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PANEBIANCO- TESTI E SCENARI VOL.2 PROFILO STORICO L’ITALIA DEL SEC.XV PAG . 671 http://it.wikipedia.org/wiki/Guerre_d%27Italia_del_XVI_secolo Le SIGNORIE italiane, formatesi con un atto di forza contro i sistemi comunali precedenti, da parte di un personaggio di prestigio, in genere ben voluto dal popolo, stanco delle lotte fra fazioni, avevano l’esigenza di rafforzarsi e diventare più stabili diventando PRINCIPATI. I signori cominciarono ad acquistare il titolo di principe, duca o marchese, dal papa o dall’imperatore, ottenendo così anche di poterlo trasmettere, insieme al potere sulla signoria,in eredità ai figli garantendo il potere
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PANEBIANCO- TESTI E SCENARI VOL.2

PROFILO STORICO

L’ITALIA DEL SEC.XV PAG.

671

http://it.wikipedia.org/wiki/Guerre_d%27Italia_del_XVI_secolo

Le SIGNORIE italiane, formatesi con un atto di forza contro i sistemi comunali precedenti, da parte di un personaggio di prestigio, in genere ben voluto dal popolo, stanco delle lotte fra fazioni, avevano l’esigenza di rafforzarsi e diventare più stabili diventando PRINCIPATI. I signori cominciarono ad acquistare il titolo di principe, duca o marchese, dal papa o dall’imperatore, ottenendo così anche di poterlo trasmettere, insieme al potere sulla signoria,in eredità ai figli garantendo il potere alla propria dinastia. I principati sono anche detti STATI REGIONALI in quanto la politica territoriale li portò ad estendere ulteriormente i loro confini a spese delle piccole città ed a costituire domini vasti più o meno come le odierne regioni.

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GLI STATI MODERNI IN EUROPA NEL XVI SEC. PAG

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FATTORI DI CAMBIAMENTO DAL MEDIOEVO ALL’Età MODERNA PAG672673802803

L’EUROPA DAL 1527 AL 1618 1047- 1048

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Nel 1527 con il sacco di Roma, avvenuto nel contesto delle guerre di conquista in Italia tra Francia e Spagna, per opera delle bande dei Lanzichenecchi, mercenari assoldati dall’Imperatore Carlo V e desiderose di rifarsi col saccheggio della paga non ricevuta, iniziò la parabola discendente dell’Italia rinascimentale che portò alla dominazione spagnola (1559 pace di Cateau Cambresis). Nel 1618 scoppiò la Guerra dei Trent’anni, un lungo conflitto mondiale aggravato dalle guerre di religione (sanguinosi conflitti cattolici- protestanti nella Francia di Enrico II e tra Filippo II di Spagna e i protestanti dei Paesi Bassi fino all’indipendenza dell’ Olanda, mentre il cattolico Belgio rimase alla Spagna), destinato a mutare gli equilibri politici dell’Europa.

ITALIAIn questo periodo mentre si sviluppava il commercio delle regioni baltiche (Olanda, Belgio. Fiandre) l’Italia passava da una grande prosperità ad una profonda crisi.Priva di materie prime l’Italia basava la sua ricchezza sull’esportazione di manufatti di qualità.Ma alla fine del Cinquecento ci fu un crollo delle produzioni e delle esportazioni.Ciò fu dovuto al fenomeno della rifeudalizzazione e allo spostamento del centro delle rotte commerciali dal Mediterraneo all’Atlantico.RIFEUDALIZZAZIONE significa che i borghesi arricchiti finirono in gran parte per abbandonare le loro attività lavorative per acquistare terre e possibilmente titoli nobiliari, trasformandosi in signori locali e sfruttando unicamente il lavoro agricolo dei contadini alle loro dipendenze- con un ritorno quindi ad un’economia scarsamente dinamica e prevalentemente agricola.La rifeudalizzazione fu anche dovuta alla sempre crescente concorrenza del commercio e della manifattura esteri, alle pestilenze e carestie provocate dalle continue guerre ed allo spostamento dell’asse economico commerciale sull’AtlanticoLO SPOSTAMENTO DELLE ROTTE COMMERCIALI NELL’ATLANTICO era dovuto alla scoperta ed alla conquista dell’America, quindi dallo sfruttamento delle ingenti risorse agricole e minerarie delle colonie. Queste nuove rotte favorivano gli Stati occidentali e nord occidentali dell’Europa che si affacciavano sull’Atlantico, mentre l’Italia ed il Mediterraneo, un tempo centro dei traffici, si spostarono in un’area periferica e marginale. SPAGNAFilippo II re di Spagna, succeduto a Carlo V nel 1556, dopo la pace di Cateau Cambresis ottenne il controllo dell’Italia. La Spagna possedeva inoltre le colonie americane ed era divenuta una delle maggiori potenze europee. Ma Filippo II negli oltre quarant’anni del suo regno (1556- 1598) dopo aver portato la potenza spagnola al massimo splendore la lasciò sull’orlo di una rapida decadenza. Infatti i governanti spagnoli non seppero mettere a frutto le immense ricchezze americane e le sperperarono nelle continue guerre e in un sistema di vita improduttivo, che comportava l’abbandono delle attività produttive del paese e l’acquisto nei mercati esteri dei beni di consumo.

INGHILTERRAElisabetta I fu regina d’Inghilterra dal 1558 al 1603. Inghilterra e Spagna divennero rivali, per il

1527 SACCO DI ROMA

1559 - PACE DI CATEAU CAMBRESIS

1618

GUERRA DEI TRENT’ANNI

1545 - CONCILIO DI TRENTO E CONTRORIFORMA

TRA ‘500 E ‘600

GUERRE DI RELIGIONE

SPAGNA DI FILIPPO II

INGHILTERRA DI ELISABETTA I

ITALIA -CRISI CONOMICA E POLITICA-DOMINAZIONE SPAGNOLA

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dominio degli oceani e delle colonie e per l’antagonismo religioso tra protestanti e cattolici.I corsari inglesi fedeli alla regina attaccavano i galeoni spagnoli derubandoli. Filippo II reagì con una spedizione navale con la sua Invincibile Armada, che fu invece sconfitta dalla flotta inglese (1588).Nel corso del ‘600 L’inghilterra divenne una grande potenza economica e politica mentre la Spagna si avviava alla decadenza.

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LA CORTE E L’INTELLETTUALE CORTIGIANO 811

LA CORTENel medioevo la CORTE era il luogo dove viveva il signore (il re o il feudatario o il principe) nel castello o palazzo cittadino, dove il signore svolgeva i suoi compiti politici e chiamava presso di sé ministri e funzionari, dove la signora con le sue dame di compagnia allestiva feste, banchetti, spettacoli, cui partecipavano i nobili dei dintorni, cavalieri, funzionari e ministri, trovatori e giullari, studiosi, poeti e artisti. (vedi vol.1)Nel Cinquecento la corte dei principi continuò a rappresentare il perno della vita politica, sociale e culturale italiana, il luogo privilegiato in cui si elaboravano e da cui si diffondevano modelli linguistici, culturali, ideologici e di comportamento.Nel Rinascimento, nelle SIGNORIE e PRINCIPATI italiani le corti sono sempre più importanti, sede del potere politico incentrato sul SIGNORE, ormai dominatore assoluto. Egli deve basare il suo potere non tanto sui nobili suoi pari (che anzi gli contendono il potere e spesso tramano contro di lui) quanto sulla massa popolare alla quale deve mostrarsi in tutto il suo prestigio e in tutta la sua forza.GRANDEZZA DELLA CORTE LA CORTE è il luogo dove si svolgono feste e cerimonie sfarzose, si sfoggiano ricchezze e bellezze artistiche, dove il signore si mostra al suo popolo con un atteggiamento ed un abbigliamento grandioso, quasi come fosse un dio.Siccome gli Stati italiani sono continuamente in lotta fra loro, i vari principi sono anche in competizione in una gara a chi appare più ricco, più ammirato, più forte; per questo essi si circondano di personalità dell’arte e della scienza, di letterati e scrittori, che ospitano nella loro corte e mantengono economicamente (fenomeno del MECENATISMO), spesso assumendoli al loro servizio anche con compiti di funzionari, amministratori o diplomatici, e consentendo loro di comporre opere in onore del principe,a lui dedicate, per celebrare la grandezza sua e della sua dinastia (vedi CORTIGIANI) DEBOLEZZA DELLA CORTELe corti italiane nel Cinquecento erano molto ricche e sfarzose e i cortigiani erano persone raffinate, amanti dell’arte e della letteratura, ma i principi tendevano a crearsi intorno una fama di potenza che in realtà iniziava a venir meno. Infatti essi essendo continuamente in guerra fra loro si indebolivano e cominciavano col sottomettersi ai signori stranieri provenienti dai grandi regni europei come Francia e Spagna; chiedevano loro protezione e aiuto pensando così di avvantaggiarsi contro gli italiani loro rivali, ma in realtà preparavano la strada alla conquista ed alla dominazione straniera dell’Italia, cosa che avvenne per opera della Spagna dopo un lungo periodo di sanguinose guerre con la Francia (vedi quadro storico).CORTIGIANI- AL SERVIZIO DEL POTEREGli intellettuali cortigiani vennero investiti del compito di rafforzare con la loro opera il prestigio della corte e del potere del principe. Non sempre tutti aderirono con slancio e convinzione al loro ruolo, difficile e contraddittorio, di intellettuali al servizio del potere.Se da una parte, infatti, la corte svolgeva nei confronti di artisti e scrittori un’insostituibile funzione di sostegno e promozione, dall’altra ne limitava l’autonomia creativa e condizionava il libero esercizio del pensiero.

1-Spiega in sei righe cosa è la corte come centro politico e culturale del Rinascimento

2- Cos’è il mecenatismo

3-In cosa consiste la debolezza delle corti rinascimentali

4-Spiega in sei righe in cosa consiste l’aspetto contradditorio degli intellettuali cortigiani

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Andrea Mantegna Corte di Mantova

Approfondimento. Affresco del Mantegna. La Camera Picta.

