MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
Sony ZV-1, anteprima II paradiso dei vlogger
MacBook Air 2020 Doppia faccia
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
Compensi per copia privata Presto l’aumento delle tariffe Il 28 maggio si è riunito il Comitato Consultivo Permanente sul Diritto d’Autore per far uscire il decreto Franceschini nella distrazione generale05
ARM sfida Intel e AMD per i pc E compete con Apple sulle CPU mobile ARM cambia modello di business. Il nuovo Cortex X1 permetterà di competere con AMD e Intel sul segmento PC e con Apple in ambito mobile
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Immuni, Immuni, ecco il codice sorgente ecco il codice sorgente L’L’allarme privacy è esageratoallarme privacy è esagerato Abbiamo esaminato il codice sorgente dell’app e abbiamo constatato che non c’è nulla che possa far temere per la mancanza di sicurezza o di privacy
Sony OLED KD-65A8 DNA da top di gamma
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Oppo Find X2 Pro Varrà i 1.199 euro?
SpaceX nella storia: la prima compagnia privata porta l’uomo nello spazio13
Chromebook in Italia. I pc perfetti per la scuola di domani 14
Technics compie 55 anni con un SL-1210 in edizione speciale 11
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2424 3232
0808
Sanificazione Sanificazione L’ozono funziona L’ozono funziona contro il Coronavirus?contro il Coronavirus?3838
I migliori TV 2020 certificati da Netflix. Assenti Philips e LG
Macron annuncia Macron annuncia il piano per salvare il piano per salvare l’automotive l’automotive francesefrancese
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Roberto PEZZALI
Immuni avrà successo? Difficile a dirsi. Un’applicazio-
ne di Contact Tracing per funzionare bene dev’essere
scaricata da un numero molto elevato di persone, ma
se proviamo a fare un sondaggio tra amici e conoscenti,
chiedendo se hanno intenzione di installarla, si capisce
subito che sono più le persone che hanno dubbi di quel-
le che non hanno alcun problema ad installare l’app del
Governo se è per un bene comune. Il Governo, accu-
sato di mancanza di trasparenza, ha una colpa enorme
in tutto questo: non ha pensato di sfruttare i mezzi di
comunicazione che aveva a disposizione, come la TV
pubblica, per spiegare in modo facile e chiaro come fun-
ziona l’applicazione Immuni.
Tra qualche settimana l’applicazione sarà disponibile, e
se parte degli italiani, quelli informati, ha una idea ben
chiara di quello che farà l’applicazione, altri sono ancora
convinti che l’app faccia vibrare il telefono se ci avvici-
niamo ad un positivo. O, ancora peggio, hanno appreso
dell’app dall’amico del fratello, quello che l’altro giorno
stava dando fuoco al ripetitore 5G del quartiere che ha
fatto impazzire il pappagallo del vicino. E credono che
sia solo lo strumento dei poteri forti per trasformare la
popolazione italiana in un gregge da telecomandare.
Bastava poco, una conferenza dedicata o uno spot,
anche breve, trasmesso durante la giornata e durante
i telegiornali per fare buona informazione e spiegare,
in modo chiaro, come funziona davvero Immuni, quali
sono i benefici e qual è la realtà riguardante i dati ano-
nimi scambiati. L’assenza di un messaggio chiaro, indi-
rizzato ai meno tecnici e agli anziani, ha lasciato enorme
spazio alle voci di chi, senza avere la minima idea di che
cosa si stia parlando, ha iniziato subito a inneggiare al
complotto, al tracciamento di massa, alle lobby del po-
tere che hanno scelto Bending Spoons, software house
milanese di rampolli con alle spalle la famiglia Berlusco-
ni, i Benetton e le holding cinesi.
Gli italiani hanno lavorato meglio degli altri: più informazioni e più chiarezzaIn un clima tutt’altro che sereno, dopo mesi di lavoro a
testa bassa, ne esce vincente Bending Spoons, che nel-
la giornata di ieri ha rilasciato parte del codice sorgente
su GitHub dimostrando di aver fatto un lavoro eccellen-
te. Tra i Paesi che hanno pubblicato il codice delle loro
applicazioni, e ci sono Svizzera, UK, Australia, Repubbli-
ca Ceca e Austria, l’Italia è stata quella che ha fornito il
maggior numero di informazioni e di documentazione,
anche tecnica, sul funzionamento preciso dell’app. Ba-
sta fare un giro sui vari “repo” delle app straniere per
rendersi conto di come negli altri Paesi la questione sia
stata approcciata con meno rigore: la documentazione è
più scarna, la grafica meno curata e più semplice.
Negli altri Paesi, forse per una percentuale di complotti-
MERCATO È stato pubblicato parte del codice di Immuni. Al di là di fake news e complottisti, Bending Spoons ha fatto un ottimo lavoro
Immuni, uno sguardo al codice sorgente delle app L’allarme privacy è pretestuoso e esageratoAbbiamo esaminato il codice, l’abbiamo compilato e abbiamo visto che non fa nulla di diverso da quello per cui è stata pensata
sti ben più bassa, non c’è stato bisogno di spiegare nel
dettaglio come funziona l’app e quali dati vengono rac-
colti: viene dato per scontato che i cittadini si fidino delle
scelte del Governo. L’app italiana, sia nell’interfaccia sia
nella documentazione, descrive tutto minuziosamente.
Bending Spoons sapeva a cosa andava incontro con
la pubblicazione del codice sorgente delle app, ne ha
avuto un assaggio dopo aver pubblicato nelle scorse
settimane la documentazione: centinaia di sviluppatori
si sono tuffati ad aprire Issues cercando pretesti per po-
lemizzare. Si è visto di tutto, e di fianco a pochi sviluppa-
tori seri con un approccio propositivo sono comparsi i
“maestri del codice” con approccio “ti spiego io come si
fa il tuo lavoro” a quelli che, freschi del loro primo “Hello
World”, volevano a tutti i costi dire la loro.C’è chi ha con-
testato il nome Immuni, c’è chi ha chiesto perché l’app
non funziona in modalità orizzontale, fondamentale per
una applicazione che nel 99.9% del tempo lavora in
background, c’è chi ha disquisito sul fatto che “Gentile
Utente” si rivolge solo ad un pubblico maschile e non
abbraccia tutti i generi. In queste settimane si è visto il
peggio, e chi ha gestito il progetto è stato anche bravo
da accettare, come si dovrebbe fare in un mondo open
source, i suggerimenti e le pull-request degli altri svi-
luppatori che potevano davvero apportare migliorie. E
lo sta facendo pure in queste ore, con il codice fresco
fresco: se qualcuno ha una proposta per migliorare una
parte di codice e renderlo più snello o più leggibile vie-
ne accettata. on era così scontato che la collaborazione
tipica dell’open source sarebbe stata abbracciata da
Immuni, perché si tratta pur sempre di una applicazione
che nell’header del codice riporta “Copyright (C) 2020
Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Tutto il codice, è
bene ricordarlo, è di proprietà del Governo Italiano e
Bending Spoons ha lavorato a titolo gratuito.
L’analisi del codice: non invia nessun dato personale. Privacy okA 24 ore dalla pubblicazione del sorgente delle due
applicazioni per iOS e Android c’è una notizia che ha
del meraviglioso: nessuno tra tutti gli sviluppatori che si
sono tuffati tra le righe del codice ha trovato qualcosa
che potesse rappresentare un appiglio per contestare
ad Immuni mancanza di sicurezza o di privacy. L’applica-
zione funziona esattamente come era stato descritto e
come viene specificato nella documentazione.
Ci siamo presi un po’ di ore per analizzare il codice del-
la versione iOS, lo abbiamo compilato e installato su un
iPhone per vedere come funziona l’interfaccia, e dob-
biamo davvero dire che come Italia siamo stati bravi.
Bending Spoons ha pensato un po’ a tutto: ha integra-
to oltre all’italiano e all’inglese come lingua anche il te-
desco, per quelle persone che vivono nella provincia
di Bolzano e limitrofi, e ha inserito anche una serie di
contromisure per ridurre il rischio di attacchi al sistema.
Il rischio più grande è che qualcuno decida di tracciare
tutte le comunicazioni tra il server e uno smartphone
opportunamente modificato, per memorizzare tutte le
chiavi dei positivi e fare un po’ di riverse engineering:
Bending Spoons ha aggiunto al sistema una routine che
genera dummy data, dati finti, che vanno a mescolarsi a
quelli veri rendendo questi ultimi difficili da identificare
se una persona non ha idea di cosa stia cercando.
Con questo non vogliamo dire che l’app può resistere
ad ogni tipo di attacco, un esperto di sicurezza serio
ci mette due o tre giorni per far l’analisi di un codice:
potrebbero esserci bug come in ogni applicazione, e la
pubblicazione del sorgente serve proprio a questo: farsi
aiutare da chi ne capisce per cercare di chiudere ogni
possibile spiraglio.
Non siamo esperti di sicurezza, ma conosciamo Swift e
sappiamo quando basta per vedere che tra i sorgenti di
Immuni non esiste niente che possa inviare di proposito
ad un server dati personali.
Dagli smartphone degli utenti non vengono inviati ai
server “dati” diversi da quelli che erano già stati elencati
segue a pagina 03
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
nella documentazione, dati anonimi analitici e epidemio-
logici. L’applicazione non è funzionante, si installa ma
non funziona: il framework di Apple e Google può es-
sere usato solo da coloro che stanno sviluppando l’app,
quindi chi prova a compilarla si trova davanti una scatola
mezza vuota con l’interfaccia grafica e poco altro. Manca-
no anche le chiamate ai server veri, anche se all’interno
dell’applicazione iOS sono definiti parte degli endpoint,
ovvero degli indirizzi verso i quali le applicazioni faranno
le loro chiamate, i server della pubblica amministrazione.
Al momento i server definiti nel codice (irraggiungibili)
sono “upload.immuni.gov.it” e “https://analytics.immuni.
gov.it”, dove il primo sarà quello che gestisce le chiavi
e la exposure Notification, il secondo quello che invece
raccoglie i dati di analisi per permettere la gestione e la
distribuzione delle risorse tra le diverse provincie.
Per il dettaglio dei pochi dati anonimi che uno smartpho-
ne manda al server vi rimandiamo all’articolo dettagliato
sull’analisi della documentazione pubblicato nei giorni
scorsi. In ogni caso, lo ripetiamo ancora una volta, non
viene inviato nulla che non sia ampiamente documenta-
to e spiegato all’utente in fase di registrazione e installa-
zione: tutto in chiaro, niente di nascosto.
Nel pacchetto dei dati analitici c’è la provincia, c’è la ver-
sione del sistema operativo, ci sono i permessi impostati
dall’utente (per vedere se l’app è installata ma il blue-
tooth è spento ad esempio) e poco altro.
Nei dati inviati da un utente positivo che decide, in modo
del tutto volontario, di inviare le sue chiavi al server per
permettere a chi gli è stato vicino di ricevere la notifica
di contatto, ci sono i pochi dati necessari per rendere
il sistema funzionante. Troviamo le chiavi di contact no-
tification denominate TEKS (CodableTemporaryExposu-
reKey), la provincia e un pacchetto i dati definito “Coda-
bleExposureDetectionSummary” che include una serie
di dati epidemiologici per stabilire soglie di rischio e indi-
ce di trasmissione. La domanda a cui si cerca di rispon-
dere è: “Quando questa persona che oggi ha scoperto
di essere positiva ha incontrato un’altra persona quanto
era infetta? Da quanto tempo aveva il Covid? Quando è
probabile che lo abbia trasmesso con un contatto ravvi-
cinato?” Non ci sono dati personali, non c’è accesso al
GPS o ad altri dati presenti sullo smartphone, non c’è
nulla che possa in qualche modo solo far pensare che
l’applicazione raccoglie dati personali dell’utente.
Il codice non è completo, manca il backendQuello che è stato rilasciato ieri non è però il codice
completo. Mancano ancora diversi pezzi. All’interno
delle applicazioni, e prendiamo quella per iOS come
esempio, mancano i veri endpoint (sempre che non si
usi davvero “upload.immuni.gov.it”) e mancano anche i
vari parametri che devono essere fissati per decidere
quanto deve durare un contatto per essere definito a
rischio e quale dev’essere la distanza minima per rac-
cogliere le chiavi. Parametri che non deve decidere
Bending Spoons, devono essere pensati e studiati con
i tecnici del Ministero della Salute: da questi parametri
dipende il numero dei falsi positivi e dei falsi negativi, tut-
to il sistema. Al momento, nell’applicazione, sono inseriti
parametri finti a scopo di test.
Manca poi tutto il backend in Python, quindi si potrebbe
dire che è stata rilasciata “metà” Immuni. Ed è vero, ma
crediamo sia solo una questione di tempi: il backend è
relativamente più semplice delle app perché deve solo
gestire una raccolta di dati, ed è anche quello meno
controllabile. L’unica cosa che i paranoici della sicurezza
e della privacy potrebbero voler verificare, oltre ovvia-
mente all’assenza di bug che possono permettere l’ac-
cesso ai dati, è se effettivamente questi ultimi vengono
cancellati ogni 14 giorni come promesso, ma su questo
aspetto più che il codice serve la fiducia. Il codice del
sistema di gestione dei codici potrebbe anche cancel-
lare tutto ogni 4 giorni, ma nessuno ci assicura che non
esiste un backup del database.
Non potremmo neppure verificare, come possiamo fare
sulle applicazioni per smartphone, se il codice che gira
sul server è lo stesso che viene pubblicato su Github.
Crediamo che tutto questo sia però davvero poco rile-
vante: il server ha solo i dati che gli smartphone inviano
e, dalla lettura del codice delle applicazioni, emerge che
non ci sono dati personali o sensibili. Dobbiamo anche
considerare un altro aspetto: i server dei paesi europei
che usano il sistema Apple e Google si devono parlare
tra di loro e devono replicare le chiavi dei positivi, questo
perché le persone a breve riprenderanno a viaggiare.
Le linee guida per lo scambio di dati tra piattaforme di
diversi paesi sono uscite di recente, ed è quindi presu-
mibile che Bending Spoons stia ancora lavorando a que-
sto aspetto. Deve interagire con i developer delle app
degli altri Paesi e con chi, lato Pubblica Amministrazione,
gestirà i server per finire il tutto, e fino a quando il codice
non sarà sufficientemente pulito, commentato e sicu-
ro gli sviluppatori non lo daranno in pasto all’opinione
pubblica. Il codice della parte server dovrebbe arrivare
nei prossimi giorni, ma come abbiamo scritto riteniamo
sia di tutto il pacchetto l’elemento meno importante: era
fondamentale sapere cosa fanno e cosa raccolgono le
applicazioni che il Governo chiede di installare a tutti gli
italiani e le due app, almeno quelle pubblicate ieri su Gi-
thub, non fanno assolutamente nulla che possa lasciare
spazio a sospetti.
Niente di sospetto nel codice, eppure c’è chi continua ad alimentare disinformazioneNonostante chi legge codice come se fosse una secon-
da lingua non abbia trovato nulla che possa far pensare
al tracciamento di massa degli italiani, o ad una raccolta
collettiva di dati sensibili per scopi pubblicitari, il com-
plottismo impera.
Andrea Lisi, Avvocato, Segretario Generale ANORC,
coordinatore D&L Department, continua ad urlare dal-
le pagine di diversi siti, l’ultimo è l’Huffington Post, che
l’app Immuni è un attentato alla privacy. “Sappiamo - an-
che grazie a ciò che Google ci ha “svelato” - che Immuni
potrebbe potenzialmente sfruttare anche la localizza-
zione GPS degli smartphone e ospitare un diario clinico
con informazioni sanitarie dell’utente”.
Bastava chiedere aiuto ad uno sviluppatore Android per
capire che su Google i permessi del GPS sono obbli-
gatori quando si accede al bluetooth, perché rientrano
nei permessi di localizzazione, ma che da nessuna parte
l’applicazione chiede o usa i dati GPS e neppure li tra-
smette. Lo stesso avvocato assicura di aver trovato nel
codice “aspetti sconcertanti” e teme che i due giganti,
Apple e Google, potranno potenzialmente disporre dei
nostri dati, sia sanitari sia di geolocalizzazione.
Tutti elementi che sono già stati chiariti e smentiti più
volte: Apple e Google non raccolgono nessun dato, non
c’è pubblicità, non esce niente dal dispositivo, tutto resta
sugli smartphone degli utenti e i pochi dati inviati sono,
come dimostra il codice, anonimi e totalmente slegati da
quelli che possono essere dati personali. Si potrebbe
anche aggiungere: “Ma davvero Google ha bisogno di
un’app di questo tipo per raccogliere e profilare un uten-
te che ha in tasca un telefono con Android?”
Al coro dei complottisti si aggiunge anche la Senatrice
Daniela Santanchè (Fratelli d’Italia).
“All’insaputa di tutti, Google ha implementato le sue
impostazioni per Android con una voce chiamata
“Notifiche di esposizione al COVID-19” tra le informa-
zioni di Google compare la scritta ‘Scarica un’app
dell’autorità sanitaria pubblica governativa del tuo
paese. Per sapere se c’è un’app disponibile, rivolgiti
al governo’. L’unica app del governo sarà -Immuni-
,quindi il dubbio è lecito, se i dati saranno gestiti solo
da CED nazionali, come confermato più volte, siamo
sicuri che non resteranno tracce negli archivi digitali
del colosso di Mountain View?”
Da un mese il Governo, e da senatrice dovrebbe sa-
perlo, ha annunciato che l’app Italiana sarà basata sul
sistema di Apple e Google, e quello che Google ha fatto
non è altro che aggiungere quella parte di codice che
serve agli smartphone per poter gestire, in locale e sen-
za inviare i dati, tutte le informazioni. Niente di più. Anzi,
è grazia a questa aggiunta che gli utenti potranno sce-
gliere di cancellare le chiavi sugli smartphone, eliminare
ogni traccia di Immuni e delle app e evitare che vengano
raccolti dati, anche anonimi. L’applicazione uscirà tra cir-
ca 15 giorni, si inizierà probabilmente con una trial limita-
ta ad alcune regioni per poi aprirla al resto d’Italia.
L’unico aspetto che davvero può preoccupare è se, con
l’app attiva, l’autonomia degli smartphone ne possa ri-
sentire: un aumento sensibile del consumo potrebbe
essere per molti una motivazione giustificata per non in-
stallarla. Google e Apple assicurano che l’impatto è mini-
mo, il bluetooth Low Energy consuma davvero poco, ma
lo vedremo quando sarà disponibile.
Tutto il resto, come quelle sul 5G, sono pericolose chiac-
chiere da bar.
MERCATO
Immuni, uno sguardo al codice sorgentesegue Da pagina 02
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Massimiliano DI MARCO
U na chiavetta USB e una serie di
accessori da indossare, come
ciondoli e braccialetti. Sono al-
cuni dei prodotti che, sia in Italia sia
all’estero, vengono venduti online per
proteggere contro l’elettrosmog e,
in particolare, le reti 5G. L’idea di tali
prodotti è semplice: indossati oppure
inseriti nel computer possono evitare
che i campi elettromagnetici influenzino
l’organismo. Arriviamo al punto: si tratta
di prodotti farlocchi, orpelli che non ser-
vono a niente e che non hanno alcun
effetto sui campi elettromagnetici.
Una banale chiavetta USB da 128 MB venduta a 340 sterlineLa chiavetta USB ha un nome molto al-
tisonante: 5GBioShield. Il sito ufficiale
la propone come rimedio semplice e
comodo contro i campi elettromagnetici
del 5G: basta inserirla nel computer per
riscontrare subito gli effetti benefici.
La BBC ha chiesto ad aziende di ter-
ze parti di effettuare dei controlli. Il ri-
sultato? È una comune chiavetta USB.
L’unica differenza è un adesivo circolare
bianco incollato sulla superficie della
chiavetta che non serve a nulla. Per al-
tro, una chiavetta decisamente econo-
mica, perché offre 128 MB di spazio di
archiviazione. Eppure, viene proposta
a circa 340 sterline. “Ora, non siamo
esperti quantistici del 5G, ma tale ade-
sivo sembra proprio identico a quello
disponibile nelle cartolerie a manciate
per pochi centesimi ciascuno” ha det-
to ironicamente Ken Munro di Pen Test
Partners, società specializzata nell’iden-
tificare falle di sicurezza nei prodotti di
elettronica. Non è un caso che se ne
parli nel Regno Unito: alcune settimane
fa in alcune città sono state incendiate
varie antenne 5G, a causa delle molte
bufale che hanno legato la tecnologia
alla diffusione del coronavirus.
Braccialetti e ciondoli per proteggere dall’elettrosmogIl secondo esempio è italiano: GeoLam
vende braccialetti e ciondoli da indossa-
re che, secondo le promesse, permetto-
no di proteggersi contro l’elettrosmog.
Il venditore promette che indossare tali
monili “riduce sensibilmente le proble-
matiche più frequenti causate dall’elet-
trosmog quali stress, stati di affatica-
mento, emicranie, disturbi del sonno
e digestivi.” Anzi, l’uso di braccialetti e
ciondoli migliorerebbe la qualità dei cibi
e delle bevande che si assumono per
via orale, grazie ai benefici del bioma-
gnete. La pagina principale del sito, anzi,
fa subito riferimento al 5G in quanto, se-
condo il venditore, sarebbero un grave
rischio per la salute. Fermo restando
che non sono stati mai dimostrati effetti
deleteri dei campi elettromagnetici sul-
l’organismo e ciò vale anche per il 5G,
l’Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato ha predisposto un provve-
dimento nei confronti del sito perché lo
stesso venditore proponeva accessori
da indossare anti-COVID 19. Sul sito, si
legge nella nota dell’Antitrust, “sono
pubblicizzati e venduti i suddetti pro-
dotti, definiti ingannevolmente ‘parafar-
maci’ e di cui si vantano gli effetti ‘anti
Covid-19’, promettendo anche benefici
al sistema immunitario e al processo
respiratorio.
Tali benefici, sempre secondo l’AGCM,
“non hanno alla base alcun processo di
sperimentazione e validazione scientifi-
ca”. L’Autorità ha inoltre definito le mo-
dalità di promozione di questi prodotti
“ingannevoli e aggressive” chiedendo
la rimozione delle pagine dei prodotti
coinvolti. Difficile credere, di conse-
guenza, che i prodotti etichettati come
“antielettrosmog” possano produrre
effettivamente benefici all’organismo.
Fermo restando che alcun effetto dan-
noso da parte dei campi elettromagne-
tici non è mai stato dimostrato.
MERCATO Online vengono oramai proposti “amuleti” che promettono ogni genere di beneficio
Chiavetta USB e ciondoli anti-5G Venditori online a caccia di creduloniAccessori e chiavette USB per proteggersi dal 5G. L’effetto è solo uno, fregare i creduloni
L’adesivo incollato sulla chiavetta USB “5GBioShield” è quello che sembra: un comune adesivo (Credits: Pen Test Partners)
I riferimenti al 5G presenti nella home page del sito di GeoLam.
Ecco perché il Friuli Venezia Giulia non vuole sperimentare ImmuniIl Friuli Venezia Giulia non vuole sperimentare Immuni. Non per motivi di privacy, ma perché la ritiene poco efficace: lascia le decisioni nelle mani dei cittadini e alla volontà di questi ultimi di Roberto PEZZALI
Il Governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha ri-tirato la disponibilità alla sperimen-tazione dell’app Immuni. Secondo alcune dichiarazioni all’ANSA, il Governatore ha spiegato il per-ché. Il Friuli Venezia Giulia non vuole Immuni perché il fatto che fornisca ai soli cittadini la notifica di un possibile contatto e che siano poi i cittadini a dover chiamare su base volontaria il medico, sarebbe poco utile ai fini della battaglia alla diffusione del virus. L’applicazione pensata dalla Regione, come spe-cificato da Damiani, prevedeva in-fatti la cessione (volontaria) di dati personali come il nome, il cogno-me e il codice fiscale e grazie ai dati e alla elaborazione dei dati su server era la Regione che sapeva chi era stato a contatto con un po-sitivo e poteva intervenire in moda-lità diretta. Il Friuli avrebbe voluto un approccio non anonimo.Usare Immuni, secondo Fedriga, ”vuol dire passare da una gestio-ne affidata ai Servizi sanitari ad un’azione diretta e priva del sup-porto di professionisti dei cittadini, che devono essere loro a contat-tare il medico di base. Una soluzio-ne poco avveduta che rischia, nel caso in cui il cittadino decidesse di non rivolgersi al medico curante, di vanificare l’efficacia dell’app”.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Gianfranco GIARDINA
Con ben altre emergenze in atto e
con l’opinione pubblica e l’atten-
zione dei media rivolta altrove, l’iter
per la rideterminazione dei compensi per
copia privata sta accelerando. Tanto che
parrebbe addirittura essere stata identifi-
cata una finestra per il lancio delle nuove
tariffe, ovviamente con aumenti per le
cose che si vendono bene (come i PC e
gli smartphone) e diminuzioni per le cose
che non si vendono più (come i suppor-
ti fisici). Il nuovo decreto Franceschini
potrebbe arrivare nei prossimi giorni, a
cavallo del ponte della Festa della Re-
pubblica e la ripartenza del 3 giugno. Per
questo motivo, è stata convocata per il 28
maggio, cono sole 48 ore di preavviso,
una riunione urgente del Comitato Con-
sultivo Permanente sul Diritto d’Autore,
quell’entità che deve “consigliare” il Mini-
stro sul da farsi e che - guarda caso - ha
al proprio interno solo rappresentati di chi
il compenso per copia privata lo percepi-
sce e non di chi lo paga, consumatori in
primis. E che, malgrado le tante solleci-
tazioni, anche da parte di rappresentanti
delle istituzioni, ha sempre tenuto i propri
verbali assolutamente secretati.
Il Ministero dei Beni Culturali ha imparato ad usare ZoomLe associazioni dei consumatori, in realtà,
dovevano essere sentite nella consulta-
zione presso il Ministero del Beni culturali
proprio su questo tema. Consultazione
che il Ministro Franceschini ha annullato
a causa dell’emergenza coronavirus, non convocandola neppure in videoconfe-renza. Videoconferenza che invece si
farà il 28/5 per il Comitato Consultivo sul
Diritto d’Autore: di colpo al Mibact devo-
no essere diventati capaci di usare Zoom,
mentre per il confronto più aperto sul
tema, aperto anche a coloro che ritenga-
no che la raccolta per copia privata deb-
ba scendere e non salire, l’utilizzo della
videoconferenza è parso “inopportuno”.
Con le nuove tariffe la raccolta sarà in crescita, lo conferma anche SIAELa bozza di lavoro fatta circolare dal di-
castero guidato da Franceschini nei mesi
scorsi riportava aumenti sensibili dei
compensi per copia privata soprattutto
sui beni più diffusi: per esempio, da 5,20
a 6,90 euro su smartphone superiori a
MERCATO Convocazione a rotta di collo per il Comitato Consultivo Permanente sul Diritto d’Autore
Compensi per copia privata, il blitz è pronto Nella distrazione dei media, si prepara il decreto Franceschini con l’aumento delle tariffe
128 GB e su PC di ogni ordine e grado; e
poi l’assoggettazione di nuove categorie
come gli smartwatch (!) e i decoder TV con
funzione PVR. Ma non è detto che queste
indicazioni non siano addirittura cresciu-
te, cavalcando la crisi e lo stop alle attività
artistiche dal vivo. In un accorato appello,
Gaetano Blandini, direttore generale di
SIAE di un mesetto fa, spronava proprio il
Ministro Franceschini a una rapida appro-
vazione dei nuovi compensi proprio per
sostenere il settore bloccato dalla crisi
Segno che non si ha alcuna intenzione
di diminuire la raccolta, come sarebbe
ragionevole e come la quasi impossibi-
lità di fare copia privata consiglierebbe.
Ma si ritiene addirittura di aumentare la
raccolta oltre i 120-130 milioni odierni. Al-
trimenti a SIAE e compagni converrebbe
decisamente rimanere alle tariffe attuali e
non spingere per un adeguamento. Se lo
fanno è perché sanno di poter incassare
di più.
Insomma, prepariamoci al blitz di France-
schini di inizio giugno: la nostra speranza
da anni, per puro senso di equità, è stata
quella di recitare il requiem del compen-
so per copia privata. E invece la sensazio-
ne è che il compenso per copia privata
ci seppellirà.
Caporalato sui rider: commissariata Uber Italy dal Tribunale di MilanoUber Italy Srl è stata commissariata dal Tribunale di Milano. L’accusa: sfruttamento dei rider e caporalato. No comment per ora da parte dell’azienda di Massimiliano DI MARCO
Commissariamento di Uber Italy per caporalato. Lo ha deciso la sezione Sezione misure di preven-zione del Tribunale di Milano che avrebbe considerato come sfrut-tamento le condizioni di lavoro dei rider, in particolare per il servizio di consegne di cibo a domicilio Uber Eats. Per tali ragioni, l’attuale accusa è di sfruttamento, secondo quanto riportato dall’Ansa. Con-tattata da DDAY.it, Uber non ha risposto in tempo per la pubblica-zione dell’articolo. La decisione del Tribunale è contestuale a un’inda-gine che viene portata avanti pro-prio per giudicare se società come Uber, Deliveroo e Foodinho non garantiscano le doverose condizio-ni lavorative. Durante i primi giorni della pandemia, i rider chiedeva-no maggiori garanzie sanitarie. In risposta alla relazione del nucleo ispettorato al lavoro dei carabinie-ri, Glovo aveva sottolineato che le mascherine non erano state fornite poiché “la normativa in merito non prevede tale obbligo per i lavora-tori occasionali e/o autonomi”. Da parte sua, il gruppo Deliverance Milano, collettivo politico di precari e fattorini attivi nel delivery food, il 18 maggio ha scritto sui social “con-tinuano a mancare le protezioni in-dividuali per tutte e tutti, nonostan-te le innumerevoli false promesse fatte delle piattaforme e la vittoria dei lavoratori nei tribunali di Firen-ze, Roma e Bologna: ai fattorini va riconosciuta a spese dell’azienda l’intera tutela infortunistica come previsto dalla legge.”
MERCATO Mozilla scarcastica e chiede un cambio radicale
Amazon Prime Day 2020 rinviato Forse se ne parla a settembre
di Sergio DONATO
Amazon non intende venire
meno all’appuntamento
del Prime Day, che tutti gli
anni si svolge di solito nel mese
di luglio. Ma per il 2020, a cau-
sa delle limitazioni imposte dalla
pandemia da coronavirus, è pro-
babile che il Prime Day si terrà in
settembre. A dirlo è il Wall Street
Journal, messo al corrente da alcune persone vicine ad Amazon informate dei
fatti. Quindi, invece che nella due giorni del 15 e 16 luglio del 2019, il Prime Day
potrebbe prendere corpo in due giorni settembrini non ancora definiti.
Inoltre, le fonti riportano che dopo l’insolito Prime Day 2020 Amazon sarebbe
in grado di gettare le basi per le spedizioni di una più ampia varietà di prodotti.
La possibilità dovrebbe essere garantita da una velocità maggiore nell’evasione
degli ordini e dalla contemporanea espansione dello spazio nei a disposizione
nei magazzini. Le fonti del WSJ non spiegano i motivi che avrebbero portato a
scegliere settembre come mese del Prime Day, ma non è escluso che Amazon
voglia attendere un recupero delle possibilità di spesa delle persone, fiaccate
dalla mancanza di liquidità a causa della pausa lavorativa a cui è stato costretto il
mondo dal coronavirus.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Massimiliano DI MARCO
S i chiama G.FAST ed è la massima
espressione delle connessione in
fibra ottica misto rame. Il concetto
è lo stesso delle VDSL: l’ultimo miglio
è in rame, ma nel collegamento viene
integrata anche la fibra ottica, nello
specifico fino al punto di distribuzione.
Cos’ha di diverso la G.FAST rispetto alla
VDSL2? Può raggiungere larghezze di
banda fino a 1 Gigabit al secondo nel-
le corte distanze. Velocità impensabili
persino per le migliori VDSL2. Standar-
dizzato dall’Unione Internazionale delle
Telecomunicazioni nel 2014, il G.FAST è
nato come complemento della strate-
gia di diffusione della fibra ottica fino in
casa (FTTH) offrendo agli operatori una
scelta più economica ma comunque
consistente. FAST è la sigla che sta per
Fast Access to Subscriber Terminal.
Frequenze più elevate e fibra ottica fino al punto di distribuzionePer prima cosa, la connessione G.FAST
fa uso di frequenze più elevate rispetto
alla VDSL2. Mentre quest’ultima può usa-
re uno spettro fino a 35 MHz, la G.FAST
usa anche i 106 MHz e i 212 MHz. Qua si
pone, però, un problema: nel primo caso,
la frequenza ricade nello spettro delle
radio (tra 87,5 e 108 MHz); nel secondo
caso, in quello di alcuni servizi militari e
governativi. Per sopperire alle interferen-
ze, la G.FAST genera lo spettro di poten-
za, ossia la distribuzione delle frequenze
su una data banda, in modo leggermente
diverso rispetto alle radio e sfrutta il vec-
toring per ridurre il rumore e le interferen-
ze dei cavi in rame del doppino telefoni-
co, una caratteristica delle linee DSL più
evolute. Oltre alle frequenze più elevate,
la G.FAST sfrutta un ulteriore elemento: il
DSLAM (Digital Subscriber Line Access
Multiplexer) viene installato in un punto di
distribuzione più ravvicinato agli utenti ri-
spetto all’armadio di strada. La fibra ottica
arriva fino al punto di distribuzione (ecco
perché si parla, nel caso di G.FAST, di Fi-
ber to the distribution point o FTTdp), al
quale sono collegate le varie unità immo-
biliari; di conseguenza, il cavo in rame è
più corto rispetto alle connessioni VDSL.
Il vantaggio della G.FAST rispetto a una
FTTH, quindi, è quello di non dover
cablare l’ultimo tratto di rete perché si
può sfruttare quello già presente in rame.
Questo passaggio è quello più comples-
so perché richiede,
nel caso di una FTTH,
di accedere agli edifi-
ci e quindi aumenta i
costi e i tempi d’instal-
lazione.
Tale scenario permet-
te di portare la fibra
misto rame G.FAST
in case e uffici a bre-
ve distanza: da qui la
possibilità di arrivare
a elevate larghezze
di banda. L’implemen-
tazione può anche
includere il Reverse
Power Feeding: è il
modem dell’utente
a fornire energia alla
sua porta del DSLAM.
Il segnale della G.FAST degrada velocemente: potente sì, ma solo a brevi distanzeCome la VDSL e le altre connessioni in
fibra misto rame, infatti, il segnale della
G.FAST degrada rapidamente propor-
zionalmente alla distanza dal DSLAM: già
a 100 m di distanza la velocità massima
teorica viene dimezzata (500 Megabit al
secondo). Altrettanto avviene a 200 m
(200 Megabit al secondo) e 250 m (150
Megabit al secondo). A circa 50 m di di-
stanza dal DSLAM la larghezza di banda
è ancora di 800-900 Megabit al secondo.
Insomma, la G.FAST è poderosa nelle
brevi distanze, ma sulla media distanza
fornisce larghezze di banda molto simili a
quelle delle più comuni VDSL2 ed eVDSL.
Un’ultima differenza tra la G.FAST e le altre
DSL: sfrutta il Duplex a divisione tempora-
le. Cosa significa? La banda non viene mai
usata contemporaneamente per l’invio e
la ricezione dei dati ma lavora alla stessa
frequenza. Viceversa, le altre DSL usano
la multiplazione a divisione di frequenza:
è possibile inviare e ricevere dati contem-
poraneamente perché le due operazioni
sono basate su frequenze leggermente
differenti. Quando viene usata? Come det-
to, la G.FAST abilita elevate larghezze di
banda a breve distanza, con velocità mol-
to vicine a quelle della FTTH ma con costi
più contenuti e potendo, inoltre, riutilizzare
le infrastrutture VDSL preesistenti. Un ti-
pico caso d’uso della G.FAST è quella di
posizionare il punto di distribuzione negli
scantinati degli edifici, così da poter servi-
re un numero limitato di utenti, in maniera
simile alla FTTB (Fiber to the Building). In
Italia Fastweb ha annunciato diversi anni fa
ormai i primi test su questa tecnologia, ma
al momento in Italia ancora nessun opera-
tore l’ha implementata per abilitare servizi
ai consumatori.
