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1° LEZIONE DALLA LINIA ALL’ED UCAZIONE 20/07/07 · Per ogni problema di salute c’è un PDTA =...

Date post: 15-Feb-2019
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1° LEZIONE – DALLA CLINICA ALL’EDUCAZIONE – 20/07/07 OBIETTIVO DEL CORSO Inquadramento teorico alla patologia neuropsichica dell’età evolutiva secondo il modello bio-psico-sociale con approccio sistemico orientato all’integrazione di ambiti clinici e pedagogici. Bisogna assumere un approccio educativo secondo il quale l’identificazione di alunni con o senza disabilitá non avviene sulla base di una certificazione. LA LEGISLAZIONE La L.104/92 è ancora il più efficace strumento per riconoscere e tutelare la partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità. La certificazione di disabilità è il presupposto per l’attribuzione all’alunno con disabilità delle misure di sostegno. Tale certificazione così come previsto dal DPCM185-23/02/2006 è prodotta da un “organismo collegiale” appartenente all’area medica e le diagnosi funzionali devono essere realizzate secondo le classificazioni internazionali dell’OMS e riportare la gravità: ICD-9 (utilizzato per l'ambito medico – Classificazione internazionale delle malattie); ICD-10 (utilizzato per la scuola – Classificazione internazionale delle malattie. La decima edizione è del 1990 e utilizzata nel 1994); DSM IV, e DSM-5 (strumento di classificazione per i disturbi mentali o psicopatologici, la prima versione risale al 1952, l'ultima è del 2013) 0-3 (classificazione utilizzata per le problematiche relative all'età o-3) La Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 “Strumenti d’intervento per alunni con BES” estende il campo di intervento di tutta la comunità educante all’intera area dei BES (individui con svantaggio scolastico): Disabilità (L.104/92); Disturbi specifici dell’apprendimento (L.53/2003 = legge Moratti introduce la personalizzazione didattica e L.170/2010;); Disturbi Evolutivi Specifici (es. deficit del linguaggio; dell'attenzione e dell'iperattività ecc.) Svantaggio Socio-Economico, Linguistico, Culturale Questa direttiva segna il passaggio da una prospettiva clinica ad una prospettiva di tipo educativo , secondo la quale l’identificazione di alunni con o senza disabilità non avviene sulla base di una certificazione. Lungo questa prospettiva il modello bio-psico-sociale (che utilizza l’ICF come strumento che va al di là delle etichette diagnostiche concetto di gravità e concetto di complessità non sempre coincidono ci può essere una gravità clinica ma non una complessità di gestione scolastica e viceversa a causa di fattori di frasgilitá socio- ambientale associati) consente di individuare i BES prescindendo da preclusive tipizzazioni. Tale modello parla solo di stato o di problema di salute e ci dice che siamo tutti disabili come nessuno è disabile. Ognuno con i suoi bisogni speciali per favorire un approccio inclusivo. Necessaria l’evoluzione di approccio: esclusione separazione integrazione inclusione. Buone prassi: in mancanza di una certificazione, utilizzare il PDP il meno possibile o quantomeno solo in una fase iniziale (i primi 6 mesi) e dopo magari consigliare alla famiglia di rivolgersi all’area sanitaria. DALLA DIAGNOSI ALLA PRESA IN CARICO La diagnosi per certi versi è un’etichetta ma dietro ogni etichetta vi è un problema esistenziale. Buone prassi: Molte volte ci sono famiglie che non accettano la diagnosi. Su questo aspetto dobbiamo essere comprensivi, può essere che un genitore non riesca mai ad elaborare l’etichetta data al figlio. Definita la diagnosi eziologica (tramite International Classification of mental Disorders-10 e Diagnostical and Statistical Manual of mental disorders-5) per arrivare alla DF si utilizzano dei modelli di riferimento che nel complesso costituiscono il MODELLO DELLA PARTECIPAZIONE: Modello ecologico (il contesto naturale); Modello bio-psico-sociale = sintesi tra progetto di vita e progetto riabilitativo (modello integrato tra 3 aspetti: genetica-personalità-contesto. Si lavora sull’area di sviluppo prossimale. Orientato al futuro partendo dal presente: i bambini con disabilità non rimangono sempre tali ma diventano adulti); Modello family-centered (modello inglese in 8 punti. Tutti i servizi sono ripensati alla luce dei sistemi familiari: 1. La famiglia è la costante nella vita di un minore, mentre il sistema si modifica; 2. Facilitare la collaborazione tra genitori e professionisti;
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1° LEZIONE – DALLA CLINICA ALL’EDUCAZIONE – 20/07/07

OBIETTIVO DEL CORSO Inquadramento teorico alla patologia neuropsichica dell’età evolutiva secondo il modello bio-psico-sociale con approccio sistemico orientato all’integrazione di ambiti clinici e pedagogici. Bisogna assumere un approccio educativo secondo il quale l’identificazione di alunni con o senza disabilitá non avviene sulla base di una certificazione.