1517 - LA RIFORMA PROTESTANTE – MARTIN LUTERO 802

La riforma protestante ha inizio con la pubblicazione delle 95 tesi da parte di Martin Lutero, affisse sulla porta della chiesa di Wittenberg, Mercoledì 31 ottobre 1517.La vendita delle indulgenze promossa dall’arcivescovo di Magdeburgo per finanziare la costruzione di San Pietro a Roma fu l’occasione per manifestare il suo pensiero nelle 95 tesi.Fu scomunicato ma egli fu accolto e protetto dal principe di Sassonia Federico il Saggio.Il movimento di riforma si diffuse tra le classi più povere, provocando una vera e propria rivoluzione

contadina in Germania, che Lutero condannò duramente. Alcuni principi tedeschi, oltre Federico il Saggio,appoggiarono la riforma schierandosi contro l’imperatore Caro V e prendendo parte al conflitto franco asburgico. Nel 1555 si raggiunse la pace di Augusta con la quale CarloV riconobbe ai principi protestanti libertà di culto.

LUTERANESIMOIl luteranesimo prevede un diverso approccio delle Sacre Scritture rispetto alla Chiesa Cattolica, nel senso che le dottrine della Chiesa devono essere verificate dalla Bibbia.

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Nel periodo medievale, la morte era continuamente in agguato e per l'uomo del tempo la preoccupazione principale era come salvare la propria anima. Anche Lutero ebbe tale preoccupazione e la superò elaborando sulla sua esperienza la teoria della giustificazione per fede, ossia in pratica l'uomo può salvare la sua anima avendo fede in Gesù Cristo e negando valore salvifico alle opere buone.

Altro punto della Riforma Protestante era la lettura diretta delle Sacre Scritture.. Al popolo non era permesso leggere la Bibbia, essendo questa letta in latino dal sacerdote e da quest'ultimo spiegata ad essi. Lutero riteneva invece che dovesse esservi un rapporto diretto tra la parola di Dio e la coscienza dei fedeli, senza intermediari; egli provvide a tradurre la Bibbia dall'ebraico e dal greco al tedesco.

La Riforma negò che ci potessero essere altri intermediari tra l'uomo e Dio al di fuori di Gesù Cristo. Ne consegue il rifiuto dell'invocazione dei Santi, di Maria, e del ruolo intercessore della chiesa. La riforma nega che il cristianesimo possa avere come capo una persona (rifiuta il ruolo del papa), avendo come unico capo Gesù Cristo.

Le dottrine della chiesa devono essere verificate dalle Sacre Scritture: non sono più necessari intermediari tra i fedeli e Dio, viene quindi ridimensionato il sacerdozio. Restano come sacramenti il battesimo e l'eucarestia.

http://it.wikipedia.org/wiki/Riforma_protestante

CALVINISMOAltri movimenti di Riforma seguirono a quello di Lutero. In Svizzera si diffuse il CALVINISMO elaborato da Giovanni Calvino. Si propagò in Francia (qui i calvinisti vennero chiamati UGONOTTI), Paesi Bassi, Gran Bretagna, Scandinavia e America settentrionale.Il calvinismo si diffuse soprattutto tra le classi mercantili e borghesi .

ANGLICANESIMOIn Inghilterra il re Enrico VIII reagì al rifiuto del papa di concedergli il divorzio dalla moglie Caterina d’Aragona con l’ATTO DI SUPREMAZIA (1534) col quale si proclamò capo della Chiesa anglicana, che, con la regina Elisabetta I, figlia di Enrico VIII, adottò alcuni principi della Riforma luterana.

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CONTRORIFORMA 1053- 1054Nella seconda metà del Cinquecento Il contrasto tra cattolici e protestanti portò al venir meno dei valori della tolleranza e della razionalità tipici del Rinascimento .Attraverso il Concilio di Trento si prese la decisione di combattere le forme di dissidenza religiosa in modo inflessibile e repressivo. Si intervenne nella cultura di massa imponendo lo studio del catechismo, si represse l’autonomia della cultura con l’Indice dei libri proibiti e l’Imprimatur, cioè il permesso del vescovo, alle pubblicazioni. Si potenziò il tribunale dell’Inquisizione.L’integralismo (tendenza ad applicare i principi religiosi in ogni aspetto della vita politica, economica e sociale) che caratterizzò la Controriforma ebbe ripercussioni sulla cultura, privata della sua autonomia e libertà di espressione, creando un clima cupo e repressivo.

TEMA:CENSURA E LIBERTA’ DI STAMPA

GENERI LETTERARI DELL’UMANESIMO 1400 PAG694695

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TEMI DELL’UMANESIMO PAG695

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LA CULTURA UMANISTICA: STUDIA HUMANITATIS E ARTI MECCANICHE

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L’ESPERIENZA E L’ARTE- LEONARDO DA VINCI 711

Nel movimento umanistico gli artisti, in genere considerati una specie di “artigiani”, acquistano sempre più dignità culturale. Sono PITTORI, SCULTORI, ARCHITETTI, MEDICI che hanno un’ampia formazione teorica, leggono i classici e studiano matematica, geometria, anatomia.Dalla matematica euclidea e dalla osservazione delle raffigurazioni antiche, derivano le nuove regole grafico- geometriche della PROSPETTIVA, che permette di riprodurre sul piano ,a due dimensioni, l’aspetto di oggetti a tre dimensioni. La prospettiva cerca di avvicinarsi al modo con cui l’occhio percepisce gli oggetti nello spazio. Questa tecnica

risponde all’esigenza di una visione sempre più vicina alla esperienza sensibile e materiale della realtà terrena, che l’umanista vuole cogliere nei suoi aspetti razionali di ordine ed armonia, in un perfetto equilibrio tra uomo e natura .Diversamente dalla visione trascendente medievale che voleva cogliere il valore simbolico della realtà e trascurava l’aspetto terreno e materiale delle cose, privo di importanza rispetto alla verità spirituale e religiosa, la conoscenza precisa dell’ambiente e dello spazio in cui l’uomo vive la sua esperienza terrena per l’umanista è di fondamentale importanza. LEONARDO DA VINCI col suo genio rappresenta l’artista– scienziato, che si definisce “omo senza lettere” ma che non è un illetterato, bensì possiede una grande cultura prevalentemente scientifica e difende la fondamentale importanza della esperienza, cioè della osservazione e dell’analisi della realtà attraverso i sensi, da cui il ragionamento astratto deve partire per giungere alla vera conoscenza. Egli difende il grande valore della pittura, che non è arte inferiore alla poesia, anzi essa è ben più capace di riprodurre in modo immediato ed oggettivo la natura, ed è quindi molto più utile a descrivere la realtà ed aiutare l’uomo nella conoscenza.Così nascono per esempio i suoi studi di anatomia attraverso la riproduzione grafica dei corpi .

DAI PENSIERI:“Nessuna certezza è dove non si pò applicare una delle scienzie matematiche, ovver che non sono unite con esse matematiche.”

“La natura è costretta dalla ragione della sua legge, che in lei infusamente vive.”

“Ma prima farò alcuna esperienza avanti ch’io più oltre proceda, perché mia intenzione è allegare prima

1-A quale esigenza risponde l’uso della prospettiva nel disegno?

2-In cosa differisce la visione umanistica della realtà rispetto alla visione medioevale?

3-Che importanza dà Leonardo alla pittura?

4-Qual è il ruolo della esperienza e della ragione nel processo della

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l’esperienzia e poi colla ragione dimostrare perché tale esperienzia è costretta in tal modo ad operare. E questa è la vera regola come li speculatori delli effetti naturali hanno a procedere, e ancora che la natura cominci dalla ragione e termini nella sperienzia, a noi bisogna seguitare in contrario, cioè cominciando, come di sopra dissi, dalla sperienzia, e con quella investigare la ragione.”

“Nissuna umana investigazione si pò dimandare vera scienzia s’essa non passa per le matematiche dimostrazioni, e se tu dirai che le scienzie, che principiano e finiscono nella mente, abbiano verità, questo non si concede, ma si niega, per molte ragioni, e prima, che in tali discorsi mentali non accade esperienzia, sanza la quale nulla dà di sé certezza.”

“Chi biasima la pittura, biasima la natura, perché le opere del pittore rappresentano le opere di essa natura”

“La pittura rappresenta al senso con piú verità e certezza le opere di natura, che non fanno le parole o le lettere, (…). Ma dicemmo essere piú mirabile quella scienza che rappresenta le opere di natura, che quella che rappresenta le opere dell'operatore, cioè le opere degli uomini, che sono le parole, com'è la poesia, e simili, che passano per la umana lingua.”

“ Quella scienza è piú utile della quale il frutto è piú comunicabile, e cosí per contrario è meno utile quella ch'è meno comunicabile. La pittura ha il suo fine comunicabile a tutte le generazioni dell'universo, perché il suo fine è subietto della virtú visiva, e non passa per l'orecchio al senso comune , col medesimo modo che vi passa per il vedere. Adunque questa non ha bisogno d'interpreti di diverse lingue, come hanno le lettere, e subito ha satisfatto all'umana specie, non altrimenti che si facciano le cose prodotte dalla natura.

conoscenza?

PICO DELLA MIRANDOLA- LA DIGNITà DELL’UOMO NELL’UNIVERSO 700- 702Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494), filosofo umanista. Scrisse il trattato De hominis dignitate (la dignità dell’ uomo), considerato il manifesto dell’Umanesimo. Partendo dal mito della creazione, Pico immagina che Dio, dopo aver creato il mondo con le creature viventi, pensò di creare l’uomo quale culmine della sua opera, in grado di contemplare, amare ed ammirare l’universo. Cappella Sistina ---La creazione di Adamo --- Michelangelo

VAI A L TEMA:IL COSMO

1-Quale

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Il problema è che aveva già utilizzato tutti gli “archetipi” (modelli originari) e “dei posti di tutto il mondo non ne rimaneva uno” (aveva riempito tutte le "nicchie ecologiche" possibili) eppure, non poteva venire meno alla sua volontà creativa. Così decise che l’uomo non avrebbe avuto una natura definita e un ambiente preciso in cui vivere, affinché egli stesso, completamente libero di scegliere, trovasse una collocazione a se gradita :

Perciò assunse l’uomo come opera di natura indefinita e postolo nel centro dell’universo così gli parlò: "Né determinata sede, né un aspetto tuo peculiare, né alcuna prerogativa tua propria ti diedi, o Adamo, affinché quella sede, quell’aspetto, quelle prerogative che tu stesso avrai desiderato, secondo il tuo volere e la tua libera persuasione tu abbia e possieda. La definita natura degli altri esseri è costretta entro leggi da me stabilite, immutabili; tu, non costretto da nessun limitato confine, definirai la tua stessa natura secondo la tua libera volontà, nel cui potere ti ho posto. Ti ho collocato al centro dell’universo affinché più comodamente, guardandoti attorno, tu veda ciò che esiste in esso. Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, affinché tu, quasi libero e sovrano creatore di te stesso, ti plasmi secondo la forma che preferirai. Potrai degenerare verso gli esseri inferiori, che sono i bruti, potrai, seguendo l’impulso dell’anima tua, rigenerarti nelle cose superiori, cioè in quelle divine".

