+ All Categories
Home > Documents > 02OPdicembre10

02OPdicembre10

Date post: 30-Mar-2016
Category:
Upload: osservatorio-piemonte
View: 217 times
Download: 3 times
Share this document with a friend
Description:
Come sempre il giusto sta nel mezzo e come sempre è la via più stretta e difficile (scoperta che risale addirittura ai vangeli: "Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che mena alla perdizione, e molti son quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta ed angusta la via che mena alla vita, e pochi son quelli che la trovano" -Matteo 7:13-14-). di Enzo GINO  
12
Periodico indipendente di politica, cultura, storia. Supplemento a -Guida a destra- aut. tribunale di Torino n° 5554 del 2-11-2001. Direttore responsabile: Enzo Gino, sede legale Cantavenna di Gabiano (AL)- www.osservatoriopiemonte.info - [email protected] NUMERO 1 - DICEMBRE 2010 - COPIA GRATUITA di Enzo GINO Uno dei temi al centro del dibatti di Generazione Italia/ FLI Piemonte è il rapporto tutto da definire fra “il vecchio e il nuovo” , fra i numeri e la qualità; tradotto: meglio dare spazio ai giovani che vengono dal cosiddetto mondo della società civile, che per la prima volta entrano nell’agone politico con i loro volti intonsi e puliti o dare spazio a chi lo fa da anni e magari è passato da diverse esperienze politi- che per approdare a Generazione Italia/FLI. Meglio persone che sin dal primo appello, qualche mese fa, hanno aderito a Generazione Italia mossi dall’entusiasmo senza secondi fini, o coloro che sono arrivati dopo o che arriveranno quando saranno più sicuri che Fli avrà numeri per fare eletti? Meglio i volti entu- siasti di giovani privi di esperienza politi- ca che possono la massimo contare sui voti di qualche amico oltre che di mam- ma e papà o i numeri di chi in anni di atti- vità in questo o quello schieramento han- no raccolto un bel gruzzolo di consensi da spendere nelle competizioni elettorali?. Proviamo a immaginare cosa accadrebbe se la dirigenza nazionale di Fli facesse delle scelte estreme. Prima ipotesi: largo ai giovani, basta con i vecchi arnesi della politica, come disse Fini a Mirabello: gettiamo il cuore oltre la bar- riera. Migliaia di ragazzi si scatenerebbero a scoprire la militanza, i tavoli di raccolta firme, in discussioni per con- vincere amici, mossi dall’entusiasmo, pronti a contestare ed allontanare chi ha precedenti esperienze politiche, oppure semplicemente perché anagraficamente vecchio (over trenta ? quaranta? ); men che meno se ha avuto inca- richi di amministratore in qualche ente locale. Non osi nemmeno presentarsi chi ha avuto qualche guaio giudi- ziario, anche se ha “pagato il suo debito con la società” . Qui non c’è posto per chi ha sbagliato no ? Giovanotti freschi e aitanti inevitabilmente belli, pronti a fare altrettanto belle liste di duri e puri convinti che “una nuova era comincerà!” (è il ritornello di una vecchia can- zone di Bennato dal titolo “arrivano i buoni”). Certi che sarà il partito a raccogliere voti e preferenze per loro e magari a dar la stura ad una bella carriera politica. Naturalmente per coloro che non sono interessati a cariche e trovano piacere nella militanza intesa come testimonianza delle proprie idee, il problema non si pone nemmeno e tutto ciò che segue è sostanzialmente irrile- vante. Ma per tutti gli altri comunichiamo, anche a costo di deludere, che la “giostra” delle democrazia e della politica non funziona così. E se per disgrazia, così dovesse esser Fli, prepariamoci a percentuali da prefisso telefonico. I duri e puri infatti esistono da sempre e da sempre sono stati del tutto marginali nella vita politica come nelle isti- tuzioni, in certi casi possono esser anche dei bravi ragazzi, ma comunque marginali. Unica possibilità che costoro hanno di cambiare la società sono le rivoluzioni e i colpi di stato ed in questi casi si rivelano un po' meno bravi ragazzi; per ulteriori info sui duri e puri nostrani veda- si Pannella, neo-Comunisti, neo-Fascisti ecc., all’estero vedasi, Kim il Sung, Hugo Chavez, nella storia recente e meno recente: Pol Pot, Bolscevichi, Robespierre, Giacobini ma potremo spaziare anche nel- le religioni e persino nella cultura e nel costu- me. Sostanzialmente per un partito è la strada del fallimento. Altra ipotesi badiamo ai numeri, turiamoci il naso e spazio a tutti, cani e porci, usignoli canterini e cai- mani ballerini. Della serie vedi Forza Italia e Popolo della Libertà. Certo non ci piace, ma intanto per quasi venti anni stanno governando (anche grazie a noi che fino a ieri condividavamo le facezie), e chi li aveva preceduti, la Dc, non ci pare fosse poi tanto diversa anche se certamente più capace. E “per intanto” la nostra vita quotidiana è scandita dalle loro scelte in ambito politico, economico, culturale. Non ci dilunghiamo oltre ed ancora affermiamo che secondo noi, per Fli, sarebbe anche questa una strada del fallimento perché come altri dicono e ripetono: l'origi- nale è sempre meglio della fotocopia. Poniamo allora la fatidica leninistica domanda “che fare?” Come sempre il giusto sta nel mezzo e come sempre è la via più stretta e difficile (scoperta che risale addirittura ai vangeli: "Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che mena alla perdizione, e molti son quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta ed angusta la via che mena alla vita, e pochi son quelli che la trovano" -Matteo 7:13-14-). IL VECCHIO E IL NUOVO, LA QUANTITÀ E LA QUALITÀ Quando nasce un nuovo soggetto politico, per di più costituito da soggetti di provenienza molto eterogenea, non è facile trova- re un punto di equilibrio che consenta a tutti di sentirsi parte di esso. Su questa capacità di amalgamare e coagula-re le diverse esperienze si gioca la capacità di una classe dirigente di creare una nuova realtà politica, il rischio è quello di riproporre sche- mi e rapporti ormai superati che non lasciamo nessuna prospettiva di rinnovamento ed alla crescita.
Transcript

Periodico indipendente di politica, cultura, storia. Supplemento a -Guida a destra- aut. tribunale di Torino n° 5554 del 2-11-2001.

Direttore responsabile: Enzo Gino, sede legale Cantavenna di Gabiano (AL)- www.osservatoriopiemonte.info - [email protected]

NUMERO 1 - DICEMBRE 2010 - COPIA GRATUITA

di Enzo GINO

Uno dei temi al centro del dibatti di Generazione Italia/FLI Piemonte è il rapporto tutto da definire fra “il vecchio e il nuovo”, fra i numeri e la qualità; tradotto: meglio dare spazio ai giovani che vengono dal cosiddetto mondo della società civile, che per la prima volta entrano nell’agone politico con i loro volti intonsi e puliti o dare spazio a chi lo fa da anni e magari è passato da diverse esperienze politi-che per approdare a Generazione Italia/FLI.

Meglio persone che sin dal primo appello, qualche mese fa, hanno aderito a Generazione Italia mossi dall’entusiasmo senza secondi fini, o coloro che sono arrivati dopo o che arriveranno quando saranno più sicuri che Fli avrà numeri per fare eletti? Meglio i volti entu-siasti di giovani privi di esperienza politi-ca che possono la massimo contare sui voti di qualche amico oltre che di mam-ma e papà o i numeri di chi in anni di atti-vità in questo o quello schieramento han-no raccolto un bel gruzzolo di consensi da spendere nelle competizioni elettorali?.

Proviamo a immaginare cosa accadrebbe se la dirigenza nazionale di Fli facesse delle scelte estreme. Prima ipotesi: largo ai giovani, basta con i vecchi arnesi della politica, come disse Fini a Mirabello: gettiamo il cuore oltre la bar-riera. Migliaia di ragazzi si scatenerebbero a scoprire la militanza, i tavoli di raccolta firme, in discussioni per con-vincere amici, mossi dall’entusiasmo, pronti a contestare ed allontanare chi ha precedenti esperienze politiche, oppure semplicemente perché anagraficamente vecchio (over trenta ? quaranta? ); men che meno se ha avuto inca-richi di amministratore in qualche ente locale. Non osi nemmeno presentarsi chi ha avuto qualche guaio giudi-ziario, anche se ha “pagato il suo debito con la società”. Qui non c’è posto per chi ha sbagliato no ?

Giovanotti freschi e aitanti inevitabilmente belli, pronti a fare altrettanto belle liste di duri e puri convinti che “una nuova era comincerà!” (è il ritornello di una vecchia can-zone di Bennato dal titolo “arrivano i buoni”). Certi che sarà il partito a raccogliere voti e preferenze per loro e magari a dar la stura ad una bella carriera politica.

Naturalmente per coloro che non sono interessati a

cariche e trovano piacere nella militanza intesa come testimonianza delle proprie idee, il problema non si pone nemmeno e tutto ciò che segue è sostanzialmente irrile-vante.

