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1. INTRODUZIONE
1.1 IL GAS RADON
Il Radon è un gas radioattivo naturale, incolore e inodore. È generato dal
decadimento dell’uranio, cioè dal processo per cui una sostanza radioattiva si
trasforma spontaneamente in un’altra sostanza, emettendo radiazioni. Il gas Radon,
presente nel terreno e nelle rocce, si porta in superficie dove rapidamente si diluisce
nell’atmosfera. La sua concentrazione nell’atmosfera è quindi molto bassa, mentre
quando penetra negli ambienti chiusi tende ad aumentare, perché vi si accumula.
La principale fonte di immissione di radon nell’ambiente è il suolo, insieme ad alcuni
materiali di costruzione: è presente nel tufo, nel laterizio e nei graniti e, in qualche
caso, nell’acqua. In casa respiriamo aria contenente radon che, essendo un gas inerte,
viene rimosso mentre i prodotti del decadimento si attaccano alle pareti interne dei
polmoni e qui emettono ancora radiazioni
ionizzanti, le quali, soprattutto quelle alfa,
si fissano al tessuto polmonare provocando
danni al DNA delle cellule dando origine
ad un processo cancerogeno. Attualmente,
in Italia, muoiono a causa del radon tra le
1.500 e le 6.000 persone l’anno.
Fig. 1 Fonti di diffusione del Radon
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1.2 RADIAZIONI
Il termine radiazioni viene utilizzato per descrivere fenomeni fisici
apparentemente diversi fra loro, quali la luce e il calore, perfettamente percettibili dai
sensi umani e la radiazione elettromagnetica, la radiazione cosmica e la radiazione
artificiale, del tutto invisibili e impercettibili. Caratteristica comune a tutti i tipi di
radiazione è la cessione di energia alla materia attraversata (44). L'assorbimento di
energia si manifesta in genere con un aumento locale di temperatura; è quel che
succede nel caso dei pannelli solari colpiti dalla luce del sole, ovvero, nel caso
dell’impressione di una lastra fotografica (fotografia e diagnostica per immagini).
Questa cessione d’energia da parte della radiazione può interferire inoltre con i
processi biologici essendo una diretta conseguenza dei processi fisici di eccitazione e
ionizzazione dovuti agli urti della radiazione ionizzante con la materia.
Le radiazioni si dicono ionizzanti quando hanno energia sufficiente per produrre il
fenomeno fisico della ionizzazione che consiste nel rendere un atomo carico
elettricamente (ione). Sono soprattutto gli ioni generati dalle radiazioni ionizzanti ad
avere influenza sui normali processi biologici nei tessuti.
Nel 1896 Henry Becquerel (24) durante gli esperimenti effettuati sui fenomeni legati
alla luminescenza e/o fosforescenza di alcuni materiali e sulla relazione di questi
fenomeni con l'emissione di raggi X scoperti all’inizio 1896 con la presentazione
all'Académie des Sciences dei lavori e delle radiografie effettuate da W.C. Röentgen,
scoperse il fenomeno della radioattività. Durante i suoi studi notò casualmente che
sali di uranio posti accanto a lastre fotografiche, chiuse nei loro contenitori a prova di
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luce, ne provocavano l'annerimento e subito ne dedusse che tali sali dovevano
emettere dei raggi sconosciuti, di natura simile ai raggi X, molto più penetranti di
quelli luminosi. Notò altresì che tali raggi scaricavano rapidamente i corpi
elettricamente carichi evidenziandolo attraverso misure del grado di avvicinamento
delle foglie d'oro di un elettroscopio carico elettricamente in funzione del tempo di
esposizione. Due anni più tardi Marie Curie, proseguendo gli studi iniziati da
Becquerel chiamò tali sostanze radio- (radium = raggio)-attive e scoprì che anche
altre sostanze godevano della stessa proprietà dell'uranio, fra queste il torio, Nella
prosecuzione dei suoi esperimenti notò che la pechblenda minerale contenente
soltanto piccole quantità di sali di uranio manifestava un'attività radiante o
radioattività maggiore di quella dei sali di uranio: ne dedusse la presenza di qualche
specie chimica ignota. Con vari procedimenti chimici riuscì a separare il polonio e il
radio la cui radioattività risultava rispettivamente 400 e 1.000.000 di volte superiore
a quella dei sali di uranio puri: utilizzando il radio con un semplice esperimento
riuscì a stabilire la natura dei raggi emessi scoprendo che si trattava di 3 tipi di
radiazioni:
la prima con carica elettrica negativa, la seconda con carica elettrica positiva e la
terza neutra. Associò a tali raggi le prime tre lettere dell'alfabeto greco: α (alfa), β
(beta), γ (gamma).
I Raggi alfa o radiazione alfa sono radiazioni corpuscolari. Esse sono particelle
costituite da due neutroni e due protoni cioè sono nuclei di elio; sono per loro natura
facilmente fermate da un foglio di carta ovvero dallo strato morto della pelle. Sono
pericolose soltanto se i materiali α-emettitori sono introdotti nell'organismo.
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I Raggi beta o radiazioni beta sono anch’esse radiazioni corpuscolari elettroni o
positroni. Sono molto più penetranti delle particelle alfa, ma possono essere fermati
da sottili strati di materiali (acqua, vetro, metallo etc.). L'introduzione nel corpo di
materiali β-emettitori può essere pericolosa ma molto meno di quella degli α-
emettitori.
I raggi gamma sono radiazioni non corpuscolari, di natura ondulatoria come le
radiazioni elettromagnetiche, simili alla luce e ai raggi X ma di lunghezza d'onda più
piccola, non vengono deviati da campi magnetici o elettrici. I raggi gamma e X sono
molto più penetranti dei raggi α e β. Soltanto materiali ad alta densità quali il piombo
sono in grado di fermarli. All'elevata capacità di penetrazione che essi hanno nei vari
materiali, tessuti viventi compresi è strettamente connessa la pericolosità di questi
raggi.
I neutroni sono particelle neutre cioè senza carica elettrica; sono molto penetranti,
non ionizzano direttamente ma la loro interazione con la materia può generare raggi
α, β, γ che a loro volta producono ionizzazione. I neutroni sono fermati da materiali
leggeri quali acqua, paraffina, polietilene, e calcestruzzo in spessori più o meno
grandi.
La cessione all'uomo dell'energia trasportata dalle radiazioni ionizzanti avviene
attraverso l'irradiazione esterna e/o interna. Si parla di esposizione o irradiazione
esterna quando la sorgente di radiazione resta all'esterno del corpo umano; si parla di
esposizione interna quando viene introdotta nel corpo umano.
Gli effetti dannosi delle radiazioni ionizzanti sui tessuti biologici si manifestano
soltanto allorché si verifica una certa cessione di energia al mezzo attraversato. Per
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calcolarli si tiene conto di una grandezza fisica “Dose Assorbita”, D, definita come il
quoziente tra l'energia media ceduta dalle radiazioni ionizzanti alla materia in un
certo volume di elemento e la massa di materia contenuta in tale volume di elemento.
La dose assorbita si misura in Gray (simbolo Gy). Un Gray corrisponde
all'assorbimento di un joule per kg di materia (1Gy =1J/kg). Tuttavia il grado di
rischio derivante dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti non è soltanto
proporzionale alla dose assorbita ma è anche fortemente legato al tipo di radiazione
incidente e alla diversa radiosensibilità dei vari organi e tessuti irradiati. Per tener
conto della diversa pericolosità delle radiazioni ionizzanti incidenti su tessuti viventi
è necessaria un’altra grandezza fisica che introduce un fattore adimensionale di
ponderazione: il cosiddetto “fattore di qualità della radiazione”, Q.
Il prodotto della dose assorbita D per il fattore di qualità Q prende il nome di Dose
Equivalente, viene indicato con il simbolo H e si misura in Sievert (simbolo Sv) (1Sv
= 1J/kg.Q). Rispetto alla dose assorbita che misura in assoluto una dose di energia
assorbita da un’unità di massa, la dose equivalente riflette quindi gli effetti biologici
della radiazione sull'organismo.
I fotoni, dunque raggi X e gamma, vengono considerati come radiazione di
riferimento e ad essi si associa per definizione il valore di Q = 1. Anche i raggi beta
hanno Q = 1. Mentre i raggi alfa, più dannosi per l'organismo, hanno Q = 20. Per i
fasci di neutroni Q può equivalere da 3 a 11 a seconda dell'energia del fascio.
Un Sievert a differenza di un gray (Gy) produce gli stessi effetti biologici
indipendentemente dal tipo di radiazione considerata. Viene introdotta inoltre anche
l'intensità di dose equivalente definita come la dose equivalente ricevuta nell'unità
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di tempo o tasso di dose che si misura in Sievert al secondo (Sv/s). Infatti, in base al
tempo di esposizione l’organismo ha una certa facoltà di riparare il danno biologico
causato dalla radiazione.
1.2.1 L’ATOMO
La radioattività è espressione dell’instabilità di alcuni elementi presenti in
natura. Il loro ritorno alla normalità avviene con emissione di raggi α, e/o β,
accompagnati alcune volte dall'emissione di raggi γ. Gli elementi che presentano tali
proprietà si dicono radioelementi e l'emissione di radiazione viene chiamata
decadimento radioattivo.
L'atomo è la più piccola parte di un elemento che mantiene le caratteristiche
dell'elemento stesso e nel contempo è la principale sorgente di radiazioni sia
elettromagnetiche che corpuscolari. Esso è composto di un nucleo e di particelle più
leggere, gli elettroni, di carica elettrica negativa che gli ruotano intorno in orbite
energeticamente ben definite. Il nucleo è costituito da protoni aventi carica elettrica
positiva e neutroni, elettricamente neutri. Protoni e neutroni hanno una massa
all'incirca 1835 volte maggiore degli elettroni. Il “numero di protoni” Z determina
l'elemento cui l'atomo appartiene: un atomo di idrogeno ha un solo protone, un
atomo di ossigeno ne ha 8, un atomo di uranio ne ha 92. Gli elettroni, ricevendo
energia, possono passare da orbite interne ad orbite esterne, oppure uscire dall'atomo.
Nel primo caso l'atomo risulta eccitato, nel secondo ionizzato. Ogni atomo ha lo
stesso numero di protoni e di elettroni e risulta elettricamente neutro. Gli atomi di
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uno stesso elemento, pur avendo lo stesso numero di protoni Z, possono avere
diverso “numero di neutroni” N, dando origine a diversi "isotopi". Essi sono
identificati dal numero totale di particelle presenti nel nucleo o numero di massa A
dato da Z+N. Ad esempio, l'uranio (simbolo U) ha vari isotopi: U-238, U-235, U-
233. L'uranio-238 ha 92 protoni e (238-92) = 146 neutroni; l'uranio-235 ha sempre
92 protoni, ma (235-92) = 143 neutroni; l'uranio-233 ha 92 protoni e 141 neutroni.
L'elemento più semplice esistente in natura l'idrogeno (H-1) ha due isotopi: il
deuterio (H-2) e il tritio (H-3). Quest'ultimo è radioattivo ed emette particelle beta
negative. Il fenomeno dell'emissione di radiazione da parte di isotopi radioattivi è
regolato dalla cosiddetta legge del decadimento radioattivo secondo la quale, per
ogni radionuclide, trascorre un tempo caratteristico (tempo di dimezzamento)
affinché il numero di atomi radioattivi di cui è costituito si dimezzi. Il tempo di
dimezzamento può essere compreso fra le frazioni di secondo e i milioni di anni.
L'unità di misura dell’attività è il Becquerel (simbolo Bq ). 1 Bq = 1 disintegrazione
al secondo (1dis/sec).
1.2.2 RADIOATTIVITÀ NATURALE
Nella radioattività naturale si distinguono una componente di origine terrestre e
una componente di origine extra-terrestre. La prima è dovuta ai radionuclidi
cosiddetti primordiali presenti in varia quantità nei materiali inorganici della crosta
terrestre (rocce, minerali) fin dalla sua formazione. La seconda è costituita da raggi
cosmici. Queste due sorgenti costituiscono il fondo naturale di radiazioni.
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1.2.3 RADIAZIONE COSMICA
I raggi cosmici provengono, per la maggior parte, dal profondo spazio
interstellare e sono costituiti principalmente da particelle cariche positivamente
(protoni, alfa, nuclei pesanti) più una componente che trae origine dalle esplosioni
nucleari sul sole e consiste essenzialmente di protoni Quando giungono in prossimità
della terra i raggi cosmici primari risentono dell’azione derivante dal campo
magnetico terrestre e per la maggior parte vengono assorbiti nello strato più alto
dell'atmosfera. Tuttavia l'interazione di questi raggi (particelle ad alta energia) con
l'atmosfera terrestre comporta l'emissione di numerosi raggi secondari quali ad
esempio mesoni (particelle di massa compresa tra l'elettrone ed il protone), elettroni,
fotoni, protoni e neutroni che a loro volta possono creare altri raggi, costituiti sempre
da mesoni, elettroni, fotoni, neutroni e protoni.
1.2.4 RADIOATTIVITÀ NATURALE TERRESTRE
I principali radionuclidi primordiali sono il K-40, il Rb-87 e gli elementi delle
serie radioattive dell'U-238 e del Th-232. La concentrazione dei radionuclidi naturali
nel suolo e nelle rocce varia fortemente da luogo a luogo in dipendenza della
conformazione geologica delle diverse aree. In generale le rocce ignee e i graniti
contengono U-238 in concentrazioni più elevate delle rocce sedimentarie come il
calcare e il gesso. Alcune rocce sedimentarie di origine marina possono però
contenere U-238 in concentrazione assai elevata. L'uranio, come anche il torio, è più
abbondante nelle rocce acide che in quelle basiche. Tipici valori di concentrazioni di
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attività nel suolo sono compresi tra 100 e 700 Bq.kg-1
per il K-40, tra 10 e 50 Bq.kg-1
per i radionuclidi delle serie radioattive dell'U-238 e del Th-232.
1.2.5 RADIOATTIVITÀ NATURALE IN ARIA.
Nell'aria, la radiazione naturale è dovuta principalmente alla presenza di radon
e toron cioè di gas (7,5 volte più pesanti dell'aria) appartenenti alle famiglie
dell'uranio e del torio. Il decadimento dell'uranio-238 porta, infatti, alla formazione
di Ra-226 che, emettendo una particella alfa, decade in Rn-222, cioè radon; nella
famiglia del torio, il decadimento del Ra-224 porta alla formazione del Rn-220, cioè
toron. Il radon-222 è 20 volte più importante del radon-220.
1.3 IL RADON
Da un punto di vista chimico il Radon è uno dei gas nobili come il neon, il
kripton e lo xeno. Il radon può essere emanato dalle rocce, dai suoli e da materiali da
costruzione di origine naturale (come alcuni tufi, pozzolane, lave, graniti, scisti, etc.)
o artificiale (ad es. fosfogessi, residui delle attività di produzione di fertilizzanti e
detergenti, in elevata concentrazione nelle aree industriali) o, in percentuale molto
minore, dalle acque; infatti, è solubile in acqua fredda (e quindi viene trasportato
nelle acque profonde), ma poiché la sua solubilità decresce rapidamente con
l'aumentare della temperatura, può essere rilasciato quando l'acqua si riscalda. Il
radon emanato viene rapidamente disperso all'aperto, dove lo si trova in
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concentrazioni generalmente basse; quando invece è presente al chiuso (diffuso dal
suolo o dai materiali da costruzione), a causa del diminuito ricambio di aria esso
tende a concentrarsi. E' proprio la ridotta ventilazione negli edifici, a seguito dei
programmi di conservazione energetica iniziati negli anni '70, che ha risvegliato
l'attenzione degli addetti ai lavori al problema del radon negli ambienti chiusi. Esso,
infatti, come riconosciuto ormai da diversi anni dall'Organizzazione Mondiale della
Sanità è cancerogeno per l'uomo. Fu il fisico F. Dorn nel 1900 a scoprire che i sali di
radio producevano un gas radioattivo, il Radon. Questo elemento con massa atomica
222 e numero atomico 86 fu identificato con tale nome nel 1918. In natura esistono
26 isotopi del Radon compresi tra Rn199
e Rn226
di cui solo 3 si riscontrano in natura:
l’attinon (Rn219
) della serie dell’uranio (Ur235
), il toron (Rn220
) della serie di
decadimento del torio (Th232
) e il Radon (Rn222
) della serie di decadimento
dell’uranio (U238
) (il nuclide più abbondante in natura) (24, 63). Il Radon si forma in
seguito alla disintegrazione dell’uranio (Ur238
) e il suo decadimento, a sua volta, dà
luogo ad altri tredici elementi radioattivi. I rappresentanti più noti della serie sono il
Radon (Rn222
) e il suo diretto predecessore, il radio (Ra226
). La catena di decadimento
termina infine col piombo (Pb206
) che, non essendo radioattivo, è stabile (Tabella 1).