MERCATO La connessione G.FAST è nata come complemento per la distribuzione della fibra ottica
G.FAST, la più veloce delle connessioni fibra misto rame: fino a 1 Gigabit al secondoGarantisce velocità fino a 1 Gigabit al secondo anche sfruttando l’ultimo miglio in rame
La FTTdp (Fiber to the distribution point, ossia la fibra ottica fino al punto di distribuzione) è il passaggio intermedio fra la FTTC (fibra ottica fino all’armadio di strada) e la FTTH (fibra fino in casa).
Notebook piccoli e leggeri, in Italia tutti comprano i MacBook. Honor: “Vogliamo una fetta di mercato”Honor ha annunciato il nuovo Magic Book da 14”: 599 euro per un portatile che mira a portare via buona parte delle quote di mercato in un segmento dove, anche in Italia, Apple è schiacciante di Roberto PEZZALI
Il mercato dei notebook ultraleg-geri e piccoli, quelli con schermi da 13” e da 14” e uno spessore inferio-re ai 16 mm, è in mano ad Apple.Non lo diciamo noi, lo dicono i dati di vendita ed è Honor stessa a metterci davanti agli occhi quei dati solitamente “segreti”. Lo ha fatto durante la presentazione del Magic Book da 14”, il primo com-puter portatile Honor ad arrivare in Italia, e ha spiegato perché hanno deciso di portare questo modello e come hanno scelto il prezzo.Lo scorso anno in Italia sono stati venduti 214.000 notebook, con Apple che ha avuto una quota di mercato variabile dal 74% all’80%, Honor si considera un “innovatore” in questa categoria, ed è convinta che una proposizione di prezzo più bassa per il suo prodotto di punta può portare ad una inversione di tendenza. Ecco quindi che arriva Honor Magic Book 14”, 15.9 mm di spessore, 1.38 Kg di peso, 599 euro. “Fino ad oggi non esisteva una scelta simile sul mercato” - dice Honor mostrando i grafici di GFK - “ora noi la proponiamo”. Magic Book arriverà il 26 maggio.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
Realme presenta l’ecosistema AIoT: Watch, Band, Buds Air Neo e PowerBank 2Realme porta in Italia una schiera di prodotti che vanno a popolare l’ecosistema AIoT con soluzioni compatibili con il mondo Android, ecco quindi tre prodotti interessanti dal prezzo accattivante. Realme Watch con un sensore ottico PPG realizzato da Goodix, con analisi del battito ogni 5 minuti, disponibile a partire dal 23 giugno a 54,99 euro su realme.com. Poi c’è Realme Band che pesa solo 20 grammi, dichiara fino a 19 giorni di autonomia senza monitoraggio dell’attività cardiaca, disponibile su realme.com a partire dal 23 giugno a soli 24,99 euro. Ci sono poi le cuffie true wireless Buds Air Neo, dotate di connettività Bluetooth 5.0 con modalità a “super bassa latenza” e un peso di appena 4,1 grammi. Il produttore assicura che la latenza sarà di 119.2ms, consentendo in questo modo di poter godere di un’esperienza audio in tempo reale.
di Roberto PEZZALI
Abbiamo già raccontato di come sia
possibile comprare un TV Panaso-nic con uno sconto del 25% Que-
sto grazie a Tivùsat, una sorta di regalo
per ricordare che i televisori Panasonic
sono certificati LaTivù.
La Tivù è un bollino, e come viene scritto
sul sito stesso è “un nuovo e unico bol-
lino multipiattaforma che garantisce le
migliori caratteristiche tecnico-qualitative
dei televisori. Il TV con questo bollino è
un prodotto a prova di futuro che ga-
rantisce al consumatore la possibilità di
fruire la TV su tutte le piattaforme: digita-
le terrestre, digitale satellitare e internet
secondo gli standard tecnologici di ultima
generazione.” Uno strumento, per citare
sempre il sito, a tutela dei consumatori e
dei produttori. Purtroppo, per esigenze
delle major, le sei sorelle (Warner Bros,
Lionsgate, Paramount Pictures, Sony Pic-
tures, Universal Pictures e Walt Disney
Studios) il bolino è stato sdoppiato. Sul
sito si continua a parlare di “unico bollino”
ma i bollini sono due: c’è quello LaTivù e
quello LaTivù4K, quest’ultimo introdotto lo
scorso anno per venire incontro proprio
ad esigenze specifiche delle major.
Una storia assurda e totalmente senza
senso, che ha costretto il consorzio italia-
no ad aggiungere un nuovo bollino facen-
do cadere parte delle promesse di avere
un solo bollino a prova di futuro. Il bollino
LaTivù non era a prova di futuro e non lo è
tutt’ora, perché il nuovo bollino LaTivù4K
permette l’accesso a contenuti che l’altro
non farà vedere. La differenza, ed è nel
nome stesso, è legato ai contenuti 4K: le
sei sorelle di prima, quelle che muovono i
fili a Hollywood, hanno imposto a chi tra-
smette i contenuti di usare un sistema di
protezione dei loro contenuti in 4K ancora
più sicuro. Un sistema di sicurezza chia-
mato ECP, Enhanced Copy Protection, da
gestire con una nuova CAM che riesce a
gestire questa decodifica solo se inserita
in un televisore con uno slot Common In-
terface 1.4. Per farla semplice se domani
dovesse venire acceso un canale 4K con
ECP, come quello della Rai, e dovesse
essere trasmesso un film di Hollywood
questo film lo vedrebbero solo coloro che
hanno inserito una CAM 4K di nuova ge-
nerazione all’interno di un televisore cer-
tificato LaTivù4K (Panasonic 2019 e 2020,
Samsung 2020, LG 2020 e Philips 2020
ad oggi). Tutto il resto vedrebbe lo scher-
mo nero. La Rai sta facendo in questi mesi
le prove di trasmissione proprio perché
dovrà adeguarsi a questa folle richiesta,
che rende obsoleti e inutilizzabili anche
televisori da 3.000 euro comprati lo scor-
so anno. Che non possono essere aggior-
nati: la questione è legata alla versione
dell’interfaccia common interface, quello
slot sul retro del TV dove si inserisce la
CAM: per l’ECP serve la 1.4, e la 1.4 sui TV
del 2019 solo Panasonic l’ha messa.
L’aspetto più grottesco di tutta questa
vicenda è semplicemente uno: la CAM
è ad oggi ancora il sistema più sicuro ed
inviolato che possa esistere, non è un
anello debole della catena anche per-
ché non impedisce affatto che il conte-
nuto non possa essere copiato. L’anello
debole è solo uno e si chiama HDCP,
un sistema di protezione che si elimina
comprando uno splitter HDMI da 20 euro
su Amazon: se si prende un decoder 4K
satellitare certificato Tivù4K, con CAM
ultra protetta di nuova generazione, e si
attacca uno splitter all’uscita HDMI del
decoder si può registrare il flusso 4K con
una scheda di acquisizione senza alcun
problema. La CAM ha fatto il suo: ha de-
codifica un flusso criptato, l’HDCP invece
no, lo ha lasciato copiare perché è un si-
stema debole. TivùSat, i produttori di TV
e i produttori di CAM sono parte lesa in
tutto questo, e non hanno colpe: il nuovo
bollino LaTivù4K non è una operazione
commerciale per far comprare un’altra
CAM, è un qualcosa che anche Tivù non
avrebbe mai voluto. Per lei il bollino do-
veva essere per sempre uno e unico. La
colpa è delle major di Hollywood, che non
concederanno film in 4K per la trasmis-
sione via etere se non verranno rispettati
determinati requisiti. Requisiti che come
abbiamo visto sono inutili: la CAM non è
mai stata violata.
Dopo tanti anni di lotte alla pirateria non
hanno ancora capito che i sistemi di pro-
tezione e i vari DRM hanno solo causato
problemi ai consumatori e non hanno mai
funzionato, perché tanto, sui torrent, i film
in 4K ci finiscono lo stesso.
MERCATO Le major vogliono una cam ancora più sicura, eppure le CAM non sono mai state violate
Cam ECP, le assurde richieste delle major Così i TV dell’anno scorso saranno già vecchiIl risultato è che TV dello scorso anno non potranno essere usati per vedere determinati TV 4K
Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
e
www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano
n. 308 del’8 novembre 2017
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingMaria Chiara Candiago
EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl
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MERCATO
Addio Amazon Pantry: il servizio chiude il 30 giugnoBasta Amazon Pantry. Il servizio sarà chiuso entro poche settimane, sebbene l’azienda non abbia fornito particolari motivazioni ufficiali riguardo alla decisione, riportata sul sito attraverso una breve FAQ. A tal proposito, infatti, Amazon ha scritto che “la maggior parte degli articoli più venduti su Amazon Pantry sarà presto disponibile su Amazon.it con una consegna più rapida e nessun valore minimo d’ordine, insieme a migliaia di altri articoli per la spesa già disponibili.” Insomma, Amazon lascia intendere che per l’acquisto di cibo e bevande varranno le stesse condizioni degli altri articoli venduti sulla piattafor-ma. La data ultima per Amazon Pan-try è il 30 giugno, fino alle 23.59. Prime Now, che consegna entro 2 ore, rimane invece disponibile nelle città dove il servizio è stato attivato con un ordine minimo di 15 euro.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Massimiliano DI MARCO
Sanificare con l’ozono funziona contro il coronavi-
rus? Le direttive governative sono chiare: uffici,
bar, ristoranti e palestre possono riaprire, ma
gli ambienti vanno sanificati non soltanto prima che
i collaboratori tornino a lavorare in sede, ma anche
regolarmente nelle settimane successive. Cerchiamo
di capirlo insieme in questa guida.
L’ozono è già ampiamente utilizzato contro batteri e odoriL’ozono è una molecola composta da tre atomi di os-
sigeno legati tra loro. Si tratta di un composto decisa-
mente reattivo e quindi anche abbastanza instabile:
tende naturalmente a interagire con altre sostanze e
ritrasformarsi in molecole di O2, cioè l’ossigeno nor-
malmente disponibile con concentrazioni del 21% nel-
l’aria che respiriamo.
L’ozono è spesso (ed erroneamente) legato a proble-
mi di ordine ambientale, perché il suo nome richiama
il “buco nell’ozono”. Ma in quel caso, il problema è il
buco, non l’ozono; quindi ozono che si riduce in uno
strato superficiale dell’atmosfera terrestre (la strato-
sfera), facendo venire meno una sorta di protezione
naturale di cui gode il nostro pianeta nei confronti di
alcune radiazioni cosmiche particolarmente dannose.
Va detto, a scanso di equivoci, che inalare ed esporsi
direttamente a concentrazioni più che trascurabili di
ozono non è una buona idea. Infatti, proprio per la sua
reattività, può causare piccoli disturbi o anche danni
più seri. Va detto che comunque l’ozono è instabile e
si ritrasforma facilmente in O2; quindi si dissolve ab-
bastanza rapidamente in ambiente.
L’ozono, chiamato anche da alcuni “ossigeno attivo”,
è utilizzato in diversi ambiti della sanificazione, soprat-
tutto per abbattere la presenza di batteri, muffe, fun-
ghi e cattivi odori. Per esempio, sono molte le carroz-
zerie e gli autolavaggi che offrono un trattamento con
l’ozono per trattare l’interno dell’abitacolo delle auto,
così da eliminare odori, anche quelli di fumo, e resti-
tuire una sensazione di “nuovo” a sedili e imbottiture.
Come è molto utile da usare, per esempio, per sanifi-
care oggetti non lavabili, come un casco da moto o le
scarpe in pelle e cuoio. Allo stesso modo, l’ozono vie-
ne impiegato in alcune lavatrici, per una sorta di trat-
tamento a secco, non in grado di eliminare le macchie
MERCATO La sanificazione con l’ozono è vista come comoda soluzione per disinfettare gli ambienti perché non lascia residui chimici
Sanificazione degli ambienti per la riapertura L’ozono funziona davvero contro il coronavirus?Come per qualunque altro disinfettante, non ci sono prove specifiche che dimostrino che l’ozono funzioni contro il Sars-CoV-2
ma di cancellare gli odori e di fatto sanificare il bucato,
perfetto per quei vestiti che mal tollerano il lavaggio
ad acqua o semplicemente per dare una “rinfrescata”
ai capi che non necessitano di un trattamento di la-
vaggio vero e proprio.
Con il boom delle sanificazioni ambientali per il Covid-19, ecco spuntare l’ozonoLe imprese di pulizia e disinfezione propongono da
tempo trattamenti con l’ozono proprio per le caratteri-
stiche sopra esposte. Gli ambienti, dopo il trattamento
(e poco che l’ozono si è dissolto naturalmente o è sta-
to degradato dalla macchina stessa in funzionamento
inverso), risultano certamente più sani e privi di odori.
Il trattamento a ozono è particolarmente vantaggioso
perché non lascia non lascia residui chimici sulle su-
perfici, contrariamente alla stragrande maggioranza
dei composti chimici disinfettanti che possono essere
vaporizzati in ambiente. E fin qui tutto chiaro.
Con il boom di richieste di sanificazioni ambientali
correlate al COVID-19, molte società di servizi hanno
iniziato a proporre disinfezioni contro il virus a base di
ozono, con grandi pubblicità. Ma è difficile per le perso-
ne capire se si tratta davvero di un trattamento utile per
abbattere il rischio di contrarre la malattia. Ma la do-
manda chiave è questa: contro il coronavirus, l’ozono
ha qualche effetto utile? La risposta, purtroppo, è: non
lo sappiamo. Anche se in questo articolo cerchiamo di
mettere in fila tutto ciò che di certo si sa.
Le direttive del Governo e le linee guida dell’ANIDNella circolare del 22 febbraio del ministero
della Salute vengono indicate le misure sani-
tarie preventive da rispettare, fra cui la sanifi-
cazione degli ambienti. Nel documento, il trat-
tamento con l’ozono non viene citato, mentre
viene citato un suo “parente”: si tratta del pe-
rossido di idrogeno (H2O2) noto anche come acqua
ossigenata. La vaporizzazione di acqua ossigenata alla
giuste concentrazioni è giudicata efficace nei confronti
del COVID-19, ma lo stesso non si può dire, secondo
il Ministero della Salute, per l’ozono. Nel capitolo che
riguarda la pulizia degli ambienti non sanitari, la circo-
lare specifica che tali luoghi “devono essere sottoposti
a completa pulizia con acqua e detergenti comuni
prima di essere nuovamente utilizzati”. Inoltre, per la
decontaminazione vengono suggeriti prodotti a base
di ipoclorito di sodio 0,1% dopo la pulizia e, per le su-
perfici più delicate, etanolo al 70%, sempre dopo la
pulizia.
L’Associazione Nazionale delle Imprese di Disinfesta-
segue a pagina 09
L’immagine proposta da una società che fa trattamento ambientale con ozono, che fa riferi-mento diretto al COVID-19. Peraltro, l’immagine proposta è fuorviante e non fa ben sperare: le persone ritratte nell’immagine stanno facendo un trattamento con un comune disinfettante chimico e non a ozono.
torna al sommario 9
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
zione (ANID) sull’ozono specifica, nella recente revi-
sione delle linee guida per il Sars-CoV-2, che “attual-
mente si può parlare di igienizzazione ma formalmente
non di disinfezione”. A oggi, infatti, l’ozono è ancora in
fase di valutazione come disinfettante.
Sanificazione con l’ozono: sì per l’Istituto Superiore di Sanità. Con riservaIl recente rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità
sul COVID-19 sembra invece dare il via libera all’uso
dell’ozono per sanificare gli ambienti. Sulla natura
non disinfettate dell’ozono, il rapporto è coerente con
le linee guida dell’ANID: “In attesa dell’autorizzazio-
ne a livello europeo, la commercializzazione in Italia
come PMC (presidio medico-chururgico, ndr) con un
claim ‘disinfettante’ non è consentita”. Proseguendo,
però, il rapporto sottolinea che “in questa fase, l’o-
zono può essere considerato un ‘sanitizzante’”. Allo
stesso modo, però, il rapporto dell’ISS indica che
“come per molti altri prodotti usati nella disinfezione,
non esistono informazioni specifiche sull’efficacia
contro il Sars-CoV-2”. Ciò che significa che, di fatto,
nessun disinfettante è sicuramente efficace contro il
Sars-CoV-2: prove specifiche non sono state fatte. Nel
caso dell’ozono, l’ISS specifica, inoltre, che di contro
esistono molti studi “che ne supportano l’efficacia
virucida”. L’International Ozone Association (IOA) ha
pubblicato una nota ufficiale nel quale chiarisce che,
sebbene l’ozono sia ritenuto molto efficace contro
molti virus, l’associazione “non è a conoscenza di
alcuna ricerca o test che sia stato condotto specifica-
mente sul coronavirus Sars-CoV-2”. Resta in vigore il
protocollo n° 24482 del 31/07/1996 del ministero della
Salute, secondo cui l’ozono è “presidio naturale per la
sterilizzazione di ambienti contaminati da batteri, vi-
rus, spore, ecc” nel trattamento dell’aria e dell’acqua.
Infine, l’ozono viene comunemente usato per la steriliz-
zazione degli strumenti medici secondo le indicazioni
del Center for Disease Control and Prevention.
In conclusione, ha senso fare un trattamento a ozono degli ambienti?Quello che si può dire con certezza è che male non
fa. Il noto potere di inattivare batteri e muffe, come
anche alcune specie di virus, è un alleato potente
nella sanificazione degli ambienti. A partire dal fatto
che abbatte gli odori, rendendo sicuramente gli uffici
meglio vivibili. Ma non ci sono certezze che eventua-
li cariche virali di SARS-CoV2 depositate su oggetti,
maniglie, scrivanie e altre superfici vengano abbat-
tute adeguatamente.
Quindi, il nostro personale consiglio è di valutare un
trattamento ad ozono per quello che è: può essere
utile, per esempio per le camere d’hotel e tutti gli
ambienti con circolazione di molte persone; ma non
basta per farci abbassare la guardia nei confronti
delle precauzioni che abbiamo imparato in queste
settimane per difenderci dal COVID-19.
MERCATO
Sanificazione degli ambientisegue Da pagina 08
di Massimiliano DI MARCO
Velocità record di 44,2 Terabit al
secondo su fibra ottica. Sfruttando
uno speciale chip ottico “micro-
comb”, un gruppo di ricercatori austra-
liani è riuscito a raggiungere una veloci-
tà un milione di volte superiore a quella
media su fibra ottica lungo un colle-
gamento di circa 75 km. Il test è stato
condotto sia in laboratori sia sul campo
in una rete installata nell’area metropo-
litana di Melbourne. Il micro-comb, che
contiene centinaia di laser a infrarossi,
è pensato per sostituire il fascio di laser
all’interno dell’infrastruttura di rete ed è
compatibile con le linee in fibra ottica
già esistenti. Questa stessa tecnologia,
hanno scritto i ricercatori nel paper, ha già permesso grandi passi avanti in
campi come la spettroscopia, le risorse
quantistiche e la metrologia.
Uso commerciale in 5 anni“C’è una sorta di corsa globale al mo-
mento per portare questa tecnologia a
una fase commerciale, poiché alla base il
micro-comb è utile in una vasta gamma di
tecnologie esistenti” ha spiegato al The Independent Bill Corcoran della Monash
University, che ha lavorato al progetto
insieme al Royal Melbourne Institute of
Technology e alla Swimburne University
of Technology. “Credo che potremmo
vedere dispositivi come il nostro dispo-
nibili al laboratori di ricerca nell’arco di
due o tre anni e l’uso commerciale in cir-
ca cinque anni”. L’idea è poter aumenta-
re di molto la capacità della rete globale
in fibra ottica, che al giorno d’oggi cre-
sce di circa il 25% ogni anno. Contem-
poraneamente, sta salendo la domanda
di collegamenti iper-veloci a distanza
breve (tra i 10 e 100 km), come per i data
center. Inoltre, alcune situazioni straor-
dinarie, come la quarantena per l’epi-
demia di coronavirus, possono mettere
a dura prova l’infrastruttura esistente
e serve margine di manovra. Nei mesi
scorsi, l’Unione Europea, per esempio,
chiese a fornitori di servizi di streaming
video, come Amazon e Netflix, di ridurre
il bitrate dei loro contenuti, in modo da
non pesare su una situazione già com-
MERCATO Un gruppo di ricercatori australiani ha raggiunto i 44,2 Terabit al secondo sull’infrastruttura esistente in fibra ottica
“Super fibra ottica”: raggiunta la velocità di 44 Terabit/secMerito del “micro-comb”, un dispositivo su microchip che contiene centinaia di laser a infrarossi, dal grande potenziale
plessa da gestire. Secondo i ricercatori,
i micro-comb “hanno mostrato grande
potenziale per ricoprire questo ruolo”.
Un’infrastruttura con una tale larghezza
di banda sarebbe pensata soprattutto
per abilitare ulteriori scenari applicati-
vi, come i trasporti del futuri e le auto a
guida autonoma, ma anche novità nel-
la medicina, l’istruzione, la finanza e il
commercio elettronico.
torna al sommario 10
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Riccardo DANZO
Samsung ha annunciato The Terra-
ce, una TV pensata e progettata
per essere utilizzata all’esterno
della propria abitazione. Oltre a una lu-
minosità massima di 2000 nits per rima-
nere visibile sotto luce diretta del sole,
infatti, The Terrace è certificata IP55 per
la resistenza ad acqua e polvere.
Questa nuova TV di Samsung va ad ag-
giungersi alle altre televisioni della linea
“lifestyle” dell’azienda, ovvero Serif,
Frame e Sero (che ha un pannello ruota-
bile per poter vedere anche i video ver-
ticali). Per quanto riguarda il pannello in
sé, The Terrace è paragonabile ai tele-
visori QLED di fascia alta di Samsung,
con alcuni miglioramenti che consento-
no la massima qualità di visione anche
in condizioni di luce sfavorevoli.
C’è anche la soundbarSecondo Samsung, tuttavia, nonostante
gli aggiustamenti per garantire l’imper-
TV E VIDEO Certificazione IP55 e a una luminosità massima di 2.000 nits, arriverà alla fine dell’anno
Samsung The Terrace, la Smart TV 4K da giardinoSamsung The Terrace è stata progettata per essere posta fuori dalla propria abitazione
meabilità e la resistenza ad acqua e
polvere, il design di The Terrace rimane
ancora piuttosto elegante, con cornici
ridotte e una profondità di 59 millimetri.
Il prezzo di The Terrace, superiore a una
normale TV 4K dell’azienda coreana, è
in linea con quello di altre televisioni
pensate per l’utilizzo in esterna. Il mo-
dello da 55 pollici, infatti, è proposto ad
un prezzo di 3499 dollari, il 65 pollici
a 4.999 dollari e quello da 75 pollici a
6.499 dollari. A accompagnare la nuo-
va TV, Samsung ha pensato anche alla
parte audio con Soundbar Terrace. Ol-
tre ad una tecnologia di annullamento
della distorsione, Soundbar Terrace è
anch’essa pensata all’utilizzo in esterna
grazie alla certificazione IP55.
Samsung The Terrace è disponibile da
oggi negli Stati Uniti e in Canada. Per
quanto riguarda l’Italia, invece, il lancio
è previsto entro la fine dell’anno.
Display Industry Awards: vincono il BD Cell di BOE, l’Apple Pro Display XDR e i pieghevoli di Samsung26a edizione dei Display Industry Award che premia i più significativi avanzamenti nella tecnologia dei display. Migliore tecnologia, l’LCD dual cell di BOE utilizzato da HiSense di Paolo CENTOFANTI
La Society for Information Display (SID) ha annunciato I vincitori del-l’edizione 2020 degli Display Indu-stry Awards, che ogni anno premia i maggiori avanzamenti nella tec-nologia dei display e che verrano celebrati durante la Display Week che quest’anno si terrà online.Il premio di miglior display è stato assegnato a tre prodotti. In ordi-ne alfabetico, il primo vincitore è Apple con il suo monitor profes-sionale da 32 pollici Pro Display XDR, per le sue caratteristiche tecniche e prestazion. L’altra tec-nologia che ha impressionato i giudici della SID è il pannello BD Cell di BOE. Quello che ha rea-lizzato il produttore cinese è un display composto da due display LCD: uno a colori tradizionale con risoluzione 4K, accoppiato a un secondo pannello monocromati-co che filtra la retroilluminazione, realizzando (semplificando) un lo-cal dimming in pratica a livello di pixel. Il risultato finale è un display a 12 bit capace di riprodurre un livello del nero di appena 0,003 nits. Il terzo vincitore è Samsung Display, che è stata premiata per i suoi pannelli OLED pieghevoli uti-lizzati nel Samsung Galaxy Fold.
di Psquale AGIZZA
Samsung continua a macinare nu-
meri altissimi nel settore TV e, no-
nostante un calo generalizzato del
settore, fa segnare prestazioni da record.
Se non sorprende il fatto che il produtto-
re coreano sia il marchio più venduto del
mercato (è così da 14 anni ormai), a sor-
prendere è la quota di penetrazione del
mercato. Secondo i dati raccolti da Om-
dia, infatti, Samsung rappresenta il 32,4%
del mercato televisivo mondiale. Un dato
da record, visto che mai nella storia il pro-
duttore coreano aveva raggiunto questi
numeri. Dati ancora più alti se conside-
riamo solo il mercato europeo (41,1%) e il
mercato nordamericano (42,5%)
In netta controtendenza rispetto ai nume-
ri globali che fanno segnare un -10,2% di
vendite, i televisori Samsung hanno fatto
segnare un +3,1% rispetto al primo tri-
mestre dello scorso anno. Il motivo è da
TV E VIDEO Samsung si conferma, per il quattordicesimo anno consecutivo, leader del mercato dei TV
Televisori Samsung, numeri da record Mai una quota di mercato così alta La quota di mercato non è mai così stata alta nella storia. Crollano i cinesi, LG e Sony sul podio
ricercarsi soprattutto negli ottimi dati di
vendita dei QLED (+10,8 rispetto al primo
trimestre 2019) e dei televisori di grandi
dimensioni. Nel formato da 75 pollici in
su, infatti, Samsung domina incontrasta-
ta, data la quota di mercato del 50,4%. In
pratica, un televisore venduto su due di
grosso formato è un Samsung.
La vendita di televisori è però crollata
negli ultimi mesi, complice anche l’emer-
genza sanitaria e la minore disponibilità di
denaro. E, ad accusare il colpo, sono stati
principalmente i marchi cinesi. Il podio
dei marchi più venduti in ambito televisi-
vo non vede, infatti, aziende cinesi. Ben
distanziati da Samsung, abbiamo LG al
secondo posto e Sony al terzo posto.
LG fa segnare anch’essa numeri positivi,
passando dal 16,5% del primo trimestre
2019 al 18,7% del primo trimestre 2020.
Buoni anche i dati di Sony, che sale sul
terzo gradino del podio.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
TV E VIDEO Netflix ha elencato i migliori TV 2020 per godere del servizio di video streaming
I migliori TV 2020 certificati da Netflix Inclusi Panasonic, Samsung e Sony Misteriosamente assenti Philips e LGLa condizione imprescindibile per arrivare tra i primi è il soddisfacimento di 5 dei 7 criteri stabiliti
di Sergio DONATO
Appuntamento ormai fisso per Net-
flix, che anche per il 2020 elenca
alcuni modelli di TV con cui si ot-
tiene la migliore esperienza di fruizione
dei contenuti della piattaforma di video
streaming. I marchi scelti sono solo Pana-
sonic, Samsung e Sony. Mancano inspie-
gabilmente Philips e LG. I TV del 2020
scelti da Netflix potranno fregiarsi del
logo “Netflix Recommended TV” e anche
quest’anno la condizione imprescindibile
per arrivare tra i primi è il soddisfacimen-
to di cinque dei sette criteri stabiliti, con
quello dell’interattività aggiunto solo nel
2020. Si tratta di criteri generici, insieme
ai quali non vengono forniti i valori di rife-
rimento che permettono di soddisfarli.
I criteri di Netflix per decretare i migliori TV 2020Tra i criteri della categoria “Più veloce”
c’è “l’accensione istantanea”, che tiene
conto del tempo impiegato dal TV per
accendersi e riprendere dal punto in cui
si era interrotta la visione. Netflix vuole
che le app siano subito pronte all’uso.
Tanto che il secondo criterio della cate-
goria è “Lancio rapido dell’app”: quindi
Netflix deve essere avviata velocemen-
te sia dopo l’accensione sia dopo l’uso
di app diverse. C’è poi la categoria “Più
facile”, con il criterio “Netflix a portata di
mano” che premia la facilità di avvio del-
l’app o la presenza di un tasto specifico
dedicato a Netflix sul telecomando. E il
criterio “Sempre aggiornata”, che tiene
conto della possibilità della TV di aggior-
narsi automaticamente. Inoltre, Netflix
considera i criteri all’interno della cate-
goria “Migliore”. Con “Interfaccia ad alta
risoluzione” si riferisce genericamente
alla qualità e alla definizione del testo a
schermo. C’è poi “Versione aggiornata
di Netflix” che, nomen omen, si premu-
ra che il sistema operativo del TV abbia
sempre a disposizione nel relativo cata-
logo l’app di Netflix più recente. Infine
tiene conto dell’”Esperienza interattiva
ottimizzata”: criterio aggiunto quest’anno
e legato in modo specifico ai contenuti
che permettono agli spettatori di indiriz-
zare la storia con scelte dinamiche.
Panasonic, Samsung e Sony tra i TV certificati NetflixI TV scelti da Netflix per il 2020 appar-
tengono solo a Panasonic, Samsung e
Sony. Nulla da fare per LG, Hisense o
Philips che, apparentemente, e poten-
do leggere solo la descrizione dei cri-
teri, non dovrebbero avere difficoltà a
rispettare almeno cinque di essi, e con
almeno un modello di TV. In particolare,
sono due anni ormai che LG non viene
premiata da Netflix. Per Panasonic, tra i
migliori TV del 2020 per Netflix ci sono
le serie HX750, HX800, HX810, HX820,
HX830, HX850, HX880, HX900, HX940
e HX970.
Samsung invece viene premiata per
Q950TS, Q900TS, Q800T, Q90T, Q80T,
Q70T, The Frame e The Serif.
I migliori TV Sony per Netflix compren-
dono le serie BRAVIA XH80, XH81,
XH95, ZH8, Z9H e serie A8 e A9. A questo indirizzo sono elencati tutti i 38
modelli divisi per i tre marchi.
TV E VIDEO Il primo titolo in Italia è Joker, ne arriveranno altri
Sorpresa su Google Play Ecco i primi film in Dolby Vision
di Paolo CENTOFANTI
N onostante non abbia mai
pubblicamente annun-
ciato il supporto per il
formato, Google ha aggiunto
sul Play Store il primo film in
Dolby Vision. Si tratta di Joker,
precedentemente disponibile
in 4K per noleggio e acquisto e
ora aggiornato al formato HDR
di Dolby per i dispositivi compa-
tibili. Al momento, effettuando una ricerca per Dolby, l’unico titolo che compare nei
risultati è solo Joker, ma all’interno di una sezione denominata i film più popolari in
Dolby Vision, il che lascia presupporre che ne arriveranno degli altri. Al CES 2020,
il consorzio che promuove HDR10+ annoverava Google Play tra i servizi che avreb-
bero adottato il formato HDR “concorrente” di Dolby, ma ad oggi non sono ancora
stati pubblicati contenuti in questo formato.
TV Xiaomi disponibili in Italia. Il 65” arriva a luglio ad un prezzo più alto del previstoCon un evento live Xiaomi annuncia l’arrivo in Italia della nuova gamma di prodotti. Tanti telefoni e le prime TV con i prezzi di Roberto PEZZALI
Arrivano finalmente le Mi TV in Italia. Xiaomi entra sul mercato dei televisori e trova pane per i suoi denti, perché sbarca in un mercato dove il prezzo, su determinate ca-tegorie, è in linea con quello che propone. La sfida sarà proporre un TV migliore. Xiaomi ci prova e lo fa con Mi TV 4S 65”, Mi TV 4S 55”, Mi TV 4S 43” e Mi TV 4A 32”, quattro modelli dove il più piccolo è dav-vero interessante, perché le smart TV Android da 32” non sono poi molte. A bordo c’è il sistema ope-rativo di Google nella versione 9.0, e siamo di fronte a TV 4K HDR LCD con illuminazione Edge LED e pan-nelli VA. I TV, fatta eccezione per il 65”, saranno disponibili presso i Mi Store Autorizzati e su Amazon in tre diverse varianti: Mi TV 4A da 32” a 199€, Mi TV 4S 43” a 399€, e Mi TV 4S 55” a 499€. Inoltre, solo per le prime 24 ore, sarà possibile acquistare Mi TV 4S da 43” e Mi TV 4S da 55” su Amazon al prezzo Early Bird rispettivamente di 299€ e 399€. Il modello da 65” arriverà a inizio luglio, a 699 euro. Doveva costare 649,99 euro e solo per la prima settimana a partire dal momento della disponibilità, con 50 euro in più rispetto al prezzo del TV venivano dati anche un Mi Air Purifier 3H, un Mi AIoT Router AC2350 e un Mi LED Smart Bulb in omaggio. Al momento di questa promozione non c’è più traccia.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Pasquale AGIZZA
U na delle più belle e rivoluzionarie
opere di Giuseppe Verdi. La sugge-
stiva cornice del Teatro dell’Opera
di Roma. Gli splendidi costumi di scena
curati dal maestro Valentino Garavani e la
regia affidata a Sofia Coppola. Sembrava
tutto pronto per una serata culturale di
altissimo livello, e invece no. La messa in
onda della Traviata su RAI 5 si è dimostra-
ta un fiasco totale. Per una volta partiamo
dalla fine, che poi fine non è stata. Giunta
quasi alla fine del secondo atto (l’opera
ne prevede tre) la trasmissione si blocca.
Per qualche secondo compare a schermo
il classico cartello che segnala problemi
tecnici, per poi passare con disinvoltura
ad un concerto di Lou Reed. Dopo qual-
che minuto di disorientamento, finalmen-
ENTERTAINMENT La trasmissione della Traviata di Verdi del 22/5 su RAI 5 si trasforma in un flop totale
Audio pessimo e messa in onda bloccata La trasmissione della Traviata sulla Rai è un disastroDopo due atti caratterizzati da audio pessimo, la messa in onda si blocca per problemi tecnici
te una scritta in sovraimpressione
spiega che la Traviata è stata in-
terrotta per motivi tecnici. Il profilo
Twitter di RAI 5 conferma poi la
fine della trasmissione con un post
subissato dalle critiche degli utenti.
Ma almeno vi sarete goduti i primi
due atti, direte voi. E invece no, la
trasmissione della Traviata è stato uno
spettacolo ben al di sotto della sufficien-
za, e non per colpa degli artisti. A colpire
in negativo è l’audio della trasmissione,
con la voce dei cantanti per lunghi tratti
inudibile, a cui ha fatto da contraltare un
volume del coro assurdamente alto. Non
abbiamo sentito i cantanti, ma in compen-
so abbiamo sentito benissimo i colpi di
tosse dello spettatore in prima fila. Non
è mai piacevole dover dare giudizi poco
lusinghieri, soprattutto quando un canale
televisivo si eleva dal piattume generale
con una proposta di così alto livello. Ma
quello che si è ascoltato (o meglio non
ascoltato) è un qualcosa che non è de-
gno né della nostra tradizione musicale
né degli anni in cui viviamo. Noi spettatori
meritiamo di più, sia come appassionati
di musica sia come fruitori di un servizio
pubblico finanziato, in parte, anche dal
nostro canone.
