un ruolo centrale, insieme alla fiducia in sé stessi e ai sistemi
di valori.
In questo paragrafo si passano in rassegna i principali studi che hanno avuto per oggetto
d’interesse l’analisi della dimensione motivazionale in studenti adulti e anziani. Alcuni di
questi studi operano un confronto tra studenti giovani e studenti definiti non-tradizionali
(adulti e/o anziani), altri analizzano solamente le motivazioni che hanno spinto i soggetti in
età avanzata ad iniziare e completare un item formativo.
Merriam e Caffarella (1999)3
hanno esaminato la partecipazione degli adulti a programmi
educativi sostenendo che nessuna teoria o modello è capace di spiegare o prevedere la
partecipazione.
Fisher (1983)4 ha sostenuto che la “partecipazione è legata alle esperienze della prima
istruzione, alla fiducia dei rapporti interpersonali, alla conoscenza di disponibilità di
programmi educativi e all’interesse per argomenti connessi con il futuro”. A confermare tale
tesi una ricerca (Daehlen & Ure., 2009) che mostra come la motivazione, nel contesto
dell’educazione formale agli adulti e anziani, è influenzato dall’età, dall’istruzione, dallo
status occupazionale, e che quando la formazione viene percepita come “imposizione” si
3 Lamb e Brady (2005). P. 208
4 Lamb e Brady (2005). P. 208
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manifesta con un più basso livello motivazionale. Conferma tale risultato anche lo studio di
Chang & Lin (2011) secondo cui l’età ed il livello d’istruzione sono decisivi nel determinare
la motivazione all’apprendimento in età adulta, mentre genere, stato civile e situazione
occupazionale risultano essere non influenti. Secondo questi autori la motivazione
all’apprendimento è determinato sia da fattori personali (età, genere, livello d’istruzione) che
da fattori comportamentali (come l’autovalutazione, l’attitudine verso l’educazione,
l’orientamento all’obiettivo ecc..).
Withnall (1989), riportando uno studio che aveva come campione studenti della libera
Università di 60 anni e oltre, ha messo in luce che l’interesse per l’Università o per corsi di
studi a domicilio celava l’interesse ad avere nuovi stimoli esperienziali, nuove idee e un
maggior senso di realizzazione.
Tobias (1991), dopo aver esaminato i motivi che spingevano studenti anziani a frequentare
corsi educativi in Nuova Zelanda, ha concluso sostenendo che, per i soggetti di età superiore
ai sessanta anni, la motivazione principale era avere un interesse “al di fuori della casa” e
saperne di più su un particolare argomento. Altri studi (Knowlton, 1977; Romaniuk &
Romaniuk, 1982) sostengono che ulteriori motivi, che potrebbero spiegare il perché della
frequenza di un corso formativo da parte di adulti e anziani, sono allargare la rete di
conoscenze, avere maggiori opportunità di socializzare e avere nuove opportunità lavorative.
Kim e Merriam (2004) cercano di analizzare i fattori motivazionali chiedendo a 189 studenti
adulti e anziani di rispondere a quesiti sul “perché” avevano scelto d’impegnarsi attivamente
nella formazione permanente. Il primo fattore è rappresentato dall’ “interesse cognitivo”, e a
seguire i contatti sociali. Luppi (2009), attraverso un’analisi dei dati effettuata su 325
questionari compilati dagli studenti anziani, indaga tre aree connesse alla motivazione. La
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anziani studenti
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prima che è relativa all’acquisizione di conoscenze e al desiderio di imparare; la seconda
relativa alla socializzazione e la terza connessa alla crescita personale. I risultati mostrano che
l’80-90% degli intervistati reputa importante imparare e acquisire conoscenze, e mantenere
una mente attiva. Segue, il 56%, che ritiene aver un interesse alla socializzazione, ma questa
motivazione è considerata da molti secondaria rispetto a quella indicata precedentemente.
Uno studio precedente di Wolfgang e Dowling (1981) aveva già avuto tale obiettivo. Gli
autori riportano i risultati emersi da un campione di studenti adulti e anziani per indagare le
differenze nella motivazione ad intraprendere un corso di studi. Mettendo a confronto gruppi
di studenti giovani e gruppi di studenti adulti e anziani tramite l’EPS (Education Participation
Scale, Boshier), vengono individuati 6 fattori motivazionali. Da tale studio emerse che gli
studenti anziani erano più motivati intrinsecamente rispetto ai giovani studenti, riportando alti
punteggi relativamente al fattore “interesse cognitivo”, e allo stesso tempo avevano punteggi
bassi laddove il gruppo degli studenti giovani ottenevano punteggi alti, e cioè le “relazioni
sociali” e le “pressioni dall’esterno”.
Riassumendo, emerge che adulti e anziani scelgono di frequentare un corso formativo in età
avanzata per motivi che sono strettamente legati a motivazioni intrinseche, come ad esempio
approfondire un argomento per interesse, o motivazioni legati alla sfera sociale.
Questo dovrebbe indurre chi si occupa di tali tematiche a strutturare la programmazione in
modo da “soddisfare” le esigenze e le richieste del target a cui è destinato il percorso
formativo.
Tuttavia, riportando studi in cui vengono messi a confronto studenti adulti e anziani ( studenti
non tradizionali) con studenti giovani (studenti tradizionali) emerge che sono diverse le
motivazioni alla base dell’apprendimento: gli studenti più anziani risultano essere più
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anziani studenti
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motivati da fattori interni (ad esempio, concetto di sé) (Cross & Florio, 1978; Delahaye &
Ehrich, 2008; Sachs, 2001; Silverstein, Choi, & Bulot, 2002), rispetto a giovani studenti che
mostrano di avere un’alta motivazione estrinseca.
In un lavoro di Justice et al. (2001) vengono indagate la metacognizione e la motivazione in
due gruppi distinti d’età: il primo gruppo costituito da studenti tradizionali (18-23 anni) ed il
secondo costituito da studenti non-tradizionali (24-64 anni). Entrambi completavano misure
di abilità allo studio, sulla motivazione e sulle abilità di memoria. Dai risultati emerse che, per
quanto concerne la motivazione essa risulta di tipo intrinseca solo negli studenti non-
tradizionali di genere femminile, mentre non risultano differenze significative tra il gruppo
tradizionale e il gruppo non-tradizionale di genere maschile. Inoltre, non emergevano
differenze per gruppi d’età nei livelli d’ansia, di autoefficacia accademica e autoregolazione.
Questo risultato, importante dal punto di vista dei risvolti educativi e dell’implementazione
dei programmi formativi destinati agli adulti e anziani, mostra i risultati legati ad una fascia di
adulti che arriva ai 64 anni, lasciando un vuoto per i soggetti più in là negli anni.
Inoltre, questo risultato contrasta con gli studi riportati in letteratura (Carpenter, 2005; Klein,
1990; Nunn, 1994; Wolfgang et al., 1981; Yarbrough & Schaffer, 1990) che confermano una
motivazione intrinseca maggiore nel gruppo degli studenti non tradizionali, maggiore
autoregolazione e un minor livello di ansia correlato alle performance accademiche. Justice et
al., (2001), spiegano questo risultato sostenendo che la motivazione indagata è relativa al
successo ottenuto in uno specifico corso e non in generale, come invece è riportato negli studi
riportati in letteratura. Il riportare l’esito di un solo corso specifico potrebbe aver influito sul
giudizio e sul senso di adeguatezza/inadeguatezza in quanto legato ad una sola materia e/o
argomento specifico.
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anziani studenti
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Dagli studi di Jacobsen (2000) emerge che gli studenti tradizionali hanno alti livelli di
orientamento all’obiettivo di tipo estrinseco, rispetto agli studenti non-tradizionali. Inoltre, la
motivazione intrinseca risulta maggiormente correlata all’affetto positivo negli studenti adulti
e anziani, rispetto agli studenti più giovani.
Disconferma questi risultati il lavoro di Pourchot (2000), secondo cui la motivazione
intrinseca segue un andamento curvilineo con l’età. Da questa ricerca si evince una crescita
della motivazione intrinseca fino a 45 anni, per poi decrescere con gli anni negli studenti
maturi. Lo studio conferma comunque, in linea con la letteratura, una minore motivazione
estrinseca degli studenti adulti rispetto ai più giovani.
Anche in un recente lavoro Bye, Pushkar e Conway (2007), hanno studiato le motivazioni, gli
interessi e le componenti affettive mettendo a confronto un gruppo di studenti tradizionali (tra
i 18 e i 21 anni) e un gruppo di studenti non tradizionali (tra i 28 e i 60 anni). Somministrando
3 strumenti che misuravano rispettivamente la motivazione intrinseca/estrinseca (MLSQ), gli
interessi (DES IV-A) e gli affetti positivi/negativi (PANAS), su un campione di 300 studenti
(tradizionali e non), emerse che gli studenti non tradizionali riportavano alti livelli di
motivazione intrinseca per l’apprendimento rispetto agli studenti tradizionali. Inoltre, la
motivazione intrinseca era maggiormente correlata con l’affetto positivo negli studenti non
tradizionali rispetto agli studenti tradizionali. Per tutto il campione, interessi ed età erano
predittori significativi della motivazione intrinseca all’apprendimento. Tuttavia, anche per
quest’ultimo studio l’età massima degli studenti non tradizionali non supera i 60 anni d’età e
questo impedisce di generalizzare tale andamento a fasce d’età oltre i 60 anni.
La letteratura suggerisce una relazione significativa tra il tipo di motivazione e la persistenza
degli studenti nel continuare il percorso intrapreso, la realizzazione, l'autonomia (Glastra et al,
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2004) e l'età, ma poco e in maniera superficiale si è approfondito il confronto con soggetti di
fasce d’età maggiori di 60 anni e nessuno studio ha messo a confronto i livelli motivazionali
degli studenti universitari anziani con soggetti della medesima età cronologica, ma non
frequentanti corsi universitari. Vista l’influenza della dimensione motivazionale sulle
performance di memoria, emerge dunque la necessità di comprendere meglio e più a fondo
come tale dimensione si presenta negli studenti adulti e anziani, rispetto a giovani universitari
e adulti e anziani non studenti.
3.3 L’autoefficacia nel percorso educativo e formativo dell’adulto e dell’anziano
Analizzare la formazione in età adulta e nell’invecchiamento significa tener conto di alcuni
elementi connessi con l’apprendimento che hanno un ruolo preponderante nel modulare
frequenza e raggiungibilità degli obiettivi prefissati.
La maggior parte della ricerca relativa alla stabilità e al cambiamento nel corso della vita si è
concentrata sui tratti. In aggiunta ad essi oggi, la ricerca si sta focalizzando su altre
dimensioni come l'autoefficacia, le credenze, i valori, ed il benessere in modo da estendere la
nostra comprensione sui cambiamenti dovuti all’età, e sulle singole potenzialità per far fronte
con successo all’invecchiamento.
Nello specifico, secondo la teoria social-cognitiva (Bandura, 1986) l’autoefficacia è uno dei
pilastri portanti lungo il percorso di apprendimento di un individuo, giovane o adulto.
L’autoefficacia è una valutazione cognitiva delle proprie capacità di eseguire una performance
prospettica basata sulle prestazioni passate. Essa influenza la scelta dei compiti, il livello di
prestazione, la quantità di sforzo profuso e la perseveranza (Bandura, 1997).
La teoria socio-cognitiva (Bandura, 1989) considera la self-efficacy come una variabile
specifica per un determinato ambito o in altri casi come una variabile specifica per un
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anziani studenti
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determinato compito, volta a predire un comportamento circoscritto. Tale teoria attribuisce
alla mente umana le proprietà fondamentali di un sistema “agentico” caratterizzato da
straordinari gradi di iniziativa e capacità di trasformazione del mondo.
Le variabili motivazionali sono influenzate, infatti, dal senso di autoefficacia che si ha
nell’intraprendere un compito, dalle convinzioni sulle proprie capacità, sulla causalità e sul
controllo (D’Alessio, Laghi & Pallini, 2005).
Le persone s’impegnano in compiti e ambiti rispetto ai quali si ritengono capaci ed evitano
quelli in cui stimano un’elevata probabilità di fallimento. Una volta che si è deciso di
intraprendere un’attività, le convinzioni di autoefficacia dettano obiettivi e standard da
raggiungere.
L’autoefficacia percepita è altamente specifica e calata nel contesto di riferimento, cioè in
relazione alla tipologia del compito e del suo ambito.
Ecco perché l'autoefficacia correla con gli indici di autoregolamentazione, in particolare con
l'uso di strategie di apprendimento efficaci. L’autoefficacia, l’autoregolazione, la capacità di
utilizzare strategie cognitive sono positivamente intercorrelati e sono predittori nel
raggiungimento di un obiettivo (Pintrich & De Groot, 1990).
L’autoefficacia è contesto-specifica e multi sfaccettata. In linea con quest’ultima
teorizzazione, presenteremo quali tipi di autoefficacia si rivelano fondamentali e influenti sul
processo di apprendimento a tutte le età e nello specifico in età avanzata.
Autoefficacia accademica
L’autoefficacia in ambito accademico si riferisce alla propria fiducia nello svolgere con
successo sforzi accademici. La ricerca sull’autoefficacia in ambienti accademici si è
concentrata sullo studio delle performance precedenti, sulla modellazione, sull’impostazione
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di obiettivo e sui feedback attribuzionali. Ognuna di queste aree è stata rigorosamente
indagata all’interno dell’ambiente di apprendimento tradizionale (Hodges, 2008).
È ormai confermata la stretta relazione tra convinzioni di autoefficacia accademica e il
rendimento scolastico.
Gli studenti con elevato senso di auto-efficacia nel risolvere con successo i problemi hanno un
migliore monitoraggio delle prestazioni e persistono più a lungo di quanto non facciano gli
studenti con una bassa autoefficacia (Bouffard-Bouchard, Parent & Parivee, 1991). Risultati
di diverse linee di ricerca hanno documentato il ruolo influente delle credenze di autoefficacia
in vari campi di funzionamento come il lavoro di apprendimento, sport, salute, regolazione
sociale, e benessere (Bandura, 1997).
Wood e Locke (1987) riportano che l’autoefficacia contribuisce a incrementare
significativamente le performance accademiche degli studenti universitari di circa l’8%.
Secondo Pajares (1996) l’autoefficacia comprende almeno tre diversi aspetti e cioè la
valutazione del proprio livello di abilità, le aspettative di riuscita e l’importanza assegnata al
compito e alla situazione. La valutazione del proprio livello di abilità si riferisce alla
percezione delle competenze personali possedute per affrontare lo specifico compito e si
collega a una valutazione delle difficoltà poste dalla situazione. Le aspettative di riuscita
riguardano la stima della possibilità di ottenere un successo. Esse si collegano sia al livello di
difficoltà del compito, così come percepito in relazione anche alle abilità possedute, sia ai
parametri attraverso cui il singolo stabilisce se e in che misura un certo risultato costituisce un
successo. Infine l’importanza assegnata al compito consiste nel valore assegnato alla
situazione, la quale può contribuire in maniera più o meno efficace a soddisfare gli obiettivi
del soggetto. In una situazione ottimale queste tre componenti (valutazione di abilità,
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aspettative e importanza) sono tutte positive e sinergiche mentre, in altri casi, o sono negative,
per cui la percezione di autoefficacia è complessivamente bassa, oppure sono discrepanti e, in
quanto tali, conflittuali.
Fondamentale, trattando l’autoefficacia in ambito accademico, è il concetto di Human agency:
sono gli individui stessi che contribuiscono intenzionalmente alla determinazione della
propria motivazione ed azione (Bandura, 1995). Sentire di avere la capacità di affrontare una
specifica situazione e credere che le proprie azioni produrranno gli effetti desiderati, porta ad
anticipare scenari di riuscita, a impegnarsi e, di conseguenza, a ottenere buoni risultati.
Secondo questa teoria la gente riesce in determinati compiti perché crede di saperlo fare e
s’impegna per riuscire, al contrario di chi, non credendo di poter riuscire in un compito, si
sente incapace. La percezione delle proprie capacità è dunque un “mezzo potente” che
influenza le nostre scelte, all’interno di un triangolo costituito da Persona, Situazione,
Condotta (Bandura, 1986). Le persone, dunque, sono sistemi di autoregolazione il cui
sviluppo avviene per le transizioni all’interno di una rete socio-strutturale e di influenze
psicosociali. Le stime di autoefficacia percepita riflettono il livello di difficoltà che gli
individui ritengono di poter superare (D’Alessio, Laghi & Pallini, 2005). L’autoefficacia va
distinta dall’autostima, intesa come giudizio circa il proprio valore e dalle convinzioni relative
al concetto di sé. Quest’ultimo è di natura comparativa e comprende cognizioni e relativi stati
d’animo, a differenza dell’autoefficacia che è compito-specifica, si basa meno sugli stati
d’animo personali relativi al compito e si definisce in rapporto ad un criterio (Bong &
Skaalvik, 2003).
Quattro sono le fonti che influenzano la percezione sulle nostre capacità (Bandura, 1997).
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1) Le esperienze di padronanza sono intese come le esperienze passate e gli esiti connessi
vissuti dal soggetto. Esse consistono nell’impegno in compiti e attività che si
risolvono in esperienze di successo, aumentando la fiducia in sè. Oltre che la più
influente, l’esperienza di padronanza è la fonte di autoefficacia più resistente.
2) Le esperienze vicarie sono intese come l’insieme delle esperienze acquisite
osservando un modello. Risultano più deboli rispetto alle esperienze di padronanza nel
determinare e influenzare l’esperienza ma per gli studenti incerti o alla prima
esperienza essa risultano capaci di sensibilizzare maggiormente questi individui.
3) Le persuasioni sociali comportano l’esposizione a giudizi verbali e non verbali da
parte degli altri. Il potere della persuasione è maggiore nella sua valenza negativa
piuttosto che nella sua valenza positiva. La persuasione risulta essere uno strumento
valido se utilizzato in modo adeguato e realistico, evitando ulteriori fallimenti e
delusioni ottenuti tramite un’eccessiva persuasione e convincimento su soggetti le cui
capacità non sono adeguate al raggiungimento di obiettivi troppo alti.
4) Gli stati fisici ed emozionali capaci di influenzare un risultato o il raggiungimento di
un obiettivo risultano essere l’ansia, lo stress e l’eccitazione. Essi influiscono sulla
prestazione e nello specifico sulla “qualità” di quest’ultimo.
Dall’analisi di 10 racconti di soggetti d’età compresa tra i 24 e 64 anni, che avevano
intrapreso carriere scientifiche o tecnologiche è emerso che l’esperienza di padronanza è la
fonte più influente nella costruzione delle convinzioni di autoefficacia (Zeldin, Britner &
Pajares, 2008). Per le donne, le convinzioni sociali e le esperienze vicarie sono state le fonti
primarie di auto-convinzione di efficacia. Insieme, questi risultati suggeriscono che la
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variabile genere è significativamente influente nella costruzione e nell’uso delle convinzioni
di autoefficacia.
Quattro sono i processi psicologici che sono influenzati dall’autoefficacia.
1. Processi cognitivi: più forte è la percezione di auto-efficacia, più alte sono le sfide che
il soggetto si pone e più solido è l’impegno. Una delle principali funzioni del pensiero
è quella di consentire alle persone di prevedere gli eventi e di sviluppare metodi per
controllare la loro vita. Tale abilità richiede un'efficace elaborazione cognitiva delle
informazioni che porta con sé molte ambiguità ed incertezze. Quando le persone si
trovano ad affrontare compiti da gestire in circostanze ambientali difficili, coloro che
hanno basse convinzioni sulla loro efficacia mettono in atto un pensiero analitico
irregolare, abbassano le loro aspirazioni e la qualità delle loro prestazioni si deteriora.
2. Processi motivazionali: le convinzioni di autoefficacia hanno un ruolo chiave
nell’autoregolazione della motivazione. La maggior parte delle motivazioni umane
sono cognitivamente generate. La gente si motiva e guida le proprie azioni attraverso
le esperienze precedenti, formando convinzioni su che cosa possono fare, anticipando
i probabili risultati delle azioni potenziali e fissando gli obiettivi per sé.
3. Processi affettivi: avere un alto senso di autoefficacia determina una buona
competenza nella gestione dei processi affettivi e delle emozioni legate alle
esperienze che il soggetto si trova a vivere. La percezione di autoefficacia esercita un
controllo sui fattori di stress che giocano un ruolo determinante nell’attivazione
dell’arousal ansioso, nella gestione della propria salute e nella promozione di attività
volte a ridurre e prevenire l’insorgenza di malattie.
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4. Processi selettivi: le convinzioni di autoefficacia influenzano il percorso di vita del
soggetto attraverso i processi di scelta. Più alto è il livello di percezione di auto-
efficacia più ampia è la gamma di opzioni di carriera che il soggetto prenderà in seria
considerazione, tanto maggiore sarà l’interesse verso l’argomento, così come
maggiore sarà il suo successo.
Uno studio condotto su studenti tradizionali (Britner & Pajares, 2006) mostra che l’esperienza
di padronanza e a seguire l’esperienza vicaria sono le fonti più influenti: ciò porta a riflettere
sul ruolo degli insegnanti e della scuola nel fornire “esperienze” significativamente importanti
durante il percorso di apprendimento ed essere allo stesso tempo “modelli” da osservare.
Uno studio di Ponton, Derrick e Carr (2005) condotto su adolescenti, adulti e anziani di età
compresa tra i 17 e gli 88 anni, aveva come obiettivo quello di individuare le risorse e la
capacità di persistenza nel percorso di apprendimento. I risultati hanno mostrato che quando
gli adulti scelgono di impegnarsi in attività di apprendimento, la riuscita è mediata dalla
capacità del soggetto di risolvere i problemi che ostacolano il percorso e che possono
interferire con i livelli desiderati di attività. Quindi, non basta solo attribuire valore
all’obiettivo per poterlo raggiungere, ma occorre sapersi districare nelle situazioni
problematiche che si presentano. Ecco perché, nell’ambito della formazione dell’adulto,
l’educatore dovrebbe mettere il soggetto nelle condizioni di poter riflettere e aumentare la sua
consapevolezza, relativa alla scelta delle attività e delle implicazioni legate ad esse
(investimento, tempo, valutazione esito), unito al rafforzamento della definizione di sé come
studente.
Ma qual è il rapporto tra autoefficacia accademica e prestazioni cognitive negli adulti e
anziani?
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A tal proposito sembra interessante riportare lo studio di Seeman e colleghi (1996), il cui
scopo era indagare e verificare se una più forte convinzione di autoefficacia fosse predittiva di
una migliore performance cognitiva in soggetti di età compresa tra i 70 e i 79 anni. Lo studio
distingueva tra credenze di autoefficacia strumentale, associata alle scale di memoria, e le
credenze di autoefficacia interpersonale, che riflettono l’efficacia nel trattare le relazioni
sociali.
I risultati di questo studio confermano tale ipotesi, rivelando che forti credenze di
autoefficacia strumentale correlano con migliori prestazioni della memoria verbale ai follow-
up per gli uomini, a differenza della donne che invece non fanno registrare tali correlazioni
significative. Sia per gli uomini che per le donne non ci sono associazioni significative tra i
due tipi di autoefficacia (strumentale e interpersonale) e le misure di memoria non verbale,
astrazione, o abilità spaziale.
Le esperienze soggettive, che accompagnano le performance intellettuali nell’invecchiamento,
sono determinanti all’interno dei processi di maturazione. Aspettative e credenze, infatti,
influiscono sulla scelta del compito, motivazione, impegno, ansia e performance mnestiche
(Lachman & Jelalian, 1984).
Carpenter (2005) conferma la stretta correlazione tra età e autoefficacia in ambito
accademico. In uno studio in cui metteva a confronto gruppi di studenti giovani (< 24 anni), di
media età (24-40 anni) e adulti di oltre 40 anni, ha trovato un maggiore livello di autoefficacia
nei giovani e nei soggetti di mezza età, rispetto agli adulti più grandi.
Studi sull’educazione e la formazione negli adulti e anziani hanno confermato lo stretto
rapporto tra apprendimento (inteso come performance), raggiungimento degli obiettivi e
autoefficacia.
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Carmona, Buunk1, Dijkstra e Peiró (2008) esaminano la relazione tra l’orientamento
all’obiettivo (che poteva essere di promozione o di prevenzione), risposte di confronto
sociale, autoefficacia e il collegamento tra quest’ultima e una prestazione migliore in un
campione di studenti universitari di età compresa tra i 19 e i 30 anni. I risultati mostrano che
le persone orientate alla promozione, quindi focalizzati sul raggiungimento di un successo,
avevano elevati punteggi di autoefficacia, mentre le persone orientate alla prevenzione, che si
concentravano sull’evitamento del fallimento, facevano registrare punteggi più bassi. Dai
risultati emerse una correlazione diretta tra autoefficacia e performance accademica.
Sono state rilevate inoltre correlazioni tra l’autoefficacia, processi di identificazione e di
confronto sociale: ciò conferma la teoria di Bandura (1977) secondo cui le esperienze di
padronanza e le esperienze vicarie incidono sull’autoefficacia, la quale va a determinare
l’entità della performance.
Autoefficacia emotiva
Oltre all’autoefficacia accademica, ad avere un ruolo determinante sui processi di
apprendimento è l’autoefficacia emotiva, intesa come la percezione di sentirsi capaci nella
gestione delle emozioni positive e negative. Le emozioni, in ambito accademico tradizionale,
sono significativamente legate alla motivazione, alle strategie di apprendimento, alle risorse
cognitive disponibili, all’autoregolazione e al successo scolastico (Pekrun et al., 2002). Hanno
un ruolo nell’attivazione dei processi di problem solving o di nuove modalità di pensiero
(Bless et al. 1996; Levine & Burgess, 1997).
La percezione delle emozioni negative e positive influenzano anche componenti cognitive e
affettive di benessere soggettivo. Caprara e Steca (2005) hanno condotto uno studio su un
campione di 683 soggetti di età compresa tra i 20 e 90 anni. Secondo tale modello più le
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persone si percepiscono capaci d’incidere affettivamente sugli altri, più si sentono capaci di
gestire il loro successo nelle relazioni sociali e interpersonali, e tanto più efficacemente si
sperimentano in diverse contingenze di vita. Attraverso scale di autoefficacia affettiva e
sociale, scale di soddisfazione di vita, stima di sé, ottimismo e felicità/equilibrio edonistico,
questo studio ha confermato l’influenza della componente di autoefficacia empatica percepita
sul benessere soggettivo dell’adulto.