Ma per tutti gli altri comunichiamo, anche a costo di deludere, che la “giostra” delle democrazia e della politica non funziona così. E se per disgrazia, così dovesse esser Fli, prepariamoci a percentuali da prefisso telefonico. I duri e puri infatti esistono da sempre e da sempre sono stati del tutto marginali nella vita politica come nelle isti-tuzioni, in certi casi possono esser anche dei bravi ragazzi,

ma comunque marginali. Unica possibilità che costoro hanno di cambiare la società sono le

rivoluzioni e i colpi di stato ed in questi casi si rivelano un po' meno bravi ragazzi; per

ulteriori info sui duri e puri nostrani veda-si Pannella, neo-Comunisti, neo-Fascisti ecc., all’estero vedasi, Kim il Sung, Hugo Chavez, nella storia recente e meno

recente: Pol Pot, Bolscevichi, Robespierre, Giacobini ma potremo spaziare anche nel-

le religioni e persino nella cultura e nel costu-me. Sostanzialmente per un partito è la strada del

fallimento. Altra ipotesi badiamo ai numeri, turiamoci il naso e spazio a tutti, cani e porci, usignoli canterini e cai-mani ballerini. Della serie vedi Forza Italia e Popolo della Libertà. Certo non ci piace, ma intanto per quasi venti anni stanno governando (anche grazie a noi che fino a ieri condividavamo le facezie), e chi li aveva preceduti, la Dc, non ci pare fosse poi tanto diversa anche se certamente più capace. E “per intanto” la nostra vita quotidiana è scandita dalle loro scelte in ambito politico, economico, culturale. Non ci dilunghiamo oltre ed ancora affermiamo che secondo noi, per Fli, sarebbe anche questa una strada del fallimento perché come altri dicono e ripetono: l'origi-nale è sempre meglio della fotocopia. Poniamo allora la fatidica leninistica domanda “che fare?”

Come sempre il giusto sta nel mezzo e come sempre è la via più stretta e difficile (scoperta che risale addirittura ai vangeli: "Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che mena alla perdizione, e molti son quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta ed angusta la via che mena alla vita, e pochi son quelli che la trovano" -Matteo 7:13-14-).

IL VECCHIO E IL NUOVO, LA QUANTITÀ E LA QUALITÀ

 

Quando nasce un nuovo soggetto politico, per di più costituito da soggetti di provenienza molto eterogenea, non è facile trova-re un punto di equilibrio che consenta a tutti di sentirsi parte di esso. Su questa capacità di amalgamare e coagula-re le diverse esperienze si gioca la capacità di una classe dirigente di creare una nuova realtà politica, il rischio è quello di riproporre sche-mi e rapporti ormai superati che non lasciamo nessuna prospettiva di rinnovamento ed alla crescita.

NUMERO 1 - DICEMBRE 2010http://www.osservatoriopiemonte.info

2

Ma noi che ci professiamo laici, diversamente dal van-gelo (e persino da Gesù che secondo Matteo pronunciò da frase), crediamo che non pochi, ma molti, potrebbero tro-vare (si noti il condizionale) sia la porta che la via, indovi-na un po’ dove, proprio in FLI.

Proviamo a descrivere sia la porta che la via.La porta : primo abolire i pregiudizi: le discriminazioni

non sono tali solo nei confronti del genere, del colore della pelle o della religione, ma anche nei confronti dell’età. E così come anziano non è sinonimo di saggezza e di cono-scenza, giovane non è sinonimo di novità e pulizia.

Un partito politico può servire a tante cose: a testimo-niare e mantenere viva una idea e/o dei valori, a garantire un buon stipendio a qualche eletto, a vincere elezioni e governare.

Scegliete prego. Se siete sulle prime due ipotesi vi

facciamo tanti auguri; noi optiamo per la terza e per vincere e governare occorrono voti. I voti di tanta gente, qualcuno in più dei nostri amici e parenti che sono anch’essi natural-mente i benvenuti, ma che con ogni probabilità non ci porteranno mai in una amministrazione o in un gover-no, cosa che invece possono fare i voti di qualche “vecchio arnese” del-la politica che magari ha i numeri, non so-lo per farsi eleggere, ma per far eleggere anche qualche giova-ne che non ha mai fatto politica e non sempre solo per motivi anagrafici.

Un tempo infatti attorno ai quindici anni si iniziava a fare le prime manifestazioni magari con occupazioni di scuole, a frequentare le sedi dei partiti o si iniziava comun-que a militare in qualche associazione gruppo o gruppu-scolo. Verrebbe da chiedere a coloro che non essendo pro-priamente dei “pischelli” e che non hanno mai fatto politica, perché? che hanno fatto sino da oggi? Il richiamo di un impegno sociale e/o politico è esploso con Fini tutto d’un colpo? Ma che bello, ci fa piacere e ci fa anche pensa-re.

Giustamente quindi le porte devono essere aperte a tut-ti, e soprattutto evangelicamente ai “fratelli pentiti” del Pdl che fino a prova contraria si trovano nella nostra area di riferimento, il centro-destra. L’unico filtro applicato a chi si avvicina a Fli deve o dovrebbe essere, l’onestà e idee compatibili (anche se diverse) con quanto in passato det-to, e oggi scritto, nel manifesto per l’Italia che non mi sem-bra poi così difficile da condividere, per chiunque abbia un minimo di buon senso. Varcata la porta, la via sempre stretta, può essere solo una: quella del confronto e della dialettica democratica interna. Unico collante in grado di amalgamare un movimento o un partito (e, se non gestita correttamente, anche di sfasciarlo). Amalgamare anche giovani e vecchi, idee del passato con quelle di og-gi, per-

ché dal confronto si impara e qui i giovani alle prime armi possono veramente imparare se sono capaci, e lo possono fare anche rapidamente conquistando i loro meritati spa-zi. L'e-sperienza infatti è anche un limite che limita se addirittura non impedisce di veder altre strade, altre ipo-tesi e soluzioni che chi è meno condizionato dal passato sa invece cogliere.

Ciò che deve preoccupare militanti di base e dirigenti,

per ora sempre e solo nominati e mai eletti, non è l’arrivo delle “coraz-zate” del consenso o dei vecchi arnesi della politica, anzi do-vrebbero esser i benvenuti; ciò che deve preoccupare e la man-canza di confronto è l’impossibilità di veder confermato o di-satteso attraverso elezioni inter-ne libere e democratiche, i ruoli assegnati, anche ai nuovi arrivati, dall’alto. Se così fosse signi-ficherebbe solo una cosa che i militanti sono trattati come “car-ne da cannone”, mentre i generali non solo non vedono il fronte, ma impar-

tiscono ordini e fanno nomine utili non certo a rappresentare il partito né una buona parte di esso.

Dubitiamo fortemente che chi si sottrae al con-fronto con coloro che han-no idee e valori affini, chi non sa convincere la pro-pria base, possa poi con-vincere elettori che la pen-sano assai diversamente.

Un partito coeso è la con-dizione necessaria per vin-cere qualunque competi-zione elettorale ed anche, non si sottovaluti, cultu-

rale.

Per ora, quindi guardiamo e osserviamo (non a caso ci chiamiamo osservatoriopiemonte) con attenzione ciò che succede, la maggioranza degli iscritti a Generazione Italia del Piemonte hanno chiesto regole in tal senso, Bocchino a Perugia ha dichiarato che gli organi dirigenti verranno eletti, Roberto Rosso a Torino ha dichiarato esplicitamen-te che dopo la manifestazione di Fini del 19 a Torino verrà convocata una assemblea regionale per eleggere almeno una parte dei coordinatori regionali, in altri ambiti sono già stati comunicati organigrammi delle nomine. Staremo a vedere.

Certo è che se Fli otterrà un successo elettorale ne sare-mo contenti perché sarà anche il nostro successo, se poi governerà e lo farà bene attuando anche solo una parte di quanto scrive nel suo manifesto per l’Italia, avremo forse una vita migliore, ma se attuerà in termini di democrazia interna quanto affermato in più sedi si candiderà a diven-tare davvero un grande partito in grado di acquisire con-senso non tanto e solo per mere politiche di collateralismo interessato di questa o quella lobby (altri lo sanno fare ben meglio di Fli) ma perché si è dotata degli strumenti cultu-rali per governare.

 

NUMERO 1 - DICEMBRE 2010http://www.osservatoriopiemonte.info

3

Di Massimiliano PETTINO

“Quizas, quizas, quizas”.“Chissà, chissà, chissà” recita il famoso bolero di Oswal-

do Ferres; mai come in questi tempi potrebbe esser into-nato da ogni cittadino italiano.

Una strana relatività pervade il presente, un senso di inquietudine si diffonde nella società, una selva di interrogativi rende impossibile qual-siasi futura previsione.

La precarietà è entrata nella nostra vita, in noi, quasi fosse stata inalata come del polline sospeso nell’aria; ci irrita col suo potere allergico e ci lascia in preda ad una insofferenza fatta di ansia, sfiducia ed egoismo.

L’incertezza costringe ognuno di noi a vivere con la guardia alta, sempre pronto ad affrontare il peg-gio, tanto preoccupato del “proprio” quanto indifferente a ciò che riguarda “gli altri”.

Facendo capolino dalla trincea delle proprie (minaccia-te) certezze, l’italiano guarda all’orizzonte domandandosi, come nel motivo cubano, chissà se Berlusconi riuscirà a sopravvivere con il suo governo di satrapi, chissà se la crisi finanziaria irlandese ci trascinerà nel baratro della pover-tà, chissà se gli scontri in Corea porteranno sofferenza e morte anche in Italia…già, chissà…

Ma la giostra dei Quizas non tocca solo aspetti lontani. Come polvere si è insinuata nelle nostre case e si è posata sulle nostre esistenze:

”Chissà se riuscirò ad avere un’azienda competitiva o se sarà necessario delocalizzare all’estero i fattori di produ-zione; chissà se riuscirò a sopravvivere ai grandi cen-tri commerciali o se sarò costretto a chiudere bot-tega; chissà se riuscirò a conservare il mio posto di lavoro o se mi ritroverò disoccupato alla mia età; chissà se mi rinnoveranno il contratto a tempo determinato; chissà se riuscirò a pa-gare il mutuo della casa o se ne diverrà proprietaria la banca; chissà se potrò permettermi di avere un figlio”… già, chissà…

Il Quizas taglia trasversal-mente l’attuale società italia-na, dall’industriale all’ope-raio, dall’imprenditore al disoccupato, germo-gliando, in forma di dubbio, in uomini e donne, lasciando ognuno in perenne attesa di un boato lontano che segni l’inizio delle ostilità e silenziosamente speranzoso di un miglioramento futuro.