Ad un mondo naturale governato da leggi fisse ed immutabili prescritte da Dio si contrappone l’essere umano, che ha la facoltà di decidere la sua essenza , potendo scadere al livello dei bruti, oppure innalzarsi a fondere il suo spirito con quello divino. In pratica, secondo Pico della Mirandola, l’uomo non ha una sua natura, ma realizza la sua essenza nell’azione; quindi sono aperte all’evoluzione umana le possibilità di crescere, di migliorare, di trasformare il mondo e se stesso senza aver alcun limite fino al raggiungimento della perfezione e della felicità eterna. In sostanza la dignità dell’uomo di cui parla Pico non consiste nel suo essere, ma nel suo divenire che differisce dal divenuto delle cose naturali

posizione Dio affida all’uomo nell’universo?

2-Perché l’uomo è superiore alle altre creature?

3-Quale possibilità di scelta gli viene assegnata?

4-Cos’è il libero arbitrio?

5-In cosa consiste la concezione dinamica, evolutiva, della vita umana, in contrapposizione a quella statica del Medioevo?

GIANNOZZO MANETTI 698-99Giannozzo Manetti (Firenze, 1396 – Napoli, 1459) è stato uno scrittore, filologo e umanista italiano, significativo esponente del primissimo Rinascimento letterario, oltre che un uomo politico e diplomatico. 1-su quale

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Ha scritto il trattato De dignitate et excellentia hominis in cui Manetti – contro gli autori che sottolineano la miseria della vita umana - rivaluta il valore del corpo umano, come base della sensibilità e di tutte le funzioni superiori di cui l'uomo è contrassegnato rispetto agli altri esseri del creato:

“Non c'è infatti atto umano, ed è mirabile cosa, sol che ne consideriamo con cura e attenzione la natura, dal quale l'uomo non tragga almeno un piacere non trascurabile: così attraverso i vari sensi esterni, come il vedere, l'udire, l'odorare, il gustare, il toccare, l'uomo gode sempre piaceri così grandi e forti, che taluni paiono a volte superflui ed eccessivi e soverchi. Sarebbe infatti difficile a dirsi, o meglio impossibile, quali godimenti l'uomo ottenga dalla visione chiara ed aperta dei bei corpi, dall'audizione di suoni e sinfonie e armonie varie, dal profumo dei fiori e di simili cose odorate, dal gustare cibi dolci e soavi, e infine dal toccare cose estremamente molli (morbide, lisce). E che diremo degli altri sensi interni? Non possiamo dichiarare a sufficienza con parole qual piacere ci dia la varia immaginazione, o il giudicare, il ricordare, e infine l'intendere .

[...].Perciò se gli uomini nella vita gustassero quei piaceri e quei diletti, piuttosto che tormentarsi per le molestie e gli affanni, dovrebbero rallegrarsi e consolarsi invece di piangere e di lamentarsi, soprattutto poi avendo la natura fornito con larghezza copiosa numerosi rimedi del freddo, del caldo, della fatica, dei dolori, delle malattie; rimedi che sono come sicuri antidoti di quei malanni, e non aspri, o molesti, o amari, come spesso suole accadere con i farmachi, ma piuttosto molli, grati, dolci, piacevoli. A quel modo infatti che quando mangiamo e beviamo, mirabilmente godiamo nel soddisfare la fame e la sete, così ugualmente ci allietiamo nel riscaldarci, nel rinfrescarci, nel riposarci .[...].Ancorché le percezioni del gusto appaiano in certo qual modo molto più dilettose di tutte le altre percezioni tattili, fatta eccezione per quelle del sesso; e ciò la natura, che è guida sommamente solenne ed abile e senza dubbio unica, non ha fatto a caso, ma – come dicono i filosofi- per ragioni chiare e cause evidenti, onde si traesse un godimento di gran lunga maggiore nel coito(accoppiamento sessuale) che non nel mangiare e bere, intendendo essa innanzitutto conservare la specie piuttosto che gl’individui; e la specie si conserva con l’unione del maschio e della femmina, l’individuo invece con l’assorbimento del cibo che, per dir così, recupera ciò che si perde.

presupposto si basa la rivalutazione dei valori terreni e del corpo umano?

2-Quali piaceri sono riferiti al corpo?

3-L’uomo deriva maggior diletto dal gusto o dal tatto – e perché?

ERASMO DA ROTTERDAM 850

Umanista e teologo olandese, nacque a Rotterdam nel 1466. Entrò nell'ordine agostiniano e fu ordinato sacerdote nel 1492, ma in seguito, sentendosi inadatto alla vita religiosa, chiese e ottenne la dispensa papale dai voti monastici. Studiò filosofia e greco a Parigi. Quando la Riforma protestante esplose tentò invano di pacificare le opposte fazioni. Prese allora posizione nel trattato De libero arbitrio(1524) contro il determinismo pessimistico di Lutero, che gli

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rispose con l’opera De servo arbitrio. L’operetta Elogio della follia (1509), dedicata a Thomas More1,Tommaso Moro, ha per protagonista la Follia, figlia illegittima del dio Plutone, che elogia se stessa di fronte ad un pubblico composto da rappresentanti di tutte le nazioni, tutte le classi sociali e tutte le età. E’ una satira allegorica sugli errori della filosofia medioevale e il malcostume ecclesiastico. Erasmo condivise l'aspirazione della riforma luterana a un cristianesimo più autentico e meno dogmatico, ma si oppose a una rottura con la Chiesa di Roma, auspicando un rinnovamento del mondo occidentale e della morale cristiana. Questo è il libro che preparò l'Europa a quella rivoluzione morale e religiosa che fu la Riforma protestante.

Elogio della FolliaUno "scherzo letterario", così Erasmo da Rotterdam presenta la sua operaa Thomas More, a cui la dedica, aggiungendo che era stato proprio il suo nome, More, a richiamargli alla mente la follia, in greco Moria. Avverte che sarà la Follia in persona a parlare, quindi nessuno dovrà ritenersi offeso.

Nel suo discorso rivolto agli uomini la Follia fa una importante precisazione:

“In verità ci sono due specie di follia. Una scaturisce dagli inferi tutte le volte che le crudeli dee della vendetta, scatenando i loro serpenti, suscitano nei cuori dei mortali ardore di guerra, o insaziabile sete di oro, o amore turpe e scellerato, parricidio, incesto, sacrilegio, e altri consimili orrori… L'altra, non ha nulla in comune con questa; nasce da me e tutti la desiderano. Si manifesta ogni volta che una dolce illusione libera l'animo dall'ansia e lo colma, insieme, di mille sensazioni piacevoli.” [38]La Follia si lamenta che tutti riconoscono i suoi meriti ma nessuno l’ha mai pubblicamente elogiata, perciò desidera farlo da se stessa:3.“Tutti mi fanno la corte e riconoscono di buon grado i miei benefici, eppure, in tanti secoli, non si è trovato nessuno che desse voce alla gratitudine con un discorso in lode della Follia, mentre non è mancato chi con lodi elaborate ed acconce, e con grande spreco di olio e di sonno, ha tessuto l'elogio di Busiride³ , di Falaride 4 , della febbre quartana, delle mosche, della calvizie, e di altri flagelli del genere.” […]4.“Da me ascolterete un discorso estemporaneo e non elaborato, ma tanto più vero […]

La natura e Dio hanno messo più passioni che ragione nell’uomo:16.In primo luogo osservate con quanta previdenza la natura, madre e artefice del genere umano, ebbe cura di spargere dappertutto un pizzico di follia. Se, infatti, la saggezza consiste solo nel farsi guidare dalla ragione, mentre, al contrario, la follia consiste nel farsi trascinare dalle passioni, Giove infuse nell'uomo molta più passione che ragione, perché la vita umana non fosse del tutto improntata a malinconica severità. Relegò inoltre la ragione in un angolino della testa lasciando il resto del corpo ai turbamenti delle passioni. Quindi, alla sola ragione contrappose due specie di violentissimi tiranni: l'ira, che occupa la rocca del petto e il cuore stesso che è la fonte della vita, e la concupiscenza che estende il suo dominio fino al basso ventre. Quanto valga la ragione contro queste due agguerrite avversarie ce lo dice a sufficienza la condotta abituale degli uomini: la ragione può solo protestare, e lo fa fino a perderci la voce, enunciando i princìpi morali; ma quelle, rivoltandosi alla loro regina, la subissano di grida odiose, finché lei, prostrata, cede spontaneamente dichiarandosi vinta.” […]

Ma la stessa saggezza appartiene alla follia, cioè il vero saggio è il folle:29. C'è, ora, qualcosa di cui stupirsi se rivendicherò a me anche la saggezza? qualcuno potrebbe dire che è come accoppiare l'acqua e il fuoco. Eppure credo che riuscirò anche in questo purché voi mi prestiate benevola attenzione. In primo luogo, se la saggezza si fonda sull'esperienza, a chi meglio conviene fregiarsi dell'appellativo di saggio? Al sapiente che, parte per modestia, parte per timidezza, nulla intraprende, o al folle che né il pudore, di cui è privo, né il pericolo, che non misura, distolgono da qualche cosa? Il sapiente si rifugia nei libri degli antichi e ne trae solo sottigliezze verbali. Il folle affronta da vicino le situazioni coi relativi rischi e così acquista, se non erro, la saggezza. Cosa, questa, che sembra avere visto, benché cieco, Omero, quando dice: "Il folle capisce i fatti". Sono due infatti i principali ostacoli alla conoscenza delle cose: la vergogna che offusca l'animo, e la paura che, alla vista del pericolo, distoglie dalle imprese. La follia libera da entrambe. Non vergognarsi mai e osare tutto: pochissimi sanno quale messi di vantaggi ne derivi.

