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43LA RIVISTA DI APPROFONDIMENTO CONTABILE - PROFESSIONALE - FISCALE
Servizio di informazione professionale dalla SEAC S.p.A.Trento - Via Solteri, 74 � Tel 0461/805111 � Fax 0461/805161 � Capitale sociale: Euro 43.600.000 i.v. � www.seac.it � E-mail: info@seac.it
Direttore responsabile Giovanni Bort
RIPRODUZIONE VIETATAL’elaborazione dei testi, ancorché curata con scrupolosa attenzione, esprime l’opinione degli autori e non impegna alcuna responsabilità.
Marianna AnnicchiaricoRoberto CurcuLuciano De AngelisGiuseppe MercurioRoberto ProtaniRaffaella Vio
Lelio Cacciapaglia – Responsabile scientificoTullio Zanin – Coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico
IL COMITATO TECNICO SCIENTIFICO E GLI ESPERTI DEL CENTRO STUDI FISCALI SEAC
Paolo ChizzolaJgor MerighiRenato Portale Antonio ZappiMauro Tortorelli
COMMERCIO ELETTRONICO DIRETTO ED INDIRETTO Le novità dal 2019 e dal 2021La Direttiva UE n. 2455/2017, del 5 dicembre 2017, preve-de l’introduzione di importanti novità in materia di com-mercio elettronico sia diretto che indiretto. Tali novità entreranno in vigore rispettivamente dal 2019 e dal 2021. Risulta opportuno precisare che le disposizioni contenu-te nella citata Direttiva ...
BONUS FORMAZIONE DIPENDENTI Come, quando e perché!Nel n. 29 della rivista trovate un articolo di approfondi-mento sul tema oggetto di questa informativa. Qui mi limito alle informazioni essenziali da trasferire alle aziende vostre clienti. Certamente le materie oggetto di formazione (altamente tecnologiche) sono improponibili al vostro cliente che gestisce una pizzeria all’angolo della strada o al chiosco ...
di Lelio Cacciapaglia
BENI SIGNIFICATIVI: I CHIARIMENTI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE SULLE PARTI STACCATE E SUL VA-LORECon la Circolare n. 15/E del 12 luglio 2018 l’Agenzia delle Entrate fa chiarezza sulla fatturazione degli interventi di recupero in presenza di componenti o parti staccate dei beni significativi, ponendo fine ai problemi interpretativi sorti per le fattispecie ...
di Paola Carosi
ACCERTAMENTI SOCIETÀ CON “RI-STRETTA BASE PARTECIPATIVA” Giurisprudenza, criticità e profili applicativiL’accertamento nei confronti dei soci delle società c.d. a “ristretta base”, con attribuzione del presunto utile occul-to distribuito, è divenuto un vero e proprio automatismo ogni qual volta l’Amministrazione Finanziaria esegue un controllo ed effettua un relativo recupero impositivo alla società.
di Maurizio Tozzi
RASSEGNA SOCIETARIA
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19 SETTEMBRE 2018
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di Stefano Setti
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3243LA RIVISTA DI APPROFONDIMENTO CONTABILE - PROFESSIONALE - FISCALE
Servizio di informazione professionale dalla SEAC S.p.A.Trento - Via Solteri, 74 � Tel 0461/805111 � Fax 0461/805161 � Capitale sociale: Euro 43.600.000 i.v. � www.seac.it � E-mail: info@seac.it
Direttore responsabile Anna Maria Nicolussi
RIPRODUZIONE VIETATAL’elaborazione dei testi, ancorché curata con scrupolosa attenzione, esprime l’opinione degli autori e non impegna alcuna responsabilità.
Marianna AnnicchiaricoRoberto CurcuLuciano De AngelisGiuseppe MercurioRoberto ProtaniRaffaella Vio
Lelio Cacciapaglia – Responsabile scientificoTullio Zanin – Coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico
IL COMITATO TECNICO SCIENTIFICO E GLI ESPERTI DEL CENTRO STUDI FISCALI SEAC
Paolo ChizzolaJgor MerighiRenato Portale Antonio ZappiMauro Tortorelli
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2Settimana Professionale n. 32 del 19.9.2018
RIPRODUZIONE VIETATA
C OMMERCIO ELETTRONICO DIRETTO ED INDIRETTO - Le novità dal 2019 e dal 2021
Funzionale alla trattazione dell’argomento è comprende-
re in cosa consiste in regime del MOS.
Si tratta di un regime di tassazione opzionale introdotto
come misura di semplificazione connessa alla modifica
del luogo di tassazione IVA applicabile alle prestazioni
TTE e ai servizi elettronici B2C.
In base alle regole europee, infatti, la tassazione ai fini IVA
di tali operazioni avviene nello Stato membro del consu-
matore finale (Stato membro di Consumo) e non in quello
del prestatore (Stato membro di identificazione).
Il MOSS, dunque, evita al fornitore di identificarsi (tramite
rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta IVA)
presso ogni Stato Membro di Consumo per effettuare gli
adempimenti richiesti (dichiarazioni e versamento).
MPORTANTEI In pratica, optando per il MOSS, il soggetto passivo trasmette telematicamente, attra-
verso l’apposito Portale elettronico, le dichiarazioni IVA trimestrali ed effettua i versamenti esclusivamente nel
proprio Stato membro di identificazione, limitatamente alle operazioni rese a consumatori finali residenti o do-
miciliati in altri Stati Membri di Consumo.
Le dichiarazioni trimestrali e l’IVA versata acquisite dallo Stato membro di identificazione sono trasmesse ai ri-
spettivi Stati Membri di Consumo mediante una rete di comunicazioni sicura.
Un soggetto passivo che sceglie di avvalersi del MOSS:
�� deve registrarsi nello Stato membro di identificazione.
�� Lo Stato Membro di Identificazione nel Regime UE, valido per i soggetti residenti nell’UE o extra UE con stabili
organizzazioni in UE, è lo Stato in cui il soggetto passivo ha fissato la sede della propria attività economica.
�� Se un soggetto passivo non ha fissato la sede della propria attività economica nell’UE, Stato Membro di
Identificazione sarà quello in cui dispone di una stabile organizzazione.
in questo articolo…
di Stefano Setti - Dottore commercialista in Milano
La Direttiva UE n. 2455/2017, del 5 dicembre
2017, prevede l’introduzione di importanti
novità in materia di commercio elettronico
sia diretto che indiretto. Tali novità entre-
ranno in vigore rispettivamente dal 2019 e
dal 2021. Risulta opportuno precisare che le
disposizioni contenute nella citata Direttiva
dovranno essere recepite nell’ordinamen-
to tributario nazionale entro il 31 dicembre
2018. Tenendo comunque presente che le
disposizioni della Direttiva, essendo vinco-
lanti e precise, potranno essere comunque
applicate secondo i principi e con i limiti
statuiti dalla giurisprudenza comunitaria in
materia di direttive “self executing”.
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�� I soggetti passivi che dispongono di più stabili organizzazioni nell’UE hanno la facoltà di scegliere lo Stato
membro di una delle stabili organizzazioni come proprio Stato Membro di Identificazione ai fini del MOSS. In tal
caso, la scelta non può essere revocata prima del termine del secondo anno successivo a quello di esercizio.
�� Nel Regime non UE, valido per i soggetti passivi extra UE senza stabili organizzazioni in UE, il prestatore può
scegliere qualunque Stato membro come Stato membro di identificazione.
�� Lo Stato membro scelto assegnerà al soggetto passivo un numero individuale di identificazione IVA (utiliz-
zando il formato EUxxxyyyyyz).
�� Il soggetto passivo può avere solo uno Stato Membro di Identificazione che nel caso di soggetto in Regime Non
UE potrà coincidere anche con lo Stato Membro di Consumo.
COMMERCIO ELETTRONICO DIRETTO E INDIRETTO- LE DEFINIZIONI DA RICORDARE
A seconda della tipologia di beni/servizi ceduti elettronicamente e della modalità di consegna degli stessi, il
commercio elettronico si suddivide in due distinte tipologie:
�� commercio elettronico diretto: tutte le fasi della transazione avvengono on line (ordine, pagamento, con-
segna). Si tratta di cessione di beni cosiddetti digitali (software, filmati, musica, servizi di biglietteria, intratte-
nimento, banking, assicurazione, informativi, legali, ecc.). Tale tipologia di commercio elettronico è definita
con il termine di “e-commerce”;
�� commercio elettronico indiretto: l’ordine, ed eventualmente anche il pagamento, sono effettuati on-line,
ma il bene viene poi fisicamente spedito al domicilio dell’acquirente. C’è una certa analogia con la c.d. “ven-
dita per corrispondenza”, ma la forma elettronica permette di espandere i canali e le vendite.
La distinzione tra beni e servizi riveste un ruolo fondamentale ai fini del corretto trattamento fiscale/contabile
delle cessioni poste in essere nel commercio elettronico.
DISTINZIONE TRA COMMERCIO ELETTRONICO DIRETTO ED INDIRETTO
Tipologia Caratteristiche
COMMMERCIO ELETTRONICO DIRETTO
�� Per commercio elettronico diretto, si intendono le compravendite di beni immate-
riali “digitali”; ossia beni che non necessitano di supporti fisici per essere movimen-
tati in quanto possono viaggiare, scomposti in “bit”, attraverso linee telefoniche, ed
essere poi ricomposti nella memoria del computer (come ad es. software, immagini,
testi, musica, film, ecc.);
�� la transazione commerciale si perfeziona on-line, quindi, la consegna del bene im-
materiale ovvero la prestazione del servizio da una parte e il pagamento del corri-
spettivo dall’altra vengono effettuate utilizzando canali telematici;
�� tali operazioni ai fini fiscali sono considerate prestazioni di servizi (Dir. 2006/112/CE e
Risoluzione 3 luglio 2008, n. 274/E).
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COMMMERCIO ELETTRONICO INDIRETTO
�� Per commercio elettronico indiretto si intendono le compravendite di beni materiali
per le quali la transazione commerciale avviene per via telematica mentre, necessa-
riamente, la consegna fisica della merce avviene attraverso i canali tradizionali (tipi-
camente vettori ovvero spedizionieri);
�� tali operazioni ai fini fiscali sono considerate cessioni di beni.
TTENZIONEA Le cessioni di beni materiali che avvengono via web mediante consegna materiale degli
stessi (quindi, commercio elettronico indiretto) sono sempre considerate cessioni di beni. Invece, con riferimen-
to alle cessioni di beni nonché prestazioni di servizi che vengono ceduti e consegnati direttamente per via tele-
matica (quindi, commercio elettronico diretto) sono sempre da considerare quali prestazioni di servizi.
LE NOVITÀ DAL 1° GENNAIO 2019 – IN SINTESI
In merito al commercio elettronico diretto, con effetto 1° gennaio 2019, saranno introdotte le seguenti no-
vità:
�� fino al limite annuo di euro 10.000, i prestatori di servizi elettronici a privati consumatori di altri Paesi della UE
potranno applicare l’IVA del Paese ove risultano stabiliti e non quella di consumo (ovvero quello ove risulta
residente il committente privato). Rimane comunque ferma la possibilità di applicare l’IVA, per opzione, nel
Paese di consumo;
�� qualora il prestatore di commercio elettronico diretto opti per il regime amministrativo agevolato del MOSS
(Mini One Stop Shop), lo stesso dovrà applicare le regole di fatturazione del proprio paese di stabilimento e
non quelle del Paese di consumo;
�� il regime del MOSS potrà essere utilizzato anche dai soggetti passivi d’imposta extra-UE pure se gli stessi ri-
sultino identificati in uno o più paesi dell’UE.
Con riferimento al commercio elettronico indiretto, dal 1° gennaio 2021, saranno previste le seguenti
novità:
�� modifica integrale del regime IVA sulle vendite a distanza nei confronti di privati consumatori della UE, quin-
di, nei rapporti B2C;
�� possibilità di utilizzo del MOSS anche per il commercio elettronico indiretto oltre a quello diretto (regime già
previsto unicamente per il commercio elettronico diretto dal 2015);
�� eliminazione della franchigia IVA sulle importazioni di beni oggetto di commercio elettronico indiretto e in-
troduzione nuovo regime IVA di importazione;
�� introduzione della responsabilità IVA dei marketplace su importazioni di beni oggetto di commercio elettro-
nico.