LA LEGISLAZIONE La L.104/92 è ancora il più efficace strumento per riconoscere e tutelare la partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità. La certificazione di disabilità è il presupposto per l’attribuzione all’alunno con disabilità delle misure di sostegno. Tale certificazione così come previsto dal DPCM185-23/02/2006 è prodotta da un “organismo collegiale” appartenente all’area medica e le diagnosi funzionali devono essere realizzate secondo le classificazioni internazionali dell’OMS e riportare la gravità:

• ICD-9 (utilizzato per l'ambito medico – Classificazione internazionale delle malattie);

• ICD-10 (utilizzato per la scuola – Classificazione internazionale delle malattie. La decima edizione è del 1990 e utilizzata nel 1994);

• DSM IV, e DSM-5 (strumento di classificazione per i disturbi mentali o psicopatologici, la prima versione risale al 1952, l'ultima è del 2013)

• 0-3 (classificazione utilizzata per le problematiche relative all'età o-3)

La Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 “Strumenti d’intervento per alunni con BES” estende il campo di intervento di tutta la comunità educante all’intera area dei BES (individui con svantaggio scolastico):

• Disabilità (L.104/92);

• Disturbi specifici dell’apprendimento (L.53/2003 = legge Moratti introduce la personalizzazione didattica e L.170/2010;);

• Disturbi Evolutivi Specifici (es. deficit del linguaggio; dell'attenzione e dell'iperattività ecc.)

• Svantaggio Socio-Economico, Linguistico, Culturale

Questa direttiva segna il passaggio da una prospettiva clinica ad una prospettiva di tipo educativo, secondo la quale l’identificazione di alunni con o senza disabilità non avviene sulla base di una certificazione. Lungo questa prospettiva il modello bio-psico-sociale (che utilizza l’ICF come strumento che va al di là delle etichette

diagnostiche concetto di gravità e concetto di complessità non sempre coincidono ci può essere una gravità clinica ma non una complessità di gestione scolastica e viceversa a causa di fattori di frasgilitá socio-ambientale associati) consente di individuare i BES prescindendo da preclusive tipizzazioni. Tale modello parla solo di stato o di problema di salute e ci dice che siamo tutti disabili come nessuno è disabile. Ognuno con i suoi

bisogni speciali per favorire un approccio inclusivo. Necessaria l’evoluzione di approccio: esclusione

separazione integrazione inclusione. Buone prassi: in mancanza di una certificazione, utilizzare il PDP il meno possibile o quantomeno solo in una fase iniziale (i primi 6 mesi) e dopo magari consigliare alla famiglia di rivolgersi all’area sanitaria.

DALLA DIAGNOSI ALLA PRESA IN CARICO La diagnosi per certi versi è un’etichetta ma dietro ogni etichetta vi è un problema esistenziale. Buone prassi: Molte volte ci sono famiglie che non accettano la diagnosi. Su questo aspetto dobbiamo essere comprensivi, può essere che un genitore non riesca mai ad elaborare l’etichetta data al figlio. Definita la diagnosi eziologica (tramite International Classification of mental Disorders-10 e Diagnostical and Statistical Manual of mental disorders-5) per arrivare alla DF si utilizzano dei modelli di riferimento che nel complesso costituiscono il MODELLO DELLA PARTECIPAZIONE:

• Modello ecologico (il contesto naturale);

• Modello bio-psico-sociale = sintesi tra progetto di vita e progetto riabilitativo (modello integrato tra 3 aspetti: genetica-personalità-contesto. Si lavora sull’area di sviluppo prossimale. Orientato al futuro partendo dal presente: i bambini con disabilità non rimangono sempre tali ma diventano adulti);

• Modello family-centered (modello inglese in 8 punti. Tutti i servizi sono ripensati alla luce dei sistemi familiari: 1. La famiglia è la costante nella vita di un

minore, mentre il sistema si modifica; 2. Facilitare la collaborazione tra genitori e

professionisti;

3. Condivisione completa delle informazioni 4. Supporto ai bisogni psicologici ed

economici della famiglia; 5. Consapevolezza dei punti di forza della

famiglia; 6. Comprensione dei bisogni di tutto il

sistema;

7. Facilitazione del supporto tra genitori; 8. Rassicurare sulla flessibilità del sistema dei

servizi.

Esterno

Patologia Plasticità ambientale

Cercando le opportunità per sfruttare le capacità

Normalità Regolazioni riparatorie e

compensatorie Aumentando le capacità per

rispondere alle diverse situazioni Interno

L’ICF-CY è la classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute nella versione per bambini e adolescenti. Ci fornisce una nuova definizione di disabilità: il risultato tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali e i fattori ambientali. Nell’ambito dell’ICF ci sono alcuni concetti chiave da tenere in considerazione:

• ATTIVITÀ (esecuzione di un compito o di un’azione; le limitazioni dell’attività sono le difficoltà che un individuo può incontrare nello svolgere tale attività)

• PARTECIPAZIONE (coinvolgimento in una situazione di vita; le restrizioni alla partecipazione sono problemi che un individuo sperimenta nel coinvolgimento nelle situazioni di vita).