Non ho l’ardire di prefabbricare pacchetti di soluzioni ideali, non me la sento, come va recentemente di moda, di comporre il ditirambo del migliore dei mondi possibili dove tutto è risolto in 3 giorni e dobbiamo semplicemen-

te rilassarci, pensare alle cose allegre della vita, perché ai problemi, laddo-ve se ne presentassero, ci penserebbe Lui!

Voglio invece suggerire un atteg-giamento che, in questo periodo sto-rico difficile, reputo vincente: l’esser coraggiosi. Il coraggio è la qualità che oggi più che mai si rende neces-saria, è il solo stato d’animo che può consentirci di affrontare, non subire, i mille interrogativi che la realtà ci pone.

Il coraggio a cui mi riferisco non è sinonimo di spregiudicatezza, né di

impudente menefreghismo; è una sana tensione all’ana-lisi obiettiva di un problema, una posizione che ci fa es-sere aperti al confronto con gli altri, in chiave positiva e propositiva.

Non è radicandosi al postulato dell’infallibilità del po-tere politico che si supererà la crisi economica, ma è at-traverso il coraggio del dialogo con tutte le componenti sociali che si possono formulare soluzioni efficaci e so-stenibili; non è accattivandosi amicizie “nella stanza dei bottoni” che si scongiurerà la fuga dell’azienda o la perdita del posto di lavoro, ma è con coraggiosi piani produttivi, oltre che con giuste azioni di tutela dei prodotti italiani, che le imprese riterranno ancora competitivo investire

nel nostro Paese e creare posti di lavoro sul territorio; non è tagliando indiscriminatamente formazione

e cultura che si assicura, a fronte di minori spese, il benessere alla collettività (“con la cultura non

si mangia”), ma è con il coraggio di investire nelle scuole nazionali, di ogni grado, che

si formano gli imprenditori, i notabili, gli scienziati del domani, soggetti che pos-

sono contribuire, in chiave moderna ed innovativa, a rendere più florido

il futuro della nostra nazione. Questa è la sfida cui siamo chiamati.

Siamo pronti ad esser coraggiosi? Quizas, quizas, qui-zas.

Facendo capolino dalla trincea delle proprie (minacciate) certezze, l’italiano guarda all’orizzonte domandandosi, come nel motivo cubano, chissà se Berlusconi riuscirà a sopravvivere con il suo governo di satrapi, chissà se la crisi finanziaria irlandese ci trascinerà nel baratro della povertà, chissà se gli scontri in Corea porteranno sofferenza e morte anche in Italia…già, chissà…

QUIZAS, QUIZAS, QUIZAS

 

 

NUMERO 1 - DICEMBRE 2010http://www.osservatoriopiemonte.info

4

di Riccardo MANZONII FATTIPrima di tutto va detto che non si tratta di un fenomeno

recente, in quanto già alla fine del Novecento il naziona-lismo più o meno esasperato era tornato vittoriosamente non solo in nazioni povere ed “arretrate” come la Serbia, ma anche in quelle ricche come Gran Bretagna, Austria e Svizzera e va ricordato che in questi ultimi due paesi l’estrema destra è da molto tempo il primo partito.

Appena pochi anni dopo la Francia vive un vero e pro-prio terremoto politico con il ballottaggio delle presiden-ziali, dove lo sfidante di Chirac non è Jospin, candidato socialista, ma Le Pen, capo dell’estrema destra. Va fatto notare che, nonostante il sistematico isolamento da parte delle altre forze politiche, Le Pen in alcune regioni racco-glie il venticinque per cento dei consensi e che alle ultime elezioni a livello nazionale è arrivato vicino al dieci per cento. Va poi detto che l’attuale Presidente ha vinto an-che perché ha sviluppato dapprima discorsi ed in segui-to politiche in grado di garantirgli i voti di questa parte di elettorato. Sempre in questi anni in Olanda Pim Fortuyn crea un partito che vince le elezioni in nome della lotta all’immigrazione con lo slogan “La barca è piena” e, dopo la sua uccisione per mano di un animalista, Geert Wilders ne raccoglie l’eredità ed il suo Partito della Libertà è una delle più importanti forze politiche.

In Gran Bretagna dopo la lunga fase di governo laburista sono tornati al potere i conservatori e nelle ultime elezioni europee l’estrema destra britannica per la prima volta ha ottenuto alcuni seggi. Se questo non è avvenuto anche alle politiche lo si deve solo al diverso sistema elettorale. Infat-ti per il Parlamento europeo si vota con il proporzionale, sistema che favorisce anche partiti relativamente piccoli, mentre per quello nazionale si usa il maggioritario, che permette la sopravvivenza solo alle formazioni più gros-se. In Scandinavia in Danimarca da molti anni l’estrema destra è una presenza costante, così come in Norvegia, Finlandia; da ultimo in Svezia, accanto alla riconferma al potere della destra moderata, con Akesson quella estrema registra un notevole aumento di consensi. Queste forze politiche, come vedremo meglio in seguito, non vanno in alcun modo confuse con la destra moderata, che è inve-ce in quasi tutti i paesi europei una presenza politica ben consolidata ed importante sia sul piano interno sia in po-litica estera. Da questo punto di vista basta pensare al par-tito gollista oppure al periodo di governo di Aznar, oppure ai conservatori inglesi, per capire quanto Francia, Spagna e Gran Bretagna siano state influenzate positivamente da questi partiti.

In Francia De Gaulle creò un sistema politico stabile ed efficiente, fece superare alla Francia il trauma della

guerra d’Algeria, la rese autonoma dagli USA e di fatto in posizione di superiorità sugli altri paesi europei e le die-de sul piano militare la bomba atomica. Oggi Sarkozy si è riavvicinato agli USA ma allo stesso tempo continua a garantire alla Francia, sia pure in condominio con la Ger-mania, il predominio all’interno dell’Unione Europea. Inoltre affronta senza tentennamenti tutti i grandi e gravi problemi del suo paese,come dimostrano la riforma delle pensioni,gli stimoli per le industrie a patto che esse riman-gano in Francia,la proposta di creare nuove regole econo-miche a livello internazionale per evitare nuove crisi ed il duro contrasto alla delinquenza.

In Spagna il governo Aznar è stato sinonimo di crescita economica spettacolare tanto da fare pensare che la Spa-gna potesse superare l’Italia e di ritorno in grande stile ad una politica estera nella quale la Spagna giocava un ruolo di primo piano. Emblematica a questo proposito è la foto che lo ritrae con Bush e Blair poco prima della guerra ira-chena, a significare che in questa decisione ha avuto la stessa importanza degli altri due.

In Gran Bretagna i conservatori furono spesso decisivi non solo per le sorti del proprio paese, ma anche per il re-sto d’Europa, come dimostrano i casi di Winston Chuchill che continuò la guerra contro la Germania fino alla vitto-ria e Margaret Thacher,che riformò l’economia basandosi sul liberismo economico e divenne un modello da imita-re anche sul Continente. Questa situazione si ripete oggi con David Cameron che introduce in politica nuove idee, come quella di Big Society e l’avvicinamento della destra all’ecologia, innovazioni che hanno varcato la Manica e sono riprese, per esempio, da Fini.

LE CAUSE Viene naturale interrogarsi sulle ragioni del persistere

del nazionalismo moderato, ma anche del riaffiorare di quello estremo in così tanti paesi europei, tranne che in Italia e Germania: le risposte possibili sono molteplici, ma prima di tutto a mio avviso bisogna tenere conto del-le ragioni storico-psicologiche collettive per spiegare un fenomeno molto esteso e con particolarità specifiche di ogni nazione. Il fattore che ha permesso il sopravvivere del nazionalismo nei paesi ricordati sopra è stato, a mio avviso, il rapporto col nazismo. In Svizzera si insiste molto sulla neutralità che da secoli caratterizza quel paese per sostenere che essa fu estranea ed assolutamente non com-plice del nazismo, come invece alcune scoperte storiche recenti, in parte portano a pensare. Questa situazione vale anche per la Svezia, dove la neutralità ha fatto passare in secondo piano i rapporti economici con la Germania.

L’Austria, l’Olanda, la Danimarca e la Norvegia si consi-derano, giustamente, vittime dell’espansionismo nazista,

EUROPA E NAZIONALISMOChi lo avrebbe mai detto: il nazionalismo sembrava morto e sepolto con la fine della Seconda Guerra Mondiale ed ecco che ritor-na dapprima nell’Europa ex comunista, poi in Occidente, infine nell’Europa del Nord. Se questo é comprensibile come reazione dove il comunismo ha imposto per decenni la sua ideologia in conflitto con le identità culturali esistenti da secoli, per il resto d’Europa la situazione venutasi a creare richiede un’analisi più complessa.

NUMERO 1 - DICEMBRE 2010http://www.osservatoriopiemonte.info

5

anche se la realtà in molti casi è più complessa.In Austria molti furono favorevoli all’annessione col Ter-

zo Reich ed esisteva persino un partito nazista austriaco, che si proponeva di arrivare a quel risultato anche con me-todi terroristici (caso emblematico fu nel 1934 l’assassinio del Presidente austriaco Dolfuss).

In Norvegia era attivo Quisling, il cui nome col tempo è diventato sinonimo per eccellenza di collaborazione con il nemico.