Tuttavia va sottolineato che, al crescere dell’età, uomini e donne si sentono meno capaci di
gestire ed esprimere le emozioni positive, d’instaurare e mantenere rapporti con gli altri e di
rispondere empaticamente alle loro necessità. Inoltre, mentre gli uomini si percepiscono meno
capaci di regolare adeguatamente le emozioni negative, come rabbia, frustrazione e
scoraggiamento, le donne fortificano tali capacità nel tempo, mostrandosi più capaci rispetto
ai coetanei di genere maschile.
Vista la conferma, da parte della letteratura, dell’influenza dell’autoefficacia emotiva sulle
performance mnestiche occorre, dunque, studiare il ruolo dell’autoefficacia emotiva in età
avanzata ed osservare l’influenza che questa variabile ha sul benessere cognitivo e soggettivo
dell’adulto e dell’anziano, stabilendo se età e l’essere studente in età avanzata possano
risultare variabili determinanti nell’influenza dei livelli di autoefficacia emotiva.
3.4 L’influenza di altre variabili nell’apprendimento degli adulti e anziani
Quando si pianifica l’opportunità di apprendimento permanente per gli anziani, è importante
considerare le variabili che possono influenzare la partecipazione, tra cui l’età, il genere,
l’istruzione di base, la salute e la soddisfazione di vita (Ostiguy, Hopp & MacNeil, 1998).
L’età risulta essere un predittore della maturità cognitiva e degli stili di apprendimento degli
studenti (Gadzella, Stephens, & Baloglu, 2002; Justice & Dorman, 2001). Sembra ancora
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poco chiaro in che modo l’età influenza il processo di apprendimento: alcune ricerche
riportano un decremento complessivo della partecipazione alle attività delle persone in
relazione all’età (Heisel, Darkenwald & Anderson, 1981; Thorton & Collins, 1986), altre
sostengono che gli anziani partecipano in maniera minore alla attività formative (Singleton,
1984), altre ancora riportano un aumento delle attività nei soggetti al momento del
pensionamento (Swindell, 1990). Tuttavia, la maggior parte degli studi dimostra che la
partecipazione ai programmi di formazione diminuisce dopo i settantacinque anni d’età.
Anche il genere sembra influenzare la scelta e l’iter formativo di soggetti anziani. In termini
di frequenza di partecipazione, c’è una tendenza delle donne a frequentare maggiormente tali
corsi rispetto agli uomini (Ostiguy et al., 1998). Le differenze di genere influenzano le
variabili cognitive e motivazionali connesse al successo accademico. Ad eccezione di Nunn
(1994), gli studi precedenti non hanno studiato il possibile effetto “genere”: questo studio ha
dimostrato l’effetto dell’età e del genere sul locus of control, sull’ansia e sull’orientamento al
successo. Gli studenti anziani, di genere femminile, hanno un maggiore “locus of control”
esterno e sono più orientati al raggiungimento dell’obiettivo rispetto ai giovani studenti di
genere maschile. Le giovani studentesse sono più ansiose nei contesti di apprendimento
rispetto ai maschi loro coetanei e in età avanzata.
Romaniuk (1984) ha rilevato che il livello di scolarità è uno dei più forti predittori di interesse
e partecipazione alla formazione di programmi educativi: la formazione precedente di base è
in grado di facilitare o inibire l'apprendimento. Inoltre, Foner e Schwab (1981) riportano che
lo status professionale di un individuo è considerato una variabile importante nel predire la
soddisfazione di vita e la diversità degli interessi. Persone che hanno svolto determinate
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professioni, come ad esempio insegnanti, avvocati e medici, hanno un orientamento verso la
formazione continua.
A queste variabili si aggiunge la percezione dello stato di salute: sembra, da ricerche condotte
in tale direzione (Wagner, 1991), che lo stato percepito di salute è un predittore dell’eventuale
interesse intellettuale e culturale della persona anziana.
Oltre a queste variabili, uno studio condotto da due ricercatori della Lakehead University ha
analizzato anche il ruolo dei sistemi di supporto, delle funzioni psicologiche e della
performance accademica di studenti adulti attraverso il confronto con studenti più giovani
(Carney-Crompton & Tan, 2002). Il gruppo dei più giovani era costituito da donne tra i 18 e i
22 anni, il secondo gruppo era costituito da donne di età compresa tra i 35 e i 44 anni. Il primo
gruppo, definito “tradizionale”, mostrava funzioni psicologiche povere quando si associava
un’insoddisfazione legata alla rete di supporto emozionale. Al contrario, il secondo gruppo,
definito “non-tradizionale”, mostrava una relazione di indipendenza tra funzioni psicologiche,
quantità e soddisfazione del supporto emozionale e strumentale. A dispetto di minori risorse
di supporto, il gruppo degli studenti non-tradizionali riportava migliori performance
accademiche rispetto al gruppo degli studenti tradizionali. Questo risultato segnala come,
l’adulto in formazione, intraprenda un percorso formativo in modo indipendente da fattori
esterni, attribuibile forse ad un’alta motivazione intrinseca. Lo studio di Lundberg, McIntire, e
Creasman (2008) analizza le differenze in termini di supporto sociale ricevuto tra studenti
adulti (25-65 anni) che stanno per intraprendere un percorso formativo e studenti che stanno
per completare tale percorso. I risultati mettono in luce che, per lo studente adulto, è
fondamentale percepire il supporto familiare all’inizio del percorso formativo.
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Chartrand (1990) ha messo a punto un’analisi causale dell’adattamento personale e
accademico di un gruppo di studenti non-tradizionali.
Su un campione di 179 studenti (140 donne e 39 uomini) veniva misurata la valutazione del
ruolo di studente, l’impegno nel ruolo di studente e la congruenza con il ruolo di sé come
studente. I risultati mostrano che la valutazione di sé e l’impegno nel ruolo di studente hanno
effetti diretti sulla congruenza del ruolo di studente che, a sua volta, ha effetti diretti sulla
performance accademica e sulle variabili personali di “distress”. Questo dimostra che occorre
focalizzare l’attenzione sulle variabili su indicate per influenzare in modo significativo e
soprattutto positivo il processo di apprendimento di un adulto in-formazione.
Lo stesso autore (Chartrand, 1992) sulla base di un modello empirico sviluppato da Bean e
Metzner (1985) analizza i fattori e le conseguenze psicologiche dell’adattamento in un gruppo
di studenti non-tradizionali di età compresa tra i 24 e i 73 anni. I due autori mettono a punto
un modello analizzando 6 gruppi principali di variabili definiti “predittori” e correlati al
dropout degli studenti adulti e anziani. Alcune erano riferite al background (età, residenza,
etnia, genere), altre correlate allo studio universitario come abitudini, assenteismo,
disponibilità di corso. Venivano prese in considerazione anche le variabili ambientali come le
finanze, le ore di lavoro, le responsabilità familiari, l’incoraggiamento, che risultavano essere
“antecedenti” alla permanenza a scuola. Gli altri 3 gruppi di variabili erano “consequenziali”
ai precedenti: risultato accademico, risultato psicologico, intenzione di lasciare. Dalla
costruzione di questo modello applicato ad un campione di 347 studenti adulti è emerso che
l’utilità percepita, la soddisfazione del ruolo di studente, l’impegno e lo stress sono
“predittori” importanti di abbandono scolastico. Questi risultati mostrano, dunque, che per
mantenere la continuità del percorso formativo in età avanzata le variabili determinanti sono
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quelle relative all’ambiente e quelle accademiche: quest’ultimi due set di variabili
garantiscono l’impegno scolastico e l’assenza di disagio psicologico.
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CAPITOLO 4.
L’invecchiamento e la memoria
La psicologia dell’arco di vita sostiene che la “mente” è un sistema multidimensionale
composto di numerose abilità intellettuali che assumono traiettorie ad andamenti diversi nel
corso della nostra esistenza (Schaie, 2005).
La famiglia delle prospettive teoriche associate alla psicologia dell’arco di vita sottolinea la
multidirezionalità nel cambiamento ontogenetico che spinge a tener conto dell’età collegata e
scollegata dai fattori di sviluppo, a concentrare l’attenzione sull’interazione dinamica e
continua tra la crescita (guadagno) e il declino (perdita), l’accento sul radicamento storico e
strutturale di altri fattori contestuali e lo studio della gamma di plasticità nello sviluppo
(Baltes, 1997).
Come afferma Baltes (1987), dall’infanzia all’età adulta si verifica un’interazione continua tra
acquisizione e perdite. Il grado di completezza (Baltes, 1997) può essere definito come il
rapporto tra gli utili e le perdite. La teoria si propone di individuare un modello di equilibrio
tra la spinta verso l'impegno e l'uso attivo del proprio tempo libero e il relax associato al
pensionamento. Secondo questa teoria, la persona anziana non ha le stesse risorse mentali
dell'adulto, ma è arricchito dalla conoscenza e dall'esperienza che compensa le perdite. Baltes
(1997) ha sviluppato una strategia per aiutare l'anziano a prendere il controllo nel processo di
invecchiamento: il modello SOC, con il quale d’intende la selezione, ottimizzazione e
compensazione messa in atto all’anziano. La selezione è la possibilità di concentrarsi sui
settori di conoscenza, competenza e sulle attività che si vorrebbe mantenere il più a lungo
possibile, in quanto compatibili con il biologico invecchiamento; l’ottimizzazione implica
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l'uso delle proprie capacità e competenze attraverso l'applicazione di residue capacità di
apprendimento ed infine, la compensazione permette all'individuo di recuperare le capacità
perse attraverso le riserve di risorse o con l'aiuto di elementi esterni (Laicardi e Pezzuti 2005).
Oltre a Baltes, un altro autore che fornisce un utile contributo all’argomento è Erikson (1986).
Egli definisce questa fase della vita caratterizzata da tensioni opposte: disperazione vs
integrazione. Erikson considera la saggezza come la forza massima che può positivamente
risolvere la tensione tra disperazione e accettazione e definisce la saggezza come un processo
di estraniamento. Estraniamento che prepara l'individuo per la separazione dalla vita, dal
coinvolgimento. Secondo Erikson, il raggiungimento dell’equilibrio tra la disperazione e
l'integrazione comporta un processo di revisione della propria vita passata, conduce alla
risoluzione positiva o, almeno, ad una forma di serena accettazione che non sia macchiata da
sentimenti di rancore, pentimento e rimpianto.
La ricerca sulla memoria e sull’invecchiamento si focalizza sui processi attraverso cui gli
individui possono ricordare gli eventi vissuti in precedenza e le informazioni ad essi connessi,
il cambiamento dei processi legati all’avanzare dell’età e le condizioni predittive di tale
declino.
I punti ormai confermati dalla letteratura sull’argomento sostengono che:
- La memoria è uno strumento funzionale di sviluppo durante tutta la vita;
- Gli errori e la perdita di memoria sono frequentemente reclamati dagli anziani;
- La perdita è uno dei più temuti segni dell’invecchiamento;
- I cambiamenti di memoria possono essere indicatori precoci di deterioramento
cognitivo o essere associate a malattie degenerative.
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Le ricerche recenti, nell’ambito dell’invecchiamento cognitivo hanno mostrato un
peggioramento delle prestazioni nelle prove che misurano l’intelligenza fluida: ragionamento,
risoluzione problemi e test della memoria associativa risentono infatti del trascorrere del
tempo. Al contrario, le misure legate all’esperienza e ai processi culturali, legate dunque
all’intelligenza cristallizzata, come ad esempio prove di vocabolario si mantengono stabili
anche in età molto avanzata (Dentici, Amoretti & Cavallini, 2004). Le differenze tra giovani e
anziani sarebbero dunque più marcate nell’ambito dell’intelligenza fluida, a favore dei
giovani.
Definire la memoria significa tener conto di una vastissima mole di ricerche frutto di 100 anni
di studi di laboratorio e di clinica. Una definizione possibile che permette di accomunare tutti
gli studi che hanno avuto per oggetto di studio la memoria è che quest’ultima non è un’entità
monolitica (Laicardi e Pezzuti, 2005). Potrebbe essere definita come un processo cognitivo
interno che opera nella vita sociale di tutti i giorni (Bieman-Copland & Ryan, 1998). I primi
autori a proporre uno schema di descrizione dei processi mnemonici furono Atkinson e
Schiffrin (1968) proponendo un modello composto da 3 magazzini: la memoria sensoriale, la
memoria a breve termine e la memoria a lungo termine.
Schacter e Tulving (1994) proposero, successivamente, un modello composto da 5 grandi
sistemi: la memoria procedurale, il sistema di rappresentazione percettiva, la memoria
primaria, la memoria episodica e la memoria semantica.
Quali sono nello specifico i cambiamenti associati all’età per ciascun magazzino mnestico?
La memoria a breve termine può essere definita come un magazzino temporaneo che
mantiene quantità esigue di informazione, di natura verbale e/o spaziale per un determinato
intervallo di tempo. Berman, Jonides e Lewis (2009) conducendo uno studio sulla memoria a
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breve termine (MBT), allo scopo di indagare l’effetto decadimento con l’età, sottolinearono
che la MBT è associata a un lieve effetto di decadimento legato al trascorrere del tempo, e che
le interferenze giocano un ruolo importante nel determinare l’entità di tale decadimento. Una
meta-analisi di Bopp e Verhaeghen (2005) ha mostrato che le differenze d’età sono minime in
prove verbali che richiedono il semplice mantenimento delle informazioni e diventano molto
più evidenti quando la prova implica processi di elaborazione più complessi.
La MBT sembra, però, risentire in maniera minore dell’effetto “età”, rispetto alla memoria di
lavoro (WM) il cui ruolo è mantenere ed elaborare in maniera simultanea le informazioni.
Questa differenza di performance sarebbe da addurre ad un’ampia varietà di compiti cognitivi
che spettano alla WM rispetto alla MBT.
Da vari studi è emerso che già a partire dai 25 anni di età la memoria di lavoro presenta un
calo nelle performance (Borella, Carretti & De Beni, 2008). Un risultato così importante è
fondamentale nell’ambito degli studi sull’invecchiamento: infatti sapremo che un soggetto
anziano sarà capace di ricordare accuratamente un numero telefonico e trascriverlo, mentre
sarà più difficile ricordare una sequenza di numeri e sottoporla ad elaborazione, compiendo
contemporanemante più compiti. Sulle cause non si è arrivati a formulare un’unamine ipotesi:
è chiaro però che gli anziani sono in difficoltà quando devono manipolare, integrare e
trattenere un’informazione.
Ad interessarsi della memoria di lavoro, operando un confronto tra giovani e anziani, uno
studio di Li et al. (2008) con l’obiettivo di indagare i sottostanti meccanismi neuronali che
regolavano l’uso, il trasferimento e il mantenimento dell’informazione in memoria e il lavoro
di Buschkuehl et al. (2008) che misuravano le abilità di memoria prima, subito dopo e a
distanza di un anno su un campione di anziani al fine di stimare l’impatto di un training di
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memoria. Gli autori hanno riscontrato un aumento generale delle prestazioni in memoria del
gruppo sperimentale rispetto al gruppo di controllo subito dopo il completamento della
formazione. Tale aumento è stato particolarmente accentuato nelle prestazioni di memoria
visiva di lavoro e, ad un grado minore, nella memoria visiva episodica.
Un altro studio che mette a confronto giovani e adulti sulle abilità di memory search è quello
di Lange e Verhaeghen (2009). Le differenze di età in memoria di scansione dei compiti non
sono da attribuire al processo di scansione in sé, bensì ai processi di attenzione, alla velocità
senso-motoria e ai processi decisionali.
Nel processo di invecchiamento è colpita in particolare modo la memoria episodica, intesa
come ricordo di cose o eventi associati a determinati luoghi o momenti vissuti. La letteratura
sostiene che è il sistema di memoria che per ultimo si sviluppa ed è il primo che declina.
Singer, Lindenberger, e Baltes (2003) hanno istruito e addestrato 96 soggetti di età compresa
tra i 75 e i 101 anni, partecipanti dello studio longitudinale Berlin Aging Study, per esaminare
la plasticità delle prestazioni di memoria episodica in età molto avanzata. L’aumento delle
prestazioni dopo l'istruzione mnemonica è stato modesto e i risultati suggeriscono che i fattori
biologici sono una fonte importante delle differenze individuali nella plasticità cognitiva. Uno
studio di Hill et al. (1995) analizza l’influenza della variabile demografica e dello stile di vita
sulle abilità di richiamo episodico in compiti di supporto cognitivo. L’età è correlata
negativamente alla prestazione, mentre l’istruzione e la partecipazione ad attività sociali
risultano influire positivamente. L’istruzione è la variabile che influisce maggiormente.
I contenuti che appartengono alla memoria semantica, invece, rimangono stabili e non sono
influenzati dell’età.
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C’è un altro tipo di memoria, definita memoria prospettica, che permette di programmare le
azioni future e rievocarle nel momento in cui devono essere compiute. Quest’ultima risente
notevolmente dell’effetto età.
Guardando nel totale in relazione all’età, possiamo sostenere che a risentire maggiormente del
trascorrere del tempo e del consequenziale invecchiamento sono la memoria di lavoro, la
memoria episodica e prospettica, mentre a non risentirne sembra essere la memoria di eventi
vissuti, quindi autobiografica, la memoria semantica, la memoria primaria e la memoria
procedurale.
La letteratura recente (Dixon, Rust, Felmate & Kwong See, 2007) sottolinea che i
cambiamenti strutturali e funzionali di memoria sono collegati alle performance negli adulti e
mette in rilievo l’importanza del ruolo di alcuni fattori sulla memoria nell’invecchiamento.
Gli studi mostrano che la “vitalità biologica” degli anziani è predittiva, di circa 12 anni, dei
cambiamenti di memoria e di altre funzioni cognitive (MacDonald, Dixon, Cohen & Hazlitt,
2004); altre ricerche hanno mostrato che gli ormoni (Herlitz & Jonker, 2004), i fattori genetici
e i ritmi circadiani (Hasher, Goldstein & May, 2005) influenzano la memoria e
l’invecchiamento cognitivo. Inoltre ad avere un peso determinante nel modulare le prestazioni
mnestiche nell’invecchiamento sono il genere, l’istruzione, lo stile di vita e le attività svolte
durante l’arco di vita. La letteratura ha indicato che le performance cognitive di alcuni adulti e
anziani sono legati al continuo impegno in vari cluster di attività. Questi raggruppamenti non
sono solo le attività quotidiane cognitive (ad esempio la lettura di giornali, parole crociate),
ma vi fanno parte anche lo svolgere regolare attività fisica e l’impegno in attività sociali
(MacKinnon, Christensen, Hofer, Korten, & Jorm, 2003).
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Anziani sani, d’età compresa tra i 60 e gli 80 anni, beneficiano dell’esercizio come i giovani,
presentando un incremento e un miglioramento nelle abilità o attività esercitate rispetto a
quelle che non vengono attivate. I risultati di alcune ricerche permettono un cauto ottimismo
in relazione alla possibilità di modificare o prevenire il declino cognitivo dell’invecchiamento
tramite il potenziamento di una vita socialmente attiva (De Beni 2009). Uno studio di Stevens
e colleghi (1999) analizza la relazione tra stili di vita, memoria e i fattori sociali che
influenzano quest’ultima in un gruppo di soggetti d’età compresa tra i 25 e 80 anni. I risultati
mostrano che le persone che si considerano socialmente e psicologicamente attivi considerano
migliori le loro capacità di memoria, sono meno anziani e meno preoccupati. Il cambiamento
nella percezione della memoria è influenzata dall’invecchiamento, mentre la capacità di
memoria e l’ansia legata ad essa sono influenzate da fattori sociali.
Gli effetti dell’età sulle performance mnestiche sono mediati anche dalla “quantità” di
supporto fornito. Infatti in una ricerca di Craik, Byrd e Swanson (1987) un gruppo di giovani
e anziani dovevano apprendere liste di parole non associate tra loro nel significato,
accompagnate o non accompagnate da una breve frase descrittiva. I risultati dimostravano che
le differenze di prestazione tra giovani e anziani si riducevano nel momento in cui veniva
offerto “un supporto ambientale”.
Kessels e De Haan (2003) mettono a confronto gli errori minori e i grandi errori
d’apprendimento nelle performance di memoria nella popolazione anziana e giovani adulti.
Gli anziani mostrano difficoltà nella fase di codifica faccia-nome, mentre il recupero risulta
inalterato.
Un confronto tra giovani e adulti nell’ambito delle competenze mnestiche deriva anche dai
risultati di uno studio di Mutter e Pliske (1996). I risultati confermano che i problemi di
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memoria che richiedono complesse strategie di giudizio sono risolti dagli anziani in modo
meno accurato rispetto al gruppo dei giovani, imputabili ad una riduzione dell’attenzione. Un
altro studio di Fisk, Cooper, Hertzog e Anderson-Garlach (1995) analizza l’effetto di un
training di memoria su due gruppi, uno composto da giovani adulti (24-30) e uno composto da
anziani (65-80), reiterato dopo un intervallo di tempo specifico. Dai risultati emerse che le
differenze nelle prestazioni erano più visibili nel gruppo degli anziani e che questi mostravano
un calo significativo quando si verificava un’interferenza tale da far abbassare in modo
corposo la performance.
Ricerche sia trasversali (Nilsson, Bäckman, Nyberg, Erngrund, Adolfsson, Bucht, et al. 1997)
che longitudinali (Zelinski & Stewart, 1998) hanno indicato che l'entità del cambiamento,
legato all'invecchiamento, può essere più graduale per gli adulti che hanno un’invecchiamento
normale fino a circa 70 anni (Backman, Piccolo, Wahlin, & Larsson, 2000)5.
Perchè la memoria risente dell’effetto età? Ci sono tre ipotesi, ciascuna delle quali propone
una spiegazione al meccanismo di decadimento durante l’invecchiamento.
La prima è relativa alla memoria di lavoro. Secondo Light e Anderson (1985) e Verhaeghen,
Marcoen e Goossens (1993) la causa è da ricondurre ad una minore disponibilità di energia
mentale o risorse cognitive che ci permette di eseguire simultaneamente operazioni mentali
sulle informazioni d’interesse. Secondo Salthouse (1990) una riduzione attentiva sarebbe da
addurre ad una diminuzione delle risorse disponibili nella memoria di lavoro.
La seconda ipotesi fa riferimento alla velocità di elaborazione dell’informazione, secondo cui
è la riduzione della velocità nell’elaborare le operazioni cognitive che causa un calo nel
rendimento del soggetto anziano rispetto al soggetto giovane.
5 Dixon, Rust, Feltmate, e Kwong See (2007) p. 68
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La terza ipotesi è quella dell’inibizione, cioè sarebbe un deficit dei meccanismi di inibizione
attentiva che influenzerebbe il processo mnestico. Un deficit nelle funzioni di controllo, nelle
funzioni di soppressione e nelle funzioni di restrizione provocherebbe la presenza in
sovrannumero di informazioni irrilevanti nei magazzini della memoria, aumentando la
frequenza di risposte sbagliate e di pensieri disturbanti.
La quarta ipotesi è definita come “metacognitiva”. Nello specifico è proprio la metamemoria
che da Bjorklund, Miller, Coyle e Slawinski (1997) viene ritenuta una delle cause che
spiegano le carenze nell’utilizzo delle strategie. Hanno un ruolo altrettanto importante le
conoscenze di base, le risorse mentali e le credenze sulle proprie abilità di memoria.
Per gli anziani le credenze sulle proprie abilità possono determinare: a) la possibilità di
estendere processi risolutivi a situazioni problematiche simili a quelle precedentemente risolte
con successo; b) il grado di motivazione e lo sforzo applicato; c) le aspettative riguardo il
livello di performance; d) le prestazioni effettive di memoria.
A ciò va aggiunto che le performance di memoria possono essere eccessivamente influenzati
da normali errori di memoria di quotidiana o da stereotipi legati alla memoria (Chasteen et al.,
2005; Chasteen, Schwarz, & Park, 2002; Hess et al., 2003; Ryan & Kwong See, 1993)6.
La memoria e le prestazioni risultano essere influenzate dalla variabile genere. Molti studi si
sono concentrati sulle possibili differenze tra maschi e femmine, trovando spesso risultati
contrastanti. Alcuni studi hanno segnalato l’assenza di differenze di genere nella capacità
verbale, misurate attraverso test di memoria verbale, con maschi e femmine che ottenevano
prestazioni simili (Armstrong & Walker, 1994; Corey-Bloom et al, 1996; Savage & Gouvier,
1992). Altri studi, al contrario, riportano che le donne anziane mantengono un vantaggio
6 Dixon et all. (2007) p. 69;
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rispetto ai maschi nei test di memoria verbale (Portin et al, 1995). Risultati di ulteriori studi
hanno rivelato differenze significative tra maschi e femmine anche per le misure di
valutazione di domini non-verabali: i maschi mantenevano prestazioni migliori a compiti in
cui venivano richieste abilità spaziali (Schaie et al., 1998). I risultati contrastanti mettono in
luce che le metodologie e le misure adottate potrebbero indurre a risultati sbagliati. A tal
proposito, uno studio recente di Parsons et al. (2005), attraverso una serie di analisi
esplorative, ha messo in luce che gli effetti legati al genere sono più evidenti quando si tiene
sotto controllo la varianza comune, confermando la predominanza del genere maschile nelle
abilità visuo-spaziali.
Alla luce di quanto finora detto, è necessario guardare con più attenzione alle variabili
metacognitive e motivazionali che intervengono nel processo di apprendimento. Se da una
parte è accettato che la memoria risente dell’età e del lento suo avanzare, occore stabilire se si
ha il medesimo andamento su adulti e anziani che hanno deciso di intraprendere un corso in
età avanzata, o se le variabili legate allo status di studente e di genere risultano importanti nel
determinare l’entità delle prestazioni di tale popolazione.
Se l’ipotesi fosse verificata, potremmo individuare percorsi formativi ad hoc per i soggetti in
età avanzata proprio per impedire il deterioramento cognitivo legato all’età e potenziare
quella “area di sviluppo prossimale” di ogni soggetto.
4.1 La desiderabilità sociale nell’invecchiamento
Trattando l’invecchiamento si è reso necessario aprire una breve parentesi sulla tendenza alla
desiderabilità sociale.
Poiché in materia di ricerca gerontologica si è fatto e tuttora si fa molto uso di questionari
standardizzati per la raccolta dei dati, in materia di atteggiamenti, comportamenti e opinioni,
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spesso la validità dei dati rischia di essere ostacolata dalla tendenza del soggetto a presentarsi
favorevolmente.