• FATTORI AMBIENTALI (costituiscono gli atteggiamenti, l’ambiente fisico e sociale in cui le persone vivono e conducono la loro vita)

I 3 elementi chiave dell’ICF-CY:

1. CAPACITÀ (viene valutata dagli specialisti che hanno in carico il bambino e descrive l’intrinseca abilità dell’individuo nell’eseguire un compito o un’azione in un ambiente uniforme o standard; riflette l’abilitá adattata all’individuo);

2. PERFORMANCE (la osservano gli insegnanti a scuola e descrive quello che un individuo fa nel contesto reale, nel suo ambiente);

3. COMPETENZA (conoscenza che passa attraverso l’esperienza);

Il profilo della persona da riabilitare/educare condiziona il progetto riabilitativo/educativo e determina il percorso di cura. Il percorso di cura comporta la necessità che ci sia qualcuno che cura (“to cure” ambito medico) e qualcuno che si prende cura (“to care” insegnante).

GLI STRUMENTI E LE METODOLOGIE DEL CLINICO Per ogni problema di salute c’è un PDTA = Percorso-Diagnostico-Terapeutico-Assistenziale. Il modello è quello della partecipazione [doppia slide 15?], intesa come:

• Comunicazione e partecipazione alle attività della vita quotidiana;

• Partecipazione di tutti i contesti di vita;

• Costruzione e negoziazione del progetto di vita discusso con tutti i protagonisti.

Mediante questo modello si definisce uno stato di salute e il funzionamento correlato, identificando i punti di forza e le potenzialità della persona al fine di creare occasioni di partecipazione e rimuovere le barriere di accesso.

Che cosa contiene la relazione clinico-diagnostica?

Diagnosi eziologica Diagnosi strutturale Diagnosi funzionale

Mi interessa perché

dice la causa del disturbo, descrittiva descrive le Funzioni descrive il Funzionamento

Focus Persona interno e esterno

Persona interno: psicopatologia

Persona e Contesti interno collegato all’esterno punti di forza e criticità, potenzialità

È necessaria? in presenza di un disturbo che perdura nel tempo

È utile È fondamentale

Potenzialità Confrontabilità con altre situazioni Risorse Deficit

Aree di modificabilità

Criticità Rischio etichettatura Rischio staticità Rischio dinamicità

Chi sono i protagonisti? • Persona con disabilità;

• Team pedagogico della scuola;

• Equipe specialistica;

• Famiglia.

La multidisciplinarietà consiste nell’avere obiettivi specifici e trasversali; specificità dei ruoli all’interno della medesima cornice di progetto; linguaggio comune (uniformato ma specifico); unico referente (esempio: il consiglio di classe). L’interdisciplinarietà invece privilegia una logica di rete: ambito diverso, referente diverso, mura diverse, condivisione delle informazioni, programmazione condivisa, strategia coordinata per il progetto di vita.

APPRENDERE Il processo che permette di realizzare un autentico apprendimento è quello che pone l’individuo nella situazione di vivere l’esperienza sia intellettualmente che emotivamente in un ciclo continuo di azione, ricerca e riflessione. In un’ottica di controllo si può apprendere qualcosa:

• Conoscenze; • Contenuti; • Informazioni.

In un’ottica di comprensione si può apprendere DA qualcosa:

Elaborare un’esperienza… …attraverso il filtro della propria storia…

…attraverso il filtro della propria mente.

In questo processo giocano un ruolo fondamentale due concetti:

Facilitazione Mediazione

dare a prestito qualcosa che non viene interiorizzato e quindi non diventa parte integrante del processo di apprendimento; qualcosa di esterno che rimane tale

il mediatore seleziona ed organizza gli stimoli e ne regola quantità, intensità e durata, favorendo il processo di apprendimento mediato; la mediazione agisce in modo che tutte le informazioni divengono conoscenze, il soggetto diventa consapevole dei propri processi cognitivi e capace di elaborare in modo autonomo i dati dell’esperienza.

Il pensiero di R. Feuerstein

L’accettazione dei limiti deve lasciare posto alla fiducia nelle possibilità di cambiamento. L’apprendimento implica modificabilità cognitiva strutturale e si configura come esperienza di apprendimento mediato in cui la presa in carico è affidata a una persona interessata, motivata e preparata.

Che cos’è la consulenza scolastica?

È uno spazio in cui le idee (del team scolastico, della famiglia e dell’equipe specialistica) si incontrano e si confrontano ma soprattutto possono generare un pensiero che pone al centro la persona con disabilità ma non solo. È un luogo in cui aspetti diversi vengono colti da prospettive diverse nella ricerca del significato dell’esperienza. […] La vera adesione presuppone la condivisione delle responsabilità e degli sbagli nelle dimensioni di comunicazione, cooperazione e coordinamento. Non ci si può prendere cura dell’altro senza imparare ad avere cura di sé.

2° LEZIONE – DISTURBI DELLA COMUNICAZIONE – 24/07/07 Il linguaggio verbale è uno dei mediatori più importanti per farsi un’idea dell’identità di chi ci sta davanti. Per darci identità e sicurezza abbiamo bisogno di raccontarla a noi stessi. L’assenza di adeguate modalità ad interagire e comunicare con gli altri ha pesanti ricadute sullo sviluppo relazionale, cognitivo e sociale. Buone prassi: le persone con complessi bisogni comunicativi devono fruire di interventi sulla comunicazione in un contesto che abbia piena fiducia nella loro competenza comunicativa.