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COMMERCIO ELETTRONICO DIRETTO RAPPORTI B2C – NOVITÀ DAL 1° GENNAIO 2019
Come già anticipato, con effetto 1° gennaio 2019, saranno introdotte nel sistema IVA le seguenti novità in tema
di commercio elettronico diretto nei rapporti B2C:
�� soglia annua a livello comunitario, pari ad euro 10.000 (valore totale al netto dell’IVA), al di sotto della quale
le operazioni di commercio elettronico diretto rese a privati consumatori di altri Paesi della UE (quindi, unica-
mente operazioni B2C) rimarranno imponibili ai fini dell’IVA nello Stato membro di stabilimento del presta-
tore (e non come avviene dal 1° gennaio 2015 nel Paese ove è residente ovvero domiciliato il committente
privato). Se nel corso di un anno civile la citata soglia di euro 10.000 (valore totale al netto dell’IVA) viene
superata, si applica, a partire da tale data, l’ordinario criterio impositivo basato sul luogo di residenza del pri-
vato consumatore. Rimane, comunque, ferma la possibilità di optare per la tassazione a destinazione, come
già avviene dal 2015;
�� le operazioni di commercio elettronico diretto, per le quali il prestatore abbia optato per il MOSS, dovranno
seguire le regole di fatturazione previste nello Stato membro di identificazione del prestatore che si sia av-
valso di tale opzione (e non come avviene dal 1° gennaio 2015 applicando le regole di fatturazione del Paese
ove è domiciliato/residente il privato consumatore; quindi, dove si considera territorialmente rilevante ai fini
IVA). Il commercio elettronico diretto nei rapporti B2C, in Italia, quindi, dal 1° gennaio 2015 non è soggetto
all’obbligo di emissione della fattura (se non richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione della
stessa); inoltre, vi è anche l’esonero dall’obbligo di rilasciare scontrini o ricevute fiscali (artt. 22, comma 6-ter,
del D.P.R. n. 633/1972. D.Lgs. n. 42/2015 e D.M. 27 ottobre 2015). I corrispettivi giornalieri devono però essere
registrati all’interno del registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 del D.R.P. n. 633/1972. L’esclusione dall’ob-
bligo di certificazione delle vendite on-line di servizi digitali a privati consumatori (o assimilati) italiani è una
facoltà, quindi, nulla vieta ai cedenti soggetti passivi IVA di emettere regolari fattura con tenuta dei registri
IVA vendite ordinari (di cui all’art. 23 del D.P.R. n. 633/1972 - RM 20 gennaio 1994, n. 2615).
�� Ne consegue che dal 1° gennaio 2019 le operazioni di commercio elettronico diretto effettuate da un soggetto italiano nei confronti di privati consumatori sia italiani che comunitari, se ha optato per il regime del MOS, potranno non essere certificate né da scontrini né da ricevute fiscali né da fatture (se non richieste dai clienti), sempre che i corrispettivi giornalieri siano registrati nell’apposito registro dei corrispettivi di cui al citato art. 24 del D.P.R. n. 633/1972;
�� i soggetti passivi d’imposta extra-UE potranno avvalersi del MOSS anche se gli stessi risultano identificati ai
fini IVA in uno o più paesi della UE, fermo restando il vincolo dell’assenza di stabilimento. Fino al 31 dicembre
2018, i soggetti passivi domiciliati o residenti fuori dall’UE, non stabiliti né identificati in alcuno Stato membro
dell’Unione, che scelgono di identificarsi in Italia, richiedono la registrazione compilando un modulo on-line
disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it), nella sezione a libero accesso re-
datta in lingua inglese. Successivamente l’Agenzia delle Entrate, per il tramite del Centro Operativo di Pescara
(Provv. Dir. 26 luglio 2016), effettuate le necessarie verifiche, comunica al richiedente, via mail, il numero
di identificazione IVA attribuito, il codice identificativo per l’accesso ai servizi telematici dell’Agenzia delle
Entrate, la password di primo accesso e le prime 4 cifre del codice PIN, unitamente alle istruzioni per accedere
alle funzionalità, esposte in lingua inglese, al fine di completare il processo di registrazione.
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Tabella: commercio elettronico diretto nei rapporti B2C – trattamento fino al 31 dicembre 2018 e dal 1° gennaio 2019
Prestatore Committente Regime IVA Profili operativi
Soggetto
p a s s i v o
IVA “sta-
bilito” in
Italia
Privato consu-
matore
(o assimilato)
italiano
IVA in Italia
Trattamento fino al 31 dicembre 2018
�� Il prestatore nazionale per tali cessioni dovrà assogget-
tare l’operazione ad IVA. In tal caso non è obbligatorio
emettere fattura (se non richiesta dal cliente stesso) così
come non è obbligatorio emettere scontrini ovvero rice-
vute fiscali;
�� obbligo di annotazione dei corrispettivi giornalieri all’in-
terno del registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 del
D.P.R. n. 633/1972.
Trattamento dal 1° gennaio 2019
Nulla cambia rispetto a quanto accade fino al 31 dicembre
2018
Privato consu-
matore
(o assimilato)
di altro Paese
della UE
IVA del
Paese UE
del com-
mittente
Trattamento fino al 31 dicembre 2018
�� Il prestatore nazionale dovrà procedere all’apertura di
un rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta
ovvero stabile organizzazione in ciascun Paese UE dove
si considerano stabiliti i committenti privati che hanno
proceduto all’acquisto on-line;
�� il rappresentante fiscale/identificazione diretta/stabi-
le organizzazione UE dovrà procedere poi ad applicare
al committente privato UE l’IVA di tale Paese (si eviden-
zia che si dovrà verificare nel singolo Paese della UE se,
come in Italia, sia previsto un esonero da certificazione
dei corrispettivi);
�� al fine di eliminare il problema di apertura di rappresen-
tante fiscale ovvero identificazione diretta, il prestatore
nazionale potrà optare per il MOSS.
Trattamento dal 1° gennaio 2019
�� Fino alla soglia annua di vendite pari ad euro 10.000 (va-
lore totale al netto dell’IVA) si applica l’IVA del Paese del
prestatore, quindi, IVA in Italia. Oltre tale soglia, anche in
corso d’anno, si applica l’IVA del Paese del committente;
�� rimane ferma la possibilità di optare per l’IVA a destino e
per il MOSS.
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Prestatore Committente Regime IVA Profili operativi
Soggetto
p a s s i v o
IVA “sta-
bilito” in
Italia
Privato consu-
matore
(o assimilato)
extra-UE
IVA del
Paese
extra-UE
Trattamento fino al 31 dicembre 2018�� In tal caso si dovranno verificare gli adempimenti fisca-
li riservati nel singolo Paese extra-UE. Operativamente,
quando le operazioni effettuate dal prestatore naziona-
le non siano molto numerose nel singolo Paese extra-UE
si consiglia di emettere documento dalla propria partita
IVA in Italia senza applicazione dell’IVA senza preoccu-
parsi troppo degli aspetti extra-UE.
Trattamento dal 1° gennaio 2019Nulla cambia rispetto a quanto accade fino al 31 dicembre
2018
Soggetto passivo IVA “sta-
bilito” in altro Paese
della UE
Privato con-sumatore
(o assimilato) italiano
IVA in Italia
Trattamento fino al 31 dicembre 2018
�� Il prestatore comunitario dovrà procedere all’apertura di
un rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta
ovvero stabile organizzazione in Italia;
�� il rappresentante fiscale/identificazione diretta/stabile
organizzazione italiano dovrà procedere poi ad applica-
re al committente italiano l’IVA in Italia secondo l’aliquo-
ta del servizio digitale ceduto (in tal caso non vi è l’ob-
bligo di certificazione dei corrispettivi essendo cessioni
a livello italiano);
�� al fine di eliminare il problema di apertura di rappresen-
tante fiscale ovvero identificazione diretta, il prestatore
potrà optare per il MOSS.
Trattamento dal 1° gennaio 2019Fino alla soglia annua di vendite pari ad euro 10.000 (valore
totale al netto dell’IVA) si applica l’IVA del Paese del prestato-
re, quindi, IVA del Paese UE ove è stabilito il prestatore. Oltre
tale soglia, anche in corso d’anno, si applica l’IVA in Italia;
�� rimane ferma la possibilità di optare per l’IVA a destino e
per il MOSS.
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8Settimana Professionale n. 32 del 19.9.2018
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Prestatore Committente Regime IVA Profili operativi
Soggetto passivo extra-UE
Privato consu-matore
(o assimilato) italiano
IVA in Italia
Trattamento fino al 31 dicembre 2018
�� Il prestatore extra-UE dovrà procedere all’apertura di un
rappresentante fiscale ovvero identificazione diretta (at-
tualmente possibile per Svizzera, Norvegia e Israele) ov-
vero stabile organizzazione in Italia;
�� il rappresentante fiscale/identificazione diretta/stabile
organizzazione italiano dovrà procedere poi ad applica-
re al committente italiano l’IVA in Italia secondo l’aliquo-
ta del servizio digitale ceduto (in tal caso non vi è l’ob-
bligo di certificazione dei corrispettivi essendo cessioni
a livello italiano).
�� possibilità di iscrizione al MOSS.
Trattamento dal 1° gennaio 2019
Oltre a quanto valevole fino al 31 dicembre 2018, si fa pre-
sente che i soggetti passivi d’imposta extra-UE potranno av-
valersi del MOSS anche se gli stessi risultano identificati ai
fini IVA in uno o più paesi della UE, fermo restando il vincolo
dell’assenza di stabilimento
TTENZIONEA Le novità che saranno introdotte dal 1° gennaio 2019 non riguardano i rapporti B2B
(quindi, fra soggetti passivi IVA). Infatti, per le operazioni di commercio elettronico diretto effettuate fra soggetti
passivi IVA, ai fini della territorialità IVA, varranno le regole attualmente in uso. Quindi, le operazioni di commer-
cio elettronico diretto nei rapporti B2B sono (fino al 31 dicembre 2018) e saranno (dal 1° gennaio 2019) territorial-
mente rilevanti ai fini IVA nel Paese ove è “stabilito” ai fini IVA il committente soggetto passivo IVA.
COMMERCIO ELETTRONICO INDIRETTO - NOVITÀ E DISCIPLINA AI FINI IVA
In tema di commercio elettronico indiretto la Direttiva n. 2455/2017, con effetto 1° gennaio 2021, stabili-
sce le seguenti novità (fermo restando che si dovrà attendere il recepimento nell’ordinamento nazionale, non-
ché tutti i chiarimenti e aspetti operativi del caso).
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Modifica integrale del regime IVA sulle vendite a distanza nei confronti di privati consumatori della UE (B2C) e possibilità di utilizzo del MOSS an-che per il commercio elettronico indiretto oltre a quello diret-to (regime già previsto
unicamente per il com-
mercio elettronico di-
retto dal 2015)
�� In via generale a decorrere dal 2021 le operazioni di commercio elettronico in-
diretto, nei rapporti B2C, saranno territorialmente rilevanti ai fini IVA nel Paese
UE di destinazione dei beni (quindi, non si applicherà più la disciplina delle
vendite a distanza per le quali sono previste determinate soglie – ne conse-
gue che vi sarà l’eliminazione di tali soglie, da Euro 35.000 ad Euro 100.000);
�� fino alla soglia annua di vendite pari ad euro 10.000 (valore totale al netto
dell’IVA) si applicherà, invece, l’IVA del Paese ove è stabilito il cedente sog-
getto passivo IVA. Se nel corso di un anno civile la citata soglia di euro 10.000
(valore totale al netto dell’IVA) viene superata, si applica, a partire da tale data,
l’ordinario criterio impositivo basato sul luogo di destino dei beni;
�� i cedenti soggetti passivi IVA potranno comunque optare per il MOSS così
come avviene per il commercio elettronico diretto. In tal caso il cedente ap-
plicherà ai fini della fatturazione/certificazione dei corrispettivi le regole di
fatturazione/certificazione applicate nel proprio Paese e non quelle di desti-
no dei beni. Al riguardo si evidenzia che attualmente in Italia, in presenza di
vendite a distanza nei confronti di un privato consumatore (ovvero assimila-
to), non vi è l’obbligo di emissione della fattura qualora non venga richiesta
dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione. L’esclusione
dall’obbligo di certificazione delle vendite per corrispondenza a privati con-
sumatori (o assimilati) è una facoltà, quindi, nulla vieta ai cedenti soggetti pas-
sivi IVA di emettere regolari fattura con tenuta dei registri IVA vendite ordinari
(di cui all’art. 23 del D.P.R. n. 633/1972 - RM 20 gennaio 1994, n. 2615).
