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1 mAnsa 5 Appunti - DIRITTO PROCESSUALE PENALE.doc DIRITTO PROCESSUALE MEZZI DI PROVA E METODI DI RICERCA DELLA PROVA. Quando si parla di testimonianza indiretta nel gergo a volte si usa l’espressione “testimonianza per sentito dire ” e per evitare equivoci terminologici, quando si sente parlare del sentito dire , si intende tradurre un termine che viene dall’inglese e non certo alle voci correnti nel pubblico. Le voci correnti nel pubblico sono quelle dichiarazioni rispetto alle quali non si riesce a risalire alla fonte; questo tipo di dichiarazioni non sono assolutamente utilizzabili nel processo penale e non possono essere oggetto di testimonianza. Quando si parla invece di testimonianza per sentito dire, si intende fare riferimento alla testimonianza indiretta; l’espressione è simile all’altra ma solo perché origina da una traduzione dall’inglese. Nell’ambito dell’articolo 195 già iniziato a trattare la volta scorsa, vi è un comma che è riservato in maniera specifica alla testimonianza del teste di polizia giudiziaria e questa è una norma che è bene conoscere prima di testimoniare in un processo penale. Articolo 195 comma 4: “Gli ufficiali e gli agenti di polizia non possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalità di cui agli articoli 351, 357 comma 2 lettere a) e b). Negli altri casi si applicano le disposizioni dei commi 1, 2, 3 dello stesso articolo 195”. Quando si dice che l’ufficiale e l’agente di polizia non possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite e vengono presi in considerazione alcuni articoli del codice, si intende fare riferimento con l’articolo 351: alle sommarie informazioni rese nella fase delle indagini (da quello che poi diventerà testimone nel dibattimento e che, nella fase delle indagini, viene chiamato informatore) alle dichiarazioni rese dall’indagato di un procedimento connesso .
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DIRITTO PROCESSUALE

MEZZI DI PROVA E METODI DI RICERCA DELLA PROVA.

Quando si parla di testimonianza indiretta nel gergo a volte si usa l’espressione “testimonianza per sentito dire” e per evitare equivoci terminologici, quando si sente parlare del sentito dire, si intende tradurre un termine che viene dall’inglese e non certo alle voci correnti nel pubblico. Le voci correnti nel pubblico sono quelle dichiarazioni rispetto alle quali non si riesce a risalire alla fonte; questo tipo di dichiarazioni non sono assolutamente utilizzabili nel processo penale e non possono essere oggetto di testimonianza. Quando si parla invece di testimonianza per sentito dire, si intende fare riferimento alla testimonianza indiretta; l’espressione è simile all’altra ma solo perché origina da una traduzione dall’inglese. Nell’ambito dell’articolo 195 già iniziato a trattare la volta scorsa, vi è un comma che è riservato in maniera specifica alla testimonianza del teste di polizia giudiziaria e questa è una norma che è bene conoscere prima di testimoniare in un processo penale. Articolo 195 comma 4: “Gli ufficiali e gli agenti di polizia non

possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da

testimoni con le modalità di cui agli articoli 351, 357 comma 2

lettere a) e b). Negli altri casi si applicano le disposizioni dei commi

1, 2, 3 dello stesso articolo 195”. Quando si dice che l’ufficiale e l’agente di polizia non possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite e vengono presi in considerazione alcuni articoli del codice, si intende fare riferimento con l’articolo 351:

◊ alle sommarie informazioni rese nella fase delle indagini (da quello che poi diventerà testimone nel dibattimento e che, nella fase delle indagini, viene chiamato informatore)

◊ alle dichiarazioni rese dall’indagato di un procedimento connesso.

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Art. 351. - Altre sommarie informazioni. 1. La polizia giudiziaria assume sommarie informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle

indagini. Si applicano le disposizioni del secondo e terzo periodo del comma 1 dell'articolo 362. 1-bis. All'assunzione di informazioni da persona imputata in un procedimento connesso ovvero da persona imputata

di un reato collegato a quello per cui si procede nel caso previsto dall'articolo 371 comma 2 lettera b), procede un ufficiale di polizia giudiziaria. La persona predetta, se priva del difensore, è avvisata che è assistita da un difensore di ufficio, ma che può nominarne uno di fiducia. Il difensore deve essere tempestivamente avvisato e ha diritto di assistere all'atto.

Quando poi viene preso in considerazione l’articolo 357 e vengono

indicate due lettere, le a e le b , si intende fare riferimento:

◊ con la lettera a -� alle denunce, alle querele e alle istanze;

◊ con la lettera b -� alle sommarie informazioni e alle dichiarazioni spontanee della persona indagata.

Art. 357. - Documentazione dell'attività di polizia giudiziaria. 1. La polizia giudiziaria annota secondo le modalità ritenute idonee ai fini delle indagini, anche sommariamente,

tutte le attività svolte, comprese quelle dirette alla individuazione delle fonti di prova. 2. Fermo quanto disposto in relazione a specifiche attività, redige verbale dei seguenti atti:

a) denunce, querele e istanze presentate oralmente; b) sommarie informazioni rese e dichiarazioni spontanee ricevute dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini; c) informazioni assunte, a norma dell'articolo 351; d) perquisizioni e sequestri; e) operazioni e accertamenti previsti dagli articoli 349, 353 e 354; f) atti, che descrivono fatti e situazioni, eventualmente compiuti sino a che il pubblico ministero non ha impartito le direttive per lo svolgimento delle indagini.

3. Il verbale è redatto da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria nelle forme e con le modalità previste dall'articolo 373.

4. La documentazione dell'attività di polizia giudiziaria è posta a disposizione del pubblico ministero. 5. A disposizione del pubblico ministero sono altresì poste le denunce, le istanze e le querele presentate per iscritto,

i referti, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato.

Sul fatto che il teste di polizia giudiziaria non possa riferire sulle dichiarazioni ricevute dall’indagato, possiamo dire che il problema potrebbe essere risolto anche a prescindere da questa norma perché ve ne sono altre che dicono espressamente che il teste di polizia giudiziaria non può deporre relativamente a queste dichiarazioni. In definitiva, mentre in genere tutti gli altri testimoni, se hanno sentito delle dichiarazioni da altre persone possono riferirne il contenuto, per il teste di polizia giudiziaria c’è questo limite che non nasce certamente dall’idea che la deposizione del teste di polizia giudiziaria sia meno credibile di altre, ma nasce da un problema di sistematica del codice di procedura penale.