”Mondo Netflix” è la nuova offerta TIM che include Netflix, TIM Vision e il boxNuova offerta che rafforza la collaborazione tra Netflix e TIM. “Mondo Netflix” sarà un kit composto da un account Netflix Standard, TIM Vision Plus e un TIM Vision Box. Disponibile dal 27 maggio a 12,99 euro al mese
di Sergio DONATO
TIM e Netflix hanno annunciato una nuova collaborazione, dando vita all’offerta “Mondo Netflix”: un pacchetto che comprende Netflix (standard, quindi l’HD è incluso), TIM Vision Plus e TIM Vision Box.L’offerta “Mondo Netflix” sarà di-sponibile dal 27 maggio ed è il segno che la collaborazione tra TIM e Netflix si sta rafforzando da quando hanno stretto l’accordo a novembre del 2019, e che poi ha dato origine a TIM Unica all’inizio dell’anno. TIM ha definito Mondo Netflix “scatola magica dei desi-deri”, perché secondo l’azienda c’è tutto quello che serve per vedere i contenuti streaming di qualità: un account Netlfix, uno TIM Vision Plus e l’hardware rap-presentato dal TIM Vision Box che supporta anche la ricerca vocale dell’Assistente Google. Dal 27 maggio, l’offerta “Mondo Netflix” sarà disponibile per tutti i clienti di rete fissa TIM a un prez-zo di lancio di 12,99 euro al mese senza vincoli di durata, contro i 19,99 euro del prezzo normale.Sarà compreso tutto il catalogo di TIM Vision Plus, ovviamente il TIM Vision Box, mentre il piano Netflix sarà quello Standard.
di Massimiliano DI MARCO
L a Serie A riparte il 20 giugno. Una
settimana prima, dal 13 giugno, ri-
prende la Coppa Italia con le par-
tite di semifinali: prima Juventus-Milan
e poi, il giorno successivo, Napoli-Inter.
La finale di Coppa Italia si giocherà il 17
giugno a Roma. Ecco le decisioni uffi-
ciali dopo l’incontro tra il ministro dello
Sport Vincenzo Spadafora e gli espo-
nenti del mondo calcistico italiano. “Il
Cts - ha spiegato Spadafora - ha appro-
vato il protocollo per la ripresa agonisti-
ca e ha confermato la necessità impre-
scindibile della quarantena fiduciaria
nel caso in cui un calciatore dovesse
risultare positivo”. Permangono gli sce-
nari alternativi nel caso in cui i contagi
dovessero aumentare o, comunque,
fosse necessario accorciare la stagione
o interrompere del tutto il campionato.
Il “piano b” prevede playoff e playout
per chiudere l’anno calcistico; il “piano
c”, invece, congelerebbe la classifica
com’è ora e decreterebbe gli esiti. Con-
ENTERTAINMENT Raggiunto l’accordo tra Governo e mondo del calcio: la Serie A può ricominciare
Serie A, si ritorna in campo dal 20 giugno Coppa Italia in campo una settimana prima Resta aperta la questione del pagamento dell’ultima rata dei diritti TV. la Lega tiene la linea dura
fermate anche le richieste di Spadafora:
nessun eccesso di tamponi per i calcia-
tori che minerebbero la disponibilità del
test per il resto della popolazione e qua-
rantena per la squadra nel caso in cui un
calciatore fosse positivo.
Serie A, ancora aperta la questione diritti TV“Abbiamo affrontato con coerenza,
determinazione e spirito di servizio un
periodo straordinario, complesso e pie-
no di ostacoli e pressioni, lavorando
sempre con un solo pensiero: il bene
del calcio e la difesa del suo futuro, che
per la Serie A deve significare tornare
a essere il campionato più bello del
mondo” ha commentato il presidente
della Lega Serie A Paolo Dal Pino con
una nota stampa. Ora che la riapertura
del campionato è stata chiarita, resta
aperta la questione del pagamento del-
l’ultima rata dei diritti TV. L’ultimo consiglio
di Lega, che si è riunito il 26 maggio, ha
ribatito per l’ennesima volta “la linea del
rispetto dei contratti”, a prescindere dalle
richieste di Sky, DAZN e Img, che detie-
ne i diritti per l’estero.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di P. CENTOFANTI
L ’America è tornata a inviare astro-
nauti in orbita dal suolo americano
con un razzo americano. Non acca-
deva dal 2011, la fine dell’era dello Space
Shuttle. Il lancio della missione Demo-2 è
stato un completo successo. La capsula
Crew Dragon, con a bordo gli astronauti
Bob Behnken e Doug Hurley, è stata por-
tata in orbita dal razzo Falcon 9, che è de-
collato puntuale alle ore 21:22 di sabato
30 maggio dalla rampa di lancio 39A del
Kennedy Space Center in Florida. Mentre
il secondo stadio del Falcon 9 completava
la sua spinta, accelerando Crew Dragon
fino alla velocità di 27.000 Km/h, portan-
dola a una quota di 200 km sul livello del
mare, il primo stadio ha eseguito la proce-
dura di rientro automatico ed è atterrato
SCIENZA E FUTURO Il razzo Falcon 9 ha portato due astronauti in orbita a bordo della Crew Dragon
SpaceX entra nella storia: la prima compagnia privata porta l’uomo nello spazioIl primo stadio è atterrato sulla piattaforma automatica nell’oceano e potrà essere riutilizzato
sulla piattaforma autonoma Of Course I
Still Love You, realizzando un successo
nel successo. Crew Dragon è ora in orbita
intorno alla Terra in rotta verso la Stazione
Spaziale Internazionale, che raggiungerà
con una serie di manovre e accensioni
dei sui motori Draco mirate a portare la
navicella alla stessa orbita e alla stessa
velocità della Stazione. L’attracco con la
ISS è previsto per domenica 31 maggio
alle 16:29 ora italiana.
9 anni di assenzaLa messa in orbita di astronauti dal suolo
americano, mancava agli Stati Uniti dalla
fine dell’era dello Space Shuttle, avvenu-
ta a luglio del 2011. Negli anni a seguire,
le compagnie private aerospaziali, tra
le quali SpaceX, hanno preso sempre
più spazio nel settore sviluppando vet-
tori per il rifornimento diretti alla ISS. Ma
l’invio dell’equipaggio era finora stata
un’esclusiva della navicella russa Soyuz.
Con il NASA Commercial Crew Program,
l’America dunque torna a competere in un
settore che l’aveva vista ai margini negli
ultimi anni. Per SpaceX si tratta del cul-
mine di un lungo percorso, che ha por-
tato l’azienda di Elon Musk ad essere la
prima compagnia privata ad aver portato
degli astronauti in orbita intorno alla terra.
Per la NASA, invece, significa tornare ad
avere la possibilità di lanciare astronauti
dal suolo nordamericano, capacità che
aveva perso dalla fine del programma
Space Shuttle nel 2011. Con il succes-
so di questa missione, entriamo in una
nuova era dei viaggi nello spazio.
Il “razzo-satellite” di Virgin Orbit sparato da un aereo in quota ha fatto cileccaIl primo test di lancio del LauncherOne, il razzo sparato da un B747 modificato contenente un satellite, si è interrotto nel corso del primo stadio. Ma Virgin è pronta a riprovare il suo sistema a basso costo per la messa in orbita di Sergio DONATO
l 25 maggio, Virgin Orbit avreb-be dovuto sganciare il suo primo razzo LauncherOne dal ventre di Cosmic Girl, un Boeing 747-400 modificato, a una quota di 35.000 piedi. Ma le cose non sono andate benissimo, e il primo volo di test del sistema di Virgin per portare satelliti in orbita è tutto da rifare.Virgin Orbit ha iniziato a lavorare a LauncherOne nel 2012. L’idea che l’ha fatto nascere è quella di usare un aereo “tradizionale” per sparare in quota un razzo con-tenente un satellite che entra in orbita grazie a un secondo stadio. Un progetto che mira a ridurre considerevolmente i costi della messa in orbita dei satelliti, dato che uno dei vettori utilizzati è un aereo che può riatterrare. Il test del 25 maggio stava per conclu-dersi felicemente. LauncherOne è stato anche sganciato da Cosmic Girl, ma si è verificata un’anomalia all’inizio del primo stadio e la mis-sione è stata annullata. Il prossimo LauncherOne è nella fase finale di costruzione nell’impianto di Long Beach di Virgin Orbit, e con altri sei razzi previsti per le missioni successive.
di Sergio DONATO
N iente più combustibili fossili per pro-
durre le bottiglie di plastica. L’idea
è della società olandese Avantium,
che confida di realizzare le bottiglie con
la plastica ottenuta da zuccheri vegetali.
La Avantium è una società biochimica
che ha già collaborato con Carlsberg per
imbottigliare la birra in bottiglie di cartone
foderate con uno strato interno di plastica
vegetale. Quel progetto si chiama Paper Bottle Project. Quest’altro, invece, ha atti-
rato le attenzioni di Coca-Cola e Danone,
che lo stanno sostenendo nella speranza
di rendere i contenitori delle loro bevande
comunque riconoscibili ma molto più faci-
SCIENZA E FUTURO L’idea è quella di usare gli zuccheri vegetali invece dei combustibili fossili
Bottiglie di plastica fatte con gli zuccheri vegetali Il progetto sostenuto da Coca-Cola e Danone produrrebbe contenitori di bioplastica degradabili
li da far degradare in natura
perché realizzata con mate-
riali vegetali. Il Guardian ha
raggiunto il CEO di Avantium,
Tom van Aken, che si dice fi-
ducioso nell’avvio dell’inve-
stimento nel progetto entro
la fine dell’anno. La plastica
vegetale è progettata inoltre
per essere abbastanza resi-
stente da contenere bevande a base di
carbonato. Le prove hanno dimostrato
che la plastica vegetale si decomporreb-
be in un anno usando una compostiera,
e qualche anno in più se lasciata in con-
dizioni normali all’aperto. Le bottiglie di
Avantium potrebbero apparire già sugli
scaffali entro il 2023. Un traguardo che
sarà raggiunto partendo dalle sole 5.000
tonnellate di plastica vegetale all’anno
che saranno prodotte da zuccheri di mais,
grano e barbabietole, e che dovrebbero
aumentare nel corso degli anni.
Il momento della separazione del secondo stadio del Falcon 9 dalla na-vicella Crew Dragon. Il primo stadio è invece rientrato con successo sulla Terra.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Roberto FAGGIANO
N el 1965 nasceva il marchio Techni-
cs, specialista dell’audio e subito
tra i più importanti e venduti del
settore. Il primo prodotto, chiamato ap-
punto 1, era un diffusore che stupiva per
l’estensione in gamma bassa nonostante
le dimensioni relativamente contenute;
poi iniziò l’era delle elettroniche in ver-
sione pre + finale e poco dopo l’enorme
successo del giradischi SL-1200, rimasto
in produzione per oltre 40 anni e recen-
temente riportato in vita in una edizione
più moderna ed aggiornata ma con lo
stesso spirito.
Dopo 55 anni di successi Technics fe-
steggia con una edizione speciale del
giradischi a trazione diretta SL-1210GAE,
caratterizzata dal colore completa-
mente nero e dotato di una testina
Nagaoka studiata appositamente
per l’occasione. Il giradischi SL-1210
GAE sarà prodotto in edizione nume-
rata e 700 esemplari sono destinati
al mercato europeo. Ricordiamo che
Nagaoka, fondata nel 1940, è uno
dei più importanti e storici produttori
giapponesi di testine per giradischi e
rimane tuttora uno dei marchi più ap-
prezzati dagli audiofili di molte gene-
razioni. In dettaglio la testina JT-1210
è un modello a magnete mobile con
cantilever in boro, studiata apposita-
mente in collaborazione con Techni-
cs per fornire le migliori prestazioni in
abbinamento al braccio montato sull’SL-
1210GAE. La testina Nagaoka è il primo
modello di una nuova serie che verrà
lanciata nel corso dell’anno per celebra-
re gli 80 anni di attività del marchio nip-
ponico. Ci sono però altre migliorie al-
l’edizione speciale del giradischi, come
una lastra di alluminio spazzolato da 10
mm di spessore, inserita nella struttura
dell’apparecchio come finitura superio-
re, in modo da renderlo ancora più pe-
sante, rigido e insensibile alle vibrazioni.
Nella struttura dei piedini di appoggio è
stato inserito un particolare materiale
smorzante chiamato alphaGEL che può
minimizzare ogni vibrazione nociva alla
qualità sonora, il materiale si unisce a
una solida struttura in zinco pressofuso
per una lunga durata nel tempo. Altro
dettaglio per la luce stroboscopica di
controllo della velo-
cità, ora escludibile
quando non utilizza-
ta. La Special Edition
dell’SL-1210 GAE sarà
disponibile su ordina-
zione da giugno con
un prezzo di listino
di poco inferiore ai
5.000 euro.
Assieme all’edizione
speciale del giradi-
schi arriva una novità
assoluta: il primo am-
plificatore integrato della serie Refe-
rence, lo SU-R1000 che diventa il punto
più accessibile, relativamente parlan-
do, all’olimpo della gamma top di Te-
chnics. Il nuovo apparecchio riprende
i concetti dei primi amplificatori
Technics e la tecnologia intro-
dotta pochi anni fa al momento
del rilancio del marchio. Oltre ai
classici Vu meter che indicano
la potenza in uscita, ritroviamo
i circuiti esclusivi Jeno e LAPC
già applicati nei pre e finale del-
la serie e alcune particolarità,
come l’ingresso bilanciato per
un giradischi con lo stadio pho-
no già pronto per testine MM
e MC. Il circuito phono utilizza
tecnologia digitale per ottenere
la massima precisione di equa-
lizzazione, inoltre viene forni-
to in dotazione un disco speciale per
consentire la calibrazione su misura
per ogni testina, andando a verificare
la risposta in frequenze e le eventuali
imprecisioni di livello tra i due canali.
Altre novità nell’alimentazione con uno
speciale circuito di tipo switching a bas-
so rumore e nel controllo della distor-
sione dell’amplificatore finale di poten-
za. In dettaglio il circuito ADCT (Active
Distorsion Cancelling Technology) è in
grado di eliminare le distorsioni causate
da cali di tensione nell’alimentazione e
da non perfette linearità nella risposta
dei diffusori. Sul pannello frontale un
tocco di modernità è dato dal piccolo di-
splay che indica l’ingresso selezionato,
compresi quelli digitali e USB-B. L’ampli-
ficatore è ancora in fase di sviluppo e
non sono state fornite ulteriori informa-
zioni, il nuovo apparecchio dovrebbe es-
sere disponibile alla fine dell’anno.
HI-FI E HOME CINEMA Nel 1965 nasceva Technics, marchio tra i più importanti e venduti del settore
Buon 55esimo compleanno Technics La festa con una Special Edition dell’SL-1210 Per festeggiare, una nuova edizione del giradischi SL-1210, in livrea nera e con testina Nagaoka
JBL Bar 9.1 è la soundbar con Dolby Atmos e satelliti wireless rimovibili e ricaricabili820 W di potenza dichiarata, ma soprattutto il supporto a Dolby Atmos e DTS:X grazie anche ai satelliti senza fili che si staccano dalla soundbar che può riaccoglierli per la ricarica della batteria di Sergio DONATO
JBL ha presentato una nuova soundbar, la prima con supporto a Dolby Atmos e DTS:X. È la JBL Bar 9.1 True Wireless Surround accompagnata da altoparlanti surround wireless che però sono anche rimovibili. La compatibilità con Dolby Atmos e DTS:X ha dato alla JBL Bar 9.1 una configurazione che prevede anche altoparlanti “up-firing”, cioè rivolti verso l’alto per dare una traiettoria verticale al suono. La soundbar e i suoi due altoparlanti rimovibili presentano in totale quattro driver up-firing. Per “rimovibili” si intende che i due sa-telliti wireless vengono fisicamente staccati dalle estremità della soun-dbar per essere collocati con una certa libertà. La batteria integrata negli altoparlanti satellite dà un’au-tonomia di circa 10 ore. La ricarica avviene riconnettendoli alla soun-dbar principale. La libertà di posi-zionamento arriva da un algoritmo che usa il doppio microfono per calibrare la soundbar nell’ambien-te, ottimizzando il suono surround indipendentemente dal posiziona-mento degli altoparlanti wireless. La JBL Bar 9.1 è accompagnata da un subwoofer wireless down-firing con trasduttore da 10”. Disponibile a breve, al prezzo di 999 euro.
torna al sommario 15
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Roberto PEZZALI
OnePlus ha dichiarato che disatti-
verà temporaneamente la funzio-
ne “Color Filter” usata da una fo-
tocamera specifica dello OnePlus 8 Pro.
Il motivo è da attribuire alla possibilità
che la fotocamera riesca a vedere attra-
verso alcuni tipi di plastiche ma anche
alcuni tessuti.
Più che una funzione, uno dei quattro
obiettivi del gruppo di fotocamere dello
OnePlus 8 Pro ha un sensore da 5 MP
specificamente dedicato alla Color Fil-
ter Camera, che sembra utilizzare la sua
sensibilità alla luce infrarossa per realiz-
zare scatti con una combinazione della
luce visibile. In alcuni casi gli utenti si
sono accorti che usando la Color Filter
Camera è possibile guardare attraverso
gli oggetti, soprattutto quelli neri e rea-
lizzati con determinati materiali plastici
per i quali probabilmente contribuisce
anche lo spessore degli stessi e la di-
stanza ravvicinata rispetto all’obiettivo.
Questa sorta di “visione a raggi X” può
vedere anche attraverso alcuni tipi di
tessuto e, anche in questo caso, specie
se neri. L’evidenza della cosa ha natu-
ralmente scatenato tanto divertimento
quanto una sincera preoccupazione
per l’uso che si sarebbe potuto fare del-
la Color Filter Camera.
OnePlus ha quindi usato la piattaforma
cinese di microblogging per comunica-
re che l’intento di OnePlus non era di
certo quello di creare una camera che
potesse vedere attraverso i vestiti delle
persone. In ogni caso, per il momento
OnePlus ha deciso di disabilitare la Co-
lor Filter Camera attraverso un aggior-
namento software che sarà notificato
entro una settimana.
MOBILE Uno dei quattro sensori delle fotocamere dello OnePlus 8 Pro ha un effetto particolare
La fotocamera “vede attraverso i vestiti” Disattivato il sensore di OnePlus 8 Pro OnePlus ha deciso di disabilitare la Color Filter Camera attraverso un aggiornamento software
di Sergio DONATO
L a versione di iOS 13.5 è già in di-
stribuzione e si prepara a essere
ricordata probabilmente come la
“versione anti-Covid”, dato che, oltre
all’API per il supporto delle app di trac-
ciamento sanitario, permette al Face ID
di riconoscere l’utente anche quando
indossa una mascherina.
L’indosso della mascherina impediva
di sbloccare l’iPhone attraverso il rico-
noscimento biometrico del volto, tanto
che noi di DDay.it avevamo trovato
una soluzione artigianale comunque
funzionante. Ma ci eravamo augurati
che Apple pensasse a un modello per
includere la mascherina nel riconosci-
mento tramite Face ID.
Desiderio che quindi è stato esaudito
(in parte) grazie al rilascio di iOS 13.5.
MOBILE iOS 13.5 è pronto ed è disponibile. Introdotta anche l’API per il tracciamento sanitario
iOS 13.5: facile sbloccare l’iPhone con la mascherina Ecco le API per il tracciamento con ImmuniiOS 13.5 rende più rapido l’accesso all’inserimento del codice quando si indossa la mascherina
La novità viene illu-
strata anche nel te-
sto che accompagna
l ’ agg io rnamento ,
verificabile in Impo-
stazioni, Generale,
Aggiornamento Sof-
tware. Apple ci in-
forma che “iOS 13.5
rende più rapido
l’accesso al campo
di inserimento del
codice sui dispositivi
dotati di Face ID quando indossi una
mascherina.” In realtà, invece di ad-
destrare Face ID alla comprensione di
una mascherina come parte del volto,
Apple fa capire al Face ID che se ne
sta indossando una e il Face ID viene
bypassato per mostrare direttamen-
te lo sblocco del codice quando si fa
uno swipe verso l’alto. Naturalmente,
come era già noto, con iOS 13.5 viene
introdotta anche l’API per le notifiche di
esposizione per supportare le app volte
al tracciamento sanitario per la pande-
mia da Sars-Cov-2. Nel caso dell’Italia,
si tratterà dell’app Immuni.
Nokia porta il 5G alla velocità record di 4,7 Gbit/s su una rete commercialeGrazie alla tecnologia Dual Connectivity della sua soluzione AirScale, Nokia ha dimostrato di poter raggiungere una velocità di trasmissione di 4,7 Gbit/s. I test sono stati effettuati su una rete 5g già operativa in Texas di Paolo CENTOFANTI
Anche se il focus primario delle innovazioni introdotte dal 5g non è quello della velocità di trasmis-sione, il nuovo standard porta con sé comunque decisi miglioramenti anche su questo fronte con l’im-plementazione di nuove sofisticate tecniche di trasmissione processa-mento del segnale. Nokia ha infatti annunciato di essere riuscita a rag-giungere la velocità di trasmissione record di ben 4,7 Gbit/s su una rete 5g installata nella città di Dallas in Texas. Il risultato è stato raggiun-to grazie alla soluzione hardware e software AirScale di Nokia, che supporta la modalità Dual Connec-tivity EN-DC (E-UTRAN/New Radio Dual Connectivity), che consente a un terminale di connettersi alla rete utilizzando simultaneamente le tecnologie radio LTE e 5g. In particolare, la trasmissione è avve-nuta sfruttando uno spettro aggre-gato complessivo di 840 MHz così suddivisi: 8 canali da 100 MHz su frequenze da 28 a 39 GHz su radio 5g, più 40 MHz su radio LTE.Secondo Nokia, questa tecnica consente di ottenere velocità mag-giori rispetto all’utilizzo delle due reti prese singolarmente e per-metterà agli operatori di sfruttare al meglio tutto il proprio patrimonio di frequenze.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Gaetano MERO
D opo le anticipazioni dei mesi scor-
si, Xiaomi ha annunciato ufficial-
mente il rilascio di MIUI 12 illustran-
do tutte le novità che accompagnano la
nuova versione del sistema operativo
basato su Android.
Privacy di livello superioreTra gli elementi che Xiaomi ha eviden-
ziato nella nuova interfaccia spicca una
particolare attenzione alla sicurezza dei
dati e alla privacy. MIUI 12 fornirà al-
l’utente un maggiore controllo sulle au-
torizzazioni concesse alle singole app
monitorando l’accesso alla posizione, ai
contatti, alla cronologia delle chiamate,
al microfono e ai dati memorizzati.
Inoltre, nella barra di stato appariranno
delle notifiche lampeggianti quando le
applicazioni sensibili, tra cui la teleca-
mera, la posizione e il microfono, sono
in esecuzione in background. Cliccando
sulla notifica, sarà possibile modificare
le impostazioni di autorizzazione e bloc-
care qualsiasi comportamento sospetto
in qualsiasi momento. Più alto il livello
di privacy rispetto a quanto offerto da
Android quando si concedono i per-
messi: in fase di autorizzazione durante
l’esecuzione di un’app saranno difatti
presenti le opzioni aggiuntive “Durante
l’utilizzo dell’app” e “Notifica”, per con-
cedere l’accesso ai propri dati e agli
strumenti sensibili (come fotocamera
e microfono) solo quando si avvia l’ap-
plicazione specifica. Molto interessante
anche la possibilità di proteggere le
proprie foto che consente di rimuovere
le informazioni sulla posizione e i meta-
dati prima dell’invio degli elementi.
Animazioni in 3D e leggibilità dei dati ottimizzataCompletamente rivisitato il compar-
to animazioni, che risulta aggiornato
con innovazioni tecniche
a livello kernel sfruttando
il Mi Render Engine. Il mo-
vimento delle icone ora
simula una curva 3D, più
agevole anche il passaggio
da un’applicazione all’altra
con animazioni di sistema
sfumate.
Secondo Xiaomi a bene-
ficiarne sarà ogni tipo di
schermo grazie ad un modo
grafico di rappresentare i dati più com-
prensibile e intuitivo. Integrato in MIUI
12 il Super Wallpaper, con sfondi animati
basati sulle immagini ufficiali della NASA.
Gli sfondi combinano display Always-on,
Home screen e Lock screen rivelando
nuove visioni di pianeti lontani mentre
l’utente naviga attraverso il sistema.
Nuove feature e miglioramentiTante le nuove funzionalità e i migliora-
menti introdotti. Si parte dal Multitasking,
che risulta semplificato e rende ogni
finestra in grado di fluttuare. Le app in
esecuzione possono essere facilmente
spostate, chiuse e ridimensionate con
semplici gesti applicati alla barra delle
azioni. Ad esempio, quando arriva un
messaggio di testo durante la riprodu-
zione di un video, l’utente può risponde-
re direttamente nella finestra fluttuante
senza mettere in pausa la riproduzione,
consentendo così un multitasking senza
soluzione di continuità, comodo e senza
interruzioni.
Ottimo, sulla carta, il lavoro svolto da
Xiaomi con l’opzione di mirroring dello
schermo. Il multitasking è supportato an-
che qui: le finestre che vengono proiet-
tate possono essere ridotte al minimo
in qualsiasi momento. L’opzione per
trasmettere elementi con lo schermo
spento riduce il consumo di energia e,
nascondendo gli oggetti privati, non
permette la visualizzazione di notifiche e
chiamate in arrivo su monitor esterni.
MIUI 12 introduce anche una migliore ge-
stione della batteria con la modalità Ultra
risparmio, che limita le app meno “utili”
per prolungare la durata dell’autonomia
in caso di necessità. Presente su MIUI 12
l’App Drower, ereditato dal Poco Laun-
cher di Xiaomi, che mette tutte le app
in un cassetto per una più rapida con-
sultazione o può organizzarle in base
alle funzionalità. Rivisitata infine la Dark
Mode, in cui è integrata una tavolozza di
colori più scuri per sfondi e applicazioni
di sistema, oltre che per le applicazioni
di terze parti.
Rilascio su numerosi dispositivi, anche datatiIl rilascio di MIUI 12 inizierà nelle prossi-
me settimane con gli smartphone Mi 9/
Mi 9T/ Mi 9T Pro/ Redmi K20/ Redmi K20
Pro. Lunga la lista dei dispositivi su cui
la nuova interfaccia approderà nel corso
dell’anno: Redmi Note 7, Redmi Note 7
Pro, Redmi Note 8 Pro, Redmi Note 8,
Redmi Note 8T, Redmi Note 9, Redmi
Note 9s, Redmi Note 9 Pro, Redmi Note
9 Pro Max, Pocophone F1, Mi 10 Pro, Mi
10, Poco F2 Pro, Poco X2, Mi 10 Lite, Mi
Note 10, Mi Note 10 Lite, Mi 8, Mi 8 Pro,
Mi MIX 3, Mi MIX 2S, Mi
9 SE, Mi 9 Lite, Redmi
Note 7S, Mi Note 3, Mi
MIX 2, Mi MAX 3, Mi 8
Lite, Redmi Y2, Redmi
S2, Redmi Note 5, Re-
dmi Note 5 Pro, Redmi
6A, Redmi 6, Redmi 6
Pro, Redmi Note 6 Pro,
Redmi Y3, Redmi 7, Re-
dmi 7A, Redmi 8, Redmi
8A e Redmi 8A Dual.
MOBILE Xiaomi annuncia MIUI 12, nuova versione del SO del produttore basato su Android
MIUI 12, funzionalità e dispositivi compatibiliTra le funzionalità: più controllo sulla privacy, animazioni in 3D e multitasking intelligente
Google, presto si potrà pagare con i comandi vocali di Assistente GoogleAssistente Google potrà essere utilizzato presto per confermare, a voce, i pagamenti tramite carta di credito. In test su alcuni smartphone Android, ma la funzione sembra essere dedicata a smart display e altoparlanti intelligenti di Pasquale AGIZZA
Ok Google, paga il caffè. Potrebbe essere questo il futuro dei paga-menti in mobilità, con la società californiana che sta testando la possibilità di confermare, o effet-tuare pagamenti, a voce tramite il suo assistente vocale. In pratica, quando oggi effettuiamo un acqui-sto tramite la carta di credito, dob-biamo autorizzare la transazione sullo smartphone tramite impronta digitale o riconoscimento facciale. In alcune versioni beta di Assisten-te Google, invece, si nota la possi-bilità di concedere l’autorizzazione a voce.All’inizio della configurazione Google spiega che il profilo Voi-ce Match esistente potrà essere utilizzato anche per autorizzare i pagamenti tramite Assistente Google. Dalle opzioni c’è anche la possibilità di disattivare la fun-zione, con la stessa azienda che ci mette in guardia sui pericoli legati alle autorizzazioni vocali. Anche se la funzione potrà essere attivata su smartphone, sembra che Google abbia intenzione di concentrarsi più su altri campi. In particolare, la nuova modalità di conferma dei pagamenti sarebbe studiata per effettuare acquisti da Smart Di-splay e altoparlanti intelligenti.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Roberto PEZZALI e Sergio DONATO
M icrosoft ama Linux. E ama anche i suoi svi-
luppatori: l’azienda di Redmond ha aperto
l’edizione “online” della Build 2020 presen-
tando una serie di novità davvero interessanti per chi
utilizza Windows per sviluppare.
Le abbiamo condensate in un unico articolo, più che
altro perché sono notizie che non hanno una forte rile-
vanza consumer ma che faranno apprezzare molto di
più Windows anche da quel pubblico che ha sempre
visto Microsoft come nemica dell’opensource.
Non lo è più, da diversi anni, e da quando ha inserito in
Windows 10 la possibilità di avviare un subsystem Li-
nux Microsoft è diventata amica di Linux. Tanto amica
che oggi quel subsystem si è evoluto e da quest’an-
no integra anche il supporto grafico e l’accelerazione
GPU. Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando
facciamo un breve riassunto delle puntate preceden-
ti all’interno di Windows 10 è possibile far girare una
versione più leggera di Linux, facilitando così il lavoro
degli sviluppatori che fino ad oggi dovevano servirsi
di macchine virtuali o di dual boot.
Ora, dopo 4 anni, arriva una versione di Linux molto
più completa: oltre ad avere il terminale si potranno
avviare anche applicativi con interfaccia grafica. Mi-
crosoft non l’ha fatto per avviare programmi generici,
c’è già Windows per quello, lo ha fatto perché molti
IDE (ambienti di sviluppo) richiedono interfaccia grafi-
ca e gli sviluppatori non potevano accedervi. Sempre
per assecondare le esigenze degli sviluppatori che
all’interno del subsystem linux hanno bisogno di ese-
guire calcoli in ambito machine learning, calcoli che
vanno accelerati con una GPU, Microsoft aggiunge-
rà il supporto all’accelerazione hardware all’interno
di Linux. Dopo l’aggiunta della bash di Linux e dopo
l’integrazione delle cartelle del subsystem all’interno
di File Manager Windows e Linux diventano sempre
più uniti. Con Linux che diventa anche fonte di ispi-
razione per Windows: Microsoft ha infatti annunciato
l’arrivo di un Windows Package Manager. Esisteva-
no già dei package manager per Windows, progetti
opensource non ufficiali, ora ci sarà un sistema gestito
e mantenuto da Microsoft stessa. Si ispira ovviamente
ai package manager per Linux o al noto Brew per Ma-
cOS, e permetterà agli sviluppatori di gestire in modo
semplice e immediato le librerie. Il package manager
funzionerà da terminale, risponderà al comando win-
get seguito da Install o da Search. Basterà scrivere
“winget Install powershell” per installare o aggiornare
il pacchetto. A cosa serve un package manager se c’è
già un Windows Store? Lo store è fatto per programmi
completi, un package manager per installare non solo
programmi ma anche framework, semplici librerie o
utility. Uno strumento indispensabile.
Infine c’è Project Reunion, che abbatte quella barriera
PC La Build Microsoft 2020 porta tantissime novità: nuove api per la creazione di applicazioni universali e soluzioni per sviluppatori
Developer, Developer. Microsoft torna alle origini E Windows è sempre più “linux”Rivoluzione anche nella creazione e gestione dei documenti. Con Fluid i contenuti diventeranno elementi dinamici integrabili
tra le librerie usate per creare app universali, la Uni-
versal Windows Platform e le Windows API usate per
le classiche app Win32. Project Reunion unificherà
l’accesso a queste librerie e sarà una piattaforma co-
mune per tutte le app, di ogni tipo.
Sia che siano scritte in C++, in .NET o con sistemi
come React Native, che compila codice javascript in
una applicazione nativa. Il primo esempio di Project
Reunion è WinUI 3, il framework grafico oggi dispo-
nibile in versione “preview” che permetterà di creare
applicativi scalabili su diversi tipi di dispositivi, dai
desktop ai tablet, con un linguaggio comune e uni-
versale.
I documenti di Microsoft diventano interattivi. Ecco come Fluid rivoluzionerà OfficeBuild di Microsoft ha mostrato nuove agilità per Office
e Outlook. Si tratta del Fluid Framework, che si prepara
a rivoluzionare il lavoro sui documenti così come lo co-
nosciamo. I contenuti verranno resi indipendenti dalle
piattaforme usate e potranno essere aggiornati in tem-
po reale da un gruppo di lavoro. Il primo vagito di Fluid
Framework risale alla conferenza Ignite di Microsoft
del 2019, ma è con la Build 2020 che inizia ad aprirsi
un po’ di più al resto del mondo, sebbene gli svilup-
patori siano ancora alle prime fasi di creazione del
framework, che ora è anche open source.
L’indipendenza dei contenuti dalle piattaformeDunque, Fluid Framework dovrebbe fare la sua prima
apparizione in Microsoft 365 e in particolare su Ou-
tlook e Office.com. Il nuovo framework permette di uti-
lizzare contenuti dinamici e di creare componenti col-
legati che possono essere condivisi simultaneamente
e senza soluzione di continuità tra le applicazioni. I
contenuti possono essere tabelle, grafici, elenchi di
attività che possono essere integrati immediatamen-
te in un mail di Outlook, per esempio. Ma questi dati
non saranno una copia del contenuto originale, sarà
lo stesso sul quale i collaboratori potranno eventual-
mente lavorare, magari aggiornandolo o modificando-
lo. Gli spazi di lavoro di Fluid potranno essere creati
e gestiti, compresi il feed delle attività dei documenti,
l’elenco dei consigliati e le menzioni per gli apparte-
nenti al gruppo di lavoro. Il tutto dovrebbe essere al-
l’insegna della leggerezza e dell’agilità dei contenuti
Fluid che permetteranno modifiche istantanee., dato
che sarà possibile la collaborazione in tempo reale.
I contenuti attivi in Fluid saranno indicati con uno stato
ben visibile, così come saranno mostrati gli avatar delle
persone che stanno lavorando su di essi in tempo reale
(un po’ come accadeva con il defunto Wave di Google):
per esempio, uno scenario di utilizzo potrebbe essere
il corpo di una mail che è stata appena ricevuta ma che
contiene un componente “vivo” di tipo Fluid.
Il lancio sarà graduale, partendo dunque da Office.
com e Outlook web, per poi arrivare in Teams alla fine
di quest’anno e nella versione desktop di Outlook nel
2021. Sarà poi il turno di tutte le applicazioni Office
come Excel, Word e PowerPoint. Se si ha un account
aziendale Microsoft 365, si può avere la possibilità di
testare un’anteprima di Fluid raggiungendo questo sito. Le operazioni tuttavia, sono ancora limitate, dato
che Office e Outllok non sono ancora in grado di gestire
i contenuti dinamici, che quindi rimangono vincolati al-
l’ambiente creato dalla pagina, ma che comunque pos-
sono essere condivisi. Guardando al futuro più vicino, il
Fluid Framework sarà disponibile nei prossimi mesi per
le licenze Microsoft 365 Enterprise.
clicca per animare la gif
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Roberto PEZZALI
Quello di settembre non sarà un back to school
come tanti altri. Per la prima volta gli italiani hanno
capito che la formazione degli studenti non può
essere solo analogica, fatta di lezioni e libri. Il digitale
è fondamentale, e chi ha lavorato in questi anni per di-
gitalizzare la scuola durante il periodo di lock down ha
raccolto i suoi frutti: le lezioni non si sono interrotte, gli
studenti hanno continuato a studiare sui loro computer e
sui loro tablet, seguendo le lezioni in streaming.
Molte scuole stanno già pensando, dopo aver fatto teso-
ro dell’esperienza di questi mesi, di chiedere alle classi
di adottare un “computer” unico, un solo modello scelto
in base a diversi parametri (costo, funzioni, sistema ope-
rativo) che gli studenti devono avere, un po’ come un
vocabolario, o un libro.
Da poco Google ha annunciato l’arrivo dei Chromebook
in Italia: ChromeOS, nato nel 2011, è presente sul 24%
dei notebook venduti al dettaglio negli Stati Uniti e oltre
40 milioni di studenti e insegnanti utilizzano i Chrome-
book in tutto il mondo per fruire contenuti e crearli.
