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1. Introduzione - Bibar186 Tuttavia, per quanto riguarda l’Italia, la storia dell’archeologia...

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183 ARCHEOLOGIA DELLE ACQUE NELLA LAGUNA DI VENEZIA 1. Introduzione L’archeologia di Venezia e della sua laguna è argomento di primaria importanza per la definizione, comprensione e sviluppo di quel settore della ricerca archeologica subacquea che può essere giustamente contenuto nel termine di archeologia lagunare. Nessun ambito geografico terrestre è in gra- do di presentare oggi un quadro d’insieme, sotto il profilo storico-ambienta- le, più completo per la ricostruzione della dinamica Uomo-Acqua: il caso Venezia è esemplare e pone questioni della massima importanza per una serie di fattori che affronteremo in questo breve saggio. Può sembrare pertanto paradossale che la storia dell’archeologia lagunare sia una storia sofferta pro- prio a Venezia, ma così è, seppure con una qualche spiegazione che ovvia- mente ancora non chiarisce del tutto il lungo sonno della scienza. Se è altret- tanto vero che varie fasi di scoperte, spesso più che di ricerche, hanno carat- terizzato la storia archeologica della laguna veneta, è altrettanto vero che alcune figure illuminate di studiosi hanno cercato di interrompere il silenzio degli studi già a partire dal XVIII secolo e per quasi due secoli (1). È pertanto curioso notare come il rinvenimento di reperti soprattutto riferibili generica- mente all’epoca romana abbia condotto a due reazioni estreme che hanno di fatto annullato la giusta considerazione e attenzione per l’archeologia della Laguna di Venezia: da un lato, chi propendeva per la provenienza sicuramen- te lagunare dei reperti eccedeva nella valutazione della loro importanza (ad es. MARZEMIN 1937); dall’altra, chi negava tale origine, eccedeva in senso opposto, negando l’evidenza e attribuendo la provenienza di ogni reperto dall’area archeologica di Altino (ad es. FORLATI TAMARO 1956). A questa con- trapposizione si deve lo scarso o secondario interesse scientifico per l’arche- ologia veneziana che ha prodotto nel tempo due conseguenze non trascura- bili: a) l’assenza di una tutela archeologica sistematica sia del territorio urba- no sia di quello lagunare; b) l’indiscriminato intervento di raccolta da parte (1) Sull’argomento, vexata quaestio, si vedano le numerosi voci della bibliografia; in particolare: DORIGO 1981, 1983, 1995; GELICHI 1997, pp. 72-76. © 1998 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale
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ARCHEOLOGIA DELLE ACQUE NELLA LAGUNA DI VENEZIA

1. Introduzione

L’archeologia di Venezia e della sua laguna è argomento di primariaimportanza per la definizione, comprensione e sviluppo di quel settore dellaricerca archeologica subacquea che può essere giustamente contenuto neltermine di archeologia lagunare. Nessun ambito geografico terrestre è in gra-do di presentare oggi un quadro d’insieme, sotto il profilo storico-ambienta-le, più completo per la ricostruzione della dinamica Uomo-Acqua: il casoVenezia è esemplare e pone questioni della massima importanza per una seriedi fattori che affronteremo in questo breve saggio. Può sembrare pertantoparadossale che la storia dell’archeologia lagunare sia una storia sofferta pro-prio a Venezia, ma così è, seppure con una qualche spiegazione che ovvia-mente ancora non chiarisce del tutto il lungo sonno della scienza. Se è altret-tanto vero che varie fasi di scoperte, spesso più che di ricerche, hanno carat-terizzato la storia archeologica della laguna veneta, è altrettanto vero chealcune figure illuminate di studiosi hanno cercato di interrompere il silenziodegli studi già a partire dal XVIII secolo e per quasi due secoli (1). È pertantocurioso notare come il rinvenimento di reperti soprattutto riferibili generica-mente all’epoca romana abbia condotto a due reazioni estreme che hanno difatto annullato la giusta considerazione e attenzione per l’archeologia dellaLaguna di Venezia: da un lato, chi propendeva per la provenienza sicuramen-te lagunare dei reperti eccedeva nella valutazione della loro importanza (ades. MARZEMIN 1937); dall’altra, chi negava tale origine, eccedeva in sensoopposto, negando l’evidenza e attribuendo la provenienza di ogni repertodall’area archeologica di Altino (ad es. FORLATI TAMARO 1956). A questa con-trapposizione si deve lo scarso o secondario interesse scientifico per l’arche-ologia veneziana che ha prodotto nel tempo due conseguenze non trascura-bili: a) l’assenza di una tutela archeologica sistematica sia del territorio urba-no sia di quello lagunare; b) l’indiscriminato intervento di raccolta da parte

(1) Sull’argomento, vexata quaestio, si vedano le numerosi voci della bibliografia; inparticolare: DORIGO 1981, 1983, 1995; GELICHI 1997, pp. 72-76.

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di intere schiere di appassionati di reperti archeologici, con preferenza per leproduzioni ceramiche tarde (medievali e rinascimentali fino alla fine del XVIIIsecolo). Con l’eccezione dell’opera promotrice di Gian Piero Bognetti perTorcello rimasta isolata come importanza strategica (BOGNETTI 1961; GELICHI

1997, pp. 72-76), la scoperta dell’importanza archeologica di quest’area geo-grafica è dunque recente da parte delle istituzioni pubbliche, Soprintendenzae Università. Ciò spiega, da un lato, l’avvio negli ultimi anni, a partire dal1993, di un lavoro sistematico di tutela e ricerca; dall’altro lato, la creazionedi un primo gruppo di lavoro formato da giovanissimi archeologi, in parteanche subacquei, dediti esclusivamente e continuativamente all’archeologiadi Venezia. Il presente saggio è quindi frutto di un lavoro d’équipe, che vuoleillustrare il significato attuale di quella che può essere definita come archeo-logia delle acque lagunari veneziane (2).

2. L’archeologia lagunare: definizione e storia

L’archeologia delle lagune o Archeologia lagunare è un settore di appli-cazione dell’archeologia subacquea o, meglio, dell’archeologia delle acque. Ilperché il termine archeologia delle acque sia più calzante spiega immediata-mente la natura e i confini di questo ambito di ricerca. L’archeologia laguna-re si occupa dello studio delle testimonianze delle attività dell’uomo in am-biente lagunare conservatesi nel tempo: le lagune, per le proprie caratteristi-

(2) Il lavoro che si illustra seppure sinteticamente in questo saggio è stato reso possibi-le dall’aiuto e dal conforto forniti fin dal 1987 da B.M. Scarfì e L. Malnati (Soprintendentiper i Beni Archeologici del Veneto), F. Sisinni (Direttore Generale del Ministero per iBB.CC.AA.), C. Mocheggiani Carpano (Direttore STAS, Roma), E. Canal (Ispettore Onora-rio per l’Archeologia della Laguna di Venezia), M. De Min (Soprintendenza BAA di Venezia),A. Rosso, L. Zannini e il Club Subacqueo S. Marco di Venezia; dal 1993: M.L. Rinaldi Veloc-cia (Ispettore Centrale del Ministero per i BB.CC.AA.), L. Ricciardi (Soprintendente per iBeni Ambientali e Architettonici di Venezia), S. Filippi, A. Chiarelli, R. Codello, Favero, C.Menichelli, M. Piana, M. Basso (Soprintendenza BAA di Venezia); M. Cacciari (Sindaco diVenezia), R. Tonini (Assessore LL.PP. di Venezia), L. Pagan (Assessorato LL.PP. di Venezia).Tutti i lavori e interventi di emergenza in Venezia e laguna sono stati resi possibili grazie allacooperazione del Comando (Roma) e Nucleo (Venezia) Carabinieri Tutela Patrimonio Arti-stico, del Comando Provinciale, Comando Compagnia e Stazione Natanti S. Marco/S. Zacca-ria; del Nucleo Carabinieri Subacquei di Trieste; del Comando Guardia di Finanza VII Legio-ne e Comando Stazione Navale della Giudecca; delle Capitanerie di Porto di Venezia e Chiog-gia; del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco e della Sezione Mestre Nucleo Sommozza-tori; del Comando Provinciale Vigili Lagunari. Il gruppo di lavoro del Progetto AVA è costi-tuito, sotto la direzione e il coordinamento di L. Fozzati e con la collaborazione di E. Canale M. De Min, da Laura Anglani, Concetta Arenoso Callipo, Carlo Beltrame, Marco Bortolet-to, Francesca Bressan, Flavio Cafiero, Rossella Cester, Marco D’Agostino, Martina Minini,Michelangelo Munarini, Claudia Pizzinato, Alessandra Toniolo. I contributi sono stati svi-luppati a livello interdisciplinare e hanno i seguenti autori: L. Fozzati (paragrafi 1, 2, 3, 4),C.M.S. Arenoso Callipo (paragrafo 5), e M. D’Agostino (paragrafo 6); la redazione comples-siva del saggio è stata curata da L. Fozzati.

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che ecosistemiche, conservano le tracce dell’attività umana in condizioni con-tinuamente mutanti (CASTIGLIONI 1979, pp. 358-361; ODUM 1973, pp. 356-366). Ciò rende le aree archeologiche suscettibili di variazioni continue sia intempi medio-lunghi, sia in tempi brevi e brevissimi, ad esempio nello stessogiorno a causa dell’andamento della marea: un sito archeologico può esseresommerso, semi-sommerso e emerso nello spazio della stessa giornata, contutte le inevitabili conseguenze che questo movimento d’acqua provoca sullaconservazione del sito e sulle modalità operative dell’archeologo.