CHE COS’È LA COMUNICAZIONE? Processo attraverso il quale la persona, utilizzando modalità verbali e non verbali, trasmette informazioni al ricevente. È un evento intersoggettivo che si realizza anche senza consapevolezza (non si può non comunicare). Può essere:

• Intenzionale / non intenzionale;

• Convenzionale / non convenzionale;

• Forma linguistica / non linguistica;

• Modalità orale / in altri modi.

Basi della comunicazione • Avere desiderio di comunicare;

• Avere qualcosa da comunicare;

• Avere qualcuno con cui comunicare;

• Realizzare che si può comunicare attraverso l’esperienza di essere compresi e non;

• Avere lo strumento per comunicare;

• Capire ciò che gli altri cercano di dire.

Scopi della comunicazione (cambiano nel corso della vita): • Esprimere bisogni, necessità;

• Sviluppare relazioni;

• Scambiarsi informazioni;

• Convenzioni stabilite dal comportamento sociale (interazioni limitate allo scopo del momento).

Le persone con BCC (bisogni comunicativi complessi) rischiano di essere ritenuti incapaci di comprendere e di essere anticipati (di solito non viene lasciato tempo sufficiente al bambino di rispondere e l’argomento si semplifica e si esaurisce in fretta), in realtà una comprensione di base c’è sempre e non è collegata al deficit comunicativo. L’unico prerequisito alla comunicazione è la partecipazione, senza partecipazione non c’è nessuno a cui parlare, niente di cui parlare e nessuna ragione per farlo. In questo senso per sviluppare un buon PROGETTO COMUNICATIVO dobbiamo individuare:

• Partners;

• Occasioni di partecipazione;

• Attività;

• Strumenti differenziati (MA non bastano solo gli strumenti!!!)

Si possono individuare 4 fattori importanti nella relazione partner-persona con BCC:

• Motivazione a comunicare;

• Attitudine nei confronti della CAA (comunicazione aumentativa e alternativa);

• Sicurezza di sé (fiducia nel poter comunicare con successo);

• Resilienza (capacità di compensare i problemi e riprendersi dai fallimenti).

DISTURBI DELLA COMUNICAZIONE SECONDO IL DSM-5: DIAGNOSI E SINTOMO Linguaggio e comunicazione sono due cose distinte. Da una parte abbiamo quindi la FUNZIONE (LINGUAGGIO = CAPACITÀ), e dall’altra il FUNZIONAMENTO (COMUNICAZIONE = ABILITÀ). Ad esempio una persona in condizione di autismo può avere un problema di comunicazione ma non di linguaggio.

Componenti del linguaggio • Fonologia–fonemi: suono emesso

dall’apparato fonatorio;

• Morfologia–morfemi: più piccola unità dotata di significato;

• Lessico: parole;

• Sintassi: regole che ci permettono di combinare le parole;

• Semantica: significato;

• Pragmatica: uso contestuale della lingua.

Disturbi della comunicazione

Nella diagnosi e facendo riferimento al DSM-5 si possono avere i seguenti disturbi:

1. Disturbo del linguaggio (F80.2): difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di diverse modalità di linguaggio, esordio dei sintomi nel periodo precoce dello sviluppo; non c’è disabilità intellettiva o compromissioni dell’udito;

2. Disturbo fonetico-fonologico (F80.0): difficoltà nella produzione dei suoni, esordio nel periodo precoce dello sviluppo, difficoltà non attribuibili a condizioni genetiche o acquisite;

3. Disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia (F80.81): alterazione della normale fluenza; l’alterazione causa ansia nel parlare; esordio nel periodo precoce dello sviluppo; l’alterazione non è dovuta a danno neurologico;

4. Disturbo della comunicazione sociale (pragmatica) (F80.89): difficoltà nella comunicazione verbale e non verbale; i sintomi non sono attribuibili ad altra condizione medica;

5. Disturbo della comunicazione senza specificazione (F80.9): non ci sono informazioni per una diagnosi più specifica.

Di questi 5 disturbi quali sono certificabili?

Se si tratta di un vero disturbo specifico non ci deve essere un ritardo intellettivo, dunque generalmente non sono certificabili. Se questi disturbi sono certificati è perché evidentemente hanno inciso profondamente sull’apprendimento.

Progetti riabilitativi

• Comunicazione aumentativa-alternativa (CAA): rappresenta un approccio integrato; non è uno strumento a servizio della didattica, semmai quello è il symwriter che permette di scrivere testi ottenendo l'immediato accoppiamento dei simboli alle parole. La CAA non è una terapia ma un approccio. Oggi si utilizza anche su bambini dai 0 ai 3 anni. Questo perché ci sono dei quadri (es paralisi cerebrale) che ci fanno pensare che possa essere utile. In questa fase precoce i terapisti della comunicazione impostano il lavoro di stimolo, per poi passare alla logopedia se il bambino inizia a parlare. Può servire in 3 modi:

1. Come approccio alla comunicazione 2. Early comunication (non blocca il linguaggio) 3. Sulla didattica (tramite degli strumenti);

• Logopedia;

• Riabilitazione neuropsicologica.