ChromeOS e i Chromebook non erano mai arrivati in
Italia perché l’Italia non era pronta. Ora lo è: le famiglie
hanno bisogno di un altro notebook, i figli non possono
usare quello dei genitori, hanno bisogno di un prodotto
pensato per il mondo scolastico, sicuro e aggiornato,
con una serie di strumenti, vedi Family Link, per mettere
un perimetro oltre il quale un bambino non può uscire.
Qualcuno continuerà a dire che i Chromebook sono dei
giocattoli, che non sono veri computer, che sono limita-
tati, ma la realtà è che i Chromebook sono perfetti per
quello che devono fare: portare ottime prestazioni ad
un prezzo accessibile, con tutte le applicazioni che ser-
vono in ambito scolastico, con funzioni di accessibilità e
con una batteria che dura tutto il giorno, perché i banchi
di scuola non hanno certo una presa per ricaricare un
portatile. Ora in Italia è disponibile una nuova gamma
di Chromebook realizzata dai partner di Google: Acer,
Asus, HP e Lenovo. I vari modelli di Chromebook si po-
tranno acquistare direttamente su Amazon.it ed Euroni-
cs a partire da oggi, e prossimamente arriveranno anche
su Unieuro e Mediaworld. Ecco i modelli e i prezzi nelle
varie versioni da Amazon.
Acer Chromebook 314 da 349 euro
Acer Chromebook 315 da 349 euro
Acer Chromebook 514 da 479 euro
Acer Chromebook 714 da 699 euro
Asus Chromebook C423 da 319 euro
Asus Chromebook C425 da 499,99 euro
HP Chromebook 14a da 349,99 euro
HP Chromebook x360 12b da 499,99 euro
HP Chromebook x360 14b da 449,99 euro
Lenovo Chromebook C340-11 da 349 euro
Lenovo Chromebook S340-14 da 349 euro
PC Google porta finalmente i suoi Chromebook in Italia: prestazioni ad un prezzo accessibile, con tutte le applicazioni che servono
Google porta i suoi Chromebook in Italia Altro che giocattoli: per gli studenti sono perfettiI pc saranno acquistabili nei negozi e non avranno a bordo Windows, ma ChromeOS. Che può essere anche un vantaggio
Google ha anche realizzato un nuovo sito per i Chrome-
book, che racconta la storia di questi notebook partico-
lari e aiuta a scegliere tra i diversi modelli disponibili.
Il sistema operativo tra i diversi modelli è lo stesso, cam-
bia la dimensione dello schermo e cambiano anche le
funzionalità, esistono modelli touch screen e modelli
invece con schermo classico, modelli con pennino e al-
tri da usare semplicemente con il trackpad. C’è scelta,
anche se in questa “scelta” non è presente il modello di
punta, quel bellissimo PixelBook fatto da Google stessa
che rappresenta il fiore all’occhiello della famiglia Pixel.
Con i Chromebook deve cambiare il modo di vendere i notebook: basta specifiche, spazio alle esigenzeL’arrivo dei Chromebook in Italia rischia di creare un ef-
fetto domino che cambierà radicalmente il modo in cui
le famiglie e le persone vedono i personal computer.
Fino ad oggi chi entrava in un negozio per comprare il
notebook aveva due certezze: Windows e macOS, PC
tradizionali da una parte e Apple dall’altra.
Negli ultimi tempi però si sono affacciate diverse solu-
zioni alternative. In ambito Windows, grazie a Windows
on ARM, stanno arrivando notebook leggeri e connes-
si che, seppur con qualche limitazione, assomigliano
molto a Windows 10 classico senza esserlo a pieno.
Hanno processori da tablet, non i classici processori
AMD o Intel, e rispondono alle esigenze di moltissime
persone che cercando mobilità e flessibilità, oltre ad
una autonomia da record. Ora arriva anche ChromeOS
sui Chromebook: sembrano sempre portatili da 14 e
15”, ma non c’è Windows sopra, c’è un sistema opera-
tivo diverso con applicazioni diverse. Se il commesso
fino ad oggi poteva dire: “Scelga in base al prezzo e al
design, tanto c’è su Windows”, domani non potrà più
farlo, dovrà consigliare un notebook in base a quello di
cui una persona ha davvero bisogno e agli applicativi
che dovrà usare. In certi ambiti Windows o MacOS po-
trebbero non essere più la scelta migliore.
Ridimensionati i tablet Android “professionali”ChromeOS mette anche un freno ai tablet Android con
tastiera e pennino: un Chromebook ha una tastiera
vera e ha uno schermo più grande, costa praticamente
uguale ed è decisamente più adatto per un utilizzo pro-
duttivo. Il tablet Android torna ad essere un dispositivo
per la fruizione di contenuti e di giochi, e perde parte
di quel suo lato “premium” che i produttori hanno cer-
cato di dargli negli ultimi anni, anche per alzare un po’
il prezzo. Nel mondo tablet Android ha perso la sfida
con iOS da tempo: ha pochissime app, e le poche che
ci sono pullulano di pubblicità. Chrome OS, che può
anche utilizzare come PWA le app del Play Store, risulta
uno strumento molto più versatile e con un rapporto
qualità prezzo migliore di un tablet Android. Quest’ulti-
mo vede quindi il ruolo ridimensionato a tavoletta per
video, giochi e navigazione web. Solo il tempo dirà se
i Chromebook avranno in Italia lo stesso successo che
hanno negli States. Devono combattere con la diffiden-
za di chi, spesso, guarda solo la scheda tecnica e non
pensa a consigliare il prodotto migliore ad una perso-
na in base a quello che deve fare, ma a questo siamo
abituati. Oggi tutti i prodotti sono eccellenti, ma ci sono
situazioni dove alcuni prodotti sono meglio di altri per
come sono stati pensati e studiati. I Chromebook, in
ambito scolastico, sono tra questi: a parità di prezzo
sono più veloci e scattanti di un classico notebook Win-
dows da 400 euro.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Roberto PEZZALI
S i è tenuto il TechDay di ARM, e si è concluso con
l’annuncio di due nuove “IP”. IP, proprietà intellet-
tuali, perché il modello di business di ARM non
si basa sulla vendita di chip ma sulla progettazione di
CPU e GPU dove i progetti vengono poi venduti, con
diversi tipi di licenza, a chi deve produrre il SoC, System
on Chip, il chip fisico.
Nel mondo ci sono centinaia di aziende che usano CPU
ARM per i loro processori, e le più note in ambito con-
sumer sono Samsung, con i suoi Exynos, Qualcomm
con gli Snapdragon, Huawei con i Kirin e Mediatek. Ma
non sono le sole: in ogni set top box, nei TV, sui mi-
crocomputer come i Raspberry vengono usati chip con
all’interno un processore disegnato e progettato da
ARM. ARM è sempre stata vista come una architettura
destinata a prodotti capaci di consumare poco e con
poche pretese, ma non è proprio così.
Amazon, non l’ultima arrivata, ha introdotto nei mesi
scorsi il suo secondo processore basato su architettura
ARM, il Graviton2, e lo sta già utilizzando sui server de-
gli Amazon Web Services per fornire ai clienti un venta-
glio più ampio di istanze di calcolo.
Dove fino ad oggi c’erano solo Intel con gli Xeon e AMD
con gli Epyc, ora arriva anche ARM con soluzioni per
datacenter che possono offrire a parità di prestazioni
consumi relativamente ridotti, elemento fondamentale
se pensiamo a enormi rock di server che macinando
calcoli consumano energia e richiedono avanzati si-
stemi di dissipazione. Il Graviton2, creato dalla israe-
liana Annapurna Labs, azienda acquisita da Amazon
nel 2015, ha all’interno una CPU progettata da ARM,
la Neoverse N1. Una cpu che, messa a confronto con
le migliori soluzioni Intel e AMD per server non sfigura
affatto, anzi, riesce a competere senza problemi pur
mantenendo un impatto termico e energetico inferiore.
La rivoluzione ARM inizia da qui, perché grazie alla cre-
scita enorme e quindi anche agli introiti nel settore dei
datacenter ARM può investire sul segmento consumer
e cambiare il suo modello di business.
PC ARM cambia modello di business, e oltre alla classica CPU per tutti gli usi inizierà a proporre ai sui clienti CPU custom
ARM sfida Intel e AMD sul segmento pc Sfida anche Apple: “processori Android più veloci” Il nuovo processore Cortex X1 permetterà di competere con AMD e Intel sul segmento PC e con Apple in ambito mobile
Obiettivo: colmare il gap con Apple, AMD e IntelGli annunci del TechDay 2020, le due IP ARM Cortex
A78 e Cortex-X1, non sono solo due nuove CPU, rap-
presentano una vera svolta perché perché permetteran-
no di ribaltare, o di equilibrare, due trend che regolano
oggi il mondo dei computer e quello degli smartphone.
Il primo è che oggi i processori per computer con ar-
chitettura x86 fatti da Intel e AMD, e non si parla solo
di notebook ma anche di desktop, sono più potenti di
quelli basati su architettura ARM.
ARM si è affacciata nel mondo notebook e dei super
portatili con gli Snapdragon 8cx (a brevissimo la prova
del Galaxy Book), all’interno dei quali si trovano core
ARM Cortex A77, ma non è andata oltre, perché non
esistono soluzioni ARM per notebook di fascia alta o
per desktop. Il secondo riguarda l’ambito “mobile”, dove
oggi il più potente processore per smartphone Android,
lo Snapdragon 865, ha una CPU più lenta di quella del
processore montato sugli iPhone di due anni fa. Il divario
in termini di prestazioni tra i core usati nei SoC “A” di
Apple e i Cortex usati nei SoC per smartphone Android
è enorme. Apriamo subito una parentesi perché, consi-
derando le tifoserie, questo è sicuramente argomento
tipo da scatenare flame: si parla di velocità dei singoli
core della CPU, non del SoC nella
sua interezza. E soprattutto non si
usano i benchmark che si scari-
cano dagli store, ma benchmark
più seri come lo Spec CPU che
permette di ottenere valori con-
frontabili. Qui si possono consul-
tare i risultati di tutti i processori
misurati negli ultimi anni.
Per capire il motivo che ha porta-
to a certe situazioni si deve capi-
re il modello di business di ARM,
ne abbiamo parlato poco sopra.
Per farlo usiamo esempi pratici,
abbiamo parlato di Apple, e ci
aggiungiamo anche Qualcomm, Mediatek e Samsung,
utilizzi diversi della licenza ARM.
Apple usa l’architettura ARM, ma da ARM ha acquisito
solo la licenza per le istruzioni e poco altro. Nel 2008
Apple ha comprato l’azienda californiana PA Semi, azien-
da fondata nel 2003 dal capo progettista dei processori
DEC Alpha 21064 e StrongARM, Daniel W. Dobberpuhl.
Una sorta di “genio” dei processori, che poteva contare
su altri 150 bravissimi ingegneri capaci di disegnare da
zero una CPU e così hanno fatto. Al posto di prendere le
IP realizzate da ARM, quindi processori già progettati e
solo da integrare, gli ingegneri di PA Semi (Apple) hanno
deciso di progettare da zero la CPU da usare sui loro
SoC, usando le sole istruzioni ARM.
Per ogni generazione di processore A hanno saputo
creare la CPU in base a esigenze specifiche in termini
di prestazioni, consumi e area occupata all’interno del
SoC, perché esistono delle dimensioni da rispettare. Un
“core” infatti non è altro che un blocchetto che dev’es-
sere posizionato nel chip, di fianco agli altri core e agli
altri componenti che vanno poi a comporre quello che è
il SoC, o System on Chip.
Samsung ha fatto un percorso simile: all’interno dell’Exy-
nos 990 utilizza due core custom realizzati in casa insie-
me a due core Cortex-A76 progettati da ARM e quattro
core Cortex-A55 sempre di ARM.
I due core custom sono stati creati dalla divisione CPU
di Samsung, chiusa di recente proprio perché il gioco
non valeva la candela: i core custom by Samsung non
offrivano le prestazioni desiderate. Sui nuovi processori
Samsung userà esclusivamente IP ARM originali, un po’
come fa Mediatek.
Mediatek è il caso più semplice, si limita a comporre i
SoC usando tutte IP originali senza modifica: prende i
blocchetti il licenza, li inserisce nel chip e collega le par-
ti per far funzionare il tutto. Queste aziende non hanno
una divisione in grado di progettare CPU da zero, e
non ce l’hanno perché alla fine non devono realizzare
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
un processore che funziona su un singolo dispositivo
o su un ristretto numero di dispositivi specifici, devono
fare un processore che deve poi essere venduto ad
altri clienti.
Qualcomm rientra in questo caso, ma usa all’interno
dei processori Snapdragon CPU con core Kryo, versio-
ni leggermente diverse rispetto alla IP ARM originale: la
licenza di chiama “Built on ARM Cortex Technology” e
permette a Qualcomm di prendere i progetti delle CPU
Cortex di ARM, modificarli leggermente e cambiare poi
nome.
Come Qualcomm, Mediatek e Samsung creano pro-
cessori per i loro clienti, anche ARM crea le CPU per
i suoi clienti, e non avendo budget infinito ha sempre
realizzato un’unica CPU che potesse soddisfare un po’
tutti, seguendo una logica di progettazione denomina-
ta PPA, Perfomance, Power e Area. Performance sono
le prestazioni, Power sono i consumi e Area è l’area
che il processore occupa all’interno del chip, tre varia-
bili legate tra loro da un filo: se aumentano le presta-
zioni aumentano anche i consumi e aumenta l’area, per
ridurre i consumi si devono ridurre le prestazioni, se si
aumenta l’area ci stanno meno “core”. Tutto collegato.
Le CPU di tipo Cortex A77 e A76, oggi presenti su tutti
gli smartphone Android, sono progettate con questa
logica: cpu universali che possano andare bene a tutti
i clienti, senza soddisfare esigenze specifiche. Lo stes-
so progetto di CPU viene comprato da Qualcomm, da
Mediatek, da HiSilicon, da Samsung e da tutti gli altri
clienti, senza modifiche.
La nuova “IP” Cortex A78, presentata nel corso dell’Arm
2020 TechDay, segue questo filone: un core universale
che accontenta un po’ tutti.
Per la prima volta però ARM annuncia anche la Cor-
tex-X1 Custom, una IP che rompe il paradigma PPA e
permette ai clienti, come Qualcomm, di spingere su un
vertice del triangolo senza preoccuparsi degli altri. Ed
è questa la vera novità che cambierà tutto.
Cortex A-78, la soluzione universaleVediamo prima la Cortex A78, evoluzione dell’attuale
Cortex A77 usata sui processori che oggi spingono
smartphone e tablet top di gamma. ARM ha fatto una
stima delle prestazioni, stima che possiamo vedere
nella tabella qui sotto: a parità di consumo un core Cor-
tex A78 offre prestazioni del 20% superiori rispetto ad
un core Cortex A77.
Il confronto è stato però fatto ipotizzando un core
Cortex A77 realizzato con architettura a 7 nanometri e
spinto a 2.6 Ghz contro un nuovo Cortex A78 realizzato
con la nuova architettura a 5 nanometri, che vedrà la
luce nel 2021, spinto a 3 Ghz. Se si confrontano invece
i vecchi core con i nuovi core, e ci si pone come obiet-
tivo il raggiungimento delle identiche prestazioni, un
Cortex A78 a 2.1 Ghz, sempre a 5 nanometri, consuma
il 50% di un Cortex A77 a 2.3 Ghz e 7 nanometri. Que-
sto però non vuol dire che gli smartphone dureranno il
doppio, ma semplicemente che nel caso in cui ad un
produttore non interessi aumentare ulteriormente le
prestazioni può ottenere, per i soli core della cpu, un
risparmio energetico del 50%. Nonostante uno smar-
tphone sia un sistema complesso fatto da un display,
dai modem, da altri componenti dove la CPU del SoC
è solo un piccolo blocco, quando al processore viene
richiesto di gestire grossi calcoli sono proprio i core a
consumare tanto quindi un aumento dell’autonomia, di
riflesso, ci sarà sicuramente.
Se si confrontano Cortex A77 e Cortex A78 sullo stesso
processo produttivo, ci si accorge che alla fine il Cortex
A78 è solo del 7% più veloce della versione attuale,
che consuma il 4% in meno e che occupa anche meno
spazio, 5% in meno sul die. Un miglioramento, ma non
così drammatico.
Solitamente ARM usa i Cortex A77 come core ad “alte
prestazioni” e li affianca a core ad alta efficienza, come
i Cortex A55. Non sono stati annunciati nuove IP per
la serie ad alta efficienza, quindi per i prossimi anni chi
userà i nuovi Cortex A78 li affiancherà, inizialmente, ai
Cortex A55.
Il Cortex X1 Custom cambierà le carte in tavolaLa vera novità però non è il Cortex A78, che rappre-
senta il core fatto per soddisfare le esigenze di tutti i
clienti, la vera novità è il Cortex X1. Lo abbiamo scritto
all’inizio: il gap di prestazioni tra i core creati da Apple
per prodotti specifici e quelli usati sugli smartphone
Android è molto ampio, e se ARM avesse continuato
a proporre una IP generica costruita seguendo il trian-
golo “prestazioni - efficienza e area” nessun produttore
sarebbe mai riuscito ad avvicinarsi ad Apple. O a Intel e
AMD, nel caso di processori per notebook e desktop.
Cortex X1 è la nuova soluzione “semi-custom” che
permetterà di creare soluzioni specifiche per andare
a competere con i leader in determinati settori. Siamo
davanti a core pensati per massimizzare le operazioni
single thread, che potranno raggiungere i 3 Ghz di clock
e che permetteranno, in base al design, di avere a parità
di processo produttivo il 22% di prestazioni in più rispet-
to alla Cortex A78 e due volte le prestazioni di un Cortex
A77/A78 nei calcoli machine learning.
Un Cortex X1 potrà essere ben più grande dei Cortex
A78, si stima che un core possa occupare quasi il dop-
pio dello spazio sul chip di un Cortex A78, e grazie alla
frequenza di clock raggiunta e alle prestazioni in single
thread potrà avvicinarsi alle prestazioni dei core usa-
ti nell’Apple A13 e a quelle di processori AMD e Intel,
permettendo così la creazione di SoC ARM da usare su
notebook ad alte prestazioni e anche su desktop, senza
preoccuparsi dei consumi e dello spazio occupato. Ca-
dono i vincoli.
Quello che ha fatto ARM per la prima volta è offrire ai
suoi clienti una soluzione flessibile che possa andare
incontro alle esigenze di ogni singolo cliente, tenendo al
tempo stesso il nuovo A78 come scelta per chi vuole un
prodotto più universale.
Qualcomm, Samsung e Mediatek continueranno ad
offrire processori mainstream, ma potranno ora avere
anche processori per categorie specifiche. Pensiamo ad
esempio allo Snapdragon 8cx, una versione per note-
book ARM dell’865. Qualcomm potrà realizzare un pro-
cessore ad hoc utilizzando Core X1 senza preoccuparsi
dei consumi, e potranno così nascere versioni “pro” di
PC
Rivoluzione ARMsegue Da pagina 19
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
quelli che oggi sono notebook super leggeri business
capaci di una elevata autonomia.
Qualcomm dovrebbe essere la prima ad abbracciare la
nuova strategia di ARM: oggi uno Snapdragon 865 con
8 core usa una configurazione 1+3+4, un core “Prime”
affiancato da tre core con prestazioni medie e 4 core
ad alta efficienza. Il “core” di punta è un Cortex A77 da
2.84 Ghz con 512KB di cache di secondo livello, e que-
sto spiega quello che abbiamo detto prima: il Cortex 77
è inferiore come potenza di calcolo al core Lightning da
2.65 Ghz che Apple usa nell’A13, e nell’A13 di questi core
ce ne sono addirittura due.
Qualcomm potrà sostituire quel core “generico” con un
vero core ad altissime prestazioni se vorrà mantenere
una configurazione simile a quella attuale, ma potrebbe
anche scegliere di usare due core Cortex X1 affiancati
da 4 core ad alta efficienza, tornando così ad una più
flessibile soluzione a 6 core. In una configurazione simi-
le, secondo le proiezioni fatte da Anandtech usando i
benchmark contenuti nel database SPEC2006, un SoC
con questo nuovo “core” potrebbe avvicinarsi come
performance a quelle di un Apple A13.
Anche Samsung sembra interessata: “Sam-
sung e Arm hanno da anni una forte part-
nership tecnologica e siamo molto entusiasti
di vedere la nuova direzione che Arm sta
prendendo con il programma Cortex-X Cu-
stom, che consentirà all’ecosistema Android
di soddisfare le esigenze degli utenti” ha
dichiarato Joonseok Kim, vice presidente
del team di progettazione SoC di Samsung
Electronics, quindi non è da escludere un
prossimo Exynos con all’interno un Cortex-X
Custom.
Mediatek potrebbe essere il terzo cliente, anche se so-
litamente realizza processori di fascia media. Infine c’è
Huawei, ma resta da capire cosa succederà ora: non
sappiamo se potrà acquistare nuove licenze da ARM
(che non è però americana) ma Huawei ha sempre usato
l’architettura più vecchia. Il Kirin 990 usa il Cortex A76,
non l’A77, quindi anche in una condizione normale, sen-
za “ban” Usa, Huawei si sarebbe servita almeno per la
prossima generazione di Kirin di un A77 salvo poi pas-
sare, nei prossimi anni, a soluzioni diverse. Sempre che
non abbia deciso in questi mesi, proprio per il ban, di ini-
ziare a disegnare e progettare lei le CPU come ha fatto
Apple, che ci è riuscita e Samsung, che ci ha provato ma
ha poi abbandonato il progetto.
Arriveranno i desktop con ARM. E gli smartphone torneranno ad essere diversiAbbiamo sempre pensato che ARM sarebbe rimasta una
architettura per soluzioni mobile ed embedded. Cortex
X1 cambia tutto, perché potranno arrivare processori per
desktop con 8 core Cortex X1 e sarebbero paragonabili,
come potenza, a molte soluzioni AMD e Intel odierne.
Cambiano anche gli equilibri nel mondo Android: se fino
ad oggi tutti hanno usato soluzioni identiche, con Cortex
X1 Custom si vedrà molta più varietà
e non ci saranno più smartphone tutti
uguali. Perché il produttore che si limita
ad assemblare uno smartphone come
oggi fanno i vari Xiaomi, Realme, Oppo
e tanti altri dovrà per forza di cose pren-
dersi la soluzione generica venduta
dalla Qualcomm di turno, ma chi come
Samsung ha una divisione SoC che può
progettare chip per i suoi dispositivi po-
trà sfornare processori ad alte presta-
zioni senza necessariamente investire
in una divisione CPU.
PC
Rivoluzione ARMsegue Da pagina 20
di Pasquale AGIZZA
Apple ha rilasciato dopo un lungo
periodo di beta testing il nuovo
aggiornamento di macOS Catalina,
denominato 10.15.5. Oltre alle consuete
ottimizzazioni e risoluzione di problemi,
l’update porta la nuova opzione per la
gestione avanzata della salute della bat-
teria e qualche marginale miglioramento
all’interno di FaceTime.
Partiamo proprio dalla funzione più im-
portante introdotta dall’aggiornamento,
cioè la funzione di gestione dello stato
della batteria. Ne avevamo già parlato
in un articolo specifico in occasione del
rilascio della beta dell’aggiornamento.
L’opzione automatizza certi comporta-
menti che sarebbe buona norma adot-
tare quando si parla di ricarica delle
batterie. In particolar modo, l’utility di
gestione tiene conto della carica e della
temperatura di esercizio del portatile,
per fare in modo che la ricarica proceda
più lentamente se il computer presenta
una temperatura alta e ne riduce la ca-
pacità di carica massima se necessario,
in modo da tenere sempre il range ot-
timale di carica in base allo stato della
batteria. Questo perché il calore è la più
importante fonte di pericolo per la salute
“chimica” di una batteria. L’opzione sarà
attivata di default per tutti i MacBook che
dispongono di porta USB-Tpye C per la
ricarica (in pratica MacBook Air prodotti
dal 2018 in poi e MacBook Pro dal 2016
in avanti). Oltre alla gestione della bat-
teria, il nuovo aggiornamento porta delle
novità anche per FaceTime, il programma
di Apple per effettuare videochiamate.
Sarà possibile infatti controllare il primo
piano automatico durante le videochia-
PC La nuova opzione, che sarà attiva di default, si occupa di modulare la ricarica della batteria tenendo conto di più parametri
Apple Catalina 10.15.5. Più vita alla batteria dei MacBookL’aggiornamento porta, oltre ai consueti miglioramenti di sicurezza, anche delle nuove opzioni e miglioramenti in FaceTime
mate, con la possibilità di scegliere di
non far aumentare di dimensioni il qua-
drato dell’utente che, in quel momento,
sta parlando. Infine, saranno presenti
dei nuovi controlli per regolare con più
precisione la calibrazione dei colori del
Pro Display XDR.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
Il 4 giugno verranno svelati i giochi di lancio di PS5La sfida tra Xbox Series X e PS5 entra nel vivo: il 4 giugno Sony annuncerà la lineup dei videogiochi che accompagneranno il lancio della nuova console. Verrà finalmente svelato anche il design finale di PlayStation 5? di Paolo CENTOFANTI
Dopo le indiscrezioni degli scorsi giorni, arriva la conferma: il 4 giu-gno alle 22 ora italiana, Sony an-nuncerà finalmente quali saranno i videogiochi che accompagneran-no il lancio della nuova console PlayStation 5. Entra così nel vivo la sfida tra le due console di nuo-va generazione. Microsoft ha già svelato alcuni dei principali titoli che saranno disponibili all’uscita nei negozi di Xbox Series X, men-tre a oggi, di PS5 sappiamo solo le specifiche nude e crude e il design del controller DualSense, ma poco altro. L’evento è stato annunciato sul Blog PlayStation da Jim Ryan, Presidente e CEO di Sony Interac-tive Entertainment. A livello di co-municazione, Sony ha tenuto ben nascoste le sue carte, lasciando a Microsoft il palcoscenico per quasi tutta la prima parte dell’anno. L’at-tesa per questo evento è dunque tanta: quali saranno le esclusive? Ci saranno video credibili in grado di rivelare quali saranno le presta-zioni della nuova console? Sony utilizzerà l’occasione per svelare finalmente il look della nuova con-sole? L’evento potrà essere segui-to sul sito ufficiale PlayStation e sugli account ufficiali di Twitch e YouTube.
di Pasquale AGIZZA
I l Decreto Rilancio, varato dal governo
Conte, viene incontro agli sviluppatori,
con dei finanziamenti mirati proprio ai
progetti in questa fase di sviluppo con un
fondo annuale di 4 milioni di euro.
Una delle fasi più difficili e costose, per
uno studio che vuole sviluppare un vi-
deogame, è quella della creazione di un
prototipo funzionante, da mostrare agli
editori per ottenere i finanziamenti per
sviluppare interamente il progetto: in quel
momento non c’è certezza di avere il sup-
porto economico necessario. L’iniziativa
si chiama First Playable Fund e prevede
l’erogazione di contributi a fondo perdu-
to (fino al 50% delle spese ammissibili)
per un importo compreso fra i 10mila e i
200mila euro, destinati a progetti video-
ludici in fase di concezione e pre-produ-
zione.
Il governo ha già stanziato un bonus di
4 milioni di euro, per il 2020 da dedicare
all’iniziativa. Arriverà nei prossimi giorni,
invece, il decreto attuativo del Ministero
GAMING Il Decreto Rilancio varato da Conte viene incontro agli sviluppatori, con dei finanziamenti mirati
La svolta del Decreto Rilancio 4 milioni di € per lo sviluppo di videogiochiFirst Playable Fund prevede l’erogazione, a fondo perduto, del 50% delle spese fino a 200.000 €
dello Sviluppo Economico che fisserà i
paletti e le modalità di candidatura per
accedere al fondo.
In merito all’iniziativa, registriamo la sod-
disfazione di IIDEA, l’associazione di ca-
tegoria che raggruppa gli imprenditori del
videogioco in Italia. “Come associazione
stiamo lavorando da tempo per ottenere
misure di sostegno pubblico al settore
dei videogiochi. Un settore costituito da
piccole e micro imprese scarsamente
capitalizzate, che operano in un mercato
internazionale molto competitivo”, ha di-
chiarato Mauro Fanelli, vicepresidente di
IIDEA (la ex-AESVI).
“Siamo felici che con il DL Rilancio sia
stato possibile compiere un primo passo
in questa direzione. Ringraziamo il Mi-
nistero dello Sviluppo Economico per la
sensibilità dimostrata con l’approvazione
del First Playable Fund, che diminuisce il
gap tra l’Italia e gli altri paesi europei in
termini di sostegno pubblico all’industria
dei videogiochi
di Massimiliano DI MARCO
Xbox Series X aggiungerà l’HDR ai
vecchi giochi. Per una selezione di
titoli non meglio specificata, la con-
sole permetterà di arrivare a risoluzioni
“fino al 4K” e di raddoppiare il frame rate
fino a 120 FPS per i vecchi giochi, indietro
fino alla prima generazione di Xbox, ha
spiegato Jason Ronald, Partner Director
of Program Management dell’Xbox Pla-
tform Team. L’HDR, per esempio, sarà
introdotto con “una nuova e innovativa
tecnica di ricostruzione dell’HDR” che
permette, secondo Microsoft, di aggiun-
gere il supporto alla gamma dinamica
estesa automaticamente.
“Poiché questa tecnica è gestita diretta-
mente dalla piattaforma, ci permette di
abilitare l’HDR con nessun impatto sulle
prestazioni del gioco e possiamo inoltre
applicarlo ai giochi per l’Xbox originale e
GAMING Grossi vantaggi per i giochi retrocompatibili per Xbox Series X, anche quelli più vecchi
Xbox Series X pompa sulla retrocompatibilitàSupporto automatico all’HDR, frame rate raddoppiato per certi titoli e aumento risoluzione fino al 4K
Xbox 360 sviluppati quasi
20 anni fa, prima ancora
dell’esistenza dell’HDR” ha
scritto Ronald.
Quali siano questi giochi
“benedetti” dall’hardware
di Xbox Series X, però, non
è stato chiarito. Anche la
funzione Quick Resume,
che permette di riprendere
dal punto esatto in cui era stata fermata
la sessione di gioco, sarà integrata nei
giochi retrocompatibili. Questa caratteri-
stica di Xbox Series X è particolarmente
importante non solo perché permette agli
utenti di continuare a esperire tre genera-
zioni di giochi sulla nuova piattaforma, ma
anche perché, come ha anticipato la casa
di Redmond, non ci saranno esclusive di
prime parti (cioè sviluppate dagli studi in-
terni di Microsoft, facenti parte degli Xbox
Game Studios) specifiche per Xbox Se-
ries X almeno per i primi due anni di pre-
senza sul mercato. Ciò significa che pro-
duzioni come Halo: Infinite, previsto per
la fine dell’anno, continueranno a essere
prodotte anche per Xbox One. Secondo
Ronald, la retrocompatibilità offrirà van-
taggi anche nei tempi di caricamento
poiché anche i giochi già disponibili po-
tranno sfruttare le potenzialità dell’SSD
di Xbox Series X.
Il meglio della tecnologia OLED
torna al sommario 24
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Gianfranco GIARDINA
I l vlogger ha una caratteristica chiave: quasi sempre
crea i suoi video da solo, con un treppiede per amico.
E per vlogger non intendiamo solo i “professionisti”
di YouTube, ma tutti coloro che per passione, per diver-
timento e anche per lavoro si trovano a raccontare una
storia attraverso un video.
Lo smartphone è normalmente lo strumento preferito
dai vlogger, ma non è privo di limiti e difetti. A partire
dal fatto che, per vedere l’inquadratura che si sta facen-
do, bisogna utilizzare la camera anteriore, normalmente
molto più scadente di quella posteriore; e che spesso ci
sono fastidiosi salti di fuoco. Per dare una soluzione su
misura per chi vuole fare produzioni video di qualità ma
che siano anche comode e flessibili, Sony ha pensato di
lanciare una nuova macchina compatta: la ZV-1. Che cor-
risponde anche a una nuova famiglia, pensata espressa-
mente per le esigenze di videoripresa snella e flessibile,
ma di altissima qualità. Questa nuova macchina viene
presentata in tutto il mondo oggi e noi l’abbiamo provata
a fondo in anteprima. Ecco qui tutte le caratteristiche, le
prove fatte e i nostri giudizi.
La ZV-1 è una specie RX100 ottimizzata per il video. Ma costa quasi la metàSe partiamo dalla scheda tecnica, la nuova ZV-1 po-
trebbe essere benissimo una versione ottimizzata per il
video della RX100 (qui sotto la prova della settima ge-
nerazione).
Sì, perché le analogie e le assonanze con la supercom-
patta di Sony sono moltissime, anche esplicitate dai re-
sponsabili marketing della società. Si tratta infatti di una
fotocamera compatta con ottica zoom motorizzata che
si estende all’accensione, di dimensioni pressoché iden-
tiche alla RX100. Ma le analogie con questa macchina
non finiscono certo con le dimensioni e l’estetica: molte
funzioni e molti componenti sono in comune, a partire
dal sensore, il CMOS Exmor RS da 20.1 megapixel che
caratterizza la RX100 oramai da alcune generazioni. E
poi l’ottica: una Zeiss 24-70 che già avevamo visto sulla
TEST Sony ha da poco lanciato a livello globale la nuova compatta pensata espressamente per il video e lo story telling
Il biglietto per il paradiso dei vlogger costa 800 € La recensione completa della nuova Sony ZV-1 Eye autofocus, microfono di qualità e funzioni ad accesso facile, per convincere i vlogger a girare con una vera foto-videocamera
RX100 V. Si tratta di un’ottica molto luminosa, F1.8-2.8,
che non si spinge sulle lunghe focali; peraltro i 200mm
della RX100 VII servirebbero ben a poco nella realizza-
zione di un video selfie. Identico anche il processore,
quel Bionz X che anima tutta la fascia alta di fotocamere
Sony, comprese le mirrorless Full Frame. E con il proces-
sore arrivano su questa ZV-1 tutta una serie di funzioni e
capacità di ripresa evolute che posizionano la macchina
in una fascia alta della ripresa video e foto, malgrado il
“vestito” da compatta.
Partiamo però da un altro fattore, che spesso si affronta
alla fine delle prove di prodotto: il prezzo. La ZV-1, che
sarà disponibile sin dal prossimo giugno, avrà un prez-
zo consigliato di 800 euro. 500 euro meno della RX100
VII, 150 euro meno della RX100 V. Un prezzo che, se la
macchina conferma le premesse, non può che essere
vincente: meno di uno smartphone top di gamma per
avere una sofisticata macchina da ripresa perfetta per
i video blogger. Ma anche una macchina che pareggia
e in certi ambiti addirittura sorpassa le sorelle maggiori
RX100 per un prezzo decisamente più basso. Come è
possibile? La ZV-1, per raggiungere una fascia di prezzo
capace di convincere gli Youtuber anche occasionali,
lascia per strada alcune caratteristiche, come il mirino
oculare, comodo ma non certo decisivo per fare video
selfie. E perde quella sensazione di robustezza della se-
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Sony ZV-1 La prova completa
lab
video
lab
video
Sony ZV-1NON CI SONO PIÙ SCUSE, IL VLOGGER MOLLI LO SMARTPHONE E PASSI ALLA ZV-1
800,00 €
Se il benchmark delle riprese del vlogger medio è lo smartphone, beh, non c’è gara. Questa ZV-1 riprende molto meglio di qualsiasi smar-tphone, soprattutto in modalità selfie; ha un vero zoom; non ingombra molto di più; ha un microfono decisamente migliore; ed è meglio stabilizzato.In più, il vlogger medio molto spesso non usa il proprio smartphone principale per le riprese (sarebbe soggetto a interruzioni per notifiche e chiamate): se bisogna scegliere tra uno smartphone di qualità (che rischia di costare di più) e questa ZV-1, è difficile avere dubbi. La foto-videocamera dedicata è sempre meglio, per lo meno se non si cercano aggiunte in realtà aumentata di nasi rossi o di orec-chie da coniglio. Per questo siamo certi che tanti vlogger o aspiranti tali prenderanno in considerazione l’acquisto della ZV-1: a 800 euro, con funzioni di macchine Sony che costano migliaia di euro, non c’è tempo da perdere in pensieri e considerazioni. Insieme ad un’ideale pacca sulla spalla ai progettisti di Sony per il lavoro fatto, abbiamo però già la lista delle migliorie per la versione II.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 9 8 8 9 98.8COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEMacchina calibrata espressamente sulle necessità dei vloggerEye autofocusMicrofono eccellente con protezione antivento
Batteria “leggera” e mancanza caricabatterie esternoAlloggiamento batteria e scheda bloccato da treppiedeSi sente la mancanza delle ghiere superiori
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
rie RX: il telaio sembra meno solido, con un ricorso mag-
giore alla plastica. Ma guadagna molto in ergonomia e
soprattutto “tranqullità” di utilizzo: con questa macchina,
anche se non è profondamente tecnici, il risultato lo si
porta a casa certamente, senza grandi sorprese al mo-
mento dell’inserimento della scheda nel PC.