In Olanda, come si è visto in un recente film trasmes-so alla televisione, accanto a coloro che combattevano i tedeschi esistevano cittadini che invece li appoggiavano attivamente.

In Francia la figura di De Gaulle che incita alla resisten-za fino alla vittoria finale ha oscurato quella di Pètain, che diede vita ad un governo amico della Germania.

Infine la Gran Bretagna si considera, legittimamente, una nazione che svolse un ruolo di primo piano per la caduta del nazismo, e questo fa trascurare il proprio pe-riodo coloniale, che permise l’arricchimento di quel pa-ese a spese di molti altri popoli, come se tutto ciò fosse in qualche modo purificato dalla lotta contro il nazismo. Proprio questo modo di considerarsi, pur nella varietà dei casi esaminati, ha permesso a quelle nazioni di avere una “coscienza tranquilla”, che permette loro di tenere vivo un nazionalismo ed un orgoglio nazionale molto forti, diver-samente da altre con la “coscienza sporca”, come appunto Germania ed Italia, dove la condanna dei rispettivi nazio-nalismi, sfociati nel primo caso nel nazismo e nel secon-do nel fascismo, dopo la seconda guerra mondiale è stata molto più energica.

LE DESTRE EUROPEESe negli USA il GOP racchiude al suo interno quasi tutte

le anime della destra, in Europa esistono famiglie politiche ben distinte e ciascuna ha a sua volta importanti suddi-visioni interne. La prima, la destra moderata che si rico-nosce nel PPE, comprende in Francia l’UMP, in Spagna ed Austria i rispettivi Partiti Popolari, in Gran Bretagna i Tory, in Germania la CDU, partito centrista, ed in Italia Fini. Essa difende l’interesse nazionale ma allo stesso tempo è fermamente europeista, tanto da essere una delle due gambe su cui si regge l’Unione Europea. Economica-mente crede nel libero mercato, anche se ha quasi sempre un’accentuata anima sociale. Inoltre in politica estera è equilibrata, in quanto amica sia dei paesi islamici, sia di Israele e degli USA. Questa destra, per rimanere in Italia, è l’erede di quella risorgimentale proprio perché unisce il principio di nazionalità con quello europeista e quello di libertà. Questo perché un elemento comune a questi partiti è l’adesione convinta ai principi liberali e di conse-guenza si oppongono alla pena di morte in nome dei diritti umani. Il fatto che esistano tutte queste affinità di fondo non significa peraltro identità di vedute su tutte le questio-ni, in quanto i Tory sono più liberisti ed antieuropei dei partiti continentali, a loro volta non sempre in accordo su questioni specifiche. Fini, per esempio, è favorevole all’in-gresso della Turchia nell’Unione Europea, CDU e Partito Popolare austriaco sono più orientati per il no, anche se non in modo categorico, mentre Sarkozy è nettamente contrario. Inoltre sempre Fini vede in modo positivo e

comunque inevitabile la società multiculturale, mentre Angela Merkel ha detto recentemente che in Germania questo tentativo è fallito completamente. La seconda è l’estrema destra vera e propria. Essa è fascista o nazista o comunque simpatizzante verso queste esperienze e vuole il ripristino della pena di morte. Economicamente è favo-revole alla reintroduzione dei dazi e delle frontiere, spes-so è statalista ed in alcuni casi vorrebbe rimettere in piedi il sistema corporativo, mentre in altri, come in Austria, è più liberista. A livello politico si richiama al nazionalismo e contesta la globalizzazione e le sue conseguenze come l’immigrazione; in politica estera è antiamericana ed antiisraeliana,mentre il rapporto con Unione Europea e musulmani è complesso.

Per quel che riguarda il primo aspetto, l’estrema destra in genere contesta l’Unione Europea, considerata una mi-naccia alla sovranità nazionale, ma in Italia Forza Nuova auspica “Un’Europa unita contro il male americano” per citare un suo manifesto.

A proposito di rapporti con il mondo islamico, una parte guarda ad esso con favore in nome delle alleanze passate e presenti contro americani ed ebrei ma anche per affinità ideologiche di fondo, come l’ostilità verso i principi libera-li e la società esistente.

Molte forze politiche di quest’area, tuttavia, o per con-vinzione o per opportunismo si oppongono ai musulma-ni, visti o comunque presentati come una grave minaccia per le nostre società e la nostra cultura. I confini tra queste due posizioni sono però più ambigui e sfumati di quanto si potrebbe pensare. Un caso emblematico è il già ricordato Le Pen, antiamericano e sostenitore in passato di Saddam Hussein e allo stesso tempo estremamente critico verso l’immigrazione islamica in Francia. Casi simili si ritrovano però anche in Gran Bretagna con Nick Griffin, in Germania con la NPD ed in Italia con Forza Nuova. Il primo, capo del BNP,da giovane simpatizzava per Khomeini, mentre ora si oppone all’Islam, oltre che alla globalizzazione. La NPD, dal canto suo,contesta il museo dell’Olocausto edificato a Berlino e gli americani, che considera criminali di guerra, ma si oppone anche alla presenza islamica in Germania e di conseguenza alla costruzione di nuove moschee. Ana-loga situazione si trova in Italia con Forza Nuova, come si può capire da un suo manifesto che dice chiaramente “Nè USA nè Islam”.

La terza è quella più genericamente nazionalista e po-pulista: essa è ambigua, in quanto da un lato è antifasci-sta e spesso non ostile verso gli USA, ma allo stesso tempo sostiene posizioni simili a quelle dell’estrema destra vera e propria come l’opposizione all’Islam ed al’Unione Eu-ropea. Un esempio è Geert Wilders in Olanda: egli usa il termine fascista in senso negativo per riferirsi al Corano e proprio in nome della difesa della libertà non è antiameri-cano, mentre si oppone alla cultura islamica, vista invece come oppressiva.

La distinzione tra queste varie anime della destra si tro-va anche in Europa Orientale, come in Serbia, Ungheria e Polonia, paesi nei quali esistono sia una destra moderata, liberista ed europeista, sia una destra nazionalista, nemi-ca della globalizzazione ed ostile verso l’Unione Europea, anche se non sempre antiamericana. come dimostra pro-prio il caso polacco. In quasi tutti gli Stati dove esistono

NUMERO 1 - DICEMBRE 2010http://www.osservatoriopiemonte.info

6

queste diverse anime, esse sono in conflitto, proprio per le profonde differenze ideologiche esaminate, tranne alcune eccezioni come Austria e Danimarca dove le varie destre hanno governato o governano insieme.

LA SITUAZIONE IN ITALIAIn Italia la situazione è, come spesso accade, complessa

per non dire anomala e paradossale. Infatti oggi esistono, udite udite, ben tre forze politiche che rientrano nel PPE: oltre a noi, infatti ci sono anche Berlusconi e, da molti più anni, Casini. Se pensiamo che in passato c’era anche il PPI non può non saltare all’occhio come forze che convive-vano ed ancora oggi convivono felicemente nello stesso partito nel Parlamento europeo, in quello nazionale sono addirittura divise tra maggioranza ed opposizione. Se non è teatro dell’assurdo questo.... L’estrema destra vera e pro-pria esiste ma la divisione in partiti, meglio dire partitu-coli, di scarsa o nulla importanza la rende politicamente irrilevante, come avviene per gli stessi motivi anche in Germania. Davvero complimenti signori miei...

A contribuire notevolmente all’anomalia italiana è an-che l’esistenza della Lega Nord, movimento strano e molto difficile da definire. In senso stretto non rientra neppure nella destra, visto che quest’ultima, come ricordato da Bocchino, si riconosce nella Nazione e nei suoi simboli, mentre la Lega Nord la pensa in modo opposto. Questo è certamente un elemento che complica notevolmente i rapporti tra FLI e Lega Nord, ma ad un’analisi più atten-ta emerge che l’insofferenza di Fini verso di essa ha radici più antiche e profonde.

La Lega Nord per certi versi può rientrare nella destra populista, in quanto ufficialmente è antifascista, contro la pena di morte e non è antiamericana, mentre è antiislami-ca e critica verso l’Unione Europea. Se fosse davvero così le divergenze, anche se profonde, potrebbero essere supe-rate, mentre questo non accade. In realtà, a ben guardare, su quasi tutti gli argomenti si notano contiguità oggettive tra la Lega Nord e l’estrema destra vera e propria, mondo dal quale Fini ha preso le distanze nettamente già in pas-sato: questo porta ad un’inconciliabilità generalizzata.