Disturbi sintomi di…

A sua volta il disturbo della comunicazione può essere un sintomo di:

• Paralisi cerebrale infantile;

• Sindromi genetiche;

• Disturbi dello spettro autistico;

• Disabilità intellettiva;

• Disturbi dell’apprendimento complessi.

Quello che può essere diagnosi, può essere sintomo in una situazione più complessa es. diagnosi eziologica sindrome di down, associata di un disturbo del linguaggio. […]

3A E 4A LEZIONE – FENOTIPI NEUROPSICOLOGICI E COMPORTAMENTALI NELLE SINDROMI GENETICHE – 25/07/07 Fenotipo = ciò che appare.

SINDROME MALFORMATIVA Si definisce sindrome malformativa una condizione clinica caratterizzata dalla concomitanza e variabile combinazione di più problemi afferenti ad una delle seguenti categorie:

• Malformazioni maggiori: riguardano organi principali come il fegato, reni, cuore ecc.;

• Malformazioni minori: sono legate ai dismorfismi, sono minime e non compromettono il funzionamento degli organi interessati;

• Anomalie in difetto o in eccesso dello sviluppo staturo-ponderale (es. nanismo o gigantismo);

• Anomalo sviluppo psicomotorio: dicitura usata spesso dai pediatri in senso lato.

La sindrome malformativa è data da una causa unica spesso genetica, ma non necessariamente. Le sindromi genetiche sono più di 5000. Non sempre conosciamo le cause di una sindrome genetica ma sappiamo che sono genetiche. GENETICO NON VUOL DIRE EREDITARIO, ciò che è ereditario è genetico ma non è vero il contrario. In questi casi il percorso diagnostico non può mai considerarsi definitivamente concluso. Il follow-up di un paziente è fondamentale. Tutte le sindromi vanno seguite nel tempo perché rischiano di sviluppare complicazioni.

PRIMA INFANZIA Nel corso dei primi mesi/anni di vita il bambino sviluppa problematiche in termini di crescita e/o sviluppo psicomotorio. Solitamente presentano anomalie nell’accrescimento: crescono poco o sono troppo magri o troppo grassi. Anche il suo aspetto somatico dimostra la presenza di note dismorfiche (i neonati generalmente non sono belli, dunque definire le note dismorfiche non è semplice). E infine si può riscontrare un ritardo psicomotorio, che risulta essere il campanello d’allarme più importante. Si parla di tre dimensioni che mutano nel tempo e si influenzano tra di loro:

o Ecotipo = ambiente, contesto; o Fenotipo = ciò che appare della persona esternamente; o Genotipo = caratteristiche genetiche della persona.

Epigenetica

L’epigenetica si occupa dell’influenza dell’ambiente (ecotipo) sulla genetica (genotipo). Un tempo si parlava solo dell’influenza dell’ambiente sul comportamento, nel modello bio-psico-sociale si parla invece di funzioni, funzionamento e ambiente. Si è capito che l’ambiente non modifica il gene ma può avere effetti sull’espressione genetica.

FENOTIPO COMPORTAMENTALE È un tipico quadro clinico, caratterizzato da anomalie motorie, cognitive, di linguaggio e sociali. In ogni fenotipo comportamentale una od alcune di queste componenti possono assumere una maggiore importanza. All’interno di ogni sindrome c’è una variabilità relativa alla presenza e al grado di gravità dei sintomi.

FENOTIPO NEUROPSICOLOGICO (È SPECIFICO DELLA SINDROME) Esistono 2 livelli:

1. Caratteristiche cognitive di ogni sindrome 2. Profilo specifico rispetto a quella sindrome.

Più il profilo neuropsicologico è specifico più si può orientare il percorso riabilitativo e definire il percorso educativo.

Come si arriva al profilo neuropsicologico?

Per avere un profilo neuropsicologico (specifico per la persona) i clinici fanno una valutazione cognitiva e uno stato degli apprendimenti. Questo oggi si fa anche per arrivare ad una diagnosi funzionale. Per la valutazione cognitiva si utilizzano delle scale internazionali:

• GRIFFITHS: prima infanzia (0-3 anni);

• WIPPSI: scala Wechsler, livello prescolare (fino ai 6 anni);

• WISC: scala di intelligenza Wechsler per bambini (dai 6 anni e 11 mesi);

• WAIS: scala di intelligenza Wechsler per adulti (dai 18 anni in su).