Un design finalmente a prova di vloggerNella nostra prova della Sony A6600 avevamo detto
come si trattasse di una piccola mirrorless ideale per i
videomaker, grazie soprattutto ad alcune funzioni speci-
fiche, come l’eye autofocus.
Ma l’archiettura mirrorless non è certo quella preferibille
per un vlogger, che preferisce viaggiare snello. L’ultima
edizione della RX100 introduce anch’essa l’autofocus
sull’occhio, ma resta prevalentemente una fotocamera
con capacità di ripresa video. Questa ZV-1 molto simile
ma parte da un obiettivo perfettamente opposto: è so-
prattutto una videocamera con la possibilità accessoria
di scattare anche qualche foto. A partire dal monitor:
nella RX100 VII si capovolgeva verso l’alto, mostrandosi
(incompleto) sopra la macchina; ma bastava almeno per
impostarsi l’inquadratura. Nella ZV-1 il display si sbandie-
ra a lato e poi ruota su se stesso, fino ad offrirsi chiaro
all’operatore-soggetto: così l’autoinquadratura è molto
più facile.
Non si tratta di una soluzione originale (è presente su
macchine di altri marchi), ma Sony non ha mai spinto sul-
la possibilità del video selfie, almeno fino a questa ZV-1.
Il prezzo è la mancanza dell’oculare, un limite più per
le funzioni fotografiche e per la revisione del girato in
condizioni di forte illuminazione, in cui il display non è
sufficiente. Cambia anche l’interfaccia fisica: i tasti sono
molto diversi dal solito, con il tasto di registrazione video
grande, ben accessibile e addirittura più visibile di quello
di scatto, grazie a una grafica rossa molto evidente.
Anche l’impugnatura è facile (le mani più grandi qualche
difficoltà potrebbero comunque incontrarla) e potrem-
mo dire quasi “double face”. Infatti un piccolo profilo
gommoso sull’impugnatura, rende la presa sicura quan-
do l’utilizzo è quello classico.
In modalità videoselfie (e in mancanza di un grip) l’im-
pugnatura consigliabile è con la mano sinistra, le cui
dita centrali trovano nello scalino lasciato libero dallo
schermo, ripiegato in avanti, una valida opposizione e
di conseguenza una tenuta ferma. Mancano invece le
ghiere rotative alte, quelle che su altri modelli servono
per la gestione dei tempi e dei diaframmi; come manca
anche la rotella di selezione meccanica dei modi: per
TEST
Sony ZV-1segue Da pagina 24
La Sony ZV-1 ha la presa USB, sia per la ricarica che per il collegamento a PC; un ingresso micro-fonico (manca l’uscita cuffia); e un’uscita HDMI, in formato micro, per un eventuale collegamento a un monitor/recorder esterno
cambiare modalità di scatto/ripresa, bisogna agire sul
menù rapido attraverso la crociera rotativa sul retro della
macchina. Tanto - hanno pensato probabilmente i pro-
gettisti - il videomaker raramente cambierà portandosi
su una modalità foto.
Ci sono poi almeno altri due elementi che contribui-
scono a rendere questa macchina ancora più adatta ai
videoblogger: i tasti funzione e la spia frontale. Infatti al-
cuni tasti funzione che sono già pensati per configurare
velocemente la macchina per le situazioni di ripresa più
frequenti. Per esempio, il tasto C1, posto nella parte alta
della macchina, consente, come preimpostazione, di
passare dalla modalità a sfondo nitido a quella a sfondo
sfuocato. VAI AL TEST VIDEO
Non si tratta di una elaborazione grafica ma di un vero
e proprio bokeh ottico ottenuto cambiando il diaframma
dell’ottica: in modalità grandangolare, la lente è capa-
ce di un’apertura F1.8, che riesce a rendere il fuoco se-
lettivo molto puntuale, con profondità di campo corte,
sebbene si stia parlando di un sensore da 1”. Per avere
questa estetica fotografica, normalmente bisognereb-
be impostare la macchina in priorità diaframmi con ISO
Auto e aprire il diaframma al massimo, un’operazione
non difficile ma comunque non certo immediata come
la pressione di un tasto fisico. Con la ZV-1 basta preme-
re un tastino per passare dalla modalità a sfondo nitido
(diaframma chiuso) a quella a sfondo sfuocato (diafram-
ma aperto) e viceversa; o per disattivare la funzione e
tornare alle preimpostazioni della macchina. Allo stes-
so modo è stata associata, almeno in preimpostazione,
un’altra interessante funzione al tasto C2 (che è anche
quello che in modalità play, permette di cancellare una
foto o un video): premendo il tastino si cambia a priorità
di messa a fuoco sul soggetto in primo piano, situazione
perfetta per mostrare un oggetto ravvicinato, senza che
l’autofocus si lasci sedurre da altri oggetti sullo sfondo.
Anche questa operazione di può compiere con le altre
macchine, ma tocca spesso avventurarsi nei menù, quel-
lo di cui meno ha voglia il vlogger medio, abituato alla
facilità di utilizzo di uno smartphone. L’altra cosa, piccola
ma decisiva, è la spia rossa sul frontale della macchina,
che si accende quando il “motore” è attivo, quando sta
riprendendo. Sembra una stupidaggine, ma chi ha fatto
dei video selfie sa benissimo come capiti di fare dei take
magari perfetti per poi scoprire che la macchina non era
in rec; o, allo stesso modo, scoprire di aver riempito una
card e prosciugato una batteria per non essersi accorti
che la registrazione era ancora attiva. La spia sul fron-
tale è quasi da “letterina a Babbo Natale” del vlogger:
desiderio esaudito.
Ottica decisamente versatile, ma non ha il bokeh delle mirrorlessSi sente dire spesso che per il video un sensore non
troppo grande sia vantaggioso. È vero per molti aspetti,
a partire dalla possibilità di avere un fuoco più lungo e
un sensore più veloce, quindi meno soggetto ad alcuni
effetti fastidiosi come il cosiddetto “rolling shutter”. Ma
non c’è dubbio che un sensore APS-C o ancor di più Full
Frame, associato ad ottiche di qualità, offra uno sfuoca-
to con una pasta morbidissima, un bokeh di alta qualità.
Questo è forse l’unico aspetto, sul fronte dell’accoppiata
sensore ottica, che manca a questa ZV-1, che riesce a
sfuocare lo sfondo, ma con un risultato un po’ troppo
“meccanico”, senza la “pasta” alla quale ci hanno abi-
tuato le mirrorless. Fatto salvo questo aspetto, l’ottica è
luminosissima (F1.8-2.8) e, in unione con gli ISO che si
estendono fino a 12800 senza portare l’immagine alla
devastazione, è capace di far sembrare giorno anche le
stanze più buie. C’è l’inevitabile fastidio, all’accensione,
di dover attendere l’estensione dell’ottica, come sem-
pre accade nelle zoom compatte: questa ZV-1, come le
RX100, non è una macchina fotografica punta e scatta,
potrebbero mancarle i tempi giusti di reazione. Ma nel
video questo aspetto conta poco.
L’eye autofocus in video: un sogno su una macchina in questa fascia di prezzoLa caratteristica più importante della RX100 VII, almeno
a nostro avviso, viene ereditata in toto dalla ZV-1: si tratta
dell’autofocus sull’occhio del soggetto, operativo anche
in modalità video e non solo foto. E per un vlogger che si
gira da sé i propri video, questa è una funzione basilare
per evitare che al primo movimento si perda il fuoco. Chi
vuole fare video un po’ dinamici, infatti, non può lavora-
re a fuoco fisso, perché vorrebbe dire mantenere una
distanza dalla macchina prefissata; l’autofocus generi-
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
co rischia sempre di confondersi al primo movimento
e di andare a cercare il fuoco avanti e indietro, magari
prima di ritornare sul soggetto. L’aggancio dell’occhio,
invece, è quello che serve. Tra l’altro il sistema Sony ha
già dimostrato nelle altre prove che abbiamo fatto di
rispondere benissimo, riuscendo, in caso di inquadra-
tura di tre quarti, a discernere quale sia l’occhio vicino
e a puntare sempre su quello, come da regole base
della fotografia. Il fatto che una macchina da 800 euro
abbia questa funzione è una bellissima notizia: in fondo,
visto che il processore è lo stesso Bionz X di macchine
ben più blasonate (anche la A9 lo monta), anche questa
ha certamente la potenza di calcolo per riconoscere il
viso e, con esso, anche l’occhio durante le riprese vi-
deo. L’Eye Autofocus è molto utile perché permette un
fuoco molto preciso anche con diaframmi molto aperti,
situazione che accorcia pericolosamente la profondità
di campo. Il fuoco sulla punta nel naso, basterebbe per
lasciare gli occhi fuori dal campo della massima nitidez-
za. D’altro canto, con un po’ di malizia, viene da credere
che l’Eye Autofocus possa essere implementato anche
su macchine, come le A7 III, che hanno il Bionz X e che
sono uscite prima del lancio da parte di Sony di questa
funzione. Un aggiornamento in tal senso sarebbe molto
gradito per i possessori di queste macchine. Ma per il
momento, chi desidera questa funzione può scegliere
solo tra le cinque macchine che la implementano: la A9
II, la A7 IV, la A6600 e la RX100 VII, oltre ovviamente
a questa ZV-1. Noi abbiamo provato diverse di queste
macchine, ultima in ordine di tempo proprio la RX100.
Ebbene - ma è solo un’impressione - ci è parso che la
capacità della ZV-1 di agganciare l’occhio del soggetto,
soprattutto in condizioni di illuminazione difficile, sia un
po’ inferiore rispetto alle altre macchine dotate della
medesima funzione. Il fuoco sull’occhio interviene, ma
con un pizzico di ritardo rispetto a quanto avevamo
apprezzato in altri casi. Va detto, però, che il sistema,
una volta agganciato l’occhio, funziona alla meraviglia:
una camminata vero la macchina, anche rapida, anche
in controluce, non inganna l’autofocus che, con micro
correzioni continue, aggiusta sempre il fuoco, arrivando
anche a distanze ridottissime: a 24 mm equivalenti, la
ZV-1 focheggia anche a 4 cm dal soggetto. VAI AL VI-DEO DIMOSTRATIVO.L’autofocus sul primo piano, quello attivato dal tasto pro-
grammabile C2, ci ha invece davvero stupito: è veloce e
non sbaglia un colpo. Quando la ripresa è finalizzata a
spiegare una procedura manuale, a mostrare un oggetto
TEST
Sony ZV-1segue Da pagina 25
o dei gesti, basta schiacciare un tasto e si è subito pronti.
Anche se lo sfondo ha altri soggetti prevalenti, in que-
sta modalità la ZV-1 mette sempre a fuoco sull’oggetto
più vicino. E lo fa bene, senza esitazioni. Ma soprattutto
non “pompa” il fuoco avanti e indietro alla ricerca della
giusta focalizzazione: si evitano così i fastidissimi fuochi
“a molla” che rendono alcuni autofocus pressoché inu-
tilizzabili. VAI AL VIDEO DIMOSTRATIVO.
Lo stabilizzatore è ottimo, l’ammorbidimento della pelle meno convincenteUna macchina da vlogger viene spesso usata a mano.
E generalmente viene sbatacchiata di qua e di là senza
troppe cautele e senza gimbal. Una stabilizzazione è
molto importante per rendere comunque godibile la ri-
presa. La ZV-1 integra il classico SteadyShot di Sony, uno
sistema di stabilizzazione a due componenti, una ottica
e una elettronica. Si può attivare anche solo quella ottica
o, al prezzo di un leggero crop del campo inquadrato,
aggiungere anche la stabilizzazione elettronica. La resa
combinata è eccellente: riprese in video selfie a braccio
camminando risultano eccellenti, godibili, e soprattutto
prive di artefatti, cosa non scontata quando interviene
anche la compensazione elettronica del movimento. Le
camminate sono fluide; la corsa, anche veloce, accet-
tabile; riprese in bicicletta, anche su terreno sconnes-
so, decisamente morbide. Un gimbal sicuramente può
fare un po’ di più, ma qui siamo già a metà strada. VAI ALLA VIDEO PROVA DELLO STABILIZZATORE. Meno
convincente invece il circuito di ammorbidimento degli
incarnati, che poteva essere utile visto che si presume
che la prevalenza dei soggetti di questa macchina siano
umani. In realtà, anche già all’impostazione più conser-
vativa, la pelle risulta troppo “spiattellata”, un po’ finta. In
alcune riprese abbiamo dimenticato la funzione attiva e
poi, una volta viste su computer, sono parse probabil-
mente quelle meno interessanti di tutto il lotto. Meglio
disinserire la funzione e tenersi le rughe.
Il microfono è molto buono. La protezione antivento in dotazione addirittura genialeNon capita spesso, soprattutto in una piccola compat-
ta, che il microfono sia molto curato. Si pensa sempre
debba essere solo uno strumento di “emergenza”, ma
per tutte le riprese “serie” vada utilizzato un microfono
esterno. Qui i progettisti di Sony hanno voluto mettere
mano pesante ai disegni della RX100 e fare le cose per
bene: addio al mini flash retrattile e addio al mirino po-
pup. Tutto lo spazio nella parte alta della ZV-1, al di là
della zona dei pulsanti, se lo prende il microfono. O me-
glio bisognerebbe dire i microfoni, visto che le capsule
integrate sotto la generosa griglia sono addirittura tre. Si
potrebbe pensare che un microfono posto nella parte
alta della macchina e non sul frontale non sia abbastan-
za direzionale. Invece no: l’immagine è decisamente
stereofonica e molto concentrata sull’area inquadrata
dalla macchina. I suoni provenienti da dietro vengono
comunque captati, ma decisamente attenuati (anche di
10-15 dB) e sfasati a simulare proprio un effetto surround. VAI ALLA PROVA DEL MICROFONO INTEGRATOL’idea dei progettisti Sony è quello di dimenticarsi di un
microfono esterno e far sì che quello integrato non sia
più un microfono di servizio ma diventi quello da usare
abitualmente. Il livello di voce catturato fino a due me-
tri di distanza dalla macchina è sufficiente per un vlog,
anche se, va detto, abbiamo provato anche ad usare
un microfono direzionale esterno Rode con maggiore
soddisfazione: per fortuna la ZV-1 dispone anche di in-
gresso microfonico su minijack.
Ma, tornando al microfono integrato, una griglia così
ampia rischia di rimanere esposta al vento. Il rombo del
vento sulla capsula microfonica è una delle più grandi
minacce per i vlogger: infatti quando si gira non si sente
se il vento scappa via liscio o disturba (tra l’altro la ZV-1
non ha neppure l’uscita cuffia); ma soprattutto quando ci
si accorge del problema, a casa, o si riprogramma una
nuova ripresa o ci si accontenta della clip disturbata: in-
fatti, è quasi impossibile rimuovere per via elettronica in
post produzione una raffica di vento senza compromet-
tere anche la qualità del parlato. Le capsule della ZV-1,
seppure non direttamente esposte al vento orizzontale,
nelle nostre prove si sono rivelate comunque sensibili
alle raffiche. Ma - qui viene la parte interessante - Sony
ha inserito nella confezione della ZV-1 una protezione
antivento, il cosiddetto “deadcat”, fatto su misura e da
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
innestare nella slitta del flash esterno. Con la protezione
innestata (che si paga con un leggerissimo taglio degli
alti) il vento non fa più paura: nelle nostre prove un ven-
taglio a tutta forza a 10 cm indirizzato verso il microfono,
non ha creato disturbi; allo stesso modo, una ripresa in
bicicletta a 20 km/h, si è rivelata del tutto pulita. Insom-
ma, se in casa si può anche girare senza protezione, il
consiglio è quello di utilizzare il deadcat ogni volta che
si va in esterna. Unico rammarico l’impossibilità di usare
contemporaneamente la protezione antivento e un al-
tro accessorio pensato per la slitta del flash, come per
esempio un faretto. VAI ALLA PROVA DELLA PROTE-ZIONE ANTIVENTO. La ZV-1 ha anche una funzione di
protezione antivento elettronica: scordatevela. Le raffi-
che si sentono comunque e in compenso il suono è del
tutto filtrato, al limite del fastidioso.
L’uso con il grip Bluetooth: consigliato anche come telecomandoLa ZV-1, oltre ad avere la connettività Wi-Fi per il col-
legamento a smaprthone attraverso l’app Sony Edge,
dispone anche della compatibilità con Bluetooth.
Si tratta di una funzione molto utile per la connessione
del grip opzionale Sony. Si tratta di un’impugnatura con
aggancio filettato per affrancare la macchina, testa ro-
tante e basculante e soprattutto connettività Bluetooth
attraverso la quale trasferisce alla macchina alcuni co-
mandi impartibili attraverso i tasti presenti sul grip stes-
so. Per esempio il tasto di scatto e quello di ripresa, il
controllo dello zoom e il tasto C1 (quello che permette
la gestione dello sfondo sfuocato o nitido). Il piccolo
grip, grazie a due gambette posteriori, diventa anche
un comodo treppiede da tavolo. Si tratta di un accesso-
rio molto comodo, soprattutto per l’uso in videoselfie,
e anche un po’ costosetto, visto che per averlo nello
zaino bisogna sborsare ulteriori 200 euro, praticamen-
te 1/4 del valore della macchina, un po’ troppo per una
“maniglia-telecomando”.
Detto questo, per usare bene in video una macchina
così piccola, un piccolo grip o un rig è quasi necessa-
rio. Il modello Sony offre anche un ulteriore vantaggio:
nelle riprese che abbiamo effettuato con un treppiede
da pavimento, abbiamo comunque tenuto in mano il
grip da usare come telecomando per far partire la ca-
mera in rec. La versione a filo USB, che costa 120 euro,
TEST
Sony ZV-1segue Da pagina 26
Cliccare sulle fotografie per vederle a risoluzione intera (ab-biamo scattato in jpg dato che non c’è ancora l’interprete per i RAW).
funziona altrettanto bene se la macchina
vi è montata sopra, ma non si potrebbe
usare da telecomando a distanza. Il mo-
dello da noi utilizzato, grazie al Bluetooth,
invece, funziona anche da telecomando
ed è molto comodo per iniziare a girare
solo quando serve.
L’ergonomia da fotocamera non è granché, ma le foto sono buoneCertamente - l’abbiamo detto - la ZV-1 è
anche una fotocamera. Ma l’utilizzo per
la realizzazione di scatti non è comodo al
pari di altri modelli, soprattutto se si vuole
andare oltre il semplice punta e scatta. La
rotella dei modi non c’è (è virtualizzata a
display), come mancano anche i selettori
rotativi di tempi e diaframmi: si fa tutto dal-
la ghiera rotativa sul posteriore, che però
di volta in volta deve essere indirizzata a svolgere la
funzione giusta. Gli scatti, sui quali però non ci siamo
soffermanti più di tanto in questa prova, sono comun-
que buoni e svelano, anche sui contoluce un po’ forza-
ti, la grande gamma dinamica del sensore Exmor RS.
Appunti per la versione II Le cose da migliorareNon sono tutte rose e fiori, qualche particolare da met-
tere a punto c’è anche in questa convincente Sony ZV-
1. Ecco le nostre osservazioni:
-Almeno una ghiera rotativa sarebbe utile - La pulizia
dell’interfaccia fisica ha portato forse a un’eccessiva
razionalizzazione. Il controllo della macchina in manua-
le, senza almeno un ghiera alta rotativa, diventa troppo
complicato, con il ricorso ai tastini sul posteriore e al ri-
corso ai menù. La ghiera dei modi, in questo caso, può
anche mancare, ma una di regolazione dei tempi o dei
diaframmi è assolutamente necessaria, soprattutto per
gli utilizzi fotografici.
-Il touch non permette la navigazione dei menù - Lo
schermo è touch ma funziona solo per il tap to focus
(ovverosia per indicare al volo lo spot sul quale mette-
re a fuoco). Ma quando si navigano i menù, viene del
tutto disattivato. Peccato, soprattutto nella modalità vi-
deoselfie, con il monitor girato in avanti, poteva essere
utile.
-Batteria debole, non si arriva ad un’ora di lavoro - La
macchina è piccola. E una delle conseguenze è che
sia piccola anche la batteria, una Sony della serie X.
Troppo piccola, solo 1240 mAh, per una macchina che
ha solo di display, che non spegne mai quando in fun-
zione, e non il mirino oculare; e poi dispone anche di
un’ottica retrattile motorizzata che continua a fare den-
tro e fuori ogni qual volta la macchina viene accesa e
spenta.
La sostanza è che la ZV-1 è dichiarata con un’autono-
mia di ripresa di 45 minuti; nell’uso pratico abbiamo
superato l’ora di lavoro (non di riprese), comunque
troppo poco per chi usa la camera per diverse ore al
giorno. L’acquisto di qualche batteria di ricambio è da
comprendere nel budget. Assolutamente.
Non c’è il caricabatterie esterno - Capiamo la neces-
sità di tenere il prezzo basso, ma un vlogger non può
fermarsi perché è finita la batteria. Con un caricabat-
terie esterno, potrebbe caricare una batteria mentre
gira con un’altra (da comperare a parte, ovviamente).
Invece la ricarica USB, comoda in emergenza con l’au-
silio di un qualsiasi battery pack, è troppo vincolante:
quando si ricarica collegati a una presa di corrente, non
si può usare la macchina.
Il foro del treppiede nel posto sbagliato - Si tratta di
un problema già presente sull’RX-100. L’inserto filettato
per l’innesto su grip o su treppiede è accanto allo spor-
tellino che cela batteria e scheda. Questo significa che
quando la macchina è montata su un supporto, non si
può né cambiare batteria né scheda. Ogni volta, quindi,
che c’è bisogno di accedere a questo vano, la macchi-
na va svitata dal proprio supporto per poi rimontarla.
Tutto si può fare, ma le cose comode sono diverse.
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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Paolo CENTOFANTI
L a serie A8 rappresenta il primo refresh della gam-
ma OLED di Sony ad arrivare sul mercato in questo
2020, ma è qualcosa di più di un semplice ritocco
della serie AG8 dello scorso anno. I nuovi televisori
A8, disponibili nei classici tagli da 55 e 65 pollici, infat-
ti, ereditano tante di quelle che erano le caratteristiche
del top di gamma OLED del 2019, la serie AG9, tanto
che le differenze sono davvero poche, nonostante la
mancanza del “bollino” MASTER Series, che rimane
anche quest’anno esclusiva della serie top di gamma
A9, che arriverà nei prossimi mesi e di cui Sony deve
ancora rilasciare le specifiche tecniche dettagliate.
Intanto anche la serie A8 monta quest’anno il più po-
tente dei processori video di Sony, quell’X1 Ultimate
che prima era riservato esclusivamente ai top di gam-
ma. Questo processore si porta a corredo tutta una
serie di tecniche di miglioramento dell’immagine volte
soprattutto a garantire il massimo delle prestazioni
con tutte le sorgenti a disposizione, comprese quelle
in definizione standard o alta definizione: 4K X-Reali-
ty PRO, Super Bit Mapping HDR, Object-based HDR
remaster, Dual database processing, sono alcuni dei
nomi altisonanti utilizzati da Sony per descrivere le ca-
pacità del TV, funzionalità a dire il vero nascoste sotto
altro nome nei completi menù a schermo di Android
TV. Sulla serie A8 ritroviamo la tecnologia audio Acou-
stic Surface nella stessa configurazione a 2 + 2 canali
dell’AG9 e, fatta eccezione per la mancanza dei mor-
setti di ingresso per sfruttare il sistema audio del TV
come canale centrale, tutte le stesse funzionalità del
top di gamma dello scorso anno, compresa la calibra-
zione automatica con il software CalMAN. Tutto ciò fa
della nuova proposta “entry level” OLED di Sony anco-
ra più interessante, nonostante il prezzo comunque da
brand premium: 2199 euro per il modello da 55 pollici,
3199 euro per quello da 65 pollici. Per la nostra recen-
sione, Sony Italia ci ha fornito un campione proprio di
quest’ultimo. Scopriamolo.
Nuove staffe ma design essenzialmente riconfermatoLa serie A8 non presenta particolari novità sul fronte
TEST La nuova serie premium OLED di Sony eredita buona parte delle caratteristiche del top di gamma dello scorso anno
Sony OLED KD-65A8. DNA da vero top di gamma Qualità video ai vertici e funzionalità completissime si fondono con il design Sony, in un prodotto che non rompe con il passato
del design, se non nella staffa (o meglio le staffe visto
che si torna ai due piedini laterali), e minimi ritocchi nel
pannello posteriore, che poi è la parte del TV che meno
vedremo in assoluto. Come l’AG9 dello scorso anno,
anche l’A8 rimane lievemente inclinato all’indietro. La
caratteristica principale delle nuove staffe è costituita
dalla doppia possibilità di montaggio: nella configura-
zione di base, così come le troviamo nell’imballo, la-
sciano la base dello schermo appena appena solleva-
ta rispetto al piano di appoggio. Grazie all’ingegnoso
design, che prevede di svitare il “collo” delle due staf-
fe e di rimontare quello del piedino di destra su quello
di sinistra e viceversa, è possibile mantenere il televi-
sore leggermente rialzato per fare spazio a una sottile
soundbar o semplicemente per andare maggiormente
incontro ai propri gusti. I centimetri in più che si gua-
dagnano sono in realtà davvero pochi, meno di dieci
e non c’è spazio per soundbar troppo spesse. Le due
staffe si inseriscono a incastro nei due alloggiamenti
sulla base del TV e non è necessario mettere mani
al cacciavite per fissarle. In ogni caso l’operazione va
rigorosamente fatta in due persone per non correre il
rischio di danneggiare il pannello che, come per tutti i
TV OLED, tolto l’alloggio dell’elettronica che fa anche
da telaio di supporto dell’intera struttura, è spesso po-
chi millimetri e quindi estremamente delicato. Le due
staffette includono anche degli sportellini per il pas-
saggio cavi, che consentono di nascondere in parte i
cablaggi e rendere l’installazione ancora più pulita. Le
dimensioni non consentono di far passare troppi cavi,
specie se di sezione non proprio ridotta, ma è comun-
que dimostrazione dell’attenzione per i dettagli. Nel
complesso, seppur all’alba del 2020 non possiamo
definirlo particolarmente innovativo, il design Sony è
sicuramente elegante e piacevole, fedele alla filosofia
“One Slate, una lastra” che da anni insegue il marchio
giapponese e che è la naturale evoluzione del celebre
Sony KD-65A8IMMAGINI SPETTACOLARI, INTERFACCIA FLUIDA. ALL’AUDIO MANCA QUALCOSA
3199,00 €
Tirando le somme, il nuovo OLED Sony conferma quanto di buono avevamo già visto almeno negli ultimi due anni. La novità più grande è forse che l’A8, pur essendo il modello base della gamma 2020 di Sony, offre praticamente le stesse caratteristiche del top di gamma dello scorso anno, grazie all’utilizzo del processore X1 Ultimate. L’audio del particolare sistema Acoustic Surface continua a convincere per la sua capacità di offrire prestazioni insospettabili per un TV apparentemente privo di diffusori, anche se la resa anche in Dolby Atmos non è così avvolgente come lo spettacolo davanti ai nostri occhi richiederebbe. Android TV è ben implementato, con un’interfaccia fluida e scattante che rende un piacere utilizzare ogni giorno il TV. Il prezzo è elevato, ma si pagano il particolare sistema audio e uno dei processori video migliori sulla piazza.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 8 8 8 7 88.3COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità videoVersatilità Android TVDesign
Mancato supporto alle specifiche HDMI 2.1Audio poco avvolgente con colonne multicanaleTelecomando non adeguato alla fascia di prezzo
segue a pagina 29
lab
video
torna al sommario 29
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
e rivoluzionario Monolithic Design.
Connessioni complete ma niente VRR o 120 HzSul fronte connessioni iniziamo con il dire che a livello
di numero di opzioni abbiamo la classica dotazione: 4
ingressi HDMI, prese di antenna terrestre e SAT, porta
di rete, 3 porte USB, uscita per le cuffie, audio digitale,
Wi-Fi 802.11ac e Bluetooth 4.2. C’è persino, per chi ne
avesse mai ancora bisogno, una presa mini-jack per
segnali video composito. L’elefante nella stanza è na-
turalmente la versione delle specifiche HDMI suppor-
tate dal TV Sony: da questo punto di vista ci troviamo
davanti alla fotocopia della situazione dello scorso
anno. Tutti gli ingressi sono abilitati HDCP 2.3, ma solo
un ingresso supporta l’eARC.
L’unica funzionalità delle nuove specifiche HDMI 2.1
supportate è proprio il canale audio di ritorno “este-
so”, con supporto per le codifiche audio lossless: nien-
te ALLM (la modalità gioco automatica) e soprattutto
niente VRR (frequenza di refresh variabile) o video
4K a 120 Hz (si arriva però fino a 60 Hz in RGB). La
scelta è bizzarra considerando soprattutto che il 2020
sarà l’anno di PS5, a meno che Sony non abbia deci-
so di riservare queste caratteristiche solo per la serie
superiore A9. Al momento l’unica serie 2020 di TV
Sony che supporta le nuove specifiche dello standard
LCD è l’LCD di fascia media XH90, che a quanto pare
l’azienda giapponese ha dedicato esplicitamente ai
giocatori e che proveremo a breve. Tutti gli ingressi
HDMI supportano 4K a 60 Hz a banda piena, ma oc-
corre abilitare questa modalità da menù di impostazio-
ne per ogni singolo ingresso.
La serie A8 offre in dotazione un telecomando non
retroilluminato e con finiture in plastica, che al tatto
risulta molto leggero e sinceramente di stampo un po’
troppo economico per la fascia di prezzo del televiso-
re. L’unità presenta lo stesso layout dei modelli dello
scorso anno. Il telecomando integra il microfono che
ha due funzioni: utilizzo dei comandi vocali di Google
Assistant, calibrazione del sistema audio in fase di se-
tup iniziale. L’Acoustic Surface dell’A8 è infatti dotato
di calibrazione automatica in funzione dell’ambiente in
cui viene installato il televisore, procedura che adegua
la risposta del sistema emettendo dei suoni di test e
“ascoltando” il risultato tramite il microfono del teleco-
mando nella posizione di ascolto.
Versatilità ai massimi livelliDa tempo Sony ha adottato Android TV come piattafor-
ma per smart TV e la scelta è naturalmente confermata
per il 2020. L’A8 arriva nei negozi con Android 9 e tutte
le funzionalità che ci si aspettano da questa piattafor-
ma, da Chromecast a Google Assistant, passando per
tutte le applicazioni che si possono scaricare dal Goo-
gle Play Store. Funzioni TV e menù di sistema, con le
impostazioni audio e video, sono stati integrati nella
piattaforma Android TV, offrendo un’esperienza d’uso
consistente e non più frammentata come accadeva
in passato. Oltre a ciò, come già per i modelli dello
scorso anno, Sony ha aperto le porte anche ad altri
ecosistemi.
L’A8 supporta Apple AirPlay 2 e Apple Homekit, fun-
zione quest’ultima che consente di controllare il TV
tramite l’app Casa dei dispositivi Apple. Allo stesso
modo c’è la compatibilità con Alexa, per cui è possi-
bile controllare il TV con altri dispositivi che sfruttano
l’assistente vocale di Amazon. Non troviamo l’app Ap-
ple TV, come sui TV Samsung ed LG, ma è comunque
possibile riprodurre i contenuti di iTunes o Apple TV+
via AirPlay, anche in HDR. Durante la prima installa-
zione ci viene invece già proposto di installare anche
Disney+, così come troviamo già pre-installata l’app
di Amazon Prime Video e il player multimediale VLC.
Come avevamo già visto al CES a inizio anno, Sony
ha leggermente migliorato la navigazione dei menù
aggiungendo nuovi elementi grafici che rendono più
intuitivo l’utilizzo e chiariscono meglio il significato del-
le varie voci.
Come accennato in apertura, nel materiale di co-
municazione del prodotto, Sony utilizza tanti nomi
e sigle per descrivere le funzionalità del TV, che poi
TEST
Sony OLED KD-65A8segue Da pagina 28
Anche l’A8 mantiene una leggera inclinazione all’indietro del pannello. Lateralmente troviamo due porte USB, un ingresso HDMI, uscita per le cuffie, ingresso mini-jack video composito e lo slot Common Interface per moduli CAM.
Telecomando un po’ economico e non retroillu-minato, ma dotato di una buona disposizione dei comandi. Oltre all’ormai immancabile tasto Netflix, troviamo il testo diretto per accedere a Google Play Movies.
Le altre connessioni sono disposte sul retro con i connettori che guardano verso il basso, soluzione che permette il montaggio a parete ma non agevola i collegamenti. L’attacco VESA per le staffe è 30x30.
non ritroviamo però nel menù. La novità più grande
di quest’anno è proprio l’introduzione di descrizioni
più ricche anche graficamente, che permettono di
meglio capire come funzionano i vari parametri. Gra-
zie proprio a queste descrizioni, riusciamo ad intuire
ad esempio che il parametro “Gradazione uniforme”
corrisponde probabilmente a quello che Sony chia-
ma altrove Super Bit Mapping HDR, ma in generale la
traduzione in italiano delle varie voci del menù non è
delle più efficaci. Ad esempio la sezione dedicata alle
impostazioni di immagine che regolano l’upscaling e
il livello di dettaglio si chiama “Limpido”. Il menù delle
impostazioni video è molto completo e suddiviso in
sottosezioni che si aprono a cascata cliccando sull’in-
Android TV garantisce la compatibilità con tutti i principali servizi di streaming disponibili in Italia. Tra le app manca solo Apple TV+ che però è ac-cessibile via AirPlay 2 tramite dispositivi Apple.
segue a pagina 30
torna al sommario 30
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
testazione. In questo modo non è necessario dover
addentrarsi in tanti sottomenù.
Premendo il tasto apposito sul telecomando, in ogni
caso, si accede prima a una barra di controllo rapi-
do che permette rapidamente di cambiare preset di
immagine o audio. La barra è personalizzabile ed è
possibile aggiungere o togliere comandi rapidi rispet-
to alle impostazioni di default. Grazie al processore X1
Ultimate, l’interfaccia di Android TV è sia fluidissima
nelle animazioni che reattiva ai comandi. I menù si
navigano agevolmente e non abbiamo notato rallen-
tamenti nel passare da un’app all’altra o nella fluidità
delle applicazioni stesse.
In SDR numeri da primo della classePrima di addentrarci nelle possibilità di regolazione
offerte da Sony sulla serie A8, abbiamo testato la
calibrazione di fabbrica “out of the box” del TV. Tra
i diversi profili pre-impostati di immagine abbiamo
selezionato quello personale che Sony dice essere
quello più rispettoso della visione creativa dei registi.
L’A8 non si fregia dell’etichetta Master Series, ma le
impostazioni di fabbrica sono comunque abbastanza
buone, con un DeltaE medio sotto la soglia di visibilità
per i colori primari e secondari e un’ottima linearità
della scala di grigi a livello di gamma. Solo il bilancia-
mento del bianco tende a diventare via via più freddo
spostandosi verso la luminosità massima, che per se-
gnali con range dinamico standard (Rec.709) si attesta
intorno ai 245 nits.