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Il codice vuole che le dichiarazioni di certe persone, e queste dichiarazioni sono sia quelle dell’informatore sia quelle della persona indagata o indagata nel procedimento connesso, possano essere acquisite al procedimento solo attraverso determinate forme. Vi sono una serie di norme nel codice di procedura penale che stabiliscono esattamente quando i verbali di queste dichiarazioni possano essere acquisiti dal Giudice. Se si permettesse al teste di polizia giudiziaria di riassumere il contenuto di queste dichiarazioni si farebbe rientrare dalla finestra quello che si è fatto uscire dalla porta. È questa quindi la ratio, il significato di questo limite; non è in dubbio il fatto che il teste di polizia giudiziaria sarebbe in grado di riportare fedelmente il contenuto della dichiarazione, il problema è che questa dichiarazione può entrare nel procedimento solo attraverso altre vie.

Quindi, nel momento in cui il teste di polizia giudiziaria andrà a testimoniare in un processo, e dovrà riferire l’attività di indagine che si è svolta, non potrà riferire il contenuto delle dichiarazioni ricevute, ma dovrà eventualmente dire, se le dichiarazioni che ha ricevuto rappresentano una premessa indispensabile per capire l’attività che è stata fatta, dire che si sono ricevute le dichiarazioni di una certa persona e sulla base del contenuto di queste dichiarazioni è stata svolta questa attività. Ad esempio se una persona spiega alla polizia giudiziaria che per ritrovare il corpo del reato bisogna andare in un certo luogo, basta dire che sulla base della dichiarazione di Tizio si è deciso di andare in quel determinato luogo. Ovviamente, il Giudice e le altre parti capiranno perché si è andati in quel luogo e non in un altro. Però è importante capire che non è possibile riferire il contenuto di queste dichiarazioni.

Anche se il Giudice non ferma il teste di polizia giudiziaria che sta rivelando il contenuto delle dichiarazioni raccolte, o una parte non pone eccezioni, non cambia nulla perché le dichiarazioni che il teste di polizia giudiziaria avrà rese sul punto saranno inutilizzabili.

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Inizialmente questa norma, così come era stata concepita dal legislatore, prevedeva tucur che il teste di polizia giudiziaria non potesse riferire sul contenuto delle dichiarazioni ricevute da persone che venivano a testimoniare nel processo. Questa norma è stata ritenuta incostituzionale dalla corte ed è stata riprodotta, una volta che è entrata in vigore la riforma del giusto processo, nella formula che voi trovate. La differenza tra la formula iniziale e quella che si trova adesso nell’articolo 195 sta nel fatto che ora la norma non si riferisce genericamente a tutte le dichiarazioni che la polizia giudiziaria riceve, ma alle dichiarazioni che vengono verbalizzate. Verbalizzate con una denuncia o una querela, o verbalizzate con un verbale di sommarie informazioni. Detto questo si pone il problema di cosa succede se le dichiarazioni rese non vengono verbalizzate; sul punto, la giurisprudenza della corte di cassazione non ha ancora raggiunto un orientamento specifico. Vi sono comunque 2 posizioni della giurisprudenza: ⇒ la prima posizione, diciamo la più rigorosa che attualmente si è

formata nel corso della giurisprudenza (secondo certe sentenze che in genere vengono condivise dalla dottrina), dice che se il teste di polizia giudiziaria, nella situazione in cui si è trovato, non era in condizioni di assumere delle dichiarazioni attraverso un verbale, allora può deporre sul contenuto di queste dichiarazioni.

Poniamo il caso che voi vi rechiate sul luogo di un delitto, trovate una persona in fin di vita e questa persona rende delle dichiarazioni a voi, sarebbe inconcepibile che voi abbiate un verbale e iniziaste a mettere per iscritto queste dichiarazioni. In queste situazioni in cui non è richiedibile al teste di polizia giudiziaria di poter assumere formalmente le dichiarazioni, il teste di polizia giudiziaria potrebbe riferirle nel dibattimento.

⇒ la seconda posizione è più lassista perché dice che, nel caso in cui queste dichiarazioni non siano state verbalizzate, non è prevista alcuna nullità e nessuna inutilizzabilità nel codice di

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procedura penale ed il teste di polizia giudiziaria può sempre riferire al dibattimento sul contenuto delle dichiarazioni. Un’interpretazione del genere si presta a un elevato abuso; il teste di polizia giudiziaria omette di redigere il verbale e quindi potrebbe deporre al dibattimento sul contenuto di queste dichiarazioni.

C’è un orientamento della giurisprudenza di cassazione che comunque segue questa seconda tesi che potremmo dire meno rigorosa e che rimane però, come soluzione, aspramente criticata dalla dottrina. In altri ordinamenti come l’ordinamento americano, dove il problema dell’esame incrociato è stato più approfondito, si ammette che il teste di polizia giudiziaria o comunque un altro teste, possano riferire sulle dichiarazioni che sono ricevute nei luoghi e nell’immediatezza del reato commesso. In questo caso, addirittura, non si pretende come invece si pretende nel nostro ordinamento, che sia sicuramente identificata la fonte perché si dice che, in questa situazione, non si può richiedere al teste di polizia giudiziaria oppure ad altra persona che ha ricevuto la dichiarazione di avere la prontezza di riflessi tale da preoccuparsi di individuare la fonte. Ed anzi, dato che queste dichiarazioni sono state ricevute nell’immediatezza del fatto, vengono ritenute particolarmente credibili. Questo sicuramente non avviene almeno allo stato attuale nel nostro ordinamento, nel senso che laddove la fonte non è identificata o è identificabile, la dichiarazione non può essere riportata. Lo dice espressamente l’articolo 195 comma 7; non può essere utilizzata la testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona, la fonte da cui ha appreso la notizia. Come già detto l’altra volta questa norma non significa che occorra necessariamente generalizzare la persona, ma è sufficiente che la persona sia identificabile.

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L’articolo 195, fissa il principio generale che se la persona che rende le dichiarazioni in un processo si riferisce ad altri come propria fonte di informazione, nel momento in cui una delle parti del processo chiede che questa persona, il teste diretto, sia sentita, il Giudice non può omettere di sentirlo. Se omette di sentirlo la dichiarazione del teste che ha fatto riferimento a questa persona non è utilizzabile. A questo punto si pone il problema del che cosa significhi esattamente testimonianza indiretta. Per parlare di testimonianza indiretta, è sufficiente che un soggetto dica che la persona informata dei fatti sia un’altra o è necessario che la persona sappia quale sia il contenuto di questa dichiarazione e lo riferisca ?

Esempio: se io sono il testimone indiretto, è sufficiente che dica che sono a conoscenza che

Caio è informato di quello che è successo o è necessario che io dica quello che mi ha riferito

Caio, lo riporti, e quindi le parti qualora vogliano controllare l’attendibilità della dichiarazione,

chiedano di sentire la persona che mi ha riferito questa dichiarazione?