Il concetto di Desiderabilità Sociale è stato sviluppato da Edwards (1953) attraverso due
definizioni: come caratteristica degli item di una scala di personalità, cioè come la tendenza
del soggetto a rispondere ad item che riflettono atteggiamenti più desiderabili e come
caratteristica di una persona, cioè come tendenza del soggetto di rispondere in modo
desiderabile ad item legati a sé stesso.
Se le risposte possibili su una domanda del sondaggio differiscono rispetto alla desiderabilità
sociale, gli intervistati tendono a selezionare le alternative che si presentano in modo più
favorevole. Di solito, è scontato che questa tendenza riflette un bisogno di personalità più o
meno stabile definito “bisogno di approvazione”. Questo presupposto ha portato alla
costruzione delle cosiddette scale di desiderabilità sociale (Crowne & Marlowe, 1964;
Edwards, 1990; Eysenck & Eysenck, 1975; Eysenck & Eysenck, 1990). Le scale di
desiderabilità sociale misurano la tendenza a dare risposte socialmente desiderabili,
utilizzando domande con risposte alternative che si differenziano fortemente in relazione al
grado di desiderabilità sociale. Gli intervistati, che scelgono tali alternative, apparentemente
sono portati a presentarsi troppo favorevolmente. Si presume che, se gli intervistati tendono a
rispondere in modo direttivo, tale da “falsificare” la presentazione di sé, tenderanno a fare lo
stesso in un’altra indagine. Quindi, il punteggio su una scala di Desiderabilità Sociale è usato
per correggere questa tendenza e sono spesso di routine incluse nella ricerca e aggiunte al
modello teorico, come una variabile di controllo.
La tendenza dei ricercatori ad inserire tali scale all’interno di ricerche gerontologiche,
destinate alla popolazione di anziani, deriva dai dati presenti in letteratura, secondo cui la
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tendenza alla Desiderabilità sociale sembra correlare con l'età: in generale, gli anziani
intervistati ottengono punteggi più elevati di Desiderabilità sociale (Eysenck e Eysenck, 1975;
Ray, 1988). Secondo Ray (1988), gli anziani sono più inclini a presentare sé stessi
favorevolmente rispetto ai più giovani, perché la vecchiaia è stereotipata negativamente nella
società occidentale. Gli anziani pertanto, come una sorta di meccanismo di difesa, sono in
grado di migliorare la propria immagine di sé presentandosi in un modo più favorevole
(Shenfield, 1984). Inoltre, emergerebbe una correlazione tra la desiderabilità sociale e le
prestazioni di memoria nelle donne (Brown, 1960): le prestazioni femminili ai compiti di
memoria sarebbero spiegate dalla tendenza a rispondere in modo più o meno desiderabile,
mentre le prestazioni maschili no.
Tuttavia, l'utilizzo di tali scale per regolare la correlazione spuria, causata dalla tendenza a
dare risposte socialmente desiderabili, è stato criticato. Queste critiche riguardano
principalmente la validità delle scale di desiderabilità sociale: misurano quello che vogliamo
misurare (la tendenza a presentarsi favorevole) o misurano qualcosa di diverso (i concetti di
merito, le differenze di norme e valori)?
Ma un recente studio (Dijkstra, Smit & Comijs, 2001) ha messo in evidenzia che la relazione
tra la tendenza a presentarsi in modo favorevole ed età non è diretta, bensì a mediare tale
relazione sarebbero il livello d’istruzione dei soggetti e la memoria. Ciò metterebbe in luce
che alcune persone potrebbero concepire un dato comportamento come molto spiacevole,
mentre altre persone potrebbero concepire lo stesso come un comportamento indesiderato ma
non in tutte le situazioni.
Alla luce di quanto detto finora, fermo restando il controllo delle suddette variabili che
fungono da mediatori, è utile far uso di una scala che misuri la tendenza alla desiderabilità
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sociale all’interno di una batteria di test, per evitare di arrivare a conclusioni poco aderenti
alla realtà.
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CAPITOLO 5.
La costruzione dello MNEMOTEST: uno strumento per la misurazione
delle strategie di memoria.
5.1 Le strategie di memoria
L’organizzazione del “materiale cognitivo” è alla base di un buon funzionamento mnestico.
Dare vita ad un’organizzazione “nuova” significa codificare, analizzare e ricodificare in
chiave nuova il materiale in entrata, che diventerà successivamente traccia mnestica. I
processi di elaborazione del materiale in entrata, con quelli già precedentemente acquisiti e
memorizzati, permettono di migliorare l’apprendimento degli elementi codificati.
Influenzano il processo di acquisizione, ricordo e recupero del materiale mnestico le strategie
di memoria.
Le strategie di memoria comprendono tutte quelle attività che “aiutano la memoria” attraverso
l’applicazione sistematica di un piano d’azione, formato di una sequenza ordinata per
immagazzinare e recuperare del materiale da ricordare (De Beni, 1984).
Crowley et al. (1997) propongono un approccio allo studio delle strategie basato
sull’integrazione di due filoni che fanno riferimento a due meccanismi diversi: il primo è il
meccanismo associativo, che fornisce le rappresentazioni e i processi necessari per spiegare la
parte della conoscenza umana che è implicita, veloce e risponde alle sfumature dell’ambiente,
il secondo è il meccanismo metacognitivo, che fornisce rappresentazioni e processi necessari
per spiegare la parte della conoscenza umana che è esplicita, flessibile e reattiva al problem-
solving. Gli autori inoltre sostengono che la scoperta e l’apprendimento delle strategie di
memoria avviene tramite un processo competitivo tra i due meccanismi sopra menzionati.
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Le strategie di memoria si possono distinguere in due categorie: gli ausili esterni e gli ausili
interni. Gli ausili interni si suddividono in mnemotecniche e metodi cognitivi.
Riprendendo la classificazione operata da Mazzucchi (1990) individuiamo 3 categorie: gli
ausili esterni attivi, le mnemotecniche e i metodi cognitivi (vedi tab.1).
Tabella 1 Classificazione delle metodiche impiegate per ricordare secondo Mazzucchi (1990)
Metodi Tipologie
Ausili esterni ed attivi Agende, calendari, timer, lavagne, elenchi,
liste, registratori
Mnemotecniche Rima, Metodo delle iniziali, Acrostici;
Metodi cognitivi Si dividono in:
a) Tipo codifica verbale/visuo-spaziale
b) Organizzazione logica delle
informazioni
c) Memorizzazione implicita
d) Miglioramento della rievocazione
Gli ausili esterni attivi sono chiamati esterni in quanto sono costituiti da segnali forniti
dall’esterno e sono attivi in quanto gestiti attivamente dal soggetto. Vengono definiti
“supporti” alla mente. All’interno possiamo distinguere gli ausili che sollecitano a ricordare
informazioni già immagazzinate (sveglie, timer) e i metodi di annotazione esterna delle
informazioni (liste, blocchi, appunti). Gli ausili esterni attivi sono dei “promemoria” che
implicano una gestione diretta e attiva del soggetto.
Kapur (1995) considera gli ausili esterni della memoria delle “protesi cognitive”. Essi
sostengono la memoria in quanto rappresentano indizi (cue) per ricordare un’azione o
un’attività.
Accanto agli ausili esterni ritroviamo gli ausili mnemonici interni.
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Le mnemotecniche, definite anche strategie complesse, sono distinte da Harris (1992) in
strategie interne, apprese artificialmente e mnemotecniche artificiali. Sono solitamente
distinte in metodi verbali e metodi visivi. Dei metodi verbali fanno parte le rime, gli acronimi
e gli acrostici, mentre le tecniche legate alle immagini sono, ad esempio, il metodo dei loci o
il metodo della parola chiave.
Le mnemotecniche hanno però dei limiti: innanzitutto sono rigidi, nel senso che si dimostrano
efficaci solo in determinati contesti e determinate condizioni. Nello specifico, non sono utili
nelle situazioni della quotidianità, ma risultano adeguate per i compiti di laboratorio. Inoltre,
il loro uso è fortemente legato a un lungo addestramento.
I metodi cognitivi focalizzano l’attenzione sull’organizzazione personale dell’informazione in
entrata riallacciandosi alla rete di conoscenze, alle elaborazioni, alle archiviazioni che
favoriscono il riconoscimento e la rievocazione del materiale immagazzinato.
Possono essere definiti sistemi di organizzazione delle informazioni attivati, sia a livello di
codifica, che di recupero. Per meglio comprendere la natura delle strategie di memoria
dobbiamo prendere in considerazione un aspetto discriminante di tali metodi: il controllo
consapevole. Le strategie sono, infatti, operazioni eseguite consapevolmente dal soggetto per
poter acquisire, conservare e recuperare le informazioni. Rispetto alle mnemotecniche, sono
di più facile applicazione e richiedono un periodo di apprendimento più limitato.
Le principali strategie di memoria utilizzate nella quotidianità sono indicate di seguito.
Reiterazione: consiste nella ripetizione mentale del materiale da memorizzare. Non ha
effetti durevoli ma si rivela molto utile nel ricordo di elementi che servono per un
tempo limitato. L’esempio tipico che ci permette di comprendere l’uso di tale strategia
è quello del ricordo di un numero di telefono, di una sequenza, ecc.. Baddeley e
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Wilson (1993) individuano la struttura deputata per l’applicazione di tale strategia: il
ciclo fonologico. Tale struttura, appartenente alla cosiddetta “memoria di lavoro”, è in
grado di conservare, in forma fonologica, le informazioni. La quantità di informazioni
sembra variare in base alla velocità di reiterazione, al numero di elementi da ricordare
e in base al tempo intercorso.
Codifica: tale strategia viene messa in atto quando il materiale da ricordare supera la
lunghezza della capienza della componente fonologica e quindi permette di
memorizzare il materiale applicando delle modifiche ad esso. Un esempio è il ricordo
di numeri o di cifre che vengono ricordate in gruppo di due o tre cifre. Spesso il
soggetto si trova ad utilizzare in contemporanea sullo stesso tipo di materiale entrambe
le strategie. Questa strategia sembra dipendere da un’ altra parte della memoria di
lavoro, chiamata “esecutivo centrale”. Compito di tale dispositivo è regolare l’entrata
in funzione delle altre componenti (ciclo fonologico e blocco per appunti visuo-
spaziale).
Codifica spaziale: questa strategia consiste nel creare un aggancio mnestico tra il
materiale da ricordare e le immagini mentali create dalle connessioni spaziali esistenti
tra gli item. Tale strategia sembra dipendere dal blocco per appunti visuo-spaziale,
dispositivo della memoria di lavoro. Baddeley e Hicth nel 1994 definiscono tale
dispositivo attraverso due componenti. La prima è quella visiva, legata agli aspetti
dell’immaginazione (“cosa”) e la seconda è quella spaziale, responsabile della
localizzazione degli stimoli (“dove”). Orientamento geografico e soluzione di compiti
spaziali sono le abilità per cui tale strategia si rivela utile.
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Evidenziazione percettiva: tale strategia consiste nel ricordare con maggiore facilità
gli elementi che presentano un’evidenza percettiva tale da indurre e produrre un
aggancio mnestico. Tutti quei materiali che per colore, forma, organizzazione sono
individuati o vengono evidenziati producono una traccia mnestica. Tale fenomeno
viene definito “effetto Von Restorff”.
Associazione: consiste nel creare un aggancio mnestico con un elemento di facile
recupero. L’associazione si ha nel momento in cui un termine è connesso ad un altro al
fine di memorizzarlo e quindi recuperarlo. Un esempio consiste nel creare connessioni
tra un nome e il soggetto: creando una connessione tra il nome ed un particolare (ad
esempio fisico) del soggetto si creerà “UN PONTE” che legherà un elemento forte con
un elemento debole.
Organizzazione semantica: si tratta di un ampliamento del concetto di associazione.
Mentre questo riguarda l’associazione tra due item, le connessioni per quanto riguarda
l’organizzazione semantica sono ampliate e quindi maggiori di due. Due strategie sono
indagate: clustering (detto raggruppamento semantico) e formazione di una storia.
Il clustering è una strategia in cui il materiale viene organizzato in gruppi di item
(cluster) caratterizzati da una forte interattività, in quanto appartengono ad una stessa
categoria (abiti, parti del corpo, animali). È stata descritta come “la tendenza dei
soggetti ad operare raggruppamenti, attraverso i quali, item appartenenti alla stessa
categoria semantica tendono ad essere rievocati di seguito, malgrado siano stati
presentati con ordine diverso. Si tratta, quindi, di un processo eminentemente
temporale” (Meazzini & Cottini, 2005).
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La strategia Formazione di una storia serve a connettere in maniera significativa item
non associati. La storia fornisce una traccia facilmente memorizzabile che viene
recuperata facilmente e ne permette, di conseguenza, il fluido ricordo degli item
connessi.
5.2 La costruzione dello MNEMOTEST
Lo scopo che ha spinto alla costruzione di uno strumento standardizzato, destinato ad un
target adulto e anziano, deriva dall’interesse a poter valutare l’atteggiamento strategico e le
conoscenze di metamemoria, in mancanza di strumenti che analizzano in modo specifico
questo argomento.
La maggior parte degli strumenti presenti in letteratura erano per lo più questionari in cui
veniva richiesto al soggetto di esprimere la percezione relativa alle sue competenze
strategiche e metacognitive. Ma la letteratura mancava di uno strumento pratico, in cui il
soggetto si sperimentasse nella risoluzione di problemi mnestici attraverso la messa in atto di
strategie di memoria vere e proprie.
Esisteva in letteratura un simile strumento, il cui obiettivo era la misurazione delle strategie di
memoria e di metamemoria, ma destinato ad allievi di scuola elementare e media.
Tuttavia, da una breve somministrazione di tale strumento alla popolazione anziana, era
subito emerso che tale strumento era percepito dai soggetti come “molto difficile”,
“impossibile da fare”, troppo lontano da quelle che potevano essere le performance mnestiche
reali del soggetto adulto e anziano. Lo strumento di Cottini e Meazzini (2005), infatti,
misurava i costrutti su specificati, ma calati nel contesto scolastico tipico dell’adolescenza e
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dell’infanzia. Quindi i problemi e le richieste dello strumento erano percepiti dai soggetti
adulti e anziani come “estranei” ai loro interessi e contesti di riferimento.
Da qui la necessità di mettere a punto un adattamento dello strumento, tenendo presente i
risvolti motivazionali e utilizzando uno strumento “ecologico”.
L’interesse a costruire questo strumento è derivato anche dalla sempre maggiore attenzione
che il settore dell’apprendimento nella terza età sta sempre più rivestendo: per cui questo
strumento potrebbe essere utile in ambito universitario, nella valutazione degli effetti e dei
progressi di training di memoria e/o di percorsi di educazione.
In un’ottica più generale, questo strumento potrebbe essere anche utilizzato nella pratica per
la valutazione delle competenze cognitive, all’interno di una batteria di test che permetta di
delineare il profilo del soggetto in esame.
Le fasi preliminari alla costruzione dello strumento hanno analizzato la letteratura
sull’argomento e definito le aree di contenuto da esplorare.
Il test originale di Cottini e Meazzini (2005), destinato a studenti di scuola elementare e
media, e il nuovo test, costruito per la popolazione degli adulti e degli anziani, sono costituiti
di una serie di prove finalizzate alla verifica dell’uso delle strategie di memoria e del possesso
di conoscenze metamnemoniche.
Entrambi gli strumenti prevedono un punteggio di performance, derivato dalle risposte
corrette alle domande di cui si compone il test, e un punteggio di metamemoria, derivante
dalla capacità del soggetto di individuare la strategia corretta per risolvere il problema.
Partendo dallo strumento di Cottini e Meazzini (2005), si è proceduto all’individuazione della
struttura alla base di tale strumento ed estrapolando le strategie di memoria, misurate
attraverso ogni item del test. Le strategie vengono specificate nella tabella 2.
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Tabella 2 Strategie di memoria del test originale
Partendo da tali strategie si è proceduto a formulare i relativi quesiti, per un totale di 10 item.
Le prove presentano una serie di situazioni di vita quotidiana che pongono compiti mnestici
molto comuni e che si prestano per essere affrontati attraverso l’impiego consapevole delle
strategie di memoria su indicate. La tab.3 mostra la strategia indagata e la consegna richiesta
per ciascun item.
Tipologia di Strategie
Strategia di Reiterazione
Strategia di Codifica
Strategia di Codifica Spaziale
Strategia di Associazione
Strategia di Evidenziazione Percettiva
Strategia di Organizzazione Semantica (Clustering)
Strategia di Organizzazione Semantica
(Formazione di una storia)
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Tabella 3
Struttura dello Mnemotest nuovo
Item Strategia Consegna
Item1 Strategia di reiterazione Ricordare una targa automobilistica e riconoscerla
Item 2 Strategia di associazione Riconoscere il volto di un soggetto, associando il
nome
Item 3 Strategia di codifica Ricordare un numero di telefono e riscriverlo
Item 4 Strategia di codifica
spaziale
Ricordare la localizzazione di un oggetto in casa
Item 5 Strategia di evidenziazione
percettiva
Ricordare le informazioni salienti di un manifesto
pubblicitario
Item 6 Strategia di Clustering Ricordare gli alimenti di una lista della spesa
Item 7 Strategia di evidenziazione
percettiva
Rispondere a domande legate alla lettura di un brano
Item 8 Formazione di storia Ricordare nomi di oggetti non legati tra loro
Item 9 Strategia di Clustering Ricordare degli animali presentati
Item 10 Codifica spaziale Ricordare un percorso stradale
Per ogni item sono previsti:
una scheda “stimolo”, che espone e presenta il problema da risolvere;
una scheda “domanda performance di memoria”, in cui si chiede di risolvere il
problema;
una scheda “domanda performance di metamemoria”, in cui viene richiesto di
specificare quale strategia il soggetto pensa di aver messo in atto;
Si inseriscono in appendice le schede di un item del nuovo test, rispettivamente la scheda
“stimolo” (Immagine 1), la scheda “domanda performance di memoria” (Immagine 2) e la
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scheda “domanda performance di metamemoria” (Immagine 3) e le schede di un item del test
originale (Immagine 4).
La scheda “stimolo” espone e presenta problemi di diversa difficoltà, come ricordare una
targa automobilistica, riconoscere il volto di una persona, ricordare gli elementi fondamentali
di un manifesto ecc..
La Scheda “domanda di performance di memoria” richiede al soggetto di ricordare e
trascrivere la soluzione del problema, mentre la scheda “domanda performance di
metamemoria” è costituita da una griglia contenente le strategie di memoria e viene richiesto
al soggetto di selezionare la strategia che lui ritiene di aver utilizzato per risolvere il
problema.
La strutturazione della scheda di performance di metamemoria, nella versione destinata agli
adulti e anziani, è diversa rispetto allo strumento originale, destinato al target giovane: infatti
mentre Cottini e Meazzini (2005) indagavano tale dimensione attraverso una risposta aperta
“Come hai fatto per ricordarti?”, la medesima domanda viene posta all’adulto e all’anziano
attraverso una griglia di risposte prestabilite, ciascuna corrispondente ad una specifica
strategia. Si è scelto di procedere attraverso l’indagine con risposte chiuse per evitare un
affaticamento del soggetto che potrebbe nuocere al test e influire sulla prestazione totale.
Compito del soggetto è apporre una crocetta sulla strategia che egli ritiene abbia utilizzato per
risolvere il problema.
Lo strumento prevede la somministrazione individuale o collettiva e non sono previsti limiti
di tempo per la risposta a ciascun item.
Sono previsti due punteggi: uno di performance di memoria e un punteggio di performance di
metamemoria. Per l’attribuzione dei punteggi di performance di memoria alcuni item
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prevedono punteggi dicotomici (1-0) e altri prevedono punteggi che vanno da 3 a 0 (3-2-1-0),
mentre per tutti gli item di metamemoria sono previsti punteggi che oscillano tra 2 e 0 (2-1-0).
La somma del punteggio di performance e di metamemoria costituisce “l’indice di
strategicità”.
5.3 La verifica delle proprietà psicometriche dello Mnemotest
Lo step successivo alla costruzione dello strumento è stata la raccolta dei dati, attraverso uno
studio pilota che ha coinvolto 29 soggetti, a cui venivano somministrati sia il test originale,
destinato a bambini e adolescenti (Cottini e Meazzini, 2005), che il nuovo test, adattato per
adulti e anziani, alla scopo di verificarne le proprietà psicometriche.
La verifica della validità convergente (studio a) e della validità di status (studio b) sono state
effettuate su un campione di 29 soggetti di età intermedia (18-35 anni) in modo che entrambi i
test fossero somministrati ad un campione “neutro” (nè bambini e adolescenti, nè adulti e
anziani). Inoltre, su un più vasto campione, composto da 182 soggetti di età compresa tra i 50
e i 78 anni, target di riferimento del nuovo strumento, è stata verificata l’influenza delle
variabili di status (Età, Istruzione e Sesso) e la verifica dell’attendibilità (studio c).
Obiettivi ed Ipotesi
Gli obiettivi e le ipotesi di questo studio sono stati:
costruire uno strumento ecologico per la misurazione delle strategie di memoria e
metamemoria negli adulti e negli anziani;
verificare la validità convergente attraverso i punteggi al nuovo test e i punteggi
ottenuti al test originale (Cottini & Meazzini, 2005). Mettendo a confronto gli indici
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di strategicità mnestica (somma del punteggio di performance e di metamemoria) ai
due test, ci si attende di osservare un’alta correlazione (≥ 0.40) a dimostrazione
dell’esistenza della validità convergente;
verificare la validità di status (età, genere ed istruzione) mettendo a confronto i due
test (originale e nuovo), verificando se entrambi sono ugualmente sensibili alle
medesime variabili di status;
verificare l’attendibilità dello strumento, attraverso l’indice di coerenza interna per la
scala performance di memoria e attraverso il test-retest per la scala di performance di
metamemoria.
Studio a- validità costrutto
Per la verifica della validità convergente entrambi i test, originale e nuovo, sono stati
somministrati ad un campione “neutro” di 29 soggetti d’età compresa tra i 18 e i 35 anni. La
tabella 4 presenta la distribuzione del campione. Il campione risulta equidistribuito per Genere
ed Età.
Tabella 4 Campione per la validità convergente
18-25 anni 26-35 anni Totale
Maschi 3 8 11
Femmine 10 8 18
Totale 13 16 29
Campione equidistribuito per Genere e per Età: Chi2(1)=2,21, n.s.
La validità convergente è determinata osservando “quanto” lo strumento correla con altri
strumenti che il ricercatore ritiene validi nel misurare la stessa caratteristica: l'osservazione di
una relazione statisticamente significativa è considerata verifica della validità. Partendo da
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questa definizione si è proceduto a correlare i punteggi ottenuti al test originale e i punteggi
ottenuti al nuovo test.
I punteggi ottenuti, tutti significativi, sono indicativi di una buona correlazione tra i due test e
le rispettive subscale (cfr. tab.5). Questo risultato permette di accettare l’ipotesi di partenza,
confermando che il test costruito misura lo stesso costrutto dello strumento originale.
Tabella 5 coefficienti di validità convergente del nuovo test e del test Originale
MnemoTest per Adulti ed Anziani
Punteggio di
Performance
di memoria
Punteggio
Performance di
Metamemoria
Indice di
strategicità
MnemoTest per
Bambini e
Adolescenti
(Cottini,
Meazzini, 2005)
Punteggio di
Performance di
memoria
0.45* 0.40* 0.52*
Punteggio
Performance di
Metamemoria
0.49* 0.42* 0.56*
Indice di strategicità 0.58* 0.50* 0.67*
*Correlazioni significative: p < .05
Si riportano, inoltre, nella tabella 6, i coefficienti di correlazione tra l’indice di strategicità del
test originale e l’indice di memoria composita del test TOLMAN (Reynolds & Bigler, 1994)
riportati sul manuale di Cottini e Meazzini (2005) e il coefficiente ottenuto tra l’indice di
strategicità del test originale e l’indice di strategicità del nuovo test.
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Tabella 6 Correlazioni del test originale con il test del Tolman e con il nuovo test
Indice di
Memoria
Composita del
Tolman
(N=20)
Indice di
strategicità Test
Nuovo
(N=29)
Indice di
strategicità
Test Originale
0.53
0.67
*Correlazioni significative a 0.05
Studio b- validità di status
La validità di Status è stata verificata attraverso i punteggi ottenuti alle singole scale
(performance di memoria e performance di metamemoria) e dell’indice di strategicità di
entrambi i test (originale e nuovo) relativamente alle variabili Genere, Età ed Istruzione. Al
campione, costituito da 29 soggetti d’età compresa tra i 19 e i 35 anni, sono stati
somministrati entrambi i test allo scopo di verificare se i punteggi di memoria, di
metamemoria e l’indice di strategicità, del test originale di Cottini e Meazzini (2005) e dello
strumento nuovo fossero influenzati dal genere, dal livello d’istruzione e dell’età. Partendo
dal presupposto che il nuovo test trae origine da quello originale di Cottini e Meazzini (2005),
al fine di una verifica di concordanza tra i due strumenti, s’ipotizza che, nel caso in cui una
variabile di status tra quelle suddette influenza i punteggi alle sottoscale del test originale, si
dovrebbe osservare la medesima influenza sui punteggi delle sottoscale del nuovo test. Le
tabelle successive mostrano i risultati rispettivamente per Genere (tab.7), Età (tab.8) ed
Istruzione (tab.9).