Scaricando l’app CalMAN for Bravia e utilizzando il
software di calibrazione CalMAN, generatore di se-
gnale e colorimetro, si sbloccano due nuovi banchi
di regolazione denominati Professionale 1 e Profes-
sionale 2 che consentono di effettuare la calibrazione
automatica. Sia che si proceda manualmente o auto-
maticamente, Sony mette finalmente a disposizione la
regolazione della scala di grigi su 20 punti e un vero e
proprio CMS per la regolazione fine di colori primari e
secondari. Queste due impostazioni vengono salvate
in realtà in due “sotto-banchi” di memoria denomina-
ti Esperto 1 ed Esperto 2, separatamente dalle altre
regolazioni di base come contrasto, filtri video, ecc..
Le impostazioni effettuate sul CMS andranno invece
riportate a mano ingresso per ingresso o app per app.
Da notare che come i modelli 2019, anche per l’A8 le
regolazioni sono le medesime e condivise per segnali
SDR ed HDR. La calibrazione automatica va inoltre ef-
fettuata sui segnali standard e con gamma pari a 2.2,
ed è il processore TV a mappare gli aggiustamenti ef-
fettuati anche sui segnali HDR o altri valori di gamma
Per la nostra prova abbiamo testato la procedura di
autocalibrazione che ha portato ad un risultato da
monitor di riferimento per i segnali con range dina-
mico standard, con un livello di errore medio inferiore
addirittura a 0,5 per il bilanciamento del bianco sulla
scala di grigi e di 0,7 sul severo Color Checker. Ricor-
diamo che la soglia di visibilità per il DeltaE (metrica
TEST
Sony OLED KD-65A8 segue Da pagina 29
CIE2000) è usualmente considerata 3. Alla fine del-
la procedura, almeno dal punto di vista delle misure
strumentali, il TV Sony è praticamente perfetto.
E in HDR? Il Sony A8 riesce a raggiungere con una
finestra di superficie pari al 10% una luminosità mas-
sima di circa 600 nits, che diventano poco meno di
700 se si riduce la dimensione della finestra fino al
2%. Si tratta di un dato leggermente inferiore rispetto
a quanto avevamo rilevato sull’AG9.
Il processore del TV applica un tone mapping che se-
gue fedelmente la curva PQ di HDR10 e Dolby Vision
fino a circa il 70% dello stimolo, per poi andare gen-
tilmente al clipping superato l’80%. Ciò si dovrebbe
tradurre nel rispetto dei corretti livelli di luminosità
delle immagini per buona parte del range del segnale
per poi andare al clipping solo sugli elementi effettiva-
mente più brillanti. Ma il processore X1 applica il suo
tone mapping dinamico object based, per cui difficile
misurare come opera con contenuti video effettivi.
L’accuratezza cromatica in HDR appare essere deci-
samente inferiore, ma si tratta di dati da prendere con
le pinze. Innanzitutto dipende dalla metrica utilizzata,
visto che se il DeltaE CIE2000 tende a sottostimare
la visibilità delle deviazioni dai riferimenti con segnali
HDR, il nuovo standard DeltaE ITP viceversa è anco-
ra oggetto di studio e tende a dare risultati impietosi
anche su monitor da studio (in questo caso la soglia
di visibilità è già 1). Fatte queste premesse, possiamo
notare il ritorno della dominante fredda sul bilancia-
mento del bianco al crescere della luminosità oltre il
livello della calibrazione in SDR, seppure entro i valori
di guardia e possiamo constatare tutto sommato un
risultato non disdicevole del ColorChecker in HDR. La
copertura dello spazio colore P3 è di circa il 95,2%
(CIE 1931) a livello di gamut, mentre il volume colore
arriva a circa il 76,5% (CIE L*a*b*). L’input lag è davvero
significativo con i preset di immagine normali, addi-
rittura 109 ms, ma scende immediatamente a 18,3 ms
una volta attivata la modalità gioco. Questi i numeri,
ma poi come vedremo quello che conta è la visione
di contenuti reali.
La prova di visione e ascoltoLa tecnologia OLED di LG Display ha raggiunto ormai
Rec.709 Gamut tracking della scala di grigio
livelli qualitativi eccezionali e il nuovo A8 Sony non
fa che testimoniarlo. Se escludiamo i limiti sul fronte
della luminosità di picco che ancora persistono, ci tro-
viamo di fronte a un televisore dalla qualità video di
riferimento, anche se senza particolari passi in avanti
rispetto ai risultati raggiunti negli ultimi anni. La resa
del nero, come ben sappiamo, è il punto di forza della
tecnologia OLED e la resa sulle ombre è eccezionale.
Sparito l’effetto “schermo sporco” che affliggeva le
prime generazioni della tecnologia, possiamo apprez-
zare immagini contraddistinte da ombre con gradienti
morbidi, ricche di dettagli e che enfatizzano il contra-
sto percepito in tutte le condizioni. Abbiamo messo
alla prova il TV con contenuti di ogni tipo: TV, Netflix,
Prime Video, Ultra HD Blu-ray ottenendo sempre ri-
sultati eccellenti.
Partiamo da quello che non ci è piaciuto, che è ve-
ramente poco a dire il vero. In questa fase, in cui i
servizi di streaming hanno ridotto la banda, abbiamo
potuto constatare ancora una volta come il tallone di
Achille dell’OLED continui ad essere la riproduzione di
segnali molto compressi: gli artefatti sulle ombre sono
molto visibili se presenti nel segnale originale e si ma-
nifestano come un ben percepibile effetto blocking e
un leggero banding appena sopra il livello del nero,
difetti che si notano maggiormente rispetto a display
basati su altre tecnologie. Inoltre con l’attuale release
dell’app di Amzon Prime Video, abbiamo notato a vol-
te dei piccoli salti dell’audio, come dei piccoli scatti.
Sospettiamo che ciò avvenga in corrispondenza di un
cambio di bitrate del flusso in streaming, ma non siamo
riusciti a circoscrivere o rendere ripetibile il fenomeno.
Ciò non avviene ad esempio con Netflix, Disney+ o
sorgenti esterne. A parte queste due osservazioni, il
resto è spettacolo puro.
Il documentario di Netflix Notte sul pianeta Terra in 4K
e Dolby Vision è un terreno di prova ideale per l’OLED
e la resa nelle abbondanti scene scure e in penombra
è impeccabile. Il TV Sony è dotato di un preset cali-
brato esclusivo per Netflix, che in realtà da quello che
abbiamo visto non si discosta dalla resa del normale
preset Dolby Vision. L’immagine degli OLED Sony è
segue a pagina 31
torna al sommario 31
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
stata ritenuta più volte in passato un po’ più scura ri-
spetto alla concorrenza, ma a noi è piaciuta parecchio
e non abbiamo percepito fastidiose chiusure sulle om-
bre o perdita di dettaglio. Viceversa, l’eccellente Il no-
stro pianeta sempre di Netflix, offre immagini dall’am-
pia gamma dinamica, eccezionale livello di dettaglio,
TEST
Sony OLED KD-65A8segue Da pagina 30
colori brillanti. Il film El Camino, ancora, ci presenta in
Dolby Vision i suggestivi colori del deserto del New
Mexico in modo meraviglioso. Anche in questo caso
possiamo apprezzare un’ampia gamma dinamica che
non ci fa minimamente pensare ai limiti nella luminosi-
tà di picco, mentre il livello di dettaglio del master in 4K
ci fa apprezzare il minimo dettaglio del volto scavato
dei protagonisti in modo ineccepibile. Passando alla
visione di contenuti in full HD, possiamo apprezzare
l’ottimo lavoro svolto dall’algoritmo di upscaling di
Sony: manca certo il microdettaglio offerto dai conte-
nuti in 4K, ma le immagini rimangono assolutamente
godibili e più volte ci siamo dimenticati che non sta-
vamo guardando contenuti alla ri-
soluzione nativa del pannello. I limiti
maggiori si incontrano con la visione
dei canali televisivi, dove l’upscaling
porta a galla imperfezioni come ar-
tefatti della compressione troppo
spinta o rumore dovuto a produzio-
ni che utilizzano ancora catene ob-
solete (come in alcune trasmissioni
pomeridiane dei canali generalisti).
Per quanto riguarda Motionflow, im-
postando il relativo parametro niti-
dezza già su 1 si attiva il black frame
insertion, che migliora la risoluzione
percepita (da 450 a 650 linee TV
circa) senza grosso impatto sulla
luminosità dell’immagine. Portan-
dolo a 2 la luminosità comincia a
scendere senza sensibili migliora-
menti nella risoluzione, mentre a 3
cala ulteriormente la luminosità e
Su una schermata con il grigio al 5% (qui fortemente sovraesposta) è possibile notare ancora delle leggerissime bande verticale di unifor-mità differente. In condizioni normali ciò non si nota, così come non abbiamo rilevato vignettatura ai bordi o effetto “schermo sporco” durante la regolare visione.
si percepisce un fastidioso flickering dell’immagine.
Passando a Prime Video e a contenuti in HDR10 (Sony
non supporta HDR10+), abbiamo potuto di nuovo ap-
prezzare una resa eccellente in tutte le situazioni: la
meravigliosa fotografia di Tales from the Loop, con i
suoi mezzi toni e le tinte pastello, è resa perfettamente
e dimostra l’ottimo controllo a livello cromatico, senza
lasciarsi andare con la saturazione e mantenendo il
look morbido voluto dagli autori. L’ultima stagione di
The Expanse sempre in HDR, ci ha fatto apprezzare la
marcia in più dell’OLED grazie alla superba riproduzio-
ne del nero nelle scene nello spazio. Abbiamo testato
i limiti invece con il Blu-ray di Mad Max: Fury Road, che
con il suo master a 10.000 nits è riuscito sì a farci no-
tare il clipping sui dettagli più luminosi, già su alcune
“fiammate”, ma senza intaccare la resa della particola-
re fotografia fatta di rossi estremamente carichi e blu
intensi nelle scene notturne, restituendo in ogni caso
uno spettacolo abbastanza godibile.
La colonna sonora in Dolby Atmos di questo disco,
viene riprodotta in tutto il suo rumore e fa muovere
i due woofer integrati sul retro del pannello. La resa
dell’Acoustic Surface è analoga a quella dei prodotti
dello scorso anno: con i segnali migliori, nonostante
qualche asprezza, si può godere di un suono poten-
te e corposo superiore a quello di tantissimi altri TV
con diffusori integrati. Se l’utilizzo della superficie del
display come diffusori rende molto credibile il posizio-
namento dei dialoghi, viceversa continua a mantene-
re ancorata la scena sonora sullo schermo del TV e
con un’apertura minima dell’immagine stereo: anche
con l’effetto di virtual surround, non riusciamo mai ad
ottenere quella sensazione di coinvolgimento che le
immagini spettacolari meriterebbero.
di Paolo CENTOFANTI
B ang & Olufsen ha annunciato la
disponibilità a partire da giugno
dell’esclusivo TV Beovision Har-
mony, ora anche in taglio da 88 pollici
con schermo OLED 8K. Come per i
modelli di dimensione inferiore, il TV è
a tutti gli effetti un LG, seppure ottimiz-
zato per B&O, che il produttore danese
ha integrato sul suo Sound Center: un
mobile motorizzato che all’accensione
solleva lo schermo e apre come delle
ali i diffusori.
Beovision Harmony è essenzialmente
un prodotto artigianale, con finiture
in legno di quercia, che nascondo un
sistema audio a tre canali, con sei am-
plificatori e altrettanti diffusori, che può
essere ulteriormente espanso con altri
diffusori della gamma B&O per realiz-
zare un vero impianto a 7.1 canali.
La parte video è costituita dall’OLED
LG ZX da 88 pollici, con pannello 8K,
processore a9 di terza generazione,
ingressi compatibili con le specifiche
HDMI 2.1, HDR Dolby Vision e tutte le
funzionalità offerte dai TV LG stand-alo-
ne. Ad essere esclusivo, naturalmente,
non è solo il particolare design, ma an-
che il prezzo: per portarsi a casa il nuo-
vo Beovision Harmony servono infatti
46500 euro.
TV E VIDEO B&O annuncia la prossima disponibilità del Beovision Harmony, esclusivo anche nel prezzo
Beovision Harmony: l’OLED più esclusivo Ora disponibile anche in formato 8KIntegra l’OLED 8K da 88 pollici di LG con il sistema audio a tre canali con staffa motorizzata
TV E VIDEO
L’OLED LG da 48 pollici serie CX disponibile da giugnoA partire da giugno inizierà finalmente la distribuzione del nuovo TV OLED LG 48CX. Si tratta del primo modello ad arrivare sul mercato con il nuovo pannello OLED con taglio da 48 pollici e risoluzione 4K. Il nuovo modello andrà ad affiancarsi alle versioni da 55, 65 e 77 pollici di cui condividerà tutte le principali specifiche. Oltre alla piattaforma webOS e al supporto per tutti i principali formati HDR (HDR10+ di Samsung escluso), l’OLED LG offre il più completo supporto alle nuove funzionalità previste dalle specifiche HDMI 2.1: video 4K fino a 120 Hz, eARC e soprattutto VRR o Variable Refresh Rate, con compatibilità anche con Nvidia G-Sync. Prezzo 1599 euro.
torna al sommario 32
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Roberto PEZZALI
I l MacBook Air è stato per anni il laptop di maggior
successo di Apple. E forse anche il più longevo, il de-
sign è rimasto lo stesso di quel MacBook Air che Ste-
ve Jobs tirò fuori da una busta nel lontanissimo 2008.
Un MacBook Air che, nonostante lo schermo non retina,
vendeva tantissimo e dava tantissime soddisfazioni, so-
prattutto in termini di autonomia. Erano gli anni in cui i
PC consumavano tantissimo, erano spessi e grossi, e il
MacBook Air era l’unica soluzione per arrivare ad avere
8 o 9 ore di autonomia reali. Poi Apple dovette fare i conti
con l’arrivo degli ultrabook, e con il fatto che il MacBook
Air era l’unico notebook senza schermo Retina, così si
adeguò e presentò finalmente un nuovo modello.
L’utilizzo di un display con risoluzione maggiore ha por-
tato ad un aumento dei consumi, ma l’Air è rimasto negli
ultimi anni uno dei migliori ultra portatili in circolazione.
Con un piccolo neo, quella tastiera ultra sottile, la butter-
fly, che presentata come un miracolo di ingegneria si è
rivelata poi rumorosa e fragile, tanto da costringere Ap-
ple a ricorrere a più revisioni prima di decidere, lo scorso
anno, di tornare indietro. E di riproporre una tastiera con
un meccanismo classico a forbice. Il MacBook Air 2020
è questo: nuova (vecchia) tastiera e processori Intel di
decima generazione, niente di più. Ad un prezzo che
nella versione da noi provata, quella con processore
Processore Core i3 dual-core a 1,1 GHz, 8 GB di RAM e
256 GB di storage parte da 1.229 euro.
A chi è indirizzato il MacBook AirCome sempre crediamo che un prodotto debba essere
provato pensando al target a cui è destinato. L’Air è il
notebook per chi vuole un portatile leggero, veloce e
con tanta autonomia, ed è pensato soprattutto per quel-
le persone che vogliono un portatile pronto all’uso e
capace di fare bene un po’ tutto. L’Air dev’essere visto
nell’universo Apple come una sorta di pacchetto “all-in-
clusive”: c’è Mail per la posta, c’è Safari come browser,
c’è la suite iWorks per scrivere o per i fogli di calcolo, c’è
Keynote per le presentazioni e ci sono anche strumen-
ti di produttività come GarageBand, iMovie e Foto, che
gestisce album e permette anche di sviluppare foto in
formato raw. Tutto gratis, tutto incluso.
Out of the box un MacBook Air, senza spendere un solo
euro di più, permette di fare tutte le cose che la maggior
TEST Apple rinnova il MacBook Air 2020 portando sul suo notebook più famoso la rinnovata tastiera che cancella la butterfly
MacBook Air 2020, recensione. Doppia facciaInsieme alla tastiera, ci sono anche nuovi processori Intel di decima generazione, nella solita scocca che non cambia da anni
segue a pagina 33
Apple MacBook AirPERFETTO PER CHI VUOLE SPOSARE LA FILOSOFIA APPLE. PER CHI NON SI ADATTA C’È DI MEGLIO A MENO
1229,00 €
Il MacBook Air è un ottimo notebook se si utilizza nell’ambito per cui è pensato e con applicazioni che richiedono risorse al processore per un lungo periodo di tempo. Il 90% delle persone che ha bisogno di un notebook, in ambito scolastico, o famigliare, si troverà alla perfezione con questo MacBook. Se arriva da Windows dovrà abituarsi a nuove app, dovrà ad esempio rinunciare a Chrome che è una sanguisuga in termini energetici, ma dopo un primo periodo di adattamento avrà tra le mani quello che Apple promette: un notebook leggero, affidabile, duraturo nel tempo e con ottime prestazioni. Se si iniziano ad usare sul Mac le applicazioni a cui si era abituati in ambito Windows, quindi Chrome, Photoshop, la suite di Office, inevi-tabilmente ci si trova davanti a due problemi: calo di autonomia e calo di prestazioni. Comprare il Macbook Air per usarlo in questo modo tuttavia ha poco senso, esistono decine di laptop Windows migliori come prestazioni a 360° e si risparmia anche qualcosa. Il MacBook Air 2020 nonostante il processore solo dual core può dare ottime soddisfazioni anche in altri ambiti: non soffre macchine virtuali, si com-porta bene nelle mani di uno sviluppatore e può essere usato anche per la produzione di foto e video senza però esagerare. Non è fatto per quello. La versione Core i3 da noi provata offre un ottimo bilanciamento in termini di consumo e prestazioni, con un riscaldamento comunque contenuto. Scalda, ma mai in modo eccessivo e senza mai portare la ventola ad un livello insopportabile. Tutte le critiche sulla dissipazione sono esagerate: è pensato così, non è un difetto. Il MacBook Air è disegnato per privilegiare l’autonomia alla potenza. Nel quadro complessivo forse più criticabile l’assenza di una webcam di qualità: la camera a 720p non è la peggiore di quelle viste in giro ma una fotocamera frontale full HD sarebbe stata decisamente meglio. Ci si potrebbe chiedere se sia meglio prendere un MacBook Air o un iPad Pro da 12.9”, e onestamente, con il supporto al trackpad e ai mouse, l’iPad Pro diventa uno scomodo competitor. Il target di riferimento per questo MacBook Air è lo stesso di un ipotetico 2 in 1 o di un laptop con processore ARM. Le stesse applicazioni consumer presenti sull’Air sono già disponibili su iPad, e, lo abbiamo visto nella prova, è più veloce a fare rendering 4K con iMovie un iPad Pro dell’Air con Core i3. Non escludiamo che questo possa essere l’ultimo dei MacBook Air con processore Intel, e non sarebbe stato conveniente rivedere interamente il design di un prodotto, sia estetico che termico, che non ha un futuro. Tuttavia iPad Pro con tastiera oggi costa molto di più, e forse non tutti sono pronti per questo passaggio. Ma nei prossimi anni il passaggio sarà inevitabile, soprattutto per quella fascia di utenza che non ha particolari richieste in termini di applicativi o di prestazioni.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 9 8 9 8 88.6COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEOttima costruzioneE’ completo con tutto quello che serve per iniziare ad usarloOttime prestazioni e grande autonomia
Soffre con applicativi non “Apple”Webcam di qualità mediaLa scocca, soprattutto nella parte inferiore, può diventare molto calda
lab
video
MacBook AirLa videoprova
lab
video
parte delle persone che cerca un portatile ha bisogno
sia in termine di fruizione sia in termine di produzione di
contenuti. Lo diciamo perché come vedremo l’Air è un
portatile a due volti: veloce e fantastico se si resta nel
suo mondo e nelle sue app ottimizzate, un po’ capriccio-
so se si cerca altro. Scegliendo Chrome come browser
al posto di Safari o Lightroom per le foto al posto di Ap-
ple Foto il delicato equilibrio del computer viene altera-
to, e il MacBook Air inizia a scaldare, sale di temperatura
e perde qualcosa in termini di prestazioni.
Si potrebbero quindi scrivere due prove di questo pro-
dotto, e avrebbero due risultati totalmente diversi, ma in
torna al sommario 33
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
TEST
MacBook Air 2020segue Da pagina 32
un caso staremmo provando un prodotto in un ambito
differente da quello per cui è stato pensato.
Per chi desidera di più c’è ovviamente il MacBook Pro:
impensabile usare Final Cut su un Air, il Pro è fatto appo-
sta. Ingegneri che devono fare calcoli complessi, svilup-
patori, musicisti, creatori di contenuti video e fotografi
dovrebbero guardare al Pro. Anche se, come vedremo,
l’Air non se la cava affatto male in molte situazioni un po’
spinte. Non si può ignorare poi tutto il mondo Windows,
dove i produttori negli ultimi anni hanno sfornato ottimi
portatili che per peso e dimensioni non hanno nulla da
invidiare al MacBook Air e che possono vantare una piat-
taforma hardware, a parità di prezzo, più potente. Tutto
vero, ma come abbiamo scritto poco sopra il MacBook
Air è un pacchetto all-inclusive hardware e software
e spesso questa cosa non si considera nel confronto:
per rendere un PC Windows simile ad un MacBook si
deve preventivare almeno la spesa di 152 euro per la
suite Adobe Elements, che include Premiere Elements
e Photoshop Elements, le versioni semplificate, e Mi-
crosoft 365 Personal che costa 69 euro all’anno. Se si
tiene quattro anni un PC Windows da 600 euro costa in
software e servizi (legali) almeno 1000 euro, sempre che
non si decida di usare software totalmente opensource.
Il perfetto formato di schermo: sedici decimiIl MacBook Air da 13” ha uno schermo da 2560×1600
pixel di risoluzione, che come ogni schermo HiDPI non
viene mai gestito a questa risoluzione reale: si posso-
no scegliere diverse risoluzioni di visualizzazione, da
1680×1050 fino a 1024 x 640. La prima è forse quella
più indicata, perché rappresenta un ottimo bilanciamen-
to tra dimensione dei caratteri e dei testi e quantità di
elementi posizionatili a schermo. Il formato 16:10 è per-
fetto per lavorare, più spazio in altezza per pagine web
e documenti. La luminosità è buona, anche se c’è il forte
sospetto che Apple abbia deciso di limitarla per non im-
pattare troppo sui consumi: si va dai 380 nits ai 410 nits
a seconda delle zone dello schermo, ovviamente in con-
dizioni di massima luminosità. Una scelta non sbagliata:
quando non si usa all’aperto lo schermo si tiene ad una
luminosità decisamente più bassa, dai 260 ai 300 nits,
quando si usa all’aperto, se c’è una bella giornata, usare
uno laptop on uno schermo glossy come questo non è
affatto semplice, è fastidioso. Fossero stati 500 o 600
nits non sarebbe cambiato nulla, lavorare in piena luce
con un laptop resta comunque provante.
Il connubio touchpad e tastiera è ottimo: il touchpad è
ampio, comodo, la tastiera è la stessa tastiera che abbia-
mo già provato con soddisfazione sul MacBook Pro da
16”. Tasti ad ampia escursione, feedback morbido e un
rumore piacevole. Una buonissima tastiera dove ritrovia-
mo, con piacere, anche i tasti funzioni fisici al posto della
touchbar. La dimensione della tastiera è esattamente la
stessa, l’abbiamo misurata al millimetro, dei MacBook
Pro da 16”: nonostante il formato più ridotto il MacBook
Air ha una tastiera comunque ampia che ci ha permesso
di stare attorno alle 100 parole al minuto di digitazione
senza particolari errori. Buona la qualità audio dei due
speaker integrati, un po’ meno quella del microfono ma
forse ci siamo abituati troppo bene con il MacBook da
16”. Appena superiore alla media la webcam: compensa
decentemente il controluce, è migliore di quella integra-
ta in molti altri laptop ma non è sicuramente la webcam
che un notebook da 1.229 euro si meriterebbe. Lo spa-
zio non c’è, lo schermo è sottilissimo, ma almeno una
Full HD si poteva mettere.
Fatto per le accelerazioni, non per andare sempre fortePer capire come Apple ha disegnato il MacBook Air bi-
sogna anche capire qual era l’obiettivo: mettere l’auto-
nomia davanti a tutto. Anche alle prestazioni. I notebook
sembrano sistemi complessi, ma non lo sono: hanno un
processore che più va forte e più consuma. Se si vuole
evitare che consumi troppo l’unica soluzione è conce-
dergli quale accelerazione ma solo in casi particolari.
E questo è quello che Apple ha deciso di fare con il
MacBook Air: turbo management by design. Cosa vuol
dire? Semplicemente che il MacBook Air non è pensato
per far girare applicativi a carico intensivo per un perio-
do di tempo prolungato, e se capita il sistema piuttosto
che iniziare a consumare troppo spegne il turbo, non
c’è abbastanza margine termico. Il MacBook Air ha un
sistema di dissipazione molto particolare: c’è un dissi-
patore senza ventole sul processore non collegato alla
piccola ventola, che serve solo a far circolare un po’ di
aria all’interno della scocca. Il dissipatore non è grande
a sufficienza per smaltire tutto il calore generato dal pro-
cessore se lo sforzo si prolunga, quindi al processore
non resta altro da fare che togliere far lavorare il proces-
sore Intel alla sua frequenza di clock standard senza il
“Turbo Boost”.
Perché dev’essere chiaro: il MacBook Air scalda, ma non
soffre di thermal throttling, ovvero non taglia mai il clock
del processore quando lavora sotto sforzo. Il processore
Core i3 è da 1.1 Ghz e sotto 1.1 Ghz non scende, quindi
non fa throttling. Semplicemente il “Turbo Boost” di Intel,
che permette di spingere il processore fino 3.2 Ghz, vie-
ne mantenuto per poco tempo.
La prima cosa che viene in mente è “che fessi gli inge-
gneri Apple, bastava mettere un heatpipe tra il proces-
sore e la ventola” ed effettivamente bastava pochissimo
per rendere il sistema di dissipazione più efficiente, ma
è proprio il processore Intel della serie Y che è pensa-
to per lavorare senza una ventola e con un dissipatore
passivo. Non c’è dubbio che se Apple avesse usato un
sistema di dissipazione tradizionale il MacBook Air sa-
rebbe stato in grado di tenere la modalità “Turbo” a 3.2
Ghz per più tempo, diventando quindi più veloce, ma si
può anche pensare a cosa sarebbe successo se aves-
sero fatto così. Ci saremmo trovati con un MacBook Air
che, durante un rendering video o durante una opera-
zione che richiede uno sforzo notevole del processore
avrebbe spinto molto di più, perché ben dissipato, ma
avrebbe anche consumato di più. Non è il MacBook Pro,
è un MacBook Air.
Giusto per traslare il discorso tecnico sul reale ci basia-
segue a pagina 34
torna al sommario 34
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
mo sulla nostra esperienza con i notebook, sia Windows
che Mac. Ci capita di uscire per una conferenza stampa
con la batteria carica al 100%, e poi di iniziare a scrivere,
scaricare foto, fare editing video sul campo. Viene fatto
tutto molto velocemente, ma alla fine, dopo due ore, ci
troviamo il notebook praticamente scarico. Perché che
si tratti di un MacBook Pro o di un Lenovo X1 Extreme
poco importa: se il processore lavora consuma, e l’auto-
nomia scende di parecchio. Che la batteria scenda così
velocemente è tollerabile su un notebook pensato per
produrre contenuti, ma non sul MacBook Air. Apple ha
scelto così: piuttosto che consumare troppo, meglio an-
dare più piano in determinate condizioni, che comunque
esulano dall’uso abituale.
Il MacBook Air è pensato per privilegiare l’autonomia: se
si usano applicazioni Apple il sistema non scalda quasi
mai, e anche il Core i3, con soli due core, si compor-
ta davvero bene. Se si “esce dal recinto” la ventola si
sente, e il laptop inizia a scaldare soprattutto nella parte
alta. Apple ha sempre usato i processori dei computer a
temperature allegre ma non è un problema, sono pen-
sati per lavorare a quelle temperature: resta a 70° per
qualche secondo, avviamo la compilazione di un proget-
to su Xcode e passa a 90 - 95°, poi torna a 60 - 65°. Si
sentono, perché la scocca in alluminio riciclato conduce
calore, ma non è affatto un problema per il processore,
è pensato per lavorare a certe temperature, piuttosto
potrebbe dare fastidio tenere il laptop sulle gambe con
la parte inferiore della scocca molto calda.
Se qualcuno ha preso il MacBook Air per fare rendering
con Premiere o Final Cut Pro forse ha sbagliato com-
puter, chi invece ha preso il MacBook Air per avere un
computer adatto ad una famiglia si troverà un notebook
che può dare grandi soddisfazioni, veloce, leggero e
con un’ottima autonomia. Tutto il notebook è stato co-
struito attorno a questo, l’autonomia.
Autonomia e prestazioni, i casi realiCome si comporta il MacBook Air in casi reali? Non
trattandosi di un notebook pensato per gestire carichi
prolungati non abbiamo fatto girare i classici “bench-
mark” che tirano il collo al processore
senza dare risultati reali. Abbiamo usato
il MacBook Air per lavorare, come ab-
biamo sempre fatto, e lo abbiamo usato
anche in ambiti dove è richiesta comun-
que potenza. Partiamo con la base: uti-
lizzo domestico. Se si usa il MacBook Air
con Safari, Mail, la suite iWorks e anche
Microsoft Office ci si trova davanti ad un
notebook velocissimo. Nonostante sia
un dual core e nonostante sia un i3 le
prestazioni non ne risentono, e probabil-
mente Apple offre la soluzione quadcore
Core i5 a soli 50 euro in più perché è
un upgrade, ma è un upgrade che non
fa troppo la differenza. Se dovessimo
scegliere su cosa investire, probabilmente lo faremmo
sulla RAM, portando gli 8 GB di sistema a 16 GB, utili nel
caso in cui si voglia lavorare con macchine virtuali o si
debbano elaborare un numero elevato di file RAW, che
vengono aperti in memoria. Come detto prima, la scelta
di usare applicativi Apple rispetto ad applicativi di terzi
fa la differenza: un video su Youtube guardato tramite
Chrome impatta di più sul processore e sull’autonomia
dello stesso video guardato tramite Safari.
Abbiamo usato il MacBook Air anche per fare un po’ di
fotoritocco, elaborando centinaia di file RAW presenti
su una chiavetta USB esterna. Anche in questo caso il
MacBook Air se l’è cavata decisamente bene: il rapporto
è di circa 4 a 1 con il MacBook Pro da 16” con processore
Core i9, ovvero nel caso di carichi di lavoro che richieda-
no un uso costante di processore e GPU il MacBook Po
da 16” ci mette mediamente un quarto del tempo.
Il rendering di un filmato che porta via 6 minuti sul
MacBook Pro da 16” richiede attorno ai 20 minuti sul
MacBook Air, mentre sulle fotografie, dove l’elaborazio-
ne non è continua, questo tempo si riduce. 30 fotogra-
fie in RAW, esportate in batch, richiedono meno di un
minuto con il processore che dopo l’accelerata iniziale
resta costante sugli 80°. Abbiamo portato sul MacBook
Air anche alcuni progetti a cui stiamo lavorando, usando
sia Atom Beta (non il più leggero degli IDE) e installando
tramite Homebrew Elasticsearch, PostgreSQL e Kibana
come dashboard di visualizzazione dati. Un uso for-
se più da MacBook Pro ma non abbiamo avuto grossi
problemi a re-indicizzare con ElasticSearch i prodotti di
un database che stiamo rivendendo per DDay.it. Così
come tutti i contenuti di DDay: meno di 30 secondi per
indicizzare mezzo milione di records. Il disco è velocis-
simo, la RAM anche, e proprio per questo motivo anche
la compilazione di un progetto su Xcode non fa soffrire
particolarmente il MacBook Air: abbiamo compilato una
dashboard smart opensource per vedere la diffusione
del Covid19 (https://github.com/MhdHejazi/CoronaTrac-
ker) e il processore arriva a 100° quando lanciamo il
simulatore di XCode, per poi scendere a 70-75°. E ab-
biamo aperto in background una sessione di Postgres,
Sidekiq per le code, un server di Redis e ElasticSearch,
oltre al browser con qualche tab.
Non contenti abbiamo fatto girare anche una macchina
virtuale con VirtualBox caricando Ubuntu e lo abbiamo
usato per fare un po’ di analisi dati: nessun problema,
nonostante il dual core. Il MacBook Air si comporta
bene, riesce a gestire una macchina virtuale in modo
fluido con diversi applicativi aperti. Il pattern è sempre
quello: spinta iniziale, processore all’80°, lavoro intenso,
100%, ventola che parte con il suo classico sibilo per poi
tornare silenziosa, con il processore che si stabilizza a
75°. Ci sono cose che con un MacBook Air non vanno
fatte, e sarebbe assurdo pensare di fargliele fare se pen-
siamo a che portatile è: rendering 4K, encoding video,
visione di contenuti multimediali con Chrome, Chrome
ammazza la batteria di ogni portatile e il gioco.
Sull’editing un’eccezione: se si fa editing 4K di conte-
nuti ripresi da un iPhone, quindi in HEVC, il MacBook
Air grazie all’encoder e al decoder hardware del chip
T2 fa molta meno fatica rispetto a quella che fa invece
con contenuti 4K registrati ad alto bitrate con mirrorless
e videocamere. Non è un notebook per giocare sem-
pre che i giochi non siano quelli di Apple Arcade, che
essendo giochi pensati per tablet e smartphone girano
bene. Altri giochi più “cattivi”, anche con le im-
postazioni grafiche a medio livello, perdono
qualche fotogramma di troppo.
Abbiamo parlato di autonomia, ma quanto ci si
può fare davvero?
Dalle 6 alle 10 ore con una luminosità dello
schermo media. Potrebbe non essere consi-
derata una autonomia eccezionale, ci sono
notebook che promettono molto di più, ma
sul MacBook Air come dicevamo è abbastan-
za costante e il range è realistico: meno di un
tot non si scende, come se ci fosse una sorta
di garanzia sull’autonomia. In altri casi invece
ci troviamo davanti a portatili che se usati per
la navigazione web riescono a passare le 10
ore ma per i quali basta mezz’ora di Premiere
aperto per perdere il 40% dell’autonomia.
TEST
MacBook Air 2020segue Da pagina 33
torna al sommario 35
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
di Sergio DONATO
Oppo si affida ancora una volta alla serie Find X
per concentrare in unico smartphone le innova-
zioni tecnologiche degli ultimi mesi. Il Find X2 Pro
viene presentato da Oppo con il distico “Superlativo.
Assoluto.” e in effetti Oppo si è impegnata nel dare al
suo smartphone top di gamma tutto quello che poteva
dare. Il processore più potente, lo schermo a 120 Hz cer-
tificato HDR10+, tre fotocamere di cui una con obiettivo
periscopico, una ricarica rapidissima. I punti deboli sono
davvero pochi, anche se durante la nostra recensione
abbiamo scovato un impensabile tallone d’Achille.
Il Find X2 Pro si presenta all’utente con l’impeccabile
cura costruttiva che ormai è diventata un marchio di fab-
brica Oppo. Lo smartphone si percepisce come solido,
e non solo per i suoi 207 grammi di peso (nella versione
ceramica da noi provata), ma perché è immediatamente
visibile l’ottimo assemblaggio del telefono. Tutto scher-
mo. Completamente nero da spento, con la fotocamera
anteriore affogata nel vetro e reclusa in un hole-punch
nell’angolo in alto a sinistra. Da acceso, il piccolo neo
spicca, è inevitabile. Ma Oppo ha avuto la saggia idea
di affiancarlo all’indicazione dell’orario, che gli fa com-
pagnia e ne attenua la presenza. I bordi laterali sono
curvi, così come sul retro, offrendo nell’insieme un’ot-
tima presa, ulteriormente migliorata dalla soluzione in
ceramica scelta per la parte posteriore del Find X2 Pro.
Una realizzazione finissima di micro onde in rilievo qua-
si invisibili alla vista, e appena percepibili da un’unghia
che scorre su di esse. I polpastrelli, invece, ringraziano,
perché questa microscopica rugosità rende difficile
lo scivolamento. Naturalmente, il retro è il territorio di
conquista delle tre fotocamere disposte a semaforo,
quindi verticalmente sul lato sinistro, e con il sensore di
profondità nel loro centro. Lo spessore che le estrude
dal retro in ceramica è notevole, e se si appoggia lo
smartphone su una superficie dura e si prova a usare
lo schermo touch, l’esperienza è parzialmente rovinata
dall’oscillazione che si crea.