Il saper giudicare le cose, che è la capacità del saggio, può essere in realtà una pazzia, infatti le cose umane hanno due facce, una realtà nascosta ed una apparente e la vita è una commedia in cui ognuno

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recita una parte: Perché, se preferiscono attingere quella sapienza che consiste nel saper giudicare delle cose, state a sentire, vi prego, quanto ne sono lontani coloro che si spacciano per sapienti. In primo luogo, com'è noto, tutte le cose umane, a guisa dei Sileni di Alcibiade 5 hanno due facce affatto diverse. A tal segno che sulla faccia esteriore, come dicono, vedi la morte, mentre, se guardi dentro, scopri la vita; e, viceversa, al posto della vita scopri la morte, al posto del bello il brutto, della ricchezza la miseria, dell'infamia la gloria, della dottrina l'ignoranza, del vigore la debolezza, della generosità l'abiezione, della letizia la malinconia, della prosperità la sventura, dell'amicizia l'inimicizia, del salutare il nocivo: in breve, se apri il Sileno, trovi di tutte le cose l'opposto. Se poi qualcuno giudica troppo filosofico questo discorso, mi spiegherò, come suol dirsi, più alla buona.Chi negherà che un re è ricco e potente? Eppure, se manca del tutto dei beni dell'animo, se non è mai contento di nulla, è davvero il più povero di tutti. Se poi il suo animo è una sentina (fogna) di vizi, è addirittura uno schiavo abietto. Lo stesso ragionamento si potrebbe fare anche per gli altri. Ma accontentiamoci dell'esempio proposto. A che scopo? domanderà qualcuno. State a sentire dove voglio arrivare.Se uno tentasse di strappare la maschera agli attori che sulla scena rappresentano un dramma, mostrando agli spettatori la loro autentica faccia, forse che costui non rovinerebbe lo spettacolo meritando di esser preso da tutti a sassate e cacciato dal teatro come un forsennato? Di colpo tutto muterebbe aspetto: al posto di una donna un uomo; al posto di un giovane, un vecchio; chi prima era un re, d'improvviso diventa uno schiavo; chi era un Dio, ad un tratto appare un uomo da nulla. Dissipare l'illusione significa togliere senso all'intero dramma. A tenere avvinti gli sguardi degli spettatori è proprio la finzione, il trucco. L'intera vita umana non è altro che uno spettacolo in cui, chi con una maschera, chi con un'altra, ognuno recita la propria parte finché, ad un cenno del capocomico, abbandona la scena. Costui, tuttavia, spesso lo fa recitare in parti diverse, in modo che chi prima si presentava come un re ammantato di porpora, compare poi nei cenci di un povero schiavo. Certo, sono tutte cose immaginarie; ma la commedia umana non consente altro svolgimento.

Dire come stanno veramente le cose, come farebbe il saggio, significa rivelare verità nascoste e mascherate dalle apparenze e ciò è contro il buon senso:A questo punto, se un sapiente caduto dal cielo si levasse d'improvviso a gridare che il personaggio a cui tutti guardano come a un Dio e a un potente, non è neppure un uomo, perché come le bestie si lascia dominare dalle passioni, che spontaneamente asservito a padroni così numerosi e turpi, è l'ultimo degli schiavi; e, se ad un altro che piange il padre morto ordinasse di ridere perché il padre, finalmente, ha cominciato a vivere, dato che questa vita altro non è che morte; e se chiamasse plebeo e bastardo un terzo che mena vanto di una nobile nascita, ma che è ben lontano dalla virtù, unica fonte di nobiltà: se allo stesso modo parlasse di tutti gli altri, non agirebbe costui proprio in modo da sembrare a tutti pazzo da legare? Nulla di più stolto di una saggezza intempestiva; nulla di più fuori posto del buon senso alla rovescia. Agisce appunto contro il buon senso chi non sa adattarsi al presente, chi non adotta gli usi correnti, e dimentica persino la regola conviviale: o bevi o te ne vai, e vorrebbe che una commedia non fosse più una commedia. Invece, per un mortale, è vera saggezza non voler essere più saggio di quanto gli sia concesso in sorte, fare buon viso all'andazzo generale e partecipare di buon grado alle umane debolezze. Ma, dicono, proprio questo è follia. Non lo contesterò, purché riconoscano in cambio che questo è recitare la commedia della vita.

1. Thomas More (Londra 1478-1535) statista, filosofo e scrittore inglese. Dopo essersi laureato in legge all'Università di Oxford, approfondì i suoi interessi per le scienze, la teologia e la letteratura. Nel 1510 fu nominato rappresentante della Corona a Londra.

Seppe conquistarsi la fiducia del re Enrico VIII a e nel 1523 venne nominato presidente della Camera dei Comuni e poi Lord cancelliere nel 1529. La sua fortuna cambiò quando si rifiutò di appoggiare la richiesta di divorzio di Enrico VIII da Caterina d'Aragona.

Infatti rifiutò di sottoscrivere l'Atto di supremazia be sostenne invece che il Parlamento non aveva il diritto di sfidare l'autorità papale per soddisfare i capricci del re. Condannato,

fu decapitato il 7 luglio 1535. L'opera più famosa di More è Utopia (1516), in cui critica la società e i costumi dell'Inghilterra del suo tempo attraverso il resoconto della vita nell'isola immaginaria di Utopia, dove gli interessi individuali sono subordinati a quelli della società, tutti svolgono un lavoro, l'educazione universale e la tolleranza religiosa sono pratiche comuni e la terra è di proprietà collettiva

a. Enrico VIII Tudor (Greenwich 1491 - Westminster 1547), re d'Inghilterra (1509-1547), fondatore della Chiesa anglicana.Ebbe sei mogli: Caterina d'Aragona, Anna Bolena, Jane Seymour, Anna di Clèves, Catherine Howard e Catherine Parr. Caterina d'Aragona, figlia del re Ferdinando il Cattolico, fu la prima moglie di Enrico VIII.

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L'annullamento del suo matrimonio con il sovrano inglese avrebbe dato avvio alla separazione fra la Chiesa cattolica e la Chiesa anglicana. Il matrimonio di Enrico VIIIi con Anna Bolena, non approvato dal Papa, che non aveva voluto concedere l'annullamento dell'unione con Caterina d'Aragona, sancì la separazione della Chiesa anglicana da quella di Roma. Poco dopo le nozze, la nuova regina diede alla luce una figlia, la futura Elisabetta I. La nascita della bambina suscitò tuttavia la delusione del re, che pretendeva un erede maschio; Anna, accusata di adulterio e di incesto con il fratello, venne imprigionata nella Torre di Londra, per essere poi decapitata.

b. Atto di supremazia :Alla scomunica papale Enrico rispose facendo approvare dal Parlamento l'Atto di supremazia (1534), con il quale si fece proclamare capo supremo della Chiesa d'Inghilterra, sancendone il distacco da quella di Roma. Thomas More e il cardinale John Fisher furono mandati a morte per essersi rifiutati di sottomettersi al sovrano.

2. Busiride figlio di Nettuno e di Libia, gigante mostruoso e ferocissimo, tendeva agguati ai passanti, per sacrificarli poi a Giove

3. Falaride, un tiranno di Akragas (Agrigento) Il suo nome è legato all'usanza di far bruciare vive le persone come vittime sacrificali, all'interno di un toro di bronzo

4. Sileni di Alcibiade, Secondo Platone, Alcibiade generale ateniese, paragona Socrate ai Sileni, statuette di aspetto ridicolo e grottesco che contenevano all’interno immagini sacre. Alcibiade intendeva dire che Socrate era esteriormente brutto ma possedeva un animo nobile

LORENZO DE MEDICI

POLIZIANO

A PARTIRE DA BOCCACCIO…

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RINASCIMENTO- I MUTAMENTI CULTURALI PAG807811

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LE OPERE DEL RINASCIMENTO PAG816817818820

TRATTATO POLITICO 892

In epoca umanistica la trattatistica politica era fiorita per opera degli intellettuali cortigiani, con trattati che tracciavano un’immagine perfetta ed idealizzata del principe, o che proponeva forme di governo ideali. Anche i trattati storiografici erano spesso commissionati dagli stessi potenti con intento auto celebrativo MACHIAVELLI

Niccolò Machiavelli, nacque a Firenze il 3 maggio del 1469, da famiglia borghese di origini antiche, ma di scarse risorse economiche. Il padre Bernardo, dottore in legge e amante della cultura, garantì al figlio una buona educazione umanistica. S'interessò alla politica fin dalla giovinezza, dimostrandosi critico nei confronti di Girolamo Savonarola che aveva creato una repubblica popolare alla cacciata di Piero de' Medici.Pochi giorni dopo la fine del governo di Savonarola, nel 1498 Machiavelli fu eletto Segretario della Repubblica di Firenze. Era il

tempo nel quale, conclusa l'avventura italiana di Carlo VIII, la maggiore preoccupazione di Firenze era volta alla riconquista di Pisa - resasi indipendente dopo che Piero de’Medici l'aveva data in pegno al re francese - e alleata di Venezia che, intendendo impedire l'espansione fiorentina, aveva invaso il Casentino, occupandolo a nome dei Medici.

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Due sono le fasi che scandiscono la vita Niccolò Machiavelli: -nella prima parte della sua esistenza egli è impegnato soprattutto negli affari pubblici;-a partire dal 1512 si apre la seconda fase segnata dal forzato allontanamento di Niccolò dalla politica attiva.Ottenne numerosi incarichi presso gli Stati italiani e all’estero. Nel 1500 fu inviato presso Luigi XII di Francia, che aveva ripreso la politica di conquista in Italia. Nel 1502 fu per due volte presso Cesare Borgia, detto il Valentino,il quale, formalmente capitano delle truppe pontificie e finanziato dal padre, il papa Alessandro VI, intendeva agire nel proprio interesse, stringendo un nuovo patto con Luigi XII e ottenendone libertà d'azione nei suoi piani di espansione. Il Principe Valentino divenne in un certo senso il modello per il suo trattato politico, il “Principe”.Nel 1507 soggiornò per sei mesi in Tirolo, presso l’imperatore Massimiliano d’Asburgo.Machiavelli ricavava da queste esperienze materia per la teoria che andava intanto elaborando. Acquisiva cioè una sempre maggiore consapevolezza della necessità di costituire in Italia uno Stato unitario moderno, e ne individuava l’ostacolo principale nella miopia politica delle classi dirigenti dei singoli Stati.