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Tabella 7 Confronto tra test originale e nuovo test per la variabile Genere
Test originale per bambini e adolescenti
(Cottini e Meazzini, 2005)
Test Nuovo per Adulti e Anziani
Maschi
(N=11)
Femmine
(N=18)
T di
Student
p Maschi
(N=11)
Femmine
(N=18)
T di Student p
Performance di
memoria
19.09
( 3.56)
19.22
(3.12)
-0,10 n.s 15.64
( 2.54)
15.22
(2.26)
0.46 n.s
Performance di
Metamemoria
19.64
( 3.26)
20.28
(2.65)
0,57 n.s 13.73
( 2.28)
14.39
(1.79)
-0.87 n.s
Indice di
strategicità
38.73
(5.97)
39.50
(4,41)
0.69 n.s 29.36
(4.22)
29.61
(3.11)
-0.18 n.s
Tabella 8 Confronto tra test originale e nuovo test per la variabile Età
Test originale per bambini e adolescenti
(Cottini e Meazzini, 2005)
Test Nuovo per Adulti e Anziani
18-25 anni
(N=13)
26-35
anni
(N=16)
T di
Student
p 18-25
anni
(N=13)
26-35
anni
(N=16)
T di Student p
Performance di
memoria
20.15
( 2.99)
18.37
(3.28)
1.51 n.s 15.31
( 2.25)
15.44
(2.47)
-0.15 n.s
Performance di
Metamemoria
20.08
( 2.50)
20
(3.20)
0,77 n.s 14.61
( 1.19)
13.75
(2.41)
1.18 n.s
Indice di
strategicità
40.23
(4.19)
38.37
(5.51)
1 n.s 29.92
(2.98)
29.19
(3.94)
0.55 n.s
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Tabella 9 Confronto tra test originale e nuovo test per la variabile Istruzione
Test originale per bambini e adolescenti
(Cottini e Meazzini, 2005)
Test Nuovo per Adulti e Anziani
Diploma
(N=14)
Laurea
(N=15)
T di
Student
p Diploma
(N=14)
Laurea
(N=15)
T di Student p
Performance di
memoria
19.71
( 3.31)
18.67
(3.17)
0.87 n.s 14.92
( 2.59)
15.80
(1.55)
-1 n.s
Performance di
Metamemoria
19.64
( 2.90)
20.40
(2.87)
-0.71 n.s 14.28
( 1.68)
14
(1.81)
0,38 n.s
Indice di
strategicità
39.36
(3.91)
39.07
(4.93)
0.15 n.s 29.21
(3.91)
29.80
(1.50)
0.44 n.s
Dai risultati emerge che, per quanto riguarda la validità di status, i due test mostrano il
medesimo andamento. I risultati di entrambi i test non sono influenzati né dall’età, né dal
livello d’istruzione, né dal sesso. Quest’ultime non sono variabili influenti né sui punteggi
delle sottoscale del test originale, né sui punteggi delle sottoscale del punteggio nuovo. Sul
campione neutro, composto cioè da soggetti che non sono né bambini e adolescenti, né adulti
e anziani, i due test non sono diversi.
Successivamente, la validità di status è stata verificata su un più ampio campione di soggetti
adulti e anziani, d’età compresa tra i 50 e gli 82 anni (cfr. tab.10), fascia d’età a cui il nuovo
test è effettivamente destinato. La validità di status è stata misurata solo sul nuovo test. Il
campione risulta equidistribuito per Genere ed Età.
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Tabella 10 Campione per la verifica della validità di status e dell'attendibilità
50-55 56-60 61-65 66-70 71-78 Totali
Maschi 15 15 15 22 14 81
Femmine 15 16 23 31 16 101
Totali 30 31 38 53 30 182
Campione equidistribuito per Genere ed Età: Chi2(4)=1,19, n.s.
Per la variabile Genere non emerge una differenza statisticamente significativa né alla scala di
memoria, né alla scala di metamemoria, né relativo all’indice di strategicità. La tabella 11
mostra le medie e le relative deviazioni standard.
Tabella 11 Medie e ds per la variabile Genere
Maschi (N=81) Femmine (101) T di Student p
Performance di memoria 8,88 (ds= 3,48) 9,21 (ds= 3,61) -0,625 n.s
Performance di Metamemoria 11,39 (ds= 2,09) 11,33 (ds= 1,97) 0,226 n.s
Indice di strategicità 20,27 (ds= 4,49) 20,53 (ds= 4,46) -0.39 n.s
Emerge, invece, una differenza statisticamente significativa per la variabile Età (cfr. tab.12).
Infatti, sia per la scala di memoria, che per la scala di metamemoria e per l’indice di
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strategicità, l’analisi della varianza mostra che gli adulti hanno migliori performance dei
soggetti più anziani.
Tabella 12 Analisi della varianza per la variabile Età: risultati dei confronti post-hoc tra i gruppi
50-55
(N=30)
56 -60
(N=31)
61-65
(N=38)
66-70
(N=53)
71-78
(N=30)
PERFORMANCE DI MEMORIA [F(4,177)=11,544, p=,00000]
50-55 (M=12,00; ds=2,79) -
56-60 (M=10,42; ds=3,49) n.s -
61-65 (M=8,05; ds=3,01) 0,000 0,026 -
66-70 (M=8,26; ds=3,42) 0,000 0,033 n.s -
71-78 (M=7,40; ds=3,05) 0,000 0,003 n.s n.s -
PERFORMANCE DI METAMEMORIA [F(4, 177)=4,0758, p=,00348].
50-55 (M= 12,46; ds=1,74) -
56-60 (M= 11,71; ds=1,72) n.s -
61-65 (M=10,68; ds=2,08) 0,002 n.s -
66-70 (M=11,09; ds=2,23) 0,024 n.s n.s -
71-78 (M=11,20; ds=1,69) n.s n.s n.s n.s -
INDICE DI STRATEGICITA’ [F(4,177)=13,61, p=,00000]
50-55 (M= 24,48; ds=3,54) -
56-60 (M= 22,13; ds=4,30) n.s -
61-65 (M=18,74 ds=3,87) 0,000 0,004 -
66-70 (M=19,36; ds=4,17) 0,000 0,022 n.s -
71-78 (M=18,60; ds=3,63) 0,000 0,006 n.s n.s -
Infine, emerge una differenza significativa per la variabile Istruzione, ma solo per la scala di
memoria e per l’indice di strategicità (cfr. tab.13). I più istruiti hanno migliori performance di
memoria rispetto a coloro che hanno un più basso livello d’istruzione.
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Tabella 13 Analisi della varianza per la variabile Istruzione: risultati dei confronti post-hoc tra i gruppi
0-5 anni
(N= 33)
6-8 anni
(N=54)
9-13anni
(N=75)
14-18 anni
(N=20)
PERFORMANCE DI MEMORIA [F(3, 178)= 3,9223, p=,00963]
0-5 anni (M=7,51; ds=2,93) -
6-8 anni (M=8,94; ds=3,07) n.s -
9-13 anni (M=9,39; ds=3,77) n.s n.s -
14-18 anni (M=10,7; ds=4,03) 0,008 n.s n.s -
PERFORMANCE DI METAMEMORIA [F(3, 178)=,57627, p= n.s]
0-5 anni (M=11,03; ds=1,74) -
6-8 anni (M=11,28; ds=1,82) n.s -
9-13 anni (M=11,47; ds=2,15) n.s n.s -
14-18 anni (M=11,70; ds=2,49) n.s n.s n.s -
INDICE DI STRATEGICITA’ [F(3, 178)=3,68, p= ,01326]
0-5 anni (M=18,55; ds=3,78) -
6-8 anni (M=20,22; ds=379) n.s -
9-13 anni (M=20,85 ds=4,64) n.s. n.s -
14-18anni (M=22,40;ds=5,53) 0,013 n.s n.s -
studio c- attendibilità
In ultima analisi si è proceduto alla verifica dell’attendibilità.
Sul campione, costituito da 182 adulti e anziani ( per distribuzione campione, vedi tabella 10),
è stata effettuata l’analisi della coerenza interna per la scala di memoria e il test-retest per la
scala di metamemoria.
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Tabella 14 Coerenza interna per la scala performance di memoria
MEDIA
CORR. TOT.
ITEM
ALFA
SE ELIM.
ITEM 1 MEMORIA 8,16 0,17 0,70
ITEM 2 MEMORIA 8,62 0,11 0,70
ITEM 3 MEMORIA 8,74 0,29 0,68
ITEM 4 MEMORIA 8,23 0,34 0,68
ITEM 5 MEMORIA 8,62 0,44 0,66
ITEM 6 MEMORIA 8,43 0,56 0,62
ITEM 7 MEMORIA 7,24 0,30 0,68
ITEM 8 MEMORIA 8,20 0,57 0,62
ITEM 9 MEMORIA 6,70 0,43 0,66
ITEM 10 MEMORIA 8,60 0,34 0,68
PERF. MEMORIA TOTALE
0.69
Dalla tabella 14 emerge che la scala di performance di memoria è di 0.69.
Attraverso il test-retest, l’attendibilità della scala di metamemoria è di 0.80.
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Conclusioni
Scopo generale del progetto pilota è stato quello di costruire uno strumento per la misurazione
delle strategie di memoria e metamemoria destinato agli adulti e agli anziani, sulla base dello
strumento di Cottini e Meazzini (2005) costruito e validato per la popolazione di bambini e
adolescenti.
Ancor prima, si era proceduto a verificare l’applicabilità dello strumento originale sul gruppo
di adulti e anziani, ma tale strumento risultava poco ecologico e decontestualizzato rispetto
alle richieste che si trovava ad affrontare questa popolazione: da qui la necessità di mettere a
punto un adattamento del test.
Oltre alla costruzione della nuova versione, l’obiettivo è stato anche quello di verificare le sue
proprietà psicometriche. A tal fine, le due versioni del test sono state somministrate ad un
campione costituito da 29 soggetti d’età compresa tra i 18 e i 35 anni. Dai risultati è emerso
che la nuova versione del test è coerente con quella originale di Cottini e Meazzini. In
particolare, emerge una buona correlazione con il test originale (r = 0.67) e le relative
subscale che compongono il test.
Entrambi i test mostrano, sul campione, di non essere influenzati né dal genere, né dall’età, né
dal livello d’istruzione.
Tuttavia, verificando l’influenza delle suddette variabili sul campione appartenente alla
popolazione a cui il test è indirizzato (adulti e anziani), emerge che il test discrimina le
performance di memoria e di metamemoria in base all’età e al livello d’istruzione. In
particolare, i soggetti più giovani e con un buon livello d’istruzione hanno migliori
performance di memoria e di metamemoria. Le performance allo Mnemotest non sono
influenzate dal Genere.
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La coerenza interna, stima dell’affidabilità dello strumento, risulta buona per la scala di
Performance di memoria. Altrettanto buona, per la scala di Metamemoria, il punteggio di
attendibilità misurato attraverso il test-retest. La ricerca futura potrebbe orientarsi verso
l’ampliamento del numero di item che compongono sia la scala di performance di memoria
che la scala di metamemoria per accrescere l’affidabilità dello strumento e renderlo più
sensibile nella misurazione delle performance mnestiche.
Inoltre, si potrebbe pensare ad una validazione dello strumento ampliando il campione ed
accertando in maniera più specifica la discriminatività dei due strumenti.
In conclusione, questa prima costruzione e validazione dello strumento è stata di
fondamentale importanza in quanto ha permesso di costruire uno strumento ecologico per
poter valutare le strategie mnestiche, che possa essere applicato alla popolazione di adulti e
anziani, in modo semplice e di comprensione immediata e che riesca a far emergere le
potenzialità e le competenze del soggetto, piuttosto che esporre il medesimo a una
frustrazione legata all’incapacità di completare la consegna.
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“Se gioventù sapesse, Se vecchiaia potesse”
(Doris Lessing)
CAPITOLO 6.
Contributo di ricerca sulle Strategie di memoria e di metamemoria:
processi motivazionali e di autoefficacia negli adulti e anziani studenti
L’obiettivo generale della ricerca è indagare la componente metacognitiva e motivazionale
alla base dell’autoregolazione dell’apprendimento, nell’ambito dell’educazione agli adulti e
agli anziani (studenti non tradizionali).
Ciò sarà possibile attraverso il confronto di questa popolazione con quella degli studenti
giovani (studenti tradizionali) e degli adulti e anziani non studenti.
Il confronto tra studenti tradizionali e studenti non tradizionali si focalizzerà
sull’individuazione dei processi mnestici, dei processi motivazionali e di autoefficacia,
nonché sulle dimensioni emotive influenti sul percorso di apprendimento. Verranno
confrontate l’uso delle strategie di memoria e la consapevolezza relativa a tale uso
(metamemoria) al fine di individuare l’eventuale esistenza di differenze tra studenti giovani e
studenti adulti e anziani nelle performance mnestiche. Il confronto tra i due gruppi riguarderà
anche i processi motivazionali e i livelli di autoefficacia di memoria e di autoefficacia
emotiva percepita.
Il confronto delle prestazioni con gli adulti e anziani non studenti rappresenterà l’altra faccia
della medaglia. La ricerca, infatti, si è sempre focalizzata solo sul primo confronto (giovani
studenti e anziani studenti), lasciando un vuoto nel determinare l’entità e le capacità di
apprendimento dei coetanei che però non avevano mai intrapreso un percorso formativo in età
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avanzata. Tale confronto avrà come obiettivo l’individuazione di eventuali differenze nelle
prestazioni di memoria e di metamemoria, sui livelli di autoefficacia di memoria ed
autoefficacia emotiva tra adulti e anziani studenti e adulti e anziani non studenti.
Lo scopo unico ed ultimo a cui tende tale ricerca è quello di fornire un quadro chiaro che
permetta di addentrarsi con conoscenza e competenze adeguate nell’ambito della formazione
in età avanzata, per una ristrutturazione dei programmi formativi destinati agli adulti e agli
anziani.
6.1 Studio 1: Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali
Introduzione
Lo studio 1 ha l’obiettivo di chiarire se e come il processo di apprendimento in età adulta si
diversifica rispetto al percorso formativo intrapreso in età “tradizionale”. Si vuole infatti
verificare, attraverso il confronto tra un gruppo di studenti adulti e anziani e un gruppo di
studenti tradizionali (giovani), se esistono differenze nei processi di memoria, di
metamemoria e nei processi motivazionali che risultano determinanti durante il processo di
apprendimento. Le ricerche, in passato, si sono soffermate sulle variabili che influiscono sul
processo di apprendimento degli studenti universitari giovani, trascurando l’approfondimento
nei confronti dell’apprendimento in età avanzata. Solo recentemente, visto l'emergere di un
fenomeno demografico senza precedenti e di notevole impatto sociale, la ricerca si è
concentrata su tale argomento.
Inoltre, va aggiunto che lo studio di questa popolazione e dei percorsi formativi in età
avanzata ha spesso operato un confronto con gruppi di giovani studenti prendendo in
considerazione dimensioni connesse alle performance accademiche e ai livelli motivazionali
senza arrivare ad una conclusione unanime.
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anziani studenti
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I risultati delle ricerche, infatti, non permettono tuttora di arrivare ad una conclusione certa.
Alcuni di essi, che hanno confrontato i due gruppi prendendo in considerazione la tipologia e
la frequenza di strategie di memoria messe in atto, hanno rilevato che la consapevolezza
metacognitiva e l’uso delle conoscenze metacognitive nella regolazione strategica erano più
evidenti nei giovani rispetto al campione composto da adulti e anziani (Brigham & Pressley,
1988). Al contrario, in altri studi, non emergevano alcune differenze tra giovani e anziani
studenti (Bailey, Dunlosky & Hetzog, 2009; Justice & Dorman, 2001).
Altri studi hanno cercato di individuare se esistono differenze nelle prestazioni di memoria e
di metamemoria (Zivian & Darjes, 1983) evidenziando medesime prestazioni per i due gruppi
di studenti, mentre Hertzog, Dixon e Hultsch (1990) disconfermano questo risultato a favore
di una migliore prestazione dei giovani sugli anziani. I risultati contrastanti tra loro sono, in
parte, attribuibili all’uso di strumenti Self-Report con cui veniva misurata la percezione che il
soggetto aveva relativamente alle strategie o alla propria metamemoria ed in parte, al fatto che
i due gruppi spesso non erano abbastanza rappresentativi e/o non erano appaiati per livello
d’istruzione.
I risultati sono contrastanti anche per quanto riguarda le dimensioni motivazionali connesse
all’apprendimento: alcuni studi non rilevano differenze nei livelli di motivazione intrinseca o
meglio vengono rilevate solo parzialmente e legate al genere (Justice et al., 2001), altri invece
sottolineano la maggiore motivazione, di tipo intrinseca, degli anziani sui giovani (Bye et al.
2007; Carpenter 2005; Klein, 1990; Luppi, 2009; Wolfgang et al, 1981).
Infine, per quanto riguarda i livelli di autoefficacia connessi all’apprendimento, alcuni studi
riportano medesimi livelli tra i due gruppi (Justice et al., 2001), mentre Carpenter (2005)
rileva un maggior senso di autoefficacia nei giovani rispetto agli anziani studenti.
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anziani studenti
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Da qui la necessità di esplorare, attraverso il confronto di questi due gruppi, distinti per età e
appaiati per livello d’istruzione, le dimensioni cognitive e motivazionali associate al processo
di apprendimento.
Obiettivi ed Ipotesi
Gli obiettivi e le ipotesi di questo studio sono 7.
1. Verifica dell’influenza della tendenza a presentarsi in maniera desiderabile sulle
misure Self-Report
L’uso di misure Self-Report porta con sé il limite della tendenza del soggetto a
presentarsi in modo socialmente desiderabile. Questo fenomeno sembra interessare in
modo particolare l’invecchiamento (Ray, 88). Vista la relazione tra Età e desiderabilità
sociale (Eysenck & Eysenck, 1975; Ray, 1988), s’intende verificare sul gruppo di
studenti giovani e sul gruppo di studenti adulti e anziani se la tendenza alla
desiderabilità sociale è correlata alle variabili motivazionali, di autoefficacia e
metacognitive. S’ipotizza una relazione di tipo positivo tra desiderabilità sociale e le
risposte di auto-percezione delle proprie capacità per il gruppo di studenti in età
avanzata.
Qualora questa ipotesi si rivelasse vera, su ogni misura Self-Report sarà effettuata
un’analisi della varianza sul campione ridotto, cioè con l’esclusione di profili tendenti
alla desiderabilità sociale. S’ipotizza infatti che, eliminando tali soggetti in entrambi i
gruppi (giovani studenti e adulti e anziani studenti), le differenze tra studenti giovani e
studenti adulti e anziani tendano a scomparire.
2. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali nelle relazioni tra le variabili di
performance mnestica, di autoefficacia e di motivazione
Verificare se vi siano differenze tra studenti tradizionali (giovani) e studenti non
tradizionali (adulti e anziani) per le relazioni che intercorrono tra le variabili di
performance mnestica, autoefficacia di memoria e le variabili motivazionali e
metacognitive.
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Ci si attende di osservare, in linea con la letteratura (Jonker et al., 1997; Justice et al.,
2001;), per entrambi i gruppi, correlazioni significative tra le performance mnestiche e
le variabili motivazionali e metacognitive, mentre ci attende di osservare una
correlazione significativa tra le performance mnestiche e l’autoefficacia di memoria
nel gruppo degli studenti non tradizionali (McDonald-Miszczak, Gould & Tychynski,
1999; Seeman, McAvay, Merrill, Albert & Rodin, 1996; Valentijn & Hill 2006).
3. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulle variabili performance di
memoria, performance di metamemoria e indice di strategicità
Verificare se vi siano differenze nelle prestazioni di memoria, di metamemoria e
sull’indice di strategicità tra studenti tradizionali (giovani) e studenti non tradizionali
(adulti e anziani).
Si procederà innanzitutto ad individuare 4 fasce d’età (19-22 anni/ 23-30 anni/ 50-64
anni/65 anni-78 anni) per una migliore comprensione del ruolo svolto dalla variabile
Età. La letteratura sull’argomento mostra risultati discordanti: alcuni studi sostengono
una medesima prestazione mnestica tra studenti tradizionali e studenti non-tradizionali
(Bailey, Dunlosky & Hetzog, 2009; Justice & Dorman, 2001; Zivian & Darjes, 1983),
altri studi, al contrario, sostengono una migliore performance degli studenti giovani
rispetto agli studenti adulti e anziani (Brigham et al., 1988). Si vuole, inoltre,
verificare l’eventuale effetto d’interazione tra Genere ed Età: ci si attende di osservare
che le studentesse più giovani abbiano performance migliori dei maschi e delle donne
più anziane (Gross & Rebok, 2011).
4. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulla variabile autoefficacia di
memoria
Verificare se vi siano differenze, per la variabile autoefficacia di memoria, tra studenti
tradizionali (giovani) e studenti non tradizionali (adulti e anziani).
La letteratura che esamina la relazione tra autoefficacia di memoria e prestazioni
relative ai compiti di memoria rivela correlazioni positive anche se modeste tra le due
variabili (McDonald-Miszczak, Gould & Tychynski, 1999; Seeman, McAvay, Merrill,
Albert & Rodin, 1996; Valentijn & Hill 2006). L’età sembra influenzare tale relazione,
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poiché con l’aumentare dell’età diminuisce la fiducia nella propria memoria
(Carpenter, 2005) e quindi con un effetto a cascata, diminuiscono le prestazioni
(Hertzog & Dixon, 1994; Lineweaver & Hertzog, 1998; Wells & Esopenko, 2008).
Ma, prendendo in considerazione i quattro gruppi di studenti distinti per età (19-22
anni/ 23-30 anni/ 50-64 anni/65 anni-78 anni), tale relazione è confermata, o in
qualche modo il fatto che gli adulti e anziani frequentino corsi formativi attenui la
correlazione negativa tra età e autoefficacia di memoria? Ci si attende di osservare
l’assenza di differenze tra i quattro gruppi d’età per i livelli di autoefficacia di
memoria.
5. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulle variabili motivazionali e
metacognitive
S’intende verificare se le dimensioni connesse con l’apprendimento siano differenti tra
studenti tradizionali e studenti non tradizionali.
Si procederà innanzitutto ad individuare 4 fasce d’età (19-22 anni/ 23-30 anni/ 50-64
anni/65 anni-78 anni) per una migliore comprensione del ruolo svolto dalla variabile
Età. In base alla letteratura, s’ipotizza un’alta motivazione intrinseca (Carpenter, 2005;
Bye et al., 2007; Wolfang et al., 1981) nel gruppo degli studenti non tradizionali (50-
64 anni e 65-78 anni), e una maggiore autoefficacia nei più giovani (Carpenter, 2005)
associata ad un’assenza di differenze significative per le altre variabili motivazionali e
metacognitive (Justice et al., 2001).
Si vorrà verificare, inoltre, l’effetto d’interazione della variabile Genere con la
variabile Età. In linea con la letteratura (Jonker, Smits & Deeg, 1997; Justice et al.,
2001) s’ ipotizza un maggiore interesse intrinseco da parte delle donne più anziane
correlato però a maggiore ansia, rispetto ai coetanei di genere maschile e agli studenti
tradizionali.
6. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali per le variabili di autoefficacia
empatica percepita
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S’intende verificare se vi siano differenze nella percezione della gestione delle
emozioni positive e negative tra studenti tradizionali e studenti non tradizionali e se
esiste un effetto d’interazione tra la variabile Età e la variabile Genere.
La letteratura sull’argomento (Mega, Moè, Pazzaglia, Rizzato & De Beni, 2007;
Pekrun, Goetz, Titz & Perry, 2002) sostiene che la componente affettiva ed
emozionale gioca un ruolo importante sulla riuscita del lavoro da svolgere, ma non ci
sono studi che mettono a confronto studenti giovani e studenti anziani rispetto a tale
variabile. Partendo dall’ipotesi che l’essere studente sia una variabile influente sul
mantenimento di alti livelli di autoefficacia percepita emotiva, che a sua volta
influenza le performance cognitive, s’ipotizza di non trovare differenze nei livelli tra i
4 gruppi a conferma del fatto che, nonostante l’aumentare dell’età, i soggetti che
frequentano un corso formativo sono capaci di gestire le emozioni positive e negative
come gli studenti giovani.
7. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulle motivazioni a frequentare
un corso universitario
S’intende verificare se esistano differenze nelle motivazioni a frequentare un corso
universitario nei due gruppi di studenti differenti per età.
La letteratura che ha approfondito questo argomento (Kim & Merriam, 2004;
Knowlton, 1977; Luppi, 2009; Romaniuk & Romaniuk, 1982; Tobias 1991; Wolfgang
& Dowling, 1981) ha messo in luce che spesso gli adulti e anziani sono spinti a
frequentare un corso universitario per altre motivazioni, oltre all’interesse verso
l’argomento trattato dal corso. In particolare, s’ipotizza che un numero maggiore di
studenti non tradizionali (adulti e anziani) scelga di frequentare un corso di
formazione in età avanzata allo scopo di ampliare la loro rete sociale e per impiegare il
tempo libero a disposizione rispetto ai giovani studenti.
Campione
Il campione oggetto della ricerca è composto di due gruppi di soggetti differenziati per
tipologia di studente: 86 studenti tradizionali, 89 studenti non tradizionali (adulti e anziani che
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frequentano corsi universitari presso le Università delle Terza Età. Il campione di studenti
tradizionali è composto da 47 femmine e 39 maschi (equidistribuito per genere: Chi2= 0.74,
n.s), con un’età che varia da 19 ai 30 anni (età media 23.07 anni, ds=2.92) ed un livello di
istruzione che va da 13 a 16 anni (istruzione media = 13 anni, ds=0). Gli studenti non
tradizionali sono composti da 51 femmine e 38 maschi (equidistribuito per genere; Chi2= 1,90
n.s) con un’età che varia dai 50 anni ai 78 anni (età media 63.90 anni, ds=5.80) ed un livello
di istruzione che va dagli 8 anni a 18 anni (istruzione media = 12.36 anni, ds=3.22). I due
gruppi (giovani studenti e adulti e anziani studenti) risultano simili per livello d’istruzione
(F(1, 173) =3,3938, p=,07). Il campione proviene da varie regioni d’Italia.
Strumenti
1. Scheda anamnestica: lo scopo dello strumento è la raccolta dei dati personali e
professionali dei soggetti intervistati. Viene richiesta l’età, il genere, il titolo di studio
e gli anni di scolarità, la professione svolta, la regione di provenienza e l’eventuale
frequenza a corsi universitari destinati alla popolazione adulta e anziana.
2. Marlowe-Crowne Social Desiderability Scale, Form C (Reynolds, 1982): la scala,
nella sua versione ridotta, è composta da 13 item che prevedono risposte dicotomiche
vero/falso e valuta la tendenza a rispondere in modo socialmente desiderabile, in
maniera deliberata oppure inconsapevole. Le due sottoscale sono “autoinganno” (self-
deception) e “gestione delle impressioni” (impression management). Si tende
comunque ad utilizzare un unico punteggio di scala. Esistono numerose versioni
ridotte della M-C ampiamente utilizzate in letteratura, ma quella composta da 13 item
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è la versione ridotta più affidabile in quanto più rappresentativa della versione
originale composta da 33 item (Reynolds, 1982).
3. Mnemotest: test che indaga le strategie di memoria e di metamemoria. La versione
adattata per adulti e anziani dello strumento è stata ottenuta partendo dalla versione
originale di Cottini e Meazzini (2005), dedicato a studenti di scuola elementare e
media. È costituita da 10 item che indagano le performance di memoria e le
performance di metamemoria. Il punteggio alle due subscale da vita all’indice di
strategicità, indicativo delle competenze di memoria e metamemoria complessive del
soggetto adulto e anziano.