Il Find X2 Pro non ha un ingresso jack audio. Sul bordo
inferiore c’è la porta USB-C (UFS 3.0), l’altoparlante e il
cassettino mono-SIM. Sul bordo superiore un altro pic-
colissimo altoparlante che di fatto rende il suono ste-
reo, specie se lo smartphone viene usato in orizzontale
per i contenuti video.
TEST Processore potentissimo, 5G, schermo a 120 Hz, fotocamera tele periscopica e sensore d’immagine Sony “on-chip lens”
Find X2 Pro. Oppo chiede 1.199 euro, scopriamo se li valeOppo attinge a tutte le nuove risorse tecnologiche a disposizione per dare al Find X2 Pro la medaglia di “top di gamma”
Lo schermo a 120 Hz ma solo quando serve
Snapdragon 865 con modem 5G, 12 GB di RAM LPD-
DR5, 512 GB di archiviazione e Android 10 con ColorOS
7. Ecco cosa si nasconde dietro lo schermo del Find X2
Pro. Ma è lo schermo a dovere interagire con l’utente,
e Oppo ha dedicato a esso una grande attenzione.
OLED da 6,7” QHD+, fattore di forma 19.8:9, con pro-
fondità colore di 10 bit (in realtà, 8+2) e gamma colori
che copre il 100% dello spazio DCI-P3. Densità pixel di
513 PPI, picco di luminosità locale di 1.200 nits (tipica,
800 nits), frequenza di aggiornamento fino a 120 Hz
e quella di campionamento del tocco fino a 240 Hz,
sensore biometrico delle impronte sotto il display e
riconoscimento del viso: non al buio, ma con pochis-
sima luce, sì.
Tantissima carne al fuoco che non rimane una lista di
specifiche su una scheda tecnica ma che il Find X2
Pro permette di assaggiare. La caratteristica che si
nota per prima è la velocità di aggiornamento. I 120 Hz
si riconoscono, e restano stabili anche in condizioni di
scarsa luminosità. Cambiano la vita? No, ma migliorano
l’esperienza d’uso, ed è una di quelle caratteristiche che
col tempo vedremo anche sui medio-gamma. Il Find X2
Pro è anche in grado di regolare la temperatura del co-
lore in base alla luminosità ambientale, in modo che con
poca luminosità lo schermo avvicini le tinte gialle, per
poi perderle a mano a mano che ci si sposta in pieno
sole. Il cambiamento è fluido e non dà fastidio. Quando
il sole è a picco, lo schermo non è dei più luminosi che
abbiamo visto, ma resta intellegibile e non si fanno sforzi
particolari nel guardarlo. Un po’ meno quando si scatta-
no le foto: in quel caso si sente la necessità di avere più
luce dallo schermo. Il display del Find X2 Pro è certifi-
cato HDR10+. Inoltre, ha a disposizione la funzione 01
Vision Engine da usare sui filmati con gamma dinamica
standard per separare meglio le alte luci dalle basse e
segue a pagina 36
Oppo Find X2 ProSUPERLATIVO MA SENZA RISCHI 1199,00 €La Fujifilm XT-200 è destinata a chi vuole cominciare a fare sul serio con le mirrorless, e per Fujifilm è da qui che si deve passare. La Find X2 Pro ha quasi tutto quello che serve, e dal punto di vista dell’uso dello smartphone in tutte le sue funzioni, al momento è difficile chie-dere di più. Lo schermo con frequenza d’aggiornamento a 120 Hz si è rivelato un maggiordomo discreto che aiuta nell’utilizzo quotidiano. Le fotocamere posteriori si accaparrano in un solo colpo il nuovissimo sensore Sony con tecnologia 2x2 OCL e l’obiettivo tele periscopico. Gli scatti macro sono davvero esaltanti, regalano tante soddisfazioni e fanno venir voglia di fotografare. Certo, c’è quel problema delle ditate sulle lenti che il Find X2 Pro sembra soffrire più di altri top di gamma. Per lo scatto atteso ci si può ritrovare involontariamente a pulire le lenti per sicurezza, prima di mettersi all’opera. Ci saremmo anche aspettati una resa migliore dei colori nelle foto notturne con la camera principale. Il Find X2 Pro resta comunque un telefono solido e concreto che può indubbiamente prendersi la medaglia di top di gamma. In ballo ci sono però i 1.199 del prezzo di listino, che sono tanti. Le tecnologie ci sono e si pagano. Find X2 Pro però non prova a inventare nulla di completamente nuovo. È costruito benissimo ed è un aggregatore di recenti soluzioni tecnologiche allo stato dell’arte, sulle quali è molto chiaro anche nel claim di vendita: “Superlativo. Assoluto.” Dunque, il Find X2 Pro non mente. Sta al singolo utente stabilire se i 1.199 euro sono il prezzo giusto per uno smartphone ricco di tecnologia, ma che alla fine non stravolge il modo in cui si usa uno smartphone. L’hardware super pompato, come in questo caso, tante volte non basta.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 9 8 8 8 78.3COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità complessiva dello schermoVelocità in termini assoluti dello smartphoneCura costruttiva
Fotocamere sensibili alle ditatePrezzo altoTante cose nuove che però non cambiano troppo l’esperienza d’uso
lab
video
torna al sommario 36
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
aumentare il contrasto dei video. Lo abbiamo provato
su alcuni contenuti Netflix e Amazon Prime Video, ma
la separazione più netta tra luci e ombre non sempre ha
giovato, o comunque non ha dato niente di più. In ogni
caso, si tratta di un intervento minimo che può aiutare
alcuni contenuti a far ritrovare un po’ di tridimensionalità
alla scena. Dunque, lo 01 Vision Engine può essere usa-
to solo su contenuti video SDR, cioè con gamma dinami-
ca standard. Provando ad attivarlo con filmati in HDR10+
non si notano cambiamenti perché il pannello segue
già i valori della gamma dinamica suggeriti da HDR10+.
Il pannello non supporta Dolby Vision e non mostra i
valori dinamici di gamma per i video che adottano que-
sta tecnologia. Tuttavia, ai video in Dolby Vision non è
possibile applicare lo 01 Vision Engine, perché di fatto
non sono contenuti in SDR. La visione in HDR10+ dà co-
munque soddisfazione, anche se la differenza tra zone
illuminate e zone buie fa sentire la mancanza dei mezzi
toni. Abbiamo guardato la serie TV “Hanna” codificata in
HDR10+ su Amazon Prime Video e un po’ di luminosità
nelle penombre non avrebbe disturbato. La differenza
nella gestione della gamma dinamica si avverte bene
però solo se la luminosità del pannello viene portata al
massimo anche in condizioni di buio completo.
Dolby Atmos, l’equalizzazione necessariaIl suono dagli altoparlanti è sempre potente e ben equi-
librato tra bassi, medi e alti, anche se quest’ultimi pren-
dono più spazio al crescere del volume, ma è uno sce-
nario prevedibile. Find X2 Pro supporta Dolby Atmos,
che ovviamente può essere applicato solo con l’uso in
cuffia e solo per clip selezionate o per contenuti video
spesso poco pubblicizzati in tal senso. Ma Dolby Atmos
gestisce anche l’equalizzazione audio di tutto il telefono
quando le cuffie USB-C fornite in dotazione sono colle-
gate. Naturalmente si può disattivare, ma la sua presen-
za riesce a dare equilibrio alle cuffie in-ear di Oppo, che
altrimenti sbilanciano l’ascolto verso lo spettro basso
delle frequenze audio. Con l’equalizzazione di Dolby At-
mos si riesce a dare più organicità a tutte le frequenze.
Anche con i valori preimpostati, i medi si allargano tra gli
alti e i bassi dando una struttura più uniforme a qualsiasi
contenuto. Abbiamo testato brani FLAC, MP3 e video
YouTube: con le cuffie in dotazione, il miglioramento c’è
sempre stato.
Tre fotocamere bellissime che “temono le dita”Il Find X2 Pro può essere considerato a tutti gli effet-
ti un camera-phone. Il terzetto posteriore ha nella sua
parte più bassa la camera principale con sensore Sony
IMX689 da 48 MP Quad Bayer, e uno dei primi con tec-
nologia 2x2 On-Chip Lens. Ampio 1/1.4”, accompagnato
da un’ottica stabilizzata con apertura f/1.7 e, grazie pro-
prio alla soluzione 2x2 OCL, in grado di sfruttare l’au-
tofocus dual pixel su tutti gli assi. In effetti, l’autofocus
ha la velocità di un battito di ciglia. Soffre solo un po’ in
condizioni di scarsa luminosità e solo quando deve met-
tere a fuoco il soggetto più lontano. Ma per “scarsa
luminosità” intendiamo davvero zone buie. Locali
interni di una casa, senza finestre, e raggiunti quindi
solo dalla luce di rimbalzo sui muri.
Questo sensore lo abbiamo già visto all’opera su
OnePlus 8 Pro, e anche sull’Oppo ne confermiamo
tutta la bontà. 48 MP che in modalità binned diven-
tano 12 MP e che sono considerati la risoluzione
“predefinita”.
Usando tutta la risoluzione disponibile si perde qual-
siasi tipo di ingrandimento, dato che il Sony IMX689
si occupa anche del 2x che quindi è uno zoom ibri-
do ottenuto dalla stessa ottica. I risultati sono stati co-
munque sempre molto buoni. Il sensore è in grado di
scattare anche RAW a 12 bit molto nitidi. La “modalità
48 MP” consente di scattare anche foto ultragrandan-
golari perché il Find X2 Pro si serve della fotocamera
TEST
Find X2 Prosegue Da pagina 35
5x ottico
dedicata, ovvero quella centrale, dotata di un altro sen-
sore da 48 MP quad-bayer con risoluzione “predefinita”
di 12 MP. Questa volta si tratta di un Sony IMX586 che
5x digitale dalla camera principale
Modalità Macro
5x ottico
Vetro con ditate
Vetro pulito
segue a pagina 37
torna al sommario 37
MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020
si occupa anche degli scatti macro e che è posizionato
dietro un’ottica con angolo di campo di 120° e apertura
f/2.2. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una
combinazione vincente, e che dà il meglio di sé proprio
nelle foto macro. Avvicinandosi con la fotocamera 1x a
un soggetto per fare uno scatto macro, lo smartphone
commuta automaticamente sulla camera centrale gran-
dangolare e avvisa l’utente con un messaggio indicante
“Modalità Macro”. In questa modalità, la camera gran-
dangolare accetta anche uno zoom 2x, cioè ingrandi-
sce di due volte il soggetto ripreso tramite un’interpola-
zione. Lo zoom digitale diventa più evidente in questo
caso, ma il risultato resta comunque molto buono.
E poi c’è il teleobiettivo periscopico con sensore da 13
MP, apertura f/3.0, stabilizzazione ottica, che si occupa
del tele 5x in modalità ottica e del 10x in modalità ibrida,
fino a un 60x digitale che si spinge a una focale equiva-
lente di 170 mm. Un breve ripasso sulle soluzioni peri-
scopiche per le ottiche degli smartphone che, per non
occupare lo spessore di due o tre centimetri necessari
ad avere dei teleobiettivi di partenza da almeno 125 mm,
coricano in orizzontale gli elementi dell’obiettivo.
Il problema di queste soluzioni è che non sono sempre
attive, ma per permettere allo smartphone di non perde-
re lo scatto, possono chiedere aiuto anche alla camera
principale attraverso un zoom digitale che tenta di egua-
gliare quello ottico da 5x dell’ottica periscopica.
I risultati sono ovviamente diversi quando lo zoom è
applicato dall’interpolazione di un’ottica e di un sensore
non dedicati. E anche un’operazione fine a se stessa,
perché sarebbe preferibile un 2x con la camera princi-
pale per ottenere la stessa inquadratura (sempre che ci
si possa avvicinare abbastanza).
Quando però è l’accoppiata sensore-lente periscopica
a prendersi cura degli scatti tele il risultato è sempre
soddisfacente e, anche in quei rari casi in cui si usa al
chiuso per soggetti distanti più di un metro, l’apertura
f/3.0 viene compensata adeguatamente dall’aumento
dell’ISO senza la produzione di rumore digitale nocivo.
Anche in presenza di tanta luce, si può notare un lieve
rumore specie attorno ai bordi del soggetto, ma che ri-
sulta visibile solo nel caso in cui l’immagine venga osser-
vata con un zoom molto spinto. Nulla che possa nuocere
nell’utilizzo quotidiano. Nell’immagine seguente un crop
ottenuto dallo zoom al 100% su una foto scattata con il
5x ottico. Nell’uso delle fotocamere posteriori, abbiamo
notato complessivamente una predisposizione a soffrire
le ditate sulle lenti. Crediamo dipenda dal trattamento
del vetro posteriore. Nell’ultimo periodo non ricordiamo
un telefono così incline a questo problema.
Avendo un comparto fotografico voluminoso e svilup-
pato in verticale, il tocco involontario delle lenti è ine-
vitabile. E bisogna anche considerare che la camera
principale è quella più in basso del terzetto, e l’indice
ci finisce contro con facilità. Può capitare quindi che
alcune foto risultino appannate. All’inizio pensavamo si
trattasse dell’ingresso di luce spuria nelle lenti, poi ab-
biamo capito che si trattava di una eccessiva reattività
del vetro alle impronte. Di notte, il Find X2 Pro si affida
a una modalità di scatto dedicata e che ha già trovato
applicazione negli smartphone Oppo. In caso di scatto
a mano libera, lo smartphone chiede di mantenere fer-
mo il telefono mentre aumenta (soprattutto) il tempo di
esposizione. I risultati sono buoni a patto di non scattare
soggetti in movimento.
Se invece si ha la possibilità di tenere ben fermo lo
smartphone su un supporto fisso, c’è l’opzione aggiun-
tiva “Cavalletto”, che rallenta ulteriormente i tempi di
scatto e applica una maschera di contrasto più definita
e che rispetta meglio luci e colori reali. Il sensore de-
putato alle foto notturne è senza dubbio quello della
camera principale. Sebbene
anche il Sony IMX586 usato
per il grandangolare sia un 48
MP capace di pixel binning, la
luce che riesce a recuperare è
diversa, o comunque predilige
la corrispondenza del colore a
quella della luminosità.
L’IMX689 con tecnologia 2x2
OCL della camera principale è
più incisivo e cattura più luce,
Modalità Notte camera principaleModalità Notte camera grandangolare
ma diluisce i colori. L’IMX586 preferisce restare vicino a
una riproduzione corretta del colore, ma rinuncia a una
buona parte del dettaglio. La selfie-cam è invece sup-
portata da un sensore da 32 MP con ottica stabilizzata
e apertura f/2.4. Nonostante la stabilizzazione, in alcuni
casi la camera è incline a un leggerissimo micro-mosso,
anche in questo caso visibile solo se la foto viene in-
grandita molto. I risultati tuttavia sono spesso gradevoli.
Il Find X2 Pro può acquisire filmati fino a 4K a 60p senza
crop tra le varie risoluzioni video e con l’aiuto della sta-
bilizzazione interna della lente principale e periscopica.
C’è inoltre la possibilità di acquisire filmati, anche in 4K,
in modalità HDR Live attraverso la sola camera princi-
pale. L’HDR registrato in questo modo non viene rico-
nosciuto da un pannello compatibile con gli standard
attuali. Lo smartphone applica un sorta di filtro sulle im-
magini grazie alle specifiche capacità del sensore Sony
IMX689, che aumenta il contrasto e rende la scena mol-
to simile a quella ripresa nella realtà, specialmente nella
resa delle alte luci.
Ci è sembrato strano tuttavia che in questa modalità, il
sensore recuperi un po’ di pixel allargando lievemente
la scena ripresa. Ci saremmo aspettati il contrario.
Nell’uso quotidiano, il Find X2 Pro si è dimostrato sem-
pre affidabile e fluido in tutti gli utilizzi. La batteria da
4.260 mAh porta con molta tranquillità a fine giorna-
ta e, in ogni caso, la ricarica rapida con SuperVOOC
2.0 da 65W, porta la percentuale della batteria dal 15%
al 100% in soli 30 minuti. La ricezione telefonica e la
qualità di ascolto è sempre stata ottima. Gli interlocutori
non hanno mai lamentato problemi. Come al solito, lo
schermo curvo su sfondi luminosi e bianchi fa quell’ef-
fetto “termometro al mercurio” lungo i bordi laterali. A
qualcuno può piacere, a noi no.
Modalità Notte mano libera Modalità Notte “Cavalletto”
TEST
Find X2 Prosegue Da pagina 36
torna al sommario 38
MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020
di Massimiliano ZOCCHI
I l Presidente francese Emmanuel Ma-
cron aveva promesso grandi provvedi-
menti a favore del settore automobili-
stico francese, e le promesse non sono
state disattese. Macron ha annunciato un
massiccio piano di aiuti al settore, per un
totale di 8 miliardi di euro. Il Presidente
ha sottolineato che per questo piano
saranno assolute protagoniste le auto
elettriche, ben rappresentate dai grup-
pi francesi con Renault Zoe e Peugeot
e-208, che riceveranno nuovi incentivi
statali, che saliranno fino a 7.000 euro.
Ci sarà poi un ulteriore bonus per chi rot-
tamerà un vecchio veicolo inquinante,
3.000 euro che saliranno a 5.000 euro
nel caso di acquisto di un’auto elettrica.
AUTO ELETTRICA Sul piatto 8 miliardi per sostenere l’industria francese dell’automotive
Macron e il piano per salvare l’automotive Auto elettriche protagoniste e nuovi incentiviLe elettriche riceveranno nuovi incentivi statali. Annunciato l’arrivo di 100.000 nuove colonnine
Il mercato francese, durante il blocco
per Covid-19, è crollato del 90%, e i pro-
duttori locali ne hanno sicuramente su-
bito il contraccolpo. Ma lo Stato france-
se è in parte proprietario sia di Renault,
sia del gruppo PSA, ed ha quindi tutta
la convenienza a supportare il mercato
al meglio. Più auto elettriche significa an-
che una migliore rete di ricarica, e anche
su questo punto il Governo sembra voler
puntare forte: Macron ha annunciato l’ar-
rivo di 100.000 nuove colonnine.
Askoll offre il “Bonus Ripartenza”: sconto sugli scooter elettrici, cumulabile con l’incentivo stataleL’italiana Askoll propone sui sui scooter elettrici uno sconto fino a 500 euro, che si aggiunge al contributo statale. Ecco quanto costano Es2 e Es3 di M. ZOCCHI
Askoll è una realtà italiana da sempre impegnata nella mobilità sostenibile, con i suoi scooter e le sue bici a pedalata assistita. In occasione del rilancio dell’econo-mia italiana l’azienda propone la promozione denominata “Bonus Ripartenza”. Il bonus consiste in uno sconto sugli scooter del-la gamma Es, cumulabile con il contributo offerto dagli incentivi statali. Quindi fino al 31 maggio, nei punti vendita aderenti, si po-tranno trovare Askoll Es2 a partire da 2.030 euro, ed Es3 a partire da 2.283 euro. Lo sconto in pratica è di 300 euro per Es2 e di 500 euro per Es3. A questo sconto si potrà anche aggiungere, come detto, l’incentivo statale. Secondo le regole dell’ecobonus per le due ruote, prorogato anche nel 2020, l’incentivo prevede uno sconto pari al 30% del prezzo di acquisto (IVA esclusa). C’è però un paletto rispetto agli incentivi per auto: è necessario possedere un vecchio ciclomotore o motoveicolo da rot-tamare, appartenente alle classi Euro 0, Euro 1 o Euro 2, e deve es-sere intestato da almeno 12 mesi allo stesso soggetto che procede all’acquisto del nuovo.
di Massimiliano ZOCCHI
E ttore Bugatti è diventato famoso in
tutto il mondo grazie alla Bugatti
Type 35, quella che è forse l’auto da
corsa più vincente di sempre. Nel 1926
Ettore Bugatti ebbe l’idea di realizzarne
una versione in scala per il suo figlio più
piccolo, Roland, per fargli un regalo di
compleanno inatteso.
Le cose andarono ben oltre l’immagina-
zione di Ettore, e la Baby, così si chiama-
va, riscosse un enorme successo tanto
da costringerlo a metterla in produzione
come qualsiasi sua vettura. Tra il 1927 e
1936 ne furono realizzate circa 500, e al-
cune di queste oggi sopravvivono ancora
in collezioni sparse per il mondo.
Per celebrare l’anniversario numero 110
dalla nascita della Bugatti, la Baby ritor-
na in una nuova versione, nominata Baby
II, prodotta sotto licenza ufficiale dalla
Junior Classics. Ed esattamente come
l’originale, ne verranno prodotte 500,
tutte numerate con apposita targa. Di-
versamente dalla Baby d’epoca, la nuova
versione non è solo per bambini, ma si
tratta si una riproduzione in scala di circa
tre quarti della dimensione reale, quindi
AUTO ELETTRICA Per i 110 anni di storia, Bugatti ha commissionato la produzione della Baby II
La prima Bugatti elettrica ma non è quella che ti aspettiBaby II è una fedele riproduzione della Type 35. Con la chiave speciale è da pilota vero
che può ospitare anche un adulto. E una
riproduzione moderna non poteva che
essere elettrica, con batterie al litio e mo-
tore con potenza regolabile. Nel “novice
mode” offre solo 1 kW e velocità massima
di 20 km/h, mentre passando al “expert
mode” si ottengono 4 kW e velocità di 45
km/h. Ma non è finita, perché con la “chia-
ve della velocità” si può arrivare a 10 kW e
niente limite di velocità.
Non si tratta però di un prodotto industria-
le e dozzinale. La Baby II è stata realizzata
con accurata scansioni digitali della origi-
nale Type 35, precisamente quella co-
struita nel 1924 per il gran premio france-
se di Lione, ed è costruita a mano. Sempre
come l’originale, la trazione è posteriore,
ma ora gode di differenziale e freno rige-
nerativo. Il battey pack è anche estraibile.
Come detto le disponibilità sono limitate,
e visto il limite del lotto si andrà sulla base
del “first-come, first-served”. È possibile
riservarsi uno slot sulla pagina dedicata,
dove possiamo anche trovare le tre ver-
sioni. La Base, al costo di 30.000 euro,
propone scocca in composito, batteria da
1,4 kWh e motore standard. Per la Vitesse
ci vogliono 43.500 euro, e la batteria sale
a 2,8 kWh e troviamo l’opzione potenza
da 10 kW. Inoltre la scocca è in fibra di
carbonio. Infine c’è la Pur Sang, che ha
le stesse caratteristiche tecniche della
Vitesse, ma ha la carrozzeria realizzata
in alluminio, con metodo tradizionale, per
cui sono necessarie più di 200 ore di la-
voro. Il prezzo sale a 58.500 euro.
torna al sommario 39
MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020
di Gianfranco GIARDINA
S i sa che il diavolo sta nei dettagli.
E c’è un dettaglio relativo al bonus
mobilità che riguarda biciclette a
pedalata assistita, monopattini e altri
mezzi a propulsione elettrica, che deve
destare per lo meno un po’ di attenzio-
ne tra chi è intenzionato a fruirne. Il testo
di legge non chiarisce come si otterrà il
rimborso, che è ingente, valendo il 60%
del prezzo pagato fino a un massimo di
500 euro. Ma, con. Il lodevole obiettivo di
non bloccare le vendite da qui alla piena
attuazione del provvedimento, il decreto
chiarisce che il bonus è retroattivo e vale
per gli acquisti fatti dal 4 maggio in poi.
Ma poi - e qui arriva il dettaglio non tra-
scurabile - è uscita una nota sul sito del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (sito che incredibilmente non è “sicuro”,
URBAN MOBILITY Il bonus mobilità nasce retroattivo e vale per gli acquisti dal 4 maggio in poi
Bonus mobilità per bici e monopattini Per il rimborso è necessaria la fattura Il solo scontrino quindi non basterà, come emerge da una nota del Ministero del Trasporti
ovverosia non è SSL) che dà qualche
dettaglio in più, molto utile per chi si sta
portando avanti e sta già comperando
bici elettriche e monopattini prima che
inizino a scarseggiare sul mercato o che
addirittura assorbano il bonus in mancanti
sconti. Infatti la nota del MIT spiega quali
siano le condizioni per fruire del rimborso
del bonus, anche retroattivamente per gli
acquisti fatti dal 4 maggio in poi.
“Il buono mobilità spetta ai maggio-renni residenti nei capoluoghi di Re-gione, nelle Città metropolitane, nei capoluoghi di Provincia ovvero nei Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti ed avrà efficacia retroattiva: potranno infatti benefi-ciarne quanti, avendone i requisiti, abbiano fatto acquisti a partire dal 4 maggio 2020, giorno di inizio del-la Fase 2. Per ottenere il contributo basterà conservare il documento giustificativo di spesa (fattura) e, non appena sarà on line, accedere tramite credenziali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) sull’ap-plicazione web che è in via di pre-disposizione da parte del Ministero dell’ambiente e accessibile anche dal suo sito istituzionale”.Qui emerge un dettaglio: per ottenere il
rimborso sembra necessaria la fattura e
invece il solo scontrino potrebbe non ba-
stare. La grande differenza è ovviamente
nel fatto che la fattura è intestata e no-
minativa, e quindi si può collegare univo-
camente a chi chiede il rimborso, mentre
lo scontrino è anonimo. Va chiarito che la
fattura - contrariamente a quanto pensa-
no in molti - può essere emessa anche a
favore di persone fisiche anche non in
possesso di partita IVA, indicando il solo
codice fiscale. In linea puramente logica,
potrebbe andare bene anche uno scon-
trino parlante, ovverosia che riporti anche
il codice fiscale dell’acquirente, un po’
come accade in farmacia per poter avere
una pezza giustificativa poter dedurre il
costo sostenuto. Purtroppo però gene-
ralmente i negozi di elettronica e di bici-
clette non hanno la possibilità, nei propri
sistemi operativi di cassa, di inserire il
codice fiscale nello scontrino e, general-
mente sono restii a fare fattura a clienti
privati, questo per evitare la burocrazia di
registrare un cliente in più in anagrafica.
Il consiglio è quindi quello di chiedere (di-
remmo anche pretendere, se necessario)
l’emissione di fattura durante la fase di ac-
quisto di biciclette o monopattini elettrici,
in mancanza della quale pare, in attesa di
indicazioni più precise, che sia impossibi-
le chiedere il rimborso del bonus mobili-
tà. Il suggerimento per chi invece ha già
fatto l’acquisto dal 4 maggio in poi con
scontrino, è di tornare immediatamente
in negozio e chiedere l’emissione di fat-
tura (meglio farlo entro la fine del mese);
se il negozio dicesse che per motivi am-
ministrativi la procedura è impossibile,
meglio far annullare lo scontrino ed emet-
tere fattura in nuova data; per gli acquisti
online, dato che non sono ancora decorsi
i termini del recesso, se non è possibile
avere fattura, meglio restituire e fare un
nuovo acquisto, questa volta ovviamente
con fattura. Questo per quanto riguarda
le cose da fare in urgenza. Poi, con calma,
si discuterà di quale sia il senso di varare
un provvedimento retroattivo senza dare,
sin dal primo minuto del primo tempo,
istruzioni chiare e dettagliate sui mecca-
nismi di erogazione.
Tesla Cybertruck attraversa il tunnel di Boring Company, alla guida c’è Jay LenoPrima che il mondo fosse costretto a fermarsi, Jay Leno ha fatto visita a Elon Musk per fare quattro chiacchiere sui progetti futuri, all’interno del suo format “Jay Leno’s Garage”. Si tratta di una serie on demand pubblicata da CNBC, la quale però, dopo un brevissimo trailer, ora ci offre una più corposa anteprima dell’episodio. Il protagonista è Cybertruck, il pick-up elettrico di Tesla. Nello spezzone Musk e Leno parlano della fase di produzione, e secondo il CEO le dimensioni del veicolo potrebbero diminuire del 5%. In realtà più di recente Musk è tornato su questo argomento ritrattando, e chiarendo che il pick-up resterà delle dimensioni già viste. Perché dunque non testare la stazza di Cybertruck con i tunnel dell’altra azienda di Elon Musk, la Boring Company? Con Jay Leno al volante si sono quindi addentrati nel tunnel di prova di Los Angeles, che si rivela essere appena più largo del gigante di Tesla. Qui il video.
Bonus Mobilità, il Sen. Comincini chiarisce: “ci sono regole precise e i soldi non potevano essere usati per altro”Dopo gli attacchi al Bonus Mobilità, il “padre” dell’equiparazione dei monopattini alle bici difende il provvedimento di M. ZOCCHI
ll Senatore Eugenio Comincini è intervenuto in difesa del Bonus Mobilità. Da una parte dell’opi-nione pubblica, nonché da forze politiche dell’opposizione, si sono levate diverse proteste, puntando soprattutto il dito verso i 120 mi-lioni di euro stanziati per offrire ai cittadini fino a 500 euro di contri-buto sull’acquisto di veicoli di mi-cro mobilità elettrica. Il Senatore ha voluto chiarire questo punto: “Sento dire “invece di pagare la Cassa Integrazione questi qui pensano ai monopattini”. Nien-te di più populista e miope. E vi spiego perché: lo stanziamento di 120 milioni di euro per questo bonus proviene dalle aste verdi. Parliamo di una tassa prevista da un decreto del 2013 che si paga sulle emissioni impattanti sull’atmosfera e che, sempre per previsione di legge, può e deve essere spesa solo per misure che abbiano la finalità di migliorare la qualità dell’aria. Il bonus mobili-tà, appunto, ci rientra appieno. Mentre non potrebbero rientrarci il pagamento di cassa integrazio-ne, reddito di emergenza e altre misure importanti che, indubbia-mente, servono ai cittadini e per le quali sono comunque già stati stanziati i soldi”
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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020
di Massimiliano DI MARCO
L a domanda per i monopattini è pre-
vedibilmente aumentata ed è anche
per questo che entro l’estate Xiaomi
porterà in Italia due nuovi scooter elettri-
ci. Lo ha rivelato Davide Lunardelli, head
of marketing di Xiaomi Italia, in un’intervi-
sta concessa a DMOVE.it.
La fase 2 ha posto l’accento sulla mi-
cromobilità e la necessità, specialmente
nei grossi centri urbani, di sfruttare il più
possibili servizi di mobilità alternativa. I
monopattini e le bici elettriche la faranno
da padrone, questo è certo. Non a caso,
Helbiz ha lanciato un abbonamento “speciale” lo scorso 4 maggio, ossia
quando hanno cominciato a girare per le
città più persone.
“Avevamo già in mente di ampliare la
MOBILITÀ SOSTENIBILE Il responsabile marketing Xiaomi Italia: “Ci aspettiamo una grande crescita”
Xiaomi, 2 nuovi monopattini elettrici in Italia Le bici elettriche? Non siamo ancora prontiI nuovi monopattini arriverano prima dell’estate. In Italia Xiaomi è il primo marchio
gamma di scooter in Italia” confessa il
responsabile marketing di Xiaomi Italia.
“Prima dell’estate porteremo un paio di
novità in ambito scooter elettrico”. Per
ora, non è programmato, invece, il debut-
to delle bici elettriche del marchio in Ita-
lia. In Francia si sta tastando il terreno con
un progetto pilota, mentre per quel che
riguarda il mercato nostrano “non siamo
ancora pronti a fare questo passo”.
Pur non potendo fornire i precisi dati di
vendita italiani, Lunardelli spiega che in
questi mesi “è nata una nuova sensibili-
tà sia nei confronti dell’ambiente sia per
il complesso ritorno alla normalità” ed è
stato registrato un incremento della do-
manda di monopattini elettrici.
In Italia, secondo dati di GFK di febbraio
2020, Xiaomi è il primo marchio per vo-
lume di un mercato con una quota del
39%. Nel mondo, i monopattini comples-
sivamente venduti da Xiaomi si aggirano
invece sulle 1,5 milioni di unità. “Ci aspet-
tiamo una bella crescita nei prossimi
mesi” anticipa Lunardelli.
Gli incentivi statali sono previsti per i
residenti nelle città con almeno 50mila
abitanti. Un requisito che, sebbene giu-
stificato dal traffico più complesso dei
maggiori centri urbani, taglia fuori tante
comunità più piccole che ugualmente
avrebbero giocato di incentivi di questo
genere per promuovere la micromobilità.
“Si partirà solo dai grandi centri urbani, è
vero, ma deve essere solo il punto di par-
tenza”, secondo Lunardelli. “Un mezzo
come il monopattino risolve il problema
dei microspostamenti anche nei centri
più piccoli, dove l’auto è spesso l’unico
mezzo e c’è pochissima libertà di scelta”.
Difficile dire se in futuro si vedranno più
monopattini o bici elettriche: sono due
mezzi diversi che, in particolare, hanno
anche due prezzi differenti. “Non saprei
fare una previsione” risponde Lunardelli.
“La bici elettrica ha più potenziale perché
la bicicletta è un mezzo al quale siamo
più abituati, però ha anche un costo su-
periore. Sono curioso di vedere come
reagirà il mercato”.
Ducati, dopo eBike e scooter, arrivano anche monopattini elettriciDucati è sempre più attiva in settori diversi dalle moto. Stanno per arrivare due nuovi monopattini elettrici con ottime caratteristiche di M. ZOCCHI
Ducati è ovviamente nota ai più per le sue moto, ma da diversi mesi ha riservato una attenzione particola-re anche ad altri tipi di mobilità su due ruote. Gli ultimi arrivati in que-sta serie di “esperimenti” sono i monopattini elettrici, che avranno a breve due nuovi modelli dalle caratteristiche interessanti, rea-lizzati in collaborazione con MT Distribution. Il 20 giugno arriverà Cross-E, con il marchio Scrambler, monopattino dall’aspetto offroad, con ruote fat tubeless da 6,5”. Il motore brushless ha 500 W di potenza, il massimo consentito a norma di legge, il che ne fa un mezzo adatto a tutte le situazioni. Completa la dotazione la batteria da 375 Wh, per circa 30-35 km di autonomia. Da segnalare anche il doppio freno a disco, con leve al manubrio, il doppio faro frontale e il display LCD da 3,5”, da cui impo-stare le tre modalità di andatura. Il secondo modello in arrivo è il Pro II, atteso per il 6 luglio. Il modello, con brand Ducati, ha motore da 350 W e batteria da 280 Wh, suffi-cienti per 25-30 km di autonomia. Gli pneumatici salgono al diame-tro di 10”, sono sempre tubeless, e l’andatura è addolcita dall’ammor-tizzatore posteriore. Anche qui abbiamo il doppio freno, che però all’anteriore è solo elettrico, e a disco al posteriore. Al momento, non ci sono ancora informazioni sui prezzi.
DMOVE Il gigante dell’autonoleggio ha subito un duro colpo
Il coronavirus ha piegato Hertz Fallimento in USA e Canada
di S. DONATO
N egli Stati Uniti e in Canada, Hertz
si è dovuta arrendere al blocco del
settore dell’autonoleggio causato
dalla pandemia e ha presentato istanza di
fallimento. La società aveva già manifesta-
to difficoltà quando a fine aprile non era
riuscita a pagare le rate del leasing in sca-
denza, e aveva anche tagliato 10.000 posti
di lavoro tra Stati Uniti e Canada, per un totale del 26,3% della sua forza lavoro. Era
riuscita a spostare in avanti la scadenza delle rate per ben due volte: prima il 4 maggio,
e poi quella che sarebbe stata l’ultima spiaggia, il 22 maggio. Ma Hertz non è riuscita a
rispettare nemmeno quest’ultima. La società si è quindi vista costretta a fare ricorso al
Chapter 11, la legge che nel diritto americano regola la messa in liquidazione, che quindi
non include la altre zone operative di Hertz, quali Europa, Australia e Nuova Zelanda.