WISC-IV

È l’ultima revisione. L’analisi intra-individuale non fa la diagnosi, è il clinico a farla. Se il test non conferma l’osservazione clinica allora bisogna dubitare del test e non viceversa. Buone prassi: di solito con un Q.I. sotto il 70’% si procede ad un PEI differenziato, ma è sbagliato. La nostra osservazione vale di più. Questo test contiene 15 prove, 10 principali e 5 supplementari. L’abilità complessiva è rappresentata dal Quoziente Intellettivo. I dieci sub-test generano 4 indici che ne generano 2:

1. Comprensione verbale (ICV); 2. Ragionamento visuo-percettivo (IRP); → Indice di abilitá generale (IAG)

3. Memoria di lavoro (IML); 4. Velocità di elaborazione (IVE). → Indice di competenza cognitiva (ICC)

Non si interviene su nessuno di questi indici nello specifico quando parliamo di disabilità, cosa diversa invece quando si parla di DSA. Quanta correlazione c’è tra WISC e profitto scolastico? Mentre il QI risulta relazionato al profitto (di tutti i soggetti) la WISC IV si rivela una misura valida ed attendibile di alcune abilità cognitive sia nei soggetti normali che clinici. I punti di forza e di debolezza portano alla definizione di risorse chiave. […sub-test componenti gli indici]

SINDROME DI PRADER-WILLI È una delle 10 più comuni sindromi genetiche (stiamo comunque parlando di una sindrome rara). Le caratteristiche principali sono:

• Ipotonia infantile (tono muscolare insufficiente);

• Lievi dismorfismi (alterazione morfologica a carico dello scheletro);

• Ipogonadismo (diminuita funzionalità dei testicoli);

• Obesità (con la diagnosi precoce di può evitare che si manifesti);

• Bassa statura;

• Disabilità;

• Disturbi del comportamento.

Solitamente il Q.I. è intorno a 60 (40% sopra il 75%), dunque abbiamo un ritardo intellettivo lieve. La comunicazione è buona nella maggior parte dei casi, ma alcuni presentano difficoltà di linguaggio anche gravi. I problemi di comportamento iniziano dopo l’inizio dei problemi di alimentazione (capricciosi, tratti ossessivi - compulsivi). Con l’inizio dell’età adulta si riscontrano disordini psichiatrici. I problemi di comportamento possono avere un impatto sull’inserimento scolastico. L’iper-fagia inizia dopo il 1° di vita (ricerca costante di cibo; il controllo della fame è di tipo comportamentale con tutta una serie di restrizioni, non legata al peso). Sono curati con l’ormone della crescita. Difficoltà nei processi sequenziali (moltiplicazioni, temporalità, padronanza dell’esperienza e organizzazione narrativa). Frequenti skin picking, irritabilità, comportamenti disadattivi, aspetti ossessivi-compulsivi. Nell’adulto è frequente la depressione.

SINDROME DI WILLIAMS ✰ Sindrome genetica, alterazione cromosoma 7. Le caratteristiche principali sono:

• Microcefale (encefalo piccolo);

• Faccia elfica;

• Ipertelorismo (distanza maggiore del normale tra gli occhi);

• Iride stellata: caratteristica specifica = bimbi con gli occhi a stella;

• Labbra grosse e carnose;

• Mento piccolo;

• Anomalie renali e cardiovascolari.

Si ha una compromissione delle abilità visuo-spaziali. Sono abili conversatori, con un linguaggio fluente e infarcito di vocaboli ricercati e inusuali, ma spesso senza comprenderne il significato (↔ linguaggio cocktail). Sono molto socievoli ed estroversi anche con gli estranei. Il problema dell’attenzione è evidente così come quello dell’iperattività. Sono spesso ansiosi e insicuri.

SINDROME X-FRAGILE La più comune causa di disabilità intellettiva familiare. I maschi possono ereditarla dalla madre (possono ereditare la X fragile o quella sana). Le femmine se ereditano la X fragile dalla madre possono non avere disabilità intellettiva. Esistono soggetti ad alto funzionamento anche se rari. Il gene mutato può causare diversi tipi di disabilità, tra cui:

• Deficit cognitivi;

• DDAI (disturbo del deficit di attenzione e iperattività);

• Autismo;

• Problemi di carattere socio-emozionale.

Le caratteristiche morfologiche NON sono così evidenti. In età pediatrica si può avere un ritardo psicomotorio gravissimo o lieve associato a: ritardo del linguaggio, autismo, disturbi del comportamento, disturbi della relazione. In età giovane/adulta si può riscontrare una disabilità intellettiva aspecifica; disabilità intellettiva associata a dismorfismi; disabilità intellettiva associata ad ADHD; difficoltà di apprendimento negli individui di sesso femminile. In generale in questi soggetti la disabilità intellettiva è di grado moderato/severo (tra 30 e 50). L’area debole è la Working Memory. Sono associati problemi neurologici (disprassia motoria e epilessia). Se non vi è disabilità intellettiva non siamo in presenza di soggetti con X fragile. Quando troviamo l’autismo associato all’X fragile è evidente che il funzionamento si complica. Tra gli aspetti riabilitativi si utilizzano: fisioterapia, terapia psicomotoria, logopedia e CAA, riabilitazione neuropsicologica (metodo Feuerstein o Terzi- Rapizza), terapia occupazionale. […]