Per comprendere appieno significato, importanza e strategia operativadell’archeologia lagunare, lo studio del caso Venezia è quanto di più indicatosi possa trovare sia sul campo (3) sia in letteratura (4). Le lagune italiane dimaggiore estensione non sono infatti state oggetto di ricerca storico-archeo-logica confrontabile con quanto avvenuto e in corso nella Laguna Veneta, lacui storia resta comunque di valore universale a prescindere dalla stessa tipo-logia ambientale (5).

L’archeologia lagunare comprende lo studio dei resti della presenzadell’uomo nel tempo in un paesaggio variamente antropizzato per essere resofrequentabile: forse nessun paesaggio terrestre offre una gamma così ricca diinterazioni Uomo-natura come l’ambiente lagunare, dove ogni conquista del-l’uomo diventa oggetto di una continua azione di manutenzione, restauro erifondazione; dove l’abbandono equivale al passaggio di status archeologiconel giro anche solo di un anno; dove la dinamica delle acque è in concorren-za diretta con l’azione dell’uomo e spesso risulta vincente; dove uomo e na-tura sembrano quasi cercare di superarsi in un gioco infinito di trasformazio-ni del proprio operare. Non a caso l’archeologia lagunare trova massimaespressione nella Laguna di Venezia, che può essere confrontata come com-plessità metodologica – seppure fatte le debite proporzioni – con le areeumide dell’Olanda (6).

(3) La storia dell’archeologia lagunare veneziana, seppure con differenti fasi di svilup-po a livello scientifico, è oggi area di riferimento internazionale per gli interventi archeologi-ci sia subacquei sia umidi; cfr. i temi trattati nel recente convegno di Chioggia dedicato aL’uomo e la laguna (Chioggia, maggio 1997; atti in corso di pubblicazione sulla rivista «Ar-cheologia delle acque», presso le edizioni Abaco di Forlì).

(4) La bibliografia sulla storia di Venezia e della sua laguna, ivi incluso ovviamente lacittà di Chioggia, ha dimensioni non confrontabili con altre aree lagunari del mondo; per unprimo bilancio, non esaustivo, si possono vedere: PELLIZZATO, SCATTOLIN 1982 e la monumenta-le Storia di Venezia in otto volumi in corso di pubblicazione a cura dell’Enciclopedia Italiana,

(5) Per una sintesi sulle aree umide italiane e in particolare lagunari cfr. DE MARIA1992; per gli aspetti archeologici di maggiore impegno operativo si vedano AA.VV. 1994;GADDI 1996.

(6) Si veda il lavoro di sintesi proposto da L.P. Louwe Kooijmans (1980) e, in generale,i saggi in THOMPSON 1980. Sul parallelismo Venezia-Olanda si veda ad es. anche CIRIACONO1996 (2a ed.).

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Tuttavia, per quanto riguarda l’Italia, la storia dell’archeologia laguna-re come disciplina specifica ha inizio nella Laguna di Grado con la figura el’operato di Vigilio De Grassi (1889-1967), autore della prima carta archeo-logica lagunare (DE GRASSI 1950). La ricerca di questo ispettore onorario èquanto mai importante perché effettuata sia in ambiente umido sia in am-biente subacqueo (7). Storie di singoli studiosi si registrano anche a Venezia,dove in particolare si affermano due singolari personaggi: G.M. Urbani DeGheltof (1855-1908) e Luigi Conton (1866-1954) (8). Altro discorso merite-rebbe a questo punto la figura troppo spesso dimenticata di Giacomo Boni,cui si deve la stratigrafia delle fondazioni del campanile di Piazza San Marco(BONI 1885, 1886, 1912; GELICHI 1997, pp. 27 e 32).

3. Metodi e problemi della ricerca archeologica in ambiente lagunare

L’analisi della situazione veneziana ci consente di specificare il signifi-cato di archeologia lagunare sotto il profilo metodologico e tecnico. La stes-sa geografia dell’ambiente ha un suo valore intrinseco e la laguna venetaoffre l’intero spettro delle varie situazioni umide che questo paesaggio è ingrado di presentare. Prodotta dall’interazione di corsi d’acqua e del mare,assoggettata a un continuo lavoro di domesticazione da parte dell’uomo findalla preistoria, la Laguna di Venezia si estende oggi per circa 55.000 ettari;essa comprende specchi lagunari aperti, canali, ghebi, dossi, motte, valli, ba-rene, velme, argini, isole e morfologie artificiali (abitati urbani, valli da pe-sca, casse di colmata, isole quali gli “ottagoni” etc.) (RALLO 1996; RALLO,PANDOLFI 1988) (9). Più propriamente, la laguna veneziana o Laguna veneta èformata da questi spazi geografici; Valle Dogà o Dogado, Valle Grassabò,Valle Dragojesolo, Valle Fosse, Valle Cavallino, Valle di Lio Maggiore LagunaFalconera e bacino del canale Pordelio, Valle Liona, Valle Olivara, Valle Pale-azza, Laguna superiore di Venezia, Valle Perini, Dune Fossili del Cavallino,Cassa di colmata “A”, Cassa di colmata “B”, Cassa di colmata “D/E”, ValleSerraglia, Valle Averto o dell’Averto, Valle Contarina, Valle Cornio Basso,Valle Cornio Alto, Valle Zappa, Valle Figheri, Valle Pierimpié, Valle Ghebo

(7) Sulla figura di V. De Grassi si veda MAROCCO 1994; si auspica che la Sig.ra ElenaRaugna, ved. De Grassi, acconsenta allo studio completo dell’archivio del marito e, quindi,alla pubblicazione integrale della documentazione anche fotografica esistente: tale iniziativacostituirebbe un capitolo non secondario nella storia dell’archeologia subacquea italiana.

(8) Presso l’Università Cà Foscari di Venezia, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso dilaurea in Conservazione dei Beni Culturali, è in corso una tesi di laurea sul tema Storiadell’archeologia lagunare di Venezia. L’epoca moderna e contemporanea: G. Casoni, G.M.Urbani De Gheltof, L. Conton, E. Canal (insegnamento di Archeologia Subacquea), da partedi Annalisa Lizza.

(9) Cfr. in questo stesso saggio il paragrafo 5 a cura di C.M.S. Arenoso Callipo.

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Storto, Valle Morosina, Laguna viva tra il canale Malamocco-Marghera e laGiudecca, Laghi dei Teneri e dei Stradoni (e barene circumvicine), Lagunamedio-inferiore di Venezia, Valle Millecampi, Litorale di Cà Roman (Fig. 1).La Laguna di Venezia è oggi, pressoché nella sua interezza, un sistema ecolo-gico umano: l’uomo ha domesticato quello che era lo spazio lagunare pro-dotto dalle azioni combinate fiumi-mare riducendolo sempre più nel tempoe sovvertendone le regole di sviluppo e di equilibrio naturale (10). La storiadella Laguna di Venezia come storia del rapporto Uomo-Acqua gode pertan-to di un fattore eco-storico di primaria importanza: lo sviluppo di più civiltàdell’acqua in un’area definita. Circa 10.000 anni di presenza dell’uomo inambiente lagunare documentano una stratigrafia pressoché ininterrotta, dal-la preistoria (BIANCHIN 1984; CANAL 1997; URBANI DE GHELTOF 1881) all’epo-ca romana, medievale, rinascimentale fino all’attuale (11). Ciò ci consente distabilire un primo elenco tipologico dei siti rinvenibili nell’ambiente laguna-re veneziano:– abitato (su isola, duna, bonifica, dosso fluviale; urbano, rurale; concentra-to, sparso, singolo)– struttura difensiva (muro, torre, baluardo, forte)– struttura monastica– bonifica– unità produttiva (singola o aggregata)– discarica/butto– vie di comunicazione (strade, canali)– salina– porto (con strutture connesse)– banchina fluviale– ponte– argine– relitto

Ogni singolo sito può presentare un ciclo cronologico chiuso (abban-dono) o aperto (riuso totale/parziale delle strutture o riutilizzo di materieprime); ogni singolo sito può essere stato totalmente o parzialmente som-merso da fasi antropiche/naturali successive, ovvero può ritrovarsi a quotedifferenti sia sotto il livello del medio mare sia al di sopra, in connessionecon fenomeni naturali (eustatismo e subsidenza) o indotti dall’azione del-

(10) Non rientra in questo saggio il compito di elencare e considerare le varie azionipromosse dall’uomo sul sistema lagunare veneziano; si rimanda ad alcune opere fondamen-tali: AA.VV. 1992; BEVILACQUA 1992; COZZI 1992; FAVERO 1992; per gli aspetti ecologici epolitici: BETTIN 1991; CACCIARI 1991; CARIANI 1991; DA VILLA-BENETTI 1991; SCANO 1985;ZANATTI 1992.

(11) Per una sintesi dei problemi storico-archeologici si possono consultare AZZARA1997; DORIGO 1983; GASPARRI, LEVI, MORO 1997.