Non è dunque chiaro quale sarà il futuro di Hertz in Europa, tuttavia la società tenterà
di usare il dispositivo del Chapter 11 per riorganizzarsi attraverso una nuova struttura
finanziaria che dovrebbe posizionare meglio la società per il futuro. Ha comunque già
“eliminato tutte le spese non essenziali, sebbene permangano incertezze sul ritorno
del reddito e sulla completa riapertura del mercato”, ha fatto sapere Hertz in una nota. I
debiti complessivi accumulati da Hertz corrispondono a 19 miliardi di dollari, di cui ben
15 miliardi sotto forma di leasing garantito dalla flotta di autoveicoli. I restanti 4 miliardi
sono obbligazioni. La flotta di Hertz conta attualmente 770.000 veicoli, che ne fa la so-
cietà di autonoleggio con più mezzi a livello mondiale. Il Chapter 11 americano è rinoma-
to per la flessibilità che riesce a garantire alle aziende in fallimento e che spesso sono
capaci di ripartire, al prezzo però purtroppo anche di una riduzione dei dipendenti.
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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020
di Massimiliano ZOCCHI
L a nuova Renault Zoe ha portato in
dote tutta una serie di migliorie, ma
la novità più importante resta la bat-
teria. Per questa terza versione della sua
compatta elettrica, Renault ha proposto
la batteria siglata come ZE50, ovvero da
circa 50 kWh, il che permette alla Zoe di
essere omologata con 395 km di autono-
mia secondo il ciclo WLTP. Vediamo come
è realizzato il nuovo accumulatore. Il forni-
tore delle celle al litio è sempre LG Chem,
partner fin dal primo modello di Zoe nel
2013, che per la nuova versione ha fornito
le celle LGX E78, sempre con formato “a
sacchetto”, realizzate con chimica NCM
712. Scendendo nel dettaglio, le nuove
celle hanno un voltaggio di 3,65 V, capac-
ità di 78 Ah, con un peso di 1.073 grammi.
Moltiplicando tale numero per la quantità
BATTERIE Vediamo nel dettaglio come è realizzato il nuovo accumulatore della nuova Zoe
Batteria Renault Zoe ZE50, analisi nei dettagli Spunta anche una sorpresa per la versione ZE40Vi diciamo anche perché l’opzione migliore potrebbe essere l’attuale versione ZE40
di celle necessarie, 192,
si ottiene il peso di 206
kg. Non si tratta però del
peso della batteria, che
una volta aggiunti case,
protezioni, cablaggi, BMS
e raffreddamento, arriva
a 326 kg. Ne consegue
che la densità energetica
delle sole celle è di 265
Wh/kg, mentre considerando la batteria
come corpo unico si scende a 168 Wh/
kg. Tutto questo con una capacità lorda
di 54,66 kWh, di cui utilizzabili realmente
solo 52 kWh. Questo per quanto riguarda
la Zoe R135. È possibile però ordinare an-
che la Zoe R110, con batteria da 41 kWh
(ZE40, solo in alcuni mercati, Italia esclu-
sa) ma quello che molti non sanno è che
tale batteria non è quella utilizzata nella
generazione precedente, ma è la stessa
della sorella maggiore. Renault ha infatti
deciso di utilizzare un solo tipo di batteria,
e limitarla via software all’occorrenza. La
batteria ZE40 dunque è la stessa della
ZE50, con capacità lorda di 54,66 kWh, di
cui appunto solo 41 kWh sono accessibili
all’utente. Questo significa che in questa
vettura la batteria viene sfruttata per solo
il 75% della sua capacità reale, mantenen-
do un ampio margine di lavoro, ed assi-
curando un ciclo vita molto più lungo.
di Pasquale AGIZZA
U n monopattino condiviso a guida
autonoma, capace di rientrare da
solo alla base di ricarica. È que-
sta la nuova modalità implementata
dall’azienda americana di sharing Go
X, a metà fra innovazione e fantascien-
za. Una modalità che potremo vedere
presto in funzione, sulle strade di un
paesino americano. Il funzionamento
di Go X non prevede che i monopattini
siano consegnati in un punto preciso
della città, ma che siano lasciati in giro.
L’utente che ne ha bisogno li rintraccia
tramite un’app, con l’inconveniente
però di poterli trovare con poca batte-
ria. Oltretutto, ogni sera degli incaricati
di Go X sono costretti ad andare in giro
per “raccattare” i monopattini e portarli
in deposito per ricaricarli. Per ovviare
a questo problema, quindi, Go X ha
sviluppato questa nuova modalità di
guida autonoma, in collaborazione con
l’azienda Tortoise, che entra in funzione
GUIDA AUTONOMA Il rientro automatico dei monopattini sarà sperimentato vicino ad Atlanta
Monopattini a guida autonoma di Go X Li lasci in strada e tornano da soli in depositoPer dare stabilità, ci sono due ruotine laterali che rientrano quando utilizzato da un guidatore
quando l’utente abbandona il mono-
pattino. In questo modo il monopattino
tornerà da solo alla stazione di ricarica,
dove un addetto provvederà a metterlo
sotto carica. Dal punto di vista funziona-
le, la guida autonoma “apre” due rotelle
sui lati del monopattino, molto simili a
quelle delle biciclette dei bambini, per
stabilizzare il mezzo. La ruota davanti è
quella motrice che fa muovere il mono-
pattino. Quando l’addetto lo recupera,
le ruotine laterali si chiudono da sole.
La sperimentazione di questo nuo-
vo tipo di guida autonoma partirà a
Peachtree Corners, nella periferia di
Atlanta. L’ordinanza comunale obbliga i
gestori dei dispositivi di mobilità condi-
visa, per i prossimi sei mesi, ad utilizza-
re la modalità di rientro automatica dei
monopattini.
Halfbike, a metà fra una bicicletta ed un monopattino. E col bonus mobilità costa pochissimoNelle città italiane potrebbe essere facile imbattersi in questo mezzo a tre ruote, un po’ bicicletta un po’ monopattino. Rientra nel bonus mobilità del governo italiano di Pasquale AGIZZA
Una ruota grande davanti, due ruo-te piccole dietro. Si pedala come fosse una bici, ma si sta in piedi come su un monopattino. È l’half-bike, uno dei mezzi più innovativi e di tendenza nelle nostre città. Hal-fbike è un prodotto della bulgara Koleninia e per quel che riguarda il design, sembra una rivisitazione moderna delle prime biciclette, quelle con ruota anteriore gigan-tesca. A differenza di quest’ultime, però, Halfbike si piega per essere trasportato con più comodità. La ruota anteriore misura 20 pollici, mentre le due ruote inferiori sono da 8 pollici. Il cambio, integrato nel mozzo, presenta quatto rapporti. Non c’è la sella, perché Halfbike si guida in piedi con uno stile di gui-da che coinvolge tutto il corpo.Halfbike rientra nel bonus mobilità deliberato dal Governo. L’acquisto del mezzo, che costa 499 euro, dà diritto ad un rimborso del 60%. Questo si traduce, a conti fatti, in uno ristoro di 299 euro. Halfbike 2 viene quindi a costare appena 200 euro. Per la fine di giugno è previsto l’arrivo del terzo modello, più piccolo, maneggevole e con un impianto frenante migliore. Hal-fbike 3 è già prenotabile, dal sito ufficiale, al prezzo di 599 euro.
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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020
di Massimiliano ZOCCHI
I l Decreto Rilancio ha ufficializzato anche il cosiddet-
to Bonus Mobilità, un incentivo offerto dal Governo
per acquistare bici, eBike e monopattini elettrici, oltre
ad altri micro veicoli a trazione elettrica. Per le regole
di accesso all’agevolazione vi rimandiamo all’articolo dedicato, mentre in questa piccola guida vogliamo sof-
fermarci sui monopattini elettrici e sulle accortezze per
scegliere il mezzo giusto in fase di acquisto. Il mercato
infatti è letteralmente esploso, e non è facile, soprattut-
to per un principiante, capire le differenze tra i modelli
e i dettagli che possono rivelarsi fondamentali. Inoltre
cercheremo, nei limiti di una indicazione di massima,
di mostrare anche il prezzo nel caso si possa usufruire
dell’incentivo.
Monopattino elettrico, quali sono le caratteristiche principali?Nella giungla di proposte che troviamo oggi sul merca-
to, è possibile effettuare una prima scrematura in base
a due caratteristiche fondamentali: potenza e autono-
mia. La legge da poco entrata in vigore stabilisce che
i monopattini elettrici possono avere una potenza mas-
sima di 500 watt. Va da sé dunque che ogni modello
con motore con questa caratteristica si trova al top tra
le scelte. Non bisogna però automaticamente scartare
anche i modelli con 300/350 watt di potenza, in quanto
più che buoni per la maggior parte delle persone, so-
prattutto se il peso dell’utilizzatore non eccede e se sul
percorso quotidiano non ci sono impegnativi sali-scendi.
Tutto ciò che invece si trova al di sotto di questo potenze
è in pratica poco più di un giocattolo, e probabilmente
non adatto ad un uso continuativo che non sia una gita
su una pista ciclabile perfettamente piana ed a velocità
moderate. In ogni caso i monopattini non dovrebbero
superare i 25 km/h, e nel caso possano andare più ve-
loci, devono avere un regolatore per rientrare in questo
limite di legge. Si passa poi all’autonomia, che dipende
principalmente dalla capacità e dalla qualità della bat-
teria. Considerando sempre che anche l’autonomia è
influenzata negativamente dal peso dell’utente e dalla
velocità, molti mezzi propongono circa 20-30 km di au-
tonomia, altri arrivano anche fino a 50 km, ed è quindi
necessario valutare la distanza del tragitto da percorre-
re. Una batteria più grande significa anche un monopat-
tino più pesante, e quindi più difficile da trasportare.
Occhio a gomme e ammortizzatoriLe strade italiane, si sa, spesso non sono tra le migliori,
e quando il tragitto in monopattino deve essere affron-
tato senza poter sfruttare una pista ciclabile, il comfort di
marcia diventa fondamentale. Questo è dato dall’unione
di due fattori, ruote e relative gomme, e ammortizzatori.
Più una ruota è grande, più consente di muoversi senza
troppi problemi tra le asperità del terreno. Si va da ruote
MOBILITÀ SOSTENIBILE Dopo l’approvazione del Bonus Mobilità, è scattata la corsa agli acquisti, ma cosa bisogna valutare?
Monopattino elettrico, la guida all’acquisto Conoscere il mezzo giusto e il prezzo con incentivoll mercato è esploso e non è facile capire le differenze tra i modelli e i dettagli che possono rivelarsi fondamentali
veramente piccole, sui 5”, fino anche a oltre 10”. Anche
le gomme fanno la loro parte ed hanno pro e contro.
Alcuni produttori propendono per le gomme piene, rea-
lizzate con mescole molto variabili. Il vantaggio è che
queste gomme non si bucheranno mai, ma assorbono
molto meno gli urti e offrono meno aderenza poiché non
si “plasmano” al terreno. Per contro, le gomme gonfia-
bili, con o senza camera d’aria, assorbono le vibrazio-
ni molto meglio, danno sicurezza, ma hanno sempre il
rischio di forature. Un piccolo test è fondamentale per
rendersi conto delle differenze. Se anche ci si dovesse
accorgere di aver sbagliato scelta, le gomme sono sem-
pre sostituibili, anche se non in modo semplice, mentre
per il diametro delle ruote c’è ben poco da fare.
Dimensioni e peso, la pedana contaCon una tale varietà di modelli, abbiamo assistito anche
a una moltitudine di forme e design. Questo spesso si ri-
flette sulla forma delle pedane, che possono essere più
o meno lunghe, privilegiando il design o la larghezza, ed
è necessario valutare la posizione dei piedi in marcia.
Bisogna assicurarsi che, data la propria misura di scarpe,
durante l’utilizzo si possa tenere una posizione comoda
e che assicura un buon controllo del mezzo. In alcuni
casi questo fattore può essere corretto con accessori af-
termarket, come le pedane Berry Boards che avevamo
visto in un nostro precedente articolo. Una volta valutata
l’ideale superficie d’appoggio, bisogna pensare anche
al peso del prodotto, soprattutto nel caso in cui si debba
trasportarlo spesso in posizione richiusa. Generalmente
il peso può andare dai 10 kg fino a circa 15 kg, e può es-
sere influenzato, come accennato, dalla grandezza del
motore e della batteria.
Attenzione alle normativeOltre alla potenza e ala velocità massima consentite
dall’attuale normativa, ci sono altre regole che devono
essere rispettate. Il monopattino non deve avere mai il
sellino, ma deve essere esclusivamente del tipo da uti-
lizzare in piedi, pena multe e possibili sequestri. Non è in
nessun caso consentito il trasporto di cose o passegge-
ri, per cui modelli che propongono biposto o trasporto
cose sono sostanzialmente illegali. Ci sono regole an-
che per le luci, che vanno messe in funzione non appe-
na si fa sera, e devono essere sia frontali che posteriori.
L’utilizzatore deve anche indossare giubbino rifrangente
o apposite bretelle con la stessa funzione.
Monopattino elettrico, quanto mi costi?Una proposta così ampia, si traduce ovviamente anche
in diversità di prezzo, a sua volta influenzato dalla possi-
bilità di scalare l’incentivo statale. L’incentivo può essere
utilizzato dai cittadini maggiorenni, residenti in città con
più di 50.000 abitanti o nei capoluoghi. Copre il 60% del
prezzo del prodotto, con un massimale di 500 euro. Ciò
significa che se si acquista un prodotto da 1.000 euro,
lo sconto dato dall’incentivo sarà comunque 500 euro.
Mentre se la cifra è inferiore a 833 euro, si otterrà sem-
pre il 60% dell’importo pagato. Facciamo alcuni esempi.
Xiaomi Electric Scooter Pro ha alcune delle migliori ca-
ratteristiche, velocità di 25 km/h e autonomia di 45 km,
freno a disco e dimensioni generose. Il suo prezzo di
listino, salvo sconti, è di 499 euro, che quindi sottratto il
60% dell’incentivo costerebbe solo 199 euro. Lo stesso
Xiaomi ha diversi cloni più o meno ufficiali, come il Go-
Smart 10” Eco, in cui la velocità scende a 20 km/h, così
come cala l’autonomia a 20 km. Scende però anche il
prezzo, 369 euro, che scontato con il Bonus Mobilità di-
venta 147 euro. Ci sono anche modelli meno conosciu-
ti, ma che possono diventare interessanti in virtù dello
sconto. Un esempio è il Kaabo Mantis, dotato di doppio
ammortizzatore e doppio freno a disco, motore da 500
W, che nella versione base costa (in promozione) 990
euro. È quindi questo il caso in cui si accede allo sconto
massimo, ottenendo 500 euro, e pagando quindi 490
euro. Altro esempio appartenente a questa catego-
ria è il Kingsong N8 Evo, sempre con motore da 500
W e batteria sufficiente per 40 km di tragitto, al prezzo
di 699 euro. Tolto l’incentivo quindi restano da pagare
279 euro. E per chi vuole spendere il meno possibile? Ci
sono modelli che si possono di frequente trovare in pro-
mozione a 199 euro, come il Lexgo Lex R8 5A, con mo-
tore da 250 watt, autonomia di 18 km e ruote da 8”. Una
volta sottratto il 60%, si pagherebbero solo 79 euro.
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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020
di Massimiliano ZOCCHI
Ad ottobre 2019 è stato James Dyson
in persona a rendere nota la chiusura
del progetto per la realizzazione di un’auto elettrica. Dopo mesi di sviluppo,
l’eclettico imprenditore ha dovuto ammet-
tere che nonostante i molti sforzi profusi,
la realizzazione non era sostenibile da un
punto di vista economico. Oggi, a diversi
mesi da quell’annuncio, scopriamo per la
prima volta come sarebbe dovuta essere
la quattro ruote di Dyson. Sir Dyson l’ha
svelata in occasione di un’intervista con
The Times, dove ha spiegato anche le ca-
ratteristiche principali dell’auto, e i motivi
della chiusura del programma. La vettura,
la vediamo nell’immagine di testa, è un
SUV con linea sportiva, vagamente simile
alla gamma Land Rover, e avrebbe dovu-
to avere spazio per 7 occupanti.
Il nome in codice era N526, e il suo pun-
to forte erano le batterie allo stato solido
che Dyson da tempo sta sviluppando nei
suoi laboratori. Grazie a questa tecnolo-
gia, senza eccedere in volume e peso, le
batterie avrebbero assicurato poco meno
di 1.000 km di autonomia per singola ca-
AUTO ELETTRICA Dopo mesi dalla chiusura del progetto, Dyson ha svelato l’auto elettrica mancata
Come sarebbe stata l’auto elettrica di Dyson Ecco le immagini del progetto cancellatoIl punto forte erano le batterie allo stato solido, ma il prezzo sarebbe stato di quasi 170.000€
rica, praticamente il doppio di una Tesla
Model X. Un risultato che sarebbe stato
eccezionale, ma che ha portato con sé il
rovescio della medaglia. James Dyson ha
infatti spiegato che, per andare in punto
di pareggio, avrebbe dovuto proporre la
sua auto a quasi 170.000 euro.
Un prezzo ovviamente improponibile,
dovuto al fatto che Dyson non ha altre
tipologie di automobili in vendita, e non
avrebbe quindi potuto spalmare le perdi-
te su un altro mercato, come hanno fatto
diversi costruttori tradizionali in fase di svi-
luppo. Nonostante la prematura dipartita,
il progetto auto elettrica è costato caro a
Dyson, circa 500 milioni di sterline, del
suo patrimonio personale. Non tutti soldi
sprecati fortunatamente, in quanto tutto il
personale (circa 500 persone) è stato di-
rottato su altri progetti, e molte tecnologie
verranno sfruttate in altri ambiti. Dal pun-
to di vista puramente tecnico, l’auto era
progettata con due motori elettrici da 200
kW ciascuno, il che portava a una accele-
razione da 0 a 100 km/h in solo 4.8 secon-
di, nonostante le 2.8 tonnellate di peso.
La domanda che molti ora si pongono è
la seguente: Dyson potrebbe condividere
quanto già fatto con costruttori con espe-
rienza e capacità produttiva? Sembrereb-
be quasi uno spreco avere un progetto
così avanzato buttato via per sempre.
Porsche mostra ai clienti le immagini dell’auto ordinata mentre viene costruitaPer adesso “Behind the Scenes” è attivo in soli sei mercati, e consente ai clienti che hanno ordinato una Porsche 911 o 718 di osservare la loro auto mentre viene costruita. Presto in altri mercati di M. ZOCCHI
Il servizio My Porsche offre una nuova funzione ai clienti della casa tedesca, e prima ancora che abbiano ricevuto l’auto ordinata. Perché la nuova funzione chiama-ta “Behind the Scenes” (Dietro le quinte) offre proprio la possibilità di osservare l’auto ordinata men-tre viene costruita. Finora, infatti, My Porsche permetteva tramite il Porsche ID di configurare i servizi Porsche Connect e di avere acces-so ai servizi della vettura, o fissare gli appuntamenti per l’assistenza o per ricevere informazioni sugli aggiornamenti della casa madre. La condizione è che si doveva es-sere già in possesso dell’auto. Da oggi invece è possibile usare My Porsche prima ancora che si ab-bia con sé l’auto, perché la si può vedere mentre prende addirittura forma. Per il momento, la possi-bilità è offerta solo ai clienti che hanno ordinato una Porsche 911 e 718. A breve però saranno aggiun-te altre due telecamere.“Dietro le quinte” sarà disponibile in antepri-ma per i clienti Porsche degli Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Canada, Svizzera e Spagna. Con altri mercati seguiranno nei pros-simi mesi,
di M. ZOCCHI
P robabilmente sarà capitato di imbat-
tervi, specie sui social network, in
articoli dove si parla della possibilità
di creare energia elettrica semplicemen-
te pedalando, tanto da poter alimentare
anche gli elettrodomestici di casa, facen-
do anche un po’ di esercizio fisico.
Qualcuno si è chiesto se questo sia
realmente possibile, cercando di stu-
diare il fenomeno con un approccio più
sperimentale, magari includendo nel-
l’equazione anche un’auto elettrica. È
quello che ha fatto Janne Käpylehto, un
inventore finlandese, che ha costruito un
sistema basato su nove bici stazionarie,
a loro volta collegate ad una colonnina
di ricarica, alla quale viene collegata una
AUTO ELETTRICA Il bizzarro esperimento di un inventore finlandese con una Model X e i risultati
Ricaricare una Tesla Model X pedalando? PossibileTest di ricarica di un’auto elettrica con 9 bici collegate a un generatore. Ecco quanto si ottiene
vettura elettrica da ricarica-
re. L’esperimento è andato anche in onda in TV. I nove
ciclisti (dei professionisti fin-
landesi) al picco massimo
di potenza hanno generato
un flusso di circa 1,2 kW. Pe-
dalando per 20 minuti sono
riusciti ad aggiungere 2 km
all’autonomia di una Tesla
Model X, modello utilizzato
per l’esperimento. Ricaricare quindi l’in-
tera vettura da 0% sarebbe praticamente
impossibile, o necessiterebbe di un tem-
po lunghissimo.
Un risultato discreto, ma è dunque possi-
bile alimentare una abitazione pedalan-
do un po’ ogni giorno? Si direbbe di no,
per diversi motivi. Il primo è ovviamente
che il risultato ottenuto andrebbe diviso
per nove, in quanto normalmente non si
hanno a disposizione nove professionisti
in casa propria. In secondo luogo si do-
vrebbe possedere una batteria di accu-
mulo per l’energia prodotta, il che rende-
rebbe tutta l’operazione incredibilmente
non sostenibile.
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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020
FONTI RINNOVABILI Nel Superbonus al 110% anche impianto fotovoltaico e colonnina di ricarica
Fotovoltaico e wallbox gratis con Decreto Rilancio? Potrebbe non essere così facileMancano ancora i decreti attuativi e la burocrazia rischia di mettere a rischio il piano
Evoluta ed elettrificata: la nuova Hyundai Santa FeScopriamo il primo teaser della nuova Hyundai Santa Fe, che per la prima volta avrà anche soluzioni motoristiche elettrificate di M. ZOCCHI
La Santa Fe è sicuramente una delle vetture più popolari di Hyun-dai, ed è arrivato il momento per una nuova generazione. Così la casa coreana ha diffuso una pri-ma immagine teaser del SUV, che punterà a un design più distintivo. Questo obbiettivo è subito eviden-te anche dalle poche linee rivela-te dall’immagine, che mostra una ricerca di tratti decisi e moderni, enfatizzati dalle nuove luci diurne a T. Secondo quanto anticipato da Hyundai, nuova Santa Fe non avrà solo un nuovo design esterno, ma offrirà anche nuovi interni con la ricerca di una più alta qualità e un livello superiore di comfort. I det-tagli di questi cambiamenti non sono ancora stati rivelati.Un ruolo importante lo avrà la scelta delle motorizzazioni, che per la prima volta per Santa Fe in-cluderanno il full hybrid e il Plug-in Hybrid, per seguire il piano di elet-trificazione della gamma. Ultimo particolare, ma non per ordine di importanza, Santa Fe sarà la prima vettura Hyundai in Europa ad uti-lizzare la piattaforma di terza ge-nerazione, che porta significativi miglioramenti in termini di perfor-mance, maneggevolezza e sicu-rezza, oltre a facilitare l’implemen-tazione di powertrain elettrificati.Nuova Hyundai Santa Fe sarà disponibile a partire da ottobre 2020, e di conseguenza maggiori dettagli e i prezzi verranno comu-nicati più avanti.
di P. AGIZZA
Quattro posti, un’autonomia di ol-
tre 200 chilometri e un pannello
fotovoltaico sul tettuccio che re-
gala fino al 30% in più di autonomia. E
un prezzo mai visto in ambito elettrico. È
questa Elettra SUV, il quadriciclo elettri-
co presentato dall’importatore italiano Green Vehicles.
Partiamo proprio dal tettuccio, che come
detto può essere dotato di un pannello
fotovoltaico. L’azienda italiana stima in
un 20-30% in più di autonomia l’apporto
del pannello. Parliamo di circa 40-50 chi-
lometri di percorrenza.
Parlando di autonomia, infatti, Elettra
SUV (con la sigla SUV che in questo
caso significa Solar Urban Vehicle) può
percorrere fino a 200 chilometri. Si può,
MOBILITÀ SOSTENIBILE Il pannnello fotovoltaico sul tettuccio regala fino al 30% in più di autonomia
Elettra SUV, l’elettrica con pannello fotovoltaico Con gli incentivi, si acquista a soli 11.800 euroIl prezzo è ottimo, ma va detto che Elettra SUV è omologato come quadriciclo pesante
però, scegliere an-
che il modello con
capacità doppia
che promette fino
a 400 chilometri.
A monitorare tutto
l’aspetto dell’au-
tonomia e della
ricarica tramite
pannello solare c’è
un’appl icazione
dedicata, che oltre
allo stato della rica-
rica permette anche di localizzare con
precisione il mezzo. Completano la do-
tazione tecnica quattro posti omologati
e una velocità massima di 80 chilometri
orari. Parliamo poi del prezzo, che è mol-
to interessante. Green Vehicles propo-
ne Elettra SUV, per i primi 50 clienti, a
14.800 euro. Un prezzo che può essere
ridotto di ulteriori 3.000 euro grazie agli
incentivi. In chiusura, facciamo notare
che Elettra SUV è omologato come qua-
driciclo pesante e non come autovettu-
ra, ed anche gli incentivi, che sono quelli
dedicati ai motoveicoli, riflettono la desti-
nazione d’uso del mezzo.
di M. ZOCCHI
I l Decreto Rilancio ha introdotto diverse
agevolazioni economiche a favore dei
privati cittadini.Oltre al Bonus Mobilità, e l’incentivo per auto elettriche che ha avuto nuovi fondi, il DL contiene anche
un’importante novità per quel che riguar-
da le detrazioni per lavori di ristrutturazio-
ne di immobili. Sarà disponibile il Super-
bonus del 110% per chi esegue lavori di
ristrutturazione edilizia per il miglioramen-
to della classe energetica dell’edificio. In
pratica chi farà svolgere determinati lavo-
ri, potrà ottenere una detrazione d’impo-
sta pari al 110% di quanto speso, in cinque
rate annuali. Sarà anche possibile cedere
il credito, a una banca o alle aziende che
hanno effettuato il lavoro, che a loro vol-
ta potranno usufruirne oppure cederlo.
In quest’ultimo caso il cliente quindi non
pagherebbe nulla per tutti gli interventi.
Come spesso accade però in Italia, la
burocrazia rischia di mettere a rischio
la riuscita del piano. Mancano ancora i
decreti attuativi e senza quelli il tempo
utile per rientrare nella detrazione si as-
sottiglia: ci sarà tempo infatti dal 1 luglio
2020 fino al 31 dicembre 2022. Ma an-
che una volta ottenuti i decreti e svolti i
lavori, il rifacimento del cappotto termico
(fino a 60.000 euro), la sostituzione degli
impianti invernali (fino a 30.000 euro) o
l’adozione di impianto fotovoltaico (fino
a 48.000 euro) dovranno essere certifi-
cati da un professionista, che certifiche
la congruità tra il lavoro svolto e la cifra
fatturata. I lavori svolti dovranno poi ga-
rantire l’aumento della classe energetica
dell’edificio di almeno 2 classi energeti-
che, oppure raggiungere la più alta, cosa
anche questa da far certificare, prima e
dopo, da un ente preposto. Nel caso del
fotovoltaico poi, non è da dimenticare la
necessità di girare tutta la documentazio-
ne all’ENEA, che dovrà quindi verificare
che l’impianto sia a norma, con obbligo di
scambio sul posto per l’energia prodotta
in eccedenza.
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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020
di Massimiliano ZOCCHI
Gogoro è un’azienda taiwanese di
cui abbiamo parlato spesso sulle
nostre pagine. In tutte le passate
occasioni l’argomento era lo scooter
elettrico, prodotto in cui Gogoro eccelle
tanto da essere considerata da molti
l’azienda leader nel settore. Oggi invece,
un po’ a sorpresa, Gogoro lancia la sua
prima eBike, a sua volta declinata in due
modelli, la Eeyo 1 e la Eeyo 1s.
Come però fatto con gli scooter, Gogo-
ro non vuole essere uno dei tanti nomi
nel mucchio, ma distinguersi con scelte
e tecnologie proprietarie e innovative. La
Eeyo a prima vista non sembra nemme-
no una eBike, per l’incredibile pulizia e
leggerezza del design del telaio. Questo
grazie all’uso del carbonio, e all’assenza
del classico tubo verticale sotto il reggi-
sella. Il peso è il primo dato rilevante: solo
BICI ELETTRICA Gogoro passa dagli scooter elettrici alle eBike, ma sempre distinguendosi
Gogoro presenta l’innovativa eBike Eeyo Il segreto è tutto nella ruota SmartwheelLe componenti del powertrain sono nella Smartwheel, la ruota posteriore, che è la vera innovazione
11 kg. Inoltre la Eeyo 1s fa uso del carbonio
anche per ruote e manubrio.
Tutte le componenti del powertrain sono
situate nella Smartwheel, la ruota poste-
riore, che è la vera innovazione che Go-
goro porta nel settore delle eBike. Il mo-
tore interamente sviluppato da Gogoro,
è di tipo hub ma integra tutte le compo-
nenti, batteria compresa, nel mozzo della
ruota. Niente cavi quindi, niente batterie
ingombranti in varie posizioni. Gogoro
non dichiara la potenza del motore, ma
dice solo che può assistere la pedalata
fino alla velocità di 25 km/h (nella versio-
ne europea). La batteria per forza di cosa
doveva essere meno capiente rispetto ai
modelli classici, e infatti ha solo 123 Wh.
Gogoro comunque sostiene che grazie
all’ottimizzazione del motore può assicu-
rare fino a 64 km di autonomia in Sport
Model e 88 km in Eco Mode. Interessante
anche il metodo di ricarica, con un carica-
tore portatile che si aggancia all’hub, op-
pure uno stand che ricarica la bici quan-
do parcheggiata. La Smartwheel integra
anche un connessione di prossimità, e
blocca la ruota quando il proprietario si
allontana. La Eeyo è sviluppata con l’idea
di non dare al proprietario la benché mini-
ma preoccupazione, e seguendo questa
filosofia non c’è cambio e la catena è so-
stituita da una cinghia Gates in carbonio.
Per il momento Gogoro si concentrerà
sulla vendita della sua eBike, ma in futuro
prevede di fornire la Smartwheel anche
ad altre aziende che vorranno sfruttare
un sistema già pronto e collaudato.
Gogoro ha già inaugurato un sito apposi-
to, sul quale prenderà pre-ordini a partire
da metà giugno, con le prime consegne
previste per luglio, sia per il mercato lo-
cale, Taiwan, sia per Europa e Stati Uniti.
Per ora è noto solo il prezzo in dollari, che
è di 3.899 dollari per la Eeyo 1 e 4.599
dollari per la Eeyo 1s.
Bici e eBike griffate, ecco anche Alfa Romeo e AbarthLa febbre delle due ruote sta spopolando, e coinvolge tanti marchi automotive, tra cui anche Alfa Romeo e Abarth. Vediamo alcune proposte di M. ZOCCHI
La febbre delle due ruote, compli-ce anche la stagione e le nuove regole di distanziamento sociale, sta coinvolgendo tante aziende che normalmente ne erano estra-nee. Il gruppo FCA, con i tanti marchi controllati, ha scelto di portare avanti progetti anche per bici e eBike, avvalendosi di part-nership con specialisti di settore. È il caso ad esempio della eBike marchiata Alfa Romeo Dolomiti, realizzata in collaborazione con Compagnia Ducale. La colorazione richiama il team di Formula 1 Alfa Romeo Sauber. Si tratta di una front, con forcel-la Suntour XCR con 120 mm di escursione. La parte elettrica è Bafang, con il motore M500 e la batteria da 500 Wh. Il cambio è uno Shimano SLX a 12 velocità, stesso marchio per i freni con di-schi da 180 e 160 mm.Anche Abarth ha la sua incarna-zione a pedali, senza supporto del motore elettrico. La Abarth Extreme Fat Bike è infatti una bici solo muscolare, sempre in colla-borazione con Compagnia Duca-le, con telaio in alluminio idrofor-mato, nessuna sospensione, con cambio Shimano Acera e gomme fat 26” x 4”.Queste proposte vanno ad ag-giungersi ad altre già presenti sul mercato, come quelle marchiate Jeep di cui vi avevamo mostrato le prime immagini.
DMOVE Incentivi per i Comuni con meno di 50.000 abitanti
Emilia Romagna, in bici al lavoro E incentivo per tutti
di M. ZOCCHI
L a regione Emilia Romagna
mette sul piatto 3,3 milioni di
euro complessivi per finanziare
diversi progetti legati alla mobilità
sostenibile, in particolare alle due
ruote. Lo scopo è sempre cercare di
ridurre gli spostamenti privati utiliz-
zando l’automobile. Ci saranno fon-
di per 1,5 milioni di euro, destinati ai
comuni che hanno aderito al Pair (Piano Aria Integrato Regionale) per sostenere il pro-
getto “Bike to Work”. I dipendenti delle aziende che aderiranno al progetto, riceveran-
no dei rimborsi chilometrici utilizzando la bici per recarsi sul posto di lavoro, pari a 20
centesimi al km, con un massimale di 50 euro al mese. I fondi serviranno anche per
abbassare il costo di servizi di bike sharing o per i costi dei depositi biciclette presso
le velostazioni. Sempre con 1,5 milioni di euro si finanzieranno anche interventi strut-
turali, come la creazione di nuove piste ciclabili, corsie preferenziali, miglioramento
della circolazione (e abbassamento della velocità), oltre a nuove rastrelliere per bici.
Ci sono poi contributi per sostenere l’acquisto di mezzi a due ruote. Gli abbonati fer-
roviari riceveranno fino a 300 euro per l’acquisto di un bicicletta pieghevole da utiliz-
zare per gli spostamenti, solo però se risiedono in comuni che non avranno accesso
Bonus Mobilità nazionale. Discorso simile per i cittadini dei comuni che non fanno
parte della città metropolitana di Bologna, e con popolazione inferiore ai 50.000 abi-
tanti, che riceveranno un incentivo del tutto simile a quello statale, non solo per bici
ma anche per monopattini elettrici
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di molti bambini prematuri.
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CONTRIBUENTECOGNOME (per le donne indicare il cognome da nubile) NOME SESSO (M o F)
DATA DI NASCITA COMUNE (o Stato estero) DI NASCITA PROVINCIA (sigla)
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DATI ANAGRAFICI
Da consegnare unitamente alla dichiarazioneMod. 730/2008 al sostituto d’imposta, alC.A.F. o al professionista abilitato, utilizzandol’apposita busta chiusa contrassegnata suilembi di chiusura.
MODELLO 730-1 redditi 2007
Stato
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chiesa cattolica
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Assemblee di Dio in Italia
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chiesa Valdese unione delle chiese metodiste e valdesi
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chiesa Evangelica Luterana in Italia
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Unione Comunità Ebraiche Italiane
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Scheda per la scelta della destinazione dell'8 per mille dell'IRPEF e del 5 per mille dell'IRPEF
Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni riconosciute
che operano nei settori di cui all’art. 10, c. 1, lett a),del D.Lgs. n. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle finalità destinatarie della quota del cinque per mille dell’IRPEF, il contri-buente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. Il contribuente ha inoltre la facoltà di indicare anche il codice fiscaledi un soggetto beneficiario. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una delle finalità beneficiarie.
Codice fiscale del beneficiario (eventuale)
Finanziamento agli entidella ricerca sanitaria
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
FIRMA
Finanziamento agli enti della ricerca scientifica e della università
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Codice fiscale del beneficiario (eventuale)
FIRMA
Sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Codice fiscale del beneficiario (eventuale)
FIRMA
Codice fiscale del beneficiario (eventuale)
FIRMA
genziantrate
AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle sette istituzioni beneficiarie della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, ilcontribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una delleistituzioni beneficiarie.La mancanza della firma in uno dei sette riquadri previsti costituisce scelta non espressa da parte del contribuente. In tal caso, la ri-partizione della quota d’imposta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. Le quote non attribuite spettanti alleAssemblee di Dio in Italia e alla Chiesa Valdese Unione delle Chiese metodiste e Valdesi, sono devolute alla gestione statale.
In aggiunta a quanto indicato nell’informativa sul trattamento dei dati, contenuta nel paragrafo 3 delle istruzioni, si precisa chei dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta.
In aggiunta a quanto indicato nell’informativa sul trattamento dei dati, contenuta nel paragrafo 3 delle istruzioni, si precisa chei dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta.
SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)
SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)
LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUELLA DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE ENTRAMBE LE SCELTE
ALLEGATO B
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