Se la posizione ufficiale della Lega Nord su fascismo e pena di morte è quella ricordata, Gentilini, significativo esponente leghista, in passato ha detto che sotto il fasci-smo la gioventù era sana, maschia ed obbediva alle leggi e Muraro, altro politico di quel partito, recentemente ha af-fermato che chi viene sorpreso a rubare nelle case degli al-luvionati dovrebbe essere fucilato. A queste affermazioni non è seguita nessuna dissociazione ufficiale, come since-ramente pensavo che accadesse. Solo silenzio... In FLI, se mai capitasse la stessa situazione, immagino sarebbe ben diverso... Economicamente, come già visto per l’estrema destra, la Lega Nord sostiene l’introduzione di dazi e cri-tica la libera circolazione all’interno dell’Unione Europea non solo per motivi di sicurezza, ma anche perché vista come una minaccia all’occupazione. Non a caso la Lega Nord è stato l’unico partito presente in Parlamento a so-lidarizzare con il BNP, che protestava contro i tecnici ed operai specializzati italiani giunti nel Regno Unito con lo slogan “Lavoro inglese per lavoratori inglesi”, e a dire che dovevamo condurre analoga battaglia da noi. Per quel che riguarda i rapporti con gli altri partiti europei, FLI aderi-

sce al PPE, mentre la Lega Nord all’Europa delle Nazioni, gruppo nel quale si trovava anche Fiamma Tricolore, e ha da tempo ottimi rapporti con l’estrema destra austria-ca, britannica e, soprattutto in passato, anche con quella russa. Infatti con queste forze condivide la lotta all’immi-grazione e l’affermazione che gli abitanti originari devo-no avere la precedenza sugli altri sotto tutti gli aspetti in nome del principio dello “ius sanguinis”. Esso afferma che si è cittadini perché si abita da tempo immemorabile su un territorio e si ha, come dice il nome stesso, un determinato sangue. In altre parole fa riferimento al concetto tedesco di “Vaterland”, il paese dei padri, e non a caso Bossi ha de-finito la Patria come il luogo nel quale riposano gli antena-ti ed esiste una determinata tradizione. Fini invece si batte per introdurre il principio francese ed anglosassone dello “ius soli”, cioè chi nasce in un determinato paese ne è cit-tadino e proprio recentemente ha detto che la Patria non è più soltanto il paese dei padri, ma è e sarà sempre di più di tutti coloro che, indipendentemente dalle loro origini, vorranno essere cittadini italiani.

Partendo da questi concetti vuole abbreviare i tempi per ottenere la cittadinanza, vincolandoli però a criteri che fanno capire la reale volontà di integrarsi, e dare loro il diritto al voto amministrativo, proposte alle quali la Lega Nord è estremamente contraria. Se questo è vero in gene-rale, vi è uno specifico punto di scontro, il rapporto con i musulmani. Fini è particolarmente aperto verso di loro tanto da proporre, sia pure come materia facoltativa, l’in-segnamento della cultura dell’Islam, mentre la Lega Nord si oppone persino alla costruzione di moschee (in passato ha compiuto vari gesti provocatori verso i musulmani) e sostiene che sono loro a doversi adeguare alla nostra cul-tura ed al nostro modo di vivere.

Emblematico è Buonanno che nel suo Comune ha vie-tato vestiti come burqa e burkini e ha posizionato cartelli stradali con “Comune deislamizzato”. Questo diverso at-teggiamento ha conseguenze importanti anche in politica estera. Fini, come già ricordato, è favorevole all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea per fare capire che sia-mo contro i terroristi, ma non combattiamo i musulmani in quanto tali, sulla falsariga di quanto sostengono gli USA da sempre in modo bipartisan per ancorare ulteriormen-te la Turchia all’Occidente ed impedirle di spostarsi ad Oriente.

La Lega Nord, al pari dei partiti di estrema destra, si op-pone per motivi geografici, in quanto la Turchia è un pa-ese asiatico, per motivi demografici perché la Turchia ha un tasso di natalità molto elevato e per motivi culturali per difendere l’identità cristiana dell’Europa. Questa sua op-posizione (come anche un suo manifesto elettorale: ”Loro, (riferito agli Indiani d’America, N.d.R.) non hanno potuto porre freni all’immigrazione. Ora vivono nelle riserve”) si spiega anche con un’altra contiguità con l’estrema destra, il rapporto conflittuale con gli USA.

Il bravo giornalista Michele Brambilla ha fatto notare come in passato gran parte della politica estera della Lega Nord, come l’appoggio a Milosevic ed i rapporti con i par-titi politici ricordati in precedenza, abbia avuto proprio questo filo conduttore in quanto gli USA, società multi-culturale per eccellenza, sono il simbolo vivente di quello che non deve accadere in Italia. Inoltre questo giornalista

NUMERO 1 - DICEMBRE 2010http://www.osservatoriopiemonte.info

7

afferma che alla Lega Nord, contrariamente agli USA, non interessa assolutamente esportare la democrazia in al-tri paesi e che i leghisti hanno sostenuto l’attacco contro Saddam Hussein solo perché non potevano agire diver-samente. Questo dà una luce diversa anche alle richieste periodiche di ritiro dall’Afghanistan, in quanto mosse dallo spirito di fondo appena descritto, prima ancora che per motivi elettorali. Fini invece da molti anni ha ottimi rapporti con gli USA sia per motivi politici in senso stret-to come l’esportazione della democrazia sia perché, come ricordato in precedenza, considera in modo positivo la so-cietà multiculturale. Questo aspetto è emerso molto bene durante la visita all’Aquila di Nancy Pelosi, quando Fini,

partendo dalle origini italiane di quest’ultima, ha sotto-lineato l’importanza giocata dagli stranieri nell’edificare la società americana con chiaro, anche sè implicito, au-spicio a fare altrettanto in Italia. Anche per questi motivi, oltre che per un principio generale di responsabilità, FLI sostiene con convinzione le missioni internazionali alle quali partecipiamo, a cominciare proprio da quella in Af-ghanistan. Ne emerge che il rapporto con la Lega Nord è così problematico non per meschini interessi elettorali le-gati a qualche voto in più al Sud od al Nord, come si pensa comunemente, ma perché FLI e Lega Nord hanno ideali e quindi obiettivi tra loro contrapposti.

Per molti è un piacere per altri una tortura, tuttavia basta leggersi i giornali o sentire parlare politici e amministra-tori per capire che spesso non conoscono molto bene o ignorano del tutto la materia su cui intervengono. Maga-ri sono pure assessori o ministri ed assumono decisioni con ricadute sociali, economiche territoriali pesanti. In una società in cui persino i buttafuori devono fare corsi di formazione, ai politici potenziali gestori delle sorti della comunità è richiesto di saper leggere e scrivere (mi pare la terza media). Ecco perché abbiamo pensato di proporre una raccolta di materiale didattico tutt'altro che esaustivo e redatto per i corsi di formazione della regione Piemonte. Si tratta in qualche caso di semplici raccolte di slides pre-disposte dai relatori, altre volte di veri e propri libri. Hanno il pregio di esser stati redatti per un ente pubblico, quin-di per dipendenti pubblici e pertanto rispettosi delle for-malità richieste in questo contesto ossia, conformità alle leggi, politicamente corretti, imparziali,. Oltre a questo hanno spesso il dono della sintesi che può diventare una utile traccia per i lettori che intendono svolgere successivi approfondimenti. In qualche caso vengono trattati espli-citamente argomenti legati al funzionamento dell'istitu-zione pubblica, tema particolarmente interessante per un soggetto politico che ha ovviamente fra i suoi obiettivi l'in-gresso nelle istituzioni. I documenti sono disponibili per tutti sul sito di osservato-riopiemonte, ecco i titoli:• Ambiente e sostenibilità dello sviluppo, • Analisi delle politiche pubbliche, • Appalto di beni e servizi, • Codice della privacy e accesso agli atti,

• Comunicazione e gestione di un progetto,• Corso base di comunicazione, • Costruzione di un progetto, • Esercitazioni sul diritto di accesso novità giurispruden-ziali, Finanza innovativa,• Gestire riunioni e focus group,• Governo del territorio,• I documenti di finanza pubblica,• I soggetti di diritto pubblico,• Il demanio idrico - aspetti legislativi e gestionali,• Il quadro costituzionale,• Il sistema bilancio regionale - aggiornamento,• Introduzione al marketing territoriale,• Introduzione al territorio ed all'ambiente del Piemonte,• Introduzione all'analisi socio-economica,• Introduzione all'economia,• La cittadinanza europea,• La comunicazione di genere, • La società dell'informazione nell'Unione europea, • Le evoluzioni istituzionali ed organizzative della nuova P.A., L'ecologia dei rifiuti nel contesto ambientale, L'Unio-ne Europea e le sue Istituzioni, • Pari opportunità - le tappe e gli strumenti di un percorso per i diritti delle donne..., • Pari opportunità e politiche di genere, • Psicologia della comunicazione - tecniche e strumenti, Qualità e controllo alimentare, • Rapporti tra stato, regioni ed ee.ll. - scenari di riforma e ricadute sulla R. Piemonte, • Salute e sanità nella Regione Piemonte, • Sistemi elettorali, • Solidarietà, occupazione e politiche sociali.

E se cominciassimo/continuassimo/riprendessimo a studiare?In una società in cui persino i buttafuori devono fare corsi di formazione, ai politici potenziali gestori delle sorti della comunità è richiesto di saper leggere e scrivere (mi pare la terza media)

Alcuni iscritti ci hanno comunicato che sulla loro casel-la di posta elettronica appositamente creata per ricevere la posta di Generazione Italia/FLI hanno ricevuto mail pubblicitarie commerciali. A seguito di approfondimen-ti parrebbe, ma si tratta evidentemente di un errore, che qualcuno abbia avuto la brillante idea di passare ad amici

Sommessamentel’elenco delle mail degli iscritti per fare pubblicità alle loro attività. E’ appena il caso di ricordare che esiste una legge sulla privacy e che l’invio di posta non desiderata e non autorizzata configura un abuso sanzionato penalmente dalla legge. Siamo tutti certi che gente esperta e scafata come i dirigenti nominati e chiamati a guidare il nascente partito non possano cadere in simili ingenuità; non sono mica dei pirla !