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l’uomo (erosione per apertura di nuovi canali: es. Canale Malamocco-Mar-ghera per siti come il complesso monastico di S. Leonardo in Fossa Mala; cfr.FERSUOCH 1995, p. 62 ed il contributo di D’Agostino in questo stesso artico-lo). L’abitato inoltre, quando presenti carattere urbano come Venezia e Chiog-gia, e, in modo minore Murano, Burano, Malamocco e Torcello, risulta co-struito interamente su stratigrafia archeologica o su bonifica, quando la spe-cificità archeologica non risulti invece dalla stessa cronologia del manufattopur nella sua evidente e attuale monumentalità. Diventa chiaro che si trattadi affrontare tre casi distinti di strategia operativa nell’ambito della stessaarcheologia lagunare:a) scavo di siti abbandonati o parzialmente abbandonati comunque non incontesto urbanizzato attuale;b) scavo di siti urbani in contesto urbanizzato.c) scavo di siti non urbani in contesto urbanizzato.

È evidente che si tratta di sviluppare una metodologia unica in ambien-te non asciutto, che di volta in volta può risultare subacqueo o umido. Iltermine di archeologia lagunare risolve il problema, aggiornando la defini-zione di archeologia subacquea con la nuova dizione di archeologia delleacque, concettualmente più precisa. Il passaggio da archeologia subacquea a

Fig. 1 – Le fondazioni in pali del monastero.

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archeologia delle acque non è tuttavia così semplice: esso implica l’accetta-zione di una valenza antropologica applicata all’archeologia.

La ricerca archeologica in area lagunare può avvalersi per Venezia di tredifferenti fonti di dati (archeologia senza scavo):a) – prospezione diretta dei fondali e delle superfici emerse e semi-sommerse;b) – aerofotointerpretazione con utilizzo in modo particolare di fotografieaeree non attuali e di immagini da satellite;c) – ricerca archivistica: dati registrati a partire dall’inizio del IX secolo (12).

La combinazione delle tre tipologie d’indagine conduce nel caso del-l’archeologia lagunare veneziana a risultati sorprendenti, come ha finora di-mostrato ampiamente il lavoro di E. Canal (1995, 1997).

L’archeologia d’emergenza sta vivendo a Venezia una stagione lunga eintensa che ha nel tempo minimo d’intervento, ovvero nella compressionedei tempi di tutte le fasi d’intervento, dalla ricerca d’archivio allo scavo alrestauro, il suo limite, al punto che ci si chiede quale danno in definitiva siarrechi con un’archeologia non ottimale su un patrimonio da sempre oggettodi mutilazioni, di sofferenze di varia natura, di indebite distruzioni ancherecentissime. Questo ragionevole dubbio che fa trasparire in pieno l’impossi-bilità di una programmazione scientifica, non solo in presenza di continue eassillanti necessità operative, ma anche per il contemporaneo conflitto finan-ziario, per cui lo scavo regolare e scientifico sotto tutti gli aspetti non ha ildiritto di esistere in una città che pretende di essere normale quando nonpuò esserlo neanche dal punto di vista archeologico. In definitiva, nella cittàdi Venezia, dove lo spazio non utilizzato da chi ci vive e lavora praticamentenon esiste per l’ovvietà insita nella storia della stessa crescita urbana venezia-na, un regolare cantiere di scavo attende un cambiamento di rotta che perora non si intravede perché tale cambiamento riguarderebbe l’intera vita del-la città lagunare. Affrontato il problema in questi termini, parrebbe non es-serci una via d’uscita per l’archeologo: giunge tuttavia in aiuto una conside-razione di estrema attualità e, a parere nostro, di pari gravità. Gli interventidi scavo praticati a Venezia riguardano sempre più spesso la sistemazionesotterranea di servizi e sottoservizi, sia pubblici sia privati, anche quandosarebbe possibile ricavare determinati volumi in superficie. La guerra dellospazio, da sempre attuale a Venezia, impedisce oggi – per una serie di normepiù che giustificate e comprensibili – di non espandersi come un tempo inlaguna; di qui il ricorso allo sfruttamento del sottosuolo e quindi l’impattodistruttivo con la memoria storica della città. Il problema comunque si poneun attimo prima della questione della tutela archeologica: l’utilizzo sempre

(12) Cfr. l’importante lavoro di L. Lanfranchi, cui si deve la trascrizione dei documentid’archivio fino al 1199 (Codice diplomatico veneziano) nonché DA MOSTO 1937-1940.

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più consistente del sottosuolo veneziano di fatto altera in senso volumetrico,in senso gravitazionale e in senso di soglia elastica proprio quello spazio sucui si regge l’intera città. Non si tratta infatti di uno spazio “normale”, ma diuno spazio antropico, che è verosimilmente un tutt’uno con quanto vi è pog-giato sopra e che in esso si fonda. La dinamica geo-antropica del sottosuoloveneziano si presta a questo nuovo uso? Che conseguenze è possibile ipotiz-zare? Fino a quando si potrà intervenire nel sottosuolo di fatto alterandolosenza superare una certa soglia di tolleranza? Questa tolleranza è stata calco-lata? Sono domande che l’archeologo si pone davanti alle continue operazio-ni di smontaggio di un qualcosa che ai suoi occhi è un tutt’uno tra sottosuoloe superficie edificata. Un maggiore rispetto del sottosuolo veneziano potreb-be essere la soluzione migliore sia per non distruggere la memoria storicadella città sia per evitare eventuali nuove catastrofi oltre ai fenomeni certonon positivi già in atto come la subsidenza; lo scavo d’emergenza con ladocumentazione e il successivo smontaggio (distruzione) di strutture, strati odepositi non è e non potrà mai essere una soluzione, bensì semplicemente unripiego.

4. Il Progetto Archeologia Veneziana delle Acque (Progetto AVA)

L’avvio nel corso del 1987 di una stretta collaborazione tra il ServizioTecnico per l’Archeologia Subacquea dell’Ufficio Centrale per i B.A.A.A.A.S.del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e la Soprintendenza Archeo-logica per il Veneto ha consentito di mettere a fuoco i problemi della tutela edella ricerca nell’area umida della Laguna di Venezia da un lato: il contattocon la realtà archeologica lagunare, considerato l’orizzonte delle iniziativeufficiali da parte degli organi competenti, a fronte della necessità di monito-rare il complesso delle opere in corso o da avviarsi per la salvaguardia, osemplicemente per la manutenzione, della laguna; dall’altro lato, la mancan-za della logistica di supporto (musei, magazzini e laboratori di restauro),giustificava la redazione di uno specifico progetto, peraltro richiesto dallostesso Soprintendente per evitare un programma casuale e provvisorio (13).Scopo del progetto è conoscere, tutelare, studiare e valorizzare il patrimoniostorico-archeologico delle zone umide della laguna, considerata la più im-portante area archeologica umida del mondo. Sulla base dei principi dellamoderna archeologia, il progetto si propone la ricostruzione integrale su sca-

(13) Il Progetto AVA è stato presentato al pubblico nel novembre del 1988 nella Saladel Piovego di Palazzo Ducale: cfr. Progetto Archeologia subacquea della Laguna di Venezia,pubblicazione interna a cura del Servizio Tecnico per l’Archeologia Subacquea e della Soprin-tendenza Archeologica per il Veneto (a partire dal mese di agosto del 1993 il progetto prendeil nome di Archeologia Veneziana delle Acque - “Progetto AVA”).

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la antropica della storia geologica e morfologica, dell’ecologia umana e delladinamica insediativa dell’area lagunare veneziana dalla preistoria alla sub-attualità. La tutela delle aree umide, sommerse o semisommerse, esplicita lanecessità di disporre di una specifica metodologia d’indagine, la cui messa apunto troverà applicazione contemporaneamente all’avvio del monitoraggiosistematico dei grandi lavori pubblici lagunari (Magistrato alle Acque, Enel,Sip-Telecom, Aspiv, Venezianagas-Italgas, Comune di Venezia, Comune diChioggia). In un primo tempo, il raggio d’azione del Progetto AVA ha riguar-dato le aree di maggiore impatto archeologico (laguna); a partire dal 1996 ilmonitoraggio si è esteso agli abitati di Venezia, Chioggia e isole (14). L’accor-do raggiunto nel corso del 1997 sia con il Comune di Venezia sia con ilMagistrato alle Acque per una verifica preventiva dell’impatto archeologicodelle varie opere rappresenta pertanto uno dei risultati più importanti rag-giunti dal Progetto AVA.

Le fasi di attuazione del progetto sono tre: a) tutela, b) ricerca, c) valo-rizzazione. Il settore tutela si articola in quattro sotto-fasi:a.1 – elaborazione della carta archeologica della Laguna di Venezia;a.2 – elaborazione della carta del rischio archeologico lagunare;a.3 –elaborazione della carta archeologica urbana di Venezia e di Chioggia;a.4 –elaborazione della carta del rischio eco-archeologico.