Eliminazione della franchigia IVA sulle importazioni di beni oggetto di commer-cio elettronico indi-retto e introduzione nuovo regime IVA di importazione
�� Dal 2021, vi sarà la rimozione dell’attuale franchigia IVA sulle importazioni di
modico valore (pari ad Euro 22);
�� contestualmente vi sarà l’introduzione di un nuovo regime IVA per le impor-
tazioni di prodotti da territori extra-UE con valore intrinseco inferiore ov-
vero uguale ad Euro 150. Il momento impositivo IVA coinciderà, con la data
del pagamento online. Le spedizioni con prodotti di valore inferiore ovve-
ro uguale ad euro 150 non saranno più soggette a prelievo IVA in dogana.
Conseguentemente il cedente extra-UE, dovrà munirsi di partita IVA UE e do-
vrà dichiarare e versare periodicamente l’IVA dovuta su tali importazioni e
applicarla al momento della vendita online.
��
TTENZIONEA Per accedere al regime speciale, il cedente extra-UE dovrà
nominare un intermediario stabilito nell’UE, se non stabilito in territorio con cui
l’UE abbia siglato un accordo di reciproca cooperazione in materia d’IVA. Si evi-
denzia che l’intermediario è un soggetto UE responsabile per il soddisfacimento
degli adempimenti previsti dal regime speciale ed il versamento della relativa
IVA (ad es. corrieri). L’IVA dovrà poi essere dichiarata/versata mensilmente me-
diante inoltro telematico di dichiarazione.
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10Settimana Professionale n. 32 del 19.9.2018
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Introduzione della responsabilità IVA dei marketplace su importazioni di beni oggetto di commer-cio elettronico
�� Quando un operatore facilita, attraverso l’uso di un marketplace (ovvero ne-
gozio virtuale), portale o similari strumenti, le vendite a distanza di prodotti
importati direttamente da extra-UE con valore intrinseco uguale o inferiore
ad Euro 150, tale operatore economico sarà considerato quale cedente del
bene a fini IVA.
�� Il marketplace, quindi oltre al cedente, sarà il vero responsabile per il soddisfa-
cimento di tutti gli adempimenti IVA.
COMMERCIO ELETTRONICO INDIRETTO - RAPPORTI B2C FINO AL 31 DICEMBRE 2020
Fino al 2020 il commercio elettronico indiretto effettuato nei confronti di privati consumatori comunitari, dal
punto di vista IVA, andrà trattato alla stregua delle “vendite a distanza” (ovvero per corrispondenza).
Requisiti per le vendite a distanza ov-vero per corri-spondenza – LE C O N D I Z I O N I D E V O N O COESISTERE
L’acquirente deve essere un privato consumatore ovvero un soggetto assimilato
(si pensi, in tale ultima ipotesi, ad un professionista che effettua l’acquisto non nella
sfera professionale ma in quella privata, quindi, senza spendere la propria partita IVA,
oppure un ente non commerciale).
Il trasporto presso il domicilio del cessionario privato deve avvenire direttamen-te a cura del cedente o di terzi per suo conto indipendentemente dalle modalità con
le quali le cessioni sono effettuate, e non solo, dunque, se realizzate per corrisponden-
za, su catalogo e simili (R.M. 31 marzo 2005, n. 39).
TTENZIONEA L’Amministrazione Finanziaria con la C.M. n. 20/E del 13 giugno
2006 ha chiarito che il trasporto della merce effettuato direttamente dal fornitore o
per suo conto nei confronti di un acquirente che opera come privato consumatore (o
assimilato) è l’unico elemento essenziale delle cessioni a distanza, e non tanto la circo-
stanza che nella conclusione del relativo contratto il cliente e il fornitore si avvalgono
di mezzi tecnologici di comunicazione a distanza (fax, telefono, e-mail, ecc.).
TTENZIONEA Ciò premesso si evidenzia che la vendita a distanza nei rapporti con privati consumatori
comunitari – UE, prevede ai fini della territorialità IVA delle regole “particolari” disciplinate dagli artt. 40 e 41 del
D.L. n. 331/1993 (più avanti descritte).
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Invece, in tema di territorialità IVA, tornano applicabili le regole ordinarie in presenza di:
�� cessioni di beni per corrispondenza in Italia da parte di soggetti passivi IVA “stabiliti” in Italia nei confronti di privati consumatori italiani;
�� esportazioni;
�� importazioni.
Paese del cedente soggetto
passivo IVA
Paese del cessionario
privatoTipologia di operazione ai fini IVA e
doganaliNormativa di riferimento
Italia
ItaliaOperazione imponibile IVA (cessione
territorialmente rilevante in Italia)
Artt. 2 e 7-bis del D.P.R.
n. 633/1972
Paese UE (diver-
so dall’Italia)
Disciplina riservata alle vendite a distan-
za
Art. 41 del D.L.
n. 331/1993
Paese extra-UECessione all’esportazione non imponibi-
le IVA
Art. 8 del D.P.R.
n. 633/1972
Paese UE (diverso dall’Italia)
ItaliaDisciplina riservata alle vendite a distan-
za
Art. 40 del D.L.
n. 331/1993
Paese extra-UE
ItaliaImportazione imponibile IVA in Italia
(IVA assolta in dogana)
Art. 67 del D.P.R.
n. 633/1972
TTENZIONEA le vendite a distanza non sono soggette all’obbligo di emissione della fattura (se non
richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione), come previsto dall’art. 22 del
D.P.R. n. 633/1972, né all’obbligo di certificazione mediante emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale ai
sensi dell’art. 2, lettera oo), del D.P.R. n. 696/1996. Fermo restando, in tal caso, l’obbligo di registrazione dei corri-
spettivi ai sensi dell’art. 24 del D.P.R. n. 633/1972.
VENDITE A DISTANZA OVVERO PER CORRISPONDENZA NEI CONFRONTI DI SOGGETTI PRIVATI ITALIANI
Come noto, le cessioni di beni mobili sono territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia nel caso in cui i beni
al momento della loro cessione si trovano in Italia e sempre che si tratti di beni (1° comma dell’art. 7-bis del
D.P.R. n. 633/1972):
�� mobili nazionali ovvero nazionalizzati (si ricorda che i beni mobili nazionali sono quelli prodotti in Italia, invece, i beni mobili nazionalizzati sono i beni importati definitivamente in Italia con pagamento di dazi e IVA),
�� comunitari
�� vincolati al regime della temporanea importazione.
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TTENZIONEA Operativamente, nella generalità dei casi, le cessioni nazionali di beni, che rientrano nelle
vendite a distanza, effettuate da un soggetto passivo IVA “stabilito” in Italia nei confronti di un privato italiano
con consegna dei beni in Italia sono sempre rilevanti ai fini IVA in Italia in quanto trattasi di beni mobili nazionali
ovvero nazionalizzati. Medesime considerazione valgono, ancorché operativamente la casistica sia poco fre-quente, nel caso in cui il privato consumatore (o assimilato) sia residente in altro Paese della UE diverso dall’Italia
e la cessione del bene avvenga in Italia
Tabella: territorialità IVA dei beni mobili nei rapporti B2C fra soggetti italiani.
Natura dell’operazione Cedente Cessionario
Ubicazione del bene mobile al momento
della cessione
Cessione rilevante ai fini IVA in
Italia
Cessione di beni mo-bili: nazionali ovvero nazionalizzati
Soggetto passivo
IVA “stabilito” in
Italia
Privato consumatore
(o assimilato) residen-
te in Italia
ITALIA SI
Privato consumatore
(o assimilato) residen-
te in altro Paese della
UE diverso dall’Italia
ITALIA SI
VENDITE A DISTANZA OVVERO PER CORRISPONDENZA NEI CONFRONTI DI SOGGETTI PRIVATI EXTRA-UE
Qualora la vendita a distanza del bene abbia come destinazione un Paese extra UE (conseguentemente pri-
vato consumatore extra-UE) tornano applicabili le disposizioni previste in caso di esportazione disciplinate dall’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972.
TTENZIONEA Nella generalità dei casi, si tratta di esportazioni dirette di cui all’art. 8, 1° comma,
lett. a) del D.P.R. n. 633/1972, in quanto la consegna al privato extra-UE viene effettuata direttamente dal cedente
soggetto passivo IVA italiano che per la consegna si avvarrà di corrieri ovvero spedizionieri ovvero per il tramite
delle Poste che consegneranno i beni direttamente nel Paese extra-UE.
Le esportazioni dirette sono operazioni non imponibili in base all’art. 8, 1° comma, lett. a) del D.P.R. n. 633/1972,
sempre che sia provata la fuoriuscita del bene dal territorio della UE. La dottrina ormai prevalente sembra richie-
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dere l’emissione della fattura per tale casistica ancorché non obbligatoria stante il fatto che trattasi di vendite
per corrispondenza.
MPORTANTEI Quindi, da un punto di vista operativo nel caso in cui i beni siano destinati ad essere
esportati risulta opportuno non avvalersi dell’esonero previsto dall’obbligo di fatturazione dato che la fattura è
richiesta in dogana ai fini del vincolo dei beni all’operazione di esportazione. Dovrebbe, quindi, essere emessa la
fattura con dicitura “operazione non imponibile” ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972.
VENDITE A DISTANZA OVVERO PER CORRISPONDENZA NEI CONFRONTI DI SOGGETTI PRIVATI DI ALTRO PAESE DELLA UE DIVERSO DALL’ITALIA
Con riferimento alla territorialità IVA riservata alle vendite a distanza nei confronti di privati consumatori (o assi-
milati) della UE, si fa presente che per prevenire fenomeni distorsivi della concorrenza, tali operazioni:
�� qualora siano superate le soglie fissate da ciascuno Stato membro (sia in relazione alle merci in uscita che alle
merci in entrata – c.d. soglie di protezione – si veda più avanti), o per opzione, sono territorialmente rilevanti
ai fini IVA nel paese del cessionario privato (o assimilato), quindi, nel luogo del consumo.
�� nel caso in cui, invece, non vengano superate le soglie di protezione stabilite dal singolo Paese della UE, le
cessioni saranno territorialmente rilevanti ai fini IVA nel Paese ove si trova il bene al momento della cessione
(secondo la regola generale di cui all’art. 7-bis del D.P.R. n. 633/1972).
Requisiti che devono possedere le vendita a distanza a livello UE
A m b i t o soggettivo
Affinché torni applicabile la disposizione in esame i cessionari (acquirenti) devono essere:
�� dei privati consumatori (o assimilati). In linea generale rientra in tale casistica:
1. l’acquirente che non si identifichi come soggetto passivo IVA (per meglio dire non
fornisca la propria P. IVA preceduta dal codice ISO);
2. l’acquirente che si identifichi come soggetto passivo, ma la P. IVA non risulti attiva
presso la banca dati VIES;
�� enti, associazioni o altre organizzazioni non soggetti d’imposta, di cui all’art. 4, quarto
comma, del D.P.R. n. 633/1972, che non abbiano optato per l’applicazione dell’imposta
sugli acquisti intracomunitari di beni effettuati ovvero
�� produttori agricoli in regime speciale di cui all’art. 34 del D.P.R. n. 633/1972.
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Ambito og-gettivo
La regola in esame torna applicabile ai beni ceduti in base a cataloghi, per corrispondenza
e simili (in ambito UE – tra cui vi rientra il commercio elettronico indiretto), ad eccezione (c.d. esclusioni oggettive):
�� dei beni soggetti ad accisa;
�� dei mezzi di trasporto “nuovi”;
�� dei beni da installare, montare o assiemare dal fornitore o per suo conto.