NUMERO 1 - DICEMBRE 2010http://www.osservatoriopiemonte.info

8

di Christian MARI

Non è semplice parlare di “sicurezza” e dei proble-mi ad essa legati. Perché al pari di tanti miei ex colleghi, di tanti professionisti della difesa e della sicurezza dello Stato sono stato cresciuto, da una parte, all’ombra di una bandiera e all’ombra della scritta “Patria e Onore” scolpita sulla torre di un Accademia Militare, dall’altra all’ombra della scritta “stai zitto”, che non vuole riproporre un grigio passato ma vuole ricordare a tutti voi che i militari, ed in generale gli uomini che indossano una divisa, che abbia-no o no le stellette, non sono abituati a lamentarsi, non sono avvezzi a parlare dei propri problemi. E questo per-ché da un lato crescono da buoni militari nella cultura della riservatezza, dall’altro vengono educati ad eseguire gli ordini con la massima efficacia ed efficienza, secondo le linee guida dei vari codici di disciplina, i quali, però, non prevedono la possibilità di replica. Ma questo non vuol dire che non soffrano, questo non vuol dire che sia tutto “rose e fiori”. Soffrono, e svolgono giornalmente il proprio dovere come servitori della Stato. Soprattutto svolgono il proprio dovere nel si-lenzio. Mi permetto inoltre di dire che quelle centinaia di migliaia di persone che vestono un uniforme rappresen-tano degnamente quella cultura della legalità che Futuro e Libertà si appresta a rappresentare.

Perché, vedete, l’Italia è il paese del diritto, un paese in cui tutti sono consci e combattono giustamente per i pro-pri diritti, combattono per un lavoro, per una pensione, per la sanità. Ma non è altresì il paese del dovere, perché pochi se ne ricordano. E non mi riferisco solamente all’il-legalità mafiosa, ma all’evasione fiscale o più semplice-mente alla gente che non si ferma ad un semaforo rosso. E’ un fatto culturale, è il concetto radicato in tanti italiani, purtroppo, che le regole possono essere infrante o raggi-rate, siano esse leggi dello Stato o semplici regole morali. Se veramente l’intento di Futuro e Libertà è quello di ap-poggiare, di perseguire una politica ed una cultura della legalità, permettetemi di dire che abbiamo l’obbligo di appoggiare e sostenere quelle persone che giornalmente combattono la malavita alle porte di una periferia qui in Italia, o il terrorismo sui monti afghani. Combattono pro-prio perché quella stessa legalità voluta da Futuro e Liber-tà sia perseguita.

La professionalità richiesta da parte degli operatori della sicurezza è andata via via negli anni sempre più au-mentando quantitativamente e qualitativamente a fronte di una investimento che non ha avuto adeguato seguito. Si può altresì dire che mancano i soldi per la manutenzione dei mezzi, per i ricambi, mancano i soldi per il carburante, in certi casi mancano addirittura i soldi per le munizioni. Qualche mese fa ho avuto l’onore, quale coordinatore di

un Circolo di Generazione Italia interessato ai problemi di questi operatori, il Circolo Giovanni Palatucci, di aprire una Tavola Rotonda sul tema della sicurezza: sono rimasto impressionato, al pari del pubblico intervenuto, nell’udi-re dai rappresentanti di alcune categorie legate al mondo delle Forze di Polizia, di quanto sia grave e, ahimè, cronica la mancanza di mezzi. Questi operatori per la sicurezza sono sempre stati un ampio bacino di voti per la destra, ma, e prendiamone coscienza, chiaramente in loro si sono largamente diffusi il malumore e soprattutto la sfiducia verso questa destra che loro stessi avevano appoggiato. La tutela della sicurezza dei cittadini deve costituire per noi realmente una priorità politica, come l’appoggio non solo

psicologico, per tutti quei professionisti che giornalmente si adoperano affinché questa sicurezza sia realizzata. Dobbia-mo adoperarci affinché essi siano messi nelle adeguate condizioni finanziarie per ottemperare al proprio ruolo, senza soluzioni di facciata, propagandistiche e soprattutto di cronica emergenza. Pro-poniamo una riallocazione delle risorse

finanziarie perché non si possono acquisire nuovi mezzi e decurtare le già scarse risorse dedicate all’addestramento dei reparti, alla manutenzione e gestione.

Corriamo il rischio, ad esempio, di avere aeroplani nuovissimi e modernissimi (si è parlato a lungo qualche settimana fa del programma di acquisizione per oltre 471 milioni di euro dei nuovi bombardieri F35) il che in-dubbiamente aiuterebbe l’industria italiana, ma di dover decurtare le spese legate al carburante degli stessi aerei che se ne staranno pertanto tranquillamente in hangar a prendere la polvere. E questo, permettetemi di dirlo, e tut-to fuorché ottimizzazione. Perché no, eventualmente rive-diamo l’operatività internazionale, se necessario, a fronte di un aumento delle capacità di sicurezza nazionale. Ab-biamo aperte 33 missioni internazionali a fronte di una ri-chiesta di quasi 10000 militari! Personalmente ho prestato il mio servizio in Iraq , in Libano, in Afghanistan e so che il lavoro dei nostri soldati è lì assolutamente importante ed efficace, ciò nonostante non me la sento di dire a mia mo-glie, ai miei figli che hanno meno protezione in patria per-ché qualcuno sta facendo il proprio dovere a 4000 miglia di distanza. Pertanto mi rivolgo al Presidente Fini, quale primo rappresentante di Futuro e Libertà per l’Italia: se il Suo intento è quello di appoggiare concretamente quelle donne e quegli uomini che giornalmente si sacrificano per la nostra sicurezza e quella dei nostri figli, noi non pos-siamo che essere con Lei, perché di certo non possiamo aspettarcelo da squallidi “omini verdi” che sono fieri di dire di non conoscere l’inno nazionale di quella Patria per cui i nostri uomini, invece, sono pronti a sacrificare la vita.

Grazie a nome mio e a nome di tutto il Circolo Palatucci Amici delle FF.AA. e delle FF.OO.

A PROPOSITO DI SICUREZZA Il circolo Palatucci è uno dei pochi circoli tematici del Piemonte. Ha un suo sito www.generazioneitaliapalatucci.it/ in cui si trattano tematiche relative a forze dell’ordine, forze armate e cultura. Christian Mari è uno dei promotori.

 

A PROPOSITO DI SICUREZZA Il circolo Palatucci è uno dei pochi circoli tematici del Piemonte. Ha un suo sito www.generazioneitaliapalatucci.it/ in cui si trattano tematiche relative a forze dell’ordine, forze armate e cultura. Christian Mari è uno dei promotori.

NUMERO 1 - DICEMBRE 2010http://www.osservatoriopiemonte.info

9

 

I CIRCOLI DI GENERAZIONE ITALIA“In relazione ai Circoli -ha proseguito l'On. le Maria Gra-

zia Siliquini- peraltro, il Piemonte rappresenta una delle regioni italiane ove tale spontaneismo aggregativo è mag-giore e, ciò, anche grazie alla grande attività svolta da Ge-nerazione Italia Piemonte, da tutti i giovani e tutti gli ade-renti al movimento, che in questi mesi ci hanno aiutato a costruire le basi per questa nuova realtà politica. Allo stato attuale, FLI può contare su:

- 42 Circoli già fondati e riconosciuti in Torino e provin-cia, con altri 23 Circoli in via di riconoscimento;

- 76 Circoli già fondati e riconosciuti nelle altre provincie piemontesi, con altri 34 Circoli in via di riconoscimento; quindi, complessivamente in Piemonte, 118 Circoli già fondati e riconosciuti e 57 Circoli già allestiti ma ancora in fase di riconoscimento, con totale pari a 175 Circoli ed adesione ai medesimi pari a oltre 3.700 persone”. “Sul fron-te istituzionale -ha aggiunto Siliquini- FLI può poi contare, in ambito regionale, su oltre 230 amministratori comunali e circoscrizionali la cui adesione è già stata accettata ed ulteriori circa 100 (provinciali e comunali) la cui richie-sta adesiva è al vaglio di FLI. In particolare, FLI risulta già presente con propri consiglieri nel Consiglio Provinciale di Vercelli e Asti ed ha propri gruppi costituiti in vari Comuni, tra cui, in ambito provinciale torinese, Settimo e San Mau-ro, oltre a Torino città, con gruppo formato da tre consiglie-ri: Ennio Galasso (capogruppo), Dario Troiano e Carlo Za-nolini”. “L’attuale embrionale organizzazione territoriale di

FLI -ha proseguito l'onorevole- si fonda su un triunvirato regionale composto dall’on. Roberto Rosso (coordinatore regionale), dall’on. Maria Grazia Siliquini (coordinatrice del Collegio Piemonte 1 – città di Torino e sua provincia) e dal sen. Giuseppe Menardi; a questo primo livello segue poi un tavolo operativo composto dal sen.Roberto Salerno (già senatore e consigliere regionale di Alleanza Nazionale con funzione di responsabile organizzativo sulla regione), da Pierluigi Marengo (già consigliere regionale di Forza Italia) e da Dario Troiano (attuale consigliere comunale e già consigliere comunale e provinciale di Forza Italia con funzione anche di coordinatore organizzativo sulla città di Torino). A loro si affiancano inoltre Gianluca Pontalto (già coordinatore provinciale di Generazione Italia) qua-le responsabile della comunicazione e portavoce di FLI; Raffaele Corapi (già consigliere comunale e attuale coor-dinatore della consulta del lavoro FLI) e Angelo d'Acunto (consigliere della IV Circoscrizione del Comune di Torino, già dirigente Nazionale di Azione Giovani), entrambi già indicati quali vice-coordinatori di Torino e Provincia”. “E’ poi in allestimento -ha concluso Siliquini- nel breve, un coordinamento regionale e provinciale dei Circoli e del movimento giovanile (Generazione Giovani), che diverrà, attraverso propri rappresentanti, parte della struttura or-ganizzativa provvisoria di FLI, in attesa della costituzione degli organi effettivi di partito a seguito della fondazione prevista nel prossimo gennaio”.