Le prime due sottofasi sono state raggiunte nel corso del 1996 grazie adun rapporto di collaborazione tra la Soprintendenza e il Magistrato alle Ac-que - Consorzio Venezia Nuova (Servizio Informativo), che ha dato luogoalla costituzione di una banca dati informatizzata che utilizza un databaserelazionale. La banca dati è collegata al software CAD Microstation, chegestisce carte vettoriali e immagini (Sistema GIS). Le prime due carte cosìottenute sono entrambe basate su cartografia digitalizzata. Ovviamente, ilpatrimonio di circa 250 siti archeologici noti della Laguna di Venezia benefi-cia di un’esperienza maturata nel tempo e che assegna a E. Canal, ispettoreonorario, il riconoscimento di maggiore contributore per la conoscenza pun-tuale della laguna (CANAL 1997). A partire dal 1998 verranno avviate le dueultime sottofasi, relative all’elaborazione della carta archeologica dei siti ur-bani di Venezia e Chioggia e alla elaborazione della difficile carta del rischioeco-archeologico, in considerazione dell’evidente carico inquinante nelle ac-que lagunari (caso di studio assunto: area di Fusina) e del fenomeno dell’ero-

(14) Per una prima sintesi dei lavori sistematici effettuati nel solo 1996 si vedano irapporti preliminari pubblicati nel vol. XIII dei Quaderni di Archeologia del Veneto: BORTO-LETTO 1997; BRESSAN 1997a-b; CAFIERO 1997; CESTER 1997; D’AGOSTINO 1997; FOZZATI 1997a-b; MININI 1997; MUNARINI 1997. La diffusione al grande pubblico di una parte dei risultaticonseguiti è stata offerta dal bimestrale «Archeologia Viva» sul n. 66 n.s. di novembre-dicem-bre 1997.

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sione (caso di studio assunto: S. Leonardo in Fossa Mala, lungo l’asse delCanale Malamocco-Marghera) (15).

Il settore ricerca si articola a sua volta in due sottofasi:b.1 – schedatura stratigrafica dei siti;b.2 – campagne di scavo su siti chiave.

Per entrambe le sottofasi i lavori sono in corso e termineranno entro il2000 con le seguenti strategie operative:a) i singoli siti individuati e posizionati nella Carta Archeologica della Lagu-na di Venezia vengono sottoposti a verifica stratigrafica mediante sondaggioo carotaggio, rilevamento delle strutture emergenti e recupero mediante sca-vo del deposito riscontrato in pericolo (per alcuni casi, dove il sito è minac-ciato da erosione si tratterà di avviare un piano d’intervento massiccio per lamessa in sicurezza dell’intera area, d’intesa e in collaborazione con il Magi-strato alle Acque di Venezia).b) individuazione di siti o aree ritenute di primaria importanza sotto il profi-lo storico-archeologico al fine di approntarvi uno scavo esaustivo ovveroparziale (in conseguenza delle condizioni ambientali per la conservazione delsito stesso). Alcune delle aree già prescelte sono l’Isola di Torcello, S. Pietrodi Castello, Costanziaco (e aree limitrofe), S. Lorenzo di Ammiana (e areelimitrofe) e S. Ilario (Malcontenta).

Il settore valorizzazione ha la finalità di risolvere gli aspetti logistici delpatrimonio archeologico lagunare: creazione di musei, magazzini e laborato-ri di restauro. Lo studio geografico della Laguna di Venezia, in rapporto siaalla disposizione quantitativa dei siti archeologici sia alla fruizione dei conte-nitori museali, ha consentito di privilegiare alcune strutture: l’Isola del Laz-zaretto Vecchio (nei pressi dell’Isola del Lido) come sede del Museo Nazio-nale di Archeologia Lagunare; l’Isola del Lazzaretto Novo (nella Laguna Nord)come sede del Museo di Antropologia e Storia sanitaria della Serenissima,nonché del magazzino archeologico di tutta la laguna; l’Isola di San Giacomoin Paludo (tra Murano e Burano) come area archeologica e sede di coordina-mento del volontariato; i volti acquatici detti Gaggiandre (1568-1573), attri-

(15) L’elaborazione delle carte archeologiche dei centri urbani di Venezia e Chioggiabeneficiano anche del contributo di tesi di laurea delle Università di Venezia e di Viterbo(insegnamento di “Archeologia Subacquea”); si ringrazia il Prof. P.A. Gianfrotta per la colla-borazione. L’elaborazione della carta del rischio eco-archeologico e quindi del rapporto trainquinamento antropico e bene archeologico rientra nel progetto “Sistema di valutazionedella qualità ambientale delle aree di Porto Marghera e delle altre aree industriali nell’ambitodella laguna di Venezia”, promosso dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica eTecnologica (piani di potenziamento della rete scientifica e tecnologica). Per una breve sintesidei problemi ecologici della laguna di Venezia, oltre alle varie voci riportate nella bibliografiafinale, si può vedere il recente dossier pubblicato dall’Associazione “Italia Nostra”, Bolletti-no n. 343 del novembre 1997 (in particolare BENEDETTI 1997; BOATO 1997; FAVILLA 1997;FERSUOCH 1997).

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buiti al Sansovino e i retrostanti capannoni (dirimpetto all’Isola di S. Pietrodi Castello), come sede del Museo Nazionale di Archeologia Navale (da col-legarsi con l’esistente Museo Storico Navale della Marina Militare, che siaffaccia sul Bacino di S. Marco, sempre all’interno del complesso dell’Arse-nale); il Casino Mocenigo come ambiente di studio e per mostre (Isola diMurano). Questo settore è in fase evolutiva per le necessarie procedure bu-rocratiche di acquisizione degli immobili e dei finanziamenti relativi ai re-stauri prima e agli allestimenti poi: se per il Casino Mocenigo, già restauratodalla competente Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici diVenezia, si è arrivati ormai alla fase finale con il passaggio di consegna del-l’immobile alla Soprintendenza Archeologica, le altre sedi – fatta eccezioneper gli spazi dell’Arsenale – sono state deliberate a fine 1997 da tutti gli entipubblici territoriali competenti in un’apposita Conferenza dei servizi, acco-gliendo la richiesta della Soprintendenza Archeologica. Per le aree individua-te all’interno dell’Arsenale si è provveduto nel corso del 1996 alla richiestapresso il Ministero delle Finanze, che ha già risposto positivamente avviandola procedura di assegnazione.

Il Progetto AVA, presentato nel 1988, e sistematicamente portato avan-ti a partire dal 1993, avrà termine nel 2000, dotando Venezia e la laguna diquella valorizzazione storico-archeologica finora assente (16).

L.F.

5. Archeologia lagunare e storia dell’ambiente.Il caso della Laguna di Venezia: dinamica morfologica e geoarcheologia

La storia geologica della Laguna di Venezia è stata scandita negli ultimiseimila anni da eventi morfogenetici naturali e dall’interferire di questi conl’attività dell’uomo. L’insistere di una vivace dinamica territoriale ha com-portato il variare nel tempo della distribuzione delle aree emerse condizio-nando sia l’estensione che la dislocazione degli insediamenti.

La scansione diacronica delle fasi evolutive dell’ambiente lagunare èregistrata nel sottosuolo e descritta dalle sequenze geoarcheologiche in esso

(16) Con l’inaugurazione del Museo della Laguna Sud S. Francesco Fuori Le Mura aChioggia, istituzione civica, il 31 maggio 1997, la città e il territorio di Chioggia si sonodotati di un museo antropologico orientato alla storia del rapporto Uomo-Acqua nel tempograzie alla collaborazione del Nucleo di Archeologia Subacquea della Soprintendenza Ar-cheologica per il Veneto; si ringrazia la Dott.ssa A. Toniolo per lo straordinario apportofornito in tale occasione e per il suo prodigarsi successivo come direttore del neonato museo.Questa novità museale rappresenta il primo tassello dell’itinerario lagunare proposto e perse-guito dal Progetto AVA: all’Amministrazione della Città di Chioggia va il merito di averecreduto fino in fondo all’iniziativa finanziandone ogni esigenza programmatica.

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individuabili; nel caso in esame la definizione di livelli archeologici “stan-dard” è resa complessa dall’insistere di fenomeni di abbassamento differen-ziale del suolo.

Nell’impossibilità di esporre in questa sede l’insieme dei dati sinoranoti circa l’evoluzione paleogeografica della laguna mi limito a descrivere leprincipali tappe della dinamica territoriale ed i caratteri fisiografici dell’am-biente lagunare; per approfondimenti rimando ai lavori condotti da Autoriquali Canal, Cavazzoni, Dorigo, Favero, Serandrei Barbero ed altri menzio-nati nella bibliografia di questo saggio.

5.1 LA LAGUNA DI VENEZIA

Il bacino veneziano costituisce il più esteso ambiente di laguna costieradell’Altoadriatico (Tav. 1).

L’assetto morfologico di questo territorio si deve a processi evolutivi diorigine naturale e all’interazione di questi con l’attività antropica, quest’ulti-ma particolarmente significativa dal secolo XV.

L’ampio specchio d’acqua ha forma di settore circolare e appare solcatoda una fitta rete di canali i quali dalle bocche di porto di Lido, Malamocco,Chioggia si estendono in modo capillare verso la gronda lagunare con pro-fondità via via decrescenti.

La propagazione delle maree manifesta ritardi di qualche ora verso le areepiù lontane dal mare, mentre nella zona centrale della laguna non si ha attenua-zione del fenomeno; ciò è strettamente connesso al persistere di apparati morfo-logici tipici dell’ambiente lagunare, localmente noti come barene (salt marsh) evelme (marsh flat) (AA.VV. 1984, pp. 45-47; CAVAZZONI 1985) (17).

Le barene sono ampie aree tabulari emerse rispetto al livello mediodelle alte maree e sommerse solo durante le maree eccezionali. Questi appa-rati morfologici sono caratterizzati dalla presenza di vegetazione alofila, sonosolcati da stretti canali detti ghebi (tidal creek) ed interessati da depressioni(o chiari di barena).

