Area Archeologica di Elea-Velia
Drammateatro
FedraDa Gabriele D’Annunzio
Drammaturgia e regia
Claudio Di Scanno
Compagnia
Li Febi Armonici
La villa dei misteri
Per la prima volta la
messinscena degli affreschi
della famosa villa pompeiana.
La visione dello spettacolo
sarà consigliata solo
ad un pubblico adulto,
trattandosi di allestimento
evocativo di scene erotiche.
Prima Nazionale
La Bottega del Pane
Edipo redi Sofocle
Compagnia dei Cenci
Casinadi Tito Maccio Plauto
Archeologia
dei suoni perduti
Conferenza concerto di
Roberto Melini
docente di Archeologia
musicale del mondo antico
presso il Conservatorio
“F. A. Bonporti” di Trento,
e del Gruppo
Ludi Scaenici
con strumenti dell’antica Roma
tibiae, lyra, kithara, lura, tympanum,
tuba, cornu, bucina, utriculus,
crotala, oblicuum calamum
22agosto
26agosto
27agosto
Nei giorni 9, 10, 12, 13, 14
brevi prologhi in latino e greco
da “Fedra” di Seneca
ed “Aiace” di Sofocle. Con
Sarah Nooter
Docente di Filologia Classica
all’Università di Chicago
9agosto
10agosto
Le vie della ricerca
e della critica
Parmenide e i fi losofi di Elea
Prima Nazionale
La violenza - la giustizia
Gorgia (ΓΟΡΓΙΑΣ)
il teatro - l’arte - la politica
Ione (ΙΩΝ)
Le vie della ricerca
e della critica
Parmenide e i fi losofi di Elea
Replica
L’eros Simposio (ΣΥΜΠΟΣΙΟΝ)
fi losofi a teatro
Platone Dialoghi
percorso “drammatico”
verso la conoscenza
progetto di Bob Marchese e Fiorenza Brogi
12agosto
13agosto
14agosto
16agosto
17agosto
al termine degli spettacoli seguirà
fi losofi interrogano fi losofi
Mariangela Ariotti
interroga
Giuseppe Cambiano
Docente di storia della
Filosofi a antica alla Scuola
Normale Superiore di Pisa
Al pari di Edipo, Fedra si confi gura come
un archetipo che percorre tutta la letteratura
universale. La storia della seduttrice incestuosa
che si fa calunniatrice si ritrova in India, in Cina,
in Egitto e fa da trama ad altre leggende della
tradizione occidentale. Fedra presenta inoltre
una tipica situazione edipica: anche se in termini
più mediati ritorna infatti il tema dell’incesto. Ma
un altro elemento collega il dramma di Fedra a
quello di Edipo, ed è quello della rifl essione sul
linguaggio; il linguaggio che maschera e
tradisce le realtà interiori, dà peso alle
apparenze, arreca morte rivelando quel che
deve essere taciuto. Edipo non vuole ascoltare
le parole di Tiresia, Fedra cerca di non
pronunciare le parole fatali, ma il dramma
si consuma proprio intorno a due elementi
linguistici: la confessione e l’imprecazione. Alla
parola non si può porre rimedio: il passaggio
dal silenzio alla parola genera l’irrimediabile.
“Fedra” di D’Annunzio è una fi gura
artisticamente viva, con atteggiamenti tra il folle
e il demoniaco. Per assecondare troppo la sua
passione trasgredisce le leggi morali e sociali
che regolano la convivenza umana. È un essere
primitivo, che non si integra nella normalità della
vita, le cui manifestazioni suscitano in lei delirio
e agitazione. Nella tragedia dannunziana non
spicca molto la sacralità tipica della tragedia
antica, piuttosto è posto l’accento su quanto
di umano suscita dolore e sofferenza. Fedra si
inasprisce alla notizia che Teseo è vivo perché
vede distrutta la propria gioia malvagia, mentre
si inebria rivivendo la gloriosa ultima ora di
Capanèo, folgorato da Giove sulle mura di Tebe.