4. Motivated Strategies for Learning Questionnaire, MSLQ (Pintrich & DeGroot,
1990): è stato costruito per misurare gli orientamenti motivazionali e l’uso delle
differenti strategie d’apprendimento a determinati corsi universitari o al college. Si
adatta a tutti gli studenti, indipendentemente dalla facoltà. La versione originale conta
56 item, ma per questo studio è stata utilizzata la forma costituita da 44 item, su scala
likert da 1 a 7 punti, afferenti a 5 diverse subscale. Nello specifico, le sottoscale sono
tre di tipo motivazionale che sono Autoefficacia Accademica, Interesse Intrinseco e
Ansia e due metacognitive, denominate Uso di Strategie Cognitive e Autoregolazione
nello studio. Le cinque subscale sono composte da un numero di item compreso tra 4-
13 e hanno coefficienti di attendibilità compresi tra 0.74 e 0.89. La sottoscala di
autoefficacia comprende 9 item (α 0.89) e riguarda la percezione della propria
competenza e la fiducia nelle performance scolastiche. La sottoscala Interesse
Intrinseco comprende 9 item (α 0.87) e fa riferimento alla percezione dell’importanza
del corso intrapreso, all’interesso intrinseco verso l’argomento trattato. La sottoscala
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Ansia è composta da 4 item (α 0.75) e riguarda lo stato emotivo del soggetto durante
lo svolgimento delle prove. Le due subscale, Uso di strategie e Autoregolazione nello
studio, sono rispettivamente composte da 13 (α 0.83) e 9 item (α 0.74). La prima
indaga l’uso di strategie di richiamo, elaborazione ed organizzazione, mentre la
seconda tratta pianificazione, scrematura e monitoraggio delle performance messe in
atto.
5. MIA Capacity (Metamemory in Adulthood questionnaire) (Dixon, Hultsch,
Herzog, 1988): è una sottoscala che compone il Metamemory in Adulthood
questionnaire e misura le credenze che il soggetto possiede relativamente alle capacità
di memoria. La sottoscala è composta da 17 item e la versione italiana utilizzata è stata
messa a punto dalla seconda Università di Napoli. Il MIA è composto da 108 item,
con risposte su scala Likert a 5 punti, e 7 subscale. I valori assunti dai coefficienti
alpha di Cronbach e i dati relativi alla validità convergente, discriminante e predittiva
del MIA (Hertzog, Hultsch, & Dixon, 1988) testimoniano della complessiva
affidabilità dello strumento.
6. Scala di Autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni positive (Caprara &
Gerbino, 2001): misura le convinzioni relative alle proprie capacità di regolare
adeguatamente le emozioni positive. La versione definita per adolescenti e adulti è
costituita da 7 item (α 0.82), con risposte su scala Likert a 5 punti (1 Per nulla capace -
5 Del tutto capace).
7. Scala di Autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni negative (Caprara &
Gerbino, 2001): misura le convinzioni relative alle proprie capacità di regolare
adeguatamente le emozioni negative. La versione definita per adolescenti e adulti è
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costituita da 8 item (α 0.82), con risposte su una scala Likert a 5 punti (1 Per nulla
capace - 5 Del tutto capace).
Risultati
1. Verifica dell’influenza della tendenza a presentarsi in maniera desiderabile sulle
misure Self-Report
Sono state effettuate delle correlazioni, distinte per gruppi di studenti tradizionali (giovani) e
studenti non tradizionali (adulti e anziani), tra la tendenza a presentarsi in modo socialmente
desiderabile e le misure relative alle prestazioni di memoria (Mnemotest) e alle misure Self-
report (autoefficacia di memoria, autoefficacia accademica, motivazione intrinseca, ansia, uso
di strategie cognitive, autoregolazione, autoefficacia emotiva). Gli indici di correlazioni
segnati in rosso, nella tabella 15, sono quelli risultati statisticamente significativi (p< 0.05).
Gli asterischi stanno ad indicare i confronti significativi tra coppie di indici di correlazioni per
p<0.05.
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Tabella 15 Correlazioni tra la desiderabilità sociale e le altre variabili misurate attraverso il confronto tra
studenti tradizionali e non tradizionali
Desiderabilità sociale
Studenti tradizionali/Studenti Non tradizionali
Mnemotest
Performance di memoria 0.15/-0.03
Performance di metamemoria -0.08/-0.16
Indice di strategicità 0.07/-0.09
Autoefficacia di memoria 0.32/-0.04*
MSLQ
Autoefficacia accademica 0.30/-0.01*
Valore intrinseco 0.26/0.11
Ansia -0.15/-0.12
Uso di strategie 0.11/0.22
Autoregolazione 0.29/0.20
Autoefficacia percepita nella
gestione delle emozioni negative
0.40/0.18
Autoefficacia percepita nella
gestione delle emozioni positive
0.25/0.05
Note. Le correlazioni segnate in rosso sono significative per p<0.05
*Confronto tra i due indici di correlazione significativo per p<0.05
Per gli studenti tradizionali emerge una correlazione di tipo positivo tra la desiderabilità
sociale e autoefficacia di memoria, che non emerge per gli studenti adulti e anziani.
All’aumentare della tendenza a presentarsi in modo desiderabile aumentano anche le risposte
che sottintendono la fiducia dello studente nei confronti della propria memoria. Stesso
andamento emerge tra la desiderabilità sociale e l’autoefficacia accademica. I giovani che si
presentano in modo socialmente desiderabile mostrano un’alta fiducia in sé stessi in ambito
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accademico. Per gli studenti giovani emergono relazioni positive anche tra la desiderabilità
sociale e le variabili “Valore intrinseco”, “Autoregolazione” e “Autoefficacia percepita nella
gestione delle emozioni negative e positive”.
Alla luce di questi risultati, tutte le analisi della varianza effettuate di seguito sulle misure di
auto percezione (autoefficacia di memoria, autoefficacia accademica, motivazione intrinseca,
ansia, uso di strategie cognitive, autoregolazione, autoefficacia emotiva) saranno effettuate su
un campione ridotto, poiché saranno eliminati i soggetti con profili tendenti alla desiderabilità
sociale.
2. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali nelle relazioni tra le variabili di
performance mnestica, di autoefficacia e di motivazione
La tab.16 mostra le correlazioni tra i tre punteggi ottenuti allo Mnemotest (performance di
memoria, di metamemoria e indice di strategicità) e le misure di autovalutazione
(autoefficacia di memoria, autoefficacia accademica, motivazione intrinseca, ansia, uso di
strategie cognitive, autoregolazione, autoefficacia emotiva) per entrambi i gruppi (studenti
tradizionali e studenti non tradizionali). Gli indici di correlazione segnati in rosso sono quelli
risultati statisticamente significativi (p< 0.05). Dai risultati emerge che sia negli studenti
tradizionali (giovani) che negli studenti non tradizionali (adulti e anziani) la performance di
memoria e l’indice di strategicità correlano in modo statisticamente significativo con il valore
intrinseco e il livello di ansia: in particolare a buone performance di memoria si associano
buoni livelli di motivazione intrinseca e basso livello d’ansia.
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Tabella 16 Correlazioni tra le misure di prestazione mnestiche e le altre variabili misurate, attraverso il
confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali
Performance di
memoria
Performance di
metamemoria
Indice di strategicità
Studenti tradizionali/
Studenti Non
tradizionali
Studenti tradizionali/
Studenti Non
tradizionali
Studenti tradizionali/
Studenti Non
tradizionali
Autoefficacia di memoria 0.21/0.07 -0.01/0.24* 0.15/0.17
MSLQ
Autoefficacia accademica 0.16/0.25 0.14/0.10 0.18/0.24
Valore intrinseco 0.27/0.22 0.13/0.12 0.26/0.23
Ansia -0.26/-0.38 -0.28/-0.04 -0.33/-0.31
Uso di strategie 0.15/0.18 0.16/0.10 0.18/ 0.18
Autoregolazione 0.20/0.15 0.16/0.05 0.22/0.14
Autoefficacia percepita nella
gestione delle emozioni
negative
0.09/0.15 0.13/-0.02 0.13/-0.12
Autoefficacia percepita nella
gestione delle emozioni
positive
0.09/-0.07 -0.10/0.22* 0.01/0.05
Note. Le correlazioni segnate in rosso sono significative per p<0.05
* Confronto tra i due indici di correlazione significativo per p<0.05
Altro risultato interessante è che, solo per il gruppo degli studenti tradizionali (giovani), la
performance di metamemoria correla in modo significativo e negativo con l’ansia, e l’indice
di strategicità correla positivamente con l’autoregolazione: ad un buon punteggio allo
Mnemotest si associa una buona capacità di autoregolazione. Al contrario, nel gruppo degli
studenti non tradizionali (adulti e anziani) emerge una correlazione statisticamente
significativa tra la performance di metamemoria e l’autoefficacia di memoria, tra la
performance di metamemoria e l’autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni
positive, e tra indice di strategicità e l’autoefficacia accademica. Emerge, dunque, che gli
studenti adulti e anziani che hanno una buona metamemoria hanno anche un’alta fiducia nella
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propria memoria e nella capacità di gestire le emozioni positive, e coloro che hanno una
buona performance totale allo Mnemotest hanno anche una fiducia in se stessi in ambito
accademico.
3. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulle variabili performance di
memoria, performance di metamemoria e indice di strategicità
Per la verifica dell’effetto della variabile Età e del Genere sulla performance di memoria, la
performance di metamemoria e l’indice di strategicità ottenute allo Mnemotest, si è diviso il
campione in quattro fasce d’età. Le prime due fasce (19-22 anni e 23-30 anni) fanno
riferimento al gruppo degli studenti tradizionali (giovani), mentre le altre due fasce (50-64
anni e 65-78 anni) fanno riferimento al gruppo degli studenti non tradizionali (adulti e
anziani).
Effetto età per genere sulla performance di memoria
Tramite delle Anova fattoriali si è studiato l’effetto dell’età, l’effetto del genere e l’effetto
d’interazione età per genere sulle varianze dei punteggi ai singoli item e al punteggio totale
dello strumento di valutazione della scala performance di memoria. La Tabella 17 riporta le
medie e deviazioni standard delle prestazioni agli item della scala di performance, nonché del
punteggio totale, in funzione dell’età.
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Tabella 17 Analisi della varianza sui gruppi di giovani studenti e anziani studenti per la variabile
performance di memoria
Studenti tradizionali Studenti non tradizionali
Performance
di memoria
(A)
19-22 anni
(n=42)
(M=24;F=18)
(B)
23-30 anni
(n=44)
(M=16;F=23)
(C)
50-64 anni
(n=39)
(M=15;F=29)
(D)
65-78 anni
(n=50)
(M=22;F=28)
F(3,167); p
Post-hoc
(Bonferroni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)
Item 1
(strategia di
reiterazione)
1 (0) 0.93 (0.25) 0.95 (0.22) 0.84(0.37)
ETA= 2.76; p= .044
GENERE = 1.50; p=n.s
GENERE*ETA= 2.85; p=0.03
A>D
Item 2
(strategia di
associazione)
0.79 (0.42) 0.84 (0.37) 0.51 (0.51) 0.44 (0.50) ETA= 7.67; p=.000
GENERE =2.47; p=n.s.
GENERE*ETA=3.94;p=.010
A>C;A>D; B>C;
B>D
Item 3
(strategia di
codifica)
0.62 (0.49) 0.68 (0.47) 0.44 (0.50) 0.36 (0.48) ETA= 4.60; p=.004
GENERE = 1.09; p=n.s.
GENERE*ETA= .850; p= n.s.
B>D;
Item 4
(strategia di
codifica
spaziale)
1 (0) 0.95 (0.21) 0.92 /(0.27) 0.84 (0.37) ETA= 2.67; p= 0.04
GENERE =3.71; p=n.s.
GENERE*ETA=2.11; p= n.s.
A>D
Item 5
(strategia di
evid.
percettiva)
0.81 (0.74) 0.95 (0.86) 0.44 (0.68) 0.22 (0.42) ETA= 9.04; p=.000
GENERE = 1.19; p=n.s.
GENERE*ETA= 2.29; p= n.s.
A>D; B>C; B>D;
Item 6
(strategia di
clustering)
1.50 (1.17) 1.82 (1.22) 0.79 (1.02) 0.48 (0.76) ETA= 13.34; p=.000
GENERE =1.58; p=n.s.
GENERE*ETA= 1.20; p= n.s.
A>C;A>D; B>C;
B>D
Item 7
(strategia di
evid.
percettiva)
2 (0.70) 2.20 (0.63) 1.92 (0.70) 1.80 (0.70) ETA= 1.06; p= n.s.
GENERE =5.24; p=.02
GENERE*ETA= .370; p= n.s.
M>F
Item 8
(strategia
formazione di
storia)
2.05 (1.08) 2.16 (1.10) 1.31 (1.26) 0.80 (1.09) ETA= 12.43; p=.000
GENERE =.06; p=n.s.
GENERE*ETA= 3.57; p=.015
A>C;A>D; B>C;
B>D
Item 9
(strategia di
clustering)
2.69 (0.60) 2.70 (0.63) 2.54 (0.82) 2.02 (1.10) ETA= 6.18; p= .001
GENERE =.960; p=n.s.
GENERE*ETA= 1.15; p= n.s.
A>D; B>C;C>D
Item 10
(strategia di
codifica
spaziale)
0.71 (0.46) 0.59 (0.50) 0.46 (0.51) 0.38 (0.49) ETA=3.57; p=.015
GENERE =.084; p=n.s.
GENERE*ETA= .475; p= n.s.
A>D;
Performance
Totale 13.17 (3.33) 13.84 (3.91) 10.38 (3.62) 8.18 (3.40) ETA=21.60; p=.000
GENERE = 0.60; p=n.s.
GENERE*ETA= 3.60; p=.015
A>C;A>D; B>C; B>D;C>D
Note. *Significatività per p< 0.05
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anziani studenti
Tutor: Prof.ssa Lina Pezzuti; Co-Tutor: Prof.ssa Valeria Schimmenti; Candidato: Dott. Anita Giallongo 111
Le varie analisi della varianza hanno messo in luce che i quattro gruppi, distinti per età, si
differenziano per le performance di memoria. In particolare, per tutti gli item che
compongono la scala di performance di memoria, eccetto che per l’item 7, che valuta la
capacità di mettere in atto una strategia di evidenziazione percettiva, emerge una superiorità
degli studenti giovani sugli studenti anziani. Anche il punteggio di performance totale mostra
che i più giovani ottengono punteggi medi significativamente più alti degli studenti anziani.
L’item 7 fa, invece, registrare differenze significative per il genere: le donne hanno
performance più basse dei maschi relativamente alla strategia di evidenziazione percettiva.
Inoltre, è emerso un effetto d’interazione età per genere sugli item 1 (strategia di reiterazione),
2 (strategia di associazione), 8 (strategia formazione di storia) e sul punteggio di performance
totale: in generale, le prestazioni delle donne anziane sono peggiori di quelle degli studenti
giovani di entrambi i sessi. Le figure 1, 2, 3 e 4 e le rispettive tabelle mostrano tali effetti
d’interazione significativi e i post-hoc.
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anziani studenti
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Figura 1 Grafico e post-hoc effettuati sull’item 1 di performance di memoria
Anov a f attoriale età per sesso
Ef f . corrente: F(3, 167)=2,8546, p=,03884
Femmine
Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni
f asce d'età
0,6
0,7
0,8
0,9
1,0
1,1
1,2
Item
1:
str
ate
gia
di re
itera
zio
ne
In particolare, all’item 1 della strategia di reiterazione emerge che i punteggi delle studentesse
giovani (19-22 e 23-30 anni) e i punteggi degli studenti giovani (19-22 anni) sono
significativamente più alti dei punteggi delle studentesse anziane (65-78 anni).
Guardando l’item 2 (cfr. Fig. 2), che misura la strategia di associazione, la differenza
significativa tra le medie, ottenute tramite post-hoc, è presente tra il gruppo delle donne d’età
compresa tra i 19 e i 22 anni con il gruppo d’età compresa tra i 50 e 64 anni e il gruppo delle
donne dai 65 anni in su. Inoltre, la stessa significatività emerge con il gruppo delle
studentesse d’età compresa tra i 23 e i 30 anni con i gruppi di donne più anziane e degli
studenti giovani con le studentesse più anziane.
Genere Gruppi SS Media Ds
Femmine
(A) 19-22 18 1.00 0.00
(B) 23-30 29 0.97 0.19
(C) 50-64 23 0.91 0.29
(D) 65-78 28 0.75 0.44
Maschi
(E) 19-22 24 1.00 0.00
(F) 23-30 15 0.87 0.35
(G)50-64 16 1.00 0.00
(H) 65-78 22 0.95 0.21
Post-hoc
(Bonferroni): A>D; B>D; E>D
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Figura 2 Grafico e post-hoc effettuati sull’item 2 di performance di memoria
I post-hoc effettuati sull’item 8, relativo alla strategia formazione di una storia, evidenziano
che le medie delle risposte fornite dalle studentesse più giovani sono più alte delle medie
fornite dalle studentesse più anziane. Significative sono le differenze tra le medie del gruppo
delle studentesse d’età compresa tra i 19 e 22 anni e le studentesse tra i 23 e 30 anni rispetto
alle studentesse più anziane (50-64 anni e 65-78 anni) e i maschi d’età tra i 19 e i 22 anni.
Genere Gruppi SS Media Ds
Femmine
(A) 19-22 18 0.89 0.32
(B) 23-30 29 0.86 0.35
(C) 50-64 23 0.35 0.49
(D) 65-78 28 0.32 0.48
Maschi
(E) 19-22 24 0.71 0.46
(F) 23-30 15 0.80 0.41
(G)50-64 16 0.75 0.45
(H) 65-78 22 0.59 0.50
Post-hoc
(Bonferroni): A>C; A>D;
B>C;B>D; F>D;
Anova fattoriale Età per sesso
Eff. corrente: F(3, 167)=3,9381, p=,00953
Femmine
Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-6 anni 65-78 anni
fasce d'età
0,0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
0,8
0,9
1,0
1,1
1,2
Item
2: S
trate
gia
di A
ssocia
zio
ne
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Figura 3 Grafico e post-hoc effettuati sull’item 8 di performance di memoria
Anov a f attoriale età per sesso
Ef f . corrente: F(3, 167)=3,5652, p=,01547
Femmine
Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni
f asce d'età
-0,5
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
Item
8:F
orm
azio
ne
di sto
ria
Infine, i post-hoc e il grafico che mostrano l’andamento per Genere ed Età alla performance
totale mettono in luce che gli studenti più giovani (maschi e femmine) hanno punteggi più alti
sia rispetto alle studentesse in là negli anni, sia rispetto agli studenti maschi più anziani.
Genere Gruppi SS Media Ds
Femmine
(A) 19-22 18 2.06 1.06
(B) 23-30 29 2.45 0.83
(C) 50-64 23 1.13 1.14
(D) 65-78 28 0.54 0.92
Maschi
(E) 19-22 24 2.04 1.12
(F) 23-30 15 1.60 1.35
(G)50-64 16 1.56 1.41
(H) 65-78 22 1.14 1.21
Post-hoc
(Bonferroni):
A>D;
B>C;B>D;B>H;
E>D
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Figura 4 Grafico e post-hoc effettuati sul punteggio totale di memoria
Anov a f attoriale Età per sesso
Ef f . corrente: F(3, 167)=3,5983, p=,01482
Femmine
Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni
f asce d'età
4
6
8
10
12
14
16
18
Perf
orm
ance t
ota
le
In sintesi, si può sostenere che le performance di memoria, misurate tramite la scala dello
Mnemotest, risentono dell’età e del genere del soggetto. In particolare più i soggetti,
soprattutto di genere femminile, sono in là negli anni più le loro performance tendono a
diminuire con l’avanzare dell’età.
Effetto età per genere sulla metamemoria
Saranno adesso esaminati i quattro gruppi, attraverso l’analisi della varianza, per la variabile
metamemoria.
Genere Gruppi SS Media Ds
Femmine
(A) 19-22 18 12.94 3.33
(B) 23-30 29 14.66 3.42
(C) 50-64 23 9.74 3.84
(D) 65-78 28 7.14 3.00
Maschi
(E) 19-22 24 13.33 3.40
(F) 23-30 15 12.27 4.43
(G)50-64 16 11.06 3.23
(H) 65-78 22 9.50 3.47
Post-hoc
(Bonferroni):
A>D;
B>C; B>D; B>G; B>H;
E>C; E>D;E>H;
F>D; G>D;
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Tabella 18 Analisi della varianza sui gruppi di giovani studenti e anziani studenti per la variabile di
metamemoria
Studenti tradizionali Studenti non tradizionali
Performance
di
metamemoria
(A)
19-22 anni
(n=42)
(M=24;F=18)
(B)
23-30 anni
(n=44)
(M=16;F=23)
(C)
50-64 anni
(n=39)
(M=15;F=29)
(D)
65-78 anni
(n=50)
(M=22;F=28)
F(3,167); p
Post-hoc
(Bonferr
oni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)
Item 1
(strategia di
reiterazione)
1.57 (0.59) 1.32 (0.60) 1.28 (0.56) 1.24 (0.59) ETA= 2.89; p= .037
GENERE = .363; p=n.s
GENERE*ETA= 2.51; p= n.s
A>D
Item 2
(strategia di
associazione)
1.07 (0.56) 1.23 (0.60) 0.90 (0.50) 0.96 (0.49) ETA= 2.36; p=n.s
GENERE = .046; p=n.s
GENERE*ETA=.390;p=n.s
Item 3
(strategia di
codifica)
1.10 (0.58) 1.09 (0.52) 0.95 (0.56) 1 (0.45) ETA= .693 p=n.s.
GENERE = 1.12; p=n.s
GENERE*ETA= .208; p= n.s.
Item 4
(strategia di
codifica
spaziale)
1.45 (0.50) 1.45 (0.50) 1.18 (0.51) 1.12 (0.56) ETA= 4.189; p=.007
GENERE = .033; p=n.s
GENERE*ETA=.455; p= n.s.
A>D;B>D
Item 5
(strategia di
evid.
percettiva)
1.14 (0.65) 1.27 (0.45) 1.21 (0.61) 1.12 (0.56) ETA= 1.486; p=n.s.
GENERE = 2.06; p=n.s
GENERE*ETA= 3.06; p= .03
Item 6
(strategia di
clustering)
1.29 (0.51) 1.25 (0.53) 1.23 (0.54) 1.06 (0.42) ETA= 1.686; p=n.s.
GENERE = 3.28; p=n.s
GENERE*ETA= 1.703; p= n.s.
Item 7
(strategia di
evid.
percettiva)
1.29 (0.55) 1.48 (0.51) 1.36 (0.58) 1.28 (0.54) ETA= 1.26; p= n.s.
GENERE = 1.29; p=n.s
GENERE*ETA= .707; p= n.s.
Item 8
(strategia
formazione di
storia)
1.05 (0.449 1.07 (0.40) 1.03 (0.28) 0.94 (0.31) ETA= 1.12 p=n.s
GENERE =.151; p=n.s
GENERE*ETA= .330; p=n.s
Item 9
(strategia di
clustering)
1.12 (0.45) 1.11 (0.39) 1.10 (0.38) 1.10 (0.42) ETA= .033; p= n.s.
GENERE = 2.14; p=n.s
GENERE*ETA= 1.56; p= n.s.
Item 10
(strategia di
codifica
spaziale)
1.40 (0.66) 1.36 (0.72) 1.13 (0.70) 1.24 (0.69) ETA= 1.078; p=.n.s.
GENERE = .088; p=n.s
GENERE*ETA= .488; p= n.s.
Performance
metamemoria
Totale
12.5 (3) 12.6 82.33) 11.36 (2.31) 11.06 (2.02)
ETA=3.83; p=.011
GENERE =.052; p=n.s
GENERE*ETA=1.13; p=n.s
A>D; B>D
Note. *Significatività per p< 0.05
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anziani studenti
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La consapevolezza nell’utilizzo della strategia migliore sembra avere un andamento diverso
rispetto alle performance di memoria. Gli item che risentono dell’effetto Età sono gli item 1,
relativo alle strategie di reiterazione, l’item 4 relativo alla strategia di codifica spaziale e il
punteggio di metamemoria totale. Qui, gli studenti più giovani hanno maggiore
consapevolezza delle strategie applicate rispetto agli adulti e anziani studenti. Non si
registrano differenze significative per la variabile genere. Solo per l’item 5 si registra l’effetto
d’interazione genere per età (cfr. fig. 5): i giovani studenti ottengono punteggi medi
significativamente più alti rispetto alle giovani studentesse e agli studenti dello stesso genere
in età avanzata. Ciò vuol dire che, al crescere dell’età, i soggetti più anziani non riescono a
individuare la strategia migliore da applicare rispetto ai giovani studenti. Ciò non si verifica
per tutte le strategie ma solo per la strategia di reiterazione, codifica spaziale e il punteggio
totale.
Figura 5 Grafico e post-hoc effettuati sull’item 5 di performance di metamemoria
Anov a f attoriale Età per Sesso
Ef f . corrente: F(3, 167)=3,0575, p=,02988
Femmine
Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni
f asce d'età
0,4
0,6
0,8
1,0
1,2
1,4
1,6
1,8
2,0
Ite
m 5
: S
tra
teg
ia e
vid
en
z.
pe
rce
ttiv
a
Genere Gruppi SS Media Ds
Femmine
(A) 19-22 18 0.94 0.73
(B) 23-30 29 1.14 0.35
(C) 50-64 23 1.22 0.60
(D) 65-78 28 1.21 0.57
Maschi
(E) 19-22 24 1.29 0.55
(F) 23-30 15 1.53 0.52
(G)50-64 16 1.19 0.66
(H) 65-78 22 1.00 0.53
Post-hoc
(Bonferroni): E>A;
F>A; F>B; F>H;
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Effetto età per genere sull’indice di strategicità
Si analizzerà in ultimo l’indice di strategicità, inteso come il punteggio unitario tra
performance di memoria e performance di metamemoria che il soggetto ottiene allo
Mnemotest.