Luigi XII , sconfitto dalla nuova coalizione guidata dal papa Giulio II, lasciò Firenze politicamente isolata e incapace di resistere alle armi spagnole. Nel 1512 i Medici rientrarono a Firenze: disfatto il vecchio governo, anche Machiavelli venne rimosso dal suo incarico, confinato e multato della somma di mille fiorini e gli fu interdetto l'ingresso a Palazzo Vecchio. Furono processati Boscoli e Capponi, accusati di aver complottato contro il cardinale Giovanni de' Medici, poi divenuto papa Leone X, e condannati a morte. Anche Machiavelli venne arrestato ed anche torturato . Uscito dal carcere, Machiavelli cercò di ottenere i favori dei Medici, ma invano. Si ritirò allora nel suo podere dell'Albergaccio, tra Firenze e San Casciano .Qui, tra le giornate rese lunghe dall'ozio forzato, comincia a scrivere i Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio che, forse nel luglio 1513, interrompe per metter mano al suo libro più famoso, il De Principatibus, dal solenne titolo latino ma scritto in volgare e perciò divenuto ben più noto come Il Principe. Lo dedica a Giuliano de' Medici e,a Lorenzo de' Medici, figlio di Piero nel tentativo di ottenere l’antico prestigio politico, ma senza ottenerlo. Si dedicò dunque completamente alla scrittura delle sue numerose opere, tra cui la La mandragola (1518), capolavoro della commedia rinascimentale italiana.

IL PRINCIPE 908Nel 1513 durante il confino di San Casciano, Machiavelli compose di getto Il Principe.Scritto per ingraziarsi i Medici di Firenze, è in realtà l’atto di nascita di una “ scienza politica” autonoma, indipendente da valutazioni di natura morale o religiosa.Ciò che conta è la realtà di fatto , “verità effettuale”(conosciuta attraverso l’osservazione, l’esperienza e lo studio del passato)e bisigna partire dalla sua analisi per giungere a formulare soluzioni possibili e non discutere inutilmente su valori ed ideali irraggiungibili.Un principe accorto (“prudente”)non può basare la sua azione politica sulla morale corrente.E’ indiscutibile che la virtù corrisponde alla lealtà, generosità e gentilezza, ma questa virtù è solo ideale, ed in una realtà in cui la maggior parte degli uomini non hanno questa virtù ma agiscono in modo malvagio e traditore, un principe che deve dominare sugli altri e ha il dovere di comandare, se fosse troppo buono sarebbe un cattivo principe, perché “ruinerebbe” cioè sarebbe sconfitto e

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perderebbe il potere. Il Principe deve seguire una morale politica, una “Ragion di Stato”), più importante di quella del singolo individuo. Se la lealtà e la generosità potessero comprometter l’integrità del principato, allora è più opportuno che il principe sia sleale ed autoritario.

GUICCIARDINI – I RICORDI

Francesco Guicciardini visse nello stesso periodo storico e fu amico di Machiavelli. Fu ambasciatore ed ebbe molti incarichi diplomatici. Scrisse la Storia d’Italia ed una raccolta di riflessioni ed esperienze nei RicordiGuicciardini rifiuta una lettura della storia basata sull’individuazione di regole universali che si ripetono all’interno di scenari cronologici differenti. (come dicono i sostenitori del principio dell’imitazione, e lo stesso Machiavelli). Al contrario egli

considera ogni evento storico unico ed irripetibile, e quindi è necessario controllare la complessità del reale utilizzando l’unica forma possibile di conoscenza – che non può essere lo studio del passato e neppure l’esperienza: la “discrezione”, capacità basata su una finissima sensibilità (intuito) di cogliere lo specifico di ogni situazione e sapersi subito adeguare ad esso.L’unico comportamento razionale per un individuo è quello di difendere i propri interessi, che lui chiama il proprio “particulare”, ponendosi obiettivi limitati.Anche Guicciardini rivela, in comune con tutti gli autori dell’epoca, il senso, o la celata insofferenza , di rigide regole sociali che pur tendendo ad un’idea di perfezione razionale e di totale controllo da parte dell’uomo delle leggi della natura fino ad un totale controllo di esse,in realtà creano degli schemi, delle etichette rigide ed ipocrite che diventano maschere che nascondono una realtà di impulsi e avvenimenti puramente casuali.Da qui deriva la lucida consapevolezza della crisi dell’uomo del suo tempo, apparentemente giunto al massimo delle sue potenzialità ed ottimismo, ma in realtà in profonda crisi di certezze e di valori.

TeatroLa vita della corte signorile e principesca appare come una grande scenografia, dove anche la quotidianità rispettava una sorta di copione teatrale. I signori si creavano un’immagine spettacolare, di magnificenza e prestigio, per attirare l’ammirazione dei sudditi, sul cui consenso basavano il proprio potere. Nella corte ebbe un ruolo rilevante il genere artistico del teatro . I primi testi venivano recitati dagli stessi cortigiani e si trattava perlopiù di favole mitologiche. I commediografi del Cinquecento ripresero il genere ad imitazione dei classici, soprattutto latini.

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TRAGEDIA E COMMEDIAAnche il teatro viene rivisto alla luce del classicismo. Ed usava imitare modelli greci. La tragedia trattava temi morali importanti. I protagonisti, di classe elevata, erano eroi del mito o della storia, coinvolti nell’eterno conflitto tra il bene e il male, spesso in lotta con gli stessi dei, e con esito catastrofico. Il linguaggio era “aulico”, cioè importante ed elevato.La commedia rispecchiava l’esigenza di immediatezza e spontaneità, con costumi più liberi. ll modello imitato era soprattutto la commedia di Plauto, commediografo latino.Il genere “basso” consentiva l’uso si un linguaggio popolare a volte triviale, con personaggi quotidiani, come il il vecchi sciocco, il parassita, il giovane innamorato, il padre avaro, il servo furbo o scansafatiche. La scopo era suscitare il riso.

LA MANDRAGOLA DI MACHIAVELLINiccolò Machiaevlli scrive la Mandragola, una commedia in cinque atti, nel 1518, ma la prima rappresentazione avviene solo nel 1519, a Firenze, in occasione del carnevale. Per la sua ironia, l’opera si addice perfettamente al clima carnevalesco. Il mondo descritto è privo di ideali, dominato da calcoli, interessi meschini e passioni irrefrenabili.LA STORIACallimaco è innamorato di Lucrezia, moglie dello sciocco dottore in legge messer Nicia. Con l'aiuto del servo Siro e dell'astuto amico Ligurio, Callimaco, in veste di famoso medico, riesce a convincere messer Nicia che l’unico modo per avere figli sia di somministrare a sua moglie una pozione di mandragola (da qui il titolo della commedia), ma il primo che avrà rapporti con lei morirà. Ligurio trova presto una geniale soluzione: a morire sarà un semplice garzone, cosa che tranquillizza parzialmente Nicia, il quale resta comunque perplesso, visto che qualcuno dovrà andare a letto con sua moglie. Naturalmente Ligurio ha pensato all'amico Callimaco, che spasima per Lucrezia: infatti non vi sarà nessun garzone come vittima predestinata, bensì sarà lo stesso Callimaco a travestirsi da tale. In una famosa e molto divertente scena, il garzone-Callimaco viene colpito e portato a casa di Nicia, e poi infilato nel letto insieme a Lucrezia. http://it.wikipedia.org/wiki/La_mandragola

La storia si svolge a Firenze nel 1504. La trama ricorda lo schema delle novelle boccacciane del raggiro e della beffa ai danni di mariti idioti: Callimaco, di ritorno da Parigi, dove ha vissuto vent’anni, sente parlare delle virtù della bella, ma sposata, Lucrezia. Nonostante non l’abbia mai vista, Callimaco se ne innamora, tanto da tramare un piano con l’astuto Ligurio, ai danni dell’onore della donna e del povero marito Nicia. Sfruttando il desiderio insoddisfatto dei coniugi di avere un figlio, Callimaco si spaccia per un dottore venuto da Parigi e consiglia a Nicia di far bere alla moglie una fantomatica pozione a base di mandragola. La pozione ha il potere di rendere fertile la donna, ma ucciderà il primo uomo che giacerà con Lucrezia. Per ovviare a questo “inconveniente”, Callimaco propone a Nicia di costringere un giovane vagabondo ad unirsi alla donna, questo morirà e Nicia potrà così unirsi alla moglie senza alcun pericolo. Con l’aiuto di Fra’ Timoteo, l’impenitente e corrotto confessore di Lucrezia, questa si convince a consumare il rapporto con lo sconosciuto Callimaco si finge un “garzonaccio”trovato per strada di notte, viene così rapito e costretto a unirsi con la ritrosa Lucrezia alla quale Callimaco rivela la sua identità e il suo amore. La non più ingenua Lucrezia accetta di diventare la sua amante, mentre Nicia, ignaro del raggiro e convinto di aver lui operato una beffa al garzonaccio, si prende Callimaco come amico di famiglia

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Ai personaggi tipici della commedia classica, il padrone, il servo, e l’innamorata, si vanno ad aggiungere personaggi che ricordano da vicino quelli di Boccaccio: il frate furbo e il marito sciocco e gabbato; accanto al tradizionale servo che si presta al gioco dei padroni, Siro, si aggiunge quella del parassita scroccone, amico dell’innamorato, Ligurio, uno che per soldi e un paio di pasti è disposto ad aiutare Callimaco. Nello sviluppo della commedia i personaggi sono privi di evoluzione nel loro carattere (tranne Lucrezia che da ingenua ed onesta reagisce alle finzioni ed ipocrisie di cui è stata vittima imparando ad imbrogliare a sua volta) ma molto caratterizzati nel linguaggio

Callimaco, il classico giovane dedito ai piaceri e dal linguaggio elevato e ampolloso, in seguito ad una disquisizione a proposito della bellezza delle donne italiane e di quelle francesi, sente parlare della bella Lucrezia e se ne innamora, di un amore tutt’altro che casto.

Lucrezia, ritrosa e fedele al letto coniugale, giustificherà alla fine l’adulterio con parole dalle quali traspare una certa dose di falsa- ironica- ingenuità: «…io voglio iudicare che e’ venga da una celeste disposizione che abbi voluto così, e non sono sufficiente a recusare quello che il cielo vuole che io accetti» (Atto V, scena IV).

Il linguaggio dello sciocco Nicia, il marito gabbato, è pieno di frasi fatte e modi proverbiali, al contrario, quello di Licurgo è sintetico e persuasivo.

Machiavelli si sofferma a descrivere quel mondo che ai suoi occhi appariva degradato e in rovina, ironizzando su di esso in modo tagliente, ma disilluso. Nonostante lo sfondo tutt’altro che ottimista, la commedia rimane piacevole e divertente, e lascia intravedere il lato giocoso dell’autore. Il tema della beffa si sviluppa e complica nel tema del doppio, della finzione e del gioco continuo tra realtà e finzione, una visione disincantata dell’ipocrisia sociale e della perdita dei valori ideali.( vedi Erasmo)

POEMA EPICO CAVALLERESCOIl poema epico cavalleresco si inserisce nel solco della tradizione medioevale delle leggende dei paladini di Carlo Magno e dei cavalieri di re Artù, riprese alla fine del Quattrocento da Matteo Maria Boiardo, poeta della corte Estense di Ferrara, nel poema “Orlando innamorato”.