Questo è un problema non ancora risolto in maniera chiara dalla giurisprudenza. A volte ci sono interpretazioni più restrittive e a volte più estensive. Ricordiamo che l’articolo 195 dice: ⇒ primo che è il teste di polizia giudiziaria che non può riferire sul

contenuto delle dichiarazioni perché il teste di polizia giudiziaria a differenza di qualsiasi altro cittadino privato, apprende queste dichiarazioni nel contesto del procedimento e le verbalizza;

⇒ secondo, non dice che un privato cittadino non può riferire delle dichiarazioni che ha ricevuto dal compagno di cella o comunque dall’indagato.; dice solo che, eventualmente, se la fonte è un’altra può chiedersi di sentire la fonte diretta.

Una volta che è stata sentita la fonte diretta, non c’è l’obbligo del Giudice di ritenere più attendibile la fonte diretta che la fonte indiretta; non è detto che il Giudice creda di più al teste diretto rispetto che al teste indiretto. Non c’è un ordine di preferenza tra le due dichiarazioni Il Giudice, ovviamente motivando, può convincersi che il teste indiretto sia più attendibile del teste diretto.

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Il problema dell’articolo 195 non è di porre una gerarchia tra testimonianza diretta e testimonianza indiretta ma è di assicurare che nel processo, una volta che è acquisita una testimonianza indiretta, si possa andare ad acquisire anche la testimonianza diretta per valutare la credibilità della testimonianza indiretta; questo perché sentendo solo il teste indiretto, il Giudice non può farsi un’idea sul livello di credibilità del teste indiretto. Se il teste di polizia giudiziaria dice di avere accertato un qualcosa, in realtà poi il problema non si pone più di tanto perché il Giudice può ritenere attendibile quella dichiarazione sulla base di quanto affermato. Il problema però va distinto in due sottoquestioni: 1. il teste di polizia giudiziaria dice “ho accertato questa situazione

e poi tre testimoni, tre informatori mi hanno confermato che era così”. La dichiarazione resa dal teste di polizia giudiziaria, per quello che aveva accertato direttamente, è pienamente utilizzabile; non è utilizzabile laddove dice che tre persone hanno confermato questa situazione. Il Giudice infatti deve andare a sentire queste persone, che renderanno le loro dichiarazioni e sulla base delle dichiarazioni che renderanno ci sarà la conferma o meno della dichiarazione resa dal teste di polizia giudiziaria.

2. Se il teste di polizia giudiziaria ha invece fatto l’accertamento in un luogo in cui è avvenuto l’infortunio e, per ricostruire la situazione dei luoghi, deve fare riferimento solo alle fonti testimoniali, il tutto dipenderà da quello che diranno le fonti testimoniali al processo. Diventa infatti determinante il momento in cui la polizia giudiziaria, per eseguire un determinato accertamento, non abbia potuto constatare direttamente una situazione ma abbia dovuto solamente fare riferimento alle dichiarazioni ricevute dagli informatori. Quindi il teste di polizia giudiziaria potrà dire: “ho ricostruito questa situazione e l’ho ricostruita sulla base delle dichiarazioni

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di Tizio, Caio e Sempronio”; se poi Tizio, Caio e Sempronio non confermeranno quello che ha detto il teste di polizia giudiziaria, il Giudice non potrà ritenere provata la circostanza.

Ci si può chiedere allora, dato che l’articolo 195 stabilisce questa regola, qual sia la rilevanza che possono avere le dichiarazioni rese da un testimone adesso nel corso delle indagini. La risposta a questa domanda si trova nell’articolo 500 del codice di procedura che è la norma che prevede le contestazioni. Nel processo accade che, dopo aver sentito il teste di polizia giudiziaria che ha riferito di aver ricevuto le dichiarazioni da Tizio, Caio e Sempronio, andranno sentiti, sempre che il pubblico ministerno abbia formato correttamente la lista testi, Tizio, Caio e Sempronio, i quali potranno confermare le dichiarazioni rese al teste di polizia giudiziaria e allora non si porrà nessuna questione oppure potranno cambiare versione (es. perché non ricordano i fatti, avendo reso delle dichiarazioni al teste di polizia giudiziaria molti anni prima, oppure perché sono stati condizionati in qualche modo da avvenimenti successivi). A questo punto entra in gioco il meccanismo della contestazione che è previsto nell’articolo 500 del c.p.p.

Art. 500. - Contestazioni nell'esame testimoniale. 1. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, le parti, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione,

possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui fatti o sulle circostanze da contestare il testimone abbia già deposto.

2. Le dichiarazioni lette per la contestazione possono essere valutate ai fini della credibilità del teste. 3. Se il teste rifiuta di sottoporsi all'esame o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa non possono

essere utilizzate, senza il suo consenso, le dichiarazioni rese ad altra parte, salve restando le sanzioni penali eventualmente applicabili al dichiarante.

4. Quando, anche per le circostanze emerse nel dibattimento, vi sono elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità, affinché non deponga ovvero deponga il falso, le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento e quelle previste dal comma 3 possono essere utilizzate.

5. Sull'acquisizione di cui al comma 4 il giudice decide senza ritardo, svolgendo gli accertamenti che ritiene necessari, su richiesta della parte, che può fornire gli elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità.

6. A richiesta di parte, le dichiarazioni assunte dal giudice a norma dell'articolo 422 sono acquisite al fascicolo del dibattimento e sono valutate ai fini della prova nei confronti delle parti che hanno partecipato alla loro assunzione, se sono state utilizzate per le contestazioni previste dal presente articolo. Fuori dal caso previsto dal periodo precedente, si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 4 e 5.

7. Fuori dai casi di cui al comma 4, su accordo delle parti le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento.

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Per risolvere il meccanismo della contestazione, la parte che ha interesse, prende il verbale delle dichiarazioni rese dal teste di polizia giudiziaria e contesta nel seguente modo: indica il verbale a cui ha fatto riferimento e legge il passo del verbale che è difforme, quindi legge la dichiarazione diversa; A questo punto, il teste che è davanti al Giudice, potrà confermare la dichiarazione che aveva reso alla polizia giudiziaria oppure potrà mantenere una dichiarazione diversa. Questo è un momento cruciale del processo accusatorio. Mentre fino a pochi anni fa una volta che era stata eseguita questa contestazione il Giudice, se rimaneva la difformità, poteva acquisire il precedente verbale reso alla polizia giudiziaria e ritenere più attendibile la versione precedente, se confermata da elementi di prova, adesso il Giudice non potrà più acquisire la dichiarazione resa alla polizia giudiziaria ma al massimo ritenere che la dichiarazione che è stata resa in aula durante l’udienza non sia una dichiarazione attendibile perché il teste in precedenza aveva dichiarato una certa cosa e poi ha cambiato la sua dichiarazione al dibattimento. Avendo il teste fornito due versioni fra loro in contrasto, non è una persona credibile. La norma a cui si è appena fatto riferimento è quindi l’articolo 500 comma 2: “Le dichiarazioni lette per le contestazioni possono essere valutate ai fini dell’attendibilità”. Attenzione perché il comma non dice ai fini della prova, dice ai fini dell’attendibilità. Quindi se il teste continua a sostenere la versione data in aula e non quella resa alla polizia giudiziaria, il Giudice potrà dire che il teste non è credibile ma non potrà dire quale delle due versioni sia quella vera.