Le barene delimitano verso W la laguna viva, ossia il biotopo acquaticoconfinante con l’ambiente marino, e si differenziano da aree paludive o velme(marsh flat), quest’ultime emerse solo nel corso delle basse maree eccezionali.

Su base fitogeografico-naturalistica si distinguono la Laguna Medio-Inferiore da quella Settentrionale; quest’ultima presenta tipici aspetti pae-

(17) Recenti studi hanno consentito di evidenziare nell’ambito di queste strutture tipi-che morfologie minute quali gradino, ciglio, retrociglio. È stato ipotizzato che gran partedegli apparati morfologici presenti nelle fasce periferiche del bacino costituiscano relitti diapparati deltaici fluviali (ALBANI, FAVERO, SERANDREI BARBERO 1983; IDEM 1984; CASTIGLIONI1986 e 1995; FAVERO, SERANDREI BARBERO 1981).

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Tav. 1 – Laguna di Venezia. Assetto morfologico.

saggistici che si devono alle peculiarità chimico-fisiche dell’ambiente, carat-terizzato dalla presenza sia di acqua salmastra che di acqua dolce (ZANETTI

1992, pp. 7-12) (18).La funzione portuale del territorio ha comportato un attento controllo

antropico che trova espressione in precise scelte progettuali mirate a regola-re la sezione delle bocche di porto e a ridurre gli apporti solidi tramite ladiversione dei tratti terminali della maggior parte dei fiumi scolanti nel baci-

(18) Le acque di drenaggio provengono da un territorio di circa 200.000 ettari e siimmettono nella laguna in punti discreti distribuiti lungo la gronda lagunare (CAVAZZONI1977; CAVAZZONI 1995; ZANATTI 1992, pp. 7-12).

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no, rappresentati da corsi a regime alpino (Adige, Bacchiglione, Brenta, Pia-ve) e di risorgiva (Zero, Dese, Sile).

Il Piave ed il Sile hanno contribuito a definire la morfogenesi della La-guna Settentrionale, mentre lungo il tratto mediano-meridionale è stata de-terminante l’azione deposizionale dell’apparato deltaico del Fiume Brenta ilquale ha spontaneamente assunto corsi diversi dal periodo romano al secoloXVI, quando iniziarono gli interventi di diversione della foce (FAVERO, PARO-LINI, SCATTOLIN 1988; ZUNICA 1971, pp. 12-24).

Tali deviazioni diedero luogo a macroscopici effetti di ripascimento alleestremità del diaframma costiero e oltre a ridurre l’accessibilità delle aree por-tuali, contribuirono ad invertire il trend evolutivo dell’ambiente lagunare, que-st’ultimo sino a quel momento sede di accumulo di sedimenti (Tav. 2) (19).

In epoca storica il litorale veneziano ha subito continue oscillazioni eridefinizioni in ragione del variare della collocazione delle fonti di alimenta-zione solida. Quest’ultime dopo le diversioni fluviali vennero a trovarsi al-l’estremità del diaframma lagunare dando luogo a vistosi accrescimenti lun-go i tratti costieri di Cavallino e di Chioggia. La corrente litoranea prevalen-te (da NE) contribuì a veicolare i depositi dei fiumi Sile, Piave e Tagliamento;anche verso il margine meridionale della laguna ebbero luogo ripascimentiad opera dei tributi solidi dei fiumi Bacchiglione e Brenta.

I litorali di Pellestrina e di Lido, soggetti a processi erosivi, mantenneroarenili sottili. Sin dal secolo XII vennero innalzate strutture di difesa trasver-sali lignee e successivamente argini longitudinali; nel secolo XVIII furonorealizzati i murazzi (GATTO 1980; MIOZZI 1968, pp. 41-176).

Dal XIX secolo le bocche portuali hanno subito considerevoli insabbia-menti per il fluire verso SW dei depositi del Piave. Per risolvere tale proble-ma sono stati realizzati estesi moli foranei e si è provveduto a scavare profon-di canali. Tali interventi hanno provocato un sensibile incremento dell’idro-dinamica lagunare innescando incisivi fenomeni erosivi che hanno reso viavia meno accentuate le disomogeneità morfologiche dei fondali, quest’ultimiattualmente in via di appiattimento (CAVAZZONI 1977 e 1995; GOTTARDO,CAVAZZONI 1981) (20).

La sottrazione delle valli da pesca alla libera espansione della mareaunitamente ad interventi di interramento e di arginatura hanno definitiva-

(19) Per un inquadramento sintetico delle fasi evolutive si rimanda AA.VV. 1984, pp.15-71, FAVERO, PAROLINI, SCATTOLIN 1988 e agli schemi che si devono a FACCIOLI 1996.

(20) L’aumento dell’energia del sistema, oltre a provocare conseguenze vistose sui li-velli di marea in laguna sembra aver causato l’approfondimento dei canali e l’estendersi delleloro porzioni distali; in qualche caso si è avuta una radicale trasformazione dei campi dimoto non più rispondenti alla struttura morfologica del fondale (D’ALPAOS 1992). L’ingressodi acque marine ha favorito il consolidamento delle peliti incentivando i fenomeni di abbas-samento del suolo (CAVAZZONI 1995).

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Tav.

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mente aggravato la situazione comportando una generale riduzione dell’esten-sione del bacino di circa il 32% dal 1800 ad oggi (D’ALPAOS 1992).

La Laguna di Venezia è altresì tristemente nota per l’insistere di proces-si di perdita di quota che si devono all’azione sinergica di agenti morfogene-tici naturali quali eustatismo e subsidenza, i cui effetti non vengono compen-sati da sufficienti quantità di apporti solidi fluviali.

Le oscillazioni del livello del mare legate alle variazioni climatiche delglobo terrestre interagiscono con l’abbassamento del suolo che si deve sia afenomeni tettonici, sia al costipamento differenziale dei sedimenti, quest’ul-timo maggiore in aree interessate da depositi pelitici (CARBOGNIN 1992). An-che il tasso di salinità dell’acqua contribuisce al consolidamento di limi eargille accentuando il carattere differenziale del fenomeno (GATTO 1980) (21).

Attualmente l’ambiente lagunare, soggetto quotidianamente a flussi dimarea e interessato dal fenomeno dell’acqua alta, tende ad evolversi versocondizioni idriche (22).

5.2 MORFOGENESI

Durante l’ultimo periodo glaciale del Würm (massimo glaciale 22.000anni b.p.) il bacino altoadriatico, in gran parte emerso, era interessato daun’ampia pianura fluviale. Dopo lo scioglimento dei ghiacci conseguente ilgenerale miglioramento climatico ebbe luogo una sensibile oscillazioneeustatica e la migrazione verso N della linea di costa. Quest’ultima nel corsodell’optimum primario (circa 7.000 anni b.p.) assunse grossomodo la confi-gurazione odierna e, salvo piccole oscillazioni, vi si stabilizzò nel tempo(AA.VV. 1994, pp. 55-70; BONDESAN 1970; GATTO 1980).

La variazione del punto di equilibrio dei fiumi comportò l’erosione dellasuperficie pleistocenica; seguì una repentina fase trasgressiva, nota come “tra-sgressione flandriana”, la quale diede origine ad una laguna, quest’ultimaverosimilmente divisa in due parti da un rilievo edificato dalle alluvioni di uncorso preolocenico del Fiume Brenta, il quale sembra aver contribuito a defi-nire l’assetto morfologico anche successivamente (FAVERO 1983).

(21) Presso la gronda lagunare è stato verificato un tasso medio di abbassamento delsuolo pari a 0.4 mm/anno. Particolarmente vistosi risultano gli effetti morfologici conseguen-ti l’emungimento di fluidi dal sottosuolo: tra il 1950 e il 1970 lo sfruttamento delle risorseidriche a scopo industriale determinò un tasso di circa 8 millimetri (AA.VV. 1984 pp. 68-71;CARBOGNIN, GATTO, MOZZI 1981; CAVAZZONI 1995). Dopo il 1970 si ebbe una generale ripresapiezometrica che portò ad un recupero altimetrico. Attualmente la subsidenza antropica puòconsiderarsi arretrata, ma resta comunque la depressione altimetrica precedentemente for-matasi nella zona industriale (CARBOGNIN, TOSI 1995).

(22) Il fenomeno dell’acqua alta, frequente soprattutto in autunno-inverno conseguefattori meteorologici e processi mareali. Per approfondimenti si rimanda agli studi di Pirazzoli(1977 e 1989), Cavazzoni (1995) e alle relative bibliografie.

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La storia geologica della laguna è registrata nelle sequenze stratigrafi-che le quali consistono di sedimenti tardopleistocenici (18.000 anni b.p.) ditipo continentale, rappresentati verso la superficie da un orizzonte di argillasovraconsolidata (o caranto), e da depositi che esprimono condizioni laguna-ri e litorali; questi ultimi giacciono su sabbie ricche di resti conchigliferi,riferibili alla trasgressione flandriana.

Il caranto testimonia l’insistere di un lungo periodo di emersione checomportò l’essiccamento delle coltri di argilla estese sulla piana alluvionale;questo strato si pone come livello guida caratteristico del limite fra Pleistoce-ne ed Olocene e si trova a quote diverse seguendo l’andamento naturaledell’antica pianura, in parte accentuato da successivi processi di abbassamen-to del suolo (23).