Ludovico Ariosto, anch’egli nella corte di Ferrara, continua la storia di Orlando da dove Boiardo l’aveva interrotta. In questi poemi la materia epica del ciclo Carolingio si mescola e contamina con quella fantastica del ciclo Bretone arturiano, in cui amore, magia ed avventura sono i principali ingredienti.

Ludovico Ariosto Nacque nel 1474 a Reggio Emilia. Visse a Ferrara dove il padre era al servizio del duca

Ercole I d’Este. Fu al servizio del cardinale Ippolito d’Este fino a quando si rifiuterà di seguirlo in Ungheria (1517). Si sposò con Alessandra Benucci, con cui visse stabilmente.Passò al servizio del duca Alfonso d’Este dopo la morte di Ercole I., ma il rapporto con la corte fu sempre difficile ed i servigi dovuti mal sopportati dal poeta. Dovette accettare nel 1522 l’incarico di Commissario ducale nella Garfagnana, che tenne per circa tre anni.

980- 981

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Rimase poi al servizio corte di Ferrara, senza mai volersi allontanare dalla sua città e dai suoi affetti. Morì nel 1533.

Orlando furioso

L'opera, riprendendo la tradizione del ciclo carolingio e in parte del ciclo bretone, si pone a continuazione dell’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo . Caratteristica fondamentale dell'opera è il continuo intrecciarsi delle vicende dei diversi personaggi che vanno a costituire molteplici fili narrativi, tutti armonicamente tessuti insieme. La trama ruota intorno a tre vicende principali: l'aspetto epico è dato dalla guerra tra pagani (musulmani) e cristiani che fa da sfondo all'intera narrazione e si conclude con la vittoria cristiana in seguito allo scontro tra gli eroi avversari. La vicenda amorosa si incentra invece sulla bellissima Angelica, in fuga da numerosi spasimanti, tra i quali è protagonista per l'Ariosto il paladino Orlando; tuttavia Angelica incontrerà il pagano Medoro e lo sposerà felicemente, causando l'ira e la conseguente follia di Orlando (risanata solo in conclusione). Il terzo motivo, quello encomiastico, consiste nel difficile amore tra Ruggero, guerriero pagano, e Bradamante, guerriera cristiana, che riusciranno a congiungersi solo dopo la conversione di Ruggero, al termine della guerra: da questa unione discenderà infatti la Casa d’Este.I TEMIAi tre filoni tematici centrali (la guerra- l’amore di Orlando per Angelica – l’amre di Bradamante e Ruggero) si accostano altri motivi tipici del ciclo bretone: la magia, il meraviglioso, l’avventura individuale. Tutto il contenuto viene però caricato di significati nuovi .La follia: tra quattrocento e cinquecento si diffondono segnali di inquietudine, la percezione della vanità della vita , delle sue contraddizioni e della sua assurdità. Ariosto opera il rovesciamento dell’immagine tradizionale del personaggio di Orlando – da eroe della fede, severo e casto, a pazzo furioso per una passione amorosa. (VEDI ERASMO)I valori cavallereschi legati ad un passato medioevale e feudale ormai lontano, vengono rivisti alla luce della nuova visione rinascimentale, ridimensionati e ridicolizzati – ma anche un po’ rimpianti - gli ideali di lealtà, onore, sprezzo del pericolo, purezza e santità, come ideali appunto ormai non più realizzabili.L’uomo , Infatti, con le sue doti positive e negative , e non l’eroe, è il tema centrale. La follia di Orlando è la metafora di questa nuova realtà, che ha in sé necessariamente , oltre che una grande fiducia nelle potenzialità dell’uomo, anche incertezze e paure: la ragione umana è un bene fragile, le passioni possono annullare nell’individuo la percezione dei suoi limiti , allontanandolo dalla razionalità e saggezza necessari per proseguire nel cammino terreno dell’esistenza e per costruire da sé il proprio destino. L’inchiesta , il meccanismo tipico dei romanzi cavallereschi – cioè la ricerca dell’oggetto del desiderio (come il Graal) – diventa nell’Orlando furioso una ricerca circolare , che ritorna sempre su se stessa dopo un inseguimento inutile e mille ostacoli. Angelica, la donna bellissima di cui si innamorano tutti i cavalieri e che nessuno raggiunge, rappresenta l’illusione di felicità che spinge l’uomo a faticare ed agitarsi lungo il cammino dell’esistenza.Il bosco nel quale tutti vanno e vengono instancabili attraverso sentieri che si aggrovigliano come un labirinto dove spazio e tempo si confondono in un caos inestricabile , rappresenta la vita umana , non più guidata dalla Provvidenza lungo un percorso lineare e sicuro (vedi viaggio di Dante).La fortuna interviene a sviare e modificare i piani ed i percorsi dei singoli individui, trascinati a loro volta da istinti e desideri.

984- 985

Ferrara

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Solo la ragione- il senno che Astolfo va a cercare sulla Luna , dove si accumula tutto ciò che gli uomini perdono sulla Terra- riconquistata, la saggezza che l’autore ci fa intravvedere nei suoi divertiti ed ironici commenti, ci dà la giusta dimensione dell’esistenza, il distacco necessario per riconoscere l’armonia nell’apparente caos di tutto ed il contrario di tutto che compone la realtà, ed il fascino della ricerca , eterna ed impossibile, vera essenza e bellezza della vita; non c’è una meta da raggiungere, non è la meta che conta ma la meravigliosa varietà del viaggio.

VEDI PERCORSO – L’EROE http://www.itispozzuoli.it/docenti/poseidon/step_2/step_2.htm

Boiardo – L'Orlando innamorato

L'Orlando innamorato è un poema cavalleresco scritto da Matteo Maria Boiardo che narra una successione di avventure fantastiche, duelli, amori e magie. Scritto in ottave (8 versi che rimano in modo ABABABCC), per permettere lo sviluppo di un discorso piuttosto lungo. Il poema fu pubblicato per la prima volta nel 1495. Boiardo,nobile, visse a errara prima alla corte dela duca Borso d'Este e poi con Ercole I d'Este. A lui dedicò il poema, che ha un intento encomiastico e edonistico: vuole gratificare e divertire la corte degli Estensi. Fonde l'epica e i personaggi del Ciclo Carolingio alle storie d'amore e al meraviglioso fiabesco del Ciclo Bretone.Questo poema rimasto incompiuto, fu poi la fonte d'ispirazione dell'Ariosto il quale utilizzando pe rsonaggi e temi boiardeschi scrisse l'Orlando furioso.LA STORIA Angelica, bellissima principessa del Catai, si presenta alla corte di Carlo Magno per chiedere aiuto contro i suoi nemici. Orlando, il migliore paladino di Francia, l'austero e saggio difensore della fede è innamorato così follemente della principessa, che la insegue fino al suo regno in Oriente; per difenderla abbatte il re di Tartaria Agricane , e arriva addirittura a battersi con il cugino Rinaldo, che è stato colpito da una magia di odio per Angelica. Astolfo parte per l'oriente, con l'intenzione di recuperare i cugini Orlando e Rinaldo.Orlando salva il cugino Rinaldo e gli altri amici sia dalla maga Morgana della Fortuna, sia dal re Manodante delle Isole Lontane; incontra Origille, una malvagia traditrice, di cui si innamora stupidamente. Finalmente torna da Angelica giusto in tempo per salvarla dalla regina Marfisa. Astolfo rimane però intrappolato dalla maga Alcina, innamorata di lui. Frattanto, Agramante, re d'Africa, decide di invadere la Francia, ma per farlo ha bisogno del giovane Ruggiero,tenuto intrappolato dal mago Atlante suo tutore che vuole proteggerlo. Agramante riesce a rubare ad Angelica l'anello magico con cui viene liberato Ruggero dal mago. Orlando e gli altri paladini ritornano in Francia con Angelica, avendo saputo che Carlo Magno deve difendersi dall'invasione di Agramante, e di Marsilio re di Spagna, con l'invulnerabile nipote Ferraù. Malgrado il valore dei francesi, a cui si è aggiunta la paladina Bradamante sorella di Rinaldo, i Musulmani sfondano le linee cristiane sui Pirenei

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L'esercito di Carlo Magno si ritira a Parigi, dove è assediato da Agramante. Incuranti della guerra, Orlando e Rinaldo, ora colpito da una magia d'amore, continuano a inseguire Angelica. Il mago Atlante porta scompiglio ovunque, nel tentativo di recuperare Ruggiero, di cui si è innamorata, ricambiata, Bradamante; (dalla loro unione discenderà la casa degli Estensi).A questo punto l'opera rimane incompiuta a causa della morte dell'autore, forse avvelenato dai parenti. Nell'Orlando Furioso, Ariosto riprende la storia dalla rotta dei Pirenei, rielaborando a modo suo le vicende seguenti.

POESI A LIRICA PETRARCHISMOPetrarca venne considerato modello unico di poesia. Si tentò di raggiungere un’imitazione aderente non solo alla forma espressiva e allo stile del grande poeta, ma anche di appropriarsi del suo mondo ideale e immaginario

ANTIPETRARCHISMOContrario alla teoria della imitazione fu Francesco Berni, che ama

fare il verso (parodiare con effetti comici e ironici) i petrarchisti. La lirica antipetrarchista assume intenti satirico- giocosi e si esercita su tematiche basse e quotidiane, trattate col gusto del paradosso, dell’ironico e del grottesco.A questo genere si può ricondurre anche Teofilo Folengo, che nel Baldus deforma in modo grottesco e caricaturale gli elementi tipici del genere epico cavalleresco, esplorando il mondo contadino e sperimentando il latino maccheronico, un linguaggio di tradizione goliardica, in cui il lessico volgare si mescola alla struttura del latino, alterandolo comicamente.