Rapporto tra questo atteggiamento di contestazione e la falsa testimonianza: Nel momento in cui una persona rende delle dichiarazioni che appaiono poco credibili, il Giudice può, e questo lo dice l’articolo 207 del codice di procedura penale, avvertire il teste della situazione che si è creata e cioè ammonirlo circa le testimonianze rese all’interno di un processo e che la dichiarazione che lui ha reso è poco attendibile. Detto questo il teste vedrà se ribadire o meno la precedente dichiarazione.

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In ogni caso, se il teste conferma una dichiarazione poco attendibile, il Giudice a questo punto non può fare nulla. Eventualmente può essere il pubblico ministero che chiede immediatamente la trasmissione degli atti al suo ufficio per procedere per il delitto di falsa testimonianza. Il Giudice può trasmettere gli atti all’ufficio del pubblico ministero per procedere per il delitto di falsa testimonianza in due momenti: ⇒ immediatamente nel corso del processo se la persona si rifiuta di rispondere

perché la falsa testimonianza può avvenire anche nella forma per omissione nel caso in cui uno si rifiuti di rispondere e quindi il teste si è dimostrato reticente;

⇒ all’esito del giudizio quando, valutate tutte le prove, si convince che la persona abbia mentito, solo allora può trasmettere, non lo può fare subito perché se lo facesse subito, il Giudice anticiperebbe in qualche modo il suo giudizio sull’esito del procedimento

Resta il fatto che, anche se il Giudice si convince che la persona che ha reso le dichiarazioni davanti a lui ha mentito, non può dire “La macchina è gialla” solo perché nella fase delle indagini aveva detto che era gialla, deve dire “Il teste ha cambiato versione, aveva detto gialla, poi ha detto rossa, secondo me ha mentito e quindi ritengo che abbia commesso il delitto di falsa testimonianza”. Non può dire di aver raggiunto la prova però che la macchina sia di colore diverso rispetto a quello che aveva dichiarato il teste.

E qui sta tutto il problema della prova in contraddittorio; se il teste ritratta non c’è nulla da fare, la prova non si forma in contraddittorio. C’è un limite a tutto questo, il limite lo trovate spiegato sempre nell’articolo 500 al quarto comma: “quando, per le circostanze emerse nel dibattimento, vi siano elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerte promiscue di denaro o di altra utilità purché non deponga oppure deponga il falso, le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese sono acquisite al fascicolo del dibattimento e quindi possono essere utilizzate” e questo è l’unico limite. È estremamente difficile comunque, provare che il testimone sia stato sottoposto a minacce o violenze. Molto più frequenti saranno i casi in cui dal punto di vista logico si arriva a dire che siccome la contraddizione tra la precedente dichiarazione e quella successiva è evidente e non è spiegabile il

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teste ha cambiato versione senza giustificazione e che quindi non è credibile. È altro dire che sia stato sottoposto a violenze o minacce e la dichiarazione può essere recuperata solo in questo caso limite. L’articolo 195 è importante là dove dice che il teste di polizia giudiziaria non può riferire sul contenuto delle dichiarazioni rese da un informatore mentre è tutto sommato meno importante laddove dice che non può riferire sul contenuto delle dichiarazioni rese dall’indagato o dall’imputato. Diciamo che è meno importante perché quello che ci dice l’articolo 195 ce lo dice già in maniera chiara un’altra norma ed è l’articolo 62 del codice di procedura penale.

Art. 62. - Divieto di testimonianza sulle dichiarazioni dell'imputato. 1. Le dichiarazioni comunque rese nel corso del procedimento dall'imputato o dalla persona sottoposta alle indagini

non possono formare oggetto di testimonianza.

Le dichiarazioni comunque rese nel procedimento dall’imputato o dalla persona sottoposta alle indagini non possono formare oggetto di testimonianza. Questa norma chiude ogni problema circa la possibilità che un teste di polizia giudiziaria possa riferire sul contenuto della dichiarazione che nel corso del procedimento penale ha assunto da parte prima di una persona indagata e poi, dopo l’esercizio dell’azione penale, da una persona imputata. Però questa norma va anche interpretata perché se fate attenzione non esordisce dicendo “il teste di polizia giudiziaria”, esordisce con una formula più ampia “Nessuno può testimoniare sulle dichiarazioni rese nel corso del procedimento da parte dell’indagato o dell’imputato”. Vediamo intanto il significato di quel NESSUNO e cerchiamo di fare completa chiarezza sui rapporti tra l’articolo 62 e l’articolo 195. NESSUNO significa che né il teste di polizia giudiziaria, né qualsiasi altra persona può riferire sul contenuto delle dichiarazioni rese nel contesto procedimentale da parte dell’indagato o dell’imputato.

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Nel contesto procedimentale vuol dire nell’ambito del procedimento e quando viene assunto un atto tipico del procedimento. Se io sono un poliziotto e sto eseguendo un arresto ad esempio, ai giardini pubblici e, mentre arresto questa persona questa persona mi rende delle dichiarazioni, io non potrò come teste di polizia giudiziaria, riferire sul contenuto di queste dichiarazioni. E questo è pacifico. Non potrà riferire sul contenuto delle dichiarazioni rese nemmeno il privato cittadino che era accanto a me e che magari è anche la persona offesa a cui era stato rubato il portafoglio, che ha sentito queste dichiarazioni. E questo perché le dichiarazioni sono state rese in un contesto procedimentale. Se invece il compagno di cella dell’indagato o dell’imputato riceve una dichiarazione, dopo che la persona che ha reso la dichiarazione è già sottoposta alle indagini, sotto il profilo puramente temporale la dichiarazione viene resa nel procedimento ma non viene resa nel contesto procedimentale, viene resa al di fuori da tale contesto. Da ciò quindi, il compagno di cella può riferire sul contenuto di queste dichiarazioni. Se invece, il compagno di cella sente un dialogo tra un poliziotto, un carabiniere e l’indagato o l’imputato e quindi mentre il poliziotto o il carabiniere sta prendendo delle dichiarazioni da questa persona, allora sente delle dichiarazioni che sono rese nel contesto procedimentale e non può deporre su queste.

