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03 Mv 0405 20-37 - Millennium Ecosystem...

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20 APRILE 2005 G. Moti/Olycom
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G. M

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Da due anni in Sudan si combatte una guerrache ha causato finora due milioni di sfollati ecirca centomila morti. La lotta per il controllodei terreni più fertili,ormai insufficienti a sfama-

re una popolazione in crescita,figura tra le cause con-clamate del conflitto. In altre parole,nella regione delDarfur si paga il prezzo di una crisi ecologica, dovutaalla scarsità delle risorse rispetto alla popolazione increscita.Ma i campanelli d’allarme di un pianeta in cri-si suonano ormai dappertutto. Con esiti meno tragici,la crisi arriva anche nei nostri piatti.Le reti dei pescato-ri tornano sempre più vuote e non esistono rimedi alcrollo verticale della disponibilità di pesce.

IIII llll FFFFUUUUTTTTUUUURRRROOOOddddeeeellll llll ’’’’uuuuoooommmmoooo

Le Nazioni Unite hanno promosso la più grandericerca mondiale per valutare lo stato

degli ecosistemi e delle risorse naturali e individuarele possibilità di azione per un futuro sostenibile.

Possibilità che esistono e che richiedonola partecipazione di tutti

Millennium Ecosystem Assessment

R I S O R S E N AT U R A L I

Pilar de Oliveira �

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Due segnali tra i tanti. Note stonate per unasocietà che ignora i limiti delle risorse natura-li, poco attenta agli avvertimenti degli scienzia-ti, che da tempo mettono in guardia sulla neces-sità di pensare a un futuro di crescente crisidegli ecosistemi. Quel futuro si realizza sotto inostri occhi. Giorno per giorno il pianeta pre-senta il conto e più che mai diventa urgente chegli scienziati si facciano ascoltare. Se le infor-mazioni scientifiche sugli ecosistemi sono lapremessa per migliorare le scelte dei governi,occorre costruire un ponte tra la comunità scien-tifica e tutti i soggetti che possono contribuireal cambiamento. Questo è il punto di partenzadel Millennium Ecosystem Assessment (MA), l’i-niziativa lanciata cinque anni fa dalle NazioniUnite, della quale vengono anticipati i risulta-ti in questi giorni. Già i numeri offrono un buoncolpo d’occhio sul significato di questa impre-sa: 1.200 studiosi coinvolti nella prima stesu-ra, che arrivano a un totale di duemila se siaggiungono quelli che hanno partecipato ai duecicli di revisione dei testi; 180 governi coinvol-ti a vario titolo, dalle convenzioni internazio-nali che sostengono l’iniziativa (quella sulla bio-diversità, quella sulle zone umide, quella sulladesertificazione) al finanziamento diretto; diver-se centinaia di pagine, dense di dati e di anali-si, risultato di quattro anni di lavoro.

Il “metodo Kyoto”

Generalmente, quando si discute di ecosi-stemi e biodiversità, il discorso non superamai un certo livello di dettaglio: si cita un par-ticolare invertebrato in Irlanda, alcuni chilo-metri quadri di steppa mongola, una forestatoscana, il bacino di un fiume in Sudafrica. Idati raccolti e analizzati dagli scienziati sonoframmentari, scomposti e il loro lavoro rischiadi apparire ozioso, come una sorta di collezio-nismo all’aria aperta. In vista di un’azione glo-bale per la biodiversità occorre invece un sal-to di qualità, una cornice globale. «Non è uncaso – spiega Gianfranco Bologna, direttorescientifico del WWF Italia – che il MA sia sta-to voluto, tra gli altri, dalle grandi convenzio-ni internazionali, quali quella sulla diversitàbiologica, con la convinzione che esso possacostituire il massimo sprone operativo per unapolitica attiva e concreta». Non solo l’ONU hacommissionato un ritratto del pianeta quan-