È proprio dal confl itto dei suoi desideri
inappagati, dei sentimenti peccaminosi nasce
la sua malvagità, la sua empietà che la porta
ad esaltare la ribellione di Capanèo a Zeus
e il sacrifi cio amoroso di Evadne. Se allora
in Euripide spicca la donna che si strugge e
langue, in D’Annunzio Fedra è ansia furiosa,
folle, abbandonata alle suggestioni del senso
e dell’istinto sfrenato, che vede nell’erotismo e
nella sensualità il mezzo per manifestare la vita
profonda e segreta dell’io che sfugge al
controllo dell’intelletto. Ed è in nome di questo
abbandono all’ebbrezza dei sensi e all’istinto
che l’erotismo di Fedra diventa angoscia,
agitazione irrefrenabile, empietà furente contro
Afrodite, orgoglio passeggero, ma vilipeso al
pensiero che tra qualche ora Ipponòe la schiava
tebana sarà tra le braccia di Ippolito.
Al rifi uto di Ippolito ella passa alle offese
e alle minacce, all’esasperante incalzare
e alla folle presa. Ippolito fugge e Fedra
momentaneamente si abbatte per poi, da
demone terribile quale è, recuperare presto
la sua fi erezza per dar vita all’ultima opera di
ribellione alla ragione, e di esaltazione dell’istinto,
ricorrendo in maniera spietata e cinica alla
calunnia. Ma non è un gesto fi ne a se stesso
quanto di rivolta al volere degli dei e del Fato,
come Capanèo di cui è stata ammiratrice ed
esaltatrice. E questo prometeismo suggella
la sua ribellione alle leggi della ragione per
cercare, senza risultati, di far valere l’istinto
sulla ragione, anche contro il volere degli dèi.
Claudio Di Scanno
Drammateatro
Fedrada Gabriele D’Annunzio
Drammaturgia e regia
Claudio Di Scanno
riduzione a cura di
Susanna Costaglione
conSusanna Costaglione Fedra
Giulia Basel Gorgo
Pino Censi Ippolito
Raffaello Lombardi Tèseo
Cristina Golotta Etra
Roberto Negri Messaggero Cieco
Marco Valeri Aedo
Silvia Pietta Schiava
Monica Ciarcelluti Corifea Madre
Irida Mero Artemide
9agosto
Fedra in un quadro di Alexandre Cabanel
VeliaTeatro propone un tuffo
nella lingua delle antiche
rappresentazioni teatrali.
Nelle serate del 9, 10, 12, 13
e 14 agosto, a precedere gli
spettacoli, vi sono brevi prologhi
in latino e greco dalla “Fedra” di
Seneca e dall’“Aiace” di Sofocle,
a cura di Sarah Nooter, docente
di Filologia Classica all’Università
di Chicago. Un’esperienza, quella con i monologhi
dai testi antichi in lingua originale, già provata
sull’acropoli di Elea-Velia nell’edizione del 2007,
con i ricercatori dell’Università di Oxford e gli attori
del Teatro di Larissa, che si rinnova quest’anno.
Sulla scena Sarah Nooter, versatile e brillante
studiosa del prestigioso ateneo americano,
capace di coniugare l’acuta conoscenza
del mondo classico con sapienti doti di
recitazione. Signifi cativa la scelta dei brani
proposti. Il discorso di Fedra che precede il
suicidio: donna forte e dignitosa che si prepara
alla fi ne, vinta dal disonore, ma ancora attaccata
alla vita. Dall’“Aiace”, un potente monologo della
dea Atena, mente sottile e ambiziosa, ma pure
fi gura feroce e vendicativa e quindi priva della
dimensione di umana compassione
Seneca, Fedra (1159-99)
La tragedia Fedra di Seneca racconta la storia
di Fedra, la moglie di Teseo, e il suo amore
proibito per il suo fi gliastro Ippolito. Il monologo
di Fedra è dell’ultimo parte dell’opera in cui
il tragico avvenimento si svolge.
Sofocle, Aiace (1-10, 47, 51-74)
La tragedia Aiace di Sofocle racconta la storia
del guerriero Aiace alla fi ne della guerra
di Troia. Aiace è arrabiato perchè le armi di
Achille sono assegnate ad Odisseo e non a lui.
Nel monologo, la dea Atena racconta ad
Odisseo come lei ha offuscato la mente di
Aiace così che lui si vendicava sui bestiami
anziché sui compagni guerrieri.
Brevi prologhi
in latino e greco
da “Fedra” di Seneca
e “Aiace” di Sofocle. Con
Sarah Nooter
Docente di Filologia Classica
all’Università di Chicago
9agosto
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di Chicago. Un’esper
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14agosto
Immagini e suoni
ecco come si può rappresentare
La villa dei misteri
uno spettacolo evocativo,
un rituale in scena
I Misteri Dionisiaci
lo spettacolo in sintesi è una pregante
evocazione del teatro antico,
il linguaggio usato è il latino e il greco
testi di Ovidio, Petronyo, Euripide
con musiche dal vivo eseguite
da percussioni, arpa, e fi ati antichi.