Ricordiamo che il problema è che il teste di polizia giudiziaria, quando nel corso di un procedimento riceve delle dichiarazioni, come regola generale le deve verbalizzare e il verbale delle dichiarazioni rese dal teste di polizia giudiziaria, entra nel processo penale solo a determinate condizioni. L’articolo 500 dice che, anche se vengono fatte delle contestazioni, questo verbale non entrerà nel processo ma entrerà per esempio nel caso in cui sia provato che la persona che è stata sentita prima dal teste di polizia giudiziaria e poi dal Giudice sia stato sottoposto a pressioni o minacce. Se il legislatore permettesse al teste di polizia giudiziaria di deporre sul contenuto delle dichiarazioni ricevute, non avrebbe più senso porre dei limiti all’acquisizione nel fascicolo del dibattimento dei verbali perché quello che non si apprenderebbe

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attraverso i verbali, si apprenderebbe attraverso le dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria. Quindi, e per cercare di essere il più chiaro possibile, non è assolutamente un problema di credibilità del teste di polizia giudiziaria, è un problema relativo a quali atti dell’indagine possono essere acquisiti nel fascicolo del dibattimento. Il teste di polizia giudiziaria, a differenza di un qualsiasi privato cittadino, quando sente l’imputato lo sente non perché è un suo amico, lo sente perché lui è un pubblico ufficiale e l’altra è una persona indagata o imputata e il pubblico ufficiale sta eseguendo delle indagini; quindi in un contesto procedimentale. Il pubblico ufficiale redige un verbale, lo redige al di fuori del contraddittorio perchè c'è solo il pubblico ufficiale non c’è il difensore. La regola del processo accusatorio è che la prova si formi in contraddittorio, quindi il legislatore dice, questa dichiarazione che il pubblico ufficiale ha preso e che è stata riportata nel verbale, entrerà nel processo solo in determinate condizioni. E queste condizioni sono condizioni limite, per il resto questa dichiarazione servirà solo per fare delle contestazioni al dibattimento. Anche il privato cittadino che sente quello che dice l’indagato al pubblico ufficiale non può riferirlo perché si tratta di una dichiarazione resa nel contesto del procedimento. Cerco di essere più chiaro: siamo ai giardini pubblici, la persona offesa vede che le viene sottratto il portafoglio, chiama la polizia, la polizia arresta la persona che gli viene indicata dal soggetto passivo del reato e questa persona dice: “Non ero da solo, c’era anche un complice” e lo dice alla polizia giudiziaria. Questa dichiarazione è resa nel contesto del procedimento; non viene resa al privato cittadino, viene resa nel contesto del procedimento. Il fatto che sia ascoltata dalla persona offesa, è un accidente, non è decisivo ed è per questo che rientriamo allora nei limiti dell’articolo 62 il quale dice che in generale le dichiarazioni rese nel corso del procedimento non possono essere riferite. La persona offesa che è ai giardini non può riferire queste dichiarazioni perché ha sentito delle dichiarazioni che sono state rese nel contesto del procedimento in quanto sono state sentite mentre dialogavano il poliziotto o il carabiniere e l’indagato. Questo vale anche se chi ascolta la dichiarazione è persona che non c’entra nulla, che non ha avuto nessun danno, una quarta persona; vale sempre il divieto dell’articolo 62.

Diverso sarebbe questo caso: la persona offesa si accorge che le hanno rubato il portafoglio, corre dietro alla persona che gli ha rubato il portafoglio, glielo contesta, questa persona decide di restituire il portafogli e gli dice anche “Con me c’era un’altra persona, c’era il mio complice”. Poco dopo arriva la polizia giudiziaria, la polizia giudiziaria arresta la persona indagata. In questo caso, la dichiarazione che ha ricevuto la persona offesa, il testimone, non è stata ricevuta nel contesto procedimentale mentre dialogavano il teste di polizia giudiziaria e l’indagato, è stata resa al di fuori del procedimento e quindi nulla osta a che questa dichiarazione sia riferita. Se la dichiarazione viene ripetuta alla presenza della polizia, il testimone privato cittadino, potrà riferire quello che ha sentito al di fuori del procedimento, non quello che ha sentito all’interno del procedimento.

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Quello che è importante capire è che non sono delle formalità ma è il cuore del processo accusatorio. È importante questo perché, il principio del processo accusatorio, è che la prova si forma nel contraddittorio. Nel contraddittorio vuol dire quando c’è non solo il poliziotto, il carabiniere ma ci sia anche il difensore. Se noi facciamo entrare nel processo come prova le dichiarazioni che si sono formate senza il difensore, non seguiamo le regole del sistema accusatorio. Quindi non è una questione di forma, ma è una questione di sostanza. Attenzione però. Le dichiarazioni che l’indagato regolarmente assistito, perché generalmente questa situazione si verifica prima dell’esercizio dell’azione penale, rende nel corso dell’interrogatorio davanti a un pubblico ministero, entrano nel fascicolo del dibattimento anche se la persona durante il processo si rifiuta di rendere la dichiarazione. Entrano nel dibattimento attraverso una norma che è l’articolo 513 e cioè nel caso in cui la persona, dopo aver reso le dichiarazioni in fase di indagini, ovviamente regolarmente assistita, rifiuti di sottoporsi all’esame nella fase del dibattimento. Però, ed ecco che ritornano i principi del sistema accusatorio, queste dichiarazioni che lui ha reso potranno essere utilizzate contro di lui non nei confronti di terzi.

Art. 513. - Lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare. 1. Il giudice, se l'imputato è contumace o assente ovvero rifiuta di sottoporsi all'esame, dispone, a richiesta di parte,

che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, ma tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso salvo che ricorrano i presupposti di cui all'articolo 500, comma 4.

2. Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone indicate nell'articolo 210, comma 1, il giudice, a richiesta di parte, dispone, secondo i casi, l'accompagnamento coattivo del dichiarante o l'esame a domicilio o la rogatoria internazionale ovvero l'esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contradditorio. Se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all'esame in uno dei modi suddetti, si applica la disposizione dell'articolo 512 qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni. Qualora il dichiarante si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice dispone la lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l'accordo delle parti.

3. Se le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono state assunte ai sensi dell'articolo 392, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 511.

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Quindi, se nel corso di un interrogatorio, davanti a un pubblico ministero in sede di indagini, una persona dice ”Io ho commesso questo fatto di reato e insieme a me l’ha commesso Caio”. Dopo anni si va al dibattimento e questa persona davanti al Giudice dice che non vuole sottoporsi all’esame; a quel punto, ai sensi dell’articolo 513 del codice di procedura penale, il verbale dell’interrogatorio verrà acquisito.

La situazione è diversa rispetto al testimone. Mentre come regola generale per il testimone, il verbale in caso di difformità della dichiarazione non viene acquisito, per l’imputato viene acquisito. Però le dichiarazioni l’imputato ha reso, potranno essere utilizzate contro di lui e non nei confronti del terzo. Quella parte di elemento probatorio dato dalla dichiarazione contro altri, si perde completamente. E con ciò si torna all’articolo 111 della costituzione laddove dice “la persona ha il diritto di confrontarsi con il suo accusatore, se questo diritto di confrontarsi gli viene tolto la dichiarazione non può essere utilizzata”.