Modalità di trasporto
Il trasporto dei beni deve essere effettuato direttamente dal cedente o per suo conto nei
confronti di un acquirente che opera come privato consumatore (o assimilato)
Si segnala sul punto che la Commissione Europea (Working Paper n. 855 del 5 maggio 2015),
ancorché ad oggi non espressamente avallato dall’Agenzia delle Entrate in Italia, ha
chiarito che il trasporto deve intendersi effettuato per conto del fornitore non solo quando il cedente interviene direttamente o per mezzo di un vettore nel trasporto, ma anche quando egli intervenga indirettamente, ad esempio promuovendo attiva-
mente, suggerendo o consigliando al cessionario un determinato vettore, pur non conclu-
dendo il contratto di trasporto con il vettore e pur non sostenendo i costi di trasporto.
Al riguardo, il Comitato IVA (riunione n. 104 del 4 e 5 giugno 2015), ha ritenuto che il forni-tore interviene direttamente nel trasporto quando: subappalta il servizio di trasporto a
terzi che consegnano i beni al cliente; il trasporto dei beni è fornito da un terzo, ma il for-
nitore si assume totalmente o parzialmente la responsabilità per la consegna della merce
al cliente; il fornitore fattura e incassa il costo di trasporto dal cliente per poi accreditarlo al
soggetto terzo che organizza il trasporto dei beni. Il fornitore interviene, invece, indiret-tamente nel trasporto se: promuove attivamente il servizio di consegna dei beni al cliente
da parte di un terzo; mette in contatto il cliente e il terzo; fornisce a terzi le informazioni ne-
cessarie per la consegna dei beni al cliente.
Tabella: soglie di protezione nei diversi Paesi della UE (aggiornate al 1° gennaio 2017).
PAESE UESOGLIE DI
PROTEZIONE (in valuta nazionale)*
PAESE UESOGLIE DI
PROTEZIONE (in valuta nazionale)*
Austria 35.000,00 € Svezia 320.000,00 SEK
Belgio 35.000,00 € Finlandia 35.000,00 €
Olanda 100.000,00 € Cipro 35.000,00 €
Danimarca 280.000,00 DKK Estonia 35.000,00 €
Germania 100.000,00 € Lettonia 35.000,00 €
Grecia 35.000,00 € Lituania 35.000,00 €
Spagna 35.000,00 € Malta 35.000,00 €
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PAESE UESOGLIE DI
PROTEZIONE (in valuta nazionale)*
PAESE UESOGLIE DI
PROTEZIONE (in valuta nazionale)*
Francia 35.000,00 € Polonia 160.000,00 PLN
Irlanda 35.000,00 € Repubblica Ceca 1.140.000,00 CZK
Italia 35.000,00 € Slovacchia 35.000,00 €
Lussemburgo 100.000,00 € Slovenia 35.000,00 €
Portogallo 35.000,00 € Ungheria 35.000 €
Gran Bretagna** 70.000,00 GBP Bulgaria 70.000,00 BGN
Romania 118.000 RON Croazia 270.00
* Per i Paesi con valuta nazionale diversa dall’Euro si dovrà effettuare la conversione in Euro prendendo a
riferimento l’opportuno cambio di conversione.
** Regola valida fin tanto che non vi sarà l’annuncio ufficiale dell’uscita della Gran Bretagna dalla UE.
TTENZIONEA Le soglie sono riferite a singolo Paese UE, quindi, l’operazione è territorialmente rilevan-
te nel singolo Paese UE solo se le cessioni in tale Paese superano la soglia e non per tutti. Quindi, ad esempio
nel caso in cui un soggetto passivo IVA italiano ceda dei beni per corrispondenza a privati dell’Austria per un
ammontare annuale superiore ad Euro 35.000 dovrà effettuare le cessioni con IVA in Austria, inoltre, se lo stes-
so cede anche dei beni per corrispondenza in Belgio per un ammontare di Euro 20.000 applicherà l’IVA in Italia
in quanto in tale ultimo Paese non ha superato la soglia di protezione, quindi, senza obbligo di applicazione
dell’IVA in Belgio.
Tabella: in estrema sintesi, di seguito si riporta il comportamento che il cedente soggetto passivo IVA “stabilito”
in Italia deve tenere nel caso in cui ponga in essere delle vendite a distanza ovvero per corrispondenza nei con-
fronti di privati consumatori italiani, UE ovvero extra-UE.
Cedente Cessionario Imponibilità IVA in Italia Oneri documentali
I t a l i a n o s o g g e t t o passivo IVA
I t a l i a n o (privato)
SI
�� Non c’è obbligo di emissione di
fattura né di certificazione dei cor-
rispettivi mediante scontrino ov-
vero ricevuta fiscale.
�� Obbligo di registrazione (registro
dei corrispettivi e/o registro delle
fatture emesse).
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Cedente Cessionario Imponibilità IVA in Italia Oneri documentali
I t a l i a n o s o g g e t t o passivo IVA
UE (privato)
SI: se nel corso dell’anno solare
il cedente italiano non supera il
limite disposto da un paese UE
(soglia di Euro 100.000 o minor
soglia dello Stato membro)
�� Non c’è obbligo di emissione di
fattura né di certificazione dei
corrispettivi mediante scontrino
ovvero ricevuta fiscale.
�� Obbligo di registrazione (registro
dei corrispettivi e/o registro delle
fatture emesse).
UE (privato)
NO: se nel corso dell’anno solare
il cedente italiano supera il limi-
te disposto da un paese UE (so-
glia di Euro 100.000 o minor so-
glia dello Stato membro) ovvero
nel caso in cui abbia optato per
l’applicazione dell’IVA nel Paese
UE di destinazione dei beni
�� Fattura emessa con IVA del Paese
membro di destinazione, da regi-
strare distintamente (verificare se
nel Paese UE di destinazione vi
sono disposizioni normative che
limitano l’emissione di documenti
fiscali). Occorre identificazione di-
retta o nomina del rappresentan-
te fiscale nel Paese di destinazio-
ne. Ovvero, caso poco frequente
nell’operatività, apertura di stabile
organizzazione nel Paese UE.
E x t r a - U E (privato)
NO: esportazione non imponi-
bile ai fini IVA ai sensi dell’art. 8
del D.P.R. n. 633/1972)
�� Fattura non imponibile IVA (art. 8
del D.P.R. n. 633/1972) e necessità
di prova dell’avvenute esporta-
zione. Ancorché non obbligatoria
l’emissione della fattura, operati-
vamente, si consiglia di emetterla
in quanto richiesta normalmente
in dogana ai fini dell’esportazione.
�� Obbligo di registrazione (registro
dei corrispettivi e/o registro delle
fatture emesse).
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B ENI SIGNIFICATIVI: I CHIARIMENTI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE SULLE PARTI STACCATE E SUL VALORE
L’Agenzia delle Entrate fornisce la chiave di lettura del-
la norma di interpretazione autentica (art. 1, comma 19,
L. n. 205/2017) con la quale il legislatore aveva voluto de-
finire l’ambito di applicazione dell’aliquota IVA agevolata
quando nell’intervento di recupero vengono forniti dal
prestatore anche componenti del bene significativo.
Il chiarimento coordina e sistematizza le precisazioni for-
nite da precedenti documenti di prassi, con l’intento di
individuare una soluzione semplice alle diverse casistiche
che possono crearsi.
Altro argomento di rilievo affrontato nella Circolare è la
quantificazione del valore dei beni significativi: anche se
già oggetto di prassi nel passato, l’Agenzia ricostruisce
con maggiore chiarezza gli elementi che devono essere
presi in considerazione per la determinazione del valore
e, quindi, della base imponibile con le distinte aliquote (ridotta ed ordinaria).
Inoltre, la Circolare n. 15/E riepiloga le modalità di fatturazione, espressamente indicate nel comma 19 dell’art. 1
della citata Legge di Bilancio.
Non meno rilevante la precisazione sulla clausola di salvaguardia contenuta nella norma di interpretazione au-
tentica, che di fatto “sana” i comportamenti difformi tenuti dai contribuenti fino al 31 dicembre 2017.
L’IVA IN PRESENZA DEI “BENI SIGNIFICATIVI”
Sulle prestazioni di servizi aventi ad oggetto interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria (lett. a e b,
dell’art. 3, D.P.R. n. 380/2001), interventi di restauro e risanamento conservativo (lett. c) e di ristrutturazione edi-
lizia (lett. d), realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa, l’IVA è applicata nella misura del 10%.
La disposizione, in vigore dal 1° gennaio 2000, è stata più volte prorogata e poi introdotta a regime (art. 1,
comma 18, L. n. 244/2007).
in questo articolo…
di Paola Carosi - Esperta di diritto tributario
Con la Circolare n. 15/E del 12 luglio 2018
l’Agenzia delle Entrate fa chiarezza sulla
fatturazione degli interventi di recupero in
presenza di componenti o parti staccate dei
beni significativi, ponendo fine ai problemi
interpretativi sorti per le fattispecie più fre-
quenti: tapparelle, zanzariere ed inferriate.
Rilevanti le precisazioni sulla determinazio-
ne del valore dei beni significativi, anche
autoprodotti oltreché acquistati. Chiuso il
contenzioso relativo ai comportamenti dif-
formi tenuti fino al 31 dicembre 2017.
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18Settimana Professionale n. 32 del 19.9.2018
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TTENZIONEA Il beneficio, che si estende anche alle materie prime e semilavorate e agli altri beni neces-
sari per i lavori, forniti nell’ambito dell’intervento agevolato, trova una limitazione nei beni cosiddetti “di valore
significativo”, la cui individuazione è stata effettuata in modo tassativo con decreto del Ministro delle Finanze
29 dicembre 1999:
Beni significativi (D.M. 29 dicembre 1999) (1)
Ascensori e montacarichi
Infissi interni ed esterni
Caldaie
Videocitofoni
Apparecchiature di condizionamento e riciclo dell’aria
Sanitari e rubinetteria da bagno
Impianti di sicurezza(1) Elenco tassativo. Vi rientrano anche i beni con diversa denominazione, ma che hanno la medesima funzio-
nalità (es: la stufa a pellet utilizzata per riscaldare l’acqua che alimenta il sistema di riscaldamento e produce
acqua sanitaria è assimilata ad una caldaia).
MPORTANTEI Sui beni sopraindicati (significativi) l’aliquota ridotta si applica fino a concorrenza del valore complessivo della prestazione relativa all’intervento di recupero, al netto del valore dei predetti beni. Ciò significa, in breve, che se il valore del bene significativo è pari o inferiore al 50% del valore complessivo
della prestazione, l’aliquota IVA del 10% è applicabile all’intero corrispettivo.
TIPOLOGIE DI LAVORO INTERESSATE
Come riepilogato nella Circolare n. 15/E/2018, la categoria dei beni significativi (e, quindi, la limitazione per l’ap-
plicazione dell’aliquota IVA 10%) assume rilevanza (in presenza contemporaneamente dei seguenti presupposti):
�� solo nelle ipotesi in cui siano realizzati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria (interven-
ti di cui alle lett. a e b, art. 3, D.P.R. n. 380/2001): in linea con quanto già indicato nella Circolare n. 71/E/2000,
l’IVA 10% sulle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla realizzazione di interventi
di restauro, risanamento e ristrutturazione (lett. c, d, art. 3, D.P.R. n. 380/2001) era già prevista da disposizioni
a regime (nn. 127-terdecies e 127-quaterdecies, Tab. A, parte III, D.P.R. n. 633/72), senza la limitazione dei beni
significativi. Tale disposizione, essendo più favorevole, rimaneva (e rimane) comunque in vigore per espressa
disposizione contenuta nello stesso art. 7, comma 1, lett. b), L. 488/1999.