Per la prima volta la messa in scena
degli affreschi della famosa
villa pompeiana
Compagnia
Li Febi Armonici
La villa dei misteriSpettacolo di teatro totale ispirato
ai riti della villa pompeiana
di Franco Cutolo
musiche Gianluca Rovinello
coreografi e Angelo Parisi
percussioni Umberto Spiniello
fi ati Massimo De Vita
Per la prima volta la messa
in scena degli affreschi
della famosa villa pompeiana.
La visione dello spettacolo
sarà consigliata solo
ad un pubblico adulto,
trattandosi di allestimento
evocativo di scene erotiche.
Prima Nazionale
10agosto
fi losofi a teatroPlatone Dialoghi percorso “drammatico” verso la conoscenza
progetto di Bob Marchese e Fiorenza Brogi
traduzioni di Giuseppe Cambianoadattamento teatrale di Mariangela Ariotti e Giuseppe Cambianocon Fiorenza Brogi, Bob Marchese, Mattia Mariani, Silvia Nati, Sax Nicosia, Angelo Scarafi ottiregia di Bob Marcheseelementi scenici e costumi Gianni Murruluci e fonica Liberato Merola assistenza tecnica Vittorio Puglia
In due incontri carichi di signifi cati simbolici
il Socrate platonico riconosce il suo debito
nei confronti del pensiero dei fi losofi di Elea
Parmenide e Zenone.
Nel primo Zenone espone pubblicamente
i suoi “paradossi” e Parmenide racconta
in versi lo straordinario viaggio del fi losofo
verso la conoscenza.
Nel secondo Socrate,
impegnato a
smascherare il sofi sta,
stregone e illusionista,
seduttore, attraverso
i suoi discorsi,
e “cacciatore retribuito di giovani e di ricchi”,
incontra uno straniero giunto da Elea, discepolo
del grande Parmenide. Per poter confutare
radicalmente il Sofi sta, lo Straniero di Elea deve
mettere alla prova il discorso dell’amato maestro
Parmenide fi no ad essergli infedele. Si prepara
qui l’evento più drammatico della fi losofi a antica,
il “parricidio” del maestro. Mentre per Parmenide
il falso, il non essere di cui si nutre il Sofi sta, non
può essere né pensato né detto, occorre invece
poter affermare che il falso esiste ed è possibile
enunciarlo.
Nel fi nale tre fi losofi nostri contemporanei
rifl ettono da punti di vista diversi sulla grande
esperienza della fi losofi a eleatica. Martin
Heidegger ne sottolinea la “maestosità” simile
alle statue greche arcaiche e l’inesauribile
ricchezza; Bertrand Russell dimostra come
i paradossi di Zenone, dopo duemila anni,
siano alla base della matematica moderna;
Karl Popper mette in luce come proprio
il drammatico momento del “parricidio”,
peraltro previsto dallo stesso metodo di ricerca
di Parmenide, sia la radice dell’atteggiamento
razionale e scientifi co della civiltà occidentale.
Le vie della
ricerca e
della critica
Parmenide e i fi losofi di Elea
Prima Nazionale
I
12agosto
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16agosto
SocrateParmenide
Il retore Gorgia pratica la violenza “dolce”
della parola che persuade, senza preoccuparsi
della verità e bontà di quanto dice, ma facendo
leva soltanto sulle emozioni degli ascoltatori
che egli con la sua abilità oratoria sa portare
nella direzione voluta. A convincere un malato
ad affrontare una grave cura Gorgia si era
dimostrato superiore a suo fratello, che pure era
medico. In un crescendo di violenza anche nel
modo in cui gli interlocutori rispondono via via
alle domande di Socrate, si arriva alla posizione
estrema di Callicle, discepolo di Gorgia, il quale
fi nisce con l’esaltare un altro tipo di violenza,
ancora più radicale, quella della tirannide
del più forte che mira a soggiogare i più deboli
e a prevaricare su di essi.