Art. 111. - La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. (1) Ogni processo si svolge nel contradditorio tra le parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo e imparziale. La

legge ne assicura la ragionevole durata. (1) Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel pi¨ breve tempo possibile,

informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facolta', davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. (1)

Il processo penale e' regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non puo' essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si e' sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. (1)

La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilita' di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. (1)

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla liberta' personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o

speciali, e' sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si puo' derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.

Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione e' ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

(1) Comma introdotto con l'art. 1 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 (G.U. 23 dicembre 1999, n. 300). All'art. 2, la stessa legge costituzionale cosi' dispone: "1. La legge regola l'applicazione dei principi contenuti nella presente legge

costituzionale ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore".

L’articolo 62 è una regola generale, si applica alle dichiarazioni rese dall’indagato o dall’imputato da chiunque siano apprese però si applica solo, nelle dichiarazioni rese nel contesto procedimentale in

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occasione di un atto tipico del procedimento penale; questo è il limite dell’articolo 62 che va quindi applicato alle dichiarazioni di contenuto narrativo e non a quelle che rilevano come fatto storico.

Se io sto per arrestare una persona e questa persona dice “Scappa!”. Questa affermazione non rileva una dichiarazione di contenuto narrativo, rileva come un fatto storico. Fatto storico vuol dire che, nel contesto in cui è avvenuto l’arresto, una persona ha reso una dichiarazione che non era affatto rivolta al teste di polizia giudiziaria che lo stava arrestando ma era una comunicazione ad altre persone. Questa dichiarazione assume il valore non di dichiarazione ma di fatto storico e quindi questa può essere riferita; così come nel caso in cui la dichiarazione abbia una rilevanza ai fini dell’indicazione del reato. Se voi andate in un luogo per sentire una persona, per ad esempio dirimere una controversia tra due vicini e sentite che un vicino inizia a insultare l'altro vicino e lo offende e cioè commette il reato di ingiuria, queste affermazioni che fa il teste rilevano come un fatto storico del delitto di ingiuria, non sono una dichiarazione resa a voi; anche su questa voi potreste testimoniare.

Quindi, nell’ambito generale delle dichiarazioni vanno individuate quelle affermazioni che fa l’indagato o l’imputato che rilevano come fatto storico di reato; tali affermazioni vengono in rilievo non come dichiarazione ma come fatto, e su queste il testimone di polizia giudiziaria può riferire come chiunque altro. I fatti storici possono essere riferiti, non possono essere riferite le dichiarazioni di contenuto narrativo.

La dichiarazione che l’indagato rende davanti alla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero o davanti al pubblico ministero, potranno emergere nel corso del dibattimento attraverso il meccanismo dell'acquisizione che vi ho indicato, l’articolo 513. Non potranno emergere nel corso del dibattimento attraverso le dichiarazioni dell’ufficiale di polizia giudiziaria che ha assunto quelle dichiarazioni. Altro è dire che la dichiarazione non può essere oggetto di testimonianza, altro è dire che il contenuto delle dichiarazioni presenti nel verbale non possa assumere rilievo nel corso del dibattimento. Assumerà rilievo nel corso del dibattimento attraverso la lettura diretta del verbale. Voi provate a studiarvi l’articolo 195 e l’articolo 62 e meditarci sopra, un po’ alla volta dovrebbe riuscire a emergere qual è la logica che ho tentato di spiegarvi di queste due norme.

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Se voi inserite queste due norme nel contesto del processo accusatorio, capite che non è un pregiudizio contro il teste di polizia giudiziaria quello che c’è scritto in queste norme ma è una regola coessenziale a un’impronta accusatoria del processo.

In generale, testimone è una persona che è a conoscenza dei fatti oggetto di prova e che non riveste una qualifica in relazione alla quale è collegata la incapacità a testimoniare. Questo perché l’articolo 197 riporta i casi in cui esiste l’incompatibilità a testimoniare e questi casi li abbiamo in parte già visti quando abbiamo parlato dell’articolo 64. Come linea generale i casi elencati nell’articolo 197 possono collegarsi alla logica che ci sono alcune persone che il legislatore non vuole che assumano la qualifica di testimone nell’ambito del processo e questo per garantire a loro un maggiore spazio nella difesa e quindi non vuole che si assumano l’obbligo di dichiarare la verità. Rientra in questa logica il comma primo dell’articolo 197, la lettera

a e la lettera b e la lettera c .

Delle lettere a e b ne abbiamo già parlato con riguardo

all’imputato di procedimento connesso e all’imputato di procedimento correlato.

La lettera c , richiamando il responsabile civile e la persona

civilmente obbligata per la pena pecuniaria, richiama due esempi di parti private diverse dalla parte privata imputato. Questa è una caratteristica del processo penale rispetto al processo civile, la parte civile. Perché la parte civile può assumere la veste di testimone. Nel caso in cui nessuna delle parti del processo introducesse la parte civile come testimone, allora sì che anche la parte civile potrebbe essere sottoposta all’esame come semplice parte, ma salvo questa ipotesi che nell’esperienza pratica è inesistente, la parte civile viene sentita come testimone. Questo vuol dire che è una persona alla quale viene fatta leggere la formula di rito e che assume l’obbligo di dire la verità.

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Nella lettera d infine, vengono indicati dei soggetti che hanno

svolto delle determinate funzioni nell’ambito del procedimento. In questa categoria trovate il Giudice, trovate il pubblico ministero ma anche coloro che hanno partecipato alla formazione dei loro atti. Se ad esempio, una persona che appartiene alla polizia giudiziaria assiste il pubblico ministero nel corso delle indagini, mentre viene redatto un atto tipico, in relazione a quell’atto tipico la persona che appartiene alla polizia giudiziaria non può assumere il ruolo di testimone appunto perché siamo di fronte a un atto tipico e per la stessa ragione per cui non potrebbe deporre il pubblico ministero non può deporre nemmeno il suo ausiliario. La polizia giudiziaria non potrà assumere la veste di testimone sull’oggetto dell’interrogatorio delegato anche se però in quel caso di interrogatorio delegato, la risposta non viene da questa norma che parla di ausiliario. Nel momento in cui la polizia giudiziaria ha la delega e viene a compiere un atto del procedimento quale è l’interrogatorio, non sarà un semplice ausiliario perché ausiliario è colui che materialmente assiste il pubblico ministero e redige il verbale materialmente; sarà nello stesso ufficio del pubblico ministero, dove lui pone le domande e la polizia giudiziaria scriverà al computer le risposte. Questa è l'ipotesi dell'ausiliario che viene presa in considerazione. Vi ricordo l’articolo 197, così come l’articolo 198 relativo al privilegio contro l’autoincriminazione, l’articolo 199 che riguarda la testimonianza dei prossimi congiunti e le norme sul segreto professionale, perché sono norme che sono espressamente richiamate a proposito delle sommarie informazioni rese davanti alla polizia giudiziaria.