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Tabella 1 . Sequenza del decadimento dell’uranio 238
Uranio 238 α 4.5x109 anni
Torio 234 β 24.1 giorni
Protoattinio 234 β 1.2 minuti
Uranio 234 α 2.5x105 anni
Torio 230 α 7.5x104 anni
Radio 226 α 1600 anni
Radon 222 α 3.8 giorni
Polonio 218 α 3 minuti
Piombo 214 β 27 minuti
Bismuto 214 α e β 20 minuti
Polonio 214 α 1.5x10.4 secondi
Piombo 210 β 25 anni
Bismuto 210 β 5 giorni
Polonio 210 α 136 giorni
Piombo 206 stabile
Quando un nucleo decade perdendo una particella alfa, si forma un nuovo nucleo,
più leggero del precedente cioè un nuovo radioelemento. Un isotopo dell’uranio con
numero di massa Z+N= 238, ad esempio, si trasforma nell’atomo dell’elemento con
numero di massa 234, avente due protoni e due neutroni in meno, ossia un isotopo
del torio. Il torio 234 a sua volta è un elemento instabile e decade con emissione di
particelle beta. Questa emissione trasforma un neutrone in un protone, e comporta un
aumento della carica nucleare di un’unità. Poiché la massa dell’elettrone è
trascurabile rispetto a quella dei nucleoni, l’isotopo che deriva dal decadimento del
torio 234 ha numero di massa 234 e numero atomico 91 ed è pertanto un isotopo del
protoattinio.
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Il decadimento del Radon 222 con emissione di una particella alfa è seguito, entro
circa un'ora, da una serie di ulteriori quattro decadimenti: in due di questi avviene
un’emissione di particelle alfa, gli altri due sono accompagnati da altri tipi di
radiazioni. Gli atomi a breve vita in cui il Radon decade sono degli isotopi del
polonio, del piombo e del bismuto e sono indicati come progenie o figli del Radon o,
più semplicemente, come prodotti di decadimento del Radon. I prodotti di
decadimento del Radon restano sospesi nell’aria per pochi minuti della loro vita,
fissandosi spesso alle particelle di polvere. Gli elementi che vengono prima del
Radon nella catena, sono relativamente longevi e non danno dei problemi per quanto
riguarda l’esposizione alle radiazioni, a differenza del Radon stesso e degli altri
elementi che vengono subito dopo nella sequenza della catena che sono di breve
durata e quindi più pericolosi. I suoi predecessori si presentano in forma solida e
pertanto non migrano lontano dal punto del terreno in cui si trovano, il Radon è un
gas e può migrare per decine di centimetri nel terreno. A. B. Cohen afferma che, in
media, emergono dal suolo circa sei atomi di Radon al secondo per ogni “pollice
quadrato” (26).
Il Radon non reagisce con altri elementi chimici. Esso è il più pesante dei gas
conosciuti, ha una densità di 9,72 g/l a 0 °C ed è 8 volte più denso dell’aria, ed è
moderatamente solubile nell’acqua. Il suo coefficiente di solubilità alla temperatura
di 20 °C è di 0,25 e questo significa che il Radon si distribuisce più facilmente
nell’aria piuttosto che nell’acqua. Pertanto nelle sorgenti dove è disciolto il Radon
questo passa velocemente dall’elemento liquido all’aria.
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Il Radon che si forma a una profondità maggiore resta imprigionato e decade in loco
nei suoi sottoprodotti più solidi. Il potere di emanazione non dipende, pertanto,
esclusivamente dal contenuto di Radon, ma essenzialmente dalle caratteristiche
strutturali del materiale che lo contiene (56).
Il Radon (Rn222
) è presente nel sottosuolo quasi ovunque. La sua concentrazione nel
suolo varia da poche centinaia a più di un milione di Bq/m3. Le rocce con contenuto
elevato di uranio e di radio possono sprigionare maggiori quantità di Radon ma
questo è vero per le rocce permeabili e fratturate. Infatti, nei terreni che presentano
fratture, faglie, detriti e spazi vuoti, il Radon filtra facilmente, concentrandosi e
portandosi in superficie altrimenti si ha il decadimento in loco.
Negli spazi aperti la concentrazione del Radon non raggiunge mai livelli di guardia
per effetto della diluizione dei venti e delle correnti. Si calcola che volatilizzi in
ragione di 10 Bq/m3.
Il Radon penetra all’interno degli edifici per effetto della minore pressione che si
riscontra rispetto all’esterno. Normalmente l’interno delle abitazioni è in depressione
rispetto all’esterno. Questa depressione, che corrisponde solo a pochi Pascal, è
prodotta soprattutto dalla differenza di temperatura tra interno ed esterno (effetto
camino), e dal vento che colpisce l’edificio (effetto vento), ed è in grado di aspirare
dal sottosuolo il Radon che passa attraverso le microscopiche fessure delle superfici
di contatto con il suolo (14, 23, 60, 70). Tanto maggiore è la differenza di
temperatura e la forza e costanza dei venti, tanto maggiore è generalmente l’ingresso
e la conseguente concentrazione di Radon nelle abitazioni. Per questo motivo
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d’inverno e di notte si registrano le concentrazioni maggiori. Diversamente da quanto
avviene all’aperto, negli spazi confinati come scuole, abitazioni, uffici, magazzini,
ambienti di lavoro e via di seguito, è pertanto possibile un accumulo (17) più o meno
consistente di sostanza radioattiva in relazione non solo alle sorgenti, ma anche a
molteplici variabili, legate al microclima, alle scelte costruttive adottate, alla distanza
degli ambienti dal suolo e alle abitudini di vita delle persone: nel particolare sono
importanti le caratteristiche geologiche e morfologiche del terreno, lo stato di
ventilazione e di aerazione dei locali, la temperatura, l’umidità, lo stato delle
murature, le condizioni di stabilità e instabilità atmosferica (vento e piogge), e
variabilità in termini temporali (variazioni giorno/notte, variazioni con cicli
meteorologici e variazioni stagionali). Il radon inoltre può penetrare nelle abitazioni
attraverso fessure, giunti di connessione, canalizzazioni degli impianti idraulici,
elettrici e di scarico. Per tutti questi motivi il Radon è da considerarsi un inquinante
tipicamente indoor.
1.3.1 PROBLEMA DEL RADON IN EDILIZIA E NEI MATERIALI DA
COSTRUZIONE
Tutti i materiali da costruzione contengono tracce di radioattività. Esistono
diversi tipi di materiali da costruzione di origine naturale che a causa della loro
elevata concentrazione di radionuclidi possono rappresentare un vero e proprio
pericolo a livello collettivo in quanto aumentano la nostra esposizione negli ambienti
interni a concentrazioni elevate di gas radon. Il radon si può trovare nelle rocce
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d’origine vulcanica quali tufi, porfidi, graniti, pozzolane, in alcune argille e gessi. In
Italia i materiali lapidei maggiormente radioattivi sono la lava del Vesuvio, la
pozzolana, il peperino del Lazio e il tufo della Campania. La presenza del radon si
può riscontrare anche in materiali da costruzione ricavati dal riciclo di materiali
contaminati quali i cementi e le ceramiche prodotti con scorie di alto forno, i mattoni
prodotti con fanghi rossi (scarti della produzione dell’alluminio) e i cementi di
origine pozzolanica (Fig. 2).
Alcuni materiali possono inoltre contenere radioisotopi artificiali, in primo luogo il
cesio (Cs137) e, meno frequentemente, l’uranio (Ur238). Risulta evidente che tanto
più i materiali saranno suddivisi, tanto più facilmente rilasceranno gas radioattivi.
La concentrazione di radon è molto variabile sia da luogo a luogo che nel tempo.
Due edifici simili, vicini, possono avere concentrazioni molto differenti. Forti
variazioni della concentrazione di radon si possono riscontrare tra il giorno e la notte,
durante differenti condizioni meteorologiche e tra estate e inverno. Per questo motivo
una misura della concentrazione di radon significativa per capire la situazione e per
decidere cosa fare deve essere fatta per un periodo sufficientemente lungo,
possibilmente per un intero anno.
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Fig. 2 Contenuto di Uranio 238 e di Thorio 232 nei materiali di costruzione e nel suolo
Col termine NORM, acronimo di Naturally Occurring Radioactive Materials, si
indicano i materiali generalmente non considerati radioattivi, ma che contengono
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radionuclidi naturali in concentrazioni superiori alla media della crosta terrestre. I
NORM costituiscono la materia prima, il prodotto o il residuo della lavorazione in
numerose attività industriali. E’ perciò necessario identificare e porre sotto
sorveglianza tali processi industriali e le attività lavorative che implicano l’impiego,
lo stoccaggio oppure la produzione di materiali e/o residui che determinano un
aumento dell’esposizione della popolazione a causa del contenuto dell’attività
naturale (7). Queste attività sono disciplinate dalla normativa italiana di protezione
dalle radiazioni ionizzanti (28).
In Italia benché questo problema abbia un suo certo peso, non esiste ancora una
normativa che tuteli gli ambienti domestici.
Con questi presupposti è ancora più opportuna una maggiore attenzione quando si
decide di costruire degli edifici: è, infatti, necessario studiare non solo il suolo dove
s’intende costruire una nuova abitazione o un nuovo locale pubblico, ma valutare per
bene anche la tipologia dei materiali da costruzione. Non è possibile eliminare
completamente il radon dai nostri ambienti di vita. Il radon, infatti, è presente anche
all'esterno, in concentrazioni relativamente basse (5-10 Bq/m3). Tuttavia è possibile
e raccomandabile intervenire in quegli ambienti in cui la concentrazione è elevata
poiché è causa di elevato rischio per la salute. Al riguardo è utile considerare che la
componente della concentrazione indoor negli edifici italiani, per quanto riguarda i
materiali da costruzione, sia più rilevante che in altre nazioni. Il valore medio della
concentrazione di Radon in Italia è di 70-77 Bq/m3 e supera notevolmente la media a
livello europeo che equivale a 59 Bq/m3 e quella mondiale che corrisponde a 40
Bq/m3. Questa differenza è da attribuirsi alle caratteristiche geologiche del sottosuolo
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italiano, all’impiego di materiali con tracce di radioattività come tufi e pozzolane e,
non ultimo, al fatto che nel nostro paese sono spesso costruiti locali pubblici in
luoghi sotterranei direttamente comunicanti con l’interno.
Pertanto il legislatore nelle figure del Consiglio dell’Unione Europea e della
International Commission on Radiological Protection (47, 48, 49) ha raccomandato
agli stati membri d’intraprendere delle azioni atte a contenere i livelli di radioattività
non solo nei luoghi di lavoro ma anche nelle abitazioni private (35). Con il D.P.R. n.
246 del 1993 anche l’Italia recepisce la Direttiva della Comunità Europea
89/106/CEE concernente i materiali da costruzione. In particolare, si osserva che
“l’opera debba essere concepita e costruita in modo da non costituire una minaccia
per l’igiene o la salute degli occupanti o dei vicini, causata, dalla presenza nell’aria
di particelle o di gas pericolosi, dall’emissione di radiazioni pericolose”.
Nonostante tutto in Italia non è stato stabilito alcun limite concernente la presenza di
radioattività nei materiali da costruzione, diversamente da quanto avvenuto in alcuni
paesi quali Austria, Finlandia, Lussemburgo, Norvegia e Svezia. In tali nazioni
alcuni materiali sono stati dichiarati fuori legge, limitatamente alla presenza in essi
dei seguenti radionuclidi: Ra226
, Th232
e il K40
.
Per un elenco della radioattività relativa ad alcuni materiali è interessante riportare i
dati della concentrazione di radionuclidi in alcune pietre ornamentali italiane
(Tabella 2) (37).
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Tabella 2. Concentrazione di radionuclidi in alcune pietre ornamentali italiane
Pietra Ornamentale Tipo Prov Ra-226 Th-232 K-40 Bq/Kg Bq/Kg Bq/Kg
MONTE BIANCO Gneiss AO 166 86 832
PIETRA DI LUSERNA Gneiss CN 125 114 1276
BEOLA GHIANDONATA Beola NO 68 66 1208
BEOLA VERDE Beola NO 34 79 1891
BEOLA GRIGIA Beola NO 101 28 1431
BEOLA BIANCA Beola NO 48 14 1199
ROSA BAVENO Granito NO SO 68 1225
SERIZZO FORMAZZA serizzo NO 35 33 912
SERIZZO ANTIGORIO serizzo NO 24 42 738
BIANCO MONTORFANO Granito NO 72 73 1258
SERIZZO SEMPIONE Serizzo NO 29 40 763
ROSA BAVENO Granito NO 65 63 1100
SIENITE DELLA BALMA Sienite VC 375 339 1390
SIENITE GRIGIA A GRANA
FINE Sienite VC 364 256 1264
GRANITO ROSATO S.
PAOLO CERVO sienite VC 239 189 1206
GRANITO BIANCO DI
CAMPIGLIO sienite VC 269 173 1181
ROSA CERVO Granito VC 348 197 1210
ARDESIA Ardesia GE 46 47 924
PORTORO Marmo SP 4.02 <O.3 4.05
SERIZZO VALMASINO Serizzo SO 42 51 626
SERIZZO GHIANDONE Serizzo SO 31 52 1014
TONALITE Gneiss SO 30 26 498
PORFIDO DI ALBIANO Porfido TN 51 71 1476
CEPPO DI POLTRAGNO Ceppo BG 63 O.7 <3
GRANODIORITE Gneiss BS 30 86 1285
MULTICOLOR Granito BS 29 85 1170
PORFIDO Porfido BS 39 54 1164
NUVOLERA Marmo BS 2 <O.3 < 3
BOTTICINO Marmo BS 13 <O.3 < 2
ROSSO VERONA Marmo VE 1.04 2.07 14
GIALLO DORATO Calcare VI 12 O.6 5.03
PIETRA DI VICENZA
S.GOTTARDO Calcare VI 12 O.7 4.06
TRACHITE GIALLO
VENATA Trachite PD 36 51 1154
MONTEMERANO Travertino GR O.3 <O.2 <2.4
TRAVERTINO Travertino GR <O.2 <O.2 <2.4
BIANCO GIOIA Marmo MS 1.02 <O.2 5
STATUARIO Marmo MS 1.01 <O.2 5
BIANCO SCINTILLANTE Marmo MS 3.06 <O.2 <2
BIANCO CARRARA Marmo MS 3.09 <O.3 4.02
MARMO Marmo MS 1.05 <O.2 <2
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TOSCANO CHIARO
CLASSICO Travertino SI 0.06 O.2 <2
TOSCANO NOCCIOLA Travertino SI 1.06 O.7 9
ASCOLANO CHIARO
VENATO Travertino AP O.5 <O.2 <2
PEPERINO ROSATO Peperino VT 124 162 1351
PEPERINO GRIGIO Peperino VT 121 160 1340
BASALTINA Basalto VT 498 712 2354
TRAVERTINO Travertino RM O.5 <0.2 <2
ROSA LIMBARA Granito SS 43 49 972
ROSA BETA Granito SS 26 41 927
GOCEANO SARDO Granito SS 24 42 1181
BIANCO CATALANO Granito SS 28 36 1258
ROSA NULE Granito SS 38 61 1029
GOCEANO SARDO Granito SS 24 44 1181
GRIGIO PERLATO Granito SS 37 57 1039
ORO RIOBLANCO Granito SS 84 76 1281
ROSA FIORITO Granito SS 44 61 974
ROSA LIMBARA Granito SS 40 60 942
ROSA SARDO Granito NU 38 56 974
BIANCO SARDO Granito NU 47 90 1137
Tratto da: Il Radon nella Casa. U. Facchini, G. Valli, R. Vecchi. Ist. di Fisica Gen.
Applicata. Università di Milano, Maggio 1991.
1.4 ASSETTO GEOLOGICO DI INQUADRAMENTO
La morfologia dell’abitato di Nuoro é quella tipica della media collina legata a
litologie di tipo granitico e a tutti i prodotti di alterazione ed erosione connessi a
questo tipo di rocce. Si presenta con altitudini medie dell'ordine dei 500 - 600 metri
che vengono raggiunti dal Monte Biscollai (m. 627) e Punta Dionisi (m. 612). I tipi
litologici predominanti che affiorano nell’area in esame sono rappresentati da
granodioriti e relative arenizzazioni. Questa litologia fa parte del complesso
granitoide della Sardegna centro-settentrionale, ovvero del batolite Sardo-Corso
tardo-ercinico. La massa magmatica ha cominciato a raffreddarsi lentamente in
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profondità, dando così luogo ad un complesso di rocce intrusive. In seguito
all’azione dei principali agenti erosivi, si è avuto lo smantellamento della copertura
di scisti paleozoici e la venuta a giorno delle rocce granitoidi. Nel complesso la
morfologia si presenta abbastanza dolce in quanto spesso le rocce granitoidi si
presentano arenizzate e ricoperte, lungo i versanti, da detriti.
Localmente, ad una morfologia caratterizzata da versanti poco acclivi, si sostituisce
una morfologia caratterizzata, da versanti con notevoli pendenze soprattutto dove
l’azione combinata dell’erosione fisico – meccanica e dell’alterazione chimica ha
generato enormi blocchi isolati i “tafoni”. I corsi d’acqua dell’area sono impostati
prevalentemente lungo discontinuità di origine tettonica, evidenziando un reticolo
idrografico di tipo rettangolare dovuto alla presenza di una faglia principale sul quale
si sono impostati il Rio Su Grumene e il Rio Cannas e di una serie di faglie
secondarie di sbloccamento più o meno ortogonali, che hanno prodotto delle
incisioni vallive minori, come quella in cui scorre il Riu Isporosile. L’esistenza di
tale discontinuità tettonica, mascherata da detriti di vario tipo, si può evincere sia
dalla presenza di un filone di porfiriti intensamente fratturato che presenta la
medesima direzione, ma, soprattutto, dall’affioramento di una fascia di rocce di
basso grado metamorfico.
La stessa faglia è ben visibile anche in uno scavo aperto per la costruzione di un
edificio a valle dell’ospedale Zonchello, poco oltre il ponte della ferrovia, e prosegue
presumibilmente lungo la valle del Rio Cannas sotto le sue alluvioni. Le rocce
milonitiche, dovute alla frizione della faglia, si presentano in lenti e tasche ma talora
assumono un andamento filoniano attraversando tanto le granodioriti quanto il filone
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di porfirite. La zona di Biscollai é attraversata da un altro sistema di filoni, sia di
spessartiti, sia di apliti granitiche che si sovrappongono l’un l’altro. Nel parlare della
tettonica della zona non va comunque dimenticato di segnalare l’importante Faglia di
Nuoro che insieme con la Faglia di Olbia e la Faglia di Posada costituiscono
quell’insieme di faglie trascorrenti e con componente transpressiva attive a partire
dall’Oligocene e fino al Quaternario antico. Nell’area in esame, è stato possibile
riscontrare, nelle zone non antropizzate la presenza di granodioriti con le relative
arenizzazioni, mentre i depositi riferibili al Quaternario sono costituiti da materiali di
riporto. La stratigrafia è stata desunta dalla visione diretta di alcuni affioramenti siti
nelle vicinanze di Via Torres e dall’esame delle scarpate e versanti naturali posti a
valle di tale strada. È inoltre stato eseguito un sondaggio geognostico (S1), di cui si
allega la documentazione fotografica e la stratigrafia. La situazione litostratigrafica
riscontrata nel sondaggio è la seguente:- (0,00 – 0,20) Materiali di riporto: eterogenei
ed eterometrici, con potenze variabili fino ad alcuni metri. La loro origine è dovuta
principalmente a scavi effettuati per la costruzione di altre opere. La potenza di tali
accumuli è variabile in funzione al dislivello iniziale tra il lotto in questione e la sede
stradale. Dal punto di vista fisico, in linea di massima li possiamo definire incoerenti
e con bassa resistenza meccanica.
(0,20 – 4,00) Sabbioni: derivanti dal disfacimento delle granodioriti litoidi
fratturate o poco fratturate a causa degli agenti atmosferici con ancora evidenti
cristalli dell’ordine dei millimetri e talvolta dei centimetri. La colorazione è
generalmente dal marrone scuro al marrone chiaro o nocciola con evidenti
fenomeni di ossidazione. Nella geologia locale sono presenti inoltre:
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Detrito di versante: costituito da un deposito a carattere prevalentemente caotico
di ciottoli e ciottoletti eterometrici, principalmente a spigoli vivi, di granodiorite
e di rocce filoniane di varia natura, spesso molto alterati e talvolta cementati da
un sabbione di colore rosato in cui è ancora possibile riconoscere i minerali
originari.
Filoni: rappresentati da rocce di vario tipo e composizione ma riconducibili a
corpi intrusivi derivanti da un’unica camera magmatica. Questa conclusione è
possibile grazie alle analogie che essi presentano dal punto di vista classificativo
e giaciturale. Sono presenti filoni di colore chiaro o scuro per la presenza di
abbondanti minerali di ferro e mica quali biotite e l’anfibolo orneblenda che
rappresenta il minerale predominante. Questi filoni di spessartite sono
contemporanei ai filoni aplitici e pegmatitici nei quali però sono assenti i
minerali femici. Questi ultimi hanno una composizione mineralogica simile ai
graniti poiché il minerale caratteristico é un plagioclasio di tipo sodico (albite),
abbondante quarzo mentre tra le miche é presente la mica bianca o muscovite.
Ciò che distingue i filoni aplitici da quelli pegmatitici è che mentre i primi hanno
una struttura caratterizzata da grossi cristalli di albite, nei secondi la struttura é
microgranulare cioè i minerali hanno un contorno irregolare e si compenetrano
l’uno con l’altro. Sono presenti numerosi filoni di quarzo.
Granodioriti tonalitiche: costituiscono il tipo litologico predominante e fanno
parte del batolite Sardo–Corso, messosi in posto a partire dal Carbonifero
inferiore e sino al Permiano. Sono rocce intrusive caratterizzate dalla
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predominanza di un plagioclasio, che costituisce circa i 2/3 dei minerali presenti,
da una bassa percentuale di quarzo (8 - 10 %), mentre, rispetto ai graniti in senso
stretto, presentano maggiori percentuali di minerali femici. Nelle poche zone non
antropizzate, nell’intorno dell’area oggetto di studio affiorano principalmente
graniti e granodioriti sopra descritte. Da un esame macroscopico si osserva una
roccia con granulometria che varia da medio-fine a grossolana (diametro medio
3,5 mm), di colore grigio-rosato con piccole macchie nere (cristalli di biotite) e
grosse macchie biancastre (cristalli di quarzo) e rosate (cristalli di k-feldspato);
talvolta sono presenti iso-orientazioni di flusso evidenziate dalla disposizione
delle biotiti. Da un esame microscopico viene rilevata la presenza di quarzo e k-
feldspato (microclino e ortoclasio) in proporzioni circa uguali, plagioclasio
sodico (andesina), biotite e orneblenda (anfibolo verde). La presenza di
quest’ultimo minerale è ben evidente in alcuni affioramenti nelle parti basse dei
versanti dell’Ortobene, in cui l’orneblenda raggiunge notevoli dimensioni e la
roccia dal grigio tende al verde. I minerali accessori presenti sono: titanite,
apatite, zircone, pirite, allanite. Le granodioriti appaiono, in tale area,
intensamente arenizzate per spessori di 1 - 2 metri o anche più e localmente
argillificate per l’alterazione chimica dei plagioclasi. Al di sotto di questo livello
arenizzato si é potuta osservare la presenza di un substrato roccioso molto
fratturato, con superfici di discontinuità orientate in vario modo e intersecantesi
una con l’altra, per dare luogo a numerose famiglie di giunti. La maggiore
facilità al taglio secondo direzioni parallele a questi piani di fessurazione,
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potrebbe far pensare ad uno stato potenziale di tensione, che, del resto, è
evidenziato dalle tracce di disaggregazione secondo detti piani.
1.5 EFFETTI DEL RADON SULLA SALUTE
Il radon è un agente cancerogeno. L'Organizzazione Mondiale della Sanità
(WHO), ha riportato fin dal 1988 il radon nel Gruppo 1 tra le 95 sostanze dichiarate
cancerogene per l’uomo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro
(IARC) (15, 16, 46). Il principale effetto sanitario è il tumore polmonare.
Il radon è un elemento inerte ed elettricamente neutro, per cui non reagisce con altre
sostanze. Di conseguenza, così come viene inspirato, viene espirato. Tuttavia è anche
radioattivo, ossia si trasforma in altri elementi, chiamati prodotti di decadimento del
radon, o più generalmente "figli del radon". Sono particelle solide elettricamente
cariche che si attaccano al particolato rimanendo sospese nell’aria che si respira e si
attaccano sulle superfici dei tessuti polmonari. Anche loro sono radioattive, in
particolare due isotopi del polonio (Po-218 e Po-214), ed emettono radiazioni"alfa"
che colpiscono a seguito dell’inalazione il tessuto polmonare.
I danni che vengono prodotti sono generalmente riparati dai meccanismi biologici. In
alcuni casi il meccanismo di difesa uccide le cellule colpite, altre volte però si crea
un danno di tipo degenerativo e la cellula mantiene la capacità di riprodursi entrando
a far parte di un processo cancerogeno. Fino ad oggi non sono stati dimostrati altri
effetti, diversi dal tumore polmonare.
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Fondamentale importanza assume la combinazione tra fumo di tabacco e esposizione
al radon. Il rischio assoluto di un tumore polmonare causato dal radon per i fumatori
viene considerato 15-20 volte superiore rispetto al rischio per i non fumatori.
Secondo recenti stime, circa l’11 % degli oltre 31.000 casi di tumore polmonare che
ogni anno si registrano in Italia, sono attribuibili al radon e per la grande
maggioranza tra i fumatori. Tale numero rappresenta circa il 2% di tutti i decessi per
ogni tipo di tumore.
Nel 1951, test sugli animali dimostrarono la sua potenziale cancerogenicità per i
polmoni.
Ernest Rutherford aveva fatto notare che ognuno inala del Radon ogni giorno, ma
solo nel 1956 furono eseguite misure nelle case. L’alto livello di Radon rilevato non
riscosse molto interesse; solo venti anni dopo s’iniziarono a eseguire misure in larga
scala in numerose nazioni, e si capì che era possibile raggiungere livelli molto alti di
radioattività anche nelle abitazioni, comparabili con quelli delle miniere.
Il cambiamento molto spinto del nostro stile di vita a cui abbiamo assistito negli
ultimi decenni, rende sempre più attuale la problematica del Radon. L’uomo
trascorre ormai sempre meno tempo all’aria aperta perché le attività di lavoro e di
socializzazione avvengono sempre più frequentemente in locali confinati.
L’esposizione al Radon ai giorni d’oggi è senz’altro maggiore rispetto ai decenni e
secoli precedenti.
Viene da pensare che il Radon debba essere il minimo dei nostri problemi di
radiazione poiché è un gas inerte. Così sarebbe, infatti, se non fosse che quando
respiriamo introduciamo ed emettiamo costantemente aria nei e dai nostri polmoni.
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In questo processo il gas Radon semplicemente entra ed esce, producendo pochi
danni, ma i prodotti del suo decadimento, che si trovano nel particolato atmosferico
presente negli ambienti chiusi, essendo elementi sostanzialmente solidi e a volte
carichi elettricamente, possono attaccarsi alle pareti dei tubi bronchiali. Ciò li mette
nella condizione di produrre il danno maggiore, dato che le cellule che rivestono i
nostri tubi bronchiali sono fra le cellule del nostro corpo più sensibili al cancro
indotto da radiazioni. Le particelle alfa emesse nel decadimento dei prodotti del
Radon, nonostante la loro scarsa capacità di penetrazione, possono raggiungere
queste cellule sensibili poiché sono depositate così vicino ed esse. A rendere la
situazione ancora più difficile sta il fatto che le particelle alfa sono molto più
efficienti d’altri tipi di radiazioni per indurre il cancro. Il fatto stesso che non sono
penetranti significa che rilasciano gran parte della loro energia in ciascuna delle
cellule che attraversano e questo gran rilascio d’energia in una singola cellula è
proprio ciò che è necessario per iniziare un processo cancerogeno. Si ha così che la
probabilità di una particella alfa di provocare il cancro è cento volte più alta rispetto
ad altri tipi di radiazioni, una volta che sia riuscita a raggiungere una cellula. La
nostra attività respiratoria consente alle particelle alfa dei prodotti di decadimento del
Radon di raggiungere queste cellule. Il Radon è ritenuto essere una causa importante
del cancro polmonare (38, 55), causa di morte ogni anno per circa 15.000 americani.
In Italia le stime attuali riportano 4.000 casi di tumore polmonare, in Inghilterra
2.000 e 900 in Svezia. Il “livello d’intervento” suggerito dall’EPA Ente Per la
salvaguardia dell’Ambiente per il Radon nell’aria è di 4 pCi/l. (un picoCurie/litro
corrisponde a 37 Bq/m3 ). È difficile convertire le concentrazioni nell’aria in
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esposizioni reali in rem (1rem=100 Sv) o in Sievert, ma valutazioni relative portano a
far corrispondere tale concentrazione a valori tra i 4 e i 14 rem l’anno. Questo la
rende la maggiore di tutte le altre normali esposizioni ambientali messe insieme.
La cancerogenicità del Radon è dimostrata da studi molecolari e cellulari effettuati
sugli animali, e soprattutto da studi epidemiologici. Il meccanismo d’induzione del
tumore da parte delle radiazioni è un processo complesso, non ancora del tutto noto,
che avviene in più stadi, che possono essere influenzati, ognuno, da altri fattori. Per
quantificare il rischio sanitario per la popolazione associato all’esposizione al Radon
e ai suoi prodotti di decadimento, la tendenza attuale è quella che si basa su studi
epidemiologici sui minatori. A parte il fumo di tabacco, che è stato preso in
considerazione, in ambienti sotterranei quali sono le miniere, rivestono particolare
importanza l’esposizione a polveri (silicio), a prodotti di combustione di motori
diesel che alimentano macchine quali perforatrici ecc. Nonostante le limitazioni
dovute a tali fattori, gli studi condotti, hanno dimostrato la cancerogenicità al
polmone per esposizione al radon. La valutazione complessiva dei risultati è stata
condotta sui dati relativi a 11 coorti di lavoratori, condotti negli USA, Canada,
Svezia, Francia, Cecoslovacchia e Cina. su un totale di 60.000 minatori e di 2700
tumori polmonari.
Negli ultimi decenni sono stati sviluppati diversi modelli di calcolo per la
valutazione dell’aumento del rischio di tumore polmonare (46, 47, 48).
Recenti e accurate stime di rischio che valutano l’esposizione al Radon nelle
abitazioni come risulta in 13 studi europei su un totale di 7.148 casi di tumore
polmonare e di 14.208 controlli, confermano il trend degli ultimi decenni. Il rischio
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in eccesso rispetto alla non esposizione è valutato in circa il 16% per ogni 100
Bq/m3; pertanto, poiché la concentrazione media italiana di 70 Bq/m
3, circa l’11%
degli oltre 31.000 casi di tumore polmonare che si registrano annualmente in Italia
sono attribuibili al Radon e, per la maggior parte, tra i fumatori, in ragione di un 2 %
di tutti i decessi per ogni tipo di tumore (10, 15, 16).
1.5.1 INTERVENTI PREVENTIVI
Dal momento che la problematica concernente il rischio da esposizione del gas
Radon è complesso e coinvolge molte discipline e tante competenze amministrative,
il raggiungimento dell’obiettivo della sua riduzione sembra unicamente legato alla
predisposizione di un Piano Nazionale Radon (PNR), col quale programmare e
coordinare le numerose e diverse azioni da intraprendere (59). In sostanza è quanto
già avvenuto nei paesi europei (2) e del Nord America (51) che per primi si sono
confrontati con questa problematica sin dagli anni ’80.
A livello mondiale, nel 2005, l’OMS ha creato l’International Radon Project (Irp), in
cui venti paesi hanno formato una rete di collaborazione per identificare e
promuovere programmi per la riduzione dell’impatto del Radon sulla salute. Il
progetto, di durata triennale, ha come principale obiettivo l’elaborazione di linee
guida e delle raccomandazioni per ottenere una strategia comune nei diversi stati. Il
primo e il secondo meeting si sono svolti a Ginevra rispettivamente a gennaio 2005
(69) e a marzo 2006 (68), il terzo si è tenuto a Monaco a marzo del 2007.
Alla luce di quanto sinora detto è necessario conoscere la situazione dettagliata per
quanto concerne l’esposizione al rischio Radon delle nostre regioni. A tal fine sono
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necessarie delle mappature da realizzarsi in tutte le regioni italiane per individuare il
territorio e quindi le abitazioni con maggiore presenza di Radon per poterne ridurre
la concentrazione. In secondo luogo è opportuna un’adeguata campagna di
promozione e d’informazione a livello nazionale (6, 21, 25, 50) e, infine, non appena
individuate le zone a rischio Radon, attuare con ogni mezzo a nostra disposizione le
necessarie contromisure per risolvere il problema (64, 65, 66, 67). Tutti i dati sulle
misure e sulle azioni di rimedio saranno registrati nell’Archivio Nazionale Radon,
che rappresenta lo strumento fondamentale per la valutazione e il controllo
dell’efficacia dei programmi per la riduzione del rischio Radon (50, 59). In tale
direzione, molti paesi industrializzati hanno emanato delle raccomandazioni per
meglio valutare e risolvere il problema del Radon come fattore di rischio per la salute
del cittadino.
La preparazione del PNR italiano è stata commissionata, nell’ambito della
Commissione tecnico-scientifica per l’elaborazione di proposte d’intervento
preventivo e legislativo in materia d’inquinamento “indoor (D.M. 8 Aprile 1998)”,
al gruppo di lavoro “Radon”, comprendente esperti di varie amministrazioni, che
hanno concluso i propri lavori nel febbraio del 2002. Il 22 marzo del 2002, il PNR è
stato esaminato favorevolmente dal Consiglio Superiore di Sanità e il 23 settembre è
visionato positivamente anche dalla conferenza Stato-Regioni sotto forma di
proposta di Accordo tra il Ministro della Salute e le Regioni. Dalla fine del 2005, il
PNR è stato inserito tra i progetti del Ccm, ottenendo un primo finanziamento per
due anni come “Avvio del piano nazionale Radon”. A coordinare il progetto è
l’Istituto Superiore di Sanità, con la collaborazione delle regioni, dell’Istituto
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Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro (ISPESL), dell’Agenzia per
la Protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT). Il Piano Nazionale Radon
punta a realizzare nei prossimi anni, in maniera coordinata e condivisa a livello
nazionale, tutte le azioni necessarie per affrontare e risolvere il problema Radon (58,
59).
In sostanza, in Italia, non esistono per gli ambienti di vita privata, se escludiamo i
luoghi di lavoro (27, 29, 30), livelli di riferimento per la salvaguardia della
popolazione dai rischi derivanti dall’esposizione a sorgenti naturali di radiazioni.
Pur in mancanza di un’adeguata normativa nazionale, in diverse regioni del nostro
paese, vari Laboratori e Centri di Riferimento regionali per la Radioattività si sono
attivati per eseguire delle rilevazioni del gas Radon nelle abitazioni e nelle scuole.
Negli anni novanta fu eseguita l’Indagine Nazionale sulla radioattività naturale nelle
abitazioni, coordinata dall’ISS e dall’ENEA-DISP (ora APAT) (18, 19, 22). Da
allora sino al 2001 sono state censite 93 indagini secondo quanto riferito nella
“Rassegna nazionale delle iniziative di monitoraggio in tema di Radon per la
caratterizzazione del territorio” (19). La realizzazione di tali indagini ha rivelato
peraltro delle notevoli differenze sia nella scelta del campionamento degli edifici e
abitazioni selezionate, sia nelle metodiche d’esecuzione delle rilevazioni della
radioattività.
1.6 LEGISLAZIONE
Essendo il Radon un gas incolore e inodore, la sua presenza e i suoi effetti non
sono direttamente avvertibili dall’uomo. Nell’antichità, prima di costruire una
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semplice abitazione o un edificio pubblico, si osservava attentamente il
comportamento degli animali. Presso i romani ad esempio, se dei cani sostavano a
lungo in un determinato luogo, si pensava che quello fosse uno spazio salubre, di
contro, se si vedeva che gli animali si sentivano a disagio o non sostavano in un dato
posto, lo consideravano non salutare né adatto per costruirvi una casa. La tecnologia
oggi ci permette di eseguire controlli e misure in maniera rigorosamente scientifica e
ci dà la possibilità di verificare eventualmente, prima di intraprendere delle opere
costruttive, la presenza di elementi di disturbo o semplicemente nocivi per la salute
degli uomini e di regolarci quindi di conseguenza.
La problematica dell’inquinamento da Radon negli ambienti indoor è ben più
complessa di quanto si possa immaginare perché deve confrontarsi con realtà molto
diverse all’interno di ogni singolo paese o regione. D’altra parte anche la legislazione
nei diversi paesi, dell’area comunitaria e non, non è univoca e prevede range di
tolleranza dei livelli di radioattività molto differenti tra loro. In alcuni paesi esistono
per esempio livelli diversi a seconda che si tratti di edifici di vecchia o nuova
costruzione: in Svizzera il livello consentito è addirittura di 1000 Bq/m3
e di 400
Bq/m3 rispettivamente
(8); in Italia, in Austria, in Finlandia, in Norvegia, in
Danimarca e in Svezia, i limiti di radioattività consentiti sono di 200 Bq/m3 per gli
edifici di nuova costruzione e di 400 Bq/m3 per quelli già costruiti; i due valori sono
diversi in relazione alla maggiore semplicità d’intervento in caso di nuovi edifici;
altri paesi invece hanno adottato valori di riferimento unici per case già costruite e in
costruzione: gli Stati Uniti 150 Bq/m3, l’Inghilterra 200 Bq/m
3, Repubblica Ceca 200
Bq/m3, il Canada 800 Bq/m
3 e la Germania 250 Bq/m
3.
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In definitiva, da quando nel 1879 si iniziò a parlare della “Malattia di Schneeberg”
come cancro ai polmoni, sino a oggi, non si è ancora riusciti a fissare dei limiti
all’esposizione al Radon o dei livelli di tolleranza simili tra loro, neanche nei paesi
industrializzati. Infatti, i diversi paesi presentano sostanziali divergenze
nell’approccio al problema, non solo dal punto di vista legislativo ma anche e
soprattutto da quello operativo.
1.6.1 LEGISLAZIONE COMUNITARIA
In numerosi paesi industrializzati sono state adottate delle normative (sotto
forma di raccomandazioni) che determinano dei livelli limite di concentrazione di
Radon oltre i quali è necessario intraprendere dei provvedimenti per ridurne i livelli
negli ambienti indoors. Tali concentrazioni sono state fissate tenendo conto delle
singole realtà nazionali, in relazione alle variabilità locali di concentrazione e dopo
un’attenta valutazione dei costi necessari per abbattere i livelli oltre le soglie di
sicurezza consigliate. In quasi tutti i paesi dove tali raccomandazioni sono
effettivamente funzionanti, i costi sono a carico dei proprietari degli edifici. Solo in
alcuni paesi lo stato interviene con incentivi sotto forma di prestiti agevolati.
I livelli di concentrazione di Radon proposti o adottati come riferimento variano da
nazione a nazione e questo pur non esistendo una concentrazione di riferimento
“sicura” al di sotto della quale non c’è rischio di contrarre il tumore ai polmoni. Di
recente la Commissione Internazionale per la protezione Radiologica (49), non
ritenendo utile fissare livelli specifici per le case di nuova progettazione, ha
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raccomandato che i valori soglia oltre i quali è necessario intraprendere opere di
bonifica, sono compresi tra 200 Bq/m3 e 400 Bq/m
3.
Sono di seguito elencate le principali normative europee in merito.
Direttiva 80/836/Euratom del Consiglio dell’15.07.1980. Modifica le direttive
che fissano le norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della
popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni
ionizzanti (33). G. U. n. 246 del 17 settembre 1980.
Direttiva 84/467/Euratom del Consiglio dello 03.09.1984. Modifica la
direttiva 80/836/Euratom per quanto concerne le norme fondamentali relative
alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli
derivanti dalle radiazioni ionizzanti (34).
Direttiva 89/106/CEE del Consiglio del 21/12/1988 (35). È una sorta di norma
quadro per la regolamentazione dell’impiego di materiali edilizi utilizzati in
opere di costruzione (attualmente disattesa).
Raccomandazione Euratom n. 143/90 della Commissione del 21.02.1990:
stabilisce i criteri per la protezione della popolazione contro l’esposizione al
Radon in ambienti chiusi (62). Di fatto, traduce e interpreta in termini
operativi le raccomandazioni dell’ICRP del 1984. Tale Raccomandazione
individua in 400 Bq/m3 il livello di concentrazione media annua di gas Radon
per un’azione correttiva negli edifici già esistenti, mentre per gli edifici di
nuova costruzione il livello di concentrazione non deve superare i 200 Bq/m3.
D.l.gs
n. 230/1995: 17.03.1995 (29); normativa per gli ambienti di lavoro (il
presente Decreto non si applica all’esposizione al Radon nelle abitazioni).
Raccomandazione Euratom n. 928/2001 della Commissione Europea del
20.12.2001: tutela della popolazione contro l’esposizione al Radon nell’acqua
potabile.
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1.6.2 LEGISLAZIONE ITALIANA
In Italia, dopo l’istituzione del Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare con
la Legge n. 933 dell’11 agosto 1960 (52) e con la successiva Legge n. 1860 del 31
dicembre 1962 (53), si inizia a parlare di sicurezza degli impianti e protezione
sanitaria dei lavoratori e delle popolazioni contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti
col Decreto del Presidente della Repubblica n. 185 del 13 febbraio 1964 (36).
In seguito, il nostro paese non ha recepito le direttive 1980 e 1984 ed è stato
condannato per questo motivo dalla Corte dell’Aja.
D.lgs n. 230/1995: "Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom,
92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti" (29).
D.lgs n. 187/2000 (28): Attuazione della direttiva 97/43/Euratom in materia di
protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti
connesse ad esposizioni mediche.
Per quanto riguarda la normativa si deve distinguere tra ambienti di lavoro e
ambienti domestici.
D.lgs n. 241/2000, CAPO III – bis (30): normativa che introduce la valutazione e il
controllo dell’esposizione al Radon negli ambienti di lavoro incluse le scuole e le
palestre. Attuazione della direttiva 96/29/Euratom. Modifica e integra il D.lgs n.
230/1995 (successivamente modificato dal D.lgs n. 257 del 2001).
Il legislatore indica le varie tipologie di lavoro, in particolare quelli in ambienti
sotterranei, stabilendo l’obbligo per i datori di lavoro di effettuare controlli e misure
nei locali di lavoro, fissando in 500 Bq/m3 il limite d’esposizione radioattiva oltre cui
è necessario intervenire con azioni di bonifica ambientale. Un limite della suddetta
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normativa è che il datore di lavoro, fatta eccezione per gli esercenti di asilo nido,
scuola materna e scuola dell’obbligo, in caso di superamento del livello di 500
Bq/m3, è dispensato da azioni di rimedio se dimostra, tramite un esperto qualificato,
che nessun lavoratore è esposto a una dose superiore a 3 mSv/anno (1 Sv = 100 rem).
Fin da subito avrebbero dovuto essere misurati tutti gli ambienti di lavoro sotterranei
ed, entro 5 anni, le Regioni avrebbero dovuto individuare le aree in cui stabilire
l’obbligo di effettuare controlli della concentrazione di Radon anche negli ambienti
di lavoro di superficie. Questo decreto ha attirato anche l’attenzione di molti
operatori privati per quanto riguarda il monitoraggio e le possibili azioni di rimedio,
non solo per i luoghi di lavoro, ma anche per le abitazioni. Tuttavia, attualmente, per
gli ambienti domestici non vi sono delle normative italiane e questa, alla luce della
pericolosità dell’esposizione al Radon, è una grave lacuna. In effetti, in ambienti
domestici le esposizioni possono essere superiori a quelle riscontrabili nei luoghi di
lavoro, in virtù del maggior tempo di permanenza e per il fatto che gran parte di
questo tempo è trascorso di notte, durante la quale, come già visto, le concentrazioni
sono generalmente superiori alla media.
L’unico riferimento possibile è la Raccomandazione Euratom n. 143/90 (62) il cui
contenuto è piuttosto ambiguo. Il risultato è che i paesi dell’UE che hanno deliberato
in materia hanno finito per produrre norme diverse, che impongono o raccomandano
valori di riferimento che oscillano tra i 200 e i 1000 Bq/m3. A livello regionale, solo
la regione del Veneto ha emanato una delibera riguardo l’esposizione al Radon in
ambienti domestici (31). nella quale è stato individuato un valore di riferimento di
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200 Bq/m3 di concentrazione di Radon media annuale, oltre il quale è raccomandato
di adottare azioni di bonifica.
Delibera n. 941 del 18 marzo 2005, Allegato A (32): piano triennale dei servizi di
Igiene e Sanità Pubblica (SISP) afferenti ai dipartimenti di prevenzione delle aziende
ULSS del Veneto 2005-2007.
Legge regionale del Lazio n. 14 del 31 marzo 2005 (54), Prevenzione e salvaguardia
dal rischio gas Radon.
1.7 METODI DI RILEVAZIONE DEL RADON
L’unità di misura della concentrazione di radon, secondo il Sistema di
Unità Internazionale (SI) è espressa in Becquerel per metro cubo (Bq/m3),
dove il Becquerel indica il numero di disintegrazioni al secondo di una
sostanza radioattiva 1 Bq 1 s-1
Attualmente, per la misurazione del Radon, esistono due differenti tecniche che
utilizzano dei rilevatori attivi e passivi.
1.7.1 RILEVATORI ATTIVI
I rilevatori attivi sono degli strumenti elettronici portatili che permettono di
monitorare la concentrazione del Radon in continuo per ore e giorni e persino per
diversi mesi, programmando lo strumento a registrare delle medie orarie per un
periodo a scelta dell’utente. Questi strumenti sono dotati di un sensore Geiger
particolarmente sensibile alle radiazioni alfa. I dati registrati possono essere scaricati
nel luogo dell’indagine con un notebook, oppure direttamente via modem.
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Il costo elevato di questi rilevatori attivi è giustificato da risultati attendibili e
completi.
Questi strumenti possono, infatti, registrare oltre alla concentrazione del Radon, altri
parametri importanti come la temperatura interna ed esterna del locale, la pressione
atmosferica, l’umidità relativa e un eventuale spostamento o manomissione
dell’apparecchio. È possibile, inoltre, analizzare l’andamento temporale dei
parametri registrati e correlarli tra loro. La facile manovrabilità e la possibilità di
ottenere un riscontro in tempo reale della misura del Radon permettono in pratica di
verificare la riuscita d’eventuali opere di bonifica dei locali come risanare una crepa
del muro o del pavimento o sistemare un condotto d’aerazione delle cantine e degli
interrati. Altro vantaggio è la possibilità di verificare in tempo reale l’influenza
dell’eventuale presenza del riscaldamento acceso o spento, attivo o passivo, dell’aria
condizionata o della ventilazione in depressione o meno.
1.7.2 RILEVATORI PASSIVI
I rilevatori passivi sono costituiti da pellicole e materiali speciali come carbone
attivo o nitrato di cellulosa (LR115) che sono sensibili alle radiazioni. Questi
dispositivi sono definiti passivi perché non necessitano di alimentazione elettrica;
sono posizionati nei locali ove s’intende rilevare la presenza del Radon per un tempo
variabile a seconda del tipo di rilevatore e, una volta rimossi, sono sottoposti in
laboratorio a delle procedure d’analisi chimiche e fisiche per la determinazione della
concentrazione media nel tempo durante il quale il dispositivo è stato a dimora. Per
ottenere delle indicazioni soddisfacenti è necessario che questi rilevatori restino
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operativi per almeno un mese. Questo lungo periodo per la rilevazione è motivato dal
fatto che, come già accennato, esistono una discreta quantità di variabili temporali e
stagionali che influiscono nel determinare la concentrazione del Radon negli
ambienti indoor: pressione, temperatura, umidità, ventilazione, luminosità e fascia
oraria. Altra variabile importante è la presenza d’individui e il tipo e l’entità delle
attività svolte dalle persone fisiche presenti negli ambienti confinati.
Le tre tecniche di misura maggiormente impiegate per la rilevazione del Radon con
strumentazione passiva sono: rilevazione delle tracce alfa, adsorbimento su canestri a
carboni attivi e rivelazione di carica elettrica mediante elettrete.
1.7.3 RILEVATORI A TRACCE NUCLEARI
Il rilevatore a tracce nucleari (dosimetri Radon) è costituito da un foglio di
materiale organico speciale, polimeri sottili, in genere poliallildiglicol carbonato
(CR-39), policarbonato (Makrofol) e nitrato di cellulosa (LR-115 e CN-85) (42), che
interagiscono solamente con le radiazioni alfa del Radon e della sua progenie. Questi
rilevatori sono inseriti in particolari contenitori cilindrici di plastica detti dispositivi
di campionamento: hanno differenti forme ed essendo di dimensioni contenute
(dell’ordine di pochi centimetri cubici), si presentano leggeri, estremamente
maneggevoli e, soprattutto, di facile utilizzo. I dispositivi di campionamento sono
posizionati negli ambienti da monitorare, attivati e lasciati per un tempo stabilito. Il
Radon, che penetra in questi rilevatori per diffusione e per permeazione, decade con
una serie di radiazioni alfa che sono registrate dai materiali sensibili in essi contenuti.
Le particelle alfa emesse dal Radon o dai suoi prodotti di decadimento hanno una
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certa massa e una certa velocità. Nella loro interazione con questi rilevatori
rilasciano l’energia che possiedono durante gli urti con gli atomi o le molecole che
incontrano nel loro percorso. A causa della loro massa relativamente grande sono in
grado di ionizzare il mezzo che attraversano, ossia di romperne i legami molecolari e
atomici producendo ioni. Mentre in molti materiali gli ioni si ricombinano e non
rimane alcun segno del passaggio della radiazione, nel caso di questi materiali
dielettrici (materiali plastici) tali processi producono, in determinate condizioni, una
rottura permanente dei legami molecolari, lasciando quindi una traccia del loro
passaggio. Queste tracce non sono visibili a occhio nudo, essendo dell’ordine di
alcune decine di nanometri (milionesimi di millimetro). Tuttavia se il materiale è
sottoposto ad alcune procedure chimiche (trattamento con soluzioni acide o alcaline
a temperature di alcune decine di gradi) queste tracce si sviluppano fino a diventare
visibili ai normali microscopi ottici o addirittura, in alcuni casi, ad occhio nudo. Al
termine dell’esposizione i dispositivi sono riconsegnati al laboratorio di analisi
utilizzando nella fase di trasporto alcune accortezze come l’attivazione di congegni
connessi al dosimetro stesso o l’uso di particolari custodie in materiale non
permeabile al Radon (questo per evitare esposizioni aggiuntive a quelle del locale
monitorato).
Il laboratorio provvede quindi allo sviluppo chimico del rilevatore e al conteggio
delle tracce; dal conteggio del numero di tracce che si sviluppano, proporzionale alla
concentrazione di Radon presente nell’ambiente in cui il materiale è stato esposto e
al tempo d’esposizione, è possibile ricavare il valore della concentrazione di Radon
specifico del locale monitorato durante il periodo di misura. Questa tecnica di misura
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è stata ampiamente studiata (41) e offre un accettabile grado di affidabilità. La
sensibilità dei rilevatori a tracce nucleari è in genere molto elevata e valida anche per
misurare concentrazioni di Radon di poche decine di Bq/m3. Il sistema è indicato per
tempi d’esposizione superiori al mese fino a un massimo, indicativamente, di un
anno (5). Fattore limitante nell’utilizzo di questi dosimetri è la necessaria attenzione
da prestare presso l’organismo di misura competente per quanto riguarda alcune
misure concernenti lo stoccaggio del materiale plastico prima della sua esposizione.
Questi dosimetri hanno un limite massimo di misura di 900 Bq/m3 e sono quelli più
utilizzati per conoscere le concentrazioni annuali aventi valore legale.
1.7.4 CANESTRI A CARBONE ATTIVO
Lo strumento è costituito da una scatola metallica cilindrica contenente carboni
attivi che adsorbono il Radon presente nell’aria. Dopo un tempo d’esposizione
dell’ordine di qualche giorno, i canestri, che adsorbono il Radon ma non lo rilevano,
sono sottoposti ad un’analisi di spettrometria gamma tramite rilevatore a
scintillazione, tipicamente a cristalli di ioduro di sodio. Dai risultati dell’analisi
spettrale, dalla conoscenza del tempo d’esposizione e del fattore di calibrazione si
ricava la concentrazione relativa al periodo d’esposizione. La tecnica dei carboni
attivi è adatta per misure di concentrazioni anche inferiori ai 20 Bq/m3
e richiede
pochi giorni per la sua realizzazione, ma può essere applicata anche per determinare
la concentrazione media annuale eseguendo una misura ogni tre mesi. Il limite
principale consiste nella forte dipendenza dalle condizioni ambientali di temperatura
e umidità.
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1.7.5 DOSIMETRI A ELETTRETE
Sono dei dosimetri nei quali la camera di ionizzazione a elettrete è un sistema
passivo a integrazione. Il sistema di misura consiste di tre componenti: un disco di
teflon caricato elettrostaticamente che rappresenta l’elemento sensibile, una camera
di materiale plastico e un lettore elettronico per leggere il potenziale superficiale
dell’elettrete. La ionizzazione dell’aria avviene all’interno di una camera conduttiva;
gli ioni prodotti nella camera sono guidati e raccolti sull’elettrete carico. Le camere
hanno un ingresso filtrato che permette l’ingresso del Radon per diffusione (63).
In pratica, quando l’elettrete è posto in una camera contenente un certo volume
d’aria, raccoglie gli ioni prodotti dalle emissioni del Radon e dei suoi discendenti;
per questo il suo potenziale si riduce in modo proporzionale all’attività presente nella
camera. Misurando con un voltmetro la perdita di potenziale durante un certo
intervallo di tempo e utilizzando appropriati fattori di calibrazione si determina la
concentrazione media di Radon nella camera e quindi nell’ambiente. Questi
rilevatori sono utilizzati per pochi giorni (in genere due o tre settimane): i dosimetri a
elettrete sono ovviamente più esposti agli errori permanendo nell’ambiente solo per
un breve periodo, tuttavia permettono di rilevare le concentrazioni di Radon in pochi
giorni e sono quindi indicati per conoscerne la concentrazione nel breve periodo e
per progettare eventuali interventi di bonifica qualora il risultato rilevi una
concentrazione elevata. Altro limite dell’utilizzo dell’elettrete è che il potenziale
elettrostatico del disco di teflon risente dei campi elettromagnetici locali; inoltre è
necessaria un’ulteriore procedura per distinguere le radiazioni alfa da quelle gamma.
Alcuni protocolli suggeriscono pertanto due dosimetri per ogni ambiente di cui uno
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chiuso per la valutazione delle radiazioni gamma e l’altro aperto per la somma dei
contenuti. Nel complesso questi tre dispositivi hanno un costo d’operatività
discretamente contenuto.
Di recente sono stati presentati dei nuovi rivelatori che si basano sulla raccolta
elettrostatica dei discendenti del Radon su di un rivelatore di particelle alfa.
In sintesi, gli strumenti attivi hanno un costo elevato ma forniscono una risposta
rapida, mentre i dosimetri passivi hanno un costo contenuto ma necessitano di
strumentazione di laboratorio per la lettura dell’informazione.
1.8. LIVELLI DI RADON NEL MONDO ED IN ITALIA
Ricerche condotte in paesi europei hanno rilevato concentrazioni medie di
Radon nelle abitazioni variabili da 20 a 100 Bq/m3, generalmente intorno ai 59
Bq/m3
(Tabella 3). Tra i paesi a più bassa concentrazione, si trovano l’Inghilterra (20
Bq/m3) e la Germania (50 Bq/m
3), mentre, oltre la media si collocano la Francia (68
Bq/m3), l’Austria (75 Bq/m
3), la Svezia (108 Bq/m
3), la Repubblica Ceca (140
Bq/m3). Negli Stati Uniti d’America sono stati rilevati valori medi di 46 Bq/m
3 (16);
la media mondiale è di 40 Bq/m3.
Tabella 3. Concentrazioni medie di radon rilevate in alcuni paesi europei.
NAZIONE Abitanti
milioni
Numero
misure Media Bq/m
3
Austria 8 3.499 75
Francia 56.9 6.878 68
Repubblica Ceca 15.6 75.000 140
Germania 85 7.500 50
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Svezia 8.4 350.000 108
Inghilterra 57 270.000 20
Italia 56.8 4.800 77
Fonte: European Commission DG XII, NRPB- OMS Regione Europa
Per quanto riguarda la situazione italiana, i valori di riferimento sono relativi
all’indagine nazionale sull’esposizione al Radon nelle abitazioni realizzata negli anni
1989 - 1997 in un campione rappresentativo di 5.361 abitazioni (4, 11, 18)
dall’APAT, dall’Istituto Superiore della Sanità e dai Centri Regionali di Riferimento
della Radioattività Ambientale degli assessorati regionali alla Sanità (ARPA e
APPA).
Il valore della concentrazione media è risultato 70 Bq/m3; valore relativamente
elevato rispetto alla media europea che è di 59 Bq/m3 e ancor più in confronto a
quella mondiale valutata intorno a 40 Bq/m3. La media geometrica è 52 Bq/m3, la
deviazione standard geometrica è 2,1, la percentuale media di abitazioni che
eccedono i due livelli di riferimento sono rispettivamente 4,1% (corrispondenti a
circa 800.000 abitazioni che superano i 200 Bq/m3) e 0,9% (corrispondenti a circa
200.000 abitazioni che superano i 400 Bq/m3). Indagini eseguite in scuole materne
ed elementari di sei regioni italiane hanno messo in evidenza che anche in questa
tipologia di edifici si hanno livelli analoghi o superiori a quelli delle abitazioni (43).
Un’analisi delle medie rilevate nelle varie regioni evidenzia notevoli differenze; tale
distribuzione, in linea con i risultati degli altri paesi, è da mettere in relazione alla
naturale variabilità spaziale del fenomeno, dovuta soprattutto al differente contenuto
di uranio nelle rocce e nei suoli e alla loro differente permeabilità (57, 61). La stessa
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APAT ha pubblicato le “Linee guida per le misure di Radon in ambienti
residenziali”. Il problema Radon è presente maggiormente nelle regioni italiane
densamente abitate come Lombardia con 111 Bq/m3 e Lazio con 119 Bq/m3, in
Campania con 95 Bq/m3 e nel Friuli con 99 Bq/m3. Nelle altre regioni si rileva un
livello di Radon compreso tra 25 e 80 Bq/m3, con la Calabria che ha registrato il
valore più basso (25 Bq/m3) (6, 19, 22). La quantità di Radon nel suolo varia a
seconda della geologia locale, e la sua concentrazione dipende da molti fattori: dalla
presenza di uranio e radio nel suolo e nei materiali da costruzione, dalla permeabilità
del suolo e dalle abitudini di vita. Questo spiega perché i livelli del Radon sono più
elevati in alcune zone e più bassi in altri. Nella figura 3 sono riassunti i valori delle
concentrazioni medie regionali di Radon in Italia. Nella tabella 4 sono riportate le
principali informazioni dell’indagine nazionale. Nella tabella 5 sono riportati i dati
disaggregati per regione (3).
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Figura 3. Valori delle concentrazioni medie regionali di Radon in Italia.
Tabella 4. Risultati dell'indagine sulla concentrazione di Radon nelle abitazioni italiane
No. di abitazioni 5.361
No. di città 232
Max (Bq/m3) 1.036
Media aritmetica (Bq/m3 ) 70
Scarto tipo della media (Bq/m3) 1
Media geometrica (Bq/m3) 52
Scarto tipo della media geometrica 2.1
Abitazioni > 150 Bq/m3
7.9%
Abitazioni > 200 Bq/m3
4.1%
Abitazioni > 400 Bq/m3
0.9%
Abitazioni > 600 Bq/m3
0.2%
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Tabella 5. Radon nelle abitazioni italiane, per regione e provincia autonoma.
Regioni
Radon-222
Bq/m3
(media
aritmetica)
Abitazioni
> 200 Bq/m3
%
Abitazioni
> 400 Bq/m3
%
Piemonte 69 2,1 0,7
Valle d’Aosta 44 0 0
Lombardia 111 8,4 2,2
P. A. Bolzano-Bozen 70 5,7 0
P. A. Trento 49 1,3 0
Veneto 58 1,9 0,3
Friuli-Venezia Giulia 99 9,6 4,8
Liguria 38 0,5 0
Emilia-Romagna 44 0,8 0
Toscana 48 1,2 0
Umbria 58 1,4 0
Marche 29 0,4 0
Lazio 119 12,2 3,4
Abruzzo 60 4,9 0
Molise 43 0 0
Campania 95 6,2 0,3
Puglia 52 1,6 0
Basilicata 30 0 0
Calabria 25 0,6 0
Sicilia 35 0 0
Sardegna 64 2,4 0
Italia 70 4,1 0,9
Fonte dei dati e anno di riferimento: APAT: Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i
servizi tecnici: Annuario dei dati ambientali, Concentrazione di attività di radon indoor,
Estratto edizione 2005-2006, Roma, febbraio 2006. Bochicchio F., Campos Venuti G.,
Piermattei S., Torri G., Nuccetelli C., Risica S., Tommasino L.: Results of the National
Survey on Radon Indoors in the all the 21 Italian Regions Proceedings of Radon in the
Living Environment Workshop, Atene, Aprile 1999.
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Figura 4. Territorio in cui si sono svolte le indagini
2. SCOPO DELL’INDAGINE
L’indagine, inserita in un più ampio contesto multicentrico (cui aderiscono
anche Istituti di Igiene di alcune Università del centro e sud Italia), fa seguito ad una
rilevazione effettuata in palestre scolastiche della Provincia di Sassari (12, 13, 39,
40) ed ha lo scopo di rilevare la concentrazione di Radon nelle aule scolastiche della
Provincia di Nuoro (Figura 4) in relazione alla normativa di riferimento (30, 62), col
fine di valutare il rischio da esposizione nella suddetta zona.
Ampliando la suddetta precedente indagine, infatti, è sembrato interessante
diversificare sia la tipologia di locali da indagare sia l’ambito territoriale.
In particolare, la scelta del tipo di locali da sottoporre ad indagine è dettata sia dal
fatto che, spesso, questi sono costruiti a contatto diretto col terreno, frequentemente
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al piano terra, sia per la lunga permanenza di alunni e docenti nei suddetti locali
didattici durante tutte le mattine di circa 10 mesi l’anno da settembre a giugno;
permanenza che si ripete, quantomeno, per almeno 8 se non 10 anni relativi alla
durata della scuola dell’obbligo (a seconda della coorte di riferimento) o per un
periodo ancora superiore se consideriamo quello relativo ai docenti.
Tali rilevazioni presso le aule scolastiche di istruzione primaria e secondaria,
pertanto, potranno fornire utili indicazioni per tutelare la salute dei bambini, ragazzi
e docenti.
Lo studio, inoltre, potrà fornire un supporto sia in ambito locale, sia nelle sedi dove
è in atto la rilevazione multicentrica alle rilevazioni che gli enti istituzionalmente
deputati stanno conducendo al fine di aggiornare i dati di un’ampia campagna di
rilevazione nazionale effettuata anni addietro (36).
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3. MATERIALI E METODI
Con le finalità precedentemente esposte, è stato predisposto uno specifico
protocollo di indagine ed è stata predisposta un’apposita scheda di raccolta dati
(strutturali, operativi, ecc.) con circa 100 item.
In particolare, la scheda è stata preparata tenendo conto di una serie di variabili
standard che possono influenzare la determinazione dei valori di radioattività negli
ambienti confinati; in realtà, notevoli fluttuazioni del livello di Radon indoor sono
possibili in relazione a variabili quali: orari di attività e inattività dei locali, numero
dei soggetti che frequentano l’aula, fascia oraria relativa, ampiezza dei locali in m2,
variazioni di riscaldamento e ventilazione forzata, ricambio d’aria del locale,
condizioni meteorologiche.
Si è notato, infatti, che la concentrazione di Radon indoor notturna è più alta che di
giorno e d’inverno più che d’estate; il livello di Radon in un’abitazione nel mese di
gennaio è circa il doppio di quanto si registra a luglio. Esistono, in ogni caso, delle
tabelle di conversione che tengono conto del periodo d’esposizione per rapportare
tale valore alla media annua attraverso un fattore di conversione che tiene conto della
variabilità non solo climatica, ma anche dell’andamento radioattivo nelle diverse
stagioni (Tabella 6).
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Tabella 6. Tabella di conversione per allineare i valori di radioattività nel corso dei mesi
Mese di rilevazione Fattore di
moltiplicazione
Mese di
rilevazione
Fattore di
moltiplicazione
Gennaio 0.60 Luglio 1.35
Febbraio 0.62 Agosto 1.24
Marzo 0.69 Settembre 1.01
Aprile 0.72 Ottobre 0.88
Maggio 0.93 Novembre 0.73
Giugno 1.05 Dicembre 0.68
(da www.Radon.it, Variazioni stagionali di Radon).
Ad esempio, una misurazione di Radon di 143 Bq/m3 effettuata a marzo, se ripetuta a
giugno, potrebbe indicare solo 92 Bq/m3. La conversione del valore misurato su un
periodo breve alla media annua non richiede, pertanto, una conversione lineare, ma
dovrà tener conto dei fattori correttivi sopraesposti per meglio approssimare tale
valore. È importante precisare che i livelli di Radon variano notevolmente da una
casa all’altra nella stessa strada. Occorre pertanto effettivamente eseguire le
rilevazioni nelle abitazioni in esame senza mai riferirle a quelle di un vicino.
La scelta delle scuole è stata motivata dal fatto che queste sono spesso costruite a
contatto diretto col terreno, frequentemente con aule solo al piano terra.
A tal fine, sono stati selezionati, fino ad ora, 17 Istituti scolastici con requisiti
ambientali/strutturali, per quanto possibile, corrispondenti agli standard di
riferimento adottati in altri analoghi studi, tenendo conto che la tipologia dei terreni
del territorio preso in esame non ha permesso una perfetta sovrapposizione delle
caratteristiche degli ambienti sotterranei.
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Scheda di rilevazione
MISURE DI RADON NELLE AULE DEGLI ISTITUTI SCOLASTICI DI ............................
Scheda rilevazione dati
Anno..…....…. Mese...….……… Giorni...……../....…… Ora iniziale ……………. Ora finale ……………...
Dati identificativi della Scuola e dell’aula
Scuola:……………………………...…………….....…. Comune:............................................ Provincia:……….
Via:………………………………………………n. ..….. Località:……………....…………………………...……..…
CAP:…………………… Telefono……………....……. Fax:………....……..…. Email:……...............……………
Funzione principale dell’aula: didattica □, laboratorio □, altro □ specificare ....................................................
N. medio di alunni che frequentano giornalmente l’aula:…………………………………………….
L’aula è maggiormente frequentata: al mattino □ al pomeriggio □ Indicare il numero medio di ore in cui l’aula è frequentata dagli stessi alunni: :…..........…
Dati caratteristiche dell’aula
Scegliere dalle seguenti figure il tipo di struttura che meglio descrive la collocazione dell’aula:
T □ 3 □
S □ 2 □
ST □ 1 □
Indicare il numero di mura al di sotto del piano di campagna………………………………………………
Data approssimativa di costruzione
Prima del 1900 □ 1900-1950 □ 1951-1964 □ 1965-1979 □ Dopo il 1980 □
L’aula è stata ristrutturata nella parte interrata negli ultimi 10 anni? SI □ NO □ ND □
Le mura della parte interrata sono state realizzate:
in cemento □ in pietra □ in legno □ altro………………………………
La pavimentazione è stata realizzata prevalentemente con:
cemento □ solo con lastricato o piastrelle di pietra □ solo con tavole di legno □
terreno naturale (terra) □ altro……………………………………………………………………..
I pavimenti e le pareti dei locali sotterranei presentano spaccature e crepe SI □ NO □
Istituto di Igiene e Medicina Preventiva Direttore: Prof.
ssa Elena Muresu
Facoltà di Medicina e Chirurgia
C. d. L. in Tecniche della prevenzione
nell’ambiente e nei luoghi di lavoro Presidente: Prof. Antonio Azara
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Il pavimento:
confina con un altro piano SI □ NO □
è a contatto diretto con il terreno SI □ NO □
Presenza di accesso diretto dall'esterno SI □ NO □
se SI quante:………………………………….
Quante finestre sono presenti nell’aula? .................
Grado di “tenuta” degli infissi (trafilaggio d’aria) elevato □ sufficiente □ insufficiente □
Le eventuali pareti sotterranee dell’aula:
sono totalmente affacciate a cavedio aerato SI □ NO □
sono parzialmente affacciate a cavedio aerato SI □ NO □
sono completamente a contatto con il terreno SI □ NO □
sono completamente (o anche parzialmente) costituite da roccia SI □ NO □
Nell’aula si osservano infiltrazioni d'acqua? SI □ NO □
Presenza di condensa / tracce di umidità: SI □ NO □
Presenza di impianto di climatizzazione/riscaldamento attivo: Orario ___________
solo riscaldamento SI □ NO □ ___________
riscaldamento / raffreddamento SI □ NO □ ___________
solo raffreddamento SI □ NO □ ___________
nessuno SI □ NO □
L’aula è fornita di un proprio sistema di aspirazione: SI □ NO □
L'esposizione dell'edificio al sole è: indicare l’orientamento cardinale. ...............................
scarsa □ media □ forte □ nulla □
L'esposizione dell'edificio al vento è:
scarsa □ media □ forte □ nulla □
Nell’aula sono presenti tubazioni a vista: SI □ NO □
le tubazioni si trovano nel pavimento □ nelle pareti laterali □
Nel locale sono già state eseguite misure del radon? SI □ NO □
DATI RILEVAZIONE RADON:
Lettura diretta (pCi/l):……………………………… Dopo conversione (Bq/m3):…………………………..
Firma rilevatore
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Tutti i rilievi sono stati eseguiti durante i giorni di normale utilizzazione delle aule
con ventilazione naturale dei locali. Per quanto possibile, quando l’operatività
dell’aula lo consentiva e prevedeva, si è cercato di includere un giorno d’inattività
operativa dei locali, prestando attenzione alle eventuali differenze tra le risultanze
delle rilevazioni registrate nei giorni d’inattività rispetto a quelli di agibilità e,
nell’ambito di questi, nelle diverse fasce orarie.
Figura 5. Rilevatore continuo di gas radon utilizzato nell’indagine
Per l’indagine è stato utilizzato uno strumento a fotodiodo, il rilevatore continuo di
gas Radon Sun Nuclear mod. 1027 (Fig. 5), di cui si riportano, di seguito, i relativi
dati tecnici.
Dati tecnici del rilevatore continuo di gas Radon Sun Nuclear mod. 1027
Alimentazione: 12 VDC 200 mA
Range di Misura: 0.1 - 999 picocuries/litro (pCi/l) = 3.7 – 37.000 Bq/mc
Temperatura operativa: 7°C – 35 °C
Accuratezza ±25% o 1 pCi/l, il maggiore dopo 24 ore
Sensore di movimento: Inerziale
Data Port: RS-232, 9-pin, D-connector per collegamento a PC
Sensore: Fotodiodo Diffused-junction
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Intervallo di Misura: 1 ora (4, 8, o 24-ore optional)
Sensitività: 2.5 colpi per ora per pCi/l
Display: 3-digit display LED
Battery Backup: Una batteria alcalina a 9V dura mediamente 20 ore
Peso: Kg 1 circa
Dimensioni (cm): 20 x 12 x 6
EPA Evaluation: US EPA accepted
Il rilevatore di Radon utilizzato, certificato EPA, permette di scaricare i dati su un
personal computer. Il rilevatore continuo è stato settato in modo da garantire una
rilevazione ogni 60 minuti, per un totale di 24 rilevazioni nell’arco di una singola
giornata. Il posizionamento del rilevatore Radon è stato pianificato in modo che le
rilevazioni fossero rappresentative dell’esposizione del personale lavorativo (maestri,
professori e bidelli) e delle utenze (studenti) relativamente a luoghi dove gli stessi
trascorrevano una frazione di tempo pari ad almeno 10 ore al mese (con esclusione
quindi dei luoghi di passaggio quali corridoi, locali di servizio), fermo restando la
raccomandazione di mantenere le normali abitudini e la consueta destinazione dei
locali e, soprattutto, di non maneggiare o spostare in nessun caso l’apparecchiatura
predisposta.
Il posizionamento dello strumento è avvenuto nello spazio adibito all’attività
didattica. Sono state rispettate le regole standard di misurazione che prevedono lo
stazionamento del rilevatore a una distanza minima da terra, dal soffitto e dalle pareti
di circa un metro.
All’interno d’ogni struttura è stato individuato un responsabile che avesse cura del
posizionamento stabile e vigilasse sulla salvaguardia dello strumento.
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Al termine di ogni rilevazione si è proceduto, con un’apposita procedura, a riversare
i dati rilevati in un personal computer e, successivamente, tramite un fattore di
conversione pari a 37, a trasformare i dati riportati con l’unità di misura espressa in
m Sv ad altri dati espressi in Bq/m3.
Tali dati sono stati, quindi, riportati su un foglio elettronico ed elaborati tramite
apposite tabelle Pivot di Excell®.
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4. RISULTATI
Le rilevazioni sono state eseguite in 17 Istituti, tutti dislocati nel Comune di
Nuoro ed edificati dopo il 1900 (Tabb. 7 a e b). In particolare, la maggior parte degli
Istituti (n. 14, corrispondenti al 48,3%), risultano particolarmente datati essendo stati
edificati tra il 1900 ed il 1950; inoltre, nel 31% dei casi sono stati edificati tra il 1951
ed il 1964 e, nel 6,9%, tra il 1965 e 1979; quelli più recenti, edificati dopo il 1980,
sono solo 4, corrispondenti al 13,8%.
Per quanto riguarda il tipo di struttura prevalente, si nota che pressoché tutti gli
Istituti sono edificati solo al piano terra e nessuno ha mura al disotto del piano di
campagna.
Relativamente alla parte interrata si evince che l’85,2 % delle strutture è dotato di
mura di pietra; in tutti i casi la pavimentazione è realizzata con piastrelle e, solo in
due casi, il pavimento confina con un altro piano.
Pressoché in tutti casi il pavimento è a contatto diretto con il terreno.
In tutti i casi le pareti sotterranee, costituite completamente da roccia, non sono
neanche parzialmente affacciate a cavedio areato e si trovano, quindi, a completo
contatto con il terreno.
Non si registrano infiltrazioni d’acqua e, solo in un caso, si riscontra presenza di
condensa o di tracce di umidità.
In nessun caso, peraltro, si riscontra l’utilizzo di apparecchiature per ricambio d’aria
forzato o sistemi di aspirazione dell’aria.
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numero progressivo di rilevazione
Sede di rilevazione
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n. medio di individui che
frequentano giornalmente l'aula
maggiore frequentazione: mattino
(1), pomeriggio (2),
tipo di struttura: piano terra (1),
parzialmente interrato (2), 2 pareti interrate (3)
n. mura sotto piano di campagna
data approssimativa di costruzione: > 1900 (1), 1900-1950 (2), 1951-1964 (3), 1965-
1979 (4), > 1980 (5)
ristrutturazione parte interrata: si (1),
no (2), n.d. (3)
realizzazione mura parte interrata: cemento (1), pietra (2), legno (3)
realizzazione pavimentazione: cemento (1), piastrelle (2), legno (3), gomma
(4), linoleum (5)
il pavimento confina con un altro
piano: si, no
il pavimento è a contatto diretto
con il terreno: si, no
presenza di accesso diretto
dall'esterno: si, no
n. accessi diretti dall'esterno:
apertura delle porte d'accesso
diretto all'esterno: si, no
anche d'inverno: si, no
uso frequente delle porte: si, no
presenza di finestre: si, no
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numero progressivo di rilevazione
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stato di apertura delle finestre
durante l'attività: aperte, chiuse
pareti sotterranee totalmente
affacciate a cavedio aerato: si, no
pareti sotterranee parzialmente
affacciate a cavedio aerato: si, no
pareti sotterranee completamente a
contatto col terreno: si, no
pareti sotterranee complet.
costituite da roccia: si, no
presenza infiltrazioni d'acqua: si, no
presenza di condensa/tracce
d'umidità: si, no
impianto riscaldamento: si (1), no
(2)
orario
ricambio d'aria forzato: si, no
sistema di aspirazione: si, no
esposizione dell'edificio al vento:
scarsa (1), media (2), forte (3), nulla
(4)esposizione dell'edificio al sole:
scarsa (1), media (2), forte (3), nulla
(4)
presenza di tubazioni a vista: si, no
tubazioni: nel pavimento (1), nelle
pareti laterali (2)
spaccature e crepe in pavimenti e
pareti dei locali sotterranei: si, no
effettuazione di precedenti
rilevazioni di radon: si, no
concentrazione di Radon per lettura
diretta (pCi/l)
concentrazione di Radon dopo
conversione (Bq/m3)
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Nella maggior parte dei casi (70%) le aule non hanno un accesso diretto dall’esterno
che, invece, è presente in alcune aule (30%) sempre con un unico accesso e mai con
un’apertura diretta dall’esterno; in questi casi si registra un frequente uso di tali
porte.
L’esposizione dell’edificio al vento è nella maggior parte dei casi (61,3%) “media”,
seguita da “forte” nel 22,6% dei casi, scarsa (12,9%) e “nulla” 3,2%.
L’esposizione solare dell’edificio è frequentemente “forte”(48,5%) o “media”
(45,2%), molto raramente definita come scarsa (6,5%).
In tutti i casi le tubazioni sono disposte nelle pareti laterali e, solo nel 32,3% dei casi
sono “a vista”.
Ovviamente, tutte le aule hanno le finestre che, durante l’attività generalmente
rimangono chiuse.
Tutti i locali indagati sono dotati di impianto di riscaldamento funzionante al mattino
durante l’orario di attività didattica se non nei casi in cui l’orario è esteso anche al
pomeriggio.
Il numero medio di studenti che giornalmente frequentano le aule è di poco inferiore
alle venti unità (media: 19,5), con variazioni comprese da un minimo di 15 ad un
massimo di 30 soggetti (D.S. 3,68).
Quasi tutte le aule (93,6%) vengono frequentate al mattino, raramente al pomeriggio
(6,4%).
La concentrazione media di Radon rilevata in tutte le aule indagate (Fig. 5) è stata di
150,8 Bq/m3, con ampie e previste variazioni comprese da un minimo di 7,4 Bq/m
3 a
un massimo di 943,6 Bq/m3, d. s. 188,5 Bq/m
3.
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Dalla stessa base dati è stata anche calcolata la mediana, altro indicatore di tendenza
centrale, di più appropriato impiego in quanto meno influenzata dai valori estremi; il
valore di tale indicatore, infatti, si colloca sui 96,2 Bq/m3, con un range interquantile
(25-75%) variabile da 49,6 a 148 Bq/m3.
Figura 5. Concentrazioni di radon rilevate nelle aule.
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1.000
Bq/m3
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
MED
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MED
IANA
Dati interessanti emergono analizzando il trend della concentrazione di Radon
nell’arco delle 24 ore partendo dalle ore 15,00 per terminare alle ore 14,00 del giorno
dopo (Figura 6).
Emerge chiaramente che la concentrazione di Radon tende ad incrementare
progressivamente a partire dalle ore 15,00 con il termine delle lezioni durante il
periodo di non utilizzo dell’aula, soprattutto la notte, fino alle ore 5,00 o 7,00 per poi
diminuire vistosamente al mattino, reincrementare tra le 10,30 e le 11,00, in
coincidenza con la pausa delle lezioni, per poi ridiminuire per il proseguo delle
lezioni toccando il valore più basso alle ore 14,00, fino a quando la ripetuta apertura
della porta permette un maggiore scambio d’aria; l’osservazione è stata validata dal
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punto di vista statistico attraverso l’indice di Spearman identificando una
correlazione altamente positiva (r = 0.96) statisticamente significativa (P< 0.001)
dalle ore 15 sino alle ore 7 del giorno dopo ed una correlazione altamente negativa
(r= -0.9) ai limiti della significatività (P: 0.04) dalle ore 7 alle ore 11.
Figura 6. Concentrazione oraria di radon rilevate nelle aule.
110,0
120,0
130,0
140,0
150,0
160,0
170,0
180,0
15 17 19 21 23 1 3 5 7 9 11 13
Orario
Bq
/m3
È stato valutato anche il trend della concentrazione di Radon nell’arco del fine
settimana, a partire dal sabato per terminare il lunedì (Figura 7).
Emerge chiaramente che la concentrazione di Radon tende ad incrementare con il
termine delle lezioni del sabato per poi toccare il picco più elevato proprio il lunedì
mattina con la riapertura dell’aula; l’osservazione è stata validata dal punto di vista
statistico attraverso l’indice di Spearman identificando una correlazione positiva (r =
0.59) statisticamente significativa (P< 0.001).
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Figura 7. Concentrazione oraria di radon rilevate nel fine settimana
50
70
90
110
130
150
170
190
210
230
8 10 12 14 16 18 20 22 24 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 2 4 6 8
Bq/m
3
sabato domenica lunedi
Analizzando in particolare i risultati delle concentrazioni di Radon nei vari istituti
scolastici si rileva come i valori più elevati si siano riscontrati in due Scuole:
soprattutto in quella del 5° circolo “Monte Gurtei” di Via Carbonia (Figure 8 e 9) ma
anche in quella di “San Pietro” in Via Malta.
In questi Istituti, infatti, la media di Radon corrisponde a 251 Bq/m3, min. 79,1
Bq/m3, max. 943,6 Bq/m
3, d.s. 238 Bq/m
3, mediana 148 Bq/m
3.
Si è proceduto, pertanto, ad una più accurata analisi di tali due Istituti.
Figura 8. Scuola 5° Circolo “Monte Gurtei”
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Figura 9. Foto aerea della Scuola 5° Circolo “Monte Gurtei”
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Come si evince dalla planimetria della figura 10, presso la scuola di Monte Gurtei in
Via Carbonia sono stati effettuati 9 rilevamenti in periodi diversi.
Figura 10. Planimetria della Scuola 5° Circolo “Monte Gurtei”
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I dati più interessanti derivano dall’analisi delle differenti concentrazioni di Radon
nell’arco delle ore totali di rilevazione e in relazione a diverse fasce orarie prese in
considerazione (Figura 11). La media dei valori più elevata si è ottenuta nel periodo
compreso tra sabato 17 e lunedì 19 Aprile in occasione del primo rilievo in un fine
settimana primaverile in cui la scuola era chiusa, esattamente una media di 944
Bq/m3. Il valore più elevato in assoluto, pari a 1376.4 Bq/m
3 è stato registrato alle ore
22.50 di domenica 18 Aprile, mentre il valore più basso rilevato è stato di 647,50
Bq/m3
alle ore 15.50 di sabato 17. In particolare, osservando il grafico relativo
all’andamento delle concentrazioni orarie medie di Radon, si nota subito che i valori
più alti di radioattività si raggiungono durante la notte fino al lunedì mattino.
Figura 11. Andamento orario della concentrazione di Radon nella Scuola 5° Circolo
Anche nel secondo rilievo, effettuato tra il lunedì 26 e il venerdì 30 Aprile (Figura
12), cioè durante la settimana, periodo in cui tutti gli ambienti sono dedicati alle
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attività didattiche, si sono registrati dei valori piuttosto elevati anche se inferiori al
precedente. I valori più elevati sono stati registrati dalla mezzanotte del 29 e si sono
protratti fino alle 14.00 con un picco pari a 1.147 Bq/m3
alle 9.00 del mattino e una
media pari a 579 Bq/m3.
Figura 12. Andamento orario della concentrazione di Radon nella Scuola 5° Circolo
(2° prelievo)
I rilievi successivi registrano delle medie di gran lunga più basse (medie di 79 Bq/m3
tra il 3 e il 6 maggio, 244 Bq/m3
tra il 26 e il 30 luglio). È da precisare che l’aula in
cui sono stati effettuati questi rilievi è poco usata per le attività didattiche, resta
spesso chiusa determinando l’accumulo di Radon che è stato registrato nei primi
rilevamenti, mentre per i rilevamenti successivi, l’aula è stata, volutamente,
preventivamente arieggiata riducendone notevolmente la concentrazione. Dagli
ulteriori rilevamenti si evince che anche nelle altre aule (maggiormente usate) si
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registrano valori di concentrazione interessanti, soprattutto se si considera che questi
sono stati effettuati a fine anno scolastico cioè in periodo già estivo.
Nonostante siano attestati su livelli inferiori rispetto alla scuola di via Carbonia,
anche nella scuola di San Pietro (Figure 13-15) sono stati riscontrati valori piuttosto
elevati.
Figura 13. Scuola “San Pietro”
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Figura 14. Foto aerea della Scuola “San Pietro”
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Figura 15. Planimetria Scuola “San Pietro”
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Infatti, nel rilevamento effettuato tra sabato 20 e lunedì 22 Marzo (Figure 16 e 17) è
stato registrato, nell’aula 2, un valore medio pari a 285 Bq/m3. Anche in questo caso
i valori più alti sono stati ottenuti durante la notte; infatti, alle ore 2.34 di domenica
21 si è registrato un valore pari a 407 Bq/m3
e, alle ore 23.34 dello steso giorno, un
valore di 429,2 Bq/m3; alle ore 4.34 di lunedì 22 si è registrato un valore di 492,10
Bq/m3, alle 5.34 un valore di 503,20 Bq/m
3, alle 6.34 un valore di 481 Bq/m
3, mentre
due ore dopo alle 8.34 del lunedì, tali valori si sono ridotti a 270,1 Bq/m3.
Ciò è dovuto, verosimilmente, all’arrivo degli alunni e degli insegnanti che, pur
inconsapevolmente, hanno provveduto ad arieggiare l’aula con l’apertura delle porte
e quindi alla diluizione della concentrazione di Radon.
Il valore più basso si è registrato alle 14.34 di sabato 20 (111 Bq/m3) subito dopo la
fine delle lezioni e l’uscita degli alunni e del personale.
Figura 16. Andamento orario della concentrazione di Radon nella Scuola San Pietro
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Nel periodo tra venerdì 24 e lunedì 27 Settembre è stato ripetuto il rilevamento nella
stessa aula (Figura 17); erano giornate particolarmente calde per cui gli insegnanti
aprivano ogni tanto la porta che conduce al cortile interno, ciò nonostante si è
ottenuta una media dei valori pari a 185 Bq/m3. I valori più elevati si sono registrati
all’1.20 di sabato 25 con 370 Bq/m3
e alle 10.20 di domenica 26 Settembre con
418,10 Bq/m3. Il lunedì alle 8.20, in concomitanza con l’orario di ingresso è stato
registrato un valore di 85.1 Bq/m3.
Figura 17. Andamento orario della concentrazione di Radon nella Scuola San Pietro
In questo Istituto sono stati effettuati ulteriori rilevamenti nelle aule immediatamente
adiacenti ottenendo, come già visto in altro Istituto, dei valori decrescenti in funzione
dell’aumento della distanza dal punto di rilevamento dell’aula 2.
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Per meglio chiarire alcuni dei risultati ottenuti nel corso delle rilevazioni di Radon è
stato consulto un geologo: dai rilievi geologici eseguiti e dalle indagini disponibili è
stato possibile rilevare, sia sui siti che nelle immediate vicinanze, notevoli
affioramenti di roccia sana allo stato litoide se pure indiscutibilmente fratturata, oltre
che la presenza dello stesso tipo litologico ma in conformazione arenizzata (sabbione
granitico) a diversi gradi di alterazione.
È noto il legame esistente fra i terreni di origine granitica, anche in fase litoide, e i
terreni dello stesso tipo sotto forma di sabbioni granitici.
Questi ultimi, proprio per le loro caratteristiche di permeabilità per porosità o per
fessurazione favoriscono la fuoriuscita dal sottosuolo di sostanze in forma gassosa.
Ciò avviene per risalita e soprattutto in periodi dell’anno nei quali i terreni subiscono
forte riscaldamento solare nelle ore diurne e forti raffreddamenti e quindi contrazioni
nelle ore notturne che sospingono i gas in superficie.
Questo tipo di fenomenologie è stato riscontrato (vedi foto allegate) soprattutto nelle
aree riportate che costituiscono gli affioramenti più importanti presenti nel centro
abitato.
Le aree interessate dallo studio presentano in affioramento rocce granitiche indicate
in carta geologica come “graniti e granodioriti tonalitiche”, localmente interessate da
processi di arenizzazione. L’elevato grado di antropizzazione della zona in esame fa
sì che gli affioramenti rocciosi visibili siano piuttosto limitati ma la loro presenza
indica quello che è la situazione geologica sottostante gli istituti presi in esame.
A causa della sua collocazione sulla superficie dei grani, nelle fenditure e nei difetti
dei cristalli, l’uranio è particolarmente soggetto ad essere asportato dal dilavamento
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dell'acqua che percola nel terreno ed anche dall'acqua di falda. L'uranio delle rocce
alterate dagli agenti meteorici incorre facilmente nei decadimenti che lo trasformano
in radon.
Le rocce più ricche di silice come la diorite, la quarzo diorite, la granodiorite e il
granito ne contengono da 2 a 5 ppm,
Terreni di origine granitica, in fase litoide, e terreni dello stesso tipo sotto forma di
sabbioni granitici ubicati in prossimità della scuola di San Pietro (foto in alto), a
breve distanza dalla scuola Monte Gurtei di via Carbonia (foto in basso).
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La concentrazione di Radon rilevata nelle aule è stata correlata, dal punto di vista
statistico, con le variabili riscontrate nei vari edifici.
La metodologia statistica impiegata si è basata su un indice quantitativo di
correlazione r per ranghi di Spearman che prevede una valutazione statistica non
parametrica della correlazione; essa misura, pertanto, il grado di relazione tra due
variabili, delle quali una non quantitativa continua. Secondo tale coefficiente si
possono ottenere tre tipi di risultati:
0 indica una completa indipendenza delle variabili,
- 1 indica una completa concordanza inversa (i.e., i valori di una variabile
crescono al decrescere dei valori dell’altra),
+ 1 indica una completa e diretta concordanza (i.e., i valori di una variabile
crescono al crescere dei valori dell’altra).
Applicando tale valutazione ai risultati ottenuti (Tabella 8) e, precedentemente
commentati, emergono alcune interessanti considerazioni.
Tabella 8. Correlazione tra concentrazioni crescenti di Radon e variabili delle aule
Variabile
Indice di
correlazione
r
Significatività
P
- Data approssimativa di costruzione A - 0,5545 0,0018
B - 0,3960 0,0839
- Ristrutturazione parte interrata A 0,3638 0,0481
B 0,0461 0,8426
- Realizzazione di mura parte interrata A 0,5156 0,0059
B 0,5286 0,0241
- Presenza di condensa / tracce di umidità A - 0,1395 0,4621
- Esposizione dell’edificio al vento A - 0,3568 0,0488
B - 0,3911 0,0719
- Esposizione dell’edificio al sole A - 0,2170 0,2411
B 0,1673 0,4568
A: tutte le rilevazioni
B: senza aule di Via Carbonia
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In particolare, infatti, si evince che:
per quanto riguarda la data approssimativa di costruzione vi sarebbe una
correlazione negativa (r= -0,5545) statisticamente significativa (P= 0,0018)
secondo la quale a edifici di più recente costruzione corrispondono livelli meno
elevati di Radon; la correlazione rimane negativa (ma in assenza di
significatività statistica) anche eliminando dalla casistica la Scuola di Via
Carbonia dove si sono riscontrati i più elevati livelli di Radon;
relativamente alla ristrutturazione della parte interrata si osserva, invece,
una debole correlazione positiva (r= 0,3638), ai limiti della significatività
statistica (P= 0,0481), secondo la quale la non ristrutturazione della parte
interrata corrisponderebbe ad una maggiore concentrazione di Radon; la
correlazione rimane positiva anche se con considerevole minore intensità (e
senza significatività statistica) anche eliminando dalla casistica la Scuola di Via
Carbonia dove si sono riscontrati i più elevati livelli di Radon;
in merito al materiale di realizzazione delle mura della parte interrata si
osserva una correlazione positiva (r= 0,5156), statisticamente significativa (P=
0,0059), secondo la quale passando dal cemento alla pietra al legno si osserva
un incremento della concentrazione di Radon; la correlazione rimane positiva
(anche se con minore significatività) anche eliminando dalla casistica la Scuola
di Via Carbonia;
per quanto riguarda la presenza di condensa / tracce di umidità si osserva una
correlazione negativa (r= -0,1395) anche se non statisticamente significativa
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(P= 0,4621) secondo la quale l’assenza di umidità indurrebbe una riduzione
della concentrazione di Radon;
in merito all’esposizione dell’edificio al vento si osserva una correlazione
debolmente negativa (r= -0,3568) e statisticamente significativa (P= 0,0488),
secondo la quale all’incrementare dell’esposizione si osserva una diminuzione
della concentrazione di Radon; la correlazione rimane debolmente negativa
(anche se con minore significatività statistica) anche eliminando dalla casistica
la Scuola di Via Carbonia dove si sono riscontrati i più elevati livelli di Radon;
relativamente all’esposizione dell’edificio al sole si osserva una correlazione
debolmente negativa (r= -0,3568), statisticamente non significativa (P= 0,2411),
secondo la quale all’incrementare dell’esposizione si osserva una diminuzione
della concentrazione di Radon; la correlazione, invece, diventa debolmente
positiva (ma non statisticamente significativa) se si elimina dalla casistica la
Scuola di Via Carbonia dove si sono riscontrati i più elevati livelli di Radon.
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5. CONCLUSIONI
I dati delle rilevazioni di Radon in aule di Istituti scolastici della Provincia di
Nuoro evidenziano, almeno inizialmente, valori medi (150,8 Bq/m3) discretamente
elevati, seppur leggermente, al di sopra delle medie auspicabili.
Come previsto, si sono riscontrate ampie variazioni di concentrazione (comprese da
un minimo di 7,4 Bq/m3 ad un massimo di 943,6 Bq/m
3, D.S. 188,5 Bq/m
3), con
valori medi, comunque, non preoccupanti per gli effetti sulla salute se confrontati sia
con i valori della Raccomandazione della Commissione Europea 143/Euratom per le
abitazioni (< 400 Bq/m3 per edifici esistenti, < 200 Bq/m
3 per edifici da costruire) ed,
a maggior ragione, con il DLvo
241/2000 (< 500 Bq/m3, oltre il quale il datore di
lavoro deve intervenire con più approfondite valutazioni ed eventualmente con azioni
di bonifica).
Tali valori medi, peraltro, sono suscettibili di notevole calo non solo se interpretati
attraverso indici di tendenza centrale più appropriati per descrivere la casistica
rilevata (mediana: 96,2 Bq/m3, range interquantile 49,6 a 148 Bq/m
3) ma, soprattutto,
se depurati delle rilevazioni riscontrate nei due Istituti dove si sono osservate le
concentrazioni più elevate (media 83,5 Bq/m3, min. 7,4 Bq/m
3, max. 285 Bq/m
3, ds
66,7 Bq/m3, mediana 71,9 Bq/m
3).
Questi ultimi valori, infatti, sono più simili ad altri rilevati in Sardegna in occasione
di una precedente indagine a valenza nazionale effettuata dall’Agenzia Nazionale di
Protezione Ambientale in tutte le regioni italiane, in collaborazione con l’Istituto
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Superiore di Sanità (64 Bq/m3); risultano, peraltro, discretamente superiori alla
concentrazione media mondiale che è di 40 Bq/m3, alla media europea che è di 55
Bq/m3 ed a quella italiana che è di 70 Bq/m
3 (19).
Peraltro, se da un lato l’indagine ha permesso di evidenziare che dal punto di vista
strutturale quasi la totalità delle aule non evidenziano condizioni “a rischio”,
dall’altro le concentrazioni di Radon rilevate potrebbero diminuire ulteriormente con
semplici precauzioni quale quella di incrementare l’aereazione negli ambienti.
Infatti, la valutazione delle medie orarie ha evidenziato chiaramente che la
concentrazione di Radon tende ad incrementare progressivamente quando l’aula è
inutilizzata, soprattutto la notte, per poi diminuire vistosamente al mattino quando la
ripetuta apertura della porta permette un maggiore scambio d’aria.
Inoltre, in prospettiva, lo studio condotto prevede due tipi di prosecuzione:
per identificare un’eventuale correlazione tra il Radon ed i casi di tumore
polmonare verificatisi in Provincia di Nuoro, è stato, infatti, consultato (per
quanto di recente istituzione) il registro tumori della suddetta provincia (9).
L’analisi comparata dei tassi standardizzati di incidenza riportati dai Registri
tumori di Modena (2005), Trapani (2002-2004), Siracusa (2002-2005) e Sassari
(1998-2002) con quelli rilevati nella Provincia di Nuoro (nel 2003-2005) ha
messo in evidenza valori tra i più contenuti sia per il sesso maschile che per
quello femminile (11 per centomila nelle femmine e 56,8 per centomila nei
maschi). Non sembrerebbe, quindi, che in tale area geografica si riscontri un
rischio supplementare; sarebbe comunque auspicabile ridurre il più possibile, se
non addirittura azzerare gli eventuali casi; a tal fine potrebbe essere utile,
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attraverso uno studio retrospettivo, indagare i singoli casi di neoplasia
polmonare rilevati per verificare quali possano essere i fattori di rischio
presumibili e, nel caso in cui non si rilevi una storia di tabagismo, verificare il
tenore di Radon nell’abitazione o nell’edificio lavorativo del soggetto malato.
Il programma dell’indagine, dopo le rilevazioni effettuate in Provincia di
Sassari e di Nuoro, prevede di proseguire l’attività anche in altri contesti
territoriali (provincia di Olbia - Tempio), non solo per incrementare il numero
di scuole indagate e disporre, così, di dati più significativi, ma anche per
ampliare la casistica con rilevazioni effettuate in zone geografiche con
differente tipologia geologica. L’ampliamento della casistica permetterà,
inoltre, non solo di rendere più significative le osservazioni effettuate, ma anche
di confrontare i dati ottenuti con quelli riscontrati nelle altre sedi dell’indagine
multicentrica e potrà sicuramente essere utile per ampliare l’indagine e
rivolgerla verso ambienti lavorativi che, sia per ragioni strutturali, sia per durata
di frequentazione dell’ambiente stesso, siano da considerare a maggior rischio
e, quindi, meritevoli di maggiore attività di prevenzione.
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6. GLOSSARIO
Attività (A): quoziente di dN diviso per dt in cui dN è il numero atteso di transizioni
nucleari spontanee di una determinata quantità di un radionuclide da uno stato
particolare d’energia in un determinato momento, nell’intervallo di tempo dt.
Becquerel (Bq): è il nome speciale dell’unità di attività (A) e corrisponde a una
transizione per secondo: 1 Bq = 1 s-1
. E’ l’unità di misura della radioattività. I fattori
di conversione da utilizzare quando l’attività è espressa in curie (Ci) sono i seguenti:
Ci = 3,7 x 1010
Bq (esattamente), 1 Bq = 2,7027 x 10-11
Ci.
Bq/m3: è l’unità di misura della concentrazione di attività.
Concentrazione di attività: è la grandezza che esprime l’attività di un dato
radionuclide nell’unità di volume.
Decadimento alfa (α): quando un nucleo originario instabile decade, emette una
particella alfa. La particella alfa è costituita da un nucleo di elio e pertanto contiene
due protoni e due neutroni. Il decadimento alfa comporta una diminuzione del
numero di massa di quattro unità e del numero atomico di due unità.
La loro energia è raramente inferiore ai 4 MeV; il loro potere penetrante è molto
debole (100 volte minore dei raggi beta) per cui non oltrepassano un foglio di carta.
Decadimento beta (β): il nucleo originario emette una particella beta, in altre parole
un elettrone e un positrone secondo uno dei seguenti schemi:
La loro energia varia da qualche keV a molti MeV. Il loro potere penetrante è
debole, circa 100 volte minore dei raggi gamma e 100 volte maggiore dei raggi alfa
pertanto la loro pericolosità è limitata se emesse da una sorgente esterna al corpo;
sono dannose se la sorgente è interna.
Diorite: è una roccia intrusiva intermedia, come composizione chimica e
mineralogica, fra la famiglia del granito e quella del gabbro. È principalmente
composta da plagioclasio nella sua forma sodico-calcica
Dose: grandezza radioprotezionistica ottenuta moltiplicando la dose assorbita (D)
per i fattori di modifica, al fine di qualificare il significato della dose assorbita stessa
per gli scopi della radioprotezione.
Dose assorbita (D): energia assorbita per unità di massa e cioè il quoziente di dE
diviso per dm, in cui dE è l’energia media ceduta dalle radiazioni ionizzanti alla
materia in un elemento volumetrico e dm la massa di materia contenuta in tale
elemento volumetrico; ai fini del D.lgs n° 241/2000, la dose assorbita indica la dose
media in un tessuto o in organo. L’unità di dose assorbita è il gray.
Dose efficace (E): somma delle dosi equivalenti nei diversi organi o tessuti,
ponderate nel modo indicato nei provvedimenti d’applicazione. L’unità di dose
efficace è il sievert.
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Dose efficace impegnata (E(t)): è la somma delle dosi equivalenti impegnate nei
diversi organi o tessuti HTt) risultanti dall’introduzione di uno o più radionuclidi,
ciascuna moltiplicata per il fattore di ponderazione del tessuto wT, la dose efficace
impegnata E(t) è definita da:
dove t indica il numero di anni per i quali è effettuata l’integrazione. L’unità della
dose efficace impegnata è il sievert.
Dose impegnata: dose ricevuta da un organo o da un tessuto, in un determinato
periodo di tempo, in seguito all’introduzione di uno o più radionuclidi.
Dose equivalente (HT): dose assorbita media in un tessuto od organo T, ponderata
in base al tipo e alla qualità della radiazione nel modo indicato nei provvedimenti
d’applicazione. L’unità di dose equivalente è il sievert.
Dose equivalente impegnata: è l’integrale rispetto al tempo dell’intensità di dose
equivalente in un tessuto od organo T che sarà ricevuta da un individuo, in quel
tessuto od organo T, a seguito dell’introduzione di uno o più radionuclidi. La dose
equivalente impegnata è definita da:
per una singola introduzione d’attività di tempo t0 dove t0 è il tempo in cui avviene
l’introduzione, HT è l’intensità di dose equivalente nell’organo o nel tessuto T al
tempo τ, t è il periodo di tempo, espresso in anni, su cui avviene l’integrazione;
qualora t non sia indicato, s’intende un periodo di 50 anni per gli adulti e un periodo
sino all’età di 70 anni per i bambini; l’unità di dose equivalente impegnata è il
sievert.
Dosimetro per Radon: è un dispositivo in grado di rivelare le particelle alfa emesse
dal Radon e permette di misurare la concentrazione d’attività Radon in un dato
ambiente; la denominazione “dosimetro” deriva dal fatto che dalla misura della
concentrazione d’attività Radon è possibile valutarne la dose. Questa grandezza si
esprime in Sv/h.
Emissione di raggi gamma(γ): i raggi gamma sono onde elettromagnetiche, quindi
di natura non corpuscolare. La loro frequenza dipende dalla sostanza che li emette e
possono avere una lunghezza d’onda compresa tra 10-11
e 10-14
metri. La loro energia
è proporzionale alla frequenza (10 keV-10 MeV). Hanno un forte potere penetrante e
un alto grado di pericolosità.
Esposizione: è la misura integrata nel tempo della concentrazione d’attività del
Radon. Si esprime in Bqh/m3.
Fattore di equilibrio (F): è definito come il rapporto fra la concentrazione del
Radon equivalente all’equilibrio (EEC) e la concentrazione effettiva del Radon in
aria.
Granodioriti: roccia intrusiva della famiglia del granito a struttura olocristallina
composta da quarzo, plagioclasio (in genere oligoclasio o andesina) e da feldspati;
solitamente, contiene anche biotite e orneblenda. Visivamente assomiglia al granito
dal quale si differenzia però per la maggiore presenza di plagioclasio e per l'aspetto
più scuro dato dai minerali mafici (biotite e orneblenda).
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Granodiorite tonalitica: Roccia intrusiva acida a struttura granulare ipidiomorfa, di
composizione mineralogica intermedia tra quella dei graniti e quella delle dioriti.
Gray (Gy): nome speciale dell’unità di dose assorbita; 1 Gy = 1 J-1
Kg. I fattori di
conversione da utilizzare quando la dose assorbita è espressa in rad sono i seguenti:
1 rad = 10-2
Gy, 1Gy = 100 rad.
Isotopo: tutti gli atomi che hanno uguale Z, ma differente numero di massa A,
poiché differiscono per il numero di neutroni, danno origine allo stesso elemento
chimico, hanno le medesime proprietà e occupano lo stesso posto nella tavola
periodica degli elementi. Gli isotopi sono anche detti nuclidi.
Livello di azione: valore di concentrazione d’attività di Radon in aria o di dose
efficace, il cui superamento richiede l’adozione d’azioni di rimedio che riducono tale
grandezza a livelli più bassi del valore fissato.
Mappa del Radon: definizione su base cartografica dei valori della concentrazione
di Radon ipotizzabili in ambienti confinati con determinate caratteristiche
costruttive, stimati elaborando, con criteri statistici e modelli matematici, i dati sul
Radon in abitazioni campione, acquisiti tramite opportune campagne di misura.
Particella alfa: particella costituita da due protoni e due neutroni. Il Radon emette
una particella alfa.
Pascal (Pa): unità di misura della pressione, equivalente a 1 newton su metro
quadrato (N/m2).
Radiazioni ionizzanti o radiazioni: trasferimento d’energia in forma di particelle
od onde elettromagnetiche con lunghezza d’onda non superiore a 100 nm o con
frequenza non minore di 3 1015 Hz in grado di produrre ioni direttamente o
indirettamente.
Radionuclide: è un atomo che possiede la proprietà di emettere radiazioni.
Rifiuti radioattivi: qualsiasi materia radioattiva, ancorché contenuta in
apparecchiature o dispositivi in genere, di cui non è previsto il riciclo o la
riutilizzazione.
Sorveglianza fisica: l’insieme dei dispositivi adottati, delle valutazioni, delle misure
e degli esami effettuati, delle indicazioni fornite e dei provvedimenti formulati
dall’esperto qualificato al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e
della popolazione.
Sorveglianza medica: l’insieme delle visite mediche, delle indagini specialistiche e
di laboratorio, dei provvedimenti sanitari adottati dal medico, al fine di garantire la
protezione sanitaria dei lavoratori esposti.
Sievert (Sv): nome speciale dell’unità di dose equivalente o di dose efficace. Se il
prodotto dei fattori di modifica è uguale a 1; 1 Sv = 1 J kg-1
quando la dose
equivalente o la dose efficace sono espresse in rem valgono le seguenti relazioni: 1
rem = 10-2
Sv, 1 Sv = 100 rem.
Tempo di dimezzamento(t1/2): ogni radionuclide si disintegra a una velocità
specifica e costante che è espressa come tempo di dimezzamento. E’ quindi il tempo
necessario perché si disintegri la metà dei nuclei contenuti in un campione
radioattivo. I valori di t1/2 vanno da una frazione di secondo a miliardi di anni. Ad
esempio per l’uranio è 4,5x 109 anni, per il radio è di 1600 anni e per il radon (Rn-
222) di 3,8 giorni.
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29. Decreto Legislativo del Governo n. 230/1995 del 17 marzo 1995:
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92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti. G.U.
13 giugno 1995, n. 136.
30. Decreto Legislativo del Governo n. 241/2000 del 26 maggio 2000:
Attuazione della direttiva 96/29/Euratom in materia di protezione
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radiazioni ionizzanti. G.U. n. 203 del 31 agosto 2000 – Supplemento
Ordinario n. 140.
31. Delibera regione Veneto n. 79/2002 del 18 gennaio 2002.
32. Delibera n. 941 del 18 marzo 2005, Allegato A.
33. Direttiva 80/836/Euratom del consiglio del 15 luglio 1980: Protezione
sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle
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34. Direttiva 84/467/Euratom del Consiglio del 03 settembre1984. G.U. n. 265
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35. Direttiva del Consiglio del 21 dicembre 1988 relativa al ravvicinamento
delle disposizioni legislative regolamentari e amministrative degli Stati
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