Nel corso dei secoli i fiumi scolanti in laguna contribuirono ad apporta-re sedimenti che andarono via via a colmare il bacino contrastando gli effettidella subsidenza e dell’eustatismo in modo non omogeneo (ciò sia per il per-sistere di apparati morfologici relitti, sia a causa del carattere differenzialedei fenomeni di abbassamento del suolo) dando luogo all’alternarsi di am-bienti sommersi da acque ora dolci, ora salmastre.

Sebbene l’esatta definizione della dinamica evolutiva dell’ambiente la-gunare sia ben lungi dall’essere nota in tutti gli aspetti cronologici e geomor-fologici, pare accertato che sino ad epoca protostorica la laguna fosse par-zialmente interessata da aree emerse fra loro separate da rami fluviali deltizie da paludi (BONDESAN 1970).

Al susseguirsi di condizioni climatiche diverse, l’azione sinergica degliagenti morfogenetici contribuì a modificare nello spazio e nel tempo la di-stribuzione delle componenti del sistema lagunare. Il litorale, esteso in origi-ne in posizione arretrata rispetto all’attuale, sembra essersi definito lungo unorientamento simile a quello odierno solo in epoca etrusca, dopo essersi im-postato in direzione Cà Manzo – Peta di Bò – Valgrande.

Ricerche archeologiche, paleogeografiche, sedimentologiche e paleo-botaniche ovvero gli scritti di Scimno da Chio, Strabone, Tito Livio, Plinio,Procopio di Cesarea attestano che nel periodo romano la distribuzione delleisole endolagunari doveva essere dissimile rispetto all’attuale; sembra altresìaccertato che nei primi secoli il litorale si estendesse all’interno dell’attualelinea di costa, nei pressi di Sant’Erasmo (MIOZZI 1968).

Non si può escludere che già in epoca romana abbiano avuto luogosistemazioni idrauliche, interventi di bonifica e di parcellazione agraria inaree prossime alla gronda o in siti attualmente sommersi. È verosimile che inqualche caso i canali di bonifica ed i corsi d’acqua siano stati successivamente

(23) Per approfondimenti si rimanda a BONDESAN 1970; GATTO 1980; GATTO, PREVIA-TELLO 1974.

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riattivati per fare fronte ai dissesti conseguenti gli eventi trasgressivi dei seco-li V, IX, XII d.C. (DORIGO 1994). Le stratigrafie di scavo e le sequenze geoar-cheologiche intercettate in più siti offrono conferme a tal proposito e con-sentono altresì di riferire al secolo VII la nascita della città di Venezia; leingressioni dei secoli IX e XII avrebbero causato il declino di alcuni centriinsediati (ad esempio Costanziaco), portando a significative variazioni geo-morfologiche (CANAL 1995).

Dopo l’anno Mille gli apporti alluvionali forniti dai tributari fluviali gene-rarono il progressivo insabbiamento ed interramento di ampie aree lagunari.

La Repubblica Veneta, preoccupata di garantire la portualità del terri-torio, per evitare che gli apporti sedimentari fluviali compromettessero lafunzionalità dei canali lagunari costruì palificate ed argini estesi sia all’im-boccatura dei porti, sia dalla gronda verso l’interno del bacino. Il continuoaccumularsi di detriti, favorendo il propagarsi della malaria, rese necessariodivertire le foci dei corsi d’acqua verso mare. Gli interventi interessarono sial’area meridionale del bacino, sia la Laguna Nord, ove gli apporti deposizio-nali dei fiumi Sile e Piave rappresentarono una seria minaccia per l’area por-tuale di San Nicolò (CAVAZZONI 1995; MIOZZI 1968) (24).

Dopo la diversione del Brenta (1488), le acque dei canali Bottenigo eMarzenego vennero immesse nel Canale dell’Osellino (1507-1519). Anchela foce del Piave fu estromessa dal bacino lagunare e deviata verso PortoSanta Margherita (1664); in prossimità del tratto terminale del fiume si defi-nì un ampio specchio lacustre e nel 1683 il corso d’acqua si aprì spontanea-mente un varco verso Cortellazzo (rotta della Landrona) raggiungendo l’odier-na posizione. Nel secolo XVIII le acque del Sile furono deviate dalla lagunatramite il Taglio del Sile ed immesse nell’antico alveo della Piave Vecchia(FAVERO, PAROLINI, SCATTOLIN 1988).

La zona retrostante i lidi subì progressivi abbassamenti non bilanciatida adeguati apporti solidi fluviali, mentre lungo la linea di riva la diversionedelle aste fluviali apportò significative trasformazioni che devono essere in-terpretate come risposta naturale all’azione antropica, quest’ultima estesa siaall’entroterra che al litorale.

5.3 METODI E PROBLEMI DELLA RICERCA GEOARCHEOLOGICA IN AMBIENTE LAGUNARE

La ricerca archeologica ha offerto elementi indispensabili per la defini-zione cronologica delle fasi salienti della dinamica dell’ambiente lagunare.

(24) Nell’impossibilità di descrivere in questa sede l’insieme delle variazioni della reteidrografica circumlagunare rimando ad AA.VV. 1984, pp. 68-71 e alla bibliografia di seguitoallegata e, per ciò che concerne le fasi evolutive dell’area costiera, agli studi di GATTO, D’AL-PAOS 1992; ZUNICA 1971; BRAMBATI, CAROBENE, ZUNICA 1971.

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Le indagini sono tuttora relativamente frammentarie e soggette a significati-ve limitazioni nel caso di siti non conservativi, prossimi a zone fortementeurbanizzate o ad aree soggette ad alta energia quali bocche di porto e canali.

La ricerca paleoambientale deve avvalersi di un approccio interdiscipli-nare e nell’ambiente lagunare richiede l’applicazione di metodologie specifi-che, consistenti in immersioni subacquee e in esplorazioni geognostiche ef-fettuate tramite carotaggi indisturbati; quest’ultimi sono indispensabili nellabassa laguna ove gli antichi insediamenti sono obliterati da coltri fangose chene impediscono l’individuazione (sinora i metodi acustici hanno consentitodi ottenere pochi risultati). In condizioni francamente idriche prevalgonoinvece i processi erosivi i quali mettono in luce strutture sepolte a qualchemetro di profondità.

L’insistere di fenomeni di abbassamento differenziale del suolo non per-mette la definizione di livelli cronologici standard, così che a diverse quotesono presenti strati archeologici coevi. Tale assetto è in parte condizionatodal persistere di relitti morfologici di tipo litorale o fluviale lungo i quali èpossibile individuare presenze antropiche.

La dinamica morfologica è scandita anche da processi di innalzamentodel livello marino e da regressioni condizionate dall’oscillare del clima. Que-st’ultimo sino al secolo IV d.C. avrebbe favorito la colonizzazione agricola;successivamente l’imporsi di condizioni climatiche peggiori ed il progressivoavanzare delle acque (trasgressione del V secolo) hanno dato luogo alla ride-finizione dell’assetto morfologico lagunare (CANAL 1995).

Lo studio dettagliato delle sequenze stratigrafiche, gli esiti di radioda-tazioni, di analisi paleobotaniche, palinologiche e micropaleontologiche at-testano l’imporsi di diverse condizioni chimico-fisiche (25).

In molti casi non è possibile definire processi morfogenetici di portatasignificativa per la scala cronologica cui si riferisce la ricerca.

Le alterazioni subite dal trend evolutivo naturale documentate dal persi-stere di depositi sedimentari diversi e da associazioni vegetali e faunistichespecifiche si esprimono localmente in modo differente. Sono solitamente bendocumentati i fenomeni di sommersione; il passaggio da condizioni continen-tali a condizioni lagunari trova espressione nella trasformazione degli apparatibarenicoli e nel variare di parametri quali il ricambio idrico e la salinità.

La lettura interpretativa di una sezione di scavo, o quella di una succes-sione di strati portati alla luce da un sondaggio geognostico richiedono unafase di decodifica che segnali iati documentari o eventi erosivi e deposiziona-li conseguenti l’insieme delle modifiche apportate dall’uomo al territorio.Nell’ambiente veneziano le opere di ripristino morfologico volte a consoli-

(25) Per approfondimenti rimando agli studi di Serandrei Barbero - Istituto per loStudio della Dinamica delle Grandi Masse-C.N.R. - Venezia.

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dare l’estensione delle aree emerse tramite il mantenimento delle quote ri-spetto al livello medio del mare sono documentate da depositi di originealloctona per i quali non è sempre possibile proporre attribuzioni cronologi-che. Non si può escludere che interventi di bonifica abbiano avuto luogo giàin epoca etrusco – romana; le numerose sopraelevazioni databili al I-IV seco-lo d.C. sembrano esprimere la volontà di continuare a popolare la lagunaanche al sopraggiungere delle trasgressioni dei secoli V e XI (CANAL 1995).

La dinamica morfologica ha comportato il progressivo ridefinirsi del-l’organizzazione territoriale, quest’ultima impostata anche in funzione di esi-genze strategiche e commerciali: dai primi secoli d.C. col sorgere di grossicentri abitati quali Ammiana, Torcello, Costanziaco si assiste al continuo evol-versi di una “geografia dell’uomo” strettamente connessa al carattere por-tuale dell’ambiente lagunare e dominata dopo il VII secolo dal progressivoaffermarsi dell’insediamento urbano di Venezia.

C.A.C.