Art. 198. - Obblighi del testimone. 1. Il testimone ha l'obbligo di presentarsi al giudice e di attenersi alle prescrizioni date dal medesimo per le esigenze

processuali e di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte. 2. Il testimone non può essere obbligato a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità

penale.

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Art. 199. - Facoltà di astensione dei prossimi congiunti. 1. I prossimi congiunti dell'imputato non sono obbligati a deporre. Devono tuttavia deporre quando hanno

presentato denuncia, querela o istanza ovvero essi o un loro prossimo congiunto sono offesi dal reato. 2. Il giudice, a pena di nullità, avvisa le persone predette della facoltà di astenersi chiedendo loro se intendono

avvalersene. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche a chi è legato all'imputato da vincolo di adozione. Si applicano

inoltre, limitatamente ai fatti verificatisi o appresi dall'imputato durante la convivenza coniugale: a) a chi, pur non essendo coniuge dell'imputato, come tale conviva o abbia convissuto con esso; b) al coniuge separato dell'imputato; c) alla persona nei cui confronti sia intervenuta sentenza di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con l'imputato.

Quindi per sapere i casi in cui come polizia giudiziaria, potete assumere queste sommarie informazioni da una persona che considerate come futuro teste, dovete tener presente l’articolo 197; non potreste prendere delle dichiarazioni come semplice informatore da una persona che è indagata in un procedimento collegato. Per quello è importante che voi conosciate l’articolo 197, non è una norma che si applica solo nel dibattimento, si applica anche nella fase delle indagini. Si applica anche nella fase delle indagini la norma relativa alla facoltà di astensione dei prossimi congiunti che è l’articolo 199. Per sapere chi siano i prossimi congiunti, voi dovete prendere un articolo del codice penale, è facile da ricordare nel momento in cui svolgete la vostra attività perché in tutti i codici è richiamato; è l’articolo 307 comma 4 del codice penale.

Art. 307. - Assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata. Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipano all'associazione o alla banda indicate nei due articoli precedenti, è punito con la reclusione fino a due anni. La pena è aumentata se l'assistenza è prestata continuatamente . Non è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto. Agli effetti della legge penale, s'intendono per i prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole.

Questo articolo dà la definizione agli effetti dell’articolo 199 di chi sia il prossimo congiunto e questo per capire il grado di parentela che potrebbe rilevare. Sottolineo questo a proposito dell’articolo 199, che rientra anche il convivente di fatto tra le persone che devono ricevere questo

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avvertimento per i fatti di cui ha avuto conoscenza nell’ambito della convivenza di fatto. L’articolo 199 dice infatti, limitatamente ai fatti verificatisi o appresi durante la convivenza coniugale. Quindi, non sono solo il coniuge, i parenti fino a un certo grado e gli affini fino a un certo grado e per guardare i gradi prendete in considerazione l’articolo 307 comma 4 del codice penale, ma anche il convivente di fatto che ha diritto di ricevere questo avviso da parte vostra. Se non riceve questo avviso commettete una nullità; è una nullità di modesto rilievo perché è una nullità relativa che potrebbe essere sanata. Peraltro, una persona anche se riceve l’avviso e decide di rendere delle dichiarazioni, al dibattimento, nel momento in cui viene sentito dal Giudice, potrebbe cambiare idea e decidere di non rendere più alcuna dichiarazione. Il problema che si pone a questo punto è se sia utilizzabile o meno il verbale delle dichiarazioni rese in sede di indagini. Il problema si pone perché si potrebbe dire, richiamando una norma che è l’articolo 512 che siamo di fronte a un caso in cui la ripetizione dell’esame è diventata impossibile per una causa sopravvenuta.

Art. 512. - Lettura di atti per sopravvenuta impossibilità di ripetizione. 1. Il giudice, a richiesta di parte, dispone che sia data lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico

ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso della udienza preliminare quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne è divenuta impossibile la ripetizione.

1-bis. È sempre consentita la lettura dei verbali relativi all'acquisizione ed alle operazioni di distruzione degli atti di cui all'articolo 240.

Ovvero, se una persona rende delle dichiarazioni durante le indagini preliminari anche se è un familiare, posso presumere che abbia fatto una determinata scelta e che quindi poi renda delle dichiarazioni anche al dibattimento. Al dibattimento cambia idea, non vuole più rendere le dichiarazioni, si potrebbe ipotizzare di essere di fronte a un caso in cui la mancanza di ripetitività dell’atto è dovuta a una causa

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sopravvenuta non prevedibile e quindi diventa applicabile l’articolo 512 del codice. Le sezioni unite della corte di cassazione hanno detto che in questo caso, siccome la persona può decidere anche al dibattimento di non rendere queste dichiarazioni, ciò che verrà reso in sede delle indagini preliminari, non sarà utilizzabile. Quindi risulta inutile cercare in qualsiasi modo di acquisire dichiarazioni dei prossimi congiunti in sede di indagini senza che questi si rendano ben conto che hanno la possibilità di non rispondere alle vostre domande perché un domani, al dibattimento, potranno decidere, una volta che il Giudice li informa di questa loro facoltà, di non rispondere e le dichiarazioni che hanno reso nella sede delle indagini andranno completamente perse. Sono tutte norme queste che vi aiutano a capire come ci sia un netto discrimine tra la fase delle indagini preliminari e la fase del dibattimento. E tanti elementi di prova che si formano nella fase delle indagini preliminari, diventano nel dibattimento inutilizzabili. Diverso è il caso in cui una persona presenta una denuncia contro un famigliare, perché l’articolo che viene ad essere interessato è il 199 primo comma che recita: “I prossimi congiunti dell’imputato non sono obbligati a deporre, devono tuttavia deporre quando hanno presentato denunce, querele, istanza ovvero essi o un loro prossimo congiunto sono offesi dal reato”. Quindi, rimanendo nel reato tipico dove si pongono questi problemi, cioè nel reato di maltrattamenti in famiglia, se una persona presenta una denuncia contro un familiare, poi non può astenersi dal deporre. Se poi questa persona presenta la denuncia, un altro prossimo congiunto, coinvolto nella vicenda, dato che la denunciante e persona offesa è un suo stretto congiunto, ugualmente non può astenersi dal deporre. L’ambito di applicazione della facoltà di astensione riguarda tipicamente un altro caso, ovvero il caso in cui si applica un procedimento nei confronti di una persona e le informazioni utili alle