Tabella 19 Analisi della varianza per la variabile Indice di strategicità
Studenti tradizionali Studenti non tradizionali
(A)
19-22 anni
(n=42)
(M=24;F=18)
(B)
23-30 anni
(n=44)
(M=16;F=23)
(C)
50-64 anni
(n=39)
(M=15;F=29)
(D)
65-78 anni
(n=50)
(M=22;F=28)
F(3,167); p
Post-hoc
(Bonferro
ni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)
INDICE DI
STRATEGICITA
’
25.64 (5.03) 26.48 (5.31) 21.64 (4.96) 19.24 (4.25) ETA= 18.97; p= .000
GENERE = 0.046; p=n.s
GENERE*ETA= 2.91; p=.036
A>C; A>D;
B>C; B>D
Note. *Significatività a p<0,05
Emergono delle differenze significative sia per l’effetto della sola variabile Età, che per
l’effetto d’interazione Genere per Età, mentre non emerge alcun effetto lineare per la variabile
genere. In particolare i due gruppi degli studenti tradizionali (19-22 anni e 23-30 anni) hanno
performance migliori allo Mnemotest rispetto agli studenti non tradizionali (adulti e anziani).
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Figura 6 Grafico e post-hoc effettuati sull’indice di strategicità
Anova fattoriale Sesso per Età
Eff. corrente: F(3, 167)=2,9067, p=,03631
Femmine
Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni
fasce d'età
14
16
18
20
22
24
26
28
30
32
Indic
e d
i S
trate
gic
ità
Guardando il grafico 6 e i relativi post-hoc effettuati sul punteggio totale allo Mnemotest
emerge, per l’effetto d’interazione Genere ed età, che le studentesse giovani hanno
performance mnestiche significativamente più alte delle studentesse e degli studenti più in là
negli anni.
In conclusione, in merito ai punteggi ottenuti allo Mnemotest si è osservato che le
performance di memoria, le performance di metamemoria e l’indice di strategicità risentono
principalmente della variabile Età. Al crescere dell’età diminuiscono le performance di
memoria, intese sia come capacità di saper applicare una strategia di memoria, sia come
consapevolezza della sua applicazione. Inoltre, mentre la scala di memoria fa registrare un
effetto d’interazione Genere per Età, per la scala di metamemoria tale andamento emerge solo
per un item (item 5, relativo alla strategia di evidenziazione percettiva).
I giovani, soprattutto di genere femminile, hanno migliori capacità strategiche rispetto al
campione di anziani di genere maschile, ma soprattutto di genere femminile.
Genere Gruppi SS Media Ds
Femmine
(A) 19-22 18 24,78 4,89
(B) 23-30 29 27,59 4,26
(C) 50-64 23 21,09 4,99
(D) 65-78 28 18,18 3,79
Maschi
(E) 19-22 24 26,29 5,13
(F) 23-30 15 24,33 6,54
(G)50-64 16 22,44 4,97
(H) 65-78 22 20,59 4,50
Post-hoc
(Bonferroni):
A>D;
B>C;B>D;B>G;B>H;
E>C; E>D; E>H;
F>D;
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4. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulla per la variabile
autoefficacia di memoria
Una dimensione specifica della metamemoria è l’autoefficacia di memoria, cioè la fiducia che
il soggetto ripone nei confronti della sua memoria o ancora “il proprio senso di padronanza e
capacità di utilizzare la memoria in modo efficace in situazioni impegnative" (Hertzog &
Dixon, 1994, p. 229). Gli studi che hanno centrato l’attenzione sull’autoefficacia di memoria
hanno messo in luce la relazione tra autoefficacia di memoria e prestazioni mnestiche,
rivelando correlazioni positive anche se modeste tra le due variabili (McDonald-Miszczak,
Gould e Tychynski, 1999; Seeman, McAvay, Merrill, Albert & Rodin, 1996; Valentijn e Hill
2006). Alla luce di tale relazione, occorre stabilire se l’autoefficacia di memoria risente della
variabile età, verificando se la percezione di autoefficacia di memoria è diversa nei quattro
gruppi di studenti distinti per età. Si verificherà anche l’eventuale presenza di un effetto
d’interazione tra le variabili Genere ed Età.
Tabella 20 Analisi della varianza sul punteggio di autoefficacia di memoria
Studenti tradizionali Studenti non tradizionali
(A)
19-22 anni
(n=42)
(M=24;F=18)
(B)
23-30 anni
(n=44)
(M=15;F=29)
(C)
50-64 anni
(n=39)
(M=16;F=23)
(D)
65-78 anni
(n=50)
(M=22;F=28)
F(3,167); p
Post-hoc
(Bonferroni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)
Autoefficacia di
memoria 58.38 (8.70) 61.77 (8.70) 56.54 (8.38) 55.38 (7.85)
ETA=4.768; p=.003
GENERE = 1.51 ; p= n.s.
GENERE*ETA= .909; p= n.s.
B>C; B>D
Note. *Significatività a p<0,05
La significatività emerge tra il gruppo degli studenti d’età compresa tra i 23 e 30 anni e i due
gruppi di studenti non tradizionali. All’aumentare dell’età diminuisce la fiducia nelle proprie
capacità. Non emerge alcun effetto lineare della variabile genere, né l’effetto d’interazione
genere per età.
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anziani studenti
Tutor: Prof.ssa Lina Pezzuti; Co-Tutor: Prof.ssa Valeria Schimmenti; Candidato: Dott. Anita Giallongo 121
Tuttavia, alla luce della relazione positiva tra autoefficacia di memoria e la tendenza del
soggetto a presentarsi in modo desiderabile, si è proceduto ad effettuare l’analisi della
varianza sul campione ridotto, cioè eliminando in entrambi i gruppi (studenti tradizionali e
studenti non tradizionali) i soggetti con profili a rischio e profili non validi (punteggi ≥9). In
tal caso i risultati subiscono un cambiamento.
Tabella 21 Analisi della varianza sul punteggio di autoefficacia di memoria
Studenti tradizionali Studenti non tradizionali
(A)
19-22 anni
(n=28)
(M=18;F=10)
(B)
23-30 anni
(n=28)
(M=12;F=16)
(C)
50-64 anni
(n=12)
(M=6;F=6)
(D)
65-78 anni
(n=24)
(M=11;F=13)
F(3,84); p
Post-hoc
(Bonfer
roni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)
Autoefficacia di
memoria 57.68 (5.70) 58.86 (7.11) 59.08 (8.51) 53.96 (8.81) ETA= 2.21; p= n.s.
GENERE = 0.126; p=n.s
GENERE*ETA= 1.959; p= n.s.
Note. *Significatività a p<0,05
Eliminando i soggetti che presentano punteggi alti di desiderabilità sociale alla scala
Marlowe-Crowne, studenti tradizionali e studenti non tradizionali mostrano i medesimi livelli
di autoefficacia di memoria. Non emergono infatti differenze né per età, né per genere, né per
effetto d’interazione tra queste due variabili. Le percezioni relativamente alle proprie capacità
di memoria sono uguali per entrambi i gruppi di studenti.
5. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali sulle variabili motivazionali e
metacognitive
Il confronto tra studenti giovani e studenti anziani ha riguardato anche le dimensioni
motivazionali e metacognitive del Motivated Strategies for Learning Questionnaire (cfr.
tab.22). Emergono delle differenze per la variabile età, per l’autoefficacia accademica e per
l’uso di strategie cognitive: i più giovani hanno punteggi più alti degli studenti non
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tradizionali (50-64 anni e 65-78 anni). I più giovani, quindi, hanno un maggiore senso di
autoefficacia accademica, e riferiscono di fare un uso maggiore delle strategie cognitive.
Tabella 22 Analisi della varianza effettuata sulle variabili del Motivated Strategies for Learning
Questionnaire
Studenti tradizionali Studenti non tradizionali
(A)
19-22 anni
(n=42)
(M=24;F=18)
(B)
23-30 anni
(n=44)
(M=15;F=29)
(C)
50-64 anni
(n=39)
(M=16;F=23)
(D)
65-78 anni
(n=50)
(M=22;F=28)
F(3,167); p
Post-hoc
(Bonferroni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)
Autoefficacia
accademica 45.6 (7.71) 50.3 (7.92) 44.26 (7.54) 43.8 (6.35)
ETA= 4.810; p=.003
GENERE = .913; p=n.s
GENERE*ETA=4.09;p=.008
B>A; B>C; B>D
Valore
intrinseco 51 (6.76) 53.5 (6.52) 49.82 (6.81) 49.26 (6.35)
ETA= 2.10 p=n.s.
GENERE =3.39; p=n.s
GENERE*ETA= 3.10; p=.02
Ansia 14.81 (5.01) 13.11 (5.37) 15.44 (4.23) 14.78 (4.81)
ETA= .1.19; p= n.s.
GENERE = .496; p=n.s
GENERE*ETA=2.27; p=n.s.
Uso di strategie
cognitive 70.12 (10.8) 70.57 (9.64) 66.51 (8.60) 65.22 (10.1)
ETA= 3 p=.03
GENERE = 14.82; p=.000
GENERE*ETA= 3.61; p=.01
B>D;
F>M;
Autoregolazione 41.74 (8.60) 45.37 (6.76) 41.51 (6.20) 40.62 (6.20)
ETA= 4.768; p=n.s.
GENERE = 3.37; p=n.s
GENERE*ETA= .909; p= n.s
Note. *Significatività a p<0,05
L’effetto del genere emerge solo per la variabile Uso di strategie cognitive: le donne si
percepiscono più capaci a mettere in atto strategie cognitive rispetto ai maschi.
L’effetto d’interazione Genere ed Età è emerso per le variabili valore intrinseco, autoefficacia
accademica e uso di strategie cognitive (fig. 7, 8, e 9).
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Figura 7 Grafico e relativi post-hoc per la variabile Valore Intrinseco
Anova fattoriale Sesso per età
Eff. corrente: F(3, 167)=3,1029, p=,02818
Femmine
Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni
fasce d'età
44
46
48
50
52
54
56
58
60
Valo
re intr
inseco
L’analisi della varianza e i post-hoc hanno mostrato, per la variabile “valore intrinseco”, che
le studentesse giovani (23-30 anni) mostrano delle medie significativamente più alte rispetto
alle studentesse più anziane e ai maschi più giovani (19-22 anni).
Figura 8 Grafico e relativi post-hoc per la variabile autoefficacia accademica
Anov a f attoriale Sesso per Età
Ef f . corrente: F(3, 167)=4,0897, p=,00783
Femmine
Maschi19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni
Fasce d'età
38
40
42
44
46
48
50
52
54
56
58
Auto
eff
icacia
accadem
ica
Genere Gruppi SS Media Ds
Femmine
(A) 19-22 18 52.89 4.97
(B) 23-30 29 55.55 4.23
(C) 50-64 23 49.70 6.77
(D) 65-78 28 48.54 7.03
Maschi
(E) 19-22 24 49.58 7.63
(F) 23-30 15 49.53 8.32
(G)50-64 16 50.00 7.08
(H) 65-78 22 50.18 5.40
Post-hoc
(Bonferroni): B>C; B>D; B>E;
Genere Gruppi SS Media Ds
Femmine
(A) 19-22 18 47.83 5.96
(B) 23-30 29 52.34 6.17
(C) 50-64 23 43.13 7.92
(D) 65-78 28 42.57 5.29
Maschi
(E) 19-22 24 43.92 8.53
(F) 23-30 15 46.47 9.59
(G)50-64 16 45.87 6.89
(H) 65-78 22 45.36 7.32
Post-hoc
(Bonferroni): B>C; B>D; B>E; B>H;
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Per quanto concerne l’autoefficacia accademica (cfr. fig. 8), le donne con un’età compresa tra
i 23 e i 30 anni hanno una maggiore fiducia per quanto riguarda la capacità di risoluzione di
problemi in ambito scolastico rispetto alle studentesse anziane e ai maschi giovani e anziani.
Il grafico e la relativa tabella (cfr. fig.9) che mostra medie, deviazioni standard e relativi post-
hoc per la variabile “Uso di strategie cognitive” mettono in luce come le studentesse più
giovani (19-22 anni e 23-30 anni) facciano un maggior uso di strategie cognitive, sia rispetto
alle studentesse anziane (65-78 anni), che ai maschi loro coetanei e anziani (50-64 anni).
Figura 9 Grafico e relativi post-hoc per la variabile uso di strategie cognitive
Anova fattoriale Sesso per età
Eff. corrente: F(3, 167)=3,6090, p=,01462
Femmine Maschi
19-22 anni 23-30 anni 50-64 anni 65-78 anni
Fasce d'età
55
60
65
70
75
80
85
Us
o d
i s
tra
teg
ie c
og
nit
ive
Si è voluto approfondire il ruolo della tendenza a presentarsi in maniera desiderabile anche
per le misure del Motivated Strategies for Learning Questionnaire. Come per l’autoefficacia
di memoria, anche per le dimensioni prese in considerazione sono stati eliminati i casi con
profili “a rischio” (punteggi compresi tra 9 e11) e profili “non validi” (punteggi ≥ 12).
Effettuando un’analisi della varianza sul campione distinto per gruppi d’età emerge che i
Genere Gruppi SS Media Ds
Femmine
(A) 19-22 18 74.39 9.02
(B) 23-30 29 74.45 7.77
(C) 50-64 23 68.43 8.95
(D) 65-78 28 64.68 9.29
Maschi
(E) 19-22 24 66.92 11.08
(F) 23-30 15 63.07 8.56
(G)50-64 16 63.75 7.49
(H) 65-78 22 65.91 11.32
Post-hoc
(Bonferroni): A>D; A>E; A>F;
B>D; B>F; B>G; B>H
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punteggi di autoefficacia accademica, motivazione intrinseca, ansia e uso di strategie sono i
medesimi tra studenti tradizionali (giovani) e studenti non tradizionali (adulti e anziani).
Tabella 23 Analisi della varianza sul campione ridotto per i punteggi al Motivated Strategies for learning
questionnaire
Studenti tradizionali Studenti non tradizionali
(A)
19-22 anni
(n=28)
(M=18;F=10)
(B)
23-30 anni
(n=28)
(M=12;F=16)
(C)
50-64 anni
(n=12)
(M=6;F=6)
(D)
65-78 anni
(n=24)
(M=11;F=13)
F(3,84); p
Post-hoc
(Bonferroni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)
Autoefficacia
accademica 44.04 (7.97) 48.32 (8.69) 46.33 (5.96) 44.29 (5.51) ETA= 1.953; p= ns
Valore
intrinseco 49.43 (6.04) 52.32 (7.39) 50 (7.13) 48.79 (5.87) ETA= 1.367 p=n.s.
Ansia 15.43 (4.77) 13.46 (4.77) 15.58 (4.05) 15.88 (3.90) ETA= 1.561; p= n.s.
Uso di strategie
cognitive 68.82(11.73) 68.86(10.98) 65.67(6.85) 63.52 (9.13) ETA=1.618 p=n.s.
Autoregolazione 38.75 (8.19) 44.43 (6.30) 40.33 (4.62) 39.42 (6.32) ETA= 3.88; p=0.01
B>A
Note. *Significatività a p<0,05
Eliminando i soggetti che tendono a presentarsi in modo desiderabile, i punteggi si equiparano
e scompare la predominanza degli studenti più giovani rispetto agli studenti in età avanzata,
emersa precedentemente. L’unica dimensione in cui emerge la superiorità degli studenti più
giovani è la capacità di autoregolazione, dove gli studenti tradizionali d’età compresa tra i 23
e i 30 anni si percepiscono più capaci di autoregolarsi rispetto agli studenti d’età compresa tra
i 19 e i 22 anni.
6. Confronto tra studenti tradizionali e non tradizionali per le variabili di autoefficacia
empatica percepita
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Le ANOVA sono state effettuate anche sulle misure di autoefficacia emotiva percepita. Per le
variabili prese in considerazione non emergono differenze per età, né per effetto d’interazione
Genere ed età.
Per l’autoefficacia empatica percepita (positiva e negativa) le differenze tra i gruppi
scompaiono, quasi a confermare che il senso di autoefficacia percepita non è legato all’essere
un giovane o anziano.
Tabella 24 Analisi della varianza per la variabile autoefficacia emotiva percepita
Studenti tradizionali Studenti non tradizionali
(A)
19-22 anni
(n=42)
(M=24;F=18)
(B)
23-30 anni
(n=44)
(M=15;F=29)
(C)
50-64 anni
(n=39)
(M=16;F=23)
(D)
65-78 anni
(n=50)
(M=22;F=28)
F(3,167); p
Post-hoc
(Bonferroni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)
Autoefficacia
percepita nella
gestione delle
emozioni
negative
25.67 (4.26) 25.89 (5.08) 25.97 (4.89) 25.80 (5.70)
ETA= .149; p= n.s.
GENERE=3.611; p=.05
GENERE*ETA= 1.01; p= n.s.
M>F;
Autoefficacia
percepita nella
gestione delle
emozioni
positive
28.62 (4.17) 28.91 (4.76) 27.64 (4.11) 27.98 (4.83)
ETA= .638; p= n.s
GENERE=9.42; p=.002
GENERE*ETA= .366; p= n.s.
F>M;
Note. *Significatività a p<0,05
Per entrambe le variabili è confermato il dato secondo cui l’autoefficacia nella gestione delle
emozioni positive e l’autoefficacia nella gestione delle emozioni negative sono sensibili alla
variabile Genere: i maschi mostrano una maggiore autoefficacia nella regolazione dell’affetto
negativo, mentre le donne mostrano un punteggio maggiore di autoefficacia nell’esprimere
l’affetto positivo e l’empatia. Con l’avanzare dell’età gli uomini riescono a far fronte alla
ripercussioni negative, e le donne riescono a mostrarsi più capaci di gestire le emozioni
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positive. Questo risultato, in contrasto con i risultati di Caprara et al. (2005), secondo cui gli
uomini si percepiscono come meno capaci di regolare adeguatamente emozioni negative,
mentre le donne fortificano tale capacità, potrebbe essere spiegato dalla tipologia del
campione: l’essere studenti potrebbe aver condizionato nei maschi e nelle femmine il senso di
autoefficacia emotiva.
Effettuando l’analisi della varianza sui gruppi distinti per età ed eliminando dal campione i
casi con punteggi alti alla scala di desiderabilità sociale, non si registrano risultati differenti
all’analisi precedentemente svolta.
7. Confronto sulle motivazioni a frequentare un corso universitario
I risultati ottenuti precedentemente possono essere chiariti anche alla luce delle risposte
fornite dal campione, relativamente alle motivazioni che hanno spinto entrambi i gruppi a
frequentare corsi universitari.
Le risposte fornite dal campione, distinte per età (studenti tradizionali vs studenti non
tradizionali), sono state analizzate attraverso il calcolo del coefficiente di correlazione tra due
proporzioni.
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anziani studenti
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Tabella 25 Frequenze di risposte e coefficienti di proporzioni tra studenti tradizionali e studenti non
tradizionali rispetto ai motivi a frequentare un corso universitario
Motivazioni Studenti tradizionali
(N=86)
Studenti non tradizionali
(N=89)
Diff. tra
proporzioni
(p.)
Interesse per l’argomento 72 (,84) 49 (0,55) 0,001
Frequenza casuale 8(0,09) 0(0) 0,004
Maggior opportunità
lavorative 5 (0,06) 2 (0,02) n.s.
Impiego del tempo libero 0 (0) 20 (0,22) 0,000
Ampliamento relazioni
sociali 0 (0) 6(0,07 0,01
Curiosità nei confronti di un
corso formativo 0 (0) 10 (0,11) 0,001
Non so 1 (0,01) 2 (0,02) n.s.
Emerge dalla tabella 25 la superiorità delle risposte “interesse per l’argomento” degli studenti
tradizionali rispetto agli studenti non tradizionali. Altrettanto interessante è il numero di
risposte “per impiegare il mio tempo libero” e “per curiosità” date dagli studenti anziani
rispetto ai giovani studenti.
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anziani studenti
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Conclusioni
In merito alle ipotesi che hanno guidato l’approfondimento del confronto tra studenti giovani
e studenti in età avanzata, emerge che la tendenza alla desiderabilità sociale correla, solo per il
gruppo degli studenti tradizionali (giovani), con le variabili motivazionali e metacognitive
legate all’apprendimento, con l’autoefficacia di memoria e l’autoefficacia empatica percepita.
A differenza di quanto ipotizzato, non sono gli studenti in età avanzata a mostrare tale
relazione, bensì i giovani. Questo ha spinto, nell’elaborazione dei punteggi relativi alle misure
di auto-percezione, a ridurre il campione eliminando i soggetti che presentavano profili
tendenti alla desiderabilità sociale.
Per entrambi i gruppi, studenti tradizionali (giovani) e studenti non tradizionali (adulti e
anziani), le performance di memoria e l’indice di strategicità, che indica il punteggio totale
allo Mnemotest, sono correlati alle variabili motivazionali e metacognitive legate
all’apprendimento confermando l’ipotesi di partenza. In linea con la letteratura (McDonald-
Miszczak, Gould & Tychynski, 1999; Seeman, McAvay, Merrill, Albert & Rodin, 1996;
Valentijn & Hill 2006) le performance mnestiche, in particolare i punteggi della scala di
metamemoria, risultano correlare con l’autoefficacia di memoria e con l’autoefficacia emotiva
ma solo per il gruppo di studenti non tradizionali (adulti e anziani).
L’analisi della varianza effettuata sui punteggi di performance di memoria, di metamemoria e
sull’indice di strategicità ha mostrato differenze statisticamente significative per i gruppi
distinti per età, genere e per l’effetto d’interazione genere ed età.
I giovani studenti hanno prestazioni cognitive migliori degli studenti non tradizionali
(Brigham et al., 1988). Confermata, inoltre, l’ipotesi secondo cui ad avere performance di
memoria migliori sono le studentesse più giovani sia rispetto ai maschi, che alle donne più in
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anziani studenti
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là negli anni (Gross & Rebok, 2011). Diverso l’andamento della metamemoria che risente
solo dell’età: all’aumentare di questa, diminuisce la capacità di individuare la strategia
migliore. Questi risultati confermano le ricerche recenti nell’ambito dell’invecchiamento
cognitivo, che hanno mostrato un peggioramento, legato all’età, delle prestazioni nelle prove
che misurano l’intelligenza fluida (ragionamento, risoluzione problemi e test della memoria
associativa). Queste infatti, al contrario delle misure legate all’esperienza e ai processi
culturali, legate cioè all’intelligenza cristallizzata (come ad esempio prove di vocabolario),
risentono del trascorrere del tempo (Dentici, Amoretti, & Cavallini, 2004). L’età è correlata
negativamente alla prestazione, mentre l’istruzione e la partecipazione ad attività sociali
risultano influire positivamente (Hill et al.,1995).
Il confronto tra il gruppo di studenti tradizionali ed il gruppo di studenti non tradizionali, per
la variabile autoefficacia di memoria ha confermato l’ipotesi iniziale. L’autoefficacia di
memoria risulta essere la stessa per studenti giovani e per studenti in età avanzata ma solo
quando viene effettuata la riduzione del campione, cioè eliminando i soggetti che presentano
profili tendenti alla desiderabilità sociale. Infatti, eliminando tali soggetti i punteggi tra
studenti tradizionali e studenti non tradizionali si equiparano, mostrando i medesimi livelli di
autoefficacia di memoria. Ciò vuol dire che, nonostante l’influenza dell’età sull’autoefficacia
di memoria, l’anziano che sceglie d’intraprendere un percorso formativo ha fiducia nelle
proprie capacità di memoria (Bandura, 1997) e non percepisce il peggioramento delle sue
competenze mnestiche legato all’età, forse anche per la stimolazione a cui è esposto durante il
processo di apprendimento. Questo risultato, alla luce della stretta relazione tra autoefficacia
di memoria e performance, sottolinea che i soggetti anziani, al pari degli studenti giovani,
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anziani studenti
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hanno fiducia nella propria memoria e che questa, cosi come accade per gli studenti in età
scolastica, gioca un ruolo fondamentale nella determinazione delle prestazioni finali.
Per quanto concerne il confronto tra studenti tradizionali e studenti non tradizionali per le
variabili motivazionali e metacognitive legate all’apprendimento, l’ipotesi di partenza non
risulta confermata totalmente. Emerge una superiorità delle donne più giovani rispetto al
gruppo di studenti adulti e anziani per la variabile Autoefficacia accademica, confermando i
dati riportati in letteratura (Carpenter, 2005). Per la variabile Ansia: non emergono differenze
significative né per età, né per genere, né per effetto d’interazione genere ed età,
disconfermando l’ipotesi di una maggiore ansia delle studentesse anziane rispetto ai coetanei
maschi (Jonker, Smit & Deeg, 1997) e agli studenti tradizionali. Per quanto concerne la
variabile Motivazione Intrinseca i risultati sono in contrasto con quelli dello studio di Justice
et al. (2001) in cui emergeva l’effetto d’interazione Genere ed Età, con più alti livelli di
motivazione nelle studentesse anziane. La discrepanza dei risultati potrebbe essere ricondotta
alla differente composizione del campione: infatti nello studio di Justice et al. (2001) il
campione degli studenti non tradizionali era costituito donne con un range d’età molto ampio
(24-64 anni) e con una media d’età pari a 29.27 anni.
Tuttavia, l’elemento che merita particolare attenzione consiste nel fatto che le differenze
appena descritte, emerse su tali dimensioni, scompaiono nel momento in cui vengono
eliminati i soggetti con profili tendenti alla desiderabilità sociale, e i punteggi tra studenti
tradizionali e studenti non tradizionali si equiparano. Ciò vuol dire che, eliminando i soggetti
che tendono a “falsare” in modo più o meno inconsapevole (soprattutto studenti giovani) la
propria immagine, le differenze motivazionali e metacognitive scompaiono, mettendo in luce
la stessa struttura predisposizionale all’apprendimento.
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anziani studenti
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Anche l’ipotesi che sosteneva medesimi livelli di auto percezione nella gestione di emozioni
negative e positive tra giovani studenti e adulti e anziani studenti, risulta confermata. Tale
risultato si mantiene anche con l’eliminazione dei soggetti con profili tendenti alla
desiderabilità sociale.
Infine l’ultima ipotesi, secondo cui gli adulti e anziani studenti, a differenza degli studenti
giovani, intraprendono un percorso formativo per motivi che non sono strettamente legati
all’interesse verso l’argomento, risulta confermata. Gli studenti non tradizionali, a differenza
degli studenti tradizionali sembrano spinti da motivazioni differenti rispetto ai colleghi più
giovani. Nonostante questo, fatta eccezione per le prestazioni di memoria, gli studenti non
tradizionali si sentono capaci e sono altamente motivati quanto gli studenti giovani. Questi
risultati sono in linea con i dati riportati in letteratura (Knowlton, 1977; Luppi, 2009;
Romaniuk & Romaniuk, 1982; Tobias 1991; Withnall, 1989; Wolfgang & Dowling, 1981),
secondo cui le motivazioni a frequentare un corso sono da ricondurre principalmente a due
grandi aspetti: all’interesse verso l’argomento e al bisogno d’impiegare il tempo libero e/o di
allargare la rete delle conoscenze.