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19Settimana Professionale n. 32 del 19.9.2018
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�� su immobili a prevalente destinazione abitativa privata. Si tratta di:
�� immobili di categoria da A/1 ad A/11 (con esclusione A/10 - uffici), a prescindere dal loro effettivo utilizzo;
�� interi fabbricati a prevalente destinazione abitativa (cioè, fabbricati aventi più del 50% della superficie
sopra terra destinata ad uso abitativo privato);
�� edifici di edilizia residenziale pubblica;
�� edifici assimilati alle case di abitazione non di lusso, a condizione che costituiscano stabile residenza di
collettività (orfanotrofi, ospizi, conventi, brefotrofi). Sono esclusi scuole, caserme, ospedali;
�� pertinenze di immobili abitativi.
�� a condizione che i suddetti beni vengano forniti dallo stesso soggetto che esegue la prestazione: i
beni forniti da un soggetto diverso, o acquistati direttamente dal committente dei lavori, sono soggetti ad
IVA con aliquota ordinaria.
IL SOGGETTO A CUI DEVE ESSERE RIVOLTA LA PRESTAZIONE
È necessario ricordare che quanto precisato in merito all’agevolazione relativa all’aliquota IVA 10% e, quindi, alla col-
legata limitazione in presenza dei beni significativi, vale per i “soggetti beneficiari dell’intervento di recupero”, ordi-
nariamente identificabili con i consumatori finali della prestazione (Circ. n. 71/E/2000, par. 3.2). Di conseguenza, alle
operazioni che configurano fasi intermedie nella realizzazione dell’intervento (subappalti), l’IVA sulle cessioni di beni
e prestazioni di servizi rese nei confronti dell’appaltatore o prestatore d’opera resta applicabile con l’aliquota pro-
pria, fermo restando l’assoggettamento ad IVA ridotta del 10% nella successiva fase di riaddebito al committente.
MPORTANTEI Con risposta ad interpello n. 954-375/2017, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’age-
volazione potrebbe essere applicata anche nei confronti di un soggetto passivo IVA, sempreché la cessione o
prestazione non si configuri come fase intermedia.
In sostanza, il “consumatore finale” non necessariamente deve coincidere con la figura del “privato”. Nel
caso specifico dell’interpello, infatti, si faceva riferimento ad una società proprietaria di immobili abitativi, con at-
tività di locazione degli stessi, sui quali vengono effettuati interventi di manutenzione: l’Agenzia ha chiarito che
la società, pur essendo un soggetto IVA, nel caso specifico si pone come consumatore finale della prestazione e
nei suoi confronti il prestatore deve fatturare con IVA 10% con i limiti previsti per i “beni significativi”.
COME OPERA IL LIMITE IN PRESENZA DEI BENI SIGNIFICATIVI
Al fine di determinare la base imponibile da assoggettare ad aliquota IVA 10% e/o ad aliquota ordinaria 22%, è
necessario:
�� verificare la presenza dei beni significativi
�� determinare il valore degli stessi.
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20Settimana Professionale n. 32 del 19.9.2018
RIPRODUZIONE VIETATA
Si prenda il seguente esempio:
SEMPIOEL’impresa Beta SRL sostituisce gli infissi in un appartamento A/2.
Valore dell’intera prestazione (senza IVA) 6.000 euro, di cui:
�� infissi euro 4.500 (bene significativo)
�� posa in opera euro 1.500 (manodopera): tale importo è anche il limite di valore dei beni significativi su cui è
applicabile l’IVA 10%.
L’imponibile relativo ai beni significativi di 4.500 euro, sarà dunque così differenziato:
�� su 1.500 euro è applicabile l’aliquota ridotta del 10% (cioè, sulla differenza tra il valore complessivo della pre-
stazione e il valore dei beni significativi: euro 6.000 - 4.500);
�� sui restanti 3.000 euro (valore residuo dei beni significativi) l’IVA si applica con l’aliquota propria del bene pari
al 22%.
La manodopera di 1.500 euro è assoggettata ad IVA 10% (totale fattura: 6.960 euro).
Nel corso degli anni, numerosi dubbi sono sorti tra gli operatori nei casi in cui nell’ambito dell’intervento si pro-
cedeva anche alla fornitura di parti o componenti staccate dei beni significativi: considerare o meno dette com-
ponenti come “bene significativo” comportava che il valore delle parti poteva o meno concorrere a quella quota
di base imponibile cui applicare l’IVA ordinaria.
Altra incertezza, inoltre, è sorta in sede di determinazione del valore del bene, in particolare nel caso di beni
significativi autoprodotti.
LE “PARTI STACCATE” DI BENI SIGNIFICATIVI - L’AUTONOMIA FUNZIONALE
Il percorso che ha portato alla necessità di un chiarimento è stato abbastanza lungo:
�� la Circolare n. 71/E/2000, al par. 4.1, aveva già precisato che il limite previsto per i beni significativi concerne gli
stessi beni considerati nella loro interezza e che le componenti staccate, fornite nell’ambito della prestazione,
non assumono rilevanza autonoma ma, al pari degli altri beni diversi da quelli significativi, confluiscono nel
trattamento fiscale previsto per la prestazione (cioè, IVA 10%);
�� sul tema l’Agenzia delle Entrate è poi di nuovo intervenuta con la Circolare n. 12/E/2016: rispondendo ad un
quesito posto in particolare per gli infissi, l’Amministrazione aveva individuato nell’autonomia funzionale del-
la parte/componente, rispetto al manufatto principale, il criterio per verificare se le stesse dovevano o meno
essere ricomprese nella quota di valore non agevolabile.
�� l’art. 1, comma 19, Legge di Bilancio 2018 ha di fatto attribuito valenza normativa al documento di prassi so-
praindicato, intervenendo con una norma di interpretazione autentica (quindi, applicabile con effetto retro-
attivo rispetto al 1° gennaio 2018) e sanando nel contempo gli eventuali comportamenti difformi tenuti dai
contribuenti fino al 31 dicembre 2017 (vedi, infra).
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21Settimana Professionale n. 32 del 19.9.2018
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Da ultimo, con la Circolare n. 15/E/2018, in commento, l’Agenzia delle Entrate ha meglio argomentato la dispo-
sizione, coordinandola con precedenti documenti di prassi e fornendo specifici chiarimenti per le componenti/
parti staccate, che con maggiore frequenza hanno sollevato dubbi (è il caso delle tapparelle, inferriate, zanza-
riere).
È stato quindi chiarito che:
�� se il singolo componente ha una propria funzione, diversa da quella del bene significativo, è assoggettato
ad IVA 10%;
�� se il singolo componente ha la medesima funzione del bene significativo, è parte integrante di quest’ul-
timo (con la conseguenza che l’IVA 10% è applicata sul bene significativo, comprensivo del valore della com-
ponente, fino a concorrenza del valore della manodopera).
“PARTI STACCATE” DI BENI SIGNIFICATIVI – CASISTICA
Il principio sopra esposto, basato sull’autonomia funzionale della componente rispetto al bene significativo, è
stato utilizzato per chiarire la qualificazione di alcune specifiche componenti, e per confermare interpretazioni
già fornite.
Bruciatore della caldaia
La sostituzione del bruciatore di una caldaia già installata non configura la fornitura di
un bene significativo (caldaia), con la conseguenza che la prestazione è fatturata con
IVA 10% (è stato confermato il chiarimento già espresso nella Circolare n. 71/E/2000).
Tapparelle, scu-ri, veneziane
con intervento separato
Hanno una propria autonomia funzionale, diversa da quella degli infissi esterni (fine-
stre), in quanto sono installate allo scopo di proteggere dagli agenti atmosferici e di
preservare gli ambienti interni dalla luce e dal calore.
Quindi, il valore/costo delle tappareIle (scuri, veneziane) non è attratto nel valore del
bene significativo ed è assoggettato ad aliquota IVA 10%.
Esempio:
�� intervento di sostituzione di tapparelle, per un totale di euro 3.000 (senza IVA), così
determinato:
�� fornitura del telo e relativi ingranaggi (rullo, guida, avvolgitore, etc.): euro 2.000
�� posa in opera: euro 1.000
�� Si applica l’IVA 10% sull’intero valore di euro 3.000.
Tapparelle, scu-ri, veneziane
inglobate negli infissi
Nel diverso caso in cui la tapparella sia strutturalmente integrata nell’infisso (è, quin-
di, un prodotto unico ed inscindibile), il relativo valore della tapparella confluisce in
quello del bene significativo: l’aliquota 10% è applicata sul bene nei limiti della mano-
dopera.
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Zanzariere
Valgono le medesime considerazioni effettuate per le tapparelle: sono assoggettate ad
aliquota IVA del 10%, non essendo “infissi esterni”: hanno infatti la funzione di proteg-
gere dagli insetti, diversamente dagli infissi propriamente detti.
Fa eccezione, anche in tal caso, l’ipotesi in cui le zanzariere sono “integrate” negli infissi
già in fase di produzione.
Inferriate – gra-te di sicurezza
Anche l’installazione di grate di sicurezza, effettuata per prevenire atti illeciti, ha una
funzione diversa da quella dell’infisso esterno, con la conseguenza di applicare l’IVA
con l’aliquota del 10% sull’intera prestazione, comprensiva del valore delle grate.
IL VALORE DEI BENI SIGNIFICATIVI
La norma di interpretazione autentica ha stabilito che, al fine di quantificare il valore dei beni significativi:
�� va fatto riferimento all’importo contrattualmente pattuito dalle parti;
�� devono essere ricompresi tutti e solo gli oneri che hanno concorso alla produzione del bene significativo e,
dunque, sia le materie prime che la manodopera impiegata per la produzione degli stessi;
�� il valore dei beni significativi non può essere inferiore al prezzo di acquisto dei beni stessi.
L’Agenzia delle Entrate, al fine di chiarire ulteriormente la norma di interpretazione autentica, e basandosi sia
sulla relazione illustrativa che sui principi contabili, precisa che il valore del bene significativo, sia in caso di
produzione che di acquisto, è il solo “costo originario” del bene: dalla determinazione del valore è escluso il margine/ricarico (mark-up) che viene aggiunto al prezzo (di produzione o di acquisto) per determinare quello
finale di cessione praticato al cliente/committente.
Quindi, nello specifico, se il bene significativo è:
�� prodotto dal prestatore, il relativo costo di produzione è determinato considerando:
�� i costi diretti sostenuti per la produzione del bene (costo materie prime e costo della manodopera impie-
gata per produrre il bene). Nel caso di impresa individuale, il valore della manodopera impiegata tiene
conto della remunerazione del titolare;
�� i costi indiretti generali di produzione (ammortamento di beni materiali e immateriali, manutenzioni e
riparazioni, etc.);
�� sono esclusi i costi generali e amministrativi ed i costi di distribuzione dei prodotti.
�� acquistato da terzi, il valore del bene significativo è non inferiore al prezzo di acquisto dei beni stessi.
La Circolare n. 15/E, sul tema, è in linea con quanto già precisato dall’Agenzia nella Risoluzione n. 25/E del
6 marzo 2015: nella formula finale di chiusura di tale ultimo documento di prassi, l’Agenzia chiariva che il valore
dei beni significativi deve tener conto di tutti gli oneri che concorrono alla produzione, ed espressamente indi-
viduava le materie prime e la manodopera impiegata per la produzione degli stessi. Tale locuzione, tuttavia, va
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posta in relazione con la domanda dell’istante, che prendeva in considerazione un bene significativo prodotto
su misura, per il quale erano sostenuti costi di manodopera per operai impiegati (cioè, per manodopera dipen-
dente).
Il principio che la Risoluzione n. 25/E/2015 aveva voluto sottolineare era, quindi, il riferimento al costo di pro-
duzione. Ciò significa che, in assenza di dipendenti (come nell’impresa individuale), è corretto includere nel
valore del bene non solo le materie prime, ma anche la remunerazione del titolare (come chiarito nella Circolare
n. 15/E/2018).
LE MODALITÀ DI FATTURAZIONE
La modalità di compilazione della fattura, in presenza di beni significativi, è specificata espressamente nella nor-
ma di interpretazione autentica. Sebbene già contenute nella Circolare n. 71/E/2000, par. 5.1, sono stati stabiliti
per legge i dati da indicare nel documento, al fine di consentire la ricostruzione della base imponibile e l’indivi-
duazione della quota da assoggettare ad IVA ridotta.