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indagini potrebbero essere apprese da stretti congiunti i quali però non hanno un altro familiare coinvolto come persona offesa nel procedimento né sono denuncianti. Queste sono tutte norme che dovete applicare. L’articolo 198, sempre richiamato tra le norme che dovrete voi applicare, riguarda il privilegio contro l’auto incriminazione. Significa che una persona non può essere costretta a deporre su fatti da cui potrebbe conseguire una propria incriminazione. Le conseguenze a cui va incontro nel momento in cui rende una dichiarazione auto-incriminante sono già state viste, quello che bisogna tenere presente è che questa persona ha la facoltà di non rispondere a queste domande ma non ha diritto ad essere avvisato che ha facoltà di non rispondere ad una domanda auto incriminante. Cioè, non c’è l’obbligo, e non è nemmeno previsto che chi sta svolgendo l’esame, o l’interrogatorio o l’assunzione di informazione dia tale avviso alla persona in esame. Questo non è previsto, è previsto piuttosto che l’esame venga interrotto nel momento in cui emergano queste dichiarazioni. Prendiamo in considerazione l’articolo 210 del codice di procedura penale e cioè “le dichiarazioni rese da imputati di un procedimento connesso”. Non stiamo parlando direttamente dell’esame dell’imputato ma dell’esame di un’altra persona che è accusata comunque di un reato che è connesso o collegato a quello per cui si procede.

Art. 210. - Esame di persona imputata in un procedimento connesso. 1. Nel dibattimento, le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'articolo 12, comma 1, lettera

a), nei confronti delle quali si procede o si è proceduto separatamente e che non possono assumere l'ufficio di testimone, sono esaminate a richiesta di parte, ovvero, nel caso indicato nell'articolo 195, anche di ufficio.

2. Esse hanno obbligo di presentarsi al giudice, il quale, ove occorra, ne ordina l'accompagnamento coattivo. Si osservano le norme sulla citazione dei testimoni.

3. Le persone indicate nel comma 1 sono assistite da un difensore che ha diritto di partecipare all'esame. In mancanza di un difensore di fiducia è designato un difensore di ufficio.

4. Prima che abbia inizio l'esame, il giudice avverte le persone indicate nel comma 1 che, salvo quanto disposto dall'articolo 66 comma 1, esse hanno facoltà di non rispondere.

5. All'esame si applicano le disposizioni previste dagli articoli 194, 195, 498, 499 e 500. 6. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche alle persone imputate in un procedimento connesso ai

sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera c), o di un reato collegato a norma dell'articolo 371, comma 2, lettera b), che non hanno reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell'imputato. Tuttavia a tali persone è dato l'avvertimento previsto dall'articolo 64, comma 3, lettera c), e, se esse non si avvalgono della facoltà di non rispondere, assumono l'ufficio di testimone. Al loro esame si applicano, in tal caso, oltre alle disposizioni richiamate dal comma 5, anche quelle previste dagli articoli 197-bis e 497.

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Anche questa norma è una norma che poi viene richiamata nella fase delle indagini a proposito delle persone che la polizia giudiziaria dovrà sentire. L’articolo 210, pone una disciplina che riguarda in generale, gli indagati e gli imputati di un procedimento connesso o collegato a quello in cui si procede. Le regole che pone l’articolo 210 sono queste: ⇒ nel caso in cui vi sia una connessione molto stretta fra i

procedimenti, e cioè la connessione prevista dall’articolo 12

comma 1° lettera a , questa persona sarà sempre assistita da

un difensore, avrà sempre la facoltà di non rispondere alle domande, dovrà presentarsi ma non sarà obbligata a rispondere; questa regola si ricava leggendo l’articolo 210 comma 1.

⇒ un regime un po’ più complicato, anzi complicatissimo, è previsto dall’articolo 210 6° ed ultimo comma nei casi di connessione debole o collegamento probatorio cioè nel caso in cui il reato per cui si procede nei confronti di una persona è quello per cui si procede nei confronti della persona che rende la dichiarazione abbiano un collegamento meno stringente. In questi casi è previsto che la persona sia avvisata della facoltà di non deporre; nel caso in cui questa persona dica: “Io voglio deporre”, avrà ovviamente come nel caso precedente, la presenza di un difensore che lo assisterà. A questo punto è previsto che gli sia dato un avviso, l’avviso è

quello dell’articolo 64, 3° comma lettera c .

Quindi io la avverto “Guardi, se lei renderà dichiarazioni a carico di terzi, in ordine a queste dichiarazioni lei potrà assumere la veste di testimone”, primo avviso “lei ha la facoltà di non rispondere”. “Io voglio deporre”. “Va bene, abbiamo il suo difensore vicino, io adesso la avverto che se lei renderà dichiarazioni a carico di terzi, assumerà in relazione a tali dichiarazioni, l’obbligo di deporre”. Lui dice che intende continuare a rispondere. Quello che succede nel dibattimento è una cosa veramente strana. Questa persona a questo punto inizierà a rendere delle dichiarazioni. Rende una dichiarazione a carico di un terzo, quindi una dichiarazione erga alias. Il Giudice a questo punto gli deve far leggere la formula dei testimoni, “consapevole delle responsabilità morali e civili che assume con la sua deposizione, si impegni a dire la verità e a non nascondere nulla di quanto è in sua conoscenza”.

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Bene, da questo momento in poi, con riferimento alla precedente dichiarazione che ha reso a carico di altri, ha gli obblighi del testimone. Continua a parlare. Inizia nuovamente a parlare non con riferimento a questa dichiarazione, ma a dichiarazioni che riguardano la sua persona. In quel momento non è più un testimone. Ecco perché dicevo che la situazione è complicatissima; siamo di fronte a quello che viene chiamato testimone ad intermittenza.

Il legislatore, con l’articolo 210 comma 6° del codice di procedura penale, ha introdotto nel nostro ordinamento la figura di un soggetto il quale, nel corso della sua deposizione potrà essere, a seconda del momento, testimone o non testimone con tutti i problemi pratici che vi lascio immaginare. Problemi pratici che i giudici spesso risolvono facendo leggere la formula della testimonianza fin da subito. Capita infatti che spesso il Giudice non si rende conto, nel momento in cui la persona rende dichiarazioni a carico di terzi, che sta rendendo una dichiarazione a carico di terzi. Lo capisce dopo e quindi ometterebbe di dargli questo avviso. Capiterà spesso quindi di vedere una persona interrogata esaminata con l’articolo 210 ultimo comma che riceve l’avviso della facoltà di non rispondere, l’avviso previsto dall’articolo 64 3°

comma lettera c . e che gli faranno leggere subito la formula di

rito. Nel nostro sistema processuale esiste, grazie a questa regola, anche il testimone ad intermittenza.


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