La violenza -
la giustizia
Gorgia (ΓΟΡΓΙΑΣ)
13agosto
Un parco di terra e di marelaboratorio di biodiversità
www.cilentoediano.it
Ministero dell’Ambientee della Tutela del Territorio
e del Mare
Dopo la lettura, da parte dell’aedo Ione, dei versi
dell’Iliade che piangono la morte di Ettore, Platone
fa pronunciare a Socrate un severo giudizio contro
il teatro e la poesia epica, suscitatrici di passioni e
quindi lontane dal controllo della ragione. La poesia ha
la sua sorgente nell’ispirazione divina, ma proprio per
questo non è in grado di rispondere alle domande che
vertono sul suo contenuto. La poesia, il teatro, la pittura
e in genere le arti fondate soltanto sull’imitazione della
vera realtà e produttrici di immagini puramente
apparenti, non possno pretendere, secondo Platone,
di svolgere la funzione educatrice primaria nella città
e pongono quindi il problema della loro compatibilità
con una città ideale fondata sulla giustizia.
Alla posizione platonica si oppone con forza Nietszche
che accusa Socrate di aver ucciso la poesia tragica,
che aveva il suo nucleo portante nella indistinguibile
unione di parole e musica.
il teatro - l’arte - la politica
Ione (ΙΩΝ)
14agosto
L’eros Simposio (ΣΥΜΠΟΣΙΟΝ)
17agosto
Durante un banchetto in cui i presenti
intessono le lodi dell’amore sotto vari punti
di vista, Socrate fa emergere nella fi gura di
Eros, - demone indigente, fi glio di povertà,
e quindi pieno di desiderio di raggiungere ciò
che non possiede, la bellezza; ma anche, in
quanto fi glio di Poros, dotato delle risorse per
muoversi alla ricerca di essa, - i tratti decisivi
della fi gura del fi losofo come appunto
amante del sapere (che soltanto la divinità
possiede nella sua pienezza), è mosso
dall’amore del sapere e quindi dal desiderio
di raggiungerlo e dedica pertanto la sua vita
a questa ricerca.
Il Festival della Filosofi a in Magna Grecia mira a promuovere e valorizzare la storia culturale/fi lo-sofi ca di un territorio in cui si è sviluppato parte del pensiero fi losofi co occidentale.L’area eletta per lo svolgimento dell’evento è l’antica città di Elea-Velia, che con Siracusa e Crotone rappresentava uno dei tre poli culturali della Magna Graecia. “Padre terribile e venerando della fi losofi a” così Platone defi nì Parmenide il fondatore ad Elea del-la scuola filosofica eleatica. Intorno al 460 a.C. scrisse “De Natura”, un’opera rivoluzionaria fon-data sull’immutabilità dell’Essere. Il pensiero fi -losofi co di Parmenide è nato in Cilento, in piena simbiosi con Madre Natura, in una relazione di re-ciproco arricchimento.
Celebrare la fi losofi a in uno dei luoghi in cui è sta-ta generata è di interesse non solo per un ristretto gruppo di studiosi, ma può attirare tutti gli appas-sionati che vogliono fermarsi in Cilento per risco-prire un modo di guardare la realtà che non sia os-servazione superfi ciale ma vera conoscenza. Il Festival sceglie come target group principale gli adolescenti, a loro si propone un percorso di conoscenza esperienziale capace di contribuire alla crescita personale, attraverso una metodolo-gia attiva. L’obiettivo è creare momenti di con-fronto, di riflessione, di pensiero critico, spazi creativi per le menti. In programma un caleido-scopio di iniziative di qualità costruite attorno alla centralità del “ viaggio”. Dialoghi fi losofi ci, lezio-ni magistrali, proiezioni, fi losofi a teatro in colla-borazione conVeliateatro, concerti, meditazione, favole fi losofi che, laboratori di archeologia speri-mentale, workshop di teatro e di danza, visite fi lo-sofiche guidate, percorsi enogastronomici, pas-seggiate naturalistiche chiudono la cornice di que-sto spettacolare “viaggio” dentro e fuori di sé.
Associazione Festival della Filosofi a in Magna GreciaTelefono: 334.146.40.85 www.fi losofi amagnagrecia.it
VIENI A
VIVERE UN’ESPERIENZA
INDIMENTICABILE
22-24 ottobre 2009
Ascea-Velia (SA)
Festival della Filosofia in Magna Grecia
“Il viaggio”
al termine degli allestimenti
dei giorni 12, 13, 14, 16, 17, seguirà
fi losofi interrogano fi losofi
Mariangela Ariotti
interroga
Giuseppe Cambiano
Docente di storia della Filosofi a antica
alla Scuola Normale Superiore di Pisa
Edipo, re di Tebe, ordina un’indagine
sull’assassinio del suo predecessore, Laio.