Nella fattura deve essere evidenziato:
a) il corrispettivo complessivo dell’operazione (comprensivo del valore dei beni significativi forniti nell’ambito
dell’intervento);
b) il valore dei beni significativi. Se tale valore è superiore alla metà del corrispettivo totale, l’aliquota IVA va ap-
plicata:
�� nella misura del 10% sul corrispettivo della prestazione (costo della posa in opera + mark up) aumentato
della differenza tra il corrispettivo complessivo e il valore del bene significativo;
�� nella misura del 22% sulla quota residua del bene significativo.
Valga il seguente esempio, contenuto nella Circolare n. 15/E/2018.
Intervento di manutenzione straordinaria per complessive euro 1.800 (senza IVA), di cui:
�� fornitura di bene significativo per euro 1.000 prodotto dal prestatore (importo che non può essere inferiore
al valore delle materie prime e al costo della manodopera impiegata per la produzione del bene);
�� posa in opera euro 600;
�� mark up euro 200.
La fattura deve essere compilata indicando separatamente il valore dei beni significativi (1.000 euro) e il valore
del servizio (posa in opera) oggetto della prestazione comprensivo del mark up (euro 600+euro 200, totale euro 800),
come segue:
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Fac-simile fattura
Corrispettivo pattuito Euro 1.800 di cui : Beni significativi Euro 1.000
Posa in opera Euro 800
Base imponibile bene significativo Quota agevolata Euro 800
Quota non agevolata Euro 200
Imponibile IVA 10% Euro 1.600
IVA 10% Euro 160Imponibile IVA 22% Euro 200IVA 22% Euro 44Totale imponibile Euro 1.800Totale IVA Euro 204Totale fattura Euro 2.004
INTERVENTO DI RECUPERO COMPLESSO
La Circolare n. 15/E/2018 considera la fattispecie di un intervento di recupero complesso, nel quale vi è una plu-
ralità di opere con fornitura di molteplici beni significativi (ad esempio, caldaia ed infissi), a fronte di un unico
corrispettivo riferito all’intera opera.
Nella fattura l’indicazione dei beni significativi può essere effettuata distintamente per ciascun bene o comples-
sivamente per tutti i beni significativi forniti. Per la quota parte di base imponibile ad aliquota 10%, si deve tener
conto del corrispettivo pattuito per l’intervento totale (comprensivo di tutte le opere) e del valore complessivo
dei beni significativi.
DECORRENZA RETROATTIVA
La disposizione normativa di interpretazione autentica ha efficacia retroattiva. Di conseguenza le eventuali con-
testazioni aventi ad oggetto un comportamento rivelatosi poi corretto in forza della norma dovranno essere
abbandonate (salvo il caso di rapporti per cui è intervenuto un giudicato o un atto amministrativo definito).
Si pensi al caso in cui l’ufficio abbia contestato nel corso dell’anno 2017 (o precedenti) l’applicazione dell’aliquota
IVA 10% sulla sostituzione di tapparelle (rivelatasi poi corretta): se il contenzioso è ancora aperto, dovrà conside-
rarsi risolto.
Cioè: 800 + (1800-1000)
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LA SANATORIA PER I COMPORTAMENTI DIFFORMI
L’art. 1, comma 19, Legge di Bilancio 2018 prevede espressamente che:
�� sono fatti salvi i comportamenti difformi tenuti fino al 31 dicembre 2017. Ciò significa che non possono essere
contestati, ad esempio, l’erronea determinazione del valore dei beni significativi, oppure l’emissione di fattu-
re incomplete rispetto ai dati richiesti. Eventuali contestazioni andranno abbandonate, salvo il caso in cui è
intervenuto un giudicato o un atto amministrativo definito.
�� è escluso il rimborso dell’IVA erroneamente applicata in misura maggiore sulle operazioni effettuate fino al
31 dicembre 2017.
MPORTANTEI Ne consegue che le fatture emesse dal 1° gennaio 2018 devono rispettare le regole espo-
ste; qualora le fatture emesse dopo tale data non siano comunque in linea con i chiarimenti contenuti nella
Circolare n. 15/E, potrà essere emessa nota di variazione, ai sensi dell’art. 26, D.P.R. n. 633/72, per correggere la
fattura emessa entro il limite temporale di un anno.
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B ONUS FORMAZIONE DIPENDENTI Come, quando e perché!
in questo articolo…
di Lelio Cacciapaglia - Pubblicista, docente Scuola Nazionale dell’Amministrazione
Spett.le
_____________ Città, __/09/2018
Oggetto: credito d’imposta per la formazione dei dipendenti – procedure operative
Il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dell’Economia e delle Finanze hanno definito
(D.M. 4/5/2018) le disposizioni attuative del credito d’imposta relativo alle spese di formazione del per-
sonale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal Piano nazionale Industria 4.0.
SOLO I SOGGETTI IMPRENDITORI POSSONO BENEFICIARE
Possono accedere al credito d’imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato (incluse le
stabili organizzazioni di soggetti non residenti) indipendentemente:
�� dall’attività economica esercitata (comprese la pesca, l’acquacoltura e la produzione primaria di
prodotti agricoli);
Scarica l’allegato
SEGUE
Nel n. 29 della rivista trovate un articolo di approfondimento sul tema oggetto di questa informativa.
Qui mi limito alle informazioni essenziali da trasferire alle aziende vostre clienti. Certamente le materie og-
getto di formazione (altamente tecnologiche) sono improponibili al vostro cliente che gestisce una pizze-
ria all’angolo della strada o al chiosco di fiori in piazza, ma magari qualche cliente che opera in settori che
richiedono avanzate tecnologie informatiche (per lo più) lo avete.
Un’ultima indicazione: lasciate ogni speranza o voi che entrate, il credito d’imposta non spetta ai profes-
sionisti!
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�� dalla natura giuridica;
�� dalle dimensioni;
�� dal regime contabile (contabilità ordinaria e semplificata);
�� dalle modalità di determinazione del reddito ai fini fiscali.
Anche gli enti non commerciali laddove dovessero esercitare attività commerciali possono accedere al
beneficio ma solo con riferimento al personale dipendente impiegato nella attività commerciale ovve-
ro promiscuamente nella attività commerciale/istituzionale.
I SOGGETTI ESCLUSI DAL BONUS
Il credito d’imposta non è utilizzabile dalle “imprese in difficoltà”, vale a dire quelle imprese per le quali
ricorre almeno una delle seguenti fattispecie:
�� Srl: se ha perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate;
�� società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata: se detto socio ha perso più del-
la metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate;
�� impresa oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o nelle condizioni previste per l’apertura
di una tale procedura;
�� impresa che non ha rimborsato il prestito o revocato la garanzia pur avendo ricevuto un aiuto di
stato per il salvataggio;
�� impresa ancora soggetta a un piano di ristrutturazione pur avendo ricevuto un aiuto di stato per la
ristrutturazione;
�� impresa diversa da una PMI che negli ultimi due anni:
�� ha avuto un rapporto debito/patrimonio netto contabile dell’impresa superiore a 7,5
�� ha avuto un quoziente di copertura degli interessi dell’impresa (EBITDA/interessi) inferiore a 1,0.
QUALE È LA FORMAZIONE AGEVOLATA
Sono ammissibili al bonus le attività di formazione finalizzate all’acquisizione o al consolidamento del-
le competenze del personale dipendente dell’impresa nelle tecnologie rilevanti per la realizzazione
del processo di trasformazione tecnologica e digitale delle imprese previsto dal «Piano nazionale
Impresa 4.0».
Dunque, le attività formative agevolate sono quelle riferite a:
�� big data e analisi dei dati;
�� cloud e fog computing;
�� cyber security;
�� simulazione e sistemi cyber-fisici;
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�� prototipazione rapida;
�� sistemi di visualizzazione, realtà virtuale (RV) e realtà aumentata (RA);
�� robotica avanzata e collaborativa;
�� interfaccia uomo macchina;
�� manifattura additiva (o stampa tridimensionale);
�� internet delle cose e delle macchine;
�� integrazione digitale dei processi aziendali.
CHE COSA SI INTENDE PER DIPENDENTI
È agevolabile la formazione per il personale dipendente, vale a dire lavoratori con rapporto di lavoro
subordinato, anche a tempo determinato, o anche con contratto di apprendistato se quest’ultimo è
riferito alle attività di formazione per l’acquisizione delle competenze nelle tecnologie sopraindicate.
COME SI CALCOLA IL CREDITO D’IMPOSTA
Il credito d’imposta è pari al 40% delle spese ammissibili sostenute nel periodo d’imposta agevolabile
e nel limite massimo di 300.000 euro per ciascuna impresa beneficiaria.
Per le sole imprese non soggette a revisione legale dei conti, le spese sostenute per adempiere all’ob-
bligo di certificazione della documentazione contabile riferita al bonus danno diritto ad un credito
d’imposta aggiuntivo per un importo non superiore al minore tra quello effettivamente sostenuto e
5.000 euro; resta fermo, comunque, il limite massimo di 300.000 euro.
COME SI SFRUTTA CONCRETAMENTE IL BONUS
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione presentando il modello F24 esclu-
sivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. L’ammontare
del credito d’imposta utilizzato in compensazione non deve eccedere il limite massimo di cui sopra,
pena lo scarto del modello F24.
Non si applicano i limiti annuali:
�� di 250.000 euro per i crediti d’imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi;
�� di 700.000 euro per i crediti di imposta e dei contributi compensabili.
MA IL BONUS È CUMULABILE CON ALTRI BENEFICI?
Il credito d’imposta è cumulabile con altre misure di aiuto aventi a oggetto le stesse spese ammissibili,
nel rispetto delle intensità massime di aiuto previste dal regolamento (UE) n. 651/2014.
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FORMAZIONE ORGANIZZATA ANCHE DA SOGGETTI ESTERNI ALL’AZIENDA
Le attività di formazione possono essere erogate sia tramite risorse interne all’azienda (docenti dipen-
denti o collaboratori) ma anche da soggetti esterni all’impresa se accreditati:
�� per lo svolgimento di attività di formazione finanziata presso la regione o provincia autonoma in cui
l’impresa ha la sede legale o la sede operativa;
�� presso i fondi interprofessionali, nonché a soggetti in possesso della certificazione di qualità in base
alla norma Uni En ISO 9001:2000 settore EA 37.
La formazione può anche essere gestita da università, pubbliche o private o strutture ad esse collegate.
COME COMPORTARSI IN PRATICA
Le elencate attività di formazione sono ammissibili se:
�� il loro svolgimento è disciplinato in CC aziendali o CC territoriali depositati presso l’Ispettorato terri-
toriale del lavoro competente;
�� ad ogni dipendente viene rilasciata una attestazione dell’effettiva partecipazione alle attività for-
mative con indicazione dell’ambito/degli ambiti aziendali di applicazione delle conoscenze e delle
competenze acquisite o consolidate dal dipendente.
Ai fini dei successivi controlli, le imprese beneficiarie del credito d’imposta sono tenute a conservare:
�� una relazione che illustri le modalità organizzative e i contenuti delle attività di formazione svolte;
�� l’ulteriore documentazione contabile e amministrativa idonea a dimostrare la corretta applicazione
del beneficio, anche in funzione del rispetto dei limiti e delle condizioni posti dalla disciplina comu-
nitaria in materia.
Con specifico riferimento alle spese di personale ammissibili, inoltre, devono essere conservati anche
i registri nominativi di svolgimento delle attività formative sottoscritti congiuntamente dal personale
discente e docente o dal soggetto formatore esterno all’impresa.
L’OBBLIGO DI CERTIFICAZIONE DEL CREDITO
L’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione
contabile predisposta dall’impresa devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto
incaricato della revisione legale dei conti.
Per le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, l’apposita certificazione è rilascia-
ta da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti.
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OBBLIGHI DI COMPILAZIONE DEL MODELLO REDDITI
I dati relativi al numero di ore e dei lavoratori che prendono parte alla formazione vanno indicati nel-
la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento delle spese ammissibili e in
quello dei periodi successivi fino a quando se ne conclude l’utilizzo, secondo le indicazioni dell’Agenzia
delle Entrate nelle istruzioni di compilazione dell’apposito quadro.
Lo studio resta a disposizione per eventuali chiarimenti.