GROTTESCO A agg.  (pl. m. -schi ) Che è ridicolo per stranezza, bizzarria, deformità o goffaggine. B s. m. Genere teatrale composto da un intreccio in cui sono contemporaneamente presenti paradosso, cinismo, dramma e ironia- accostamento di tragico e comico con effetti paradossali.IRONIA s. f. 1 Nascondere in parte il proprio pensiero con parole non corrispondenti a esso. 2 Figura retorica che consiste nel dire il contrario di ciò che si pensa. 3 Umorismo sarcastico e beffardo: fare dell'ironia su un argomento. 4 Derisione, scherno: sguardo pieno di ironia | Ironia della vita, della sorte, del destino, a proposito di avvenimenti che arrecano dolore e paiono prendersi gioco di qlcu. ETIMOLOGIA: dal lat. ironia, dal greco eironéia, da éiron, propr. ‘colui che interroga (fingendo di non sapere)’.SATIRA s. f. 1 Componimento poetico che critica argutamente le debolezze umane | Insieme dei componimenti satirici di un autore, un periodo, una letteratura. 2 (est.) Discorso o scritto che mette in ridicolo ambienti, modi di vivere e sim. ETIMOLOGIA: dal lat. satira, variante di un ant. satura ‘componimento misto di prosa e versi’, da satura (lanx) ‘piatto ricolmo’.

GOLIARDO s. m.  (f. -a ) Nel Medioevo, studente ecclesiastico che frequentava l'università nei centri cittadini conducendo una vita irregolare e gaudente | Oggi, studente universitario.GOLIARDIA s. f. 1 Insieme dei goliardi. 2 Tradizione goliardica | Spirito da goliardi.PARADOSSO s. m. 1 Argomentazione in apparenza corretta ma che porta a conclusioni contraddittorie. 2 (est.) Asserzione incredibile, in netto contrasto con la comune opinione: è un paradosso quello che dici; SIN. Assurdità | Circostanza stravagante. ETIMOLOGIA: dal greco parádoxos ‘oltre (pará) l'opinione comune (dóxa)’.

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IL COSMO - GIORDANO BRUNO

http://it.wikipedia.org/wiki/Universo#Dimensioni_dell.27universo_e_dell.27universo_osservabile

1060 -1062

L’ERESIA DELL’INFINITODai verbali del processo a Giordano Bruno (condannato al rogo per eresia nel 1600) risultano alcuni passi sulla tematica dell’Infinito, condannata come eretica dalla Chiesa.Nel 1592 avvennero i primi interrogatori e nel 1597 venne torturato ed invitato ad abbandonare quella teoria. Dopo qualche anno nel 1598

ripresero gli interrogatori fino alla sentenza di condanna a morte.

TEMAIL COSMOVEDI

PICO DELLA MIRANDOLA

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Oggi gli eccessi della Inquisizione sono stati condannati dalla stessa Chiesa cattolica.

Per quei tempi era assurda l’ipotesi di un universo infinito e per lo stesso Copernico il cosmo era limitato al sistema solare e al cielo delle stelle fisse. Bisognerà aspettare il primo Novecento per gli studi dimostrativi dei sistemi extragalattici, oltre i confini della Via Lattea, la nostra galassia.Così Bruno cercò di discolparsi e di dimostrare la validità della propria tesi sulla realtà dell’Universo, e ciò gli valse la morte sul rogo.

“In questi libri (De minimo, De immenso et innumerabilis, De Compositione imaginum) particolarmente si può vedere l’intenzione mia e quel che ho tenuto; la qual, in somma, è ch’io tengo un infinito universo, cioè affetto della infinita divina potentia, perché io stimavo cosa indegna della divina bontà et potentia che, possendo produr, oltra questo mondo un altro ed altri infiniti, producesse un mondo finito. Sì che io ho dichiarato infiniti mondi particolari simili a questo della terra; la quale con Pitagora intendo un astro, simile al quale è la luna, altri pianeti et altre stelle, le qual sono infinite; et che tutti questi corpi sono mondi innumerabili. Di sorte che è doppia sorte de infinitudine de grandezza dell’universo et de moltitudine de mondi, onde indirettamente s’intende essere repugnata la verità secondo la fede.Di più, in questo universo metto una provvidenza universal, in virtù della quale ogni cosa vive, vegeta et si muove et sta nella perfezione; et la intendo in due maniere, l’una nel modo con cui presente è l’anima nel corpo, tutta in tutto et tutta in qualsivoglia parte, et questo chiamo natura, ombra et vestigio della divinità; l’altra nel modo ineffabile col quale Dio per essentia, presentia et potentia è in tutto e sopra tutto, non come parte, non come anima, ma in modo inesplicabile”

GALILEO

PASCAL

LEOPARDI

DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA - CERVANTES 1109- 1114

Don Chisciotte della Mancia è considerato il primo romanzo dell’età Moderna.L’autore, Miguel de Cervantes, rielabora le avventure del cavaliere errante dei poemi cavallereschi come spunto per approfondire ogni aspetto dell’esperienza umana , di cui fornisce un quadro completo e multiforme.

Il protagonista della vicenda – di circa cinquant’anni – è un hidalgo (nobile) spagnolo di nome Alonso Quijano, morbosamente appassionato di romanzi cavallereschi. Le letture lo condizionano a tal punto da

TEMALA FOLLIA/IL DOPPIO

DON CHISCIOTTE RAPPRESENTA

la crisi dei valori di lealtà, onore, giustizia della società cavalleresca

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trascinarlo in un mondo fantastico, nel quale si convince di essere chiamato a diventare un cavaliere errante. Si mette quindi in viaggio, come gli eroi dei romanzi, per difendere i deboli e riparare i torti.

Alonso diventa così il cavaliere don Chisciotte della Mancia e inizia a girare per la Spagna. Nella sua follia, Don Chisciotte trascina con sé un contadino del posto, Sancho Panza, cui promette il governo di un’isola a patto che gli faccia da scudiero.Come tutti i cavalieri erranti, Don Chisciotte sente la necessità di dedicare a una dama le sue imprese. Lo farà scegliendo Aldonza Lorenzo, una bella contadina sua vicina, da lui trasfigurata in una nobile dama e ribattezzata Dulcinea del Toboso.Purtroppo per Don Chisciotte, la Spagna del suo tempo non è quella della cavalleria e per l’unico eroe rimasto le avventure

sono scarsissime. La sua visionaria ostinazione lo spinge però a leggere la realtà con altri occhi. Inizierà quindi a scambiare i mulini a vento con giganti dalle braccia rotanti, le greggi di pecore con eserciti nemici. Combatterà questi avversari immaginari risultando sempre sonoramente sconfitto, e suscitando l’ilarità delle persone che assistono alle sue folli gesta. Sancho Panza, dal canto suo, sarà in alcuni casi la controparte razionale del visionario Don Chisciotte, mentre in altri frangenti condividerà suo malgrado le disavventure del padrone.

ormai superata dalla modernità

VEDIMACHIAVELLI IL PRINCIPE

CON LA PARODIA

rovescia ironicamente l’eroe in unantieroe, un folle

– vedi ARIOSTO – ORLANDO FURIOSO

ERASMO- L’ELOGIO DELLA FOLLIA

In questo tema può rientrare anche il confronto tra GIORDANO BRUNO eGALILEO GALILEI Nella lotta della modernità contro i pregiudizi della Chiesa

WILLIAM SHAKESPEARE - IL DUBBIO AMLETICO -(1564- 1616)

11311145

Don Chisciotte e Sancho Panza in una illustrazione di Pablo Picasso

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Nell’Inghilterra della seconda metà del Cinquecento, in particolare sotto il regno di Elisabetta I (1558 – 1603) il teatro ebbe una grande espansione. I nobili e la corte proteggevano e sovvenzionavano gli autori. Durante il regno di Elisabetta I e del successore Carlo I, visse uno dei più grandi autori di teatro di tutti i tempi: William Shakespeare (1564- 1616). Egli scrisse drammi storici, commedie, tragedie, drammi fantastici (romances) e compose 154 sonetti d’amore.

Shakespeare vedeva il teatro come una metafora della vita, in cui ogni uomo è nello stesso tempo attore e spettatore ( VEDI ERASMO- L’ELOGIO DELLA FOLLIA)Così definisce la sua visione del mondo (nel Macbeth) :

“la vita non è che un’ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota piena di rumore e furore, che non significa nulla”

AMLETO- LA TRAMAIl dramma ha inizio quando a Elsinore, capitale di Danimarca, si scorge lo spettro del re defunto. Esso ritorna ogni notte per chiedere al figlio Amleto vendetta, poiché è stato assassinato dalla moglie Gertrude e dal fratello Claudio, che ora regnano sulla Danimarca. Amleto, rimasto turbato dall'incontro con lo spettro, confida ciò che ha visto e sentito al suo amico Orazio, e in preda al dubbio, incapace di agire d’impulso contro persone a cui è legato d’affetto, decide infine di attuare un piano per accertare la veridicità delle rivelazioni ricevute; in seguito poi avrebbe vendicato il padre. Da questo momento Amleto si fingerà pazzo per confondere chiunque cerchi di prevedere i suoi intenti, per poter attuare nascostamente la vendetta.Il re e la regina intanto, vorrebbero scoprire qual è la motivazione che ha reso Amleto triste e silenzioso; a questa domanda risponde Polonio, ciambellano di corte e padre di Ofelia, dicendo che Amleto è intristito dalla lontananza con l'amata Ofelia, avvisata dal fratello Laerte e dal padre stesso dell' impossibile legame con il principe. A questo punto Amleto e Ofelia si incontrano e lui la maltratta, comportandosi da folle, e le consiglia di farsi suora, perché il suo amore non è ricambiato. Amleto per attuare il suo piano chiama alcuni attori che recitino il suo dramma, riproduzione del reale tradimento della regina e di Claudio e dell'omicidio del re. La reazione di Claudio è immediata, lo spettacolo viene fermato ed Amleto ha la prova innegabile della colpevolezza della madre e dello zio. La madre lo invita ad un colloquio, durante il quale Amleto uccide Polonio, che si era nascosto dietro una tenda e che Amleto scambia per Claudio. In seguito all’assassinio del padre, Ofelia impazzisce e muore, cadendo in un fiume. Amleto viene quindi incolpato da Laerte di aver portato Ofelia alla pazzia, e per questo i due si sfidano a duello, su consiglio del re. Re Claudio e Laerte desiderano che Amleto rimanga ucciso a tutti i costi durante il duello, quindi

TEMAIL DOPPIOLA FOLLIA

AMLETO:Eroe/antieroe

IL DUBBIO:la crisi dei valori morali di onore e coraggio del cavaliere

LA FOLLIA:incapacità di adattarsi ad una realtà ipocrita e falsa in cui si confonde apparenza e realtà

IL TEATROMETAFORA DELLA VITA:ciò che recitano gli attori è la verità- mentre è finzione ciò che recitano la madre e lo zio nella vita-realtà e finzione si confondono

IL FANTASMA E LA MORTE :

Statua al Globe Theatre

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avvelenano la punta della spada di Laerte e la coppa da cui avrebbe bevuto il principe. Tuttavia il duello si svolge diversamente da com'era stato previsto: durante lo scontro Amleto viene colpito dalla spada di Laerte, ma in seguito avviene uno scambio delle due armi e anche Laerte viene colpito. Intanto la regina beve dalla coppa di Amleto e quindi muore tra le braccia del figlio; Laerte prima di morire confessa all'amico il tradimento suo e del re. Amleto, ormai morente, costringe il re a bere dalla stessa coppa da cui la madre Gertrude aveva bevuto. Amleto muore affidando ad Orazio la Danimarca.

mistero e angoscia dominano il dramma - la colpa, di cui tutti sono macchiati, chiama vendetta. Ma non può esserci un unico colpevole, perché non ci sono innocenti.