Ma l’inchiesta, stringendosi in cerchi concentrici
sempre più serrati, condurrà proprio a colui
che l’ha ordinata. La verità si scopre in maniera
graduale: Tiresia rivela la verità davanti agli
spettatori, Giocasta raccontando l’assassinio di
Laio, senza averne coscienza, palesa il parricidio
ad Edipo; poi l’incesto si manifesta a Edipo,
confermando così anche il parricidio: la tragedia
è compiuta. Quello di Edipo è il dramma della
conoscenza, il dramma di un uomo vinto dalla
fatalità malgrado la sua volontà e la sua
ribellione. Il dramma di un uomo colpevole
della propria maledetta ostinazione a conoscere
la verità.
Nota di Regia: Una città inferma, uno stato di
necessità che esige sopra ogni cosa il bisogno
di guarigione, di depurazione dell’anima. La
peste dilaga a Tebe come un nugolo nero che
tutto avvolge, come una coltre senza speranza
che si spande per chiedere il suo tributo. Edipo
sovrano illuminato e venerato da tutti, simile a
un dio per la sua intelligenza e astuzia, comincia
qui, inconsapevolmente, il suo viaggio iniziatico
dal buio della sua esistenza al bagliore
accecante del vero. Amministra il potere con
astuzia ed è padre e marito fedele, rivelando
nel corso del dramma difetti e pregi caratteristici
della tempra eroica. Al tempo stesso insegue
con rigore ed impegno un’inchiesta che poco a
poco, un tassello dopo l’altro, porta a ricomporre
il profi lo orribile di un protagonista assassino di
un re, parricida ed incestuoso. Ad ogni nuovo
personaggio che entra in gioco la terribile verità
si fa più viva e minacciosa. Cosi come la scena
stessa che, ad ogni nuova informazione
aggiunta, si compone di nuovi colori e nuove
strade sulle quali i personaggi agiscono loro
malgrado; percorsi forzati che conducono ad un
luogo preciso, lì dove tutto comincia e dove tutto
fi nisce. Ad un trivio si colloca l’origine della colpa
e lì stesso è destinata ad estinguersi. Tre le
strade che portano Edipo al suo destino,
innumerevoli le passioni che lo travolgono,
cinque i colori che introducono i personaggi
della vicenda che, ad uno ad uno,
accompagnano il pubblico a sciogliere il nodo
tragico. Una messa in scena che evidenzia una
scelta registica decisa e stilizzata. È nera la
peste che dilaga e che ammorba gli animi;
rossa la scia di Giocasta che ha partorito dalle
sue viscere il suo stesso desiderio, sangue del
suo sangue. Azzurro il colore dell’avvento che,
improvviso, taglia la scena come un evento
inatteso e incancellabile da cui non si potrà più
prescindere; giallo è il cammino della verità,
splendente come la luce del sole; bianco è il
colore dell’oblio a cui segue, come inesorabile
prassi, un immediata rinascita ed un nuovo
regno. Edipo vuole sapere. Vuole sapere a
dispetto di tutto rifi utando compromessi ai quali
spesso ricorre l’umanità, cui appartiene anche
la regina che più volte cerca di indurlo a non
approfondire le oscure origini della sua nascita.
“Io la mia stirpe, per oscura che sia, voglio
vederla” grida il protagonista quando ormai
è tutto rivelato e la luce abbagliante del vero
non può che lasciare spazio alle tenebre.
La vita fi nisce dove comincia.
La Bottega del Pane
Edipo redi Sofocle
regia di Cinzia Maccagnano
Personaggi e interpreti
Edipo Dario Garofalo
Giocasta Cinzia Maccagnano
Creonte Alessio Bonaffi ni
Tiresia Michele Carli
Nunzio Gabriele Lo Chiano
Coro Cristina Putignano
Luna Marongiu
Adattamento drammaturgico
Dario Garofalo
Scene e costumi
freezer09
Light designer
Oriana Cardaci
Organizzazione
Eleonora Bucci
EdipsullMasech
22agosto
Edipo e la Sfi nge, da un’illustrazione del 1879
da “Stories from the Greek Tragedians”
di Alfred Church
Edipo a Colono, accompagnato da Antigone,dipinto di Fulchran-Jean Harriet, 1798
“Casina” è una delle commedie più riuscite
di T. M. Plauto, che da sempre diverte
ed incuriosisce il pubblico e che nel tempo,
è divenuta modello d’imitazione. Si pensi
alla “Clizia” del Machiavelli o al Don Pasquale
di Donizetti che fa dire alla bella Norina:
“Ben è scemo di cervello chi s’ammoglia
in vecchia età, va a cercar col campanello
noie e doglie in quantità!”