Cordiali saluti
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A CCERTAMENTI SOCIETÀ CON “RISTRETTA BASE PARTECIPATIVA" Giurisprudenza, criticità e profili applicativi
La tematica degli accertamenti fondati sulla c.d. “ristretta
base partecipativa” nasce a seguito di un trend giurispru-
denziale della Corte di Cassazione (ma anche di diverse
commissioni tributarie di merito di primo e secondo gra-
do) che ha validato l’operato iniziale di alcuni uffici perife-
rici, per poi consolidarsi nel tempo e dare il via ad un vero
e proprio automatismo accertativo ogni qual volta viene
eseguito un accertamento nei confronti di una società,
solitamente Srl, composta da un numero ritenuto “non
elevato” di soci.
Nell’ordinamento tributario italiano non sussiste una di-
sposizione specifica che a seguito di accertamento eleva-
to nei confronti di una società di capitali ritenga implicita-
mente avvenuta la distribuzione, sotto forma di utili, del
maggior risultato contestato, a differenza di quanto acca-
de per le società di persone. Almeno in linea teorica ed in
aderenza allo stretto dettato normativo, non si sarebbe
mai dovuto giungere ad un accertamento nei confronti
del socio.
Nel corso di diversi accertamenti, però, l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto che i maggiori ricavi occultati
fossero poi inevitabilmente confluiti nella disponibilità dei soci, elevando nei confronti degli stessi separati avvisi
di accertamento, comportamento che seppur con alterne vicende ha ottenuto in linea di massima l’avallo della
giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha ritenuto che la ristretta composizione societaria fosse un valido
presupposto per sostenere che tutti i soci, consapevoli dell’avvenuta evasione, avessero ricevuto i frutti in pro-
porzione alla rispettiva quota di partecipazione.
In termini pratici, l’assunto sottostante è che il maggior reddito contestato nei confronti della società “a ristretta
base” si presume “incassato”, ossia distribuito tra i soci in considerazione dei rapporti di complicità, solidarietà e
reciproco controllo che caratterizzano le società medesime.
di Maurizio Tozzi - Commercialista in Latina
L’accertamento nei confronti dei soci delle
società c.d. a “ristretta base”, con attribu-
zione del presunto utile occulto distribu-
ito, è divenuto un vero e proprio automa-
tismo ogni qual volta l’Amministrazione
Finanziaria esegue un controllo ed effettua
un relativo recupero impositivo alla società.
Seppur tale modus operandi sia stato aval-
lato dalla giurisprudenza, non pochi sono
i punti critici e le possibilità che si offrono
al contribuente, proprio in considerazio-
ne di un trend giurisprudenziale variega-
to che comunque richiede determinate
cautele applicative. Diviene fondamentale
analizzare la tematica, soffermandosi sul-
le posizioni raggiunte, sui comportamenti
dell’Agenzia delle Entrate e soprattutto sul-
le tecniche difensive ottimali.
in questo articolo ...
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I PRESUPPOSTI TEORICI PER L’ACCERTAMENTO IN CAPO AI SOCI
L’elemento fondamentale che innesca il meccanismo presuntivo è costituito dalla base societaria circoscrit-
ta, posto che: “nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria ovvero a base familiare, pur non sussistendo
– a differenza di una società di persone – una presunzione legale di distribuzione degli utili ai soci, non può considerar-
si illogica la presunzione (semplice) di distribuzione degli utili extracontabili ai soci”.
Trattandosi di una deduzione accertativa/giurisprudenziale, la stessa non può che essere verificata caso per
caso, potendosi affermare in linea di massima che:
�� trova esplicitazione nei confronti delle Srl (le Spa raramente si configurano a ristretta base partecipativa);
�� non ha un numero di soci minimo “predefinito”, ma deve trattarsi pur sempre di compagini ridotte (anche se
la Cassazione ha configurato tale schema in presenza di 6/7 soci), dove si ritiene forte il vincolo di solidarietà
e complicità, posto che lo scarso numero di soci “…si converte nel dato qualitativo della maggiore conoscenza
degli affari societari e nell’onere per il socio di conoscere tali affari” (Cass. 29/1/2008 n. 1906). Di fatto si sostiene
che essendo i soci “in pochi”, inevitabilmente sono partecipi della gestione societaria e conoscono tutti gli
accadimenti, ivi inclusi i comportamenti che consentono l’eventuale evasione fiscale, con relativa appropria-
zione dei frutti emergenti;
�� solitamente attiene alle società familiari, ma è stata estesa anche a società partecipate da altre società aventi
le caratteristiche della “ristretta base” (dunque con una sorta di “catena partecipativa” tale da configurare
comunque una gestione di pochi soggetti, vedasi sentenza Cass. n. 1333 del 2009);
�� in ambito familiare l’automatismo, ovviamente, trova la massima espressione ed in alcuni casi anche un “aval-
lo implicito” a seguito dell’esecuzione di indagini finanziarie in capo proprio ai soci e ai relativi familiari, dalle
cui movimentazioni “non giustificate” è possibile ricostruire l’eventuale evasione societaria: in poche parole,
ad esempio, i versamenti sui conti dei soci che non sono giustificati in termini di provenienza, da un lato ven-
gono considerati come evasione della società e dall’altro provano in maniera lampante che le disponibilità
finanziarie dell’evasione sono confluite nelle tasche dei soci, legittimando la presunzione dell’avvenuta di-
stribuzione degli utili occulti.
LE CRITICHE SOLLEVATE NEL TEMPO A DETTE PRESUNZIONI
Molte le criticità e obiezioni che nel tempo sono state sollevate avverso tale tipologia di accertamento, il primo
delle quali, sicuramente significativo, riguarda la violazione del divieto di utilizzo della doppia presunzione nella
costruzione dell’accertamento tributario. L’accusa mossa è che un accertamento costruito in tal guisa in realtà si
fonda su due (o più presunzioni), atteso che:
�� si presume concretizzata l’evasione in capo alla società, eseguita unitamente da parte dei soci, in considera-
zione dei vincoli di solidarietà esistenti;
�� si presume concretizzata la distribuzione dell’utile nei confronti di tutti i soci, in proporzione alla quota di
partecipazione.
L’assunto vedremo che è stato oggetto di diverse conclusioni giurisprudenziali, nella maggior parte favorevoli
all’Amministrazione Finanziaria, ritenendosi da parte della Corte di Cassazione assente una doppia presunzione
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posto che, in tali tipologie di società, proprio la ristretta base societaria e il conseguente vincolo di solidarietà e
reciproco controllo rappresentano degli elementi certi, non presuntivi, rimanendo pertanto solo la presunzione
di avvenuta distribuzione.
Ciò nondimeno in diverse occasioni tale convinzione è stata scalfita, registrandosi delle posizioni giurispruden-
ziali che richiedono maggiori cautele nei passaggi presuntivi.
Altri fronti difensivi hanno poi riguardato la necessità che l’accertamento nei confronti dei soci fosse giunto a
“definizione”, per avere realmente un elemento certo da cui far scaturire le ulteriori presunzioni, così come molto
si è dibattuto sulla necessità di una prova “più forte” da parte dell’Amministrazione Finanziaria, onde evitare l’at-
tribuzione di una prova diabolica ai soci (costretti a dimostrare una prova negativa, ossia di “non aver percepito
gli utili”).
Ancora, in diverse occasioni è stata avallata la tesi dell’assenza di “complicità e solidarietà”, soprattutto nei con-
fronti di quei soci estranei o esclusi dalla gestione societaria.
UNA SITUAZIONE NON COMPLETAMENTE CONSOLIDATA
Nel prosieguo si offrirà una panoramica dello stato dell’arte degli accertamenti in questione. Trattasi comunque
di un tema assai lontano dal completo delineamento e con una giurisprudenza in continua evoluzione, che si
ritiene prima o poi dovrà avere anche l’interpretazione delle sezioni unite per eliminare alcuni contrasti che sem-
brano essere sorti negli ultimi giudicati. D’altra parte anche le commissioni di merito continuano a manifestare
delle perplessità in più circostanze, soprattutto in considerazione dell’estensione ed uso massivo di tale tipo-
logia di accertamento, assunto ormai a vero e proprio automatismo: se nel passato gli uffici periferici avevano
qualche remora maggiore, oggi è ormai implicita l’attribuzione dell’utile alla compagine societaria. È necessario
pertanto soffermarsi su detto meccanismo accertativo, per analizzare le opportunità difensive che si offrono, alla
luce della giurisprudenza che finora si è pronunciata sul tema.
LA TECNICA ACCERTATIVA ADOTTATA
L’accertamento a ristretta base partecipativa è ormai talmente standardizzato che nelle stesse motivazioni
dell’Amministrazione Finanziaria si ritrova sempre il richiamo dei precedenti giurisprudenziali favorevoli della
Corte di Cassazione, invero numerosi sul tema e ripetuti nel tempo, nel prosieguo citati a titolo di esempio.
In primo luogo può farsi riferimento ad alcune sentenze ormai storiche.
Cassazione Contenuto
n. 10941/1992“…, quando una società di capitali abbia prodotto utili non dichiarati, né ovviamente ri-
sultanti dal bilancio, le ipotesi conseguenti sono due: o gli utili sono ancora nella società,
o detti utili sono stati distribuiti ai soci ovvero a parte di essi”.
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n. 16729/2005Che “nella presunzione di attribuzione "pro quota" degli utili ai soci, nel caso di società
a ristretta base, il fatto noto è rappresentato dalla ristretta base sociale e dal vincolo di
solidarietà e reciproco controllo”.
n. 1906/2008
“…ragionevolmente la giurisprudenza di legittimità ritiene che l'imponibilità degli utili
extrabilancio di società di capitali a ristretta base azionaria debba farsi dipendere da
quel particolare dato quantitativo consistente nel fatto che i soci sono pochi e che, con-
seguentemente, essi si trovano nella condizione di poter conoscere l'attività della so-
cietà…”.
Dunque, nel tempo si è consolidata la piena attribuzione di valenza alla tecnica utilizzata in sede di accertamen-
to posto che si ritiene non violato il divieto di presunzione di secondo grado, poiché il fatto noto non è costituito
dalla sussistenza dei maggiori redditi accertati nei confronti della società, ma dalla ristrettezza della base sociale
e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestio-
ne sociale: “la presunzione di distribuzione ai soci degli utili non contabilizzati non viola il divieto di presunzione di
secondo grado in quanto il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati
nei confronti della società ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo
dei soci” (Cass. n. 26428 del 2010, nonché, tra le altre nel tempo, Cass.n. 4695 del 2002, Cass. n. 951 del 2009;
Cass. 5607 del 2011; Cass. 15824 del 2016).
Ovviamente, affinchè la presunzione possa operare, come sancito in numerose pronunce (tra le altre, Cassazione
n. 13338 e 18640 del 2009), occorre che:
1. la ristretta base sociale e/o familiare – cioè il fatto noto alla base della presunzione – abbia formato oggetto
di specifico accertamento probatorio;
2. sussista un valido accertamento a carico della società in ordine ai ricavi non contabilizzati, il quale costituisce
il presupposto per l’accertamento nei confronti dei soci in ordine ai dividendi che si presume siano stati di-
stribuiti.
Al ricorrere di dette condizioni, la forza accertativa è talmente elevata che nel tempo la giurisprudenza di legit-
timità ha avuto modo di evidenziare che:
�� “attesa la mancanza - trattandosi di utili occulti - di una deliberazione ufficiale di approvazione del bilancio (solo
dopo la quale può essere effettuata la distribuzione degli utili dichiarati), la distribuzione si presume avvenuta nello
stesso periodo d'imposta in cui gli utili sono stati conseguiti” (Cassazione n. 7564 del 2003 ed in senso conforme
le sentenze n. 25688 del 2006 e n. 13223 del 2009);
�� gli utili si presumono attribuiti pro quota ai soci (recentemente, Cassazione, ordinanza n. 26132 del 2017);
�� nel caso di esercizio chiuso in perdita, nulla cambia in termini accertativi dato che la mancata inclusione in
contabilità dei maggiori ricavi accertati determina che tali somme non siano state né accantonate né reinve-
stite, ben potendo essere logicamente dirottate nella disponibilità dei soci (Cassazione n. 18640 del 2008 e
n. 29605 del 2011).