Questo risultato getta nuove basi nella strutturazione della programmazione formativa per gli
studenti universitari in età avanzata. Infatti, al contrario di quanto si pensa, e cioè che con
l’aumentare dell’età le competenze e la fiducia in sé stessi tendano a diminuire, questo studio
mette in luce che, nonostante le prestazioni di memoria e di metamemoria risentano del
trascorrere dell’età, gli adulti e anziani, possono compensare questo declino con buoni livelli
di fiducia in sé, nella propria memoria e una buona motivazione a raggiungere il fine
prefissato al pari degli studenti più giovani. Quindi i programmi e le direttive del Lifelong
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anziani studenti
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Learning dovrebbero mettere a punto programmi stimolanti e adeguati a quelle che sono le
reali competenze e potenzialità dell’individuo in età avanzata.
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anziani studenti
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6.2 Studio 2: Confronto tra studenti non tradizionali (adulti e anziani) e non
studenti (adulti e anziani)
Introduzione
Obiettivo di questo studio è indagare l’esistenza di eventuali differenze tra chi decide di
intraprendere un percorso formativo in età avanzata e chi, invece, non l’ha mai fatto.
Attraverso il confronto di adulti e anziani studenti, con adulti e anziani non studenti, si vuole
verificare se i due gruppi presentino medesime prestazioni cognitive e medesimi livelli
motivazionali o l’aver frequentato un corso formativo risulta essere una variabile influente
sull’invecchiamento e sui percorsi formativi ad esso connessi. Approfondire questo aspetto,
attraverso il confronto di questi due gruppi (adulti e anziani studenti e adulti e anziani non
studenti) appaiati per età e istruzione, permette di individuare quelle aree che, con una
stimolazione adeguata e programmi educativi specifici, possono subire un miglioramento e
migliorare la qualità di vita di tale popolazione. Se la ricerca mettesse in risalto prestazioni
cognitive migliori e buoni livelli di autoefficacia di memoria, nel gruppo degli anziani
studenti, potremmo sicuramente sottolineare il ruolo positivo che hanno i percorsi formativi in
età avanzata e alla luce di tale risultati strutturare i programmi destinati agli anziani in modo
più specifico e mirato.
La letteratura sull’argomento, oltre che esigua, non permette di arrivare neppure a conclusioni
unanimi. Alcuni studi hanno messo in luce che le prestazioni cognitive di studenti di 40 anni
risultano essere migliori di quelle dei soggetti di 40 anni e 60 anni non studenti (Zivian et al.
1983), mentre altri studi non ritrovano differenze legate alla variabile studente, ritrovando per
entrambi medesime prestazioni cognitive e sociali (Parks et al., 1986). Da qui la necessità di
verificare le performance di memoria e di metamemoria. Inoltre, sarà indagato il rapporto tra
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anziani studenti
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l’essere studenti e le percezioni di autoefficacia di memoria e autoefficacia emotiva, cercando
di verificare quanto lo Status di Studente si riveli influente nella determinazione del livello di
autoefficacia di memoria e nella determinazione del livello di autoefficacia empatica
percepita.
Obiettivi ed Ipotesi
1. Verifica dell’influenza della tendenza a presentarsi in maniera desiderabile sulle
misure Self-Report
L’uso di misure Self-Report porta con sé il limite della tendenza del soggetto a
presentarsi in modo socialmente desiderabile. Questo fenomeno sembra interessare in
modo particolare l’invecchiamento (Ray, 88). Vista la relazione tra Età e desiderabilità
sociale (Eysenck & Eysenck, 1975; Ray, 1988) s’intende verificare, sul gruppo di
adulti e anziani studenti e adulti e anziani non studenti, se la tendenza alla
desiderabilità sociale è correlata alle variabili motivazionali e di autoefficacia.
S’ipotizza una relazione di tipo positivo tra desiderabilità sociale e le risposte di auto
percezione delle proprie capacità per entrambi i gruppi.
Qualora questa ipotesi si rivelasse vera, su ogni misura Self-Report sarà effettuata
un’analisi della varianza sul campione ridotto, cioè con l’esclusione di profili tendenti
alla desiderabilità sociale. S’ipotizza che, eliminando tali soggetti in entrambi i gruppi
(adulti e anziani studenti e adulti e anziani non studenti), emergano delle differenze
per le variabili motivazionali e di autoefficacia percepita.
2. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti nelle relazioni
tra le variabili di performance mnestica, di autoefficacia di memoria e di autoefficacia
emotiva
Verificare se vi siano differenze tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani
studenti per le relazioni che intercorrono tra le variabili di performance mnestica e le
variabili di autoefficacia di memoria e di autoefficacia emotiva.
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anziani studenti
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S’ipotizzano, per entrambi i gruppi, correlazioni tra le performance mnestiche e
l’autoefficacia di memoria, vista la stretta correlazione, riportata in letteratura, tra
autoefficacia di memoria e performance mnestiche (McDonald-Miszczak, Gould &
Tychynski, 1999; Seeman, McAvay, Merrill, Albert & Rodin, 1996; Valentijn & Hill,
2006). S’ipotizza inoltre, per entrambi i gruppi, che alte performance mnestiche
correlino con alti punteggi di autoefficacia emotiva, secondo l’ipotesi che la
percezione delle emozioni negative e positive influenzino componenti cognitive e
affettive di benessere soggettivo (Caprara & Steca, 2005).
3. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti per le variabili
performance di memoria e di metamemoria e sull’indice di strategicità
Verificare se le strategie di memoria e metamemoria possedute dagli studenti non
tradizionali si differenziano da quelle possedute da coloro che non hanno intrapreso
tale corso, cioè i non studenti. Si analizzerà, inoltre, l’eventuale presenza di differenze
per l’indice di strategicità. La letteratura sull’argomento, abbastanza esigua, (Parks et
al.,1986; Zivian & Darjes, 1983) non conferma il medesimo risultato. S’ipotizza che la
partecipazione a corsi universitari potrebbe indurre il soggetto adulto e anziano a
mettere in pratica un numero maggiore di strategie di memoria e di metamemoria,
capaci d’influenzare il rendimento medio del gruppo degli studenti non tradizionali
rispetto al gruppo dei non studenti. Inoltre, si vuole verificare l’effetto dell’interazione
delle variabili Genere e Status di Studente: ci si attende di osservare che le studentesse
donne siano più brave delle donne e dei maschi non studenti (Gross & Rebok, 2011;
Jonker et al., 1997).
4. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti per la variabile
autoefficacia di memoria
Verificare se esistano differenze nella percezione di autoefficacia di memoria nei due
gruppi di adulti e anziani (studenti e non studenti) per la variabile Status di Studente.
Nello specifico ci si attende di osservare che, nonostante l’influenza dell’età sulla
percezione di autoefficacia di memoria (Lineweaver & Hertzog, 1998; Hertzog &
Dixon, 1994; Wells & Esopenko, 2008), gli adulti e anziani studenti abbiano una
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migliore percezione di se stessi relativamente alla propria memoria, rispetto agli adulti
e anziani non studenti.
5. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti per le variabili
di autoefficacia empatica percepita
Verificare se esistano differenze nella percezione di autoefficacia empatica percepita
per effetto della variabile Status di Studente. Nello specifico, s’ipotizza una più alta
autoefficacia (nella gestione delle emozioni positive e delle emozioni negative) nel
gruppo degli anziani studenti rispetto al gruppo dei non studenti partendo dall’ipotesi
che chi intraprende un corso di studi ha fiducia nelle proprie capacità (Bandura, 1997).
6. Le motivazioni di adulti e anziani non studenti a non frequentare un corso
universitario
Indagare le motivazioni degli anziani non studenti sul perché non abbiano mai pensato
di intraprendere un percorso formativo. Cercare cioè di capire se è legato a stereotipi
sulla mancanza di capacità o sull’avanzare dell’età, o alla percezione di inutilità di un
percorso formativo o ancora a mancanza d’interesse nei confronti della formazione in
età avanzata. Questa ipotesi sarà verificata solo sul gruppo dei non studenti e nello
specifico sui punteggi ottenuti al Questionario d’indagine Motivazionale costruito ad
hoc per non frequentanti, che indaga i motivi che possono aver impedito la possibilità
di considerare l’idea di intraprendere un corso di studi in età avanzata. Ci si attende di
osservare risposte legate alla percezione di mancanza di capacità e disinteresse nei
confronti di percorsi formativi in età avanzata, per l’influenza di stereotipi legati
all’invecchiamento (Chasteen, Schwarz & Park, 2002; Chasteen et al., 2005; Hess et
al., 2003; Ryan & Kwong See, 1993).
Campione
Il campione oggetto della ricerca è composto da due gruppi di soggetti differenziati per la
frequenza o meno di un corso universitario. Sono 74 studenti non tradizionali (adulti e anziani
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che frequentano corsi universitari presso le Università delle Terza Età) e 70 non studenti
(adulti e anziani non Universitari). Gli studenti non tradizionali sono composti da 41 femmine
e 33 maschi (equidistribuito per genere; Chi2= 0. 86 n.s) con un’età che varia dai 52 anni ai 78
anni (età media 63.90 anni, ds=5.80) ed un livello di istruzione che va da 5 anni a 18 anni
(istruzione media = 10.88 anni, ds=3.64). Il campione di adulti e anziani che non frequentano
l’università è composto da 35 femmine e 35 maschi (Equidistribuito per genere; Chi2= 0, n.s.)
con un’età che varia dai 50 anni ai 75 anni (età media 61.97 anni, ds=7.69) ed un livello di
istruzione che va da 5 anni a 18 anni (istruzione media = 9.68 anni, ds=3.66). I due gruppi
sono appaiati per età (F(1, 142)=2.92 p=.090), istruzione F(1, 142)=3.83, p=.07 e genere (Chi2=
0.42 p=.516). Il campione proviene da varie regioni d’Italia.
Strumenti
1. Schede anamnestiche: lo scopo dello strumento è la raccolta dei dati personali e
professionali dei soggetti intervistati. Viene richiesta l’età, il genere, il titolo di studio
e gli anni di scolarità, la professione svolta, la regione di provenienza e l’eventuale
frequenza a corsi universitari destinati alla popolazione adulta e anziana.
2. Marlowe-Crowne Social Desiderability Scale, Form C (Reynolds, 1982): la scala,
nella sua versione ridotta, è composta da 13 item che prevedono risposte dicotomiche
vero/falso e valuta la tendenza a rispondere in modo socialmente desiderabile, in
maniera deliberata oppure inconsapevole. Le due sottoscale sono “autoinganno” (self-
deception) e “gestione delle impressioni” (impression management). Si tende
comunque ad utilizzare un unico punteggio di scala. Esistono numerose versioni
ridotte della M-C ampiamente utilizzate in letteratura, ma quella composta da 13 item
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è la versione ridotta più affidabile in quanto più rappresentativa della versione
originale composta da 33 item (Reynolds, 1982).
3. Mnemotest: test che indaga le strategie di memoria e di metamemoria. La versione
adattata per adulti e anziani dello strumento è stata ottenuta partendo dalla versione
originale di Cottini e Meazzini (2005), dedicato a studenti di scuola elementare e
media. È costituita da 10 item che indagano le performance di memoria e le
performance di metamemoria. Il punteggio alle due subscale da vita all’indice di
strategicità, indicativo delle competenze di memoria e metamemoria complessive del
soggetto adulto e anziano.
4. MIA Capacity (Metamemory in Adulthood questionnaire) (Dixon, Hultsch, 1984;
Dixon, Hultsch, Herzog, 1988): è una sottoscala che compone il Metamemory in
Adulthood questionnaire e misura le credenze che il soggetto possiede relativamente
alle capacità di memoria. La sottoscala è composta da 17 item e la versione italiana
utilizzata è stata messa a punto dalla seconda Università di Napoli. Il MIA è composto
da 108 item, con risposte su scala Likert a 5 punti, e 7 subscale. I valori assunti dai
coefficienti alpha di Cronbach e i dati relativi alla validità convergente, discriminante
e predittiva del MIA (Hertzog, Hultsch, & Dixon, 1988) testimoniano della
complessiva affidabilità dello strumento.
5. Scala di Autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni positive (Caprara &
Gerbino, 2001): misura le convinzioni relative alle proprie capacità di regolare
adeguatamente le emozioni positive. La versione definita per adolescenti e adulti è
costituita da 7 item (α 0.82), con risposte su scala Likert a 5 punti (1 Per nulla capace -
5 Del tutto capace).
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anziani studenti
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6. Scala di Autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni negative (Caprara &
Gerbino, 2001): misura le convinzioni relative alle proprie capacità di regolare
adeguatamente le emozioni negative. La versione definita per adolescenti e adulti è
costituita da 8 item (α 0.82), con risposte su una scala Likert a 5 punti (1 Per nulla
capace - 5 Del tutto capace).
7. Questionario d’indagine Motivazionale per non frequentanti (QMNF): composto
da 15 item, con risposte su scala Likert da 1(falso) a 5 (vero) punti, è uno strumento
costruito ad hoc per indagare i motivi che possono aver impedito la possibilità di
considerare l’idea di intraprendere un corso di studi in età avanzata. I 15 item sono
riconducibili a 5 categorie di motivazioni: l’età avanzata, la mancanza di tempo, il
considerare “inutile” un percorso formativo, per mancanza di capacità, per mancanza
d’interesse.
Risultati
1. Verifica dell’influenza della tendenza a presentarsi in maniera desiderabile sulle
misure Self-Report
Sono state effettuate delle correlazioni, distinte per gruppi di adulti e anziani studenti e adulti
e anziani non studenti, tra la tendenza a presentarsi in modo socialmente desiderabile e le
misure relative alle prestazioni di memoria (Mnemotest) e alle misure Self-report
(autoefficacia di memoria, autoefficacia accademica, motivazione intrinseca, ansia, uso di
strategie cognitive, autoregolazione, autoefficacia emotiva).
Per quanto riguarda la correlazione tra desiderabilità sociale e le altre misure prese in
considerazione, applicando il test di differenze tra coefficienti di correlazioni, emerge una
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differenza significativa tra i due coefficienti appartenenti ai due gruppi: la relazione positiva
tra autoefficacia di memoria e desiderabilità sociale, per il gruppo di adulti e anziani non
studenti, mette in luce che, gli adulti e anziani che non intraprendono percorsi formativi e che
hanno punteggi alti di autoefficacia di memoria, tendono anche a rispondere in modo
socialmente desiderabile. Alti punteggi di desiderabilità sociale sono, inoltre, correlati con alti
punteggi per quanto riguarda la fiducia nella gestione delle emozioni negative.
Tabella 26 Correlazioni tra la desiderabilità sociale e le altre variabili misurate attraverso il confronto adulti e
anziani studenti (studenti non tradizionali) e adulti e anziani non studenti (Non studenti)
Desiderabilità sociale
Studenti Non Tradizionali /Non Studenti
Mnemotest
Performance di memoria -0.04/0.13
Performance di metamemoria -0.25/-0.13
Indice di strategicità -0.14/0.05
Autoefficacia di memoria -0.00/0.29*
Autoefficacia percepita nella
gestione delle emozioni negative
0.22/0.29
Autoefficacia percepita nella
gestione delle emozioni positive
-0.05/0.20
Note. Le correlazioni segnate in rosso sono significative per p<0.05
*Confronto tra i due indici di correlazione significativo per p<0.05
Queste correlazioni tra le misure di auto percezione e la desiderabilità sociale ci spinge, più
avanti nella ricerca, ad effettuare le ANOVA sui due gruppi eliminando tutti i profili a rischio
(≥9) ed i profili non validi.
Al contrario, una correlazione negativa emerge, per il gruppo di adulti e anziani studenti, tra
punteggi di desiderabilità sociale e punteggi di metamemoria: all’aumentare della
consapevolezza relativa alla propria memoria diminuisce la tendenza a dare un’immagine di
sé desiderabile.
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2. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti nelle relazioni
tra le variabili di performance mnestica, di autoefficacia di memoria e di autoefficacia
emotiva
Attraverso il confronto tra adulti e anziani studenti e adulti e anziani non studenti, sono state
effettuate le correlazioni prendendo in considerazione i punteggi relativi ai tre indici dello
Mnemotest e i punteggi alla scala di autoefficacia di memoria e alle scale di autoefficacia
percepita nella gestione delle emozioni negative e positive.
Tabella 27 Correlazioni tra le misure di prestazione mnestiche e le altre variabili misurate, attraverso il
confronto tra adulti e anziani studenti (studenti non tradizionali) e adulti e anziani non studenti (Non
studenti)
Performance di
memoria
Performance di
metamemoria
Indice di strategicità
Studenti Non tradizionali/
Non Studenti
Studenti Non tradizionali/
Non Studenti
Studenti Non tradizionali/
Non Studenti
Autoefficacia di memoria 0.16/0.24 0.28/0.06 0.25/0.22
Autoefficacia percepita nella
gestione delle emozioni negative
-0.20/0.10 -0.11/-0.10 -0.20/0.04
Autoefficacia percepita nella
gestione delle emozioni positive
-0.02/0.19 0.14/-0.12 0.05/0.11
Note. Le correlazioni segnate in rosso sono significative per p<0.05
*Confronto tra i due indici di correlazione significativo per p<0.05
Dalla tabella 27 emergono delle correlazioni tra l’autoefficacia di memoria e le performance
di memoria per i non studenti, mentre per gli studenti non tradizionali emerge una
correlazione positiva tra l’autoefficacia di memoria e la consapevolezza relativa all’uso delle
strategie di memoria (metamemoria). Per entrambi i gruppi emerge la correlazione, anche se
debole, tra il punteggio totale di memoria ottenuto allo Mnemotest (Indice di Strategicità) e
l’autoefficacia di memoria.
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Va sottolineato però che, applicando il test di differenze per coefficiente di correlazione, non
emergono differenze significative tra i coefficienti appartenenti ai due gruppi.
Non emerge nessuna correlazione tra l’autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni
positive e negative e i tre punteggi ottenuti allo Mnemotest, per entrambi i gruppi.
Questa analisi preliminare ha messo in luce le somiglianze e le differenze tra i due gruppi per
quanto riguarda le correlazioni tra le misure di performance e le misure Self-Report prese in
considerazione. Da questo si parte per addentrarci in modo più specifico nelle differenze tra
gruppi di adulti e anziani studenti e coetanei non studenti.
3. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti per le variabili
performance di memoria, metamemoria e per l’indice di strategicità
Si procederà adesso, attraverso l’applicazione dell’analisi della varianza, a confrontare i due
gruppi di adulti e anziani studenti e adulti e anziani non studenti relativamente alle
performance di memoria, metamemoria e indice di strategicità ottenuti allo Mnemotest.
Effetto Genere per Status di Studente sulla memoria
Effettuando delle ANOVA sui gruppi distinti per Status di Studente si riscontrano differenze
significative tra i due gruppi (cfr. tab.28). Si verificherà, inoltre, l’effetto d’interazione dello
status di studente e del genere.
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Tabella 28 Analisi della varianza sui gruppi di anziani studenti e anziani non studenti per la variabile
performance di memoria
Adulti e anziani Studenti Adulti e anziani non
Studenti
Performance di
memoria
(A)
(n=74)
(M=33;F=41)
(B)
(n=70)
(M=35;F=35)
F(1,140); p
Post-hoc
(Bonferro
ni) Media (ds) Media (ds)
Item 1 (strategia
di reiterazione) 0.95 (0.23) 0.91 (0.28)
ST. STUDENTE= .80; p= n.s
GENERE= 0.80; p=n.s.
GENERE*STUD= 10.56; p= 0.001
Item 2 (strategia
di associazione) 0.47 (0.50) 0.44 (0.50)
ST. STUDENTE = .369; p=n.s.
GENERE= 9.16; p= 0.003
GENERE*STUD=1.61; p=n.s.
M>F;
Item 3 (strategia
di codifica) 0.41 (0.49) 0.31 (0.47)
ST. STUDENTE = 1.51; p=n.s
GENERE= 0.33; p= n.s.
GENERE*STUD= 2.57; p= n.s.
Item 4 (strategia
di codifica
spaziale)
0.93 (0.25) 0.80 (0.40) ST. STUDENTE= 6.30; p= 0.01
GENERE= 0.005; p= n.s.
GENERE*STUD=4.55; p=0.03
A>B
Item 5 (strategia
di evid.
percettiva)
0.41 (0.62) 0.41 (0.58 ST. STUDENTE= .752; p=n.s.
GENERE= 1.472; p=n.s
GENERE*STUD= .006; p= n.s.
Item 6 (strategia
di clustering) 0.72 (0.93) 0.64 (0.92)
ST. STUDENTE = .223; p=n.s
GENERE= 4.39; p= 0.03
GENERE*STUD= 3.48; p= n.s.
F>M
Item 7 (strategia
di evid.
percettiva)
1.95 (0.66) 1.83 (0.59) ST. STUDENTE = 1.51; p= n.s.
GENERE= 0.196; p=n.s.
GENERE*STUD= 2.36; p= n.s.
Item 8 (strategia
formazione di
storia)
1.11 (1.23) 0.77 (1.09) ST. STUDENTE = .369; p=n.s
GENERE= 0.20; p= n.s.
GENERE*STUD= 10.02 p=.002
Item 9 (strategia
di clustering) 2.54 (0.74) 2.53 (0.72)
ST. STUDENTE = .023; p= n.s
GENERE= 0.325; p=n.s.
GENERE*STUD= 2.37; p= n.s.
Item 10
(strategia di
codifica
spaziale)
0.45 (0.50) 0.51 (0.50) ST. STUDENTE =695; p=n.s
GENERE= .054; p= n.s.
GENERE*STUD= .054; p= n.s.
Performance
Totale 9.92 (3.34) 9.24 (3.23)
ST. STUDENTE =1.97; p=n.s
GENERE= 0.404; p= n.s.
GENERE*STUD= 9.99; p=.002
Note. *Significatività per p< 0.05
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Il primo elemento che l’analisi della varianza mette in risalto è che da sola, la variabile Status
di Studente non risulta incidere in modo determinante (fatta eccezione per l’item 4 che fa
riferimento all’applicazione della strategia di codifica, in cui gli adulti e anziani studenti
fanno registrare un punteggio più alto). Il genere risulta determinante per l’item 2 (strategie di
associazione) e per l’item 6 (strategia di clustering): al primo item emerge la superiorità
maschile, al secondo item emerge la superiorità femminile.
Se, invece, si guarda all’effetto d’interazione Genere e Status di Studente emergono
differenze significative tra i gruppi: agli item 1 (relativo alla strategia di reiterazione), all’item
4 (relativo alla strategia di codifica spaziale), all’item 8 (relativo alla strategia formazione di
una storia) e al punteggio totale emerge una superiorità dei maschi studenti. In particolare,
sembra che le strategia di Reiterazione, Codifica Spaziale, Organizzazione Semantica
(formazione di storia) sembrano essere messe maggiormente in atto dagli adulti e anziani
studenti rispetto ai non studenti.
Le figg.10, 11, 12, 13 e le relative tabelle e post-hoc mettono in risalto le prestazioni povere
degli anziani non studenti di genere maschile, a differenza degli anziani maschi studenti che
hanno performance migliori.
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Figura 10 Grafico e relativi post-hoc effettuati sull’item 1 di performance di memoria
Anova fattoriale Sesso per Status di Studente
Eff. corrente: F(1, 140)=10,555, p=,00145
Femmine
MaschiAdulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti
STUDENTE
0,7
0,8
0,9
1,0
1,1
1,2
Item
1: str
ate
gia
di re
itera
zio
ne
Figura 11 Grafico e relativi post-hoc effettuati sull’item 4 di performance di memoria
Anov a f attoriale Sesso per Status di Studente
Ef f . corrente: F(1, 140)=4,5478, p=,03471
Femmine
MaschiAdulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti
STUDENTE
0,5
0,6
0,7
0,8
0,9
1,0
1,1
1,2
Ite
m 4
: s
tra
teg
ia d
i C
od
ific
a S
pa
zia
le
Gruppi Genere SS Media Ds
Adulti e
Anziani
Studenti
(A)
Femmine 41 0,90 0,30
(B) Maschi 33 1 0
Adulti e
Anziani
Non Studenti
(C)
Femmine 35 1 0
(D) Maschi 35 0,83 0,38
Post-hoc
(Bonferroni): B>D; C>D;
Gruppi Genere SS Media Ds
Adulti e
Anziani
Studenti
(A)
Femmine 41 0,88 0,33
(B)
Maschi 33 1 0
Adulti e
Anziani
Non
Studenti
(C)
Femmine 35 0,86 0,36
(D)
Maschi 35 0,74 0,44
Post-hoc
(Bonferro
ni):
B>D;
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anziani studenti
Tutor: Prof.ssa Lina Pezzuti; Co-Tutor: Prof.ssa Valeria Schimmenti; Candidato: Dott. Anita Giallongo 147
Figura 12 Grafico e relativi post-hoc effettuati sull’item 8 di performance di memoria
Anov a f attoriale Sesso per Status di Studente
Ef f . corrente: F(1, 140)=10,020, p=,00190
Femmine
MaschiAdulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti
STUDENTE
-0,2
0,0
0,2
0,4
0,6
0,8
1,0
1,2
1,4
1,6
1,8
2,0
Item
8:
form
azio
ne d
i sto
ria
Figura 13 Grafico e relativi post-hoc effettuati sul punteggio totale di performance di memoria
Anova fattoriale Sesso per Status di Studente
Eff. corrente: F(1, 140)=9,9967, p=,00192
femmine
maschiAdulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti
STUDENTE
6,5
7,0
7,5
8,0
8,5
9,0
9,5
10,0
10,5
11,0
11,5
12,0
12,5
perf
orm
ance tota
le
Ciò ci permette di concludere che le differenze tra l’essere studente e il non essere studente
emergono quando si va a vedere anche il genere dei partecipanti: infatti, i soggetti che
Gruppi Genere SS Media Ds
Adulti e
Anziani
Studenti
(A) Femmine 41 0,88 1,10
(B) Maschi 33 1,39 1,34
Adulti e
Anziani
Non Studenti
(C) Femmine 35 1,11 1,21
(D) Maschi 35 0,43 0,85
Post-hoc
(Bonferroni): B>D;
Gruppi Genere SS Media Ds
Adulti e
Anziani
Studenti
(A) Femmine 41 9,32 3,30
(B) Maschi 33 10,67 3,29
Adulti e
Anziani
Non Studenti
(C) Femmine 35 10,26 3,49
(D) Maschi 35 8,23 2,61
Post-hoc
(Bonferroni): B>D;
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anziani studenti
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frequentano un corso universitario, soprattutto i maschi, hanno prestazioni più alte rispetto
agli anziani che non hanno intrapreso tale percorso e quindi sembrano beneficiare
maggiormente della partecipazione ai corsi universitari.