La modernità dell’intreccio ci ha spinto a cercare
in questo allestimento una lettura che fi n’ora non
era mai stata fatta e pur rispettando al massimo
il testo ed il tessuto teatrale plautino, l’attenzione
è stata modernamente spostata sul ruolo della
donna. Così Cleostrata, la moglie di Lisidamo,
diviene fi gura centrale quanto quella del marito.
Il racconto delle avventure per riprendersi il suo
uomo, che ha perso la testa per la giovane
schiava Casina, assume così un valore
più intenso e simbolico.
Pur restando nella tradizione e rispettando
luoghi e personaggi, l’ottica della lettura risulta
però rovesciata, mettendo a fuoco la peculiarità
dell’universo femminile. Alle smanie e ai desideri
degli uomini verso la giovane schiava, fanno da
contraltare le furberie delle donne mature che
devono difendersi dalle giovani leve arrembanti.
Ed ecco che la divertente guerra che Cleostrata
intraprende contro gli uomini, farà nascere
battibecchi ed equivoci, scambi di persona
e comicissimi abbagli. Protagonisti indiscussi
di questa bella commedia sono: Lorenza
Guerrieri (nel ruolo di Cleostrata), alle prese con
umanissime gelosie, desideri, timori, amori e
passioni, Giampiero Fortebraccio (nel ruolo
di Alcesimo), Domenico Albergo (nel ruolo di
Olimpione) ed altri bravissimi attori. Nel mondo
latino di allora, come nel nostro di oggi, i difetti
dell’umanità vanno corretti sorridendo, usando
sempre l’arma dell’ironia senza mai dimenticare
la caducità delle cose e l’effetto disgregatore
che il tempo esercita su persone e sentimenti.
Silvio Giordani
Compagnia dei Cenci
Casinadi Tito Maccio Plauto
con Giampiero Fortebraccio,
Lorenza Guerrieri, Domenigo Albergo
regia Silvio Giordani
“Casdi Ted
26agosto
Archeologia
dei suoni perduti
Conferenza concerto
di Roberto Melini
docente di Archeologia
musicale del mondo antico
presso il Conservatorio
“F. A. Bonporti” di Trento,
e del Gruppo Ludi Scaenici
Daniele Ercoli, Gaetano Delfi ni,
Roberto Stanco, Cristina Majnero,
Fanny Guinsbourg
con strumenti dell’antica Roma:
tibiae, lyra, kithara, lura, tympanum,
tuba, cornu, bucina, utriculus,
crotala, oblicuum calamum
27agosto
Roberto Melini, nato a La Spezia, inizia
giovanissimo gli studi musicali e li porta avanti
parallelamente a quelli umanistici. Trasferitosi nel
Lazio, nel 1982 si diploma in Pianoforte al
Conservatorio di S. Cecilia col massimo dei voti.
Segue in seguito corsi di perfezionamento tenuti
da eminenti Maestri (Aldo Ciccolini, Paul Badura
Skoda, Carlo Zecchi; nel 1984 e nel 1985 è
allievo del Mozarteum di Salisburgo) e studia
anche composizione con Nazario Carlo Bellandi.
Inizia l’attività di pianista concertista in Italia
ed all’estero: tiene récitals e concerti-conferenza
per importanti istituzioni (Parigi, Berlino,
Bruxelles, Atene, Bucarest, Singapore, Nuova
Delhi, Il Cairo, Tarragona, Bangkok, La Valletta,
Jakarta, Calcutta, Salonicco, Mons, Città del
Lussemburgo, Marsiglia, Katmandu, etc. ), è
solista con orchestre prestigiose (Orchestra da
camera di S. Cecilia, Detmold Kammerorchester
diretta da Tibor Varga, etc.), e partecipa a
signifi cativi progetti musicali in gruppi cameristici.