LORENZO IL MAGNIFICO – CANZONA A BACCO

Quant’è bella giovinezza,che si fugge tuttavia!chi vuol esser lieto, sia:di doman non c’è certezza.

Quest’è Bacco ed Arïanna,belli, e l’un dell’altro ardenti:perché ’l tempo fugge e inganna,sempre insieme stan contenti.Queste ninfe ed altre gentisono allegre tuttavia.Chi vuol esser lieto, sia:di doman non c’è certezza.

Questi lieti satiretti,delle ninfe innamorati,per caverne e per boschettihan lor posto cento agguati;or da Bacco riscaldatiballon, salton tuttavia.Chi vuol esser lieto, siadi doman non c’è certezza.

Queste ninfe anche hanno caroda lor essere ingannate:non può fare a Amor riparo,se non gente rozze e ingrate:ora insieme mescolatesuonon, canton tuttavia.Chi vuol esser lieto, sia:

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di doman non c’è certezza.

Questa soma, che vien drietosopra l’asino, è Sileno:così vecchio è ebbro e lieto,già di carne e d’anni pieno;se non può star ritto, almenoride e gode tuttavia.Chi vuol esser lieto, sia:di doman non c’è certezza.

Mida vien drieto a costoro:ciò che tocca oro diventa.E che giova aver tesoro,s’altri poi non si contenta?Che dolcezza vuoi che sentachi ha sete tuttavia?Chi vuol esser lieto, sia:di doman non c’è certezza.

Ciascun apra ben gli orecchi,di doman nessun si paschi;oggi siam, giovani e vecchi,lieti ognun, femmine e maschi;ogni tristo pensier caschi:facciam festa tuttavia.Chi vuol esser lieto, sia:di doman non c’è certezza.

Donne e giovinetti amanti,viva Bacco e viva Amore!Ciascun suoni, balli e canti!Arda di dolcezza il core!Non fatica, non dolore!Ciò c’ha a esser, convien sia.Chi vuol esser lieto, sia:di doman non c’è certezza

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LUDOVICO ARIOSTO- ORLANDO FURIOSOANGELICA E SACRIPANTE E IL MOTIVO DELLA ROSAQuel dì e la notte a mezzo l'altro giorno s'andò aggirando, e non sapeva dove. Trovossi al fin in un boschetto adorno, che lievemente la fresca aura muove. Duo chiari rivi, mormorando intorno, sempre l'erbe vi fan tenere e nuove; e rendea ad ascoltar dolce concento, rotto tra picciol sassi, il correr lento.

36 Quivi parendo a lei d'esser sicura e lontana a Rinaldo mille miglia, da la via stanca e da l'estiva arsura, di riposare alquanto si consiglia: tra' fiori smonta, e lascia alla pastura andare il palafren senza la briglia; e quel va errando intorno alle chiare onde, che di fresca erba avean piene le sponde.

37 Ecco non lungi un bel cespuglio vede di prun fioriti e di vermiglie rose, che de le liquide onde al specchio siede, chiuso dal sol fra l'alte querce ombrose; così voto nel mezzo, che concede fresca stanza fra l'ombre più nascose: e la foglia coi rami in modo è mista, che 'l sol non v'entra, non che minor vista.

38 Dentro letto vi fan tenere erbette, ch'invitano a posar chi s'appresenta. La bella donna in mezzo a quel si mette, ivi si corca ed ivi s'addormenta. Ma non per lungo spazio così stette, che un calpestio le par che venir senta: cheta si leva e appresso alla riviera vede ch'armato un cavallier giunt'era.

….41 - Pensier (dicea) che 'l cor m'agghiacci ed ardi, e causi il duol che sempre il rode e lima, che debbo far, poi ch'io son giunto tardi, e ch'altri a corre il frutto è andato prima? a pena avuto io n'ho parole e sguardi, ed altri n'ha tutta la spoglia opima. Se non ne tocca a me frutto né fiore, perché affligger per lei mi vuo' più il core?

42 La verginella è simile alla rosa, ch'in bel giardin su la nativa spina mentre sola e sicura si riposa, né gregge né pastor se le avvicina; l'aura soave e l'alba rugiadosa,

Angelica che fugge spaventata nel bosco buio e pauroso alla fine si trova in un bel boschetto : una fresca brezza soffia leggera, due ruscelli limpidi scorrono mormorando, l’erba è tenera.

Angelica scende da cavallo tra i fiori e lo lascia pascolare senza briglia.

Un bel cespuglio verde ,formato da pruni fioriti e rose rosse e circondato da alte querce , offre un rifugio al suo interno e lì Angelica si nasconde per riposare.

Ma sente arrivare un cavaliere

Che piange e si lamenta perché è innamorato di Angelica ma ormai è tardi per cercarla, perché lei si è data ad un altro, che ha colto per primo il frutto dell’amore.

Egli dice:” la verginella è come la rosa che sta nel bel giardino protetta dalle sue spine.

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l'acqua, la terra al suo favor s'inchina: gioveni vaghi e donne inamorate amano averne e seni e tempie ornate.

43 Ma non sì tosto dal materno stelo rimossa viene e dal suo ceppo verde, che quanto avea dagli uomini e dal cielo favor, grazia e bellezza, tutto perde. La vergine che 'l fior, di che più zelo che de' begli occhi e de la vita aver de', lascia altrui corre, il pregio ch'avea inanti perde nel cor di tutti gli altri amanti.

Bei giovani e donne innamorate se ne adornano .

Ma immediatamente appena la rosa viene strappata dalla pianta perde la sua grazia e la sua bellezza.La vergine che lascia cogliere il fiore, che dovrebbe difendere più della vita, perde tutto il bene che attirava verso di lei gli altri innamorati

TORQUATO TASSO – GERUSALEMME LIBERATAIL GIARDINO DI ARMIDA E IL MOTIVO DELLA ROSAPoi che lasciàr gli avviluppati calli, in lieto aspetto il bel giardin s'aperse: acque stagnanti, mobili cristalli, fior vari e varie piante, erbe diverse, apriche collinette, ombrose valli, selve e spelonche in una vista offerse; e quel che 'l bello e 'l caro accresce a l'opre, l'arte, che tutto fa, nulla si scopre. 10 Stimi (sí misto il culto è co 'l negletto) sol naturali e gli ornamenti e i siti. Di natura arte par, che per diletto l'imitatrice sua scherzando imiti. L'aura, non ch'altro, è de la maga effetto, l'aura che rende gli alberi fioriti: co' fiori eterni eterno il frutto dura, e mentre spunta l'un, l'altro matura. 11 Nel tronco istesso e tra l'istessa foglia sovra il nascente fico invecchia il fico; pendono a un ramo, un con dorata spoglia, l'altro con verde, il novo e 'l pomo antico; lussureggiante serpe alto e germoglia la torta vite ov'è piú l'orto aprico: qui l'uva ha in fiori acerba, e qui d'or l'have e di piropo e già di nèttar grave. 12 Vezzosi augelli infra le verdi fronde temprano a prova lascivette note; mormora l'aura, e fa le foglie e l'onde garrir che variamente ella percote. Quando taccion gli augelli alto risponde, quando cantan gli augei piú lieve scote; sia caso od arte, or accompagna, ed ora alterna i versi lor la musica òra.

Acque come cristalli, fiori e piante, colline soleggiate e valli, boschi e grotte si vedono nel giardino.

Ciò che è ancora più bello e prezioso è che non si vede l’arte – cioè l’artificio, la falsità della magia- che ha creato tutto

Sembra tutto frutto della natura, invece è solo un’imitazione della maga. Persino l’aria è frutto di magia, grazie alla quale i fiori ed i frutti si avvicendano eternamente.

Graziosi uccelli tra le fronde verdi modulano suoni sensuali, il venticello sussurra e fa garrire le foglie e le acque. Il rumore del vento si alza e si abbassa quando tacciono o cantano gli uccelli, con una armonia casuale o forse voluta ad arte

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13 Vola fra gli altri un che le piume ha sparte di color vari ed ha purpureo il rostro, e lingua snoda in guisa larga, e parte la voce sí ch'assembra il sermon nostro. Questi ivi allor continovò con arte tanta il parlar che fu mirabil mostro. Tacquero gli altri ad ascoltarlo intenti, e fermaro i susurri in aria i venti. 14 "Deh mira" egli cantò "spuntar la rosa dal verde suo modesta e verginella, che mezzo aperta ancora e mezzo ascosa, quanto si mostra men, tanto è piú bella. Ecco poi nudo il sen già baldanzosa dispiega; ecco poi langue e non par quella, quella non par che desiata inanti fu da mille donzelle e mille amanti. 15 Cosí trapassa al trapassar d'un giorno de la vita mortale il fiore e 'l verde; né perché faccia indietro april ritorno, si rinfiora ella mai, né si rinverde. Cogliam la rosa in su 'l mattino adorno di questo dí, che tosto il seren perde; cogliam d'amor la rosa: amiamo or quando esser si puote riamato amando."

Tra gli altri uccelli uno ha le piume variegate ed il becco rosso e muove ampiamente la lingua in modo da articolare parole simili alle umane.

Egli cantò così:” Guarda spuntare dal suo stelo la rosa ancora in bocciolo – verginella – mezzo aperta e mezzo nascosta, e quanto meno si mostra tanto è più bella . ecco che poi si svela tutta ed ecco poi subito appassisce e non sembra più quella che prima era tanto desiderata.

Così muore con lo scorrere di un giorno la bellezza e la giovinezza .

Cogliamo la rosa nel bel mattino di questo giorno, prima che perda la sua luce; cogliamo la rosa dell’amore: amiamo ora quando si può amare ed essere riamati – finchè c’è la giovinezza-

John William Waterhouse, A Tale from Decameron, 1916, Lady Lever Art Gallery, Liverpool

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