In un comunicato stampa di M.G. Siliquini del 16 Novembre u.s. la presenza sul territorio e la struttura gerarchica che si sta formando.

 Noi vogliamo un’Italia in cui i cittadini che fanno il loro

dovere godano di diritti certi, garantiti da uno Stato più efficiente e meno invadente, senza burocrazia e clientele.

Un’Italia protagonista e competitiva nel mondo, aperta al mercato e alla concorrenza.

Un’Italia intransigente contro la corruzione e contro tut-te le mafie, che promuova la legalità, l’etica pubblica e il senso civico.

Un’Italia del merito, senza privilegi, caste e rendite di posizione, dove tutti abbiano uguali opportunità e venga-no premiati i più capaci.

Un’Italia solidale, attenta ai più deboli e agli anziani, fondata sulla sussidiarietà, che valorizzi l’associazionismo e il volontariato.

Un’Italia rispettosa della dignità di ogni persona, co-sciente della funzione educativa e sociale della famiglia, garante dei diritti civili di ognuno.

Un’Italia che difenda e valorizzi l’ambiente, il paesaggio, le bellezze naturali, il suo straordinario patrimonio cultu-rale e storico.

Un’Italia che rimetta in moto lo sviluppo economi-co puntando sulle imprese, sui giovani e sulle donne, sull’economia verde, sullo sviluppo della rete, un’Italia che produca più ricchezza e garantisca una maggiore qua-lità della vita.

Un’Italia che investa nella cultura, nella formazione e nella ricerca, nella scuola e nell’università: un’Italia che promuova l’innovazione, le infrastrutture immateriali e dove arte, cinema, musica e teatro siano motore della cre-scita.

Un’Italia severa con chi vìola le leggi, attenta alla sicu-rezza dei cittadini; un’Italia con un fisco equo, che sanzio-ni l’abusivismo e l’evasione fiscale, che combatta parassiti e furbi e premi la dignità del lavoro.

Un’Italia in cui la politica non sia solo scontro e propa-ganda, ma si ispiri a valori e programmi per garantire l’in-teresse nazionale e il bene comune.

Un’Italia che abbia un futuro di libertà.La nostra Italia.

NUMERO 1 - DICEMBRE 2010http://www.osservatoriopiemonte.info

10

COME SI ORGANIZZANO I TAVOLI DI RACCOLTA FIRMEOrganizzare la militanza politica, fare “tavoli” con successo, coinvolgere iscritti e soprattutto i cittadini facendoli firmare non sono obiettivi semplici che possono essere improvvisati, occorre metodo, impegno: tanto, volontà ed anche un po’ di pratica esperienza.

Raccogliere l’adesione con iscrizione al futuro partito con tanto di versamento di dieci euro non è cosa facile, cer-to è che bisogna organizzarsi e non basta dire ai militanti armatevi e partite; occorrono “praticoni” in grado di fare in prima persona quello che chiedono di fare ai militan-ti. Le armate Brancaleone armate solo di buona volontà, come sempre, non vanno da nessuna parte. Molti iscritti e simpatizzanti di Generazione Italia dichiarano di avvici-narsi per la prima volta ad un partito, si dichiarano quindi privi di esperienza in materia. Non sanno cosa significhi “fare” politica, non sanno come condurre iniziative politi-che, non sanno come sia organizzato e come funziona un partito. Altri invece, numerica-mente maggioritari, hanno già avuto precedenti esperienze in tal senso, provengono per lo più dai partiti del centro e del-la destra, Alleanza nazionale , Forza Italia, PdL. Qualcuno dichiara di aver sempre votato a sinistra e recentemente ab-biamo conosciuto anche un giovane che si dichiara ex mi-litante della estrema sinistra proveniente da una famiglia tradizionalmente sempre legata al vecchio PCI. Qualcuno anche con “antiche” esperienze radicali.

Gli organi nominati del partito “in gestazione” il FLI che ricordiamo dovrebbe nascere a gennaio a Milano, hanno promosso una campagna di tesseramenti che, ci riferisco-no, dovrebbe portare in pochi mesi a decine di migliaia di iscritti. Come? Non è chiaro ma, ci pare, promuovendo i cosiddetti “ banchetti” versione FLI dei “tavoli” di raccol-ta firme dei radicali e dei “gazebo” leghisti. Va detto che il termine banchetto ci pare il meno adatto, non so perché ma ci fa venire in mente quegli interminabili pranzi ma-trimoniali natalizi e simili a base di bagna cauda, agnolotti e bolliti. Ma al di là dei nomi sarebbe tuttavia utile intro-durre qualche elemento di informazione, meglio sarebbe stata un po’ di vera e propria formazione, su come fare un tavolo di raccolta firme. In mancanza di tutto ciò provia-mo a dare qualche suggerimento a coloro che muniti solo di buona volontà vogliono cimentarsi nel “contatto cal-do” con il popolo. Prima di tutto il permesso per il suolo pubblico da richiedere al comune. Per i partito e le asso-ciazioni senza scopo di lucro è o dovrebbe esser gratuito, basta inviare richiesta anche via internet ai vigili urbani. La postazione: sempre ben visibile anche da lontano, sotto questo profilo molto meglio un gazebo di un semplice ta-volo pieghevole, i più economici costano attorno ai trenta euro, attorno agli 80-100 quelli telescopici e pieghevoli che si aprono e si chiudono in un istante. Tavoli, ottimi quel-li da tappezziere, sono pieghevoli e soprattutto lunghi, in grado quindi di offrire idoneo spazio al materiale propa-

gandistico e ai manifesti che fissati con semplici puntine o scotch consentono al passante di identificare subito il partito promotore del tavolo. Non devono mai mancare le bandiere del FLI che, ricordiamo, rappresentano il simbo-lo che andrà a finire sulla scheda elettorale, è importante che i cittadini imparino a conoscerlo e riconoscerlo. Ma-teriale sul tavolo: sempre i gadgets da vendere per un pri-mo minimo autofinanziamento. Sempre una cassetta con scritto in caratteri cubitali: Autofinanziamento. Sono un chiaro messaggio che FLi vive, almeno per ora, di autofi-nanziamento e non di contributi più o meno occulti. E’ un altro elemento di differenza fra FLI e gli altri partiti specie

di centro-destra. Provino i mi-litanti di Berlusconi a chiedere contributi ai cittadini… ! Altro importante materiale disponi-bili sul tavolo: qualche copia di Osservatoriopiemonte, basta scaricarla dal sito e farne qual-che fotocopia, non costa nien-te e potrete chiedere un con-tributo. Obiettivo secondario: portare le persone a firmare il manifesto per l’Italia, lascerà cosi nome cognome ed indi-

rizzo magari e-mail per successivi contati; Obiettivo cen-trale, ben più difficile: raccogliere l’adesione con iscrizio-ne la movimento e con tanto di versamento di dieci euro di cui sarebbe opportuno rilasciare sempre ricevuta con tanto di nome e cognome del militante che ha raccolto i soldini. Quante persone al Tavolo: se sono esperti bastano due, volantinano creano il contatto e se ha successo si re-cano al tavolo per raccogliere l’adesione. Se non c’è molta esperienza, si consiglia comunque sempre la presenza di almeno uno esperto, tre o quattro persone almeno. Due volantinano e due ai tavoli che si danno il cambio. Come avvicinare la gente: se il tavolo è visibile e soprattutto rico-noscibile da lontano i passanti si autoselezionano da soli. I simpatizzanti passeranno vicino e, se siete fortunati, si fermeranno spontaneamente per chiedere informazioni e magari firmare o acquistare qualche gadget; se sono su altre sponde politiche gireranno più alla larga. Fra i due estremi vi sono poi gli indecisi o i curiosi, su questi si deve puntare, il pretesto è porgere un volantino, se lo prendono, in funzione della persona: giovane, anziano, uomo, donna aprire il dialogo e la comunicazione. Qui si va a sensazione ed a istinto, un buon militante con qualche decina “tavo-li” alle spalle può diventare un vero e proprio killer dei contatti. Con poche parole riesce ad attirare l’interesse del passante ed a convincerlo ad apporre la propria firma sul foglio al tavolo. Utilissimo, anche se deve essere usato con parsimonia, il megafono e lo speakeraggio. Considerate che passano almeno una decina di secondi fra quando un passante sente con chiarezza la vostra voce e il passaggio

 