Sue esecuzioni sono state trasmesse da diverse
emittenti, fra le quali la RAI. Da oltre un ventennio
docente in Conservatorio, è titolare della cattedra
di Pianoforte e nei corsi accademici di Triennio
e Biennio (Pianoforte, indirizzo concertistico-
solistico).
Roberto Melini durante gli anni ha continuato
a seguire anche gli interessi storico-archeologici.
Studente dapprima all’Università “La Sapienza”
di Roma, ha conseguito in seguito la laurea in
Archeologia e storia dell’arte greca e romana
presso la Facoltà di Lettere e Filosofi a
dell’Università di Trento (tesi dal titolo “Musica
e paesaggio sonoro nell’antica area vesuviana:
per un’indagine attraverso lo studio della cultura
materiale”, relatrice Prof.ssa Mariette de Vos
Raaijmakers, votazione 110/110 e lode).
Fondendo queste sue competenze insieme
musicali ed archeologiche, si è così dedicato in
modo specifi co allo studio dell’orizzonte sonoro
e della cultura musicale dei popoli dell’antichità,
portato avanti con metodi innovativi secondo le
più moderne concezioni della ricerca.
Presso il Conservatorio “Bonporti” nel 2006
ha istituito il corso di “Archeologia musicale
del mondo antico” (il primo in Italia); ha tenuto
lezioni anche in Università (Trento, Milano) ed è
stato docente nei corsi dell’ISSEP (International
Summer School on European Prehistory).
Socio di MOISA (International Society for
the Study of Greek and Roman Music and its
Cultural Hertitage), ha tenuto conferenze e
presentato relazioni in sedi prestigiose quali
il British Museum di Londra, la Bibliothèque
Royale de Belgique di Bruxelles, il Bible Lands
Museum di Gerusalemme, l’Università di Malta,
il Museo Archeologico Nazionale di Napoli,
il Museo Archeologico Nazionale di Firenze,
l’Auditorium di Pompei, etc.
Ha pubblicato “Archeologia musicale. Per uno
studio sull’orizzonte sonoro degli antichi romani”
(Trento 2007) e “Suoni sotto la cenere.
La musica nell’antica area vesuviana”
(Pompei 2008), mentre suoi saggi sono apparsi
in autorevoli pubblicazioni quali la Rivista di Studi
Pompeiani ed in cataloghi di importanti mostre
tenutesi al Museo dell’Hermitage di San
Pietroburgo ed al Museum of Arts di Hong
Kong.
ni,
ag aLaCoCoSSdS
Nessuna attività dell’uomo, nessuna sua
espressione, può forse essere così intensa
e nello stesso tempo lasciare così poca traccia
come la musica. La nostra conoscenza sulla vita
e la cultura dei popoli antichi sembra dunque
essere penalizzata da un vuoto incolmabile,
quello del loro orizzonte sonoro: questa carenza
risulta particolarmente grave, dal momento che
testimonianze obiettive e considerazioni logiche
fanno ritenere del tutto verosimile che il rapporto
con suoni e musica abbia caratterizzato
l’evoluzione della specie umana fi n dai tempi più
remoti. In questi ultimi anni, tuttavia, nuove
prospettive di ricerca si sono aperte (grazie alla
possibilità di sfruttare avveniristiche tecnologie e,
soprattutto, ad un approccio innovativo fondato
sullo studio interdisciplinare della cultura
materiale), e hanno fatto nascere una disciplina
che sta svelando aspetti signifi cativi ed inediti
della cultura degli antichi: l’archeologia musicale.
L’analisi dei numerosi manufatti sonori che sono
e West hanno pubblicato nel 2001), e uno
soltanto nell’ambito di quella latina (il verso
861 della commedia Hecyra di Terenzio, la
cui trascrizione su codice risulterebbe peraltro
manipolata). Il problema che si pone dunque è
il seguente: come riuscire a far risuonare questi
testi muti? Come ritenere attendibili esecuzioni
realizzate a secoli di distanza dal contesto
originale? Come immaginare, relativamente
ad una determinata epoca, altri suoni ed altre
musiche, ipotizzando ascolti realistici anche in
assenza di una specifi ca forma di notazione? A
questo compito, arduo per la verità, ci si dedica
oggi sia in modo fi lologico e scientifi co - gli
studiosi dell’archeologia musicale –, sia in
maniera più creativa cercando di far dialogare
la sensibilità artistica moderna con gli stimoli
provenienti dal contatto con le testimonianze
sonore del passato: spesso si eseguono brani
composti oggi ma che risuonano
autenticamente d’antico grazie ad un attento
lavoro di ricerca fi lologica, di archeologia
sperimentale sugli strumenti musicali, di
comparazione etnomusicologica, di ricreazione
degli ambienti... Dai risultati fi nora ottenuti
sembra che questo sforzo non sia inutile,
dal momento che la “ri-costruzione” di quelle
valenze culturali e la “ri-creazione” del fascino
di quegli ascolti danno la sensazione che
i lontani suoni degli antichi non siano per noi
totalmente perduti.