Effetto Genere per Status di Studente sulla metamemoria
La tabella successiva (cfr. tab.29) mostra l’analisi della varianza per la variabile Performance
di Metamemoria.
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anziani studenti
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Tabella 29 Analisi della varianza sui gruppi di anziani studenti e anziani non studenti per la variabile
Metamemoria
Adulti e anziani
Studenti
Adulti e anziani non
Studenti
Performance di
metamemoria
(A)
(n=74)
(M=33;F=41)
(B)
(n=70)
(M=35;F=35)
F(1,140); p
Post-hoc
(Bonferroni) Media (ds) Media (ds)
Item 1 (strategia
di reiterazione) 1.22 (0.50) 1.40 (0.52)
ST. STUDENTE= 4.52; p= 0.03
GENERE=1.13 ; p= n.s
GENERE*STUD= 2.62; p= n.s.
B>A
Item 2 (strategia
di associazione) 0.92 (0.49) 1.06 (0.48)
ST. STUDENTE = 2.59; p=n.s.
GENERE=1.58 ; p= n.s
GENERE*STUD=.303;p=n.s.
Item 3 (strategia
di codifica) 1.00 (0.50) 0.99 (0.36)
ST. STUDENTE = .038; p=n.s
GENERE= .342; p= n.s
GENERE*STUD= .342; p= n.s.
Item 4 (strategia
di codifica
spaziale)
1.27 (0.50) 1.29 (0.46)
ST. STUDENTE= .023; p= n.s.
GENERE=0 ; p= n.s
GENERE*STUD= .517; p= n.s.
Item 5 (strategia
di evid.
percettiva)
1.15 (0.57) 1.21 (0.54)
ST. STUDENTE= .594; p=n.s.
GENERE=.010 ; p= n.s
GENERE*STUD= 1.05; p= n.s.
Item 6 (strategia
di clustering) 1.18 (0.45) 1.06 (0.34)
ST. STUDENTE = .266; p=n.s
GENERE=1.31 ; p= n.s
GENERE*STUD= 4.06; p= .04.
Item 7 (strategia
di evid.
percettiva)
1.39 (0.52) 1.37 (0.52)
ST. STUDENTE = .057; p= n.s.
GENERE=.406 ; p= n.s
GENERE*STUD= .462; p= n.s..
Item 8 (strategia
formazione di
storia)
1.00 (0.23) 0.99 (0.27)
ST. STUDENTE = .115; p=n.s
GENERE=1.038 ; p= n.s
GENERE*STUD= 1.03 p= n.s.
Item 9 (strategia
di clustering) 1.12 (0.40) 0.99 (0.21)
ST. STUDENTE = 6.86; p= .01
GENERE=.548 ; p= n.s
GENERE*STUD= 1.61; p= n.s.
A>B
Item 10
(strategia di
codifica
spaziale)
1.23 (0.65) 1.37 (0.62)
ST. STUDENTE = 1.81; p=n.s
GENERE=.429 ; p= n.s
GENERE*STUD= .908; p= n.s.
Performance
metamemoria
Totale
11.47 (2.06) 11.71 (1.69)
ST. STUDENTE =.572; p= n.s
GENERE=0.003 ; p= n.s
GENERE*STUD= .015; p=n.s.
Note. *Significatività per p< 0.05
Su quasi tutti gli item non emergono differenze significative tra le medie dei punteggi dei due
gruppi, eccetto che per l’item 1, relativo alla strategia di reiterazione e l’item 9, relativo alla
strategia di Clustering. Al primo item hanno performance migliori gli anziani non studenti,
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anziani studenti
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mentre all’item 9 emerge una superiorità del gruppo degli anziani studenti. Si riscontra,
inoltre, una differenza significativa tra le medie dovuto all’effetto interazione genere e status
di studente solo per l’item 6.
Figura 14 Grafico e relativi post-hoc effettuati sull’item 6 di performance di metamemoria
Anova fattoriale Sesso per Status di Studente
Eff. corrente: F(1, 140)=4,0568, p=,04591
femmine
maschiAdulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti
STUDENTE
0,8
0,9
1,0
1,1
1,2
1,3
1,4
1,5
Ite
m 6
: S
tra
teg
ia d
i C
luste
rin
g
Qui le performance di metamemoria delle donne anziane, che frequentano corsi formativi,
sono migliori dei maschi dello stesso gruppo e delle donne e dei maschi anziani non studenti
(cfr. fig.14). Non emergono differenze distinte per genere. Sul punteggio Totale alla scala di
metamemoria non emergono differenze significative tra i gruppi.
Effetto Genere per Status di Studente sull’indice di strategicità
Si analizzerà in ultimo l’indice di strategicità, inteso come il punteggio unitario tra
performance di memoria e performance di metamemoria che il soggetto ottiene allo
Gruppi Genere SS Media Ds
Adulti e
Anziani
Studenti
(A) Femmine 41 1.27 0.45
(B) Maschi 33 1.06 0.43
Adulti e
Anziani
Non
Studenti
(C) Femmine 35 1.03 0.29
(D) Maschi 35 1.08 0.37
Post-hoc (Bonferroni): A>B; A>C; A>D
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Mnemotest. Si vuole verificare l’effetto dello status di studente, del genere e dell’effetto
d’interazione tra queste due variabili.
Tabella 30 Analisi della varianza sul campione distinto per Status di Studente ed Età per la variabile
Indice di Strategicità
Adulti e anziani studenti Adulti e anziani non
studenti
(A)
(n=74)
(M=33;F=41)
(B)
(n=70)
(M=35;F=35)
F(1,140); p
Post-hoc
(Bonferroni) Media (ds) Media (ds)
INDICE DI
STRATEGICITA’ 21.39 (4.41) 20.96 (3.98)
ST. STATUS=.535; p=n.s.
GENERE= .264; p=n.s.
GENERE*STUD = 6.18; p=.01
Note. *Significatività a p<0,05
Emerge un effetto d’interazione tra Status di Studente e Genere: i maschi Studenti hanno
performance totali migliori dei maschi non studenti, cosi come le femmine non studenti hanno
performance totali migliori dei maschi che non hanno intrapreso un percorso formativo (cfr.
fig.15).
Figura 15 Grafico e post-hoc per la variabile Indice di Strategicità
Anov a f attoriale Sesso per Status di Studente
Ef f . corrente: F(1, 140)=6,1760, p=,01413
Femmine
MaschiAdulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti
STUDENTE
18
19
20
21
22
23
24
25
Indic
e d
i str
ate
gic
ità
Gruppi Genere SS Media Ds
Adulti e
Anziani
Studenti
(A)
Femmine 41 20.8 4.29
(B)
Maschi 33 22.2 4.58
Adulti e
Anziani
Non
Studenti
(C)
Femmine 35 22.0 4.12
(D)
Maschi 35 19.9 3.59
Post-hoc
(Bonfer
roni):
B>D;C>D
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4. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti per la variabile
autoefficacia di memoria
La possibile influenza della variabile Status di Studente sarà verificata anche sulla percezione
di autoefficacia di memoria (cfr. tab.31).
Tabella 31 Analisi della varianza sul campione per la variabile autoefficacia di memoria
Adulti e anziani studenti Adulti e anziani non
studenti
(A)
(n=74)
(M=33;F=41)
(B)
(n=70)
(M=35;F=35)
F(1,140); p
Post-hoc
(Bonferroni) Media (ds) Media (ds)
Autoefficacia di
memoria 55,8 (8,21) 54,83 (8,18)
ST. STATUS=,552; p=n.s.
GENERE= 1,26; p=n.s. GENERE*STUD = 1,481 p= n.s.
Note. *Significatività a p<0,05
Dal confronto tra i due gruppi di adulti e anziani (studenti e non studenti) non emerge nessuna
differenza statisticamente significativa per lo status di Studente tale da farci concludere che il
frequentare un corso formativo in età adulta sia una variabile che influenzi le percezioni di
efficacia relative alla propria memoria. Non si registra, inoltre, nessuna differenza
significativa né per il genere, né per l’effetto d’interazione Genere e Status di Studente.
Tuttavia, alla luce della correlazione tra la tendenza a presentarsi in modo desiderabile e
l’autoefficacia di memoria nel gruppo di adulti e anziani non studenti, si procederà ad
eliminare i casi che mostrano i profili a rischio (punteggi di desiderabilità sociale compresi tra
9 e 11) e i profili non validi (punteggi ≥ 12) di tutto il campione. Lo scopo è cercare di vedere
se, eliminando i soggetti che tendono a presentarsi in modo desiderabile, emerga qualche
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anziani studenti
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differenza reale tra i gruppi. Inoltre, per un’ulteriore comprensione si distingueranno in due
fasce d’età (50-64 anni e 65-78 anni).
Tabella 32 Analisi della varianza sul campione ridotto per la variabile autoefficacia di memoria
Adulti e anziani studenti Adulti e anziani non studenti
(A)
Adulti
50-64 anni
(n=27)
(B)
Anziani
65-78nni
(n=23)
(c)
Adulti
50-64 anni
(n=22)
(D)
Anziani
65-78 anni
(n=20)
F(1,88); p
Post-hoc
(Bonfer
roni) Media (ds) Media (ds) Media (ds) Media (ds)
Autoefficacia
di memoria 55.33 (8.28) 55.04 (8.55) 56.05 (4.94) 49.90 (7.62)
ST. STATUS=1.96; p=n.s.
Età= 4.13; p=0.04.
Età*STUD = 3.42 p= 0.06
adulti >anziani
Note. *Significatività a p<0,05
Effettuando l’analisi della varianza (cfr. tab.32) sui due gruppi distinti per età emerge una
differenza statisticamente significativa: i soggetti d’età compresa tra i 50 e i 64 anni hanno
maggiore fiducia sulla propria memoria rispetto agli anziani d’età compresa tra i 65 e i 78
anni. Emerge una tendenza alla significatività (p= 0,06) per l’effetto d’interazione età e status
di studente: i non studenti adulti (50-64 anni) hanno una buona fiducia nella propria memoria,
mentre gli anziani non studenti (65-78 anni) fanno registrare un calo significativo, mostrando
la loro bassa autoefficacia.
5. Confronto tra adulti e anziani non studenti e adulti e anziani studenti per la variabile
autoefficacia empatica percepita
Attraverso l’analisi della varianza si è cercato di stimare se la variabile autoefficacia percepita
nella gestione delle emozioni fosse influenzata dallo Status di Studente, dal genere o
dall’effetto d’interazione di queste due variabili. Non emergono differenze statisticamente
significative né per lo status di studente, né per il genere né per l’effetto d’interazione Genere
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anziani studenti
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e status di studente. I risultati confermano l’assenza di differenze significative tra i due gruppi
sia per quanto concerne la percezione della propria autoefficacia negative, sia per
l’autoefficacia nella gestione delle emozioni positive (cfr. tab.33).
Tabella 33 Analisi della varianza effettuata sulla Variabile Autoefficacia emotiva
Adulti e anziani
studenti
Adulti e anziani non
studenti
(A)
(n=74)
(M=33;F=41)
(B)
(n=70)
(M=35;F=35)
F(1,140); p
Post-hoc
(Bonferroni) Media (ds)
Media (ds)
Autoefficacia
percepita nella
gestione delle emozioni
negative
25.68 (5.77) 25.87 (5.89)
STUDENTE=.019; p=n.s.
GENERE=3.84; p=n.s.
GENERE*STUDENTE=.622; p= n.s.
Autoefficacia
percepita nella
gestione delle emozioni
positive
28.20 (4.35) 27.40 (5.55)
STUDENTE=.714; p=n.s.
GENERE=1.64; p=n.s.
GENERE*STUDENTE=1.01; p= n.s.
Note. *Significatività a p<0,05
Dall’analisi della varianza non emergono differenze significative tra gli anziani che
frequentano un corso universitario e coloro che non lo frequentano. Anche qui, è stata
effettuata una scrematura dei casi che presentavano profili a rischio (9-11) e profili non validi
(≥12).
Tabella 34 Analisi della varianza effettuata sul campione ridotto per la Variabile Autoefficacia emotiva
Adulti e anziani
studenti
Adulti e anziani non
studenti
(A)
(n=50)
(B)
(n=42)
F(1,90); p
Post-hoc
(Bonferroni) Media (ds)
Media (ds)
Autoefficacia percepita
nella gestione delle
emozioni negative
24.86 (5.76) 24.33 (6.18) STUDENTE=.179; p=n.s.
Autoefficacia percepita
nella gestione delle
emozioni positive
28.58 (4.19) 26.50 (5.72)
STUDENTE=4.039; p=.04
A>B
Note. *Significatività a p<0,05
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Applicando l’analisi della varianza, dopo l’esclusione dei casi tendenti alla desiderabilità
sociale, emergono delle differenze per effetto della sola variabile Status di studente per
l’autoefficacia percepita nella gestione delle emozioni positive. Quest’ultima è infatti
significativamente maggiore per il gruppo di studenti rispetto ai non studenti.
Figura 16 Grafico relativo all’analisi della varianza effettuata sul campione ridotto per la variabile
autoefficacia nelle gestione delle emozioni positive
STUDENTE;
Eff. corrente: F(1, 90)=4,0387, p=,04746
adulti e anziani studenti adulti e anziani non studenti
STUDENTE
24,0
24,5
25,0
25,5
26,0
26,5
27,0
27,5
28,0
28,5
29,0
29,5
30,0
30,5
au
toe
ffic
acia
ne
lla g
estio
ne
de
lle e
mo
zio
ni p
ositiv
e
Ciò vuol dire che gli adulti e anziani studenti hanno una migliore percezione di poter gestire
le emozioni positive e una maggiore fiducia nel migliorare il proprio senso di autoefficacia
personale, rispetto ai coetanei non studenti.
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anziani studenti
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6. Le motivazioni di adulti e anziani non studenti a non frequentare un corso
universitario
Verranno analizzate, ora, le risposte fornite dagli anziani non studenti al questionario che
indaga le motivazioni a non frequentare un corso. Gli anziani erano tenuti a rispondere alla
domanda “Non ho mai pensato di intraprendere un corso di studi alla mia età perchè...”.
I soggetti erano invitati a dare un punteggio su scala Likert a 5 punti (da 1- falso a 5 vero) a
15 possibili motivazioni riconducibili a 5 fattori: mancanza di capacità, mancanza
d’interesse, mancanza di tempo, inutilità del percorso formativo e per età. La tabella 35
mostra le medie e le dev. Stand. nonché la significatività delle medie e i confronti post-
hoc.
Tabella 35 Analisi della varianza e post-hoc degli anziani non studenti sui motivi a non frequentare un
corso universitario
Motivazioni degli adulti e anziani non studenti Ss Media Min max Ds
Mancanza di capacità (A) 70 6,36 5 15 3,57
Mancanza d’interesse (B) 70 7,60 5 15 2,43
Mancanza di tempo (C) 70 7,87 5 15 2,92
Inutilità (D) 70 8,01 5 15 3,51
Età (E) 70 7,37 5 15 3,76
F(4, 276)=5,91, p=,00014; Post-hoc Bonferroni: B>A; C>A; D>A;
Le Anova’s per misure ripetute hanno mostrato una differenza significativa tra le medie.
Emerge, nello specifico, che le spiegazioni significativamente meno frequenti date dal gruppo
di anziani non studenti sono quelle attribuite alla “mancanza di capacità”. Questo risultato
permette di escludere che i soggetti in età avanzata non intraprendono un percorso formativo
perché pensano di non essere capaci, ma piuttosto lo attribuiscono alla mancanza di tempo, o
al percepire tale esperienza come inutile o non interessante.
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anziani studenti
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Conclusioni
In merito alle ipotesi che hanno spinto l’approfondimento del confronto tra adulti e anziani
studenti con adulti e anziani non studenti è emerso che la tendenza a presentarsi in modo
desiderabile è correlata alle misure di auto percezione: i non studenti tendono, infatti, a
presentare correlazioni positive tra la tendenza alla desiderabilità sociale sia con
l’autoefficacia di memoria che con l’autoefficacia nella gestione delle emozioni negative,
relazione che invece non esiste per gli adulti e anziani studenti.
Queste correlazioni risultano assenti per gli adulti e anziani studenti. Questo risultato
conferma l’ipotesi di Ray (1988) secondo cui, con l’invecchiamento, la percezione del
peggioramento delle proprie abilità potrebbe indurre l’anziano a falsare le risposte relative
alle proprie competenze, anche se ciò non si rileva per chi frequenta un corso universitario.
Forse, chi decide di frequentare un corso universitario è, a monte, più sicuro di sé stesso o
forse la stimolazione cognitiva legata all’apprendimento ha permesso al soggetto adulto ed
anziano di conoscere meglio le sue competenze e le sue potenzialità.
Per entrambi i gruppi emergono correlazioni tra il punteggio totale ottenuto allo Mnemotest, e
l’autoefficacia di memoria, a conferma dell’ipotesi che la percezione di efficacia di memoria è
legata alle performance mnestiche (McDonald-Miszczak, Gould & Tychynski, 1999; Seeman,
McAvay, Merrill, Albert & Rodin, 1996; Valentijn & Hill 2006). Non esiste, al contrario, una
relazione tra autoefficacia emotiva e performance mnestiche.
Lo status di studente e il genere risultano variabili determinanti per quanto concerne le
strategie di memoria messe in atto.
Le strategia di Reiterazione, Codifica Spaziale, Organizzazione Semantica (formazione di
storia) sembrano essere messe in atto maggiormente dagli adulti e anziani studenti rispetto ai
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anziani studenti
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non studenti, nello specifico di genere maschile. I soggetti che frequentano un corso
universitario, soprattutto i maschi, presentano prestazioni migliori rispetto agli anziani che
non hanno intrapreso tale percorso e, quindi, sembrano beneficiare maggiormente della
partecipazione ai corsi universitari. L’invecchiamento e i processi di memoria sembrano
peggiori nei maschi non studenti rispetto anche alle femmine dello stesso gruppo, ma tale
decadimento viene rallentato dal processo formativo e dalla stimolazione cognitiva connessa.
Questo risultato conferma quello di Zivian et al. (1983), secondo cui le prestazioni di
memoria degli adulti e degli anziani studenti sono migliori rispetto agli adulti e anziani non
studenti e conferma l’ipotesi secondo cui le donne hanno performance migliori degli uomini
(Gross & Rebok, 2011) se non frequentano corsi formativi, anche se, quest’ultimi, sembrano
migliorare nel momento in cui decidono di intraprendere un corso formativo di loro interesse.
La metamemoria non risulta essere differente tra i due gruppi, fatta eccezione per solo due
item, che misurano rispettivamente la strategia di Reiterazione e la strategia di Clustering.
Relativamente all’indice di strategicità, inteso come punteggio totale allo Mnemotest,
emergono performance totali migliori da parte degli studenti di genere maschile, i quali
sembrano beneficiare dei percorsi formativi.
La conclusione a cui pervenire potrebbe essere che la frequenza di un corso universitario non
abbia un effetto diretto sulla metamemoria, ma solo sulle performance mnestiche. La
frequenza di corsi formativi in età avanzata permette di migliorare le performance della
propria memoria utilizzando i compiti e la risoluzione dei problemi che vengono posti durante
il percorso formativo, i quali però non riuscirebbero ad avere un effetto sul miglioramento
della consapevolezza della propria memoria.
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anziani studenti
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Dal confronto tra adulti e anziani studenti con adulti e anziani non studenti, emergono
differenze tendenti alla significatività nei livelli di autoefficacia di memoria solo quando dal
campione vengono eliminati i soggetti che tendono a dare di sé un’immagine fortemente
desiderabile. In tal caso, chi frequenta un corso universitario ha una maggiore fiducia nella
propria memoria rispetto a chi non frequenta, soprattutto se si tratta di soggetti in là negli
anni. Ciò conferma l’ipotesi di partenza, secondo cui nonostante l’influenza dell’età, l’essere
studente rappresenta una variabile decisiva nel determinare i livelli di autoefficacia di
memoria.
Medesimo risultato per l’autoefficacia nella gestione delle emozioni negative e positive: con
l’esclusione dei soggetti che presentano profili tendenti alla desiderabilità sociale viene
confermata l’ipotesi secondo cui gli studenti adulti e anziani si percepiscono più capaci di
gestire le emozioni positive rispetto ai loro coetanei non studenti. La frequenza di un corso
universitario in età avanzata può stimolare la relazione sociale, favorire il processo di
autoconoscenza ed esporre il soggetto a situazioni in cui è richiesta la messa in atto di
processi empatici.
Infine, l’ultima ipotesi viene confermata parzialmente. Quegli adulti e anziani che non hanno
mai preso in considerazione l’idea di intraprendere un corso in età avanzata, non lo hanno
fatto, non perché si percepiscono incapaci o per stereotipi legati all’età (Chasteen et al., 2005;
Chasteen, Schwarz, e Park, 2002; Hess et al., 2003; Ryan e Kwong See, 1993), bensì perché
ritengono di non essere interessati, per mancanza di tempo o perché lo ritengono inutile.
Questo risultato conferma uno studio di Porras-Hernàndez & Salinas-Amescua (2011): il
presupposto teorico di questo studio era che i soggetti che non avevano mai pensato di
intraprendere un corso formativo in età avanzata presentassero un livello più basso di stima di
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sé. Nello specifico, secondo questa ipotesi le variabili psicologiche intrinseche al soggetto
rappresentavano barriere disposizionali alla partecipazione. In realtà, lo studio ha messo in
luce che i soggetti che ritengono non rilevante l’educazione per la loro sfera sociale
presentano una buona fiducia in sé stessi, contrastando l’ipotesi di partenza. Ciò vuol dire che
gli adulti e/o anziani che non hanno mai preso in considerazione l’ipotesi formativa non sono
soggetti con bassa fiducia in sé stessi o si percepiscono poco capaci di apprendere: alla base di
una tale scelta possono celarsi motivi situazionali (legate alla famiglia, il costo, il tempo) o di
altro genere legate alle istituzioni (ad es. mancata informazione o informazione
carente/parziale, ecc..).
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Conclusioni generali della ricerca
Lo scopo generale della ricerca è stato indagare la componente metacognitiva e motivazionale
alla base dell’autoregolazione dell’apprendimento, nell’ambito dell’educazione agli adulti e
agli anziani (studenti non tradizionali).
Nello specifico, si voleva verificare se le performance mnestiche, motivazionali e di
autoefficacia possedute dagli studenti non tradizionali e messe a confronto con le performance
di giovani studenti universitari (studenti tradizionali) e di adulti e anziani che non avevano
intrapreso nessun corso formativo in età avanzata (non studenti) fossero differenti, sulla base
dell’ipotesi che il frequentare un percorso formativo in età avanzata fosse una variabile
determinante sul processo di deterioramento cognitivo, che spesso caratterizza il processo di
invecchiamento.
Attraverso la costruzione di uno strumento che misurasse le strategie di memoria e di
metamemoria e inserito all’interno di una batteria di test destinata alla misurazione della
motivazione intrinseca, dell’autoefficacia accademica ed emotiva e della tendenza alla
desiderabilità sociale, sono state misurate le variabili metacognitive e motivazionali che
regolavano il processo di apprendimento.
Il primo confronto (studenti non tradizionali vs studenti giovani), ha evidenziato come,
nonostante le prestazioni di memoria e di metamemoria risentano del trascorrere dell’età, gli
adulti e anziani possono compensare questo declino con buoni livelli di fiducia in sé, nella
propria memoria e una buona motivazione a raggiungere il fine prefissato al pari degli
studenti più giovani.
Il secondo confronto (studenti non tradizionali vs anziani non studenti) conferma che l’essere
studente è una variabile importante nel determinare l’entità e la qualità dell’apprendimento. In
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particolare, gli studenti di sesso maschile in età avanzata sembrano beneficiare maggiormente
della frequenza di un corso formativo, per quanto riguarda le performance di memoria,
nonché i livelli di autoefficacia di memoria ed autoefficacia emotiva. Chi frequenta un corso
formativo, rispetto ai coetanei che non hanno mai preso in considerazione tale ipotesi, si
percepisce più fiducioso nella propria memoria e capace di gestire le emozioni ad esso
collegate.
La ricerca futura potrebbe approfondire tale relazione stabilendo se, chi frequenta un corso
formativo, è a priori più fiducioso e si “cimenta” in attività formative, oppure la frequenza del
corso è determinante sulle dimensioni di autoefficacia emotiva e di memoria.
Dai dati è emersa la necessità che l’istruzione e la formazione, destinate ai soggetti in età
avanzata, rispondano in maniera adeguata ai processi motivazionali e mnestici che
intervengono nel processo di apprendimento di questa popolazione. Per far si che questo
accada, la ricerca futura potrebbe approfondire la “tipologia” delle esperienze accademiche
considerate interessanti da parte di tale popolazione, tenendo conto delle reali competenze del
soggetto in età avanzata.
La ricerca apre alla possibilità di una formazione in età avanzata che, in quanto efficace, sia il
più possibile stimolante e permetta una ri-strutturazione, in chiave positiva, del processo
formativo-educativo in età avanzata, visto spesso sotto lo spettro del dubbio sia della sua
validità, che della sua utilità sociale.
Proprio perché efficace ed utile, strutturato bene e con percorsi educativi ad hoc, potrebbe
rivelarsi uno tra gli strumenti da poter utilizzare per arrestare, o almeno rallentare, il
progressivo deterioramento cognitivo e di sfiducia in sé che ha inizio con il processo di
invecchiamento.
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La ricerca futura potrebbe, inoltre, orientarsi sulla costruzione di un modello che leghi tutte le
variabili intervenienti sul processo di apprendimento della popolazione di studenti in età
avanzata, al fine di delinearne i rapporti di causalità e relazione, in mancanza di un modello
esplicativo su tali soggetti.
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APPENDICE
IMMAGINE 1 scheda "stimolo" test nuovo
IMMAGINE 2 Scheda “Domanda di performance di memoria” test nuovo
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IMMAGINE 3 Scheda "domanda di Metamemoria" test nuovo
IMMAGINE 4 Scheda stimolo e scheda unica performance di memoria e di metamemoria del Test di
Cottini e Meazzini (2005)
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