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Chiaro, dunque, il percorso deduttivo avallato dalla Giurisprudenza.
Anche in assenza di una specifica disciplina normativa, nonchè in assenza dei formalismi procedurali richiesti
per la distribuzione di un utile, l’eventuale evasione contestata in capo alla società si presume introitata dai soci,
essendo questi coinvolti nelle decisioni societarie e ben consapevoli dei relative accadimenti. A nulla rileva, inol-
tre, il risultato contabile/civilistico/fiscale raggiunto e dichiarato dalla società: trattandosi di elementi contabili
sottratti alla tassazione, una volta acclarati è lecito presumerli distribuiti ai soci, trattandosi di dati che non sono
affatto confluiti nel bilancio societario e pertanto non sono stati influenzati dal risultato negativo originario.
LA NECESSARIA DEFINITIVITÀ DELL’ACCERTAMENTO IN CAPO ALLA SOCIETÀ
Un fronte di contrapposizione sempre più solido all’accertamento di cui si discute si è concretizzato nell’obietta-
re la necessaria definitività del controllo in capo alla società, onde realmente appurare l’esistenza di una evasio-
ne (fatto noto), da cui far discendere la presunzione di avvenuta distribuzione dell’utile in capo ai soci.
L’accertamento societario è ovviamente indispensabile: “Non può pertanto dubitarsi che, ove l'accertamento a ca-
rico della società sia stato impugnato in separato giudizio, benché non ricorra, come per le società di persone, un'ipo-
tesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, l'accertamento nei confronti della società
costituisca pur sempre un indispensabile antecedente logico-giuridico rispetto a quello nei confronti del socio, in virtù
dell'unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano” (Cass. sent. n. 2214 del 2011 e n. 23323 del
2014).
MPORTANTEI In linea difensiva, però, si obietta l’esigenza di un accertamento divenuto definitivo sul
“dato presupposto”, ossia la contestazione avverso la società deve essere definitiva (o in quanto in presenza di
accertamento non impugnato o a seguito di sentenza passata in giudicato – tra le altre, Cass., sent. n. 9519 del
2009, sent. n. 20870 del 2010, sent. n. 1867 del 2012 e sent. n. 8954 del 2013).
Tesi confermata anche di recente dalla medesima Suprema Corte, con Sentenza 6 aprile 2017, n. 8988, dove è
appunto ribadito che i requisiti statuiti per l’operatività della presunzione in esame devono necessariamente
essere integrati al momento dell’accertamento e, pertanto, l’atto impositivo emesso nei confronti della società
deve essere definitivo.
MPORTANTEI Ne discende che la mancanza di tale definitività rende l’avviso di accertamento emesso
nei confronti dei soci privo di uno dei presupposti necessari per ritenere sussistente la presunta distribuzione
degli utili occulti. Solo quando l’accertamento nei confronti della società si sarà cristallizzato, per mancata impu-
gnazione o sentenza passata in giudicato, il dato certo presupposto sarà incontrovertibile.
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La giurisprudenza di merito in diverse occasioni si è allineata alla richiamata interpretazione, potendosi citare
a titolo di esempio tra le più significative la CTR Lombardia, Sentenza n. 3327 del 2017, secondo cui “per l’opera-
tività della presunzione di distribuzione di utili occulti da parte di una srl a ristretta base sociale … è necessario che
l’accertamento a carico della società di capitali sia divenuto definitivo” e, qualora la “sentenza … non [sia] passata in
giudicato … manca allo stato il presupposto necessario per ritenere sussistente la dedotta distribuzione di utili occulti
… con conseguente rigetto dell’appello dell’Ufficio sul punto senza necessità di esaminare le altre deduzioni formulate
sia dall’Agenzia delle entrate che da contribuente sul merito della ripresa”.
MPORTANTEI Alla luce di tale interpretazione e prendendo spunto anche dal novellato art. 39,
comma 1bis, del D.Lgs. n. 546 del 1992, nonchè dell’art. 295 C.P.C., recentemente la giurisprudenza, sia di legit-
timità che di merito, si è espressa per la sospensione del procedimento nei confronti dei soci, in attesa appunto
che si giunga alla conclusione del procedimento societario.
Il citato comma 1bis, infatti, in maniera esplicita prevede: “La Commissione tributaria dispone la sospensione del
processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra Commissione tributaria deve risolvere una controversia dalla cui
definizione dipende la decisione della causa”.
La Corte di Cassazione, nel ribadire il richiamato principio secondo cui l'accertamento tributario nei confronti
della società di capitali a ristretta base partecipativa costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico
dell'accertamento nei confronti dei soci, ha evidenziato che il processo va sospeso.
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n. 24049/2011
n. 1865/2012
Il giudizio “… relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso
ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ., applicabile nel giudizio tributario in forza del genera-
le richiamo del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1".
n. 1865/2012
n. 24572/2015
Il disposto della norma valorizzata dalla parte ricorrente, come dianzi menzionata,
avrebbe dovuto impedire al giudicante di pronunciarsi prima che fosse passata in giudi-
cato la sentenza relativa alla questione pregiudicante
n. 10793/16
“… ove il giudizio relativo all'accertamento nei confronti della società risulti ancora pen-
dente quello relativo al socio deve essere sospeso ai sensi dell'art. 295 c.p.c., applicabile
nel giudizio tributario in forza del generale richiamo del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546,
art. 1, ricorrendo tra i due processi, per le ragioni dette, un rapporto di pregiudizialità in
senso tecnico”
Analogamente si è espressa la giurisprudenza di merito, potendo richiamare la CTR Lazio, Sentenza n. 4038 del
2016, secondo cui “la causa relativa all'accertamento dei redditi non dichiarati dalla società viene a trovarsi in rap-
porto di pregiudizialità con le cause relative all'accertamento di maggiori redditi da partecipazione dei singoli soci o
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al recupero dell'omesso versamento delle ritenute alla fonte sui dividendi derivanti ai soci dalla distribuzione dei sud-
detti utili extracontabili, con la conseguenza che, non ricorrendo, come per le società di persone, un'ipotesi di litiscon-
sorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al
socio deve essere sospeso ai sensi dell'art. 295 c.p.c. , applicabile al processo tributario in forza del generale richiamo
dell'art. 1 del D.Lgs. n. 546 del 1992”.
LA TESI CONTINUA A FARSI STRADA
Le conclusioni ora rassegnate si confermate anche da altre recentissime tra le quali la posizione della CTP di
Savona, ordinanza n. 425 del 26 giugno 2018 e d’altra parte appare ragionevole e convincente: intanto non si ha
un problema di doppia presunzione proprio nel momento in cui è acclarato il dato iniziale, ossia che la società
abbia conseguito realmente una evasione fiscale. Solo in quel momento sarà possibile desumere ed appurare
se realmente detta evasione sia confluita nelle “tasche” dei soci, facendo peraltro attenzione sia alla prova of-
fensiva dell’Amministrazione Finanziaria, sia agli elementi difensivi addotti dai soci (argomento nel prosieguo
analizzato).
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R ASSEGNA SOCIETARIA
di Laura Novello - Centro Studi Fiscali Seac
DURATA DELLA SOCIETÀ ECCEDENTE LE ASPETTATIVE DI VITA DEI SOCI
Ai soci va riconosciuto il diritto di recesso “ad nutum”
Nelle srl la disciplina del recesso, contenuta nell’art. 2473, C.c. è tesa a valorizzare la personalizzazione
dei rapporti sociali, che spesso connota tale tipo di società.
Detto diritto è, tra l’altro, riconosciuto qualora non sia stabilita la durata del rapporto sociale.
Tale possibilità può essere esercitata non soltanto nell’ipotesi in cui la società sia stata “formalmente”
contratta a tempo indeterminato, ma anche qualora sia previsto un termine di durata eccessivamente
lungo, tale da far ritenere la società costituita “sine die”.
In particolare, come evidenziato dai Giudici nella pronuncia in esame, qualora la società sia contratta
per tutta la vita di uno dei soci o per un termine eccedente la normale attesa di vita degli stessi, deve
ritenersi “sostanzialmente” a tempo indeterminato.
Tale interpretazione estensiva è collegata a ragioni di ordine sistematico ed omogeneità con la discipli-
na prevista dall’art. 2285, C.c. per le società di persone e si pone in linea con la tendenza del Legislatore
di valorizzare la connotazione personalistica dei rapporti sociali delle srl e di tutelare il socio.
Nel caso di specie, poiché la durata di una srl era stata stabilita al 31.12.2050, termine ritenuto certa-
mente eccedente le ragionevoli aspettative di vita di uno dei soci (che a tale data risulterebbe avere
102 anni), i Giudici hanno riconosciuto la legittimità del diritto di recesso “ad nutum” esercitato dall’al-
tro socio.
In merito alle modalità ed ai termini di esercizio di tale diritto va evidenziato che il citato art. 2473
non prevede specifiche regole, riservando all’autonomia statutaria la regolamentazione degli stessi.
Tuttavia, secondo quanto si evince dalla sentenza in commento, in assenza di previsioni statutarie in
merito, risulta possibile fare riferimento alle previsioni di cui all’art. 2437-bis, C.c. che, nel disciplinare
i termini e le modalità di recesso delle spa prevede, tra l’altro che il tale diritto è esercitato “mediante
lettera raccomandata”.
Sentenza Tribunale di Roma 28.11.2017, n. 22269Visualizza l’atto
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ERRATE VALUTAZIONI DELLE POSTE DI BILANCIO DA PARTE
DEGLI AMMINISTRATORI
Sussiste la responsabilità dei sindaci anche in caso di denuncia
dello squilibrio patrimoniale / finanziario
Nelle società di capitali la responsabilità dell’organo di controllo è duplice: i sindaci, infatti, rispondono
per “fatto proprio” nonché per concorso omissivo al dovere di controllo sugli amministratori.
Il compito degli stessi, pertanto, non si esaurisce nell’espletamento delle attività specificamente indi-
cate dalla legge, ma comporta l’obbligo di adottare ogni altro atto necessario al diligente assolvimen-
to dell’incarico, ossia la segnalazione all’assemblea delle irregolarità di gestione riscontrate e, qualora
ne ricorrano gli estremi, la segnalazione al Pubblico ministero ai fini della denuncia ex art. 2409, C.c..
L’inosservanza del dovere di vigilanza comporta la responsabilità dei sindaci qualora non abbiano
evidenziato una rilevante violazione altrui o non abbiano reagito adeguatamente di fronte ad atti di
dubbia legittimità e regolarità.
A fronte di iniziative “contra legem” da parte dell’organo amministrativo, i sindaci hanno l’obbligo di
porre in essere, tempestivamente, tutti gli atti necessari nonché di utilizzare ogni potere di sollecita-
zione e denuncia, interna ed esterna alla società, sino a pretendere dagli amministratori le necessarie
azioni correttive, non essendo sufficiente, come evidenziato dai Giudici nella pronuncia in esame, che
gli stessi si limitino “ad una blanda, inefficace critica”.
In mancanza, gli stessi concorrono all’illecito civile commesso dagli amministratori per omesso eserci-
zio dei poteri – doveri di controllo.
Nel caso oggetto della sentenza in commento sono stati rilevati atti di mala gestio degli amministra-
tori ed episodi di inadempimento ai loro doveri, in particolare relativi all’errata valutazione degli am-
mortamenti e delle immobilizzazioni in bilancio al fine di occultare l’emersione di perdite, resi possibili
dalla mancanza di un adeguato controllo interno da parte dei sindaci.
Questi ultimi sono stati quindi ritenuti responsabili, ancorché nella relazione al bilancio abbiano de-
nunciato uno squilibrio della struttura patrimoniale e finanziaria e l’esigenza di un risanamento, consi-
derato che non avevano agito al fine di assicurare l‘adempimento dell’obbligo gestorio di procedere a
corrette valutazioni ex art. 2426, C.c. e avevano dato comunque parere favorevole al bilancio.
Sentenza Corte di Cassazione 5.9.2018, n. 21662Visualizza l’atto
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