stati ritrovati, l’interpretazione della miriade
di iconografi e antiche con soggetto musicale,
la verifi ca delle caratteristiche acustiche di
determinate strutture (non solo i teatri e gli altri
siti di spettacolo, ma anche i luoghi di culto
e le case), e l’incrocio di tutti questi dati con le
notizie desumibili dalle fonti scritte, ha consentito
di ricostruire, in maniera più o meno pregnante
ed attendibile a seconda delle varie civiltà, quale
fosse il “paesaggio sonoro” dei nostri antenati.
Certo una grossa lacuna è costituita dalla
mancanza di “partiture”: anche se qualche
lacerto di notazione in realtà ci è pervenuto -
costituito da iscrizioni così identifi cate su
epigrafi , papiri e codici -, il problema sembra
essere più ampio ed andare ad investire la
questione della trasmissione orale delle differenti
forme del sapere umano. Se da un lato, infatti,
è probabile che ulteriori frammenti di scrittura
musicale esistano e non siano stati ancora
individuati o riconosciuti (si pensi allo scalpore
suscitato negli anni Settanta all’uscita di Sounds
from silence, il lavoro dell’assiriologa americana
Anne Kilmer che rivelava la notazione di un inno
sacro urrita incisa su tavolette fi ttili risalenti
addirittura alla metà del II millennio a. C.),
dall’altro occorre considerare come in molte
culture dell’antichità non fosse ritenuto
necessario fi ssare su supporti permanenti quelle
attività considerate concettualmente immutabili
ma nella pratica soggette ad un continuo
divenire, quali erano il far musica e la danza.
Alcune decine di frammenti di notazione, più o
meno estesi ed intatti, sono oggi noti nell’ambito
della cultura greca (per la precisione 61,
secondo l’autorevole catalogo che Pöhlmann
ELEA-VELIA ARCHEOFILM
Festival Internazionale del Documentario Archeologico
Elea-Velia ArcheoFilm è il nuovo progetto per il futuro basato sul cinema dei luoghi del passato. VeliaTeatro dal prossimo anno si aprirà al documentario archeologico. Dal 2010 l’area archeologica di Elea-Velia ospiterà anche le proiezioni delle migliori pellicole girate sui siti antichi di tutto il mondo. Durante il festival verranno assegnati premi grazie al voto di una giuria specializzata di docenti universitari e archeologi e del pubblico presente. Un ulteriore passo per fare di Elea-Velia un vero polo della cultura, multidisciplinare, aperto alle esigenze moderne, ma sempre fondato su un’imprescindibile eredità del passato.
La vacanza del sorriso è un’iniziativa di solidarietà che ha l’obiettivo di offrire una spensierata e piacevole vacanza, all’in-segna del relax e della tranquillità, a bambini affetti da patologie onco-logiche con rispettive famiglie, fra la suggestiva costiera e le verdi colli-ne del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano.
In questa terra, la storia e la cultura, gli usi e le tradizioni, le bellezze naturalistiche, insieme alle peculiarità gastronomiche marinare e monta-nare, rappresentano un patrimonio unico al mondo, ma soprattutto la generosità, il senso dell’ospitalità e della solidarietà, hanno radici profon-de e questa manifestazione ne è la testimonianza.
In questa cornice, circa sessanta partner, fra operatori turistici, asso-ciazioni, enti pubblici e privati, tra cui VeliaTeatro, hanno contribuito con profondo spirito di solidarierà alla realizzazione della manifestazione, offrendo, a titolo gratuito, prodotti e servizi fi nalizzati a costituire un pacchetto-vacanza di una settimana gratuita.
Associazione Montanari & Ripe Rosse
Via Landulfo, 9 • Montecorice (SA) Tel. 0974.356.130 • [email protected]
www.cilentoverdeblu.it
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