SINDROME DI RETT ꙭ ← Per anni erroneamente è stata ritenuta una forma di autismo. È una malattia neurologica, genetica e non ereditaria. Colpisce prevalentemente il sesso femminile. Nel 1999 è stato identificato il gene con cui si ha la certezza diagnostica. Esiste in una forma classica e in una forma atipica. Rappresenta la seconda causa di ritardo

mentale nelle bambine. Viene spesso chiamata sindrome delle bambine dagli occhi belli. È una malattia progressiva che esordisce dopo i 6/18 mesi dalla nascita. Dal 6° mese si ha una perdita progressiva della motricità. La perdita del linguaggio è completa. La parte migliore per comunicare sono gli occhi. Aspettativa di vita: 40 anni. Per quanto riguarda gli aspetti riabilitativi, questi sono rivolti sia agli aspetti motori sia a quelli cognitivi, attraverso la comunicazione aumentativa e metodi di potenziamento cognitivo.

MALATTIA DI POMPE (E74.0) ☠ Con una malattia di questo tipo ancora di più bisogna avere una visione sistemica. In questo caso ad esempio risulta fondamentale la presenza di un infermiere. L’unico studio attendibile esclude che ci sia una disabilità intellettiva. È una malattia neuromuscolare, rara, cronica e altamente debilitante, spesso mortale. È un esempio di malattia metabolica. Si manifesta prima dei 3 mesi con grave ipotonia (riduzione del tono dei muscoli) e difficoltà alla suzione e alla deglutizione. È ereditaria per il 25%. I bambini che superano i 2 anni sono costretti in carrozzina. Tanto più l’esordio è precoce tanto più è grave. Dal 2006 è disponibile la Terapia Enzimatica Sostitutiva, pertanto la diagnosi precoce è diventata fondamentale. Risulta indispensabile l’utilizzo delle nuove tecnologie a supporto della comunicazione (es comunicatore con puntatore). […storia di Luca?]

5° LEZIONE – DISABILITÀ INTELLETTIVA, DISTURBI DELLA REGOLAZIONE E ADHD – 27/07/07

DISABILITÀ INTELLETTIVA (ICD-10: F70-F79)

Il funzionamento intellettivo può essere:

• Al di sotto della norma Disabilità L.104/92

• Nella norma ma con profilo disarmonico tra componenti verbali e non verbali DSA L.170/2010

• Borderline BES 8/2013

• Al di sotto della norma o elevato BES 8/2013

La DISABILITÀ INTELLETTIVA è caratterizzata da LIMITAZIONI SIGNIFICATIVE SIA NEL FUNZIONAMENTO INTELLETTIVO CHE NEL COMPORTAMENTO ADATTIVO che SI MANIFESTANO NELLE ABILITÀ ADATTIVE CONCETTUALI, SOCIALI E PRATICHE. Tale disabilità insorge prima dei 18 anni. Diagnosi di disabilità intellettive possono essere:

• Sindromi genetiche complesse (ad es. sindrome di Down, Williams, X-fragile);

• Disturbi generalizzati dello sviluppo;

• Disturbi dello spettro autistico;

• Ritardo mentale di NDD (natura non conosciuta);

• PCI (paralisi cerebrale infantile) con disabilità intellettiva.

Nell’ICD-10 i codici da F70 a F79 indicano la disabilità intellettiva. Si può avere ritardo mentale:

• lieve (F70 - QI 50-69);

• di media gravità (F71 - QI 35-49);

• grave (F72 - QI 20-34)

• profondo (F73 - QI <20)

[…working memory e sindrome non verbale da non preparare per l’esame]

DISTURBI DELLA REGOLAZIONE E ADHD

Neuroplasticità

È la capacità del cervello di modificare la propria struttura in risposta all’esperienza (prima si pensava che il cervello al massimo si deteriorasse). Il cervello si può modificare e quindi si può modificare il suo funzionamento. L’ambiente influisce, il comportamento influisce e il cervello si modifica. Il funzionamento ha la sua base nei processi. I PROCESSI nel cervello possono essere di due tipi:

1. IN ATTESA DI ESPERIENZA (aspettano stimoli, tanto che se non li ricevono si creano situazioni problematiche),

2. Processi ESPERIENZA-DIPENDENTI (più faccio quella esperienza più il processo diventa apprendimento consolidato).

Epigenetica e neuro-plasticità

L’espressione genica (non modifico i geni ma la loro espressione) può essere modificata dall’esperienza che facciamo. Nella prima infanzia i circuiti sono quasi tutti in attesa, se le prime esperienze sono sbagliate, si attivano circuiti disfunzionali. Successivamente modificare quel circuito è complicato, poiché si è impostato in maniera sbagliata. Le tracce rimangono. Perfino l’equilibrio ormonale è compromesso a causa di modifiche persistenti nella regolazione epigenetica. Per questo nella cura e nell’educazione dei nostri figli bisogna utilizzare l’aspetto relazionale della mente al fine di focalizzare l’attenzione dei bambini, affinché si verifichino pattern di eccitazione neuronale che siano in grado di modificare la struttura cerebrale, creando apprendimento.

Disturbi della Regolazione

La Regolazione va intesa come la capacità che il bambino possiede fin dalla nascita di regolare i propri stati emotivi e organizzare l’esperienza e le risposte comportamentali adeguate. Per il raggiungimento dell’omeostasi importante sono le capacità innate del bambino e l’interazione bambino care-giver. I bambini che hanno avuto un modo alterato di processare le informazioni hanno un disturbo della regolazione. Se il bambino ha già di suo un problema e per di più l’interazione è problematica si avranno dei disturbi della regolazione (classificazione 0-3: da 0 ai 3 anni si possono avere difficoltà nel regolare il comportamento, i processi fisiologici, sensoriali, attentivi, motori, affettivi e nell’organizzare uno stato di calma, di vigilanza o uno stato affettivo positivo). Le strategie per la regolazione di stato sono inizialmente fornite dal care-giver e successivamente interiorizzate dal bambino.

Sindromi ipercinetiche (da sole non sono certificabili) secondo la classificazione ICD-10 sono: • Disturbo dell’attività e

dell’attenzione (F 90.0) • Disturbo ipercinetico

della condotta (F 90.1) • Altre non specificate

(F 90.8 e F90.9)

Disturbi della condotta possono essere (da soli non sono certificabili):

• Disturbo della condotta limitato al contesto familiare

• Disturbo della condotta con

socializzazione ridotta

• Disturbo della condotta con

socializzazione normale

Disturbo oppositivo provocatorio (non riguarda la condotta, in questo caso l'aggressività può essere anche fisica)

È generalmente associato ai disturbi dell’umore. Aggressività verbale e NON fisica. Scarsa disponibilità al compromesso. Le componenti sono sia biologiche che ambientali. La terapia è farmacologica e psicoterapica . I disturbi della condotta possono essere presenti in comorbidità con sindromi genetiche complesse (Down, Williams, x-fragile), disturbi generalizzati dello sviluppo, disturbi dello spettro autistico, disabilità cognitiva.

Disturbo della condotta F.90.1 (comportamento ripetitivo e persistente)

Si manifesta prima dei 10 anni ma soprattutto in adolescenza:

• ADHD; • DDC; • Disturbo antisociale.

I diritti degli altri, le norme e le regole della società vengono ripetutamente violate. Vi è scarsa attenzione per sentimenti e desideri altrui. Tali soggetti mettono in atto azioni spericolate e rischiose. In questi casi è fondamentale valutare la personalità del ragazzo e il suo modo di organizzarsi in rapporto alle esperienze che ha avuto a disposizione. Bisogna definire il suo livello di autonomia e soprattutto il suo livello di consapevolezza.

Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (F90)

Compromissione dell’attenzione e iperattività; entrambe sono necessarie per la diagnosi e devono essere evidenti in più di una situazione (es. in casa, in classe ecc.). I sintomi non sono soltanto una manifestazione comportamentale.

Il bambino eredita un assetto genico e alcuni fattori ne provocano l’espressione clinica che deve perdurare almeno 6 mesi e avere impatto sulle attività sociali e scolastiche/lavorative. NON È INTENZIONALE! Il controllo delle seguenti funzioni è parziale o inefficace:

• Inibizione (motoria, cognitiva ed emotiva);

• Pianificazione;

• Memoria di lavoro;

• Fluenza verbale;

• Attenzione selettiva e sostenuta;

• Flessibilità cognitiva e controllo dell’interferenza.

I sintomi non sono soltanto una manifestazione comportamentale; possono essere raggruppati in 2 categorie:

1. Inattenzione 2. impulsività/iperattività.

Il trattamento è multimodale, cioè calibrato sulle caratteristiche del soggetto su più livelli: psico-educativo, terapia farmacologica, terapia familiare, terapia cognitivo-comportamentale, interventi riabilitativi. Comorbiditá con disturbo oppositivo provocatorio (40%) e disturbo d’ansia (34%).

ASPETTI COMPORTAMENTALI I comportamenti possono essere: invisibili, problema, adeguati, auto e etero aggressivi.

I comportamenti problema

Possono manifestarsi come risposta a situazioni problematiche: rifiuto da parte dei pari → iperattività

isolamento o difficoltà di apprendimento → disattenzione sospensioni scolastiche → impulsività

VISIONE D’INSIEME L’ICF è così strutturato:

Attività = esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo. Partecipazione = coinvolgimento in una situazione di vita.

FUNZIONI (ICF-CY) corporee → mentali → mentali specifiche → del pensiero

DALLE FUNZIONI AL FUNZIONAMENTO (ICF-CY) attività e partecipazione → apprendimento e applicazione delle conoscenze →

→ applicazione delle conoscenze / esperienze sensoriali intenzionali → → focalizzare l’attenzione (guardare e ascoltare)

Funzionamento e disabilità

Funzioni e strutture corporee

Cambiamento fisiologico e/o

anatomico

+integrità

– menomazione

Attività e partecipazione

Capacità e performance

+attività/partecipazione

–limitazione/restrizione

Fattori contestuali

Fattori ambientali –Influenze esterne

Impatto facilitante o ostacolante

+facilitatori

– barriere/ostacoli

Fattori personali –Influenze interne

Impatto delle caratteristiche della

persona


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