NUMERO 1 - DICEMBRE 2010http://www.osservatoriopiemonte.info

11

davanti al tavolo. In quei secondi potete lanciare i mes-saggi utili a farlo fermare al tavolo. La voce non richiede lo sforzo di leggere, il messaggio si acquisisce immediata-mente, se la persona non è del tutto indifferente o ostile, può ascoltare con interesse e senza far notare l’attenzione, deciderà all’ultimo momento anche lei come chi parla in base al proprio istinto. Va da sé che il messaggio deve es-sere calibrato: se vedete avvicinarsi un gruppo di studenti o delle casalinghe, piuttosto che impiegati è opportuno citare temi di loro interesse. Formalmente lo speakeraggio come lo strillonaggio sarebbe vietato, ma se praticato cum grano salis pochi slogan in pochi secondi nessuno chia-merà i civich. Ovviamente evitate di farlo proprio quando stanno passando da quelle parti. Attenzione ai provoca-tori. I “tavolinari” devono essere impermeabili agli insulti lanciati da chi disprezza ciò che essi rappresentano con la nostra militanza; le provocazioni più gettonate: quelle qualunquiste “va a lavorare che e meglio”, “non ho tem-po da buttare, io”, per arrivare alle provocazioni più mirate “vai a dare i volantini a Montecarlo”, “alla larga dai tradi-tori” e simili facezie. Spiacevoli ma non certo pericolosi, diverso l’incontro con esponenti dei centri sociali o sem-plicemente di piantagrane professionisti. Lì le situazioni

possono anche degenerare, ma sono casi eccezionali, di solito a margine di manifestazioni o iniziative politiche. Regola aurea: mai raccogliere le provocazioni e se del caso smontare tutto e andarsene, parlarne con gli amici del cir-colo, comunicare ai dirigenti. esistono varie soluzioni a si-tuazioni del genere che verranno adottate di volta in volta. Se è stata un eccezione, si può rifare il tavolo in altro gior-no, se è sistematico, segno che il territorio non ha agibilità democratica, si può chieder l’intervento delle forze dell’or-dine e ripristinare il diritto e la legalità (situazioni critiche potrebbero crearsi a Porta Palazzo o San Salvario ma non è detto bisogna sperimentare). Tanto altro si potrebbe dire sull’organizzazione dei tavoli: come, quando, dove, far-li , come preparare i “tavoli nari” e i tavoli. Utilissimo un breve comunicato ai giornali locali (Stampa, Repubblica, Torino cronaca, City, Metro ecc.) Può così capitare che chi è interessato, avendolo letto sul giornale, venga al tavolo e, se si è fortunati, si unisca per qualche minuto o qual-che ora e dia una mano. Anche così si acquisiscono nuovi amici/amiche. Tutto questo però dovrebbe far capo a uno o più “esperti”, meglio sarebbe usare la parola “praticoni”, che siano in grado di organizzare i tavoli, qualcosa in più che dire armatevi e partite.

Esiste un ben preciso legame fra democrazia interna dei partiti, partecipazione e astensionismo elettorale. Basta partire dalla considerazione, a tutti evidente, che non tutti i militanti di un partito potranno entrare a far parte delle istituzioni. E’ una semplice questioni di numeri. Il fatto in sé però non costituisce un problema se vengono garanti-te altre modalità di partecipazione politica. In presenza di strumenti di partecipazione diretta alla vita politica da parte degli iscritti è, evidente che ognuno può trovare spazi di confronto per portare avanti le idee, i valori ed i principi in cui crede. Il confronto opportunamente orga-nizzato e strutturato diventa così la base del successo del partito. Gli iscritti diventano la cinghia di trasmissione fra gli eletti nelle istituzioni e la società civile; essi infatti rivestono un importante doppio ruolo quello di militanti e quello di semplici cittadini dentro la cosiddetta società civile, interpreti e certamente più vicini alle esigenze che da essa emergono. Se ad essi viene data la possibilità di confrontarsi, di discutere di costruire insieme agli eletti le posizioni, le proposte da assumere nei palazzi del potere e nelle stanza dei bottoni, diventano e restano parte attiva ed essenziale nella vita del partito, invogliati a continuare nel loro impegno e ad estendere la partecipazione anche da altri soggetti. Ma la partecipazione costituisce anche un ottima prevenzione rispetto ai fenomeni di uso e abuso degli incarichi istituzionali. E’ fin troppo facile, in assen-za di un rapporto costante con la base, per un eletto fare scelte che hanno utilità altre rispetto all’interesse comune.

Cosa ci vuole a dare un voto favorevole o contrario su una delibera o un disegno di legge in cambio di un aiutino ma-gari in qualche nomina o altro incarico a qualche amico o parente. Un eletto lasciato solo senza alcuna possibilità di confronto è inevitabilmente esposto al rischio di pren-dere decisioni legate al proprio tornaconto. In assenza di strumenti di partecipazione inevitabilmente l’unico ruolo che resta a chi vuol fare politica attiva è quello di satelli-te rispetto agli eletti nella costruzione di un apparato di consenso finalizzato sostanzialmente alla riconferma del “capo” ed alla sua carriera politica. I limitati spazi dispo-nibili, l’impossibilità di incidere sulle scelte, e tanto meno quella di prospettive di crescita sia nel partito che nelle istituzioni, finiscono per allontanare la maggior parte del-la militanza condannando i partiti che commettono que-sto errore all’isolamento ed alla autoreferenzialità, salvati nella forma, ma non nella sostanza, solo dal fatto che nelle elezioni il numero degli eletti non tiene in alcun conto di chi non va a votare o annulla il voto. In questo contesto hanno tutto da guadagnare i grandi partiti che controllano la maggior parte delle cariche pubbliche. Chi resta fuori sostanzialmente si allontana dalla politica attiva andan-do ad ingrossare le fila degli astenuti e dei qualunquisti. Così il ruolo degli eletti rischia di diventare in sostanza un inseguimento del consenso ed una perdita di capacità di governare quegli eventi e situazioni che richiedono scelte difficili e dove, è la regola, altre forze politiche hanno buon gioco a contrapporsi.

PARTITO, PARTECIPAZIONE E ASTENSIONISMOIl confronto opportunamente organizzato e strutturato diventa così la base del successo del partito. Gli iscritti diventano la cinghia di trasmissione fra gli eletti nelle istituzioni e la società civile; essi infatti rivestono un importante doppio ruolo quello di militanti e quello di semplici cittadini dentro la cosiddetta società civile, interpreti e certamente più vicini alle esigenze che da essa emergono.

NUMERO 1 - DICEMBRE 2010http://www.osservatoriopiemonte.info

12

Periodico indipendente di politica, cultura, storia. Supplemento a - Guida a destra - aut. tribunale di Torino n° 5554 del 2-11-2001. sede legale Cantavenna di Gabiano (AL)Redazione: Via Borgone, 57 - Torino c/o Circolo Cavour GIwww.osservatoriopiemonte.info Direttore Responsabile: dott. Enzo GinoComitato di Redazione Provvisorio: Enzo GINO TORINO: Andrea MARISCOTTI - Erik PALENI Domenico IDONE - Miriam MARVASO Marco GERACE - Christian MARI Riccardo MANZONI ASTI: Massimiliano PETTINOProgettazione Grafica: Joyful Publishing (011.19502711)Tipografia: ATS - (TO)per informazioni, collaborazioni, pubblicità e contatti:[email protected] - tel . 335-7782879

Finito di stampare nel mese di dicembre 2010

Stiamo costituendo il Comitato di redazione di OP che vorrebbe raccogliere rappresentanze da tutte le province Piemontesi. Chi intende collaborare può inviare la propria disponibilità a [email protected].

L’idea è quella di fare un periodico in cui vengono trattati gli argomenti di politica, cultura, storia su cui incardinare informazione e confronto finalizzato a creare un sentire co-mune per il movimento, inteso come iscritti, simpatizzanti, affini e vicini all’area di Futuro e Libertà per l’Italia. Anche se l’orizzonte è Piemontese questo non vuole essere un limite anzi riteniamo importante sviluppare confronto e rapporti con tutte le altre realtà nazionali ed iniziative simili.

Gli argomenti da trattare sono tanti, tante sono anche le diversità e le sensibilità presenti oggi in questo movimento che, ci pare, abbia trovato nella iniziativa di Fini un pre-testo per liberarsi dalla cappa di conformismo “di destra” creato in tanti anni di pensiero, se non unico, certamen-te ristretto. Stretto nella sua logica di contrapposizione di guerra, di chiamata alle armi, tanto utile a vincere quanto inutile a convincere e soprattutto a fare riforme.

Anzi spesso in nome della difesa dal “nemico” incom-bente ogni diversa idea, pensiero o proposta è stato espli-citamente o implicitamente censurata.

Riteniamo ci sia ora tanto da costruire in termini di “pensieri, parole ed opere”, si tratta, consentitemi l’azzar-do, di rifondare una destra che è passata dal post-fascismo ad una sorta di monarchia autoreferenziale in cui istituzio-ni, potere, informazione ruotano attorno ad una persona.

Ecco perché vogliamo fare un periodico, OP, aperto a tutti, in cui tutti possano scriverci, ed in cui si possa consolida-re nel tempo un gruppo di lavoro che sappia dare corpo e anima ad un sentire comune di tanti che oggi fanno parte o si sentono attratti dal richiamo del nuovo soggetto politico.

Oltre alla versione su internet che chiunque può scarica-re ed eventualmente fotocopiare e diffondere, intendiamo farne una versione cartacea utile per coloro, e sono tanti, che amano leggere con calma e con comodo nei momenti di tranquillità, senza necessariamente porsi di fronte un PC con cui navigare in internet. Sotto il profilo economico attualmente il giornale è autofinanziato e quindi limitato nella sua portata sia in numero di copie che di impagina-zione. Al di là del volontariato che è, e resta, un elemento essenziale, si intende arrivare ad un sistema di finanzia-mento in grado di garantirne maggiore diffusione e magari una certa regolarità nelle uscite. Ringraziamo sin d’ora chi, a vario titolo, intenderà collaborare.

Comitato di redazione: Attualmente il Comitato di re-dazione provvisorio è costituito oltre che da Direttore Re-sponsabile Enzo Gino, da: Torino: Andrea MARISCOTTI – Erik PALENI – Domenico IDONE – Miriam MARVASO – Marco GERACE – Christian MARI – Riccardo MANZONI. Asti: Massimiliano PETTINO.

Cercasi amici in quel di: Alessandria; Vercelli; Novara; Biella; VCO; Cuneo.

Chi è interessato a collaborare può inviare una mail a [email protected]

FARE UN PERIODICOBuona volontà, un po’ di tempo e tanta passione sono gli ingredienti essenziali per una attività che non darà mai guadagni ma solo alcuni piaceri in via di estinzione: quello di conoscere, pensare e scrivere.

SPAZIO PUBBLICITARIO DISPONIBILE

PER INFO:335-7782879