6. Tecniche e metodologie dell’archeologia lagunare: l’esempio di unintervento subacqueo di tutela

Secondo una prassi teorica consolidata da qualche anno l’archeologiasubacquea non può essere definita una disciplina autonoma rispetto all’ar-cheologia tout-court (GIANFROTTA, POMEY 1980, pp. 10 e sg. con relativa bi-bliografia). È noto, infatti, come essa sia piuttosto considerata una tecnicaapplicata ad un ambiente in cui l’uomo, in realtà, non ha mai vissuto. Difatto, questa estrema specializzazione, che fa uso di strumenti e metodologiein gran parte ignoti all’archeologia tradizionale, ha prodotto istituti di ricer-ca spesso collegati alle problematiche, queste sì realmente autonome, dell’ar-cheologia navale (26).

In quest’ottica potrebbe quindi sembrare eccessiva la suddivisione del-l’archeologia subacquea in sotto specializzazioni contraddistinte dall’ambienteacqueo operativo, che hanno portato alla nuova definizione di “Archeologiadelle Acque” (27).

(26) In questa sede può essere ricordato l’INA (Institute of Nautical Archaeology)della A&M University del Texas, fondato negli anni 70 da George Bass, uno dei padri dell’ar-cheologia subacquea mondiale. L’Italia, pur essendo tra i pionieri della disciplina, non habrillato negli ultimi anni nel settore. Volendo tralasciare le problematiche legate alla tuteladei fondali, di competenza del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, va rilevato comeanche a livello universitario e di formazione il nostro Paese solo recentemente sta tentando dicolmare il gap che la separa da altre Nazioni.

(27) Questa può essere distinta in archeologia marina, fluviale, lacustre, lagunare edipogeica.

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L’archeologia lagunare, nelle sue applicazioni squisitamente subacquee,ha diverse caratteristiche operative e ambientali che la distinguono dalle al-tre specializzazioni dell’Archeologia delle Acque:– le lagune sono fortemente sottoposte al regime delle maree che, in partico-lari condizioni ed aree, possono rendere difficile o persino impossibile laricerca in acqua. Sottoposte alla legge fisica delle fasi lunari, le escursioni dimarea possono raggiungere picchi elevati, tali da rendere le condizioni diimmersione molto simili a quelle di un fiume.– L’inquinamento delle acque, legato agli scarichi industriali e urbani, puòraggiungere in alcune zone livelli molto elevati. Questo si traduce nell’impie-go obbligatorio di attrezzature subacquee antinquinamento di non semplicegestione tecnica. È il caso, ad esempio, di immersioni condotte con mutecompletamente stagne e fortemente zavorrate munite di casco o di masche-rone gran facciale. L’assetto del sommozzatore in queste situazioni è moltosimile a quello di un palombaro. È palese come le condizioni operative epercettive dell’uomo in immersione così attrezzato siano fortemente alterate.– I sedimenti limosi con basso peso specifico legati all’apporto dei fiumi nonfacilitano la visibilità subacquea che, nella gran parte dei casi, è limitata apochi centimetri. Per sopperire a questi limiti operativi sono stati escogitatisistemi di documentazione che fanno uso di intercapedini di acqua pulitafrapposte tra il soggetto e l’obiettivo della foto-video camera (ROSSO 1987,pp. 219-224).– Il particolare assetto geomorfologico della laguna veneziana, caratterizzatoda profonde trasformazioni del territorio nel corso dei secoli, legate sostan-zialmente all’uomo e ai fenomeni della subsidenza e dell’esustatismo, ha por-tato ad una totale sommersione di aree un tempo abitate. Questi fenomeni,semmai ve ne fosse bisogno, giustificano pienamente la nascita e l’evoluzionedi un’archeologia delle lagune in Italia e la necessità di una verifica del cosid-detto impatto archeologico sui grandi lavori di salvaguardia della laguna ve-neziana condotti in questi anni sulla base di apposite Leggi Speciali delloStato.

In questa sede, per evidenziare quali siano le effettive problematiche emetodologie tipiche dell’archeologia delle lagune, piuttosto che addentrarsiin un arido elenco teorico, si è optato per l’esposizione di un caso tipico diindagine subacquea legata alle opere di salvaguardia realizzate dal Ministerodei Lavori Pubblici – Magistrato alle Acque di Venezia attraverso il suo con-cessionario Consorzio Venezia Nuova.

6.1 GLI INTERVENTI LUNGO IL CANALE MALAMOCCO-MARGHERA

Il Consorzio Venezia Nuova, concessionario del Ministero dei LavoriPubblici per le opere finalizzate alla salvaguardia di Venezia, in accordo con

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la Soprintendenza Archeologica per il Veneto, ha previsto, nel corso del tri-ennio 1995-1997, opportuni interventi di ricognizione archeologica e di bo-nifica, preventivi alla messa in opera di ausilii luminosi lungo il canale indu-striale Malamocco-Marghera.

Tale opera di pubblica utilità consiste sinteticamente nelle seguenti fasiattuative:1) Infissione di plinti di sostegno per l’illuminazione nella parte est (I stral-cio) ed in quella ovest del canale (II stralcio). I plinti in oggetto, allocatiesternamente al canale ad una distanza media di circa 6 metri dalle briccoledi delimitazione, sono posizionati ad 80 metri l’uno dall’altro.

Per comodità topografica hanno assunto una numerazione dispari nellato est ed una pari in quello ovest. Il suddetto criterio non è stato rispettatoin toto all’ingresso del porto di S. Leonardo.2) Scavo di una trincea profonda m 2 e larga circa m 0,50 con fresa rotantetrainata da pontone. Contemporaneamente allo scavo il progetto esecutivoha previsto che la macchina alloggiasse il cavo elettrico di alimentazione.3) Scavo delle dorsali trasversali di collegamento tra il percorso rettilineo dialimentazione ed i singoli pali di illuminazione, distanti da questo m 6. Inesecuzione finale tale lavoro è stato effettuato mediante sorbona azionata daoperatore subacqueo.

Lungo il percorso oggetto degli interventi suddetti sono stati segnalatiin passato vari insediamenti di interesse archeologico ed emergenze ad essipertinenti. Le stesse fonti manoscritte sulla zona abbondano di particolarisulla topografia medievale di questo settore della laguna di Venezia (28).

In sintesi, partendo da nord, i siti conosciuti erano i seguenti (29):a) – Pontile c.d. dei Bottenighi databile al XIX secolo.b) – Area dell’oratorio di S. Onofrio, pertinente ad una struttura ecclesiasticaed a mulini scomparsi edificati nel XII secolo lungo la foce deviata e provvi-soria del fiume Brenta.c) – Strutture dell’Argine Vecchio.d) – Località di Lizzafusina o Fusina (30).

(28) Al proposito basti solo ricordare l’imponente lavoro di ricerca e perlustrazione, ingran parte inedito, effettuato dagli Ispettori Onorari della Soprintendenza Archeologica peril Veneto Ernesto Canal e Lidia Fersuoch (CANAL 1995; FERSUOCH 1995; EAD. c.s.).

(29) Cfr. anche quanto già pubblicato in D’AGOSTINO, FOZZATI 1997. I lavori hannoportato al rinvenimento di altri importanti ritrovamenti.

(30) Il nome Lizzafusina o Fusina deriva quasi sicuramente dal dialetto veneto (lizza =fango e fusina = fuosa). È documentata fin dal 1191 alla foce del fiume di Oriago comecentro di ricovero destinato ben presto a sostituire l’ospizio di San Leone, probabilmente acausa delle modifiche apportate alle vie fluviali. Anche il monastero di S. Ilario vi avevainteressi, come è documentato da una licenza a vendere alcuni beni concessa nel 1452 dalpapa Niccolò V. L’oratorio ivi ubicato dipese fino al XVI secolo da Oriago. Nella visita pasto-rale del vescovo di Treviso del 1578 viene ricordato come luogo in abbandono e separato da

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e) – Paleofoce del fiume Una o di S. Ilario.f) – Monastero di San Leonardo in “Fossa Mala”, scoperto e documentato daE. Canal negli anni ’70; consistente in una serie di strutture abitative edecclesiastiche ed in una necropoli medievale.

A queste aree andrebbe aggiunta quella pertinente all’insediamento pro-duttivo (mulini, tintorie etc.) medievale di Volpàdego, ubicabile all’incircaall’altezza delle attuali motte di Volpego, lato ovest del canale.

La Soprintendenza Archeologica per il Veneto, presa visione della tipo-logia dell’intervento, ha richiesto prospezioni ed eventuali indagini conosci-tive e di bonifica archeologica atte ad autorizzare l’effettuazione dei lavori.

In particolare, facendo riferimento alle fasi progettuali sopra eviden-ziate:1A) – Indagine empirica sulle postazioni di infissione dei singoli plinti me-diante sondino in acciaio della lunghezza di m 2, onde verificare eventualipreesistenze. Tale operazione è stata prescritta con l’impiego di una grigliaquadrata del lato di m 1 suddivisa in quadrati minori di 0,1 m.1B) – In presenza di anomalie (diversa consistenza degli strati profondi, geo-morfologia superficiale sospetta etc.): effettuazione di carotaggi fino a m 6 diprofondità lineare.1C) – Nel caso di presenza accertata di testimonianze archeologiche: esecu-zione di saggi stratigrafici atti a bonificare il punto di infissione dei plinti.1D) – Effettuazione di carotaggi a -6 metri ogni 10 postazioni (800 m).