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RISORSE NATURALI

NEL CORSO degli ultimi 50anni l’azione umana ha tra-sformato gli ecosistemi inmodo più radicale che inogni altra epoca della sto-

ria umana, soprattutto per soddisfare la cre-scente domanda di prodotti alimentari,acqua potabile, legno, materiale tessile ecombustibili. Il risultato è l’impoverimen-to sostanziale e irreversibile della biodiver-sità del pianeta. Le trasformazioni indotte negli ambientinaturali hanno contribuito in modo deter-minante al benessere umano e allo sviluppoeconomico, ma questi vantaggi rappresen-tano costi sempre più pesanti in termini didegrado dei servizi offerti dagli ecosistemi,di maggiore frequenza di cambiamenti dra-

stici, e aggravamento della povertà per deter-minati gruppi di persone. Questi problemipeseranno sulla possibilità per le future gene-razioni di godere degli stessi vantaggi. È probabile che nel corso dei prossimi cin-quant’anni peggiori il degrado dei servizidegli ecosistemi e che questo impedisca ilraggiungimento degli Obiettivi di Svilup-po del Millennio (Millennium DevelopmentGoals).La sfida di invertire la rotta cercando allostesso tempo di far fronte alla crescentedomanda di servizi può essere vinta, comeindicano alcuni scenari che tengono con-to di cambiamenti significativi nelle poli-tiche e nella loro realizzazione, ma si trat-ta di cambiamenti radicali, dei quali ogginon c’è traccia.

Il MILLENNIUM ASSESSMENT in breveI punti fondamentali sui quali concordano i 1.200 scienziati

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to più possibile aggiornato e completo, maanche le ricette degli scienziati per l’azionecongiunta dei governi.

Il pensiero corre al protocollo di Kyoto. Nontanto al faticoso travaglio dell’entrata in vigo-re, quanto all’inedita interazione planetaria trail mondo della scienza, il settore privato, le asso-ciazioni e i governi sperimentata con l’IPCC,l’Intergovernmental Panel on Climate Chan-ge, il pool di scienziati creato dalle Nazioni Uni-te nel 1988per compiere una valutazione scien-tifica globale e credibile sugli effetti dell’azio-ne umana sul clima del pianeta, ad uso deigoverni. Un incontro tra mondi che spesso sievitano, fino a quando le emergenze globalinon li pongono di fronte a responsabilità trop-po grandi per essere affrontate in solitudine.

Segnali di attenzione

Si conosce con precisione il flusso di capi-tali nelle borse di tutto il mondo, si può rico-struire al millimetro il flusso delle merci, mafinora nessuno si era preso la briga di quan-tificare quello che sta alla base di tutto: la capa-cità del pianeta di continuare a fornire ric-chezza. Dal MA emerge l’effetto boomerangdi certe pratiche di rapina ai danni degli eco-sistemi. In termini di superficie, ogni annoscompare lo 0,5 per cento degli habitat emer-si, soprattutto a causa dell’estendersi dellearee coltivate. Il fenomeno sembra destinatoad espandersi: gran parte degli ecosistemi pre-si in esame risulta pesantemente modificatadall’azione umana (dal 20 per cento al 50per

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I dieci gruppidi ecosistemidel MilleniumAssessment

Marini

Polari

Costieri

Insulari

Aree agricole

Zone aride

Zone umide

Fiumi

Aree urbane

Montagne

Un incontrotra mondi che spessosi evitano, finoa quando le emergenzeglobali non li pongonodi frontea responsabilitàtroppo grandiper essere affrontatein solitudine

«Le informazioni scientifiche disponibiliriguardo agli ecosistemi e allo sviluppo umanosono la premessa per migliorare sensibilmentele scelte dei singoli e dei leader nei confrontidell’ambiente. Perché si crei una similepremessa, occorre costruire un ponte tra la comunità scientifica che detiene questeinformazioni e i decision-makers che ne hanno bisogno. Il MA è il tentativo di costruirequel ponte».

Walter V. ReidDirettore del Millennium Ecosystem Assessment

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modelli globali ben sperimentati e appro-vati dalla comunità scientifica. Per altri fat-tori, per i quali manca un modello globalespecifico, la stima è stata qualitativa.

GLOBAL ORCHESTRATIONUna società globalmente integrata, con-centrata sul commercio internazionale e laliberalizzazione economica che, allo stes-so tempo, compie scelte coraggiose per lariduzione della povertà e delle disugua-glianze e investe molto in beni pubblicicome l’istruzione e le infrastrutture.

ORDER FROM STRENGTHUn mondo frammentato e regionalizzato,ossessionato dalla sicurezza e dalla difesasoprattutto dei mercati locali e disinteres-sato al bene comune, caratterizzato da un

IL MILLENNIUM ASSESSMENT ha svi-luppato quattro scenari per ipotizzarealtrettante prospettive di sviluppo per gliecosistemi e il benessere umano.Gli scenari non sono predizioni; al contra-rio, sono stati sviluppati con l’intento diesplorare aspetti incontrollabili e impre-vedibili nel cambiamento dei servizi forni-ti dagli ecosistemi. Nessuno degli scenaricreati riproduce la situazione attuale, anchese tutti la considerano come punto di par-tenza assieme alle tendenze in atto.Nello sviluppo degli scenari sono stati impie-gati sia modelli quantitativi che analisi qua-litative. Per alcuni fattori (come crescita eco-nomica, trasformazioni nell’impiego deiterreni e emissioni) e alcuni servizi (prelie-vo d’acqua, produzione di alimenti), sonostate calcolate proiezioni quantitative con

approccio reattivo ai problemi rappresen-tati dagli ecosistemi.

ADAPTIVE MOSAICL’azione politica ed economica mette al cen-tro gli ecosistemi di dimensioni regionali econtinentali. Le istituzioni locali sono fortie si prendono cura dei loro ecosistemi; nel-la gestione dei problemi legati agli ecosiste-mi l’approccio è fortemente propositivo.

TECHNO GARDENUna società globalmente integrata, basa-ta sullo sviluppo di tecnologie avanzate esostenibili e su ecosistemi controllati atten-tamente, anche artificiali, per fornire ser-vizi e costruire un approccio propositivoalla loro gestione con lo scopo di evitarel’insorgere di problemi.

Il PIANETA di domani al biviofra utopie e catastrofiI quattro scenari per lo sviluppo dell’umanità e il loro impatto

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TESTATINA

cento per cento della superficie), soprattuttoa causa dello sfruttamento economico, al qua-le sono fatalmente più sensibili le foreste tro-picali. Fortemente alterati risultano i cicli del-l’azoto, del fosforo, dello zolfo e del carbonio.

I dati più allarmanti riguardano però gliecosistemi marini: mentre sulla terra fermal’erosione della biodiversità è compensata daun aumento nella produttività (che peròriguarda solo il breve periodo), la riduzionedella produttività sottomarina procede di paripasso con l’erosione della biodiversità, al pun-to che alcune nazioni sono giunte a ipotizza-re una moratoria totale delle attività di pescanei loro mari.

Risulta evidente come l’andamento dei set-tori produttivi dipenderà sempre più stretta-mente dallo stato di salute degli ecosistemi enon è un caso se questa volta siano giunti dalmondo imprenditoriale segnali di attenzionedifficili da immaginare solo dieci anni fa: dal-la partecipazione dei manager ai gruppi dilavoro, al finanziamento vero e proprio (il pro-getto è costato 21milioni di dollari, messi insie-me tra Global Environment Facility, UnitedNations Foundation, David and Lucile Pac-kard Foundation e Banca Mondiale).

Servizi in crisi

Punto di riferimento del MA sono i “servizi”,ovvero i benefici, che la comunità umana traedagli ecosistemi e dai loro mutamenti. Dei 24presi in considerazione, il 60 per cento risultadanneggiato o sfruttato in maniera non soste-nibile, dalla pesca all’acqua potabile, ai mate-riali accumulati in discarica, al suolo, al pae-saggio inteso come fonte di arricchimento spi-rituale e appagamento estetico. Soltanto quat-

Come reagiscono gli addet-ti ai lavori di fronte alla scel-ta di mettere l’uomo e la suaazione al centro di tutto ildiscorso? Gianfranco Bolo-gna, che ha collaborato alla

revisione del quarto volume dell’Assessment,condivide la scelta. Aggiungendo che tuttala scienza della sostenibilità, basata sullaconfluenza di tante discipline diverse, si fon-da sull’analisi del rapporto tra sistemi natu-rali e sistemi sociali. «A livello internaziona-le si parla di SES– Social and Ecological Systems– proprio per rafforzare il lavoro di studio diqueste interrelazioni. Le soluzioni ai graviproblemi attuali passano attraverso unacorretta visione delle relazioni tra sistemi

naturali e sistemi sociali e per il recupero diuna loro co-evoluzione, voltando paginarispetto all’attuale approccio dilapidatorio».Più critico Giuseppe Barbiero, docente alDipartimento di Biologia umana e anima-le dell’Università di Torino, secondo il qua-le considerare gli ecosistemi sulla base deiservizi resi all’umanità rischia di risultareuna scelta riduttiva «e se vogliamo – aggiun-ge – anche pericolosa, perché rischia di sot-tovalutare la complessa rete di relazioni cheesiste tra ecosistemi e la struttura olarchi-ca tra singolo ecosistema e la biosfera».Ma, anche se l’approccio utilitaristico nonè il migliore possibile, probabilmente è quel-lo che paga di più se aiuta a tenere d’occhiol’obiettivo.

tro hanno beneficiato dell’azione umana; quin-dici sono in netto declino, i restanti quattrorisultano stabili. Dei servizi in attivo, tre bene-ficiano dello sforzo di tenere testa alla richie-sta di alimenti di una popolazione in crescita.La produzione globale di carne e cereali è cre-sciuta di due volte e mezzo negli ultimi cin-quant’anni grazie alla trasformazione agrico-la di terreni incolti, ma anche allo sviluppo del-l’acquacoltura, che fornisce un terzo del tota-le di pesce e crostacei consumati. L’altro servi-zio in via di miglioramento è, sorprendente-mente, la disponibilità di foreste, grazie alleattività di rimboschimento sviluppate in Euro-pa, America e Cina. Uno sforzo che però, dalpunto di vista dell’atmosfera, non contrasta asufficienza l’emissione di gas serra prodotti dai

L’andamentodei settori produttividipenderà semprepiù strettamentedallo stato di salutedegli ecosistemi

L’uomo al centro delle scelte?Gianfranco Bologna e Giuseppe Barbiero a confronto sul MA

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Ciò che la TERRA ha da offrireUna valutazione sulle tendenze dei servizi forniti dagli ecosistemi in terminiglobali. Solo alcune sono in miglioramento, la maggior parte peggiora

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RISORSE NATURALI

Il cambiamentopiù pesante èl’esperimento chimicoche l’umanitàsta conducendoda oltre un secoloe mezzosull’atmosfera

SERVIZIO SUB-CATEGORIA STATO ANNOTAZIONI

PRODUZIONEAlimentazione Raccolti � Sostanziale incremento produttivo

Bestiame � Sostanziale incremento produttivoPesca � Produzione in declino per sovrasfruttamentoAcquacoltura � Sostanziale incremento produttivoSelvaggina � Produzione in declino

Fibre Legno +/– Perdita di foreste in alcune aree, aumento in altreCotone, +/– Produzione minore in alcune aree,canapa, seta aumento in altreLegna � Produzione in declinoda ardere

Risorse genetiche � Perdita per estinzione e abbandonodi determinate coltivazioni

Farmaci, rimedi � Perdita per estinzionenaturali e biochimici e sfruttamento eccessivoAcqua potabile Uso non sostenibile per alimentazione,

� industria e irrigazione; invariatoil ricorso all’energia idroelettrica

REGOLAZIONEEquilibrio dell’aria � Ridotta capacità dell’atmosfera

di recuperare la propria salubritàEquilibrio del clima Globale � Miglioramento della capacità di assorbimento

della CO2 dalla metà del secoloRegionale � Prevalenza di impatti negativie locale

Equilibrio dell’acqua +/– Dipende dai cambiamentidegli ecosistemi e i luoghi considerati

Equilibrio dell’erosione � Degrado del suolo in aumentoDepurazione dell’acqua � Peggioramento della qualità e gestione dei rifiuti dell’acquaEquilibrio sanitario +/– Varia secondo i luoghi consideratiEquilibrio � Controllo naturale alteratodelle epidemie dall’impiego di pesticidiCircolazione dei pollini � Perdita di numerosi impollinatoriEquilibrio � Perdita di fasce di protezionedei rischi naturali naturali (zone umide, mangrovieti)

CULTURALIValori spirituali � Rapido declino di specie e luoghie religiosi legati alla religioneValori estetici � Degrado quantitativo e qualitativo

di ambienti naturaliRicreazione ed ecoturismo +/– Più zone accessibili, molte in degrado

Legenda � = miglioramento � = degrado +/– = stabile

Per quanto riguarda i servizi di produzione, il miglioramento è l’aumento della produzione del servizio,anche per unità di superficie. Il peggioramento avviene dove l’attuale ricorso al servizio ecceda il suo impie-go sostenibile. Per i servizi di regolazione, il miglioramento è un cambiamento che porta maggiori benefi-ci per le persone (ad es. la regolazione della diffusione di malattie può essere migliorata eliminando un vet-tore di patogeni). Il degrado è la riduzione dei benefici apportati dal servizio (ad es. la riduzione delle man-grovie espone l’ecosistema alla violenza delle tempeste).

Fonte:Millennium Ecosystem Assessment Oly

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combustibili fossili. I segnali più preoccupan-ti, invece, giungono dalle riserve marine dipesce e dal ciclo dell’acqua potabile, da sem-pre considerate risorse inesauribili.

Nei mari, il pesce è ridotto al 10 per centorispetto agli albori della pesca industriale. L’ac-qua, invece, pone problemi dal punto di vistadella distribuzione. Se è vero che consumia-mo fino al cinque per cento delle riserve dis-ponibili globalmente, ci sono aree dove è cosìscarsa da rappresentare il problema principa-le per la sopravvivenza delle specie e il benes-sere delle comunità. Parallelamente, con l’al-terazione del paesaggio, viene meno la capa-cità degli ecosistemi di difendere l’uomo daglieventi naturali, come dimostra l’aumento dialluvioni e frane del quale siamo testimoninegli ultimi anni.

Il cambiamento più pesante, dal punto divista del pianeta, resta però quello che vienedefinito «l’esperimento chimico che l’umani-tà sta conducendo da oltre un secolo e mezzosull’atmosfera». I cambiamenti climatici, asso-ciati alle trasformazioni operate sul territo-rio, riducono lo spazio vitale delle specie.

LA TERRA È PIATTA, di for-ma circolare. Al centropassa un asse, intornoall’asse ruota l’universo,che si compone di dueconi, entrambi aventi

come base la suddetta Terra. Secondo la popo-lazione indigena che ha dato vita a questaricostruzione della nostra casa comune i dueconi sono pieni di elementi che tengono vivoil mondo, e tra questi ci sono la volontà del-l’uomo, la sua conoscenza del mondo e la suacomprensione della vita.A sostenere questa particolare visione, pres-so gli indigeni che abitano il versante atlan-tico della Costa Rica, è soprattutto la sua com-ponente spirituale e filosofica, che regge non-ostante le scoperte astronomiche degli ulti-mi mille anni. Regge perché funziona, svol-ge la funzione di guida comune che ognisocietà affida alla propria cultura.Minacciata di estinzione per secoli, la scien-za indigena si affaccia adesso a una nuovavita. Da anni si fa strada l’idea di sfruttare i

saperi locali come veicolo di politiche globa-li, dalla prevenzione della malaria e dell’AIDS

alla lotta alla desertificazione. La scienza indi-gena, però, chiede rispetto e considerazio-ne da parte del sapere occidentale.Un esperimento interessante, in questo sen-so, sono le riflessioni raccolte l’anno scorsoad Alessandria d’Egitto alla conferenza Brid-ging Scales and Epistemologies: Linking LocalKnowledge and Global Science in Multi-ScaleAssessments. I metodi scientifici, le visioni delmondo, i tabù e i punti di eccellenza dellediverse culture hanno tentato di incontrarsisullo stesso piano. La preoccupazione, infatti, è che il sapereoccidentale diventi la nuova faccia del colo-nialismo. Un malinteso di questo genereminaccia di mandare a monte iniziative cru-ciali, come la lotta alle malattie o ai cambia-menti climatici, che richiedono uno sforzopolitico globale ma, prima ancora, una valu-tazione scientifica condivisa. Di questo si èfatto carico il Millennium Assessment, organiz-zando la conferenza e coinvolgendo i sape-

ri indigeni nella valutazione, tentando diconiugare i parametri predisposti per le osser-vazioni della biodiversità ai diversi approccidella scienza locale.Una porzione dei subglobal assessment, chesaranno pubblicati nel corso dell’anno inun volume a parte, è stata realizzata secon-do questo particolare mix di approcci, risul-tando in alcuni casi perfettamente all’altez-za del compito, come nel caso costaricano.Il più delle volte a fare da tramite verso leculture indigene sono membri della comu-nità laureati nelle università convenziona-li o attivisti che si battono per la sopravvi-venza dei popoli indigeni e delle culture.«Le informazioni – spiega Monika Zurek,una dei responsabili della revisione dellepubblicazioni – sono catalogate e impagi-nate in modo completamente diverso,coerentemente con il loro concetto di rap-porti tra uomo e natura».

www.millenniumassessment.org/en/about.meetings.bridging.aspx

Scienza ufficiale e scienze tradizionaliAlla ricerca di punti di incontro tra le culture verso l’obiettivo comune di gestire gli ecosistemi in modo sostenibile

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Tenuto conto che, secondo le stime più aggior-nate, la scienza ha identificato solo il 10 per cen-to delle specie viventi, quelle che vanno incontroad estinzione nei prossimi cento anni sono il 12per cento tra gli uccelli, il 25 per cento dei mam-miferi e almeno il 32 per cento degli anfibi. Leattività umane hanno moltiplicato per 1.000 ilritmo di estinzione tipico della storia millenariadel pianeta.

Le possibilità di azione

Se l’ambiente è indispensabile per i bisogni fon-damentali (dalla sicurezza al sostentamento, dal-la salute alla costituzione di buone relazioni inter-personali e sociali), è essenziale conoscere e gover-nare le dinamiche della natura. Laddove i discor-si più convenzionali ci avevano abituati a guar-dare alla globalizzazione con un atteggiamentofatalista, di rinuncia a ogni partecipazione atti-va nei cambiamenti, il messaggio del MA è cheesiste la possibilità di agire per fare la differen-za. Un gruppo di lavoro si è dedicato agli scena-ri futuri, sviluppando quattro “futuri possibili”che riflettono i diversi approcci alla cooperazio-ne internazionale per la salvaguardia dei sisteminaturali nei prossimi cinquant’anni.

Al tasso di crescita attuale la popolazione rag-giungerà i 10 miliardi di individui, con il tassodi crescita maggiore nelle periferie urbane delmedio oriente, dell’Africa sub-sahariana e del-l’Asia meridionale. Le scelte di oggi, avvertonogli esperti del MA, saranno efficaci se saremoin grado di sviluppare una politica globale piut-tosto che interventi locali isolati. Impiego del-la tecnologia nella prevenzione dei disastri edei loro effetti devastanti, promozione di ricer-ca, innovazione e alti livelli di istruzione pos-sono mitigare gli effetti del degrado. La conclu-sione, spiega Monika Zurek, economistaambientale che si è occupata degli scenari, èche non solo siamo in grado di agire, ma le pos-sibilità di azione possono essere molteplici. Fat-to il censimento dei fattori in gioco, bisognacimentarsi nello sforzo di comprendere i rap-porti che si creano, le forze che li muovono e,infine, gli spazi di manovra.

Vie d’uscita

Un’altra parte del lavoro, infine, è dedicata allepossibili soluzioni. Se è vero che vanno ricerca-te entrando nel merito dei singoli problemi, esi-

stono alcune indicazioni generali formulate dagliautori. In primo luogo bisogna insegnare a tuttiche i servizi offerti dal pianeta sono limitati e han-no un costo ambientale. In secondo luogo, i bene-fici delle attività di conservazione della natura edelle risorse vanno distribuiti immediatamente,in modo che tutti possano apprezzarne il valore.Infine, occorre liberare la conservazione dai suoi“ghetti”, che siano ministeri appositi o iniziativesporadiche.

Bisogna che il costo ambientale diventi subitoparte integrante dei bilanci delle aziende, del prez-zo al consumo dei prodotti, delle bollette. Il costodi una foresta tagliata deve rispecchiare, oltre alprezzo commerciale del legno, anche le oppor-tunità che la foresta rappresentava nel contestodel suo ambiente naturale, dal controllo del ciclodell’acqua, alla qualità dell’aria, al paesaggio.Inoltre, bisogna reinventare l’intervento pubbli-co e il ruolo del settore privato. Così come i sus-sidi pubblici hanno contribuito in passato aldegrado ambientale, essi possono fare la diffe-renza nel senso opposto in futuro, creando peresempio una tassa sullo sfruttamento delle fore-ste e destinare il ricavato alla ricerca di tecnolo-gie sostenibili. Un approccio che vale anche perle imprese, che vanno incoraggiate a investire inprocessi produttivi puliti.

Come dimostrano diverse esperienze citate nel-lo studio, le comunità locali sono particolarmen-te sensibili allo sviluppo di politiche di conserva-zione che tengano conto dei loro interessi e del-la loro identità culturale e questo, rispetto alledisastrose politiche di sostegno allo sviluppo indu-striale che sono state sviluppate in passato, è unsegnale di massimo interesse per il futuro. Lapartecipazione, quindi, resta la cifra non solo del-l’elaborazione, ma anche della prospettiva nellaquale si pone il Millennium Assessment. «Nellanostra sezione di lavoro – racconta Zurek – abbia-mo sviluppato quattro diversi scenari, sulla basedi altrettante possibilità di sviluppo del pianetada qui al 2050. Come si vede, i fattori decisivi sonole scelte delle persone e le idee che sono alla basedi quelle scelte. Anche non agire è una scelta.Un’altra scelta è continuare a pretendere l’impos-sibile dagli ecosistemi, trascinando i problemiverso il futuro». Per fortuna, non sono le unicheopzioni possibili. �

www.millenniumassessment.org

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RISORSE NATURALI

I benefici delle attività di conservazionedella natura e delle risorse vanno distribuitiimmediatamente


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