Per tutte le carote è stata richiesta una doppia lettura archeologica egeosedimentologica.2A) Preventivamente e contemporaneamente alla fase 2: indagine ed even-tuale bonifica delle aree archeologiche conosciute, con rilievo e campiona-mento delle strutture lignee finalizzato all’effettuazione di analisi dendrocro-nologiche e radiocarbonio.2B) Ricognizione preventiva e a posteriori lungo il tracciato della fresa perl’individuazione di altri siti non segnalati. Il controllo non è potuto avvenirein contemporanea alle operazioni di scavo poiché la natura stessa della mac-china, dotata di lama in continuo movimento, non consentiva immersionidurante la sua attività.3A) Controllo delle operazioni di scavo mediante sorbona delle spine di col-legamento tra il tracciato del cavo di alimentazione e le postazioni dei palimedesimi. Eventuale posizionamento topografico e bonifica dei siti intercet-tati e rinvenuti durante la fase 2B.

Il presente contributo descrive le operazioni effettuate in ottempera-

un semplice muro dai fabbricati ove si trovava il congegno per il trasbordo delle barche,tanto che si udivano spesso le bestemmie dei barcaioli. (Cfr. POPPI 1977, pp. 74-75, 215).

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mento alla fase 2A e, in particolare, i rilievi sull’area archeologica di SanLeonardo in Fossa Mala.

Trattandosi di un sito di grande importanza storica, la dorsale principa-le di alimentazione all’altezza degli steli luminosi prossimi ad essa è statadeviata all’interno della Cassa di Colmata, consentendo in questo modo laconservazione integrale dei resti ancora visibili.

L’ intervento archeologico è stato eseguito dalla società Idra snc di Ve-nezia sotto la direzione in situ dello scrivente.

6.2 CONDIZIONI DI LAVORO

Il canale Malamocco – Marghera non costituisce una zona ideale perinterventi subacquei in sicurezza. Il continuo passaggio di navi di grosso ton-nellaggio dirette al porto industriale di Marghera, oltre a provocare un’ero-sione continua e deleteria per i siti archeologici, genera correnti attrattivemolto forti nei confronti dell’uomo in immersione, con rischi notevoli per lasua integrità fisica. All’uopo, pur non effettuando operazioni direttamentenel territorio acqueo di competenza della Capitaneria di Porto, questa haemesso un’apposita Ordinanza atta a garantire, per quanto possibile, le fon-damentali norme di sicurezza. Gli operatori hanno dovuto, quindi, tenersi incontinuo collegamento radio VHF/canale 13 con i piloti del porto per preve-nire in tempo il passaggio delle navi. Il sommozzatore, in questi casi, è sem-pre riemerso ed è stato assicurato al natante appoggio.

Un altro effetto negativo generato dalle eliche delle grandi navi è sicu-ramente rappresentato dalla totale mancanza di visibilità subacquea che, avolte, si protrae per molte ore. È intuitivo come, di fronte a questa evenien-za, vengano a mancare i requisiti necessari allo svolgimento di un lavoroattendibile.

Oltre a ciò va inoltre valutata l’enorme incidenza delle correnti di ma-rea che, proprio sul canale in questione, assumono velocità inusitate. È quin-di facilmente deducibile la difficoltà operativa derivante da siffatte condizio-ni che, specialmente verso la fuosa portuale, sono ai limiti della sicurezza.

6.3 SITO E MORFOLOGIA DEI FONDALI

Il monastero di S. Leonardo in Fossa Mala nacque come una dipenden-za della grande abbazia di S. Ilario, ubicata in terraferma nei pressi dell’odier-na località di Malcontenta. Le ricerche svolte da volontari negli anni ’70hanno consentito di individuarne le strutture, in parte ricoperte dalla Cassadi Colmata, di redigere un primo rilievo di massima e di accertare le fasi difrequentazione del sito, con buone probabilità riconducibili al IV secolo a.C.

Il toponimo deriva da un vicino canale che univa la corbola al Canal

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Mazor. Nel periodo tra il 1178 ed il 1248 si conoscono i nomi di alcunipriori ed il monastero viene beneficiato di alcune donazioni. Con la terribilepeste del 1348 è adibito a sepoltura di massa. Alcune fonti documentano lapresenza della chiesa ancora nel 1600 (31).

Attualmente il complesso degli edifici non è più visibile. Abbandonato,infatti, nel corso del XVII secolo, scomparve progressivamente. Lo scavo delcanale Malamocco-Marghera negli anni ’60 e la costruzione delle Casse diColmata ha provocato un complesso fenomeno di erosione, dovuto al pas-saggio delle navi, e di apporto sabbioso legato, viceversa, alla progressivariduzione della spiaggia della Cassa medesima. A causa di questo è stato spes-so riscontrato, nei pressi della linea di costa conterminata negli anni ’60 diquesto secolo, un notevole apporto sabbioso in giacitura secondaria frammi-sto a pietrame sciolto pertinente alla Cassa e spesso confuso con i materialida costruzione del monastero medievale. Procedendo verso il canale questofenomeno tende ad attenuarsi, per cedere definitivamente ad una potenteerosione del sedimento in situ, che ha consentito l’evidenziazione delle fon-dazioni in pali verticali e zatteroni di legno.

Ad una ricognizione sommaria il fondale si presenta attualmente incli-nato verso il canale, di natura sabbiosa o sabbioso-limosa, costellato in alcunipunti da pietrame da costruzione, laterizi sporadici, resti osteologici umani epali lignei infissi verticalmente. La batimetria origina da quote prossime allozero relativo fino a giungere, nei pressi delle briccole, a -2,5 m con mareamedia.

6.4 TIPOLOGIA DEI LAVORI ESEGUITI

L’intervento è stato finalizzato a documentare lo statu quo del sito, con-seguentemente agli ultimi interventi nella zona legati alle attività di ripristinodella segnaletica luminosa lungo il canale. Si è pertanto eseguito un rilievo didettaglio di una delle aree a più alta concentrazione di resti strutturali, conl’intenzione di allargare i rilievi all’intera area archeologica. All’uopo si èubicata una griglia di m 35x20 topograficamente posizionata a includere lazona all’altezza della briccola 191. Tale area è stata suddivisa in quadrati di m5 di lato a loro volta ulteriormente parcellizzati in quadrati di m 1 di lato.Indi, l’intera superficie così ottenuta è stata sottoposta a ricognizione visiva.Al suo interno si è in seguito circoscritta un’area di m 15x10 che è statasottoposta a rilievo diretto al dettaglio in scala 1:5 (cfr. riproduzione foglioda disegno). Questo è stato eseguito mediante il posizionamento ripetuto sucapisaldi visibili di un quadrato di m 1 di lato in lega leggera di alluminio

(31) Per le vicende del monastero cfr. LANFRANCHI, STRINA (a cura di) 1965, pp. XII-XIII; MOROZZO DELLA ROCCA 1962; CISOTTO 1966-68; FERSUOCH 1995.

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Tav. 3 – Facsimile della tavoletta utilizzata per il rilievo subacqueo dell’area archeologica diSan Leonardo in Fossa Mala.Tav. 4 – Identificazione del sito di San Leonardo in Fossa Mala con georeferenziazione suCarta Tecnica Regionale (tav. 148043) – Canale dei Mulini).

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suddiviso in una griglia di quadrati minori di cm. 10. Ogni emergenza pre-sente è stata perciò documentata avendo cura di distinguere tra i vari mate-riali riscontrati (legno, pietra, resti osteologici). In questo modo si è potutaricavare una restituzione bidimensionale attendibile e oggettiva di quantoancora conservatosi (cfr. planimetria). Il rilevamento delle batimetrie ha per-messo di acquisire, in un secondo momento, anche la terza dimensione.

Ai fini di una localizzazione cronologica migliore è stato effettuato ilprelievo di alcuni elementi lignei per i quali si è proceduto ad esame dendro-cronologico (32).

Tav. 5 – Area del monastero sommerso: identificazione dello stato di fatto dei luoghi e delreticolo utilizzato per il rilievo di dettaglio.

(32) Analisi eseguite dalla Dendro Data snc di Verona.

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6.5 CONCLUSIONI PRELIMINARI

Lo schizzo planimetrico eseguito da Ernesto Canal alla fine degli anni’60 (33) e il suo esame de visu di buona parte delle strutture del monasteroancora ben conservate hanno indubbiamente il grande merito di avere docu-mentato una situazione archeologica ormai irrimediabilmente compromessa.La fortissima erosione in atto e gli interventi non autorizzati hanno infatticancellato buona parte delle strutture, lasciando al loro posto una confusaicnografia di difficile interpretazione. Tale sconvolgimento si evince dall’at-tuale planimetria che, seppur parziale e di dettaglio, non consente di indivi-

Tav. 6 – Rilievo parziale dell’area archeologica sommersa di San Leonardo tra la Cassa di Colmata e ilcanale Malamocco-Maghera. La potente erosione in atto ha reso quasi illeggibili gran parte delle strutture.

(33) Questa pianta non è stata purtroppo ancorata su capisaldi sicuri e la sola presenzadella briccola 191 come riferimento non è sufficiente a darne un collocazione topograficacerta.

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duare murature in connessione ma solamente ipotetici orientamenti non de-finibili con certezza. È probabile che, con l’ampliamento dell’area di rilievo,alcune caratteristiche meglio conservate si possano circoscrivere ed eviden-ziare.

M.D.

LUIGI FOZZATI, CONCETTA ARENOSO CALLIPO, MARCO D